Sentenza del Tribunale di Rovereto dell`8 maggio 2012
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Sentenza del Tribunale di Rovereto dell`8 maggio 2012
TRIBUNALE DI ROVERETO Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto dott. Michele Cuccaro, ha pronunciato la seguente sentenza causa promossa con ricorso depositato il 19.7.2005 sub nr. 73/05 da: G. M. rappresentata e difesa dagli avv.ti A. M. e F. V. del Foro di Roma giusta delega a margine del ricorso in riassunzione RICORRENTE contro C. D. V. N. corrente in Rovereto rappresentato e difeso dall’avv. F. V. del Foro di Trento giusta delega a margine della memoria difensiva CONVENUTA In punto: controversia di lavoro. CONCLUSIONI Ricorrente: " nel merito 1. accertare e dichiarare la nullità/illegittimità del licenziamento intimato (e dei precedenti provvedimenti disciplinari) dalla CVN alla signora G. M. e condannare conseguentemente la convenuta, in persona del legale rappresentante pro tempore, ai sensi dell’art.18 St.Lav., alla reintegrazione della dipendente nel posto di lavoro (salvo diritto di chiedere l’indennità sostitutiva), nonché al risarcimento del danno subito, commisurato all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegra, oltre agli interessi legali e rivalutazione monetaria e regolarizzazione contributiva ed assistenziale obbligatoria; 2. accertare e dichiarare che la ricorrente ha subito violenza morale e psichica in occasione di lavoro caratterizzata da atti, atteggiamenti e 1 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 comportamenti ripetuti nel tempo con connotazioni aggressive, denigratorie e vessatorie idonee a compromettere la salute, la professionalità e la dignità della dipendente e, per l’effetto, condannare la ditta convenuta al risarcimento di tutti i danni, anche morale, biologico ed esistenziale patiti per il mobbing o comunque per gli atti discriminatori subiti, nella misura di € 50.000,00 o altra somma ritenuta di giustizia o liquidata secondo equità; 3. accertare e dichiarare che la ricorrente non è stata inquadrata correttamente e non le sono state corrisposte alcune indennità, come descritte nel punto C) e, di conseguenza, condannare il C. D. V. N. S.R.L. nella persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di G. M. dell’importo di 15.086,93 € o della maggiore/minore somma che risulterà in corso di causa, anche a mezzo di idonea CTU. Con condanna alla rifusione delle spese di causa, oltre ad IVA e CPA, da distrarre in favore del sottoscritto difensore antistatario”. Convenuta: “In via principale e nel merito: rigettarsi il ricorso poiché infondato ed inammissibile per i motivi tutti indicati in memoria di costituzione; dichiararsi in tutto o in parte incompetente il giudice del lavoro di Rovereto, per esserlo il Collegio arbitrale di Trento, quantomeno sulle sanzioni disciplinari e sul mobbing in tanto in quanto influente sulle sanzioni, nonché sul licenziamento in tanto in quanto è prodromico l’accertamento della recidiva. Dichiararsi per il rimanente il ricorso infondato ed inammissibile per i motivi tutti di cui in narrativa, per carenza di prova e intervenuta decadenza dalla stessa circa la sussistenza di motivo illecito (discriminazione per ragione di sesso) ex art 15 dello Statuto dei lavoratori; rigettarsi l’eccezione di mancata affissione del codice disciplinare ex art. 7 1° comma Statuto dei Lavoratori, 2 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 poichè contrastata da prova scritta (allegato 18 bis) e dal contenuto del lodo arbitrale allegato. In via istruttoria e subordinata si chiede sin d’ora ed in stretto subordine, ove il giudice non ritenga la causa matura per la decisione, sempre per i motivi tutti di cui in narrativa, di essere ammessi a provare a mezzo interrogatorio formale e dei testi indicati in calce le circostanze contenute nel presente atto da A) ad S) e da 1) a 77) da intendersi in questa sede integralmente ritrascritte e precedute dalla locuzione “vero è che”. Testi: Tutti i dipendenti CVN: in particolare L. B., D. F. B., B. P. G., M. F., P. D., A.; T., C. B., S. N., C. D., A. C., E. Z., F. M., L. C., S. L., F. G., F. I., A. M., C. W., oltre ad altri riservati da indicarsi nel prefiggendo termine perentorio che il Giudice vorrà concedere. FATTO E DIRITTO Con ricorso depositato il 19.7.2005 e ritualmente notificato G. M. premesso di: • aver lavorato alle dipendenze di CVN con qualifica di guardia particolare giurata ed inquadramento nel quinto livello dal 21 marzo 2001 al 28 febbraio 2003; • essere stata sottoposta a partire da qualche mese dopo l'assunzione ad un atteggiamento discriminatorio, fondato su una sua presunta inferiorità in quanto donna, inizialmente da parte del suo superiore L. B., poi da parte di tutti i colleghi nonché dell'amministratore delegato di CVN R. F., atteggiamento poi sfociato in condotte vessatorie e mobbizzanti; • essere stata sottoposta ad una serie di sanzioni disciplinari del tutto infondate; 3 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 • essere stata licenziata con raccomandata di data 28 febbraio 2003 in principalità per giusta causa e in subordine per giustificato motivo soggettivo conveniva in giudizio innanzi a questo tribunale la citata società per sentire:: 1) accertare la nullità/illegittimità dell'intimato licenziamento (e dei precedenti provvedimenti disciplinari) - in principalità in ragione della sua natura discriminatoria e, in subordine, per violazione dell'art. 7 statuto lavoratori, stante la mancata affissione del codice disciplinare con condanna alla reintegra ed al risarcimento dei danni; 2) accertare la natura vessatoria, denigratoria e mobbizzante delle condotte patite, con condanna al risarcimento di tutti danni patrimoniali e non patrimoniali ; 3) accertare il mancato corretto inquadramento e la mancata corresponsione di alcune indennità, con condanna al pagamento dell'importo di euro 15.086,93 Nel costituirsi ritualmente in giudizio la convenuta eccepiva in via preliminare l’inammissibilità del ricorso e l'incompetenza di questo Tribunale avendo la ricorrente optato per l'impugnazione delle sanzioni disciplinari innanzi al collegio arbitrale di cui all’art. 7 st.lav.; nel merito rilevava l'infondatezza del ricorso sottolineando come in tema di licenziamento discriminatorio l'onere della prova incombesse sul lavoratore, come fosse infondata l'eccezione avversaria circa la mancata affissione del codice disciplinare e come, in ogni caso, fosse pienamente fondato l’intimato licenziamento; sempre nel merito negava di aver mai sottoposto la ricorrente ad atteggiamenti vessatori o discriminatori e chiedeva il rigetto anche delle domande relative alle differenze 4 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 retributive tenuto anche conto del fatto che la ricorrente non aveva svolto sul punto alcuna richiesta istruttoria. All'udienza del 29 settembre 2005 il G.I. sospendeva il processo ai sensi dell'articolo 412 bis c.p.c. affinché venisse svolto tentativo di conciliazione ante causam. Riassunto una prima volta il processo, all'udienza del 19 gennaio 2006 le parti chiedevano sospensione volontaria dello stesso per la durata di quattro mesi. Riassunto una seconda volta il processo, all'udienza del 28 settembre 2006 veniva disposta una seconda sospensione volontaria del processo. All'udienza del 11 gennaio 2007 veniva disposta la sospensione necessaria del processo in attesa della decisione della Cassazione sulla pronuncia della Corte d'appello di Trento relativa alle sanzioni disciplinari. Il processo veniva riassunto una terza volta all’esito della pronuncia della S.C.. Venivano, quindi, sentiti alcuni testi sui capitoli di prova articolati dalle parti ed ammessi dal Giudice. All'odierna udienza, precisate dalle parti le conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva decisa come da dispositivo letto pubblicamente e veniva depositata sentenza. *** Domanda principale volta ad ottenere la nullità del licenziamento in quanto discriminatorio. La ricorrente sostiene in principalità che il licenziamento intimatole in data 28.2.2003 sarebbe affetto da nullità in quanto dettato da ragioni discriminatorie e, precisamente, dal suo essere lavoratrice donna. All’esito dell’istruttoria testimoniale va escluso alla radice che sia emersa in giudizio una condotta discriminatoria in capo alla datrice di lavoro, essendo al 5 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 contrario risultato provato che la CVN si è ripetutamente adoperata al fine di assecondare le mutevoli richieste della G.. Illuminante a tale proposito appare la deposizione del teste B.: “la G. fu la prima ragazza ad essere assunte in CVN. Per tale ragione io ho sempre cercato di adibirla ad incarichi maggiormente adatti ad una ragazza rispetto a quelli che venivano dati alle guardie giurate di sesso maschile. Provvidi, quindi, da adibirla principalmente a servizi di portierato di giorno. La G. richieste peraltro esplicitamente di essere adibita a mansioni tipiche delle guardie di sesso maschile. Ciò, peraltro, comportava la necessità di istruirla nei singoli servizi che venivano in rilievo. Se non ricordo male io adibii la G. pressoché a tutte le tipologie di servizio. La G. continuava a chiedere di essere cambiata nei servizi, dicendo subito che voleva fare altri servizi, senza peraltro specificarne le ragioni. Io, d'intesa con la direzione, decisi sempre di accontentarla. Il primo rifiuto da parte mia ebbe a riguardare il servizio portavalori, cui io non potei inizialmente adibirla non essendo in possesso del requisito di un pregresso servizio di almeno sei mesi. Scaduto tale termine, la G. è stata adibita pure al servizio di portavalori. Ben presto, tuttavia, la G. ebbe a rifiutare anche servizi di trasporto valori. La G. si lamentava anche spesso dei turni e anche qua io cercai per il possibile di accontentarla. Ricordo che la G. ebbe a manifestare la sua scontentezza quando fu assunta in CVN un'altra ragazza; ella disse, in particolare, che voleva essere la prima ed ultima ragazza assunta in CVN. Naturalmente né io né la direzione seguimmo tale sua richiesta. Faccio altresì presente che dopo un certo tempo anche i colleghi manifestarono lamentele circa la G., dicendo che non volevano fare i servizi con lei. Non ricordo lamentele della G. circa il comportamento di colleghi. Faccio presente che la G. 6 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 in qualche modo mi ricattava circa i turni, dicendomi che se non le cambiavo il turno mi avrebbe denunciato per molestie o si sarebbe messa in malattia. Escludo di aver mai cambiato il turno alla G. all'ultimo momento senza che lei me l’avesse prima richiesto. Faccio presente che i turni venivano in genere fissati per 15 giorni …”. Parte ricorrente sostiene che il teste B. sarebbe incapace essendo in passato stato denunciato penalmente dalla ricorrente. Tale eccezione non può essere accolta, avendo la convenuta documentato l'intervenuta assoluzione del B. con sentenza divenuta irrevocabile ed essendo il teste apparso pienamente credibile e privo di ragioni di rancore nei confronti della G., avuto anche riguardo all’assenza di qualsivoglia suo interesse nella presente vertenza. L'assenza di condotte discriminatorie in capo alla datrice di lavoro emerge anche dalle affermazioni dei rimanenti testi, non potendosi affatto attribuire come preteso invece dalla ricorrente – soverchio rilievo alla deposizione della consigliera di pari opportunità avv. F. nella parte in cui ella riferito che <<nel corso del colloquio il F. ebbe a giustificare la mancata adibizione della G. un certo incarico che ora non ricordo con l'espressione: “ma quello è un lavoro da uomo!". Io reagii in modo piuttosto forte a tale espressione e la stessa non fu più usata dal F.”. Non avendo la ricorrente dimostrato che la CVN l’ha discriminata rispetto ai suoi colleghi di lavoro di sesso maschile, la sua pretesa sul punto non può che essere rigettata. Domanda subordinata volta a far dichiarare l’illegittimità del licenziamento. La ricorrente chiede in via subordinata di essere reintegrata nel posto di lavoro in considerazione della asserita illegittimità del licenziamento intimatole in data 7 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 28 febbraio 2003. Anche tale pretesa non può essere accolta. Preliminarmente va escluso che il licenziamento sia affetto da un vizio formale per mancata affissione del codice disciplinare, dal momento che il teste C. - che per lungo tempo ha ricoperto il compito di sindacalista per la … all’interno di CVN - ha confermato la regolare affissione di esso presso gli uffici della CVN a decorrere quantomeno dal 1998 (si confronti sul punto anche dichiarazione a firma del medesimo sub doc. 18 bis parte convenuta). Nel merito il licenziamento deve ritenersi pienamente legittimo e giustificato dalle plurime condotte poste in essere dalla ricorrente nel corso del rapporto di lavoro. Dalla copiosa documentazione versata in causa (si confronti, in particolare, quella prodotta dalla convenuta sub doc. 9) emerge, invero, come la G. avesse rapporti tesissimi con la gran parte dei colleghi di lavoro, pretendesse di sindacare le scelte organizzative dei responsabili del servizio, esprimesse valutazioni circa la preparazione e l’attitudine a svolgere determinati compiti da parte di taluni colleghi, fosse estremamente volubile in relazione alla tipologia dei servizi ed al rispetto della turnistica (con frequenti pretese di cambiare incarico o di essere sostituita nel turno), scrivesse con grande frequenza ai vertici provinciali dell’ordine pubblico, minacciasse di rivolgersi “non solo alla Stampa Locale ma Nazionale” e così di seguito. Sicuro indice di un atteggiamento vittimistico e non improntato alla serenità e normalità dei rapporti personali è il costante ricorso da parte della ricorrente – testimoniato dalle molteplici lettere in atti - alla denuncia ai responsabili delle Forze dell’ordine o alla minaccia di denuncia ai media nei confronti di colleghi 8 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 di lavoro o dello stesso legale rappresentante ella società per i fatti più disparati: ora, se è ben possibile che un dipendente possa trovarsi nel corso della sua attività a dover denunciare uno o più fatti in ipotesi illegittimi, non è certamente fisiologico che tali denunce raggiungano il numero e la frequenza che hanno visto protagonista la G. e colpiscano indifferentemente superiori gerarchici o colleghi o dirigenti. Ne consegue che appare davvero inutile esaminare analiticamente i singoli addebiti contestati alla ricorrente, anche in considerazione del fatto che l'eventuale e del tutto ipotetica irrilevanza di taluni di essi non sarebbe comunque idonea ad escludere la ricorrenza della giusta causa di licenziamento, che si sostanzia nell'irreparabile lesione dell'elemento della fiducia posta in essere dalla medesima attraverso plurime condotte convergenti nel rendere impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro nelle delicate mansioni di guardia giurata dalla stessa ricoperte. Risarcimento danni per pretese condotte vessatorie e mobbizzanti. La ricorrente chiede il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale asseritamente subito per essere stata sottoposta a condotte vessatorie e mobbizzanti nell’ambiente di lavoro. Alla luce di quanto esposto nei punti precedenti appare evidente come non vi sia alcuno spazio per accogliere la pretesa attorea sul punto, visto e considerato che non è minimamente emerso in causa che le lamentate condotte discriminatorie o vessatorie siano in concreto esistite o siano, comunque, attribuibili a responsabilità della datrice di lavoro o di colleghi della G. Differenze retributive ed errato inquadramento contrattuale. La ricorrente chiede la condanna della convenuta al pagamento di euro 9 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011 15.086,93 a titolo di indennità di trasferta, indennità buoni pasto, differenze per banca ore, indennità maneggio denaro e differenze retributive. La pretesa è risultata priva del benché minimo supporto probatorio, non avendo la ricorrente dimostrato - né ritualmente chiesto di dimostrare l'effettiva spettanza delle somme richieste. Né può ritenersi che il diritto ad un superiore inquadramento discenderebbe dall'avere ella svolto più o meno tutti i servizi della CVN, avuto riguardo al fatto che l'art. 2103 cod. civ. ricollega il riconoscimento delle mansioni superiori allo svolgimento di esse in via continuativa e non certamente episodica. Spese. Le spese, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Il Giudice del lavoro del Tribunale di Rovereto, definitivamente pronunciando, uditi i procuratori delle parti, ogni contraria istanza ed eccezione respinta, così provvede: 1. respinge il ricorso; 2. condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 5000, oltre I.V.A., C.N.P.A. e 12,5%. 3. sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege. Così deciso in Rovereto il 8 maggio 2012 Il Giudice - dott. Michele Cuccaro - 10 Materiale diffuso da: Osservatorio trentino sui diritti sociali del lavoro www.dirittisocialitrentino.it Progetto di ricerca svolto nellʼambito del bando post doc PAT 2011