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Accesso agli atti - endoprocedimentale ed esterno - interesse legittimo o diritto soggettivo? Pubblicato in Diritto amministrativo il 12/02/2015 Autore: Angela Gerarda Fasulo Vai alla scheda dell'autore Tweet Pagina: 1 2 3 di 3 FOTOGRAFIA E DIRITTO Salvo Dell'Arte Il presente Volume espone in maniera organica un quadro completo delle norme di diritto riguardanti la fotografia ed il fotografo, spaziando... 42.00 € Acquista su www.libreriaprofessionisti.it Nella sua originaria formulazione il diritto di accesso, contemplato nell’art 22 della legge 241/90. tendeva ad assicurare la trasparenza dell’operato della p.a. avvalorandone lo svolgimento imparziale mediante il riconoscimento a chiunque di trovare adeguata tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti tramite l’esercizio del diritto di accesso, rimodulato dalla legge n 15/2005, e comunque nel rispetto ed in osservanza delle tassative modalità fissate dalla legge. La ratio della legge 241 in ordine all’istituto in esame , è chiara e di fatto sottende all’intenzione del legislatore di eludere o comunque tentare di ridurre notevolmente il contenzioso tra il cittadino e la P.A. L’accesso, si configura, generalmente come un diritto soggettivo del cittadino nei confronti dell’amministrazione che detiene il documento. Laddove, invece, lo si volesse enucleare nell’alveo degli interessi legittimi, come è già avvenuto in un recente passato, alla luce delle sentenze che ne hanno chiarito la natura, rientrerebbe nel generale ed ampio potere valutativo dell’Ente che fosse investito dell’istanza, con un correlato stato di soggezione in capo al cittadino richiedente. Per come l’istituto si presenta, l’esercizio del diritto di accesso agli atti postula un preciso obbligo di osservanza in capo alla controparte (la P.A.) per cui ve ne è pienezza di tutela in caso di inadempimento. Ciò posto, nella disamina dell’iter, squisitamente operativo, previsto in funzione del suo corretto esercizio, l’Amministrazione deve preliminarmente provvedere alla verifica della regolarità dell’istanza mediante il controllo dell’effettiva sussistenza del indefettibile stato di legittimità in capo al soggetto richiedente. Tale controllo viene, di fatto, esercitato mediante verifica dell’esistenza di una motivazione a supporto della stessa, e, comunque, solo dopo aver verificato che il documento non rientra tra quelli per i quali è prevista l’esclusione o il differimento. E quindi, in ultimo, è tenuta ad esibire l’atto richiesto senza poter entrare nel merito e senza avere facoltà di formulare ulteriori valutazioni di compatibilità con l’interesse pubblico. Quindi, la legge stabilisce le condizioni, verificate quelle propedeutiche ragioni giustificative e di legittimità che supportano l’istanza, è tenuta, expressis verbis, a consentire l’esercizio del diritto. Pertanto, sostenere, a contrario, che l’accesso è un interesse legittimo significherebbe riconoscere all’amministrazione un potere valutativo circa la compatibilità con l’interesse pubblico dell’istanza ostensiva, condizione che le conferirebbero non solo, in primis, poteri e facoltà in ordine alle valutazioni da formulare in ordine ai presupposti di legge, sottesi alla richiesta, ma anche il potere di parametrare l’interesse pubblico con la segretezza del documento e l’eventuale confliggenza con l’interesse privato alla sua conoscenza, circostanze, queste ultime, rientranti in distinta espressa casistica. Solo all’esito delle prefate valutazioni, potrebbe conferirsi o meno l’esaustiva esplicazione dell’esercizio del diritto, mediante l’esercizio della facoltà di accesso. Per quanto attiene ai termini previsti per l’esperimento dell’esercizio, e l’eventuale sua azione giudiziaria in relazione ad un possibile diniego da parte dell’amministrazione, la legge precisa che il termine è di trenta giorni dalla presentazione dell’ istanza perché si è voluto conferire maggiore snellezza all’intera procedura, con una plateale riduzione dei termini per procedere, decorsi i quali, il cittadino ha facoltà di presentare una nuova identica istanza di accesso e in caso di nuovo diniego proporla nuovamente o produrre ricorso. Nella successiva fase, ovvero quando il tribunale amministrativo che ne è investito accoglie il ricorso, lo stesso non si limita ad un mero annullamento del diniego di accesso ma ordina all’amministrazione anche l’esibizione della documentazione: un actio ad esibendum tipica esplicazione della tutela dei diritti soggettivi e non certamente degli interessi legittimi. Da ciò ne deriva che il legislatore non solo qualifica espressis verbis, l’accesso come diritto degli interessati alla tutela delle situazioni giuridicamente rilevanti ma, al 2 comma dell’art 22, lo qualifica come diritto costituzionalmente garantito perché costituisce applicazione dei principi costituzionali di trasparenza ed imparzialità. Configurandosi, quindi, la natura dell’istituto in esame, quale agile ’accesso ai documenti detenuti da una pubblica amministrazione, risulta, plateale, la sua configurazione strutturale, tipica dei sacri principi democratici posti a tutela e salvaguardia del rispetto delle fondamentali garanzie che sottendono [...] o