Legge n.104\92: la Corte costituzionale dichiara incostituzionale la
Transcript
Legge n.104\92: la Corte costituzionale dichiara incostituzionale la
FEDERAZIONE ITALIANA TRASPORTI DIPARTIMENTO POLITICHE SOCIALI Legge n.104\92: la Corte costituzionale dichiara incostituzionale la mancata concessione dei permessi al convivente La Corte Costituzionale con la sentenza n.213/2016 apre la via affinché i permessi della legge 104/92 possano essere concessi anche per l’assistenza al convivente. La sentenza trova origine in quanto che il Tribunale ordinario di Livorno, in funzione di giudice del lavoro chiamato a decidere sulla domanda di accertamento del diritto ad usufruire, da parte di una lavoratrice dipendente pubblica, i permessi mensili, previsti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, così come modificato dalla Legge n. 183/2010 e dal D.lgs. n. 119/2011, per assistere il convivente, ha sottoposto alla Corte Costituzionale una richiesta di pronuncia di legittimità costituzionale sui contenuti di detto comma. Il dubbio di costituzionalità della norma in questione sorge in quanto non prevede espressamente l’inclusione del convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito, e quindi vìola i parametri costituzionali, che riconoscono anche alle formazioni sociali le forme di assistenza riconosciute ed incentivate. Il comma 3 art.33 legge n.104/92, modificato dal Dlgs n.119/2011 prevede che “Per ogni minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell'ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all'articolo 32, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore”. La Corte Costituzionale nel motivare la sentenza, ricorda di aver già in altre occasioni affermato che le differenze tra la convivenza e il rapporto coniugale non esclude la comparabilità delle discipline riguardanti aspetti particolari dell’una e dell’altro che possano presentare analogie ai fini del controllo di ragionevolezza a norma dell’art. 3 Costituzione. In questo caso l’elemento unificante tra le due situazioni è dato proprio dall’esigenza di tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile grave, nella sua accezione più ampia, collocabile tra i diritti inviolabili dell’uomo ex articolo 2 della Costituzione. La Corte ritiene, ove così non fosse, che il diritto del portatore di handicap di ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vita, verrebbe ad essere irragionevolmente compresso, non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato “normativo” rappresentato dal mero rapporto di parentela o di coniugio. Sulla base di tali visione la Corte ha stabilito che l’istituto del permesso mensile retribuito è in rapporto di stretta e diretta correlazione con le finalità perseguite dalla legge n. 104 del 1992, in particolare con quelle di tutela della salute psico-fisica della persona portatrice di handicap. Pertanto, con la sentenza n. 213/2016, gli ermellini hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e s.m.i nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado. La sentenza apre nuovi scenari soprattutto se traguardati all’entrata in vigore della legge n.76\2016 (legge Cirinnà) che apporta modifiche al diritto di famiglia. Vedremo ora come il Parlamento porrà rimedio alla pronuncia della Corte. Il Dipartimento Politiche Sociali 2