Lissabon Urteil - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
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Lissabon Urteil - Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Civitas Europa: Revue Juridique sur l’Evolution de la Nation et de l’Etat en Europe, n. 23, 2009 Il BundesVerfassungsGericht in “difesa della normalità”: la “Lissabon Urteil” (30 giugno 2009) e le tendenze alla ‘rigermanizzazione’. di Anna Margherita Russo∗ Con sentenza del 30 giugno 2009, il Tribunale costituzionale tedesco (BVG) ha esaminato la costituzionalità della Legge sulla ratifica del Trattato di Lisbona1 e delle due “leggi di accompagnamento” (la Legge costituzionale che modifica gli artt. 23, 45 e 93 GG2 e la Legge di estensione e di rafforzamento del ruolo del Bundestag e del Bundesrat nelle questioni relative all´Unione europea3), approvate l’8 ottobre 2008 dal Parlamento tedesco e non ancora entrate in vigore. Delle censure formulate attraverso ricorsi individuali diretti e ricorsi per conflitto tra organi – riuniti in un unico procedimento –, il BVG accoglie solo quelle relative alla legge ordinaria di “estensione e rafforzamento” Bundestag e Bundesrat nelle questioni europee, poiché in violazione dell’art. 38, c. 1 della Legge fondamentale (GG) in connessione con l’art. 23, c. 1 GG “nella misura in cui i diritti di partecipazione del Bundestag tedesco e del Bundesrat non hanno una portata sufficiente” (par. 406 Sent.) nel quadro delle nuove procedure previste dal Trattato di Lisbona (firmato il 13 dicembre 2007). La ratifica del Trattato di Lisbona non viene messa in discussione – il Trattato è compatibile con la GG – ma se ne subordina l’efficacia all’approvazione di una nuova legge sul ruolo di Bundestag e Bundesrat, che segua gli stringenti dettami impartiti dal BVG (legge approvata con estrema rapidità il 18 settembre , nella ‘fase calda’ della campagna elettorale). Il complesso reasoning del BVG ruota intorno ad alcuni punti fondamentali che pur avendo ‘natura interna’ (riferimento a specifiche norme costituzionali) fungono, in realtà, da ‘lente d’osservazione’ tout court del processo integrativo europeo e del rapporto tra i due ordinamenti tedesco ed europeo. In linea di continuità con la Maastricht –Urteil del 19934, protagonista indiscusso è il principio democratico oggetto, in questa sede, di una più ampia ∗ Assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato, Università della Calabria. 1 Gesetz vom 8. Oktober 2008 zum Vertrag von Lissabon vom 13. Dezember 2007, Bundesgesetzblatt – BGBl 2008 II p. 1038. 2 Gesetz zur Änderung des Grundgesetzes Artikel 23, 45 und 93 vom 8. Oktober 2008 – BGBl. 2008 I p. 1926. 3 Gesetz über die Ausweitung und Stärkung der Rechte des Bundestages und des Bundesrates in Angelegenheiten der Europäischen Union - Bundestags-Drucksache - BTDrucks 16/8489. 4 BVerfGE 89, 155 vom 12. Oktober 1993, Az: 2 BvR 2134, 2159/92. 123 Civitas Europa: Revue Juridique sur l’Evolution de la Nation et de l’Etat en Europe, n. 23, 2009 analisi che ne ripercorre i tratti essenziali sia su un piano più propriamente soggettivo – diritto di partecipazione politica (artt 20, c. 2 e. 38, c. 1 GG) – che nella sua dimensione oggettiva di principio intangibile dell’ordinamento (art. 79, c. 3 GG) e di ‘clausola di abilitazione’ della partecipazione tedesca all’Ue (art. 23, c. 1 GG). Dalla minuziosa ricostruzione del principio, operata dal BVG, quale parametro del giudizio di costituzionalità, emerge la natura ‘assiale’ dello stesso configurato come fonte della “pretesa di autodeterminazione democratica, di libera ed eguale partecipazione al potere statale” (par. 208). Da ciò l’individuazione di una fitta rete di corollari. In primis il diritto di voto configurato come il “più importante diritto soggettivo dei cittadini alla partecipazione democratica” (par. 210), indisponibile a qualsiasi forma di restrizione potenzialmente derivante dall’ampio trasferimento di poteri all’Ue. A questo si connette il principio della sovranità popolare rappresentativa, espressa mediante le istituzioni parlamentari che, di conseguenza, non possono essere poste a margine del decision making europeo. Infine, il principio dell’identità costituzionale tedesca, attentamente costruita nella sua dimensione ‘interna’ – sulla base della cd. “clausola di eternità” (art. 79 GG) – ed ‘esterna’ – in termini di partecipazione al processo integrativo europeo (art. 23 GG) –. Se l’obiettivo dell’Alto tribunale consiste nel delineare e, dunque, garantire a tutto tondo il fondamento democratico dell’ordinamento statale, non si esime, però, da una attenta analisi dell’ordinamento europeo attraverso la griglia di principi e corollari poc’anzi richiamati. Da una mera e reiterata constatazione della persistenza del deficit democratico europeo anche a seguito del Trattato di Lisbona, il BVG opera un’accurata analisi dell’ordinamento europeo attraverso una prospettiva chiaramente internazionalistica. Tre sono le linee di fondo tracciate. L’Unione europea – Maastricht docet – possiede ancora natura di Staatenverbund, ovvero di associazione tra Stati sovrani, dotata di un potere pubblico su base pattizia, e di carattere derivato, essendo soggetto all’esclusiva disposizione degli Stati membri e dei loro popoli, depositari ultimi della legittimazione democratica (parr. 229-230). Pur se il Trattato di Lisbona non indebolisce la Kompetenz-Kompetenz degli Stati, il Tribunale di Karlsruhe sottolinea a più riprese la natura attributiva delle competenze europee che, in quanto tali, devono rimanere circoscritte negli ambiti espressamente previsti dai Trattati (rectius dai “Signori dei Trattati”), sedando i timori di una paventata ‘svendita di competenze’ statali (par. 103). Il ‘nucleo duro’ della sentenza rimane la stretta connessione che il BVG opera tra il principio democratico e l’identità costituzionale il cui rispetto vieta alla Germania un trasferimento ‘in bianco’ di 124 Civitas Europa: Revue Juridique sur l’Evolution de la Nation et de l’Etat en Europe, n. 23, 2009 poteri e competenze all’Ue. In altre parole si prescrive un uso ‘attento’ degli implied power (e di tutte le clausole indeterminate dei Trattati), ‘monito’ che il BVG rivolge non solo al legislatore europeo ma anche – soprattutto e non molto velatamente – alla Corte di Giustizia. In tal senso i giudici costituzionali avocano a sé due nuovi tipi di controlli, ultra vires e di identità costituzionale, attraverso cui garantire la Integrationsverantwortung (responsabilità per l’integrazione) – suscettibile di giudizio di costituzionalità –, cui sono chiamate tutte le istituzioni statali in virtù di quella Europarechtsfreundlichkeit (favor verso il diritto europeo) sancita dall’art. 23, c.1 GG. La sentenza merita certamente una “lettura equilibrata” (J. Luther) e se per un attimo indossiamo le ‘lenti’interpretative del BVG, ovvero partiamo da una considerazione del fenomeno integrativo in una prospettiva prettamente ‘interna’, non ci sorprende la ricostruzione argomentativa dell’identità costituzionale come principio fondatore dell’ordinamento costituzionale e meritevole di rispetto da parte delle istituzioni europee (art. 4, par. 2 TUE-Lisb.). A differire è solo il punto di partenza – costituzione nazionale in un caso, politische Verfaßtheit (costituzione politica), nell’altro – e il ruolo riconosciuto all’art. 23 GG: “norma di autorizzazione o mandato costituzionale di integrazione”? Il BVG sulla scia della Maastrict-Urteil ritorna ad essere ‘prudente’ ma in chiave ‘prospettica’: il grado di democraticità dell’attuale sistema europeo risulta compatibile con i canoni sanciti dalla Legge fondamentale in quanto l’Ue non ha natura giuridica statuale. Tuttavia, laddove l’evoluzione del processo integrativo superasse la “soglia” internazionalistica, adottando la forma di Stato federale, il parametro di democraticità attualmente esistente risulterebbe insufficiente, giustificandosi un eventuale utilizzo del diritto di recesso ex art. 50 TUE-Lisb. (par. 262 ss.). Utilizzando un abile – e quanto mai strumentale – richiamo alla sentenza Kadi della Corte di Giustizia5, il BVG sostiene una limitazione alla partecipazione della Germania ad un ordinamento sovranazionale se ciò dovesse comportare un rischio per la sua identità costituzionale. Sic et simpliciter l’Ue non è uno Stato federale né può diventarlo con il consenso della Germania. Dall’ampio dibattito sviluppatosi a seguito della sentenza emerge chiaramente che vi è in gioco molto di più di una semplice revisione della legge d’accompagnamento. 5 Cause riunite C-402/05 e C-415/05 P - Yassin Abdullah Kadi e Al Barakaat International Foundation v Consiglio e Commissione, 03.09.2008. 125 Civitas Europa: Revue Juridique sur l’Evolution de la Nation et de l’Etat en Europe, n. 23, 2009 Se ci fermassimo al solo ‘dato giuridico’ emergerebbe un quadro non certo confortante per il futuro dell’integrazione europea, quasi che il BVG abbia voluto frenare le spinte (non molte, in verità) ‘costituzionali’ di un processo che finora si è sempre realizzato per stop and go. In realtà, la sentenza sembra essere più comprensibile se inquadrata all’interno del ‘dialogo nascosto’ tra le Corti. Non è un caso che il BVG abbia costruito il suo legal reasoning intorno al concetto di identità costituzionale nazionale, dietro cui si cela la riaffermazione della indissolubilità della sovranità statale e della supremazia costituzionale (“[…] non rinuncia alla sovranità, che è racchiusa nell’ultima parola della costituzione tedesca”, par. 340). In particolare, la conclusione cui giungono i giudici di Karlsruhe circa la possibilità di rendere “inapplicabili in Germania norme di diritto dell’Unione europea”, in casi eccezionali, senza per questo pregiudicare la partecipazione, costituzionalmente fondata, della Germania all’Ue (par. 340) ha tutto il carattere di un’aperta ed esplicita risposta alla possibilità di un “sindacato diffuso di legittimità comunitaria” inaugurata dalla sentenza Mangold6 della Corte di Giustizia. “Fermate la Corte di Giustizia” – come propone l’ex Presidente del BVG, Herzog –, o rafforzamento dei vincoli cooperazionistici tra le due Alte corti – come richiedono i 35 giuristi tedeschi firmatari del memorandum sulla sentenza Lisbona – ? La risposta, dunque, ancora una volta, ai giudici e alla loro capacità (volontà) di dialogo. 6 C-144/04 Werner Mangold v Rüdiger Helm, 22.11.2005. 126