Romeo Giulietta

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Romeo Giulietta
Romeo + Giulietta
di William Shakespeare
(USA, 1996)
colore, durata: 120’
regia: Baz Luhrmann
sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
fotografia: Donald M. McAlpine; montaggio: Jill Bilcock
scenografia: Sandro Properzi; costumi: Kym Barret
musiche: Nelee Hooper
con: Leonardo DiCaprio (Romeo), Claire Danes (Giulietta), Harold Perrineau (Mercuzio), John Leguizamo (Tebaldo), Miriam Margolyes (Balia), Pete Postlethwaite (frate Lorenzo), Paul Sorvino (Capuleti), Brian Dennehy (Montecchi), Dash Mihok (Benvolio), Vondie Curtis Hall (capitano Prince)
premi: 4 Premi BAFTA 1998 (regia, sceneggiatura non originale, colonna sonora, scenografia);
Orso d’argento a Berlino 1997 per Leonardo DiCaprio; MTV Movie Awards 1997 per Claire Danes;
Satellite Awards 1996 per la scenografia
Se Shakespeare fosse vivo, che tipo di film avrebbe realizzato? Su Shakespeare sappiamo poco ma ciò
che è certo è che il suo pubblico era costituito da circa 4000 spettatori urlanti, privi di controllo e
spesso ubriachi. Per attrarre, commuovere, elevare e ispirare questo pubblico userebbe ogni strumento a sua disposizione, dalla commedia volgare di bassa lega ai soggetti d’attualità, dalla tragedia sofisticata e violenta sino a prendere la pop music direttamente dalle strade dove è nata per inserirla
nelle sue produzioni. Tutti questi elementi verrebbero legati e mischiati strettamente con la forza inesorabile di un linguaggio continuamente reinventato. Avendo in mente queste convinzioni ci siamo
impegnati nel creare un linguaggio cinematografico che potesse attrarre, commuovere, elevare e ispirare l’audience eterogenea dei cinema di tutto il mondo. Il nostro obiettivo era di svelare i personaggi, chiarire la trama e in ultimo raccontare la storia con un linguaggio cinematografico che speriamo
possa aver incarnato lo spirito del Bardo. (Baz Luhrmann)
Romeo e Giulietta è da sempre il dramma shakespeariano più seguito ed eseguito. Ha fornito
il pretesto per una grande quantità di libretti per musica, per musiche di scena e balletti. È stato trasposto più volte al cinema: a partire dalla parafrasi di George Méliès del 1902, passando
per la versione “sulla neve” di Ernst Lubitsch e quella americana di George Cukor, fino a lambire le spiagge della Verona postmoderna di Baz Luhrmann. Attratto dalla potenza narrativa e
drammaturgica del dramma di Shakespeare, il regista australiano ne ha proposto una versione
inedita, un adattamento originale, un’interpretazione folgorante. Trasferendo la vicenda dei
due amanti in una metropoli post-moderna, che potrebbe trovarsi in Florida come in California, Luhrmann inserisce Romeo e la sua Giulietta tra due bande che praticano rap e anfetamine e il cui odio non può essere placato. (...) Il dramma degli amanti veronesi versione Luhrmann ha un altro precedente illustre e pluripremiato (dieci Oscar) in West Side Story, primo
musical a tema sociale di Robert Wise e Jerome Robbins, su musiche di Leonard Bernstein.
Prossimo al musical degli anni Sessanta nel disegnare lo skyline di una città americana e nel
mettere in scena bande rivali, conflitti sociali e tensioni interetniche, Romeo + Giulietta non è
un semplice adattamento della storia ma una traduzione fedele del testo originale. È prodigiosa la facilità con cui il film accosta immagini trash e gusto camp, musica pop-rock-rap e iconografia pulp, melassa sentimentale e versi giambici e poetici. La contrapposizione è d’altra
parte la cifra con cui è costruito il film: Capuleti e Montecchi, amore e odio, alto e basso,
bianco e nero, vita e morte, omosessualità ed eterosessualità, acqua e fuoco. Luhrmann riaccende un amore che come il suo cinema non trova limiti all’eccesso.
Marzia Gandolfi, mymovies.it
La cosa sorprendente di quest’ultimo film non è di avere collocato la storia dei giovanissimi
innamorati di Verona in un ambiente contemporaneo. Va individuato piuttosto, nel massimo
rispetto del testo shakespeariano e nell’ampia autonomia concessa alla cinepresa. Con un manierismo alla grande (viene in mente, ammirando la sua miscela esplosiva e i suoi giochi
d’acrobazia, il nome sacro alla cinefilia di Sergio Leone) Baz Luhrmann costruisce, intorno al
traliccio ben noto, un involucro da cinema giovane, il più scatenato e vivace. Il regista australiano viene dalla messa in scena di opere liriche: e lo si avverte da certi “quadri” fin troppo
fitti di oggetti come la festa in casa Capuleti e la luminaria al cimitero in cui, su un catafalco
scoperto, dorme Giulietta. Ma, accanto a questa derivazione che si potrebbe considerare perfino eccessiva, si pongono altre contaminazioni impensabili per una illustrazione di un testo di
Shakespeare. Si va dai materiali violenti del cinema metropolitano sulla guerra per bande, ma
anche questi trattati con inventiva, a motivi da “opera rock” (suggestiva la musica), dalla parodia delle saghe sulle famiglie mafiose tipo Coppola & Co. alla godibilissima presa in giro
dell’occhio indiscreto della televisione che penetra dovunque. Quasi si trattasse di una diretta
non stop, la telecamera sovrasta su tutto; fruga negli scontri Capuleti e Montecchi o nella festa
in casa si Giulietta e, per fortuna, si ferma davanti alla stanza dei due amanti nella scena, vibrante ma contenuta visivamente, dell’addio.
Francesco Bolzoni, “Avvenire”, 28 febbraio 1997
Secondo capitolo della trilogia del “sipario rosso”- un cinema teatralizzato dal carattere palesemente artificiale - Romeo + Giulietta condivide con Ballroom - Gara di ballo (1992) e
Moulin Rouge (2001) lo stile adrenalinico e tendente all’eccesso del suo autore Baz Luhrmann, una modalità espressiva che coinvolge e contamina tutte le componenti della macchina filmica, dalla messa in scena alla fotografia, dalle scenografie ai costumi, dal trucco al
montaggio. Ripercorrendo le orme del Bardo, un vero maestro nell’intrattenere il proprio
pubblico, il regista australiano allestisce una cornice - in questo caso la televisione, che si sostituisce al coro - nella quale ricreare l’universo di Romeo e Giulietta: il mondo elisabettiano
viene trasportato in un contesto contemporaneo, rispetto al quale emerge - in maniera piuttosto evidente - il contrasto con il tradizionale linguaggio shakespeariano parlato dai personaggi. Verona si tramuta, sotto gli occhi dello spettatore, in Verona Beach, una metropoli dal sapore sudamericano, carica di religiosità - un Cristo benevolo allarga le sue braccia a protezione della città - ma anche segnata dai conflitti etnici ed economici. Nella personale versione
luhrmaniana, infatti, i Montecchi appartengono all’aristocrazia bianca, mentre i Capuleti sono
di origine ispanico-latina (l’ispirazione proviene dal musical West Side Story): i loro grattacieli, simbolicamente uguali e posti l’uno a fianco all’altro troneggiano su Verona Beach, pervasa dalle violente lotte intestine, condotte su fronti opposti da Benvolio - nipote del capo famiglia dei Montecchi - e Tebaldo, soprannominato “il Principe dei gatti”.
Bastano questi pochi dettagli per far comprendere la portata del lavoro svolto da Luhrmann e
dalla sua crew, impegnati a tradurre sullo schermo la più celebre tragedia shakespeariana mediante icone, simboli, immagini e forme del XX secolo, che rendono immediatamente percepibili le passioni e le forze estreme veicolate dal drammaturgo inglese. Il film, che si struttura
come una versione condensata del testo originale, si distingue proprio per le potenti invenzioni visive, orchestrate ai fini di attualizzare l’archetipico amore impossibile tra i due adolescenti. (...) Si ama o si odia l’estetica sovraccarica e volutamente kitsch di Baz Luhrmann, che non
manca di caratterizzare ogni aspetto di Romeo + Giulietta. (...) Ma la ridondanza espressiva
viene bilanciata dall’incredibile visionarietà del regista che, in virtù di un enorme background
cinematografico, teatrale (Baz Luhrmann ha una grossa esperienza nel teatro dell’opera a Sidney e ora anche a Broadway), musicale e letterario, fonde e miscela suggestioni totalmente
differenti ed eterogenee (Mercuzio è nel film una Drag-Queen, la casa dei Capuleti rievoca
quella di Scarface di Brian De Palma). Romeo + Giulietta è soprattutto un’opera pop, barocca, ma anche profondamente romantica e originale, in grado di trasmettere alle nuove generazioni il senso e l’anima della più grande storia d’amore di tutti i tempi.
Francesca Druidi, movieplayer.it
prossimo film:
Il piacere - Le plaisir (Ophüls, 1952) 11 novembre, ore 21
da tre novelle di Guy de Maupassant: La maschera, Casa Tellier, La modella