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DIVIDENDI: LINEAMENTI GENERALI RELATIVI AL REGIME DI
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APPROFONDIMENTI E PROCEDURE
DIVIDENDI: LINEAMENTI
GENERALI RELATIVI
AL REGIME DI TASSAZIONE
NAZIONALE, CONVENZIONALE
E COMUNITARIO
A cura di
Renato Bogoni
Dottore Commercialista
in Padova
Inge Bisinella
Dottore Commercialista
in Bassano del Grappa
Premessa
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Con la riforma del sistema fiscale del 2004, è stato abolito il credito d’imposta sui dividendi e la doppia imposizione economica sugli utili è evitata
mediante la parziale esclusione dell’imponibile degli utili stessi.
Di seguito si evidenzia il trattamento fiscale riservato agli utili da partecipazione, analizzando dapprima la normativa prevista in ambito domestico
e, successivamente, la disciplina transnazionale.
La fattispecie degli utili da partecipazione è interessata
da fenomeni di doppia imposizione in quanto i dividendi
sono dapprima degli utili tassati in capo alla società produttrice e, una volta distribuiti, possono subire una ulteriore tassazione in capo ai soggetti percettori.
Al fine di limitare il conseguente effetto di doppia imposizione sugli utili societari, il testo unico sulle imposte sui
redditi prevede una parziale detassazione dei dividendi,
stabilendo soglie e modalità differenti in relazione allo
status del percipiente, nonché alla provenienza (di fonte
italiana o estera).
Tale tematica è stata oggetto anche dell’attenzione comunitaria e convenzionale, orientata ad eliminare fenomeni di doppia imposizione tra
soggetti residenti in Paesi diversi.
Nei paragrafi successivi si effettuerà una panoramica di quanto indicato
dalle norme nazionali, con riferimento sia ai rapporti intercorrenti tra
soggetti residenti nel territorio italiano che rapporti con società estere.
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Dividendi: lineamenti generali relativi al regime
di tassazione nazionale, convenzionale e comunitario
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Fattispecie
costituenti utili da
partecipazione
Partecipazioni al
capitale e al patrimonio
Titoli e strumenti
finanziari assimilati
alle azioni
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Gli utili da partecipazione in società sono annoverati tra i redditi di
capitale ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. e) del TUIR che fornisce una
puntuale definizione, specificando che si tratta di utili derivanti dalla
partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti
all’imposta sul reddito delle società, di cui all’art. 73, co. 1, del TUIR.
Sono esclusi dai redditi da capitale gli utili spettanti ai promotori e ai
soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata. Infatti, a norma dell’art. 53, co. 2, lett. d) del TUIR,
tali utili costituiscono redditi di lavoro autonomo, che concorrono alla
formazione del reddito dei promotori e dei soci fondatori per l’intero ammontare percepito nel periodo di imposta. Gli “altri” utili, quelli
cioè derivanti dalla partecipazione in società ed enti soggetti ad IRES
non conseguiti dai soci fondatori e dai promotori, costituiscono invece redditi di capitale.
Non sono riconducibili nella categoria degli utili da partecipazione in
senso proprio i proventi che non trovano contropartita in una partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti ad IRES
(cfr. Circolare 26/E/2004). Tra questi vi rientrano gli strumenti finanziari introdotti dalla riforma del diritto societario, i quali attribuiscono
al sottoscrittore esclusivamente diritti di tipo patrimoniale o diritti
amministrativi, ma non conferiscono la qualità di socio, pur potendo
essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati,
quali la nomina del consiglio di amministrazione o di un sindaco.
L’art. 44, co. 2, lett. a) del TUIR, stabilisce che si considerano similari
alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di
cui all’art. 73, co. 1, lett. a), b) e d), la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare
in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi.
Il secondo periodo dell’art. 44, co. 2, lett. a) del TUIR, chiarisce che
le partecipazioni al capitale o al patrimonio, nonché i predetti titoli e
strumenti finanziari emessi dalle società e dagli enti non residenti, di
cui all’art. 73, co. 1, lett. d) del TUIR, si considerano similari alle azioni
a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza
del soggetto emittente; tale indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente stesso, ovvero da altri elementi certi e precisi
(rif. Circolare 4/E/2006). Si tratta ad evidenza, di una norma ispirata ad
intenti antielusivi, volta ad evitare che possano godere della parziale
esenzione strumenti ibridi le cui remunerazioni in capo all’emittente
sono assimilate ad interessi o costi deducibili.
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Pertanto, con riferimento alle partecipazioni e agli strumenti finanziari
emessi da soggetti non residenti, l’assimilazione opera a condizione che:
i. la remunerazione sia costituita esclusivamente da utili, ovvero sia
rappresentativa di una partecipazione effettiva ai risultati economici della società emittente (e non solo parametrata agli utili);
ii. tale remunerazione sia totalmente indeducibile dal reddito della
società emittente secondo le regole proprie vigenti nel Paese
estero di residenza; tale indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell’emittente ovvero da elementi certi e precisi.
Per i titoli e gli strumenti finanziari che non presentano queste caratteristiche occorrerà di volta in volta verificare, a seconda del rapporto
che ha dato origine al titolo o allo strumento, se essi possano rientrare tra le obbligazioni e i titoli similari, in caso contrario rientrano nella
disciplina dei titoli atipici.
Principio di cassa,
dividendi in natura,
presunzione di
distribuzione e
utili per trasparenza
I dividendi concorrono a formare il reddito del soggetto percipiente (imprenditore o non imprenditore) nell’esercizio in cui sono percepiti. Pertanto, ai fini impositivi, si applica il principio di cassa per individuare in quale periodo di imposta essi risultano imponibili, non assumendo rilevanza la
data nella quale è stata assunta la delibera di distribuzione degli utili.
Rientrano nella categoria degli utili da partecipazione anche gli utili
in natura, per la cui determinazione si deve fare riferimento al valore
normale dei beni alla data individuata dalla lett. a) del comma 2 dell’art.
109 del TUIR, ovvero alla data di consegna o spedizione dei beni mobili o di stipula dell’atto per i beni immobili o per le aziende, ovvero,
se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o
costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Qualora tali dividendi siano soggetti a ritenuta, il socio o il partecipante per conseguire il
pagamento è tenuto a versare alla società l’importo corrispondente
all’ammontare della ritenuta applicabile, determinato in relazione al
predetto valore normale dei beni ad essi attribuiti.
L’art. 47, co. 5 del TUIR stabilisce il principio secondo cui non costituiscono utili le somme ed il valore dei beni ricevuti dai soci a titolo
di ripartizione di riserve di capitale o altri fondi costituiti con sovrapprezzi di emissione delle azioni o quote, con versamenti fatti dai soci
a fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposte, in quanto da un lato tali somme ed il valore
dei beni ricevuti, trattandosi di restituzione di apporti, non configurano un elemento reddituale e dall’altro riducono il costo fiscalmente
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riconosciuto delle azioni o quote possedute, garantendo in tal modo
l’esigenza di simmetria dell’imposizione.
All’atto della distribuzione occorre però tenere a mente la presunzione contenuta nel paragrafo 2, del comma 1, dell’art. 47 del TUIR,
che prevede che, indipendentemente dalla statuizione della delibera
assembleare, si presumono ai fini fiscali prioritariamente distribuiti l’utile dell’esercizio e le riserve diverse da quelle di capitale, indicate nel
comma 5, per la quota di esse non accantonata in sospensione d’imposta, a condizione che siano liberamente disponibili.
È appena il caso di ricordare che gli utili delle società di persone commerciali residenti in Italia non si qualificano come redditi di capitale, ma
come redditi di partecipazione ai sensi dell’art. 6 del TUIR, e sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (art. 5, co. 1 del TUIR).
Altra deroga al regime di tassazione dei dividendi, è rinvenibile nel
caso di società che hanno optato per il regime della cd. “trasparenza
fiscale” di cui agli artt. 115 e 116 del TUIR. Come noto, il reddito imponibile realizzato dalle società che hanno optato per la trasparenza
fiscale è imputato a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione
e proporzionalmente alla quota di partecipazione.
In entrambi i casi, valgono le seguenti regole per il socio di società trasparenti, anche per opzione:
- il costo della partecipazione è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio (art. 68, co. 6 del TUIR);
- dal costo si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio (art. 68, co. 6 del TUIR);
- gli utili distribuiti (formatisi in periodi d’imposta in cui opera la
trasparenza) non concorrono a formare il reddito dei soci, anche laddove eccedenti il reddito imputato per trasparenza (si
veda Circolare 16/07/2004 n. 26).
La tassazione dei
dividendi di fonte
italiana percepiti da
soggetti residenti
in italia
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A seguito della abolizione del credito di imposta sui dividendi, la doppia imposizione economica sugli utili è evitata mediante la parziale
esclusione dall’imponibile degli stessi, sempreché per essi non sia previsto un regime fiscale sostitutivo con applicazione di una ritenuta alla
fonte a titolo di imposta o di una imposta sostitutiva.
Il trattamento fiscale riservato agli utili da partecipazione è differenziato a seconda della natura del soggetto percipiente ed è stabilito nei
seguenti articoli:
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- art. 47 del TUIR, relativamente alle persone fisiche non imprenditori;
- art. 59 del TUIR, relativamente alle persone fisiche imprenditori
e società di persone commerciali;
- art. 89 del TUIR, relativamente alle società ed enti commerciali
assoggettati ad IRES.
Utili percepiti al di
fuori di attività
commerciali da persone
fisiche residenti
Per stabilire le modalità di tassazione degli utili percepiti da una persona fisica che non esercita attività di impresa è necessario far riferimento alle caratteristiche della partecipazione posseduta dal socio al
momento della riscossione degli utili, distinguendo tra partecipazione
qualificata e partecipazione non qualificata1:
i. Partecipazioni qualificate. L’art. 47, co. 1 del TUIR, dispone che,
salvo alcuni casi espressamente indicati all’art. 3, co. 3, lett. a)
del TUIR, gli utili derivanti da partecipazioni qualificate detenute in società ed enti soggetti ad IRES, concorrono alla formazione del reddito complessivo del socio, da assoggettare a tassazione nel Modello UNICO, nella misura del 49,72% del loro
ammontare se prodotti successivamente all’esercizio in corso
al 31/12/2007, ovvero del 40% se prodotti fino all’esercizio in
corso al 31/12/20072.
Gli utili in esame sono esclusi dall’applicazione di una ritenuta
di imposta, come stabilito dall’art. 27, co. 5 del D.P.R. 600/1973.
Il citato articolo infatti stabilisce che le ritenute non sono operate qualora le persone fisiche residenti e gli associati in partecipazione dichiarino all’atto della percezione che gli utili riscossi
sono relativi all’attività di impresa o ad una partecipazione qualificata ai sensi della lettera c) del comma 1 dell’art. 67 del TUIR;
in assenza di tale dichiarazione, la società erogante deve applicare la ritenuta prevista per le partecipazioni non qualificate.
ii. Partecipazioni non qualificate. Gli utili derivanti da partecipazioni non qualificate, percepiti da soggetti persone fisiche al di
fuori dell’attività di impresa, sono soggetti alla ritenuta alla fonte
a titolo di imposta prevista nella misura del 26% sull’intero ammontare distribuito (art. 27, co. 1, D.P.R. 600/1973).
1
Sono partecipazioni qualificate, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. c) del TUIR le partecipazioni, i titoli e diritti che rappresentano una percentuale superiore al 2 o al
20% dei diritti voto esercitabili in assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25% del capitale o del patrimonio a seconda che si tratti, rispettivamente di titoli negoziati in
mercati regolamentati italiani o estero o di altre partecipazioni. Sono, invece, partecipazioni non qualificate quelle diverse da quelle di cui alla lettera c), del comma
1 dell’art. 67 del TUIR nonché le azioni di risparmio.
2
Va peraltro rilevato che è possibile che entro la fine del 2014 con decreto ministeriale venga innalzata la percentuale dei dividendi che concorre a formare il reddito
imponibile al 60,46%, per riequilibrare la tassazione delle partecipazioni qualificate e non qualificate.
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Dividendi: lineamenti generali relativi al regime
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L’aliquota di tassazione prevista per tali redditi di natura finanziaria ha subito un incremento per mezzo dell’art. 3, co. 1 del
D.L. 66/2014, che ha previsto l’applicazione di una maggiorazione dal 20 al 26% dell’imposta sostitutiva su dividendi relativi
a partecipazioni non qualificate. La nuova aliquota maggiorata
della ritenuta sui dividendi si applica con riferimento ai dividendi percepiti a partire dal 1° luglio 2014, a nulla rilevando la data
della delibera di distribuzione.
I citati utili, quindi, sono esclusi dal reddito complessivo da dichiarare nel Modello UNICO ai sensi dell’art. 3, co. 3, lett. a) del
TUIR.
Qualora le partecipazioni siano immesse in un patrimonio per
il quale è stata esercitata l’opzione per il regime del risparmio
gestito di cui all’art. 7 del D.Lgs. 461/1997, i dividendi percepiti
in relazione a tali partecipazioni non sono assoggettati alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta, in quanto concorrono a formare il risultato maturato del patrimonio gestito assoggettato
ad imposta sostitutiva del 26%.
I regimi di tassazione sopra delineati trovano applicazione anche con
riferimento alle somme ricevute dal socio a titolo di ripartizione di riserve di capitale o di altri fondi costituiti da sovrapprezzi di emissioni
delle azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o
in conto capitale, eccedenti il costo fiscale della partecipazione, qualificandosi tale eccedenza come utile (si veda Circolare 16/07/2004, n. 26).
Utili percepiti da persone
fisiche imprenditori e
società di persone
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Va preliminarmente osservato che i dividendi percepiti da un socio
soggetto passivo IRPEF nell’esercizio di imprese commerciali, nonché da una società di persone commerciale, secondo quanto stabilito
dall’art. 48 del TUIR, non costituiscono redditi di capitale, bensì componenti del reddito di impresa.
L’art. 59 del TUIR, effettuando un richiamo all’art. 47, statuisce che
questi concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 49,72% del loro ammontare (40% se prodotti fino all’esercizio in corso al 31/12/2007), nell’esercizio in cui sono percepiti, ossia
seguendo il criterio di cassa, indipendentemente dalla circostanza che
si riferiscano a partecipazioni qualificate o non qualificate.
Inoltre, è esclusa l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta prevista dall’art. 27, co. 5, D.P.R. 600/1973, in quanto opera solo con riguardo a partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche al
di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.
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Con riguardo alle somme ricevute dal socio persona fisica imprenditore o società di persone commerciale, a titolo di ripartizione di riserve di capitale o di altri fondi costituiti da sovrapprezzi di emissioni
delle azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o
in conto capitale, qualora queste siano inferiori al costo fiscale della
partecipazione, ne riducono il valore, al contrario se sono eccedenti
il costo fiscale della partecipazione, a tale eccedenza si rendono applicabili le modalità di tassazione previste per le plusvalenze. Qualora
ricorrano i presupposti previsti dall’art. 87 del TUIR, per effetto del
rinvio operato dall’art. 58, le plusvalenze non concorrono a formare il
reddito imponibile nei limiti del 50,28% dell’importo (si veda Circolare
16/07/2004, n. 26).
È appena il caso di precisare che nel caso in cui il percettore del dividendo sia una società semplice, stante il rinvio dell’art 59 all’art. 47 del
TUIR, i dividendi, pur costituendo redditi di capitale e non d’impresa,
concorrono a formare il reddito imponibile della società nella misura
del 49,72%, a prescindere dal possesso di una partecipazione qualificata o meno. Pertanto, non è possibile applicare la ritenuta del 26% a
titolo d’imposta, in quanto l’art. 27 fa esclusivamente riferimento alle
persone fisiche non imprenditori.
Utili percepiti da
società ed enti
assoggettati ad IRES
Gli utili da partecipazione conseguiti da società ed enti commerciali
soggetti ad IRES residenti nel territorio dello Stato concorrono alla
formazione del relativo imponibile, unitariamente considerato come
reddito di impresa, nell’esercizio in cui sono incassati.
Il comma 2 dell’art. 89 del TUIR prevede l’esclusione dalla formazione
del reddito della società o dell’ente percipiente degli utili distribuiti da
società ed enti commerciali residenti nel limite del 95% del loro ammontare; quindi i dividendi percepiti dalle società di capitali subiscono
una tassazione del 27,50% sul 5% del loro ammontare, in pratica complessivamente dell’1,375%.
Nel rispetto del principio di cassa, se il dividendo è incassato in un
periodo di imposta successivo rispetto a quello in cui è imputato per
competenza, deve essere operata una variazione in diminuzione per
l’intero importo, per poi operare una variazione in aumento pari al 5%
del dividendo incassato, da indicare nel quadro RF del Modello UNICO, nel periodo di imposta in cui è stato percepito.
È appena il caso di osservare che, se il soggetto percettore dei dividendi è un ente non commerciale di cui all’art. 73, co. 1, lett. c) del
TUIR, i dividendi seguono lo stesso criterio previsto per l’imposizione
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Dividendi: lineamenti generali relativi al regime
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delle società e degli enti commerciali residenti, ossia sono esclusi dalla
formazione del reddito imponibile per il 95% del loro ammontare, ai
sensi dell’art. 4, co. 1, lett. q) del D.Lgs. 344/2003.
Nel caso di dividendi corrisposti a soggetti esenti dall’imposta sul reddito delle società trova applicazione la ritenuta di cui all’art. 27 del
D.P.R. 600/1973, mentre non è applicabile nei confronti dei soggetti
“esclusi” dall’imposta sui redditi ai sensi dell’art. 73, co. 1 del TUIR (si
veda Risoluzione 06/07/2001, n. 113 e Risoluzione 12/07/2011, n. 117).
Con riferimento alle somme conseguite da società ed enti commerciali a titolo di ripartizione di riserve di capitale o di altri fondi costituiti da sovrapprezzi di emissioni delle azioni o quote, con versamenti
fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale, qualora queste siano
inferiori al costo fiscale della partecipazione, ne riducono il valore, al
contrario se sono eccedenti il valore fiscalmente riconosciuto della
partecipazione, a tale eccedenza si rendono applicabili le modalità di
tassazione previste per le plusvalenze (si veda Circolare 16/07/2004,
n. 26). In questo caso può trovare applicazione l’art. 87 del TUIR, relativo alla participation exemption, qualora ne sussistano i requisiti.
La tassazione dei
dividendi di fonte
estera percepiti da
soggetti residenti
in italia
La tassazione dei
dividendi di fonte estera
percepiti da persone
fisiche non esercenti
attività di impresa
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La normativa per la tassazione dei dividendi derivanti da partecipazioni in società ed enti non residenti ricalca in buona parte quanto previsto per i dividendi di fonte domestica, pur presentando delle differenze derivanti dalla natura transnazionale di tale fattispecie. Come i
dividendi di fonte interna, infatti, anche i dividendi esteri sono esclusi
parzialmente dal reddito del socio in relazione al suo status.
Le regole di tassazione dei dividendi di fonte estera prevedono un diverso regime di tassazione a seconda che la partecipazione estera sia
qualificata o non qualificata o relativa ad una società residente in un
paese “black list”:
i. Partecipazioni qualificate. Nel caso di partecipazioni estere qualificate, l’art. 27, co. 4, lett. a) del D.P.R. 600/1973, stabilisce che
si applica la ritenuta del 26% a cura dell’intermediario che interviene nella riscossione, ma in tal caso la stessa è a titolo di
acconto ed è operata solo sulla quota imponibile dei dividendi
(ossia sul 40% o sul 49,72% del loro ammontare), al netto delle
eventuali ritenute applicate nello Stato estero (cd. “netto frontiera” art. 27, co. 4-bis del D.P.R. 600/1973).
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Il percipiente è poi tenuto ad indicare i dividendi percepiti nella dichiarazione dei redditi e a far concorrere il 40% o il 49,72%
degli stessi (al lordo di tutte le imposte eventualmente applicate
all’estero) alla formazione della base imponibile Irpef, scomputando la ritenuta a titolo di acconto del 26% dall’imposta dovuta.
Le imposte pagate a titolo definitivo all’estero sui dividendi incassati potranno essere portate in detrazione dell’imposta netta
dovuta con il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero ex
art. 165 del TUIR, fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo. Poiché il dividendo estero concorre parzialmente
alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va
ridotta in misura corrispondente (art. 165, co. 10 del TUIR).
Si riporta di seguito un esempio volto a chiarire il sistema di
tassazione sopra delineato. Si ipotizzi che una persona fisica residente percepisca un dividendo di 100.000 euro in relazione ad
una partecipazione qualificata detenuta in una società residente
in uno Stato con il quale l’Italia ha stipulato una Convenzione
contro le doppie imposizioni (white list).
Paese Estero
Dividendo distribuito
Ritenuta convenzionale del 15% in uscita
Netto frontiera
In Italia
Ritenuta d’acconto del 26% in entrata sulla quota imponibile del
dividendo (pari al 49,72%)
Dividendo che concorre a formare il reddito imponibile (49,72%
sull’importo lordo)
IRPEF lorda (43%)
Credito d’imposta per le imposte pagate all’estero riconosciuto
(49,72% di 15.000)
IRPEF netta
Ritenuta d’acconto in entrata da scomputare
Differenza
Tassazione complessiva sul dividendo (pari all’ IRPEF netta più la
ritenuta convenzionale)
Dividendo netto incassato
100.000
(15.000)
85.000
(10.988)
49.720
(21.379)
7.458
(13.921)
10.988
(2.933)
28.921
71.079
ii. Partecipazioni non qualificate. Per quanto riguarda i dividendi
derivanti da partecipazioni estere non qualificate percepiti da
persone fisiche, il comma 4 dell’art. 27 del D.P.R. 600/1973 stabilisce che i sostituti di imposta che intervengano nella riscossione del dividendo estero (nel caso specifico si tratta essenWWW.SOLMAP.IT
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zialmente di banche e di altri intermediari finanziari), devono
applicare una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 26%,
con obbligo di rivalsa sui percettori residenti.
A norma del successivo comma 4-bis la ritenuta è operata sul
dividendo al netto delle eventuali imposte e ritenute applicate
nello Stato estero (cd. “netto frontiera”).
Si ricorda che, poiché la ritenuta applicata è a titolo di imposta,
il percettore residente non dovrà indicare i dividendi di fonte
estera nella propria dichiarazione dei redditi, ai sensi dell’art. 3,
co. 3, lett. a) del TUIR. Conseguentemente, le eventuali ritenute
applicate dallo Stato estero su tali dividendi non potranno essere recuperate con il credito d’imposta per i redditi prodotti
all’estero disciplinato dall’art. 165 del TUIR.
Se, invece, i dividendi sono percepiti senza l’intervento di un intermediario residente, gli stessi, non potendo essere assoggettati alla predetta ritenuta, devono essere dichiarati nel modello
Unico nel loro ammontare lordo e assoggettati ad imposta sostitutiva a cura del contribuente stesso (art. 18 del TUIR).
La ritenuta alla fonte a titolo d’imposta di cui al comma 4 dell’art.
27 del D.P.R. 600/1973, non deve essere applicata sugli utili di
fonte estera provenienti da partecipazioni detenute nell’ambito delle gestioni individuali di masse patrimoniali di cui all’art. 7
del D.Lgs. 461/1997. In tal caso, infatti, i dividendi concorrono a
formare il risultato maturato di gestione soggetto ad imposta
sostitutiva del 26%.
iii. Partecipazioni in “cfc”. I dividendi provenienti da soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata concorrono a formare il
reddito nella misura del 100%, indipendentemente dal fatto che
la partecipazione sia qualificata o meno. Infatti, in base all’art. 47,
co. 4 del TUIR, sono tassabili integralmente gli utili provenienti
da società residenti in Stati o territori diversi da quelli indicati
nella “white list” di cui al decreto del Ministero dell’economia e
delle finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis3. L’intermediario
che interviene nella riscossione applicherà una ritenuta a titolo d’acconto del 26% sul netto frontiera. Nel caso, invece, le
partecipazioni siano non qualificate e i dividendi siano erogati
da società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati è
prevista l’applicazione della ritenuta del 26% a titolo definitivo
sull’intero ammontare corrisposto (al netto delle ritenute applicate dallo Stato estero).
3
Nelle more dell’emanazione del decreto che deve individuare i cd. Stati o territori virtuosi, continua ad applicarsi l’elenco di cui al D.M. 21/11/2001 che individua i
Paesi o territori a regime fiscale privilegiato.
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Dividendi: lineamenti generali relativi al regime
di tassazione nazionale, convenzionale e comunitario
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Tale disciplina non trova applicazione:
- nel caso in cui il contribuente abbia presentato positivamente
istanza d’interpello secondo le modalità previste dall’art. 167,
co. 5, lett. b) del TUIR, dimostrando che dalle partecipazioni non
sia stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale, nel qual caso
tornano applicabili le regole di cui ai punti i) e ii), oppure
- fino a concorrenza degli utili che sono stati già imputati per
trasparenza al socio in applicazione delle disposizioni di cui agli
artt. 167 e 168 del TUIR4.
I regimi di tassazione sopra delineati trovano applicazione anche con
riferimento alle somme ricevute dal socio a titolo di ripartizione di riserve di capitale o di altri fondi costituiti da sovrapprezzi di emissioni
delle azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o
in conto capitale, eccedenti il costo fiscale della partecipazione, qualificandosi tale eccedenza come utile (si veda Circolare 16/07/2004, n. 26).
La tassazione dei
dividendi di fonte estera
percepiti da soggetti
esercenti attività di
impresa
I dividendi di fonte estera percepiti da soggetti esercenti attività di impresa (imprenditori individuali, società di persone e società di capitali)
non scontano alcuna ritenuta alla fonte in entrata. Per essi è previsto il
medesimo regime fiscale applicabile ai dividendi di fonte interna percepiti da persone fisiche imprenditori e società di persone commerciali.
I dividendi concorrono, quindi, alla formazione del reddito di impresa
nella misura del 49,72% (o del 40% se prodotti fino all’esercizio in corso al 31/12/2007) ai sensi dell’art. 59 del TUIR, eccezione viene fatta
per gli utili provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata. In questo caso i
dividendi erogati da tali soggetti residenti in Stati o territori diversi da
quelli indicati nella “white list” di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis5, concorrono a
formare il reddito nella misura del 100%. Tale disciplina non trova applicazione:
- nel caso in cui il contribuente abbia presentato positivamente
istanza d’interpello secondo le modalità previste dall’art. 167,
4
Ai sensi degli artt. 167 e 168 del TUIR, se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o interposta persona, rispettivamente il controllo o il collegamento di una società o di altro ente residente o localizzato in un paradiso fiscale, i redditi conseguiti dal soggetto estero
partecipato sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenuti e assoggettati a tassazione separata con aliquota media di tassazione del reddito complessivo netto e comunque non inferiore al 27%. L’art. 167 trova applicazione anche nel caso di società controllate localizzate in territori non
black list, qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: i) la partecipata estera paga imposte nello Stato o territorio di insediamento per un importo pari
almeno della metà del carico impositivo cui sarebbe stata sottoposta qualora fiscalmente residente in Italia e ii) i proventi della partecipata derivano per più della
metà da “passive income”, ivi incluse prestazioni di servizi nei confronti di soggetti appartenenti al medesimo gruppo.
5
Nelle more dell’emanazione del decreto che deve individuare i cd. Stati o territori virtuosi, continua ad applicarsi l’elenco di cui al D.M. 21/11/2001 che individua i
Paesi o territori a regime fiscale privilegiato.
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Dividendi: lineamenti generali relativi al regime
di tassazione nazionale, convenzionale e comunitario
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co. 5, lett. b) del TUIR, dimostrando che dalle partecipazioni non
sia stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale, nel qual caso
tornano applicabili le regole di cui ai punti i) e ii), oppure
- fino a concorrenza degli utili che sono stati già imputati per
trasparenza al socio in applicazione delle disposizioni di cui agli
artt. 167 e 168 del TUIR6.
Con riguardo alle somme ricevute dal socio persona fisica imprenditore o società di persone commerciale, a titolo di ripartizione di riserve di capitale o di altri fondi costituiti da sovrapprezzi di emissioni delle azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto
o in conto capitale, eccedenti il costo fiscale della partecipazione, a
tale eccedenza si rendono applicabili le modalità di tassazione previste
per le plusvalenze. Qualora ricorrano i presupposti previsti dall’art.
87 del TUIR, per effetto del rinvio operato dall’art. 58 le plusvalenze
non concorrono a formare il reddito imponibile nei limiti del 50,28%
dell’importo (si veda Circolare 16/07/2004, n. 26).
Le imposte pagate a titolo definitivo all’estero sui dividendi incassati
potranno essere portate in detrazione dell’imposta netta dovuta con
il credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero ex art. 165 del
TUIR, fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo. Poiché
il dividendo estero concorre parzialmente alla formazione del reddito
complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente (art. 165, co 10 del TUIR).
La tassazione dei
dividendi di fonte estera
percepiti da società di
capitali
Gli utili di fonte estera distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi
denominazione a società ed enti residenti soggetti ad IRES concorrono alla formazione del reddito limitatamente al 5% del loro ammontare e sono imputati nell’esercizio in cui sono percepiti secondo il principio di cassa, ai sensi dell’art. 89, co. 2 del TUIR.
Al contrario, i dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli indicati nella “white list” di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis7,
concorrono a formare il reddito nella misura del 100%. Tale disciplina
non trova applicazione:
6
Si rinvia a quanto precisato nella nota 4.
7
Nelle more dell’emanazione del decreto che deve individuare i cd. Stati o territori virtuosi, continua ad applicarsi l’elenco di cui al D.M. 21/11/2001 che individua i
Paesi o territori a regime fiscale privilegiato.
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di tassazione nazionale, convenzionale e comunitario
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- nel caso in cui il contribuente abbia presentato positivamente
istanza d’interpello secondo le modalità previste dall’art. 167,
co. 5, lett. b) del TUIR, dimostrando che dalle partecipazioni non
sia stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale, nel qual caso
tornano applicabili le regole di cui ai punti i) e ii), oppure
- fino a concorrenza degli utili che sono stati già imputati per
trasparenza al socio in applicazione delle disposizioni di cui agli
artt. 167 e 168 del TUIR8.
Le imposte pagate a titolo definitivo all’estero sui dividendi incassati
potranno essere portate in detrazione dell’imposta netta dovuta con il
credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero ex art. 165 del TUIR,
fino a concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto
tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo. Poiché il dividendo estero concorre parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.
La tassazione dei
dividendi di fonte
italiana percepiti da
soggetti non
residenti
La tassazione dei
dividendi in uscita
I dividendi corrisposti a soggetti non residenti si considerano, a norma
dell’art. 23 co. 1, lett. b) del TUIR, prodotti nel territorio dello Stato e,
come tali, sono ivi soggetti a tassazione se sono corrisposti dallo Stato,
da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni
nel territorio dello stesso di soggetti non residenti. Il sistema di imposizione dei dividendi percepiti da soggetti non residenti prevede un regime di tassazione generale, commentato nel presente paragrafo, e due
ulteriori regimi che sono commentati nei paragrafi successivi e che regolano tipicamente l’imposizione dei dividendi nei gruppi internazionali.
In base al regime di tassazione generale, l’imposizione viene attuata
al momento della distribuzione con l’applicazione, ai sensi dell’art. 27,
co. 3 del D.P.R. 600/1973, di una ritenuta alla fonte a titolo di imposta
pari al 26% sull’intero ammontare dei dividendi, e ciò indipendentemente dal fatto essi siano relativi a partecipazioni qualificate o non
qualificate e indipendentemente dal fatto che il soggetto percettore
operi o meno in regime di attività di impresa.
I soggetti esteri che subiscono la ritenuta a titolo di imposta hanno
diritto di richiedere il rimborso fino a concorrenza dell’importo di
11/26 della ritenuta subita9; l’ottenimento del rimborso è però condi-
8
Si rinvia a quanto precisato nella nota 4.
9
La proporzione è stata aggiornata per effetto dell’aumento al 26% della ritenuta sui dividendi. Pertanto per i dividendi corrisposti fino al 30 giugno 2014 trova applicazione la ritenuta del 20% a cui corrisponde una proporzione di ¼ dell’imposta che si può chiedere a rimborso. Per i dividendi pagati dal 1° luglio 2014 trova
applicazione la nuova ritenuta e la proporzione aggiornata.
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zionato dall’onere di dimostrare di aver pagato sui medesimi dividendi
le imposte nel Paese di residenza, attraverso il rilascio di un’apposita
certificazione da parte dell’Amministrazione Fiscale estera (rif. Circolare 21/05/2009, n. 26/E).
Soltanto se il soggetto residente ha una stabile organizzazione in Italia e la partecipazione per la quale è percepito il dividendo è effettivamente connessa a detta stabile organizzazione, i dividendi percepiti
non sono soggetti a ritenuta e concorrono alla determinazione del
reddito di impresa della stabile organizzazione, soggetto a tassazione
in Italia, nella misura del 5% del loro ammontare ai sensi dell’art. 89 del
TUIR (analogamente ai soggetti IRES).
Le Convenzioni contro le
doppie imposizioni
10
La misura della ritenuta applicata sui dividendi corrisposti a soggetti
non residenti può essere ridotta nel caso in cui sia stata conclusa una
Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia ed il Paese di residenza del percettore riducendo parzialmente la doppia imposizione
giuridica in capo al socio10. Se il percettore del dividendo è residente
in uno Stato con il quale è stata conclusa una Convenzione contro le
doppie imposizioni, la ritenuta in uscita si applica, di regola, nella misura prevista dalla Convenzione che è normalmente più favorevole di
quella prevista dall’art. 27 del D.P.R. 600/1973.
La maggior parte delle Convenzioni stipulate dall’Italia ricalca il Modello OCSE e la disciplina dei dividendi è rinvenibile nell’art. 10 del
Modello OCSE, il quale:
- al paragrafo 1 attribuisce la potestà impositiva sui dividendi allo
Stato di residenza del beneficiario, ma non si tratta di una potestà “esclusiva”, poiché
- il paragrafo 2 consente allo Stato della fonte, cioè allo Stato in
cui risiede la società che distribuisce il dividendo, di tassare tali
dividendi ma, se il beneficiario effettivo di tali dividendi è residente nell’altro Stato, la ritenuta non può eccedere:
- il 5% dell’ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario
economico è una società (diversa da una società di persone)
che detiene almeno il 25% del capitale della società che paga i
dividendi;
- il 15% dell’ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi.
Le Convenzioni per evitare la doppia imposizione sono trattati internazionali con i quali i Paesi contraenti regolano l’esercizio della propria potestà impositiva al fine
di eliminare le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti. Oltre ad evitare le doppie imposizioni, le Convenzioni hanno anche lo scopo di
prevenire l’evasione e l’elusione fiscale.
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L’applicazione delle ritenute convenzionali sui dividendi è sottoposta
però ad una condizione che dev’essere soddisfatta dal destinatario dei
dividendi residente nell’altro Stato contraente: questo, infatti, dev’essere l’effettivo beneficiario di tali utili. Il concetto di beneficiario effettivo è stato elaborato a livello internazionale con lo scopo di arginare
il fenomeno dell’abuso del diritto, infatti l’obiettivo è quello di impedire che i soggetti destinatari di una determinata componente reddituale interpongano, tra sé ed il soggetto erogante il reddito in questione,
soggetti terzi al solo fine di godere di un trattamento favorevole concesso da una convenzione contro le doppie imposizioni.
Se quindi la condizione del beneficiario effettivo non è soddisfatta, non
può trovare applicare l’aliquota convenzionale ridotta.
Ai fini della richiesta dell’applicazione delle ritenute convenzionali, i
soggetti residenti e non residenti devono fare riferimento alla modulistica un uso e concordata tra gli Stati o, in mancanza, ai modelli approvati con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 10 luglio 2013.
Il regime della direttiva
cd. madre - figlia
Con riferimento ai dividendi in uscita deve essere menzionato il cd.
regime “madre - figlia”, previsto dall’art. 27-bis del D.P.R. 600/1973.
La Direttiva 90/435/CEE del 23/07/1990, meglio conosciuta come direttiva “madre - figlia” e rifusa nella Direttiva 2011/96/EU, è stata recepita nell’ordinamento italiano con la L. 142/1992 e mira ad eliminare la
doppia imposizione giuridica sui dividendi che rendono le relazioni fra
società madri e figlie di stati membri diversi meno favorevoli rispetto
a quelle fra società madri e figlie dello stesso stato membro.
In particolare l’art. 27-bis del D.P.R. 600/1973 consente alla casa madre
di chiedere a rimborso la ritenuta applicata ai sensi dell’art. 27, commi
3, 3-bis e 3-ter, del D.P.R. 600/1973, ovvero l’esenzione dall’applicazione
della ritenuta alla fonte da parte della società emittente. L’art. 27-bis,
co. 3, dispone che la richiesta di rimborso o di esenzione dall’applicazione della ritenuta sui dividendi “in uscita”, qualora la società percipiente rispetti i seguenti requisiti:
i. rivesta una delle forme previste nell’allegato alla direttiva CEE
“madre - figlia”;
ii. risieda ai fini fiscali in uno Stato membro dell’Unione Europea,
senza essere considerate, ai sensi di una Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti a di fuori dell’UE;
iii. sia soggetta nello Stato di residenza ad una delle imposte indicate
nell’allegato alla predetta direttiva, senza fruire di regimi di opzio-
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ne o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati ad una delle imposte indicate nella predetta direttiva;
iv. possieda una partecipazione diretta nella società erogante gli
utili non inferiore al 10% del capitale per un periodo ininterrotto di almeno un anno11.
Per il rimborso della ritenuta ovvero per la non applicazione delle ritenute occorre presentare la seguente documentazione:
- una certificazione rilasciata dalle autorità fiscali dello Stato di
residenza che attesti la sussistenza dei requisiti soggettivi in
capo alla società percipiente;
- la dichiarazione di esistenza o meno di una stabile organizzazione (se si tratta di impresa) o di base fissa (se si tratta di un professionista) in Italia, cui siano riconducibili i redditi in relazione
ai quali si chiede il rimborso dell’imposta;
- dichiarazione di esistenza di eventuali altre specifiche condizioni previste dalla Convenzione;
- documentazione atta a comprovare il prelievo effettivo dell’imposta.
Ai fini della richiesta dell’applicazione dell’esenzione dalla ritenuta o
di rimborso della stessa, i soggetti residenti e non residenti devono
fare riferimento ai modelli approvati con provvedimento dell’Agenzia
delle Entrate del 10 luglio 2013. Gli intermediari devono acquisire tale
documentazione entro la data del pagamento degli utili e devono conservarla, unitamente alla richiesta di non applicazione della ritenuta,
fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi
al periodo di imposta in corso alla data del pagamento dei dividendi e,
comunque, fino quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.
Il comma 5 dell’articolo in esame introduce una clausola antielusiva,
ossia prevede che il regime esimente di cui sopra possa essere applicato a condizione che le società madri, che risultano controllate direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in
Stati della Comunità Europea, dimostrino che lo scopo di detenzione
della partecipazione nella società figlia non è l’ottenimento del beneficio dell’esenzione. A tal fine per l’assunzione delle prove si applicano
le procedure di cui ai commi 12 e 13 dell’art. 11 della L. 30/12/1991,
n. 413.
11
Percentuale così ridotta dal 1° gennaio 2009.
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di tassazione nazionale, convenzionale e comunitario
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È appena il caso di ricordare che, per arginare fenomeni di tipo elusivo,
la Commissione Europea ha presentato, il 25 novembre 2013, una proposta di modifica della citata direttiva madre - figlia, articolata su due
direttrici, da un lato l’introduzione di una clausola generale antielusiva
e dall’altro il contrasto all’utilizzo di strumenti finanziari ibridi.
Con riferimento al primo punto, va osservato che finora gli Stati membri hanno adottato norme anti-abuso dettate dalle esigenze dei singoli
sistemi fiscali nazionali, mancando disposizioni comuni uniformemente
applicabili. L’obiettivo che la modifica si propone è l’esplicita previsione della obbligatorietà per gli Stati membri di adottare una clausola
generale antiabuso finalizzata all’ottenimento di maggiore chiarezza
verso l’applicazione uniforme della direttiva.
Per quanto attiene, invece, il secondo punto, la proposta in commento
si preoccupa di evitare la “doppia non tassazione” con riferimento alle
ipotesi nelle quali le somme distribuite dalla società “figlia” costituiscono per essa costi deducibili in base all’ordinamento tributario domestico. La proposta di modifica prevede infatti la possibilità di negare
alla società madre l’esenzione da tassazione dei dividendi percepiti,
nella misura in cui tali somme vengono ammesse in deduzione nello
Stato di residenza della società figlia; è d’obbligo dunque per le imprese transfrontaliere assoggettare a tassazione i flussi di utili in entrata
se portati in deduzione in altro Stato della Comunità. Su questo punto, il Consiglio ha deciso di non attendere il termine del 31/12/2014
entro il quale i Paesi membri della Comunità Europea sarebbero stati chiamati ad esprimersi sulla proposta di revisione e ha approvato
l’8 luglio 2014 la Direttiva 2014/86/UE che ha riformulato la lett. a)
dell’art. 4, paragrafo 1 della Direttiva madre - figlia, prevedendo che gli
Stati membri della società madre dovranno astenersi dal sottoporre
ad imposizione gli utili percepiti solo nella misura in cui essi non sono
deducibili per la società figlia, assicurando così che gli utili distribuiti
dalle società figlie alle società madri siano sottoposti ad imposizione
almeno una volta. Gli Stati membri dovranno adeguare le proprie legislazioni interne entro il 31 dicembre 2015.
La tassazione dei
dividendi erogati a
soggetti residenti nella
UE o nello SEE
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A seguito dell’avvio nel 2006 da parte della Commissione Europea
di un procedura d’infrazione contro l’Italia in relazione al regime di
imposizione sui dividendi in uscita pagati da enti e società, è stato introdotto dall’art. 1, co. 67, lett. a) n. 4 della Finanziaria 2008 il nuovo
comma 3-ter all’art. 27 del D.P.R. 600/1973, che prevede una ritenuta
a titolo di imposta nella misura dell’1,375% sugli utili corrisposti alle
società e agli enti residenti negli Stati membri dell’Unione Europea e
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negli Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE)
che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministero dell’economia e delle Finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis del TUIR (cd. white list)12. La ritenuta in esame è stata introdotta per rendere compatibile il regime italiano delle ritenute sui dividendi in uscita con i principi
relativi alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali
garantite tanto dal Trattato CEE, quanto dal Trattato sullo Spazio Economico Europeo (SEE).
Per beneficiare della ritenuta ridotta, gli enti e società esteri devono
soddisfare congiuntamente due condizioni:
- essere residenti in uno Stato membro della UE o in uno Stato
aderente allo Spazio Economico Europeo che sono inclusi nella
lista dei Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’art. 168bis, co. 1 del TUIR;
- essere soggetti passivi ai fini della locale imposta sul reddito
delle società.
La richiesta deve essere corredata da idonea certificazione di residenza e di status fiscale rilasciata dalle autorità fiscali del paese estero.
Con la Circolare n. 32/E/2011, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito l’applicazione retroattiva della normativa, con la possibilità di applicare la ritenuta nella misura ridotta anche per i dividendi formatisi
prima del 1° gennaio 2008.
È appena il caso di precisare che, qualora i soggetti UE beneficiari dei
dividendi posseggano i requisiti previsti per l’applicazione della direttiva madre - figlia la disciplina di cui all’art. 27-bis prevale rispetto a
quella prevista dal nuovo comma 3-ter: ai dividendi corrisposti da società “figlie” residenti a società “madri” non residenti, pertanto, non si
applica la ritenuta dell’1,375%, ma continua ad applicarsi il regime comunitario più favorevole.
12
Nelle more dell’emanazione del decreto che deve individuare i cd. Stati o territori virtuosi, troverà applicazione l’elenco di cui al D.M. 04/09/1996, l’unico paese
extra UE cui può essere applicata la ritenuta ridotta è la Norvegia. Si ricorda che la white list del 1996 è stata, peraltro, recentemente integrata ad opera del D.M.
27/07/2010 che ha inserito Cipro e la Lettonia.
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