scheda di sala - Teatro Comunale di Monfalcone
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scheda di sala - Teatro Comunale di Monfalcone
Martedì 23, mercoledì 24 febbraio 2016 ore 20.45 Marche Teatro in coproduzione con Teatro Franco Parenti presentano LA DODICESIMA NOTTE di William Shakespeare traduzione di Patrizia Cavalli regia Carlo Cecchi con Orsino, Duca d’Illiria Remo Stella Valentino, Gentiluomo al servizio del Duca Giuliano Scarpinato Ufficiale al servizio del Duca Rino Marino Viola, poi travestita da Cesario Eugenia Costantini Sebastiano, suo fratello gemello Davide Giordano Capitano della nave naufragata Rino Marino Antonio, altro capitano di mare, amico di Sebastiano Federico Brugnone Olivia, Contessa Barbara Ronchi Maria, sua cameriera personale Daniela Piperno Sir Toby, zio di Olivia Vincenzo Ferrera Sir Andrew, protetto di Sir Toby Loris Fabiani Malvolio, maggiordomo di Olivia Carlo Cecchi Fabian, al servizio di Olivia Giuliano Scarpinato Feste, buffone di Olivia Dario Iubatti Luigi Lombardi d’Aquino tastiere e direzione musicale Alessandro Pirchio, Alessio Mancini flauti e chitarra Federico Occhiodoro strumenti a percussione musiche di scena Nicola Piovani scena Sergio Tramonti costumi Nanà Cecchi disegno luci Paolo Manti Note di regia Illiria. Il Duca e la Contessa hanno due tenaci fissazioni: il Duca si è fissato sulla Contessa perché lei non ne vuole sapere; la Contessa si è fissata sul fratello morto, al quale vuole restare fedele per sette anni. Con questi due begli esemplari di nevrosi narcisistica, tutto resterebbe nell’immobilità e addio commedia. Ma il Destino – e Shakespeare – fanno scoppiare una tempesta: una nave fa naufragio, dal quale si salva una ragazzetta di nome Viola. Nel naufragio ha perduto un fratello. La ragazzetta si trova sperduta in Illiria; ma è piena di risorse (vecchiotte, a dir la verità: Plauto, gli Italiani, già Shakespeare in commedie precedenti) e decide di travestirsi da ragazzo e di diventare il paggio del Duca. Il Duca lo prende in grande simpatia (il paggioragazza si innamora tambur battente di lui) e decide di farlo diventare il suo messaggero d’amore con la Contessa. La Contessa si innamora subito del paggio e le cose si metterebbero male perché il paggio è una femmina e al tempo di Shakespeare i matrimoni gay, o almeno i pacs, non erano previsti. Ma il Destino e Shakespeare hanno risparmiato il fratello del paggio-ragazza, il quale, essendo suo gemello, è tale e quale alla sorella-fratello. Così questo fratello scampato al naufragio e inseguito anche lui da un innamorato, si sistema volentieri con la Contessa, che lo prende per il paggio-ragazza di cui si era invaghita. Si sposano presto presto. Il Duca esplode di gelosia ma poi, chiarito l’equivoco, si calma e si prende il paggio-ragazza come futura sposa. Questo è il plot principale. Ma ce n’è un altro, forse più importante. È un plot comico e si svolge alla corte della Contessa: lo zio ubriacone e l’astuta dama di compagnia; un maggiordomo e un cretino di campagna che spasimano ambedue per la Contessa e, non poteva mancare, il fool. Malgrado la sua funzione comica, questo plot ha uno svolgimento più amaro: la follia che percorre la commedia, come in un carnevale dove tutti sono trascinati in un ballo volteggiante, trova il suo capro espiatorio nel più folle dei personaggi: il maggiordomo, un attore comico che aspirava a recitare una parte nobile, quella del Conte Consorte. L’amore è il tema della commedia; la musica, che come dice il Duca nei primi versi “è il cibo dell’amore”, ha una funzione determinante. Non come commento ma come azione. La scena reinventerà un espace de jeu che permetta, senza nessuna pretesa realistica o illustrativa, il susseguirsi rapido e leggero di questa strana malinconica commedia, perfetta fino al punto di permettersi a volte di rasentare la farsa. Carlo Cecchi Dalla rassegna stampa Non è la prima volta che Carlo Cecchi si misura con La dodicesima notte. Anni fa a Siena, per la riapertura del Teatro dei Rozzi, Cecchi aveva lavorato al testo shakespeariano e insieme alla sua matrice italiana costituita dal canovaccio de Gli ingannati, variazione classica dell’eterna “commedia degli equivoci”. Resta indimenticabile, di quella visione senese, l’immagine di Cecchi in paglietta e abito gessato di maschera napoletana. Nel frattempo l’attore ha lavorato su diversi altri testi shakespeariani, e come è successo per il recente Sogno di una notte di mezza estate realizzato con gli allievi appena diplomati all’Accademia Silvio D’Amico, anche ora è circondato da attori tanto giovani quanto già formati e agguerriti. Una bella compagnia, energica e vitale, perfetta per rendere la favola shakespeariana dello scambio di fratelli smarriti e ritrovati, dopo un naufragio sulle coste dell’Illiria. C’è un grandissimo rigore nella lettura che Cecchi dà del racconto, che marcia sulla traduzione molto bella di Patrizia Cavalli, puntuale ma nello stesso tempo pronta a dare suggestioni contemporanee a quelle parole cinquecentesche. Un rigore che aiuta a districarsi nella vicenda di quel fratello e sorella gemelli, separati dai marosi e disposti a ogni peripezia e travestimento per cercare di ritrovarsi. Mentre invece le loro vicende vanno a incrociarsi in terra ferma con le dispute amorose fra il duca Orsino e la bella contessa Olivia, che per motivi suoi di lutto fraterno delle profferte di questi non vuol neanche sentire. Con una questione “politica” di ribelli e di gendarmi sullo sfondo, e una “civile” in primissimo piano, perché il travestimento in abiti maschili della sorella naufraga accende di passione per “lui” la principessa, mentre lo stesso duca sente per il suo nuovo “paggio” una contraddittoria e malcelata attrazione. Ma data la naturalità dell’equivoco, si allarga dentro a questa un’altra vicenda, parallela alla principale come quella dei comici lo è nel Sogno dello stesso autore. Qui non di attori si tratta, ma dei servitori (come sarà nei romanzi inglesi dei secoli successivi), raccolti attorno a due polarità: quello dello zio buontempone della contessa, beone e disinvolto, assieme a un fasullo pretendente straniero, una servetta intraprendente (Daniela Piperno, presenza storica del teatro di Cecchi), un altro fannullone e un fool tipicamente shakespeariano, utile a dire ridendo le verità più amare. La polarità negativa si concentra invece nel maggiordomo Malvolio, contratto nei gesti ma smisurato nelle ambizioni, come quella di poter essere l’oggetto amoroso della contessa. I due gironi sono concentrici, come la pedana rotante al centro della scena (bella invenzione di Sergio Tramonti), che tutto e tutti muove e fa girare come fosse la ruota della vita. Ma di tutti quegli intrecci, drammatici all’apparenza ma lievi nella sostanza, è proprio il maggiordomo Malvolio a farsi deus ex machina. Beffato dalla servitù che gli recapita una finta lettera della contessa infiammata d’amore per lui, verrà deriso e sbertucciato da tutti quando si presenterà trionfante all’incontro, con le sue calze gialle e le giarrettiere a croce. E la sua vendetta, quando il lieto fine farà girare tutti felici e accoppiati come sul piatto di un carillon, verrà annunciata minacciosa e oscura. Malvolio è ovviamente interpretato da Cecchi stesso: dapprima con movenze da supermarionetta alla Gordon Craig (fino ad evocare spallucce e passettini di Totò); poi nel finale con severità tenebrosa da Convitato di pietra. Cecchi, attore come sempre straordinario, viso asciutto e penetrante, capace di dare peso e spessore ad ogni parola, anche la più lieve, dà in questo modo la “chiave” di tutto lo spettacolo: commedia leggera di intrighi e sentimenti, nel cui fondo si cela però l’abisso incolmabile della infelicità umana, quell’assenza di verità che forse non vuole neppure essere consapevole. Si ride e ci si diverte a questa Dodicesima notte, prima di quel brivido finale. La compagnia dei giovani attori è già di alto livello, divertiti e ironici nei bei costumi di Nanà Cecchi, capaci di cantare e di sottintendere, e di fare vero controcanto alla musica, una partitura di Nicola Piovani suonata in scena dal vivo. Anche la musica è un ulteriore anello concentrico del racconto, che tiene a bada e che nello stesso tempo continuamente apre a fratture creative. Una Dodicesima notte ben racchiusa in tutti questi anelli favolosi, come fosse Saturno: e saturnino è certo lo spirito che al termine la suggella. (Gianfranco Capitta, Il Manifesto, 28 marzo 2015) Comune di Monfalcone Area Servizi Culturali e Sociali - U. O. Attività Teatrali ed Espositive con il contributo di Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - Assessorato alla Cultura ente regionale teatrale del Friuli Venezia Giulia Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia Programmazione Prosa ente regionale teatrale del Friuli Venezia Giulia Roberta Sodomaco Assessore alla Cultura Paola Benes Dirigente di Area Paola Tessaris [email protected] www.facebook.com/teatromonfalcone www.teatromonfalcone.it MARTEDì 23, MERCOLEDì 24 FEBBRAIO 2016 ore 20.45 LA DODICESIMA NOTTE programma