Scarica PDF - Premio Letterario Santa Margherita

Transcript

Scarica PDF - Premio Letterario Santa Margherita
“Voglio l’acqua del nonno”, avrò avuto circa due anni quando ho posato per la prima volta le mie labbra su un bicchiere di vino rosso, quello pigiato ancora dal contadino, quello che lascia il segno nero sul vetro, la mia prima sbornia è stata di bianco, a pensarci bene le mie sbornie sono sempre state di bianco. bevo un calice di nero, con la cioccolata extrafondente è meglio del rum. cammino nuda per casa..bocca piena di Apurimac..comprato in un negozietto a due isolati,ci trovo the speziati ,cioccolato pregiato,specialità gastronomiche e una commessa con due tette fantastiche , che invidia. Guardo le mie, onorevoli graziose ma niente di più, probabilmente ci poggerai su le mani baciandomi il collo e il bicchiere di vino cadrà rovinosamente sporcando il tappeto. Mi piace aspettarti così, camminare scalza sul tappeto di lana, arrivare al bordo e sollevandomi sulle punte fare una mezza piroetta, le laboutin rosse tacco quindici vicino alla porta pronte a essere calzate allo squillo del campanello. Mi ricordo come ci siamo conosciuti, pioveva e non avevo voglia di tornare a casa. Seduta su una panchina, guardavo un minuscolo gattino leccare voracemente il latte che un animo pietoso aveva lasciato in un piatto di carta sotto una Mercedes blu notte, le gocce di pioggia scivolando dal paraurti si riunivano in un rivolo che costringeva il micio scuotere la testa. Hai guardato me e quella palla di pelo infreddolita e ti sei seduto. Abbiamo aspettato che il gattino finisse non scambiandoci nemmeno una parola. Non avevo mangiato nulla, i rumori del mio stomaco si confondevano con le fusa del micio che si allontanava, ti sei alzato e hai aperto il cofano della tua macchina. “che tenero”ho pensato. Mi hai chiesto se volevo farti compagnia per cena, non avevo voglia di tornare a casa ed ho accettato. Mi hai portato a casa tua, ti ho osservato mentre mi sfilavi gli stivali bagnati e sapientemente aprivi una bottiglia di vino. Hai cucinato per me che non cucinavo da giorni, mi hai baciato e costretta ad accorgermi che anch’io avevo un corpo e dei bisogni che da tempo ignoravo. Avrei dato volentieri il mio corpo a te che mi nutrivi anche nell’anima. Hai spento la luce e con voce suadente hai detto -­‐vieni a cercarmi-­‐segui l’odore del borgogna, ho saputo così il nome che era scritto sull’etichetta di quella bottiglia che così magneticamente avevi aperto davanti a me. Ti ho trovato. Hai afferrato i miei capelli e hai ordinato “INGINOCCHIATI”. Ti ho visto rovesciare il liquido rosso dal tuo bicchiere, che spreco ho pensato. Lecca mi hai sussurrato, che stronzo mi è passato per la mente, hai accompagnato il movimento della mia testa accarezzandomi, ”brava la mia gattina”dicevi”proprio brava”. Mi hai preso così, senza una parola, ho capito che non avrei più potuto fare a meno di te, del vino che mi davi da bere del cibo che preparavi per me. Ero abituata a nutrirmi di cioccolata e caffè. Oggi ho una sorpresa per te, ho superato la mia repulsione a toccare la carne cruda e nel forno c’è un arrosto che ho preparato per te, ho scelto anche il vino. Una frazione di secondo separa il fischio del timer del forno dal campanello, timer che segnala l’ora di salire sulle mie laboutin. Entri con una bottiglia, non la apriremo. Infilo le mie dita nel bicchiere e poggio gocce di vino nero sulle tue labbra. La mia lingua segue il perimetro del tuo sorriso stupito. M’inginocchio a toglierti le scarpe, le lancio dietro il divano, sbottono la tua camicia e spengo la luce. Verso il liquido prezioso sul mio seno e ti sussurro”lecca”, mi allontano e t’invito suadente”vieni a prendermi”. Scivolo fuori di casa, non mi prenderai, non ho più bisogno di te. Salgo in terrazzo, sento i miei battiti accordarsi al rumore dei tacchi, il sorriso mi s’illumina, seduta su un gradino guardo due luci che si avvicinano curiose, uno sguardo fiero, quello che da oggi avrò anch’io … ”non abbiamo bisogno di nessuno vero micio?”