fermentazioni scalari candida zemplinina/saccharomyces
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fermentazioni scalari candida zemplinina/saccharomyces
ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 1 FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA ZEMPLININA/SACCHAROMYCES CEREVISIAE PER L’AUMENTO DEL CONTENUTO IN GLICEROLO E LA RIDUZIONE DEL GRADO ALCOLICO DEI VINI Giacomo ZARA1, Giovanni Antonio FARRIS1, Marilena BUDRONI1, Ilaria MANNAZZU1, Barbara PINNA2, Mariano MURRU2, Severino ZARA1* 1. DISAABA – Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Sassari; 2. Cantine Argiolas – Serdiana, Cagliari; *[email protected] Lavoro presentato alla 7^edizione di Enoforum, Arezzo, 3-5 maggio 2011 INTRODUZIONE Fino alla metà degli anni 1980 la richiesta dell’industria enologica era che la trasformazione del mosto d’uva in vino comportasse, quasi essenzialmente, la conversione dello zucchero in alcol, con una ridottissima produzione di composti secondari. Con questo concetto in mente sono state adottate tecniche viticole, enologiche e microbiologiche miranti a raggiungere l’obiettivo della massimizzazione della produzione di etanolo. Il risultato di quest’orientamento è che un gran numero di vini di qualità prodotti attualmente sono caratterizzati da un elevato tenore in etanolo (Ehsani et al.,2009). Oggi, tuttavia, i consumatori richiedono vini di nuova generazione, in cui il rapporto finale fra etanolo e sottoprodotti della fermentazione sia sottoposto a una profonda rivalutazione, anche in virtù delle direttive comunitarie ed extracomunitarie che prevedono, in molti paesi, l’aumento delle tasse per quei vini che superano determinate percentuali di alcol. Quindi, se la ricerca da un lato persegue la riduzione dell’etanolo, dall’altro si rivolge verso l’aumento della produzione dei sottoprodotti della fermentazione. Fra questi, il glicerolo è quantitativamente il più importante. Questo composto, sebbene sia non volatile e quindi non abbia attività aromatica, è importante nel determinare la dolcezza, il corpo e la pienezza del vino (Arroyo-lopez et al., 2010). Finora, la maggior parte degli approcci biologici all’aumento della concentrazione di glicerolo e la parziale riduzione del grado alcolico dei vini si sono basate sulla modificazione del metabolismo degli zuccheri del lievito Saccharomyces cerevisiae utilizzando strategie di tipo bio-molecolare (de Barros Lopes et al., 2000; Heux et al., 2006; Malherbe et al., 2003; Remize et al., 2001). In particolar modo tra le tecniche molecolari maggiormente utilizzate si possono annoverare la sovra espressione del gene GDP1 che porta ad una maggiore produzione di glicerolo (Michnick et al., 1997; Nevoigt et al., 2002; Nevoigt e Stahl, 1996; Remize et al., 1999); la modificazione della parte N-terminale della proteina di membrana Fps1p che, regolando l’esportazione del glicerolo all’esterno della cellula, ne aumenta la sintesi intracellulare (Remize, 2001); l’espressione del gene BDH1 che codifica per una 2,3-butandiolo deidrogenasi NADH dipendente che riduce l’acetoino in 2,3-butandiolo e determina la sovra produzione di glicerolo a spese dell’etanolo (Ehsani et al., 2009. Tuttavia sia la normativa comunitaria che vieta l’utilizzo in enologia organismi geneticamente modificati (OGM) (Schuller e Casal, 2005), sia la diffidenza dei consumatori nei confronti di prodotti alimentari ottenuti con OGM (Heux et al., 2006) pongono seri limiti all’utilizzo di questi lieviti. Per questo motivo recentemente Arroyo-Lopez et al., (2010) hanno prodotto ibridi Saccharomyces cerevisiae x Sacchromyces kudriavzevii con un metabolismo che favorirebbe il flusso del carbonio verso la sintesi di glicerolo piuttosto che verso la produzione di etanolo. In alternativa è possibile utilizzare lieviti non-Saccharomyces, normalmente presenti nelle prime fasi della fermentazione alcolica, in grado di produrre quantità apprezzabili di glicerolo. Poiché questo composto assume spesso la funzione di osmolita, bilanciando la pressione osmotica esterna (Brown, 1978; Sunder et al., 1996; Blomberg e Adler, 1992), gli organismi osmofili, quali Candida stellata, Torulaspora delbrueckii e Saccharomycodes ludwigii, sono di particolare interesse nella produzione del glicerolo. Tra questi lieviti, Candida stellata è sicuramente il più promettente poiché la diminuzione dell’efficienza di conversione del glucosio in etanolo è conseguenza di una modificazione nella composizione dei sottoprodotti della fermentazione, con produzione di elevati livelli di glicerolo associati a basse quantità di acido acetico, etil acetato e alcoli superiori (Ciani e Ferraro 1998; Ciani e Maccarelli 1998). Tuttavia la maggioranza delle specie non-Saccharomyces non sono in grado di fermentare completamente gli zuccheri del mosto, e alcune specie crescono troppo lentamente rispetto ad altre specie di lieviti indigeni. Per questi motivi, a metà del secolo scorso, Castelli (1955, 1969) aveva WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 2 incoraggiato l'uso sequenziale di T. delbrueckii e S. cerevisiae per ridurre il contenuto di acido acetico di vino,. Più recentemente l’utilizzo di un ceppo di C. stellata (recentemente riclassificato come Starmerella bombicola) con S. cerevisiae ha consentito di incrementare la produzione di glicerolo e migliorare la composizione analitica del vino (Ciani e Ferraro, 1998; Ferraro et al., 2000). Lo scopo del presente studio, era valutare la possibilità di utilizzare un ceppo di Candida zemplinina isolato da vino Moscato in Sardegna (Zara et al., in preparazione), per incrementare il contento in glicerolo e ridurre il contenuto alcolico del vino nel corso di fermentazioni miste con S. cerevisiae. C. zemplinina è, infatti, una specie che mostra uno spiccato metabolismo glicero/piruvico, indirizzato cioè verso la produzione di glicerolo ed è stato descritto come osmotollelante, psicrotollerante ed alcol tollerante (Sipiczki, 2003). Il lavoro, ha previsto inizialmente la determinazione delle condizioni tecnologiche più adatte per l’utilizzo di C. zemplinina: concentrazione cellulare all’inoculo, temperatura di fermentazione e tolleranza all’anidride solforosa. Successivamente, è stato determinato se la migliore modalità di utilizzo del lievito in associazione con S. cerevisiae fosse il co-inoculo o la fermentazione scalare. Infine lo starter misto Candida zemplinina/ Saccharomyces cerevisiae è stato utilizzato in fermentazioni pilota eseguite in cantina su mosti ottenuti da tre importanti vitigni sardi: Carignano del Sulcis (piede franco su sabbia e piede americano su argilla) Bovale del basso Campidano e Merlot della Trexenta. La valutazione del vino ottenuto è stata fatta mediante analisi chimiche, microbiologiche e sensoriali. MATERIALI E METODI Ceppi di lievito utilizzati In questo lavoro sono stati utilizzati il ceppo di Candida zemplinina CDZ1, appartenete alla collezione microbica del DISAABA (Università degli Studi di Sassari) isolato da mosto moscato (Zara et al., in preparazione), ed il ceppo vinario commerciale Saccharomyces cerevisiae EC1118 (Lalvin). Per entrambi i ceppi, le precolture sono state realizzate in YEPD (estratto di lievito 1%, peptone 2%, glucosio 2%) a 25°C per 24-48 h in agitazione. Caratterizzazione tecnologica del ceppo C. zemplinina CDZ1 La resistenza all’anidride solforosa e la capacità di sviluppo a diverse temperature del ceppo C. zemplinina CDZ1 sono state testate in mosto sterile ottenuto da uve Carignano (tabella 1) addizionato con 120 mg/l e 60 mg/l di metabisolfito di potassio. Le fermentazioni sono state realizzate in beute da 100 ml chiuse con valvole Muller in statico a 20 e 25°C, con agitazione ogni 12 h per simulare le follature. Sono state utilizzate due diverse concentrazioni cellulari del ceppo CDZ1 all’inoculo: 1 x 108 cell/ml e 1 x 107 cell/ml. Le cinetiche di fermentazione sono state monitorate per via gravimetrica. Le prove sono state condotte in triplo. Fermentazioni scalari e co-inoculo Per le prove di fermentazione in laboratorio è stato usato mosto sterile proveniente da uve Carignano (tabella 1), preventivamente arricchito al 25% di glucosio e solfitato con 100 mg/l di metabisolfito di potassio. Sono state considerate diverse condizioni colturali: i) Fermentazioni in purezza, realizzate inoculando in mosto 2x107 cellule/ml di Candida zemplinina CDZ1 e 2x107 cellule/ml Saccharomyces cerevisiae EC1118; ii) Fermentazione scalare, realizzata inoculando 2x107 cellule/ml di C. zemplinina CDZ1 e, dopo tre giorni, 2x107 cellule/ml di S. cerevisiae EC1118; iii) Co-inoculo C. zemplinina CDZ1 e S. cerevisiae EC1118. Per quest’ultima prova sono stati considerati diversi rapporti cellulari: a) 2x107 cell/ml di entrambi i ceppi (rapporto 1:1); b) 2x107 cell/ml di CDZ1 e 2x106 cell/ml di EC1118 (rapporto 10:1); c) 2x107 cellule/ml di CDZ1 e 1x106 cellule/ml di EC1118 (rapporto 20:1). Le fermentazioni sono state condotte a 25°C in statico. L’andamento fermentativo è stato determinato mediante misurazione del calo ponderale come indicato in precedenza. A inizio, metà e fine fermentazione è stata determinata la concentrazione cellulare con il metodo delle diluizioni seriali utilizzando il terreno differenziale WL Nutrient Agar (Oxoid) e la composizione chimica del mosto/vino utilizzando il WineScan (FOSS). Fermentazioni su scala pilota in cantina Le prove di fermentazione su scala pilota sono state condotte presso le Cantine Argiolas S.p.A. (Serdiana, CA) e presso l’Azienda Sperimentale Agris (Villasor, CA) in fermentini da 200 litri utilizzando WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 3 mosti di Bovale, Merlot, Carignano su piede franco e Carignano su piede americano (tabella 1), addizionati di 80 mg/l di metabisolfito di potassio. Per ciascun mosto sono state considerate due tesi: fermentazione in purezza con S.cerevisiae EC1118 e fermentazione scalare C. zemplinina CDZ1/S.cerevisiae EC1118. Il ceppo CDZ1 è stato utilizzato all’inoculo come formulato fluido (80% p/v di umidità): 1,5 litri di coltura cellulare, ottenuta facendo crescere CDZ1 in terreno YEPD a 25 °C per 4872h, sono stati centrifugati a 4000 rpm per 10 minuti ed il pellet utilizzato come inoculo per 150 litri di mosto, in modo da ottenere una concentrazione finale di circa 2×107 cellule/ml. Il ceppo EC1118 è stato utilizzato seguendo le indicazioni del produttore e comunque in concentrazioni non inferiori a 30 g/hl. Per ciascuna tesi sono state realizzate tre repliche per un totale di 24 fermentazioni pilota. Le fermentazioni sono state condotte a 22°C per i primi tre giorni e, dopo l’inoculo con S. cerevisiae EC1118, a 18°C. Al terzo giorno dall’inoculo, corrispondente all’aggiunta di EC1118 nel caso della fermentazione scalare, è stata monitorata la concentrazione cellulare di C. zemplinina CDZ1, mediante diluizioni seriali e conta vitale su piastre WL (Oxoid), unitamente al grado zuccherino residuo ed al tenore di glicerolo ed etanolo del fermentato allo scopo di evidenziare l’eventuale impatto del lievito osmofilo sul processo fermentativo. Al termine della fermentazione la composizione chimica del vino è stata determinata mediante il WineScan (FOSS). Tabella 1. Principali parametri analitici dei mosti utilizzati in questo lavoro. Brix Zuccheri riduttori pH Acido tartarico APA Acidità totale Bovale Merlot 24,63 248,57 Carignano sabbia 22,22 217,48 Carignano argilla 20,15 193,15 Unità di misura mg/l g/l 21,09 201,51 3,65 4,05 89 4,6 3,67 4,47 167 3,6 3,62 4,79 98 4,8 3,7 4,73 112 4,6 ---g/l mg/l g/l Analisi statistica Tutti gli esperimenti sono stati condotti in triplo da precolture indipendenti. L’analisi statistica dei dati è stata effettuata mediante ANOVA multifattoriale e t-test ( =0,05) utilizzando il software JMP version 3.1.5 software (SAS Institute Inc., Cary, NC). RISULTATI Caratterizzazione tecnologica del ceppo C. zemplinina CDZ1 Per determinare le condizioni tecnologiche ottimali di utilizzo della Candida zemplinina CDZ1, lievito in precedenza isolato e caratterizzato su mosto moscato (Zara et al., in preparazione), è stato valutato l’effetto di due temperature di fermentazione (20° e 25°C), due concentrazioni di anidride solforosa (60 e 30 mg/l) e due concentrazioni cellulari all’inoculo (108 e 107 cellule/ml) sul vigore fermentativo (figura 1). I risultati ottenuti evidenziano l’elevata resistenza di CDZ1 alle dosi di anidride solforosa utilizzate: in tutte le tesi studiate, non si osservano variazioni significative (p value = 0,06) nel vigore fermentativo utilizzando 30 o 60 mg/l di solforosa totale. Per quanto riguarda l’effetto della temperatura, il vigore fermentativo è stato significativamente maggiore a 25°C che non a 20°C. Infine i risultati ottenuti valutando due diverse concentrazioni cellulari di inoculo mostrano come, con un inoculo di 1 x 107 cell/ml si osservi solo un leggero ritardo nello sviluppo di C. zemplinina rispetto a quanto osservato alla concentrazione cellulare superiore. Fermentazioni in purezza, fermentazioni con co-inoculo e fermentazioni scalari Inizialmente è stata valutata in laboratorio la possibilità di impiegare C. zemplinina CDZ1 come lievito starter in purezza, confrontando i principali parametri chimici di due vini ottenuti utilizzando CDZ1 e, come confronto, S. cerevisiae EC1118 (Tabella 2). WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 4 Figura 1. Effetto della temperatura di fermentazione, della concentrazione di anidride solforosa e concentrazione cellulare dell’inoculo sul vigore fermentativo di Candida zemplinina CDZ1 su mosto di Carignano. Tabella2. Analisi chimiche a fine fermentazione di due vini ottenuti da mosto Carignano utilizzando S. cerevisiae EC1118 e C. zemplinina CDZ1 come starter fermentativi in purezza. Campione Alcool (%) S. cerevisiae EC1118 C. zemplinina CDZ1 Fine Fermentazione Acidità Volatile Glicerolo (g/L) (g/L) Zuccheri Riduttori (g/L) 12,32 7,28 0,22 0,98 9,91 11,5 0,04 48,75 L’elevato residuo zuccherino misurato a fine fermentazione (48,75 g/L) indica che il ceppo C. zemplinina CDZ1 sia inadatto come starter fermentativo da utilizzare in purezza senza l’ausilio di un lievito ad elevata attività fermentativa. È tuttavia interessante notare l’elevata concentrazione di glicerolo misurata nel vino ottenuto con CDZ1 rispetto a quello ottenuto con EC1118. Considerata quindi la necessità di utilizzare una consociazione C. zemplinina/S. cerevisiae, sono state testate le due metodiche più comunemente utilizzate per realizzare fermentazioni miste: fermentazione in co-inoculo e fermentazione scalare (tabella 3). Tabella 3. Analisi chimiche a fine fermentazione di due vini Carignano ottenuti utilizzando tre diversi rapporti di co-inoculo C. zemplinina/S. cerevisiae ed una fermentazione scalare Campione Alcool (%) CDZ1/EC1118 1:1 CDZ1/EC1118 10:1 CDZ1/EC1118 20:1 Scalare 12,24 12,15 12,57 11,84 Fine Fermentazione Acidità Volatile Glicerolo (g/L) (g/L) 7,55 0,21 8,43 0,19 9,06 0,16 9,85 0,4 WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 Zuccheri Riduttori (g/L) 1,25 3,54 1,5 3,91 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 5 Complessivamente è possibile osservare come l’uso della consociazione S. cerevisiae/C. zemplinina abbia permesso di completare la fermentazione in tutti i casi, in quanto in ogni tesi gli zuccheri residui sono inferiori ai 4 g/L, limite indicato per considerare completa la fermentazione (Bisson, 1999). Tuttavia i dati chimici del vino ottenuto con fermentazione scalare mostrano che questa tecnica di inoculo permetta di ottenere i risultati tecnologici migliori in termini di incremento nella produzione di glicerolo e riduzione del tenore in etanolo rispetto a tutte le tesi con co-inoculo. In particolare, è stata ottenuta una riduzione del 4% della concentrazione di etanolo (dal 12,32 al 11,84 %) ed un aumento del 35% del tenore in glicerolo (da 7,28 a 9,85 g/l) rispetto al vino testimone inoculato con Saccharomyces cerevisiae EC1118 (tabella 2 e 3). Per quanto riguarda la fermentazione con co-inoculo sono state realizzate delle conte cellulari per verificare l’effettiva consistenza della popolazione dei due ceppi e quindi valutare l’effetto di dominanza di S. cerevisiae rispetto a C. zemplinina (tabella 4). Tabella 4. Conta vitale di S. cerevisiae e di C. zemplinina nel corso delle fermentazioni in co-inoculo. I valori riportati sono espressi come cellule/ml Campione CDZ1/EC1118 1:1 CDZ1/EC1118 10:1 CDZ1/EC1118 20:1 Inizio Fermentazione C. zemplinina S. cerevisiae 7 7 2x10 2x10 7 6 2x10 2x10 7 6 2x10 1 x10 Metà Fermentazione C. zemplinina S. cerevisiae 6 7 5,5 x10 5,8 x10 7 7 7,6 x10 1,0 x10 7 7 9,6 x10 4,1 x10 Nel caso della fermentazione con rapporto di co-inoculo C. zemplinina / S. cerevisiae 1:1 , le conte cellulari a metà fermentazione suggeriscono come S. cerevisiae EC1118 abbia preso il sopravvento con una concentrazione cellulare dieci volte superiore alla C. zemplinina CDZ1. Inoltre l’assenza di differenze significative nelle caratteristiche chimiche rispetto al vino ottenuto mediante fermentazione in purezza con EC1118 (tabella 2) suggerisce che il contributo della Candida al profilo chimico del vino sia stato, in questo caso, pressoché nullo. Nel caso dei co-inoculi con rapporto 10:1 e 20:1, è indicativo che partendo da un co-inoculo con preponderanza di C. zemplinina, si rileva un’elevata concentrazione di questo lievito anche a metà fermentazione, dimostrando che aumentando la concentrazione di Candida all’inizio della fermentazione non si ha la completa dominanza da parte di S. cerevisiae (tabella 4). È comunque da rilevare che la popolazione di lievito che da inizio a metà fermentazione incrementa maggiormente è sempre la specie S. cerevisiae (da 1-2 a 11-41 X 106 cell/ml) rispetto alla C. zemplinina (da 20 a 77-97 X 106 cell/ml) a dimostrazione del fatto che S. cerevisiae ha in generale una fitness ed una velocità di sviluppo superiore alla Candida nelle condizioni testate. Un altro dato estremamente rilevante è la variazione di glicerolo nelle diverse tesi di co-inoculo (tabella 3). È, infatti, evidente che, sebbene la produzione di etanolo sia simile nelle tre tesi, la produzione di glicerolo varia proporzionalmente alla concentrazione iniziale di C. zemplinina, raggiungendo un massimo di 9,06 g/l proprio nella tesi inoculata con un rapporto Candida/Saccharomyces di 20:1. Per quanto riguarda il confronto con la fermentazione con il solo S. cerevisiae (tabella 2), i dati ottenuti dimostrano che sebbene con un co-inoculo di 20:1 si possa aumentare la concentrazione di glicerolo di circa il 20% (da 7,28 a 9,06 g/l), la produzione di etanolo rimane sostanzialmente identica (tabella 2 e 3). Questo dimostra che il co-inoculo non è una tecnica fermentativa attuabile se si vogliono ottenere un basso contenuto in etanolo ed un elevato tenore in glicerolo, probabilmente per l’elevata influenza di S. cerevisiae sin dai primi giorni di fermentazione. Fermentazioni su scala pilota Sulla base dei risultati di caratterizzazione tecnologica, il ceppo C. zemplinina CDZ1 ed il ceppo S. cerevisiae EC1118 sono stati utilizzati per fermentazioni scalari in cantina su 200 litri di mosto di Bovale, Merlot, Carignano su piede franco e Carignano su piede americano. In figura 2 sono riportati i valori dei principali parametri chimici oggetto di questo lavoro rappresentati come differenza rispetto a fermentazioni di controllo realizzate utilizzando S. cerevisiae EC1118 come starter in purezza. In tabella 5 sono riportati i risultati delle analisi microbiologiche svolte all’inizio della fermentazione e ai 3 giorni prima dell’inoculo di S. cerevisiae EC1118. WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 6 Figura 2. Concentrazione di glicerolo, etanolo ed acidità volatile a fine fermentazione scalare C.zemplinina CDZ1/ S. cerevisiae EC1118 su mosto di Bovale, Merlot, Carignano su piede americano e Carignano su piede franco, espressa come differenza rispetto a fermentazioni di controllo realizzate con S. cerevisiae EC1118 in purezza. * Indica differenze statisticamente non significative (p>0,05) * * * Tabella 5. Concentrazioni cellulari del lievito C. zemplinina CDZ1 e Saccharomyces spontanei all’inoculo e dopo tre giorni di fermentazione prima dell’inoculo di S. cerevisiae EC1118. I valori sono espressi come cellule/ml. Vitigni Ceppi Inoculo Bovale C. zemplinina 1,7x10 S. cerevisiae* 4,2x10 C. zemplinina 7,8 x10 S. cerevisiae* 5,3 x10 C. zemplinina 1,5 x10 S. cerevisiae* 2,0 x10 C. zemplinina 1,6 x10 S. cerevisiae* 4,6 x10 Merlot Carignano sabbia Carignano argilla 3 giorni 7 2,5 x10 7 6 5,0 x10 7 6 1,8 x10 7 6 4,5 x10 7 3,0 x10 6 3,8 x10 7 4,6 x10 6 3,1 x10 7 7 7 7 7 *Concentrazioni cellulari riferite a S. cerevisiae selvaggi già presenti nel mosto prima dell’inoculo con il ceppo selezionato di S. cerevisiae EC1118 Per quanto riguarda le fermentazioni effettuate su mosto Bovale l’uso della consociazione C. zemplinina /S. cerevisiae ha permesso di aumentare la concentrazione di glicerolo (9,9 g/l) di 1,6 g/l e di ridurre il grado alcolico (11,8% vol) di 0,35 % rispetto alla tesi testimone inoculata con il solo S. cerevisiae (glicerolo 8,36 g/l; etanolo 12,2 % vol). I dati microbiologici mostrano una sensibile presenza di S. cerevisiae spontanei che però non hanno impedito lo sviluppo di C. zemplinina CDZ1 che passa da 1,7 a 2,5 107 cellule/ml. WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 7 Nel caso del mosto Merlot, la fermentazione scalare ha consentito di produrre un vino in cui la concentrazione di glicerolo (10,2 g/l) è significativamente superiore (+ 1,6 g/l) rispetto al vino testimone inoculato con il solo S. cerevisiae (8,6 g/l). Tuttavia all’incremento di glicerolo non si è accompagnata una riduzione della concentrazione alcolica, che si attesta sui 14,3% vol in entrambe le tesi. Inoltre non si sono osservate variazioni significative rispetto al testimone per quanto riguarda l’acidità volatile (0,25 g/l). Come nel caso del vino Bovale, l’analisi microbiologica suggerisce come le variazioni nella concentrazione di glicerolo possano essere ascritte allo sviluppo del lievito C. zemplinina CDZ1 che, nei primi tre giorni della fermentazione, ha raddoppiato la concentrazione cellulare. Infine per quanto riguarda le vinificazioni effettuate sui mosti Carignano, si evidenziano delle differenze fra piede franco piede americano. Infatti, mentre le fermentazioni realizzate su Carignano piede franco hanno evidenziato un aumento significativo della concentrazione di glicerolo di 1,9 g/l (11,4 g/l) rispetto al testimone (9,5 g/l), quelle effettuate su Carignano su piede americano sono state di 1,36 g/l. Anche le variazioni di etanolo rispecchiano lo stesso trend. Infatti, mentre il Carignano su piede franco ha evidenziato una riduzione del grado alcolico dello 0,16 %, il Carignano su piede americano non presenta differenze statisticamente significative rispetto al testimone. Parallelamente, sono stati osservati incrementi nei valori di acidità volatile variabili da 0,09 a 0,13 g/l rispetto al testimone inoculato con il solo S. cerevisiae. L’analisi microbiologica mostra la presenza di S. cerevisiae spontanei a concentrazione doppia nel mosto Carignano su piede americano (4,6 x 106 cell/ml) rispetto a quella su piede franco (2 x 106 cell/ml). Poiché la quantità di C. zemplinina CDZ1 è molto simile in entrambi i mosti, la differenza nella concentrazione di glicerolo nei due vini potrebbe essere imputata proprio ad una maggiore competizione dei S. cerevisiae spontanei su CDZ1 all’inizio della fermentazione del mosto Carignano su piede americano. Discussione La volontà di modificare il rapporto etanolo/glicerolo nel vino è in linea con una delle richieste del mercato vitivinicolo mondiale, attualmente orientato verso la produzione vini di nuova generazione, che presentino caratteristiche sensoriali più facilmente apprezzabili anche da consumatori non abituali. In particolare il mercato richiede vini caratterizzati da una minore gradazione alcolica, da un maggior corpo e da una maggiore rotondità (Pickering, 2000; Arroyo-lopez et al., 2010; Comititi et al., 2010). Questo obiettivo è stato raggiunto da altri autori deviando il metabolismo degli zuccheri verso una maggiore produzione di glicerolo a spese dell’etanolo (de Barros Lopes et al., 2000; Heux et al., 2006; Malherbe et al., 2003; Remize et al., 2001), o, in alternativa, attraverso l’utilizzo di starter misti di fermentazione costituiti da lieviti Saccharomyces e non-Saccharomyces (Ciani e Ferraro 1998; Ciani e Maccarelli 1998 Ciani et al., 2006; Comitini et al., 2010). Le specie C. stellata e C. zemplinina rappresentano strumenti ideali per lo sbilanciamento del rapporto etanolo/glicerolo. Sono infatti specie fruttosofile e quindi in grado di competere con S. cerevisiae per il consumo del fruttosio, e caratterizzate da una elevata produzione di glicerolo (Sipiczki, 2003). Recentemente Csoma e Sipiczki (2008) hanno dimostrato che gran parte dei ceppi ascritti alla specie C. stellata appartengono invece alle specie C. zemplinina e Starmerella bombicola e che la C. zemplinina è la specie più frequente nelle fermentazioni vinarie. Tuttavia allo stato attuale il numero di studi che descrivono l’utilizzo di C. zemplinina come starter fermentativo è relativamente ridotto. Per questo motivo prima di utilizzare C. zemplinina in associazione con S. cerevisiae si è ritenuto necessario procedere con la caratterizzazione tecnologica del ceppo CDZ1, precedentemente isolato da mosto moscato (Zara et al., in preparazione). In particolare è stato valutato il vigore fermentativo del ceppo poiché questo parametro descrive la capacità di un lievito di dare origine a pronte e rapide fermentazioni, ed è essenziale per valutare la possibilità di utilizzare un lievito come starter fermentativo. In particolare, l’effetto di un lievito starter sulle proprietà chimiche e sensoriali del vino prodotto è correlato con la sua capacità di svilupparsi nel mosto nei primi giorni dall’inoculo (Fleet., 1993). I risultati ottenuti mostrano che C. zemplinina CDZ1 tollera le concentrazioni di anidride solforosa normalmente utilizzate in cantina (Ribereau-Gayon e Peynaud 1960); mentre, considerando l’optimum di temperatura individuato (25°C), è ipotizzabile un suo uso per la vinificazione in rosso, escludendone l’impiego per la vinificazione in bianco. Infine, le prove volte a determinare la corretta concentrazione di cellule da utilizzare in fermentazione hanno indicato che, sebbene l’inoculo di 1 x 108 cellule/ml determini un maggiore vigore fermentativo di CDZ1, è possibile ottenere buone prestazioni anche a concentrazioni WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 8 cellulari inferiori (1 x107 cellule/ml). Si è quindi deciso di utilizzare la concentrazione di inoculo più bassa, sia per rendere più facilmente gestibili in cantina la preparazione dello starter o la realizzazione di successivi pied-de-cuve, sia per evitare che lo sviluppo eccessivo del lievito non-Saccharomyces, indotto da una elevata concentrazione cellulare all’inoculo, crei una condizione di stress per il ceppo di S. cerevisiae da utilizzare in associazione. In accordo, si è osservato che nelle fermentazioni scalari condotte in cantina su mosto Carignano su piede americano in cui C. zemplinina triplicava la propria concentrazione si rilevava una elevata produzione di acido acetico. Per contro, nei mosti in cui lo sviluppo di C. zemplinina era più contenuto non si osservavano incrementi significativi di acidità volatile. Sembra quindi che, per lo meno per le vinificazioni scalari, l’ inoculo di 1 x 107 cellule/ml sia consigliabile per evitare fermentazioni tumultuose da parte del lievito non-Saccharomyces prima dell’aggiunta del S. cerevisiae. Dato che le analisi chimiche dei vini prodotti con C. zemplinina CDZ1 in purezza avevano mostrato che questo ceppo non è in grado di completare la fermentazione senza l’ausilio di S. cerevisiae si è valutato se utilizzare la C. zemplinina in co-inoculo o in fermentazione scalare con S. cerevisiae. Le prove condotte hanno evidenziato che il co-inoculo delle due specie di lievito è più facilmente gestibile, da un punto di vista tecnologico, rispetto alle fermentazioni scalari. Tuttavia, l’elevato vigore fermentativo di S. cerevisiae EC1118 influisce sullo sviluppo di C. zemplinina CDZ1 in co-inoculo anche con rapporti di inoculo è di 1:20. Questo si traduce invariabilmente in concentrazioni maggiori di etanolo e minori di glicerolo in co-inoculo, rispetto a quanto non avvenga in fermentazione scalare. Perciò, per quanto riguarda la consociazione C. zemplinina CDZ1/S. cerevisiae EC1118, la fermentazione scalare, con inoculo del S. cerevisiae dopo tre giorni di fermentazione con C. zemplinina è la modalità di utilizzo migliore dei due ceppi. Tale risultato è in accordo con Rodriguez et al. (2010), che utilizzando S. cerevisiae in consociazione con diversi lieviti vinari non-Saccharomyces, hanno messo in evidenza che i vini ottenuti da microvinificazioni con fermentazione sequenziale avevano caratteristiche sensoriali significativamente differenti dalle altre tecniche di consociazione. La fermentazione scalare di 200 litri di mosto proveniente da quattro diverse varietà d’uva, ha mostrato che l’associazione C. zemplinina CDZ1/S. cerevisiae EC1118 consente di incrementare il rapporto glicerolo/etanolo del vino limitando l’incremento di acidità volatile, rispetto alla fermentazione con EC1118 in purezza. È tuttavia interessante notare il caso del vino Carignano su piede americano in cui è stato misurato un eccesso di acidità volatile ed una scarsa concentrazione di glicerolo. Le analisi microbiologiche hanno evidenziato che il numero di cellule di C. zemplinina e di Saccharomyces spontanei era superiore, in questo mosto, rispetto agli altri tre giorni dopo l’inoculo di CDZ1 . Questa maggiore concentrazione cellulare potrebbe aver comportato un maggiore consumo di nutrienti con conseguente produzione di etanolo e quindi aver creato una condizione di stress per lo starter S. cerevisiae EC1118 al momento dell’inoculo. In particolare la riduzione di nutrienti lipidici potrebbe essere la causa della maggiore produzione di acido acetico da parte dei lieviti riscontrata in questo mosto (Landolfo et al., 2010) Infine, i dati ottenuti sono stati convalidati, anche per quanto riguarda le caratteristiche sensoriali, dal comitato scientifico del progetto CON.VI.SAR, il quale ha evidenziato che i vini ottenuti con le fermentazioni scalari, sebbene caratterizzati da minore finezza olfattiva rispetto al controllo, presentano caratteristiche di intensità e corpo superiori a quest’ultimo. Questi ultimi dati confermano quanto già ottenuto da altri gruppi di ricerca, i quali hanno fatto notare la peculiarità delle fermentazioni sequenziali quando si vogliano esaltare caratteristiche sensoriali che sono prerogativa di lieviti non-Saccharomyces (Clemente-Jimenez et al., 2005; Rodriguez et al, 2010) Sulla base dei risultati ottenuti ed integrati dalle osservazioni riportate dagli operatori di cantina, è possibile concludere che le condizioni di precoltura e di inoculo della Candida, così come la scelta delle temperature di fermentazione utilizzate nel corso dell’annata 2009, hanno consentito un corretto sviluppo dei lieviti utilizzati come starter. Tuttavia, accanto a variazioni positive riscontrate per alcuni parametri fermentativi, quali l’aumento della concentrazione di glicerolo, sono stati riscontrati valori di acidità volatile talvolta significativamente superiori nei campioni inoculati con la consociazione C. zemplinina / S. cerevisiae rispetto al testimone, in particolare nel vino Carignano su piede americano. WWW.INFOWINE.COM – RIVISTA INTERNET DI VITICOLTURA ED ENOLOGIA, 2012, N. 4/3 ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 9 In conclusione, le fermentazioni miste, ed in particolare le fermentazioni sequenziali utilizzando un lievito non-Saccharomyces con un ceppo di S. cerevisiae, costituiscono una via per dare maggiore complessità ai vini enfatizzando quei particolari caratteri tipici delle fermentazioni spontanee ma senza i rischi tecnologici che queste ultime comportano. Come evidenziato in questo lavoro ed in lavori precedenti le interazioni fra i diversi starter utilizzati e le modalità di inoculo hanno bisogno di essere messe a punto ogni qual volta si utilizzano nuovi ceppi di lievito o nuove specie (Ciani et al., 2010). Tuttavia le caratteristiche chimiche e sensoriali uniche, permettono di rendere maggiormente competitivi sul mercato i vini ottenuti con questi approcci innovativi. Ringraziamenti Questo lavoro è stato finanziato dal consorzio CON.VI.SAR (Consorzio Vini Sardegna) mediante il Bando pubblico “Centro di ricerca e trasferimento tecnologico nella filiera del vino di qualità (intervento p 6) valorizzazione delle risorse genetiche dei vitigni autoctoni finalizzata alla qualificazione e tipicizzazione delle produzioni viti-enologiche della Sardegna” finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna in data 12.10.2007. Gli autori desiderano ringraziare la Cantine Argiolas e l’Agenzia della Regione Sardegna AGRIS per l’aiuto fornito nel corso della realizzazione del progetto. Riassunto Le fermentazioni scalari o sequenziali, che prevedono l’utilizzo di lieviti non-Saccharomyces in successione con Saccharomyces cerevisiae, rappresentano una valida alternativa all’utilizzo di colture starter per la caratterizzazione dei vini rossi. Il lievito osmofilo Candida zemplinina è caratterizzato da un metabolismo glicero-piruvico spinto che risulta nella produzione di glicerolo a discapito dell’etanolo. L’utilizzo di questo lievito in associazione con Saccharomyces cerevisiae potrebbe quindi permettere di raggiungere due importanti obiettivi enologici: l’aumento della concentrazione di glicerolo e la riduzione del grado alcolico del vino. Con l’intento di realizzare tali obiettivi lo scopo del presente lavoro era individuare sia le condizioni di processo ottimali per l’utilizzo in fermentazione di C. zemplinina CDZ1, sia le modalità di inoculo da adottare per il suo utilizzo in associazione con Saccharomyces cerevisiae. A tale scopo CDZ1 è stato impiegato in fermentazioni in co-inoculo o in fermentazioni scalari con lo starter EC1118 di S. cerevisiae su mosto ottenuto da tre importanti vitigni sardi: Carignano del Sulcis (piede franco su sabbia e piede americano su argilla), Bovale del basso Campidano e Merlot della Trexenta. Il monitoraggio microbiologico dei lieviti nel corso delle fermentazioni e l’analisi chimica dei vini ottenuti in tre anni di sperimentazione hanno indicato (i) che C. zemplinina presenta caratteristiche tecnologiche compatibili con un suo utilizzo in cantina; (ii) che in associazione con S. cerevisiae può essere utilizzato per il raggiungimento degli obiettivi desiderati e (iii) che la fermentazione scalare consente di esaltare l’apporto di questo lievito al processo fermentativo. Infatti, i vini ottenuti per fermentazione scalare con i due lieviti erano caratterizzati da incrementi significativi della concentrazione di glicerolo rispetto al controllo costituito da vini prodotti con colture pure di S. cerevisiae. Inoltre nel caso delle uve Bovale presentavano una riduzione del contenuto in etanolo pari allo 0,35 %. Bibliografia 1. Arroyo-López F. N., Pérez-Torrado R. , Querol A. , Barrio E. 2010. 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