fermentazioni scalari candida zemplinina/saccharomyces

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fermentazioni scalari candida zemplinina/saccharomyces
ZARA ET AL., FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA/SACCHAROMYCES PER RIDUZIONE GRADO ALCOLICO, PAG. 1
FERMENTAZIONI SCALARI CANDIDA ZEMPLININA/SACCHAROMYCES CEREVISIAE PER
L’AUMENTO DEL CONTENUTO IN GLICEROLO E LA RIDUZIONE DEL GRADO ALCOLICO DEI VINI
Giacomo ZARA1, Giovanni Antonio FARRIS1, Marilena BUDRONI1, Ilaria MANNAZZU1, Barbara
PINNA2, Mariano MURRU2, Severino ZARA1*
1. DISAABA – Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Sassari; 2. Cantine Argiolas – Serdiana, Cagliari;
*[email protected]
Lavoro presentato alla 7^edizione di Enoforum, Arezzo, 3-5 maggio 2011
INTRODUZIONE
Fino alla metà degli anni 1980 la richiesta dell’industria enologica era che la trasformazione del mosto
d’uva in vino comportasse, quasi essenzialmente, la conversione dello zucchero in alcol, con una
ridottissima produzione di composti secondari. Con questo concetto in mente sono state adottate
tecniche viticole, enologiche e microbiologiche miranti a raggiungere l’obiettivo della massimizzazione
della produzione di etanolo. Il risultato di quest’orientamento è che un gran numero di vini di qualità
prodotti attualmente sono caratterizzati da un elevato tenore in etanolo (Ehsani et al.,2009). Oggi,
tuttavia, i consumatori richiedono vini di nuova generazione, in cui il rapporto finale fra etanolo e
sottoprodotti della fermentazione sia sottoposto a una profonda rivalutazione, anche in virtù delle direttive
comunitarie ed extracomunitarie che prevedono, in molti paesi, l’aumento delle tasse per quei vini che
superano determinate percentuali di alcol. Quindi, se la ricerca da un lato persegue la riduzione
dell’etanolo, dall’altro si rivolge verso l’aumento della produzione dei sottoprodotti della fermentazione.
Fra questi, il glicerolo è quantitativamente il più importante. Questo composto, sebbene sia non volatile e
quindi non abbia attività aromatica, è importante nel determinare la dolcezza, il corpo e la pienezza del
vino (Arroyo-lopez et al., 2010).
Finora, la maggior parte degli approcci biologici all’aumento della concentrazione di glicerolo e la parziale
riduzione del grado alcolico dei vini si sono basate sulla modificazione del metabolismo degli zuccheri del
lievito Saccharomyces cerevisiae utilizzando strategie di tipo bio-molecolare (de Barros Lopes et al.,
2000; Heux et al., 2006; Malherbe et al., 2003; Remize et al., 2001). In particolar modo tra le tecniche
molecolari maggiormente utilizzate si possono annoverare la sovra espressione del gene GDP1 che
porta ad una maggiore produzione di glicerolo (Michnick et al., 1997; Nevoigt et al., 2002; Nevoigt e
Stahl, 1996; Remize et al., 1999); la modificazione della parte N-terminale della proteina di membrana
Fps1p che, regolando l’esportazione del glicerolo all’esterno della cellula, ne aumenta la sintesi
intracellulare (Remize, 2001); l’espressione del gene BDH1 che codifica per una 2,3-butandiolo
deidrogenasi NADH dipendente che riduce l’acetoino in 2,3-butandiolo e determina la sovra produzione
di glicerolo a spese dell’etanolo (Ehsani et al., 2009. Tuttavia sia la normativa comunitaria che vieta
l’utilizzo in enologia organismi geneticamente modificati (OGM) (Schuller e Casal, 2005), sia la diffidenza
dei consumatori nei confronti di prodotti alimentari ottenuti con OGM (Heux et al., 2006) pongono seri
limiti all’utilizzo di questi lieviti.
Per questo motivo recentemente Arroyo-Lopez et al., (2010) hanno prodotto ibridi Saccharomyces
cerevisiae x Sacchromyces kudriavzevii con un metabolismo che favorirebbe il flusso del carbonio verso
la sintesi di glicerolo piuttosto che verso la produzione di etanolo. In alternativa è possibile utilizzare
lieviti non-Saccharomyces, normalmente presenti nelle prime fasi della fermentazione alcolica, in grado
di produrre quantità apprezzabili di glicerolo. Poiché questo composto assume spesso la funzione di
osmolita, bilanciando la pressione osmotica esterna (Brown, 1978; Sunder et al., 1996; Blomberg e
Adler, 1992), gli organismi osmofili, quali Candida stellata, Torulaspora delbrueckii e Saccharomycodes
ludwigii, sono di particolare interesse nella produzione del glicerolo. Tra questi lieviti, Candida stellata è
sicuramente il più promettente poiché la diminuzione dell’efficienza di conversione del glucosio in etanolo
è conseguenza di una modificazione nella composizione dei sottoprodotti della fermentazione, con
produzione di elevati livelli di glicerolo associati a basse quantità di acido acetico, etil acetato e alcoli
superiori (Ciani e Ferraro 1998; Ciani e Maccarelli 1998).
Tuttavia la maggioranza delle specie non-Saccharomyces non sono in grado di fermentare
completamente gli zuccheri del mosto, e alcune specie crescono troppo lentamente rispetto ad altre
specie di lieviti indigeni. Per questi motivi, a metà del secolo scorso, Castelli (1955, 1969) aveva
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incoraggiato l'uso sequenziale di T. delbrueckii e S. cerevisiae per ridurre il contenuto di acido acetico di
vino,. Più recentemente l’utilizzo di un ceppo di C. stellata (recentemente riclassificato come Starmerella
bombicola) con S. cerevisiae ha consentito di incrementare la produzione di glicerolo e migliorare la
composizione analitica del vino (Ciani e Ferraro, 1998; Ferraro et al., 2000). Lo scopo del presente
studio, era valutare la possibilità di utilizzare un ceppo di Candida zemplinina isolato da vino Moscato in
Sardegna (Zara et al., in preparazione), per incrementare il contento in glicerolo e ridurre il contenuto
alcolico del vino nel corso di fermentazioni miste con S. cerevisiae. C. zemplinina è, infatti, una specie
che mostra uno spiccato metabolismo glicero/piruvico, indirizzato cioè verso la produzione di glicerolo ed
è stato descritto come osmotollelante, psicrotollerante ed alcol tollerante (Sipiczki, 2003).
Il lavoro, ha previsto inizialmente la determinazione delle condizioni tecnologiche più adatte per l’utilizzo
di C. zemplinina: concentrazione cellulare all’inoculo, temperatura di fermentazione e tolleranza
all’anidride solforosa. Successivamente, è stato determinato se la migliore modalità di utilizzo del lievito
in associazione con S. cerevisiae fosse il co-inoculo o la fermentazione scalare. Infine lo starter misto
Candida zemplinina/ Saccharomyces cerevisiae è stato utilizzato in fermentazioni pilota eseguite in
cantina su mosti ottenuti da tre importanti vitigni sardi: Carignano del Sulcis (piede franco su sabbia e
piede americano su argilla) Bovale del basso Campidano e Merlot della Trexenta. La valutazione del vino
ottenuto è stata fatta mediante analisi chimiche, microbiologiche e sensoriali.
MATERIALI E METODI
Ceppi di lievito utilizzati
In questo lavoro sono stati utilizzati il ceppo di Candida zemplinina CDZ1, appartenete alla collezione
microbica del DISAABA (Università degli Studi di Sassari) isolato da mosto moscato (Zara et al., in
preparazione), ed il ceppo vinario commerciale Saccharomyces cerevisiae EC1118 (Lalvin). Per
entrambi i ceppi, le precolture sono state realizzate in YEPD (estratto di lievito 1%, peptone 2%, glucosio
2%) a 25°C per 24-48 h in agitazione.
Caratterizzazione tecnologica del ceppo C. zemplinina CDZ1
La resistenza all’anidride solforosa e la capacità di sviluppo a diverse temperature del ceppo C.
zemplinina CDZ1 sono state testate in mosto sterile ottenuto da uve Carignano (tabella 1) addizionato
con 120 mg/l e 60 mg/l di metabisolfito di potassio. Le fermentazioni sono state realizzate in beute da
100 ml chiuse con valvole Muller in statico a 20 e 25°C, con agitazione ogni 12 h per simulare le follature.
Sono state utilizzate due diverse concentrazioni cellulari del ceppo CDZ1 all’inoculo: 1 x 108 cell/ml e 1 x
107 cell/ml. Le cinetiche di fermentazione sono state monitorate per via gravimetrica. Le prove sono
state condotte in triplo.
Fermentazioni scalari e co-inoculo
Per le prove di fermentazione in laboratorio è stato usato mosto sterile proveniente da uve Carignano
(tabella 1), preventivamente arricchito al 25% di glucosio e solfitato con 100 mg/l di metabisolfito di
potassio. Sono state considerate diverse condizioni colturali: i) Fermentazioni in purezza, realizzate
inoculando in mosto 2x107 cellule/ml di Candida zemplinina CDZ1 e 2x107 cellule/ml Saccharomyces
cerevisiae EC1118; ii) Fermentazione scalare, realizzata inoculando 2x107 cellule/ml di C. zemplinina
CDZ1 e, dopo tre giorni, 2x107 cellule/ml di S. cerevisiae EC1118; iii) Co-inoculo C. zemplinina CDZ1 e
S. cerevisiae EC1118. Per quest’ultima prova sono stati considerati diversi rapporti cellulari: a) 2x107
cell/ml di entrambi i ceppi (rapporto 1:1); b) 2x107 cell/ml di CDZ1 e 2x106 cell/ml di EC1118 (rapporto
10:1); c) 2x107 cellule/ml di CDZ1 e 1x106 cellule/ml di EC1118 (rapporto 20:1). Le fermentazioni sono
state condotte a 25°C in statico. L’andamento fermentativo è stato determinato mediante misurazione del
calo ponderale come indicato in precedenza. A inizio, metà e fine fermentazione è stata determinata la
concentrazione cellulare con il metodo delle diluizioni seriali utilizzando il terreno differenziale WL
Nutrient Agar (Oxoid) e la composizione chimica del mosto/vino utilizzando il WineScan (FOSS).
Fermentazioni su scala pilota in cantina
Le prove di fermentazione su scala pilota sono state condotte presso le Cantine Argiolas S.p.A.
(Serdiana, CA) e presso l’Azienda Sperimentale Agris (Villasor, CA) in fermentini da 200 litri utilizzando
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mosti di Bovale, Merlot, Carignano su piede franco e Carignano su piede americano (tabella 1),
addizionati di 80 mg/l di metabisolfito di potassio. Per ciascun mosto sono state considerate due tesi:
fermentazione in purezza con S.cerevisiae EC1118 e fermentazione scalare C. zemplinina
CDZ1/S.cerevisiae EC1118. Il ceppo CDZ1 è stato utilizzato all’inoculo come formulato fluido (80% p/v di
umidità): 1,5 litri di coltura cellulare, ottenuta facendo crescere CDZ1 in terreno YEPD a 25 °C per 4872h, sono stati centrifugati a 4000 rpm per 10 minuti ed il pellet utilizzato come inoculo per 150 litri di
mosto, in modo da ottenere una concentrazione finale di circa 2×107 cellule/ml. Il ceppo EC1118 è stato
utilizzato seguendo le indicazioni del produttore e comunque in concentrazioni non inferiori a 30 g/hl. Per
ciascuna tesi sono state realizzate tre repliche per un totale di 24 fermentazioni pilota. Le fermentazioni
sono state condotte a 22°C per i primi tre giorni e, dopo l’inoculo con S. cerevisiae EC1118, a 18°C. Al
terzo giorno dall’inoculo, corrispondente all’aggiunta di EC1118 nel caso della fermentazione scalare, è
stata monitorata la concentrazione cellulare di C. zemplinina CDZ1, mediante diluizioni seriali e conta
vitale su piastre WL (Oxoid), unitamente al grado zuccherino residuo ed al tenore di glicerolo ed etanolo
del fermentato allo scopo di evidenziare l’eventuale impatto del lievito osmofilo sul processo fermentativo.
Al termine della fermentazione la composizione chimica del vino è stata determinata mediante il
WineScan (FOSS).
Tabella 1. Principali parametri analitici dei mosti utilizzati in questo lavoro.
Brix
Zuccheri
riduttori
pH
Acido tartarico
APA
Acidità totale
Bovale
Merlot
24,63
248,57
Carignano
sabbia
22,22
217,48
Carignano
argilla
20,15
193,15
Unità di
misura
mg/l
g/l
21,09
201,51
3,65
4,05
89
4,6
3,67
4,47
167
3,6
3,62
4,79
98
4,8
3,7
4,73
112
4,6
---g/l
mg/l
g/l
Analisi statistica
Tutti gli esperimenti sono stati condotti in triplo da precolture indipendenti. L’analisi statistica dei dati è
stata effettuata mediante ANOVA multifattoriale e t-test ( =0,05) utilizzando il software JMP version
3.1.5 software (SAS Institute Inc., Cary, NC).
RISULTATI
Caratterizzazione tecnologica del ceppo C. zemplinina CDZ1
Per determinare le condizioni tecnologiche ottimali di utilizzo della Candida zemplinina CDZ1, lievito in
precedenza isolato e caratterizzato su mosto moscato (Zara et al., in preparazione), è stato valutato
l’effetto di due temperature di fermentazione (20° e 25°C), due concentrazioni di anidride solforosa (60 e
30 mg/l) e due concentrazioni cellulari all’inoculo (108 e 107 cellule/ml) sul vigore fermentativo (figura 1).
I risultati ottenuti evidenziano l’elevata resistenza di CDZ1 alle dosi di anidride solforosa utilizzate: in tutte
le tesi studiate, non si osservano variazioni significative (p value = 0,06) nel vigore fermentativo
utilizzando 30 o 60 mg/l di solforosa totale. Per quanto riguarda l’effetto della temperatura, il vigore
fermentativo è stato significativamente maggiore a 25°C che non a 20°C. Infine i risultati ottenuti
valutando due diverse concentrazioni cellulari di inoculo mostrano come, con un inoculo di 1 x 107
cell/ml si osservi solo un leggero ritardo nello sviluppo di C. zemplinina rispetto a quanto osservato alla
concentrazione cellulare superiore.
Fermentazioni in purezza, fermentazioni con co-inoculo e fermentazioni scalari
Inizialmente è stata valutata in laboratorio la possibilità di impiegare C. zemplinina CDZ1 come lievito
starter in purezza, confrontando i principali parametri chimici di due vini ottenuti utilizzando CDZ1 e,
come confronto, S. cerevisiae EC1118 (Tabella 2).
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Figura 1. Effetto della temperatura di fermentazione, della concentrazione di anidride solforosa
e concentrazione cellulare dell’inoculo sul vigore fermentativo di Candida zemplinina CDZ1 su
mosto di Carignano.
Tabella2. Analisi chimiche a fine fermentazione di due vini ottenuti da mosto Carignano utilizzando S.
cerevisiae EC1118 e C. zemplinina CDZ1 come starter fermentativi in purezza.
Campione
Alcool (%)
S. cerevisiae
EC1118
C. zemplinina CDZ1
Fine Fermentazione
Acidità Volatile
Glicerolo (g/L)
(g/L)
Zuccheri Riduttori
(g/L)
12,32
7,28
0,22
0,98
9,91
11,5
0,04
48,75
L’elevato residuo zuccherino misurato a fine fermentazione (48,75 g/L) indica che il ceppo C. zemplinina
CDZ1 sia inadatto come starter fermentativo da utilizzare in purezza senza l’ausilio di un lievito ad
elevata attività fermentativa. È tuttavia interessante notare l’elevata concentrazione di glicerolo misurata
nel vino ottenuto con CDZ1 rispetto a quello ottenuto con EC1118.
Considerata quindi la necessità di utilizzare una consociazione C. zemplinina/S. cerevisiae, sono state
testate le due metodiche più comunemente utilizzate per realizzare fermentazioni miste: fermentazione in
co-inoculo e fermentazione scalare (tabella 3).
Tabella 3. Analisi chimiche a fine fermentazione di due vini Carignano ottenuti utilizzando tre diversi rapporti
di co-inoculo C. zemplinina/S. cerevisiae ed una fermentazione scalare
Campione
Alcool (%)
CDZ1/EC1118 1:1
CDZ1/EC1118 10:1
CDZ1/EC1118 20:1
Scalare
12,24
12,15
12,57
11,84
Fine Fermentazione
Acidità Volatile
Glicerolo (g/L)
(g/L)
7,55
0,21
8,43
0,19
9,06
0,16
9,85
0,4
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Zuccheri Riduttori
(g/L)
1,25
3,54
1,5
3,91
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Complessivamente è possibile osservare come l’uso della consociazione S. cerevisiae/C. zemplinina
abbia permesso di completare la fermentazione in tutti i casi, in quanto in ogni tesi gli zuccheri residui
sono inferiori ai 4 g/L, limite indicato per considerare completa la fermentazione (Bisson, 1999). Tuttavia i
dati chimici del vino ottenuto con fermentazione scalare mostrano che questa tecnica di inoculo permetta
di ottenere i risultati tecnologici migliori in termini di incremento nella produzione di glicerolo e riduzione
del tenore in etanolo rispetto a tutte le tesi con co-inoculo. In particolare, è stata ottenuta una riduzione
del 4% della concentrazione di etanolo (dal 12,32 al 11,84 %) ed un aumento del 35% del tenore in
glicerolo (da 7,28 a 9,85 g/l) rispetto al vino testimone inoculato con Saccharomyces cerevisiae EC1118
(tabella 2 e 3). Per quanto riguarda la fermentazione con co-inoculo sono state realizzate delle conte
cellulari per verificare l’effettiva consistenza della popolazione dei due ceppi e quindi valutare l’effetto di
dominanza di S. cerevisiae rispetto a C. zemplinina (tabella 4).
Tabella 4. Conta vitale di S. cerevisiae e di C. zemplinina nel corso delle fermentazioni in co-inoculo.
I valori riportati sono espressi come cellule/ml
Campione
CDZ1/EC1118 1:1
CDZ1/EC1118 10:1
CDZ1/EC1118 20:1
Inizio Fermentazione
C. zemplinina
S. cerevisiae
7
7
2x10
2x10
7
6
2x10
2x10
7
6
2x10
1 x10
Metà Fermentazione
C. zemplinina
S. cerevisiae
6
7
5,5 x10
5,8 x10
7
7
7,6 x10
1,0 x10
7
7
9,6 x10
4,1 x10
Nel caso della fermentazione con rapporto di co-inoculo C. zemplinina / S. cerevisiae 1:1 , le conte
cellulari a metà fermentazione suggeriscono come S. cerevisiae EC1118 abbia preso il sopravvento con
una concentrazione cellulare dieci volte superiore alla C. zemplinina CDZ1. Inoltre l’assenza di
differenze significative nelle caratteristiche chimiche rispetto al vino ottenuto mediante fermentazione in
purezza con EC1118 (tabella 2) suggerisce che il contributo della Candida al profilo chimico del vino sia
stato, in questo caso, pressoché nullo. Nel caso dei co-inoculi con rapporto 10:1 e 20:1, è indicativo che
partendo da un co-inoculo con preponderanza di C. zemplinina, si rileva un’elevata concentrazione di
questo lievito anche a metà fermentazione, dimostrando che aumentando la concentrazione di Candida
all’inizio della fermentazione non si ha la completa dominanza da parte di S. cerevisiae (tabella 4). È
comunque da rilevare che la popolazione di lievito che da inizio a metà fermentazione incrementa
maggiormente è sempre la specie S. cerevisiae (da 1-2 a 11-41 X 106 cell/ml) rispetto alla C. zemplinina
(da 20 a 77-97 X 106 cell/ml) a dimostrazione del fatto che S. cerevisiae ha in generale una fitness ed
una velocità di sviluppo superiore alla Candida nelle condizioni testate.
Un altro dato estremamente rilevante è la variazione di glicerolo nelle diverse tesi di co-inoculo (tabella
3). È, infatti, evidente che, sebbene la produzione di etanolo sia simile nelle tre tesi, la produzione di
glicerolo varia proporzionalmente alla concentrazione iniziale di C. zemplinina, raggiungendo un
massimo di 9,06 g/l proprio nella tesi inoculata con un rapporto Candida/Saccharomyces di 20:1. Per
quanto riguarda il confronto con la fermentazione con il solo S. cerevisiae (tabella 2), i dati ottenuti
dimostrano che sebbene con un co-inoculo di 20:1 si possa aumentare la concentrazione di glicerolo di
circa il 20% (da 7,28 a 9,06 g/l), la produzione di etanolo rimane sostanzialmente identica (tabella 2 e 3).
Questo dimostra che il co-inoculo non è una tecnica fermentativa attuabile se si vogliono ottenere un
basso contenuto in etanolo ed un elevato tenore in glicerolo, probabilmente per l’elevata influenza di S.
cerevisiae sin dai primi giorni di fermentazione.
Fermentazioni su scala pilota
Sulla base dei risultati di caratterizzazione tecnologica, il ceppo C. zemplinina CDZ1 ed il ceppo S.
cerevisiae EC1118 sono stati utilizzati per fermentazioni scalari in cantina su 200 litri di mosto di Bovale,
Merlot, Carignano su piede franco e Carignano su piede americano. In figura 2 sono riportati i valori dei
principali parametri chimici oggetto di questo lavoro rappresentati come differenza rispetto a
fermentazioni di controllo realizzate utilizzando S. cerevisiae EC1118 come starter in purezza. In tabella
5 sono riportati i risultati delle analisi microbiologiche svolte all’inizio della fermentazione e ai 3 giorni
prima dell’inoculo di S. cerevisiae EC1118.
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Figura 2. Concentrazione di glicerolo, etanolo ed acidità volatile a fine fermentazione scalare
C.zemplinina CDZ1/ S. cerevisiae EC1118 su mosto di Bovale, Merlot, Carignano su piede americano
e Carignano su piede franco, espressa come differenza rispetto a fermentazioni di controllo realizzate
con S. cerevisiae EC1118 in purezza. * Indica differenze statisticamente non significative (p>0,05)
*
*
*
Tabella 5. Concentrazioni cellulari del lievito C. zemplinina CDZ1 e Saccharomyces spontanei
all’inoculo e dopo tre giorni di fermentazione prima dell’inoculo di S. cerevisiae EC1118.
I valori sono espressi come cellule/ml.
Vitigni
Ceppi
Inoculo
Bovale
C. zemplinina
1,7x10
S. cerevisiae*
4,2x10
C. zemplinina
7,8 x10
S. cerevisiae*
5,3 x10
C. zemplinina
1,5 x10
S. cerevisiae*
2,0 x10
C. zemplinina
1,6 x10
S. cerevisiae*
4,6 x10
Merlot
Carignano sabbia
Carignano argilla
3 giorni
7
2,5 x10
7
6
5,0 x10
7
6
1,8 x10
7
6
4,5 x10
7
3,0 x10
6
3,8 x10
7
4,6 x10
6
3,1 x10
7
7
7
7
7
*Concentrazioni cellulari riferite a S. cerevisiae selvaggi già presenti nel mosto prima dell’inoculo con
il ceppo selezionato di S. cerevisiae EC1118
Per quanto riguarda le fermentazioni effettuate su mosto Bovale l’uso della consociazione C. zemplinina
/S. cerevisiae ha permesso di aumentare la concentrazione di glicerolo (9,9 g/l) di 1,6 g/l e di ridurre il
grado alcolico (11,8% vol) di 0,35 % rispetto alla tesi testimone inoculata con il solo S. cerevisiae
(glicerolo 8,36 g/l; etanolo 12,2 % vol). I dati microbiologici mostrano una sensibile presenza di S.
cerevisiae spontanei che però non hanno impedito lo sviluppo di C. zemplinina CDZ1 che passa da 1,7 a
2,5 107 cellule/ml.
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Nel caso del mosto Merlot, la fermentazione scalare ha consentito di produrre un vino in cui la
concentrazione di glicerolo (10,2 g/l) è significativamente superiore (+ 1,6 g/l) rispetto al vino testimone
inoculato con il solo S. cerevisiae (8,6 g/l). Tuttavia all’incremento di glicerolo non si è accompagnata una
riduzione della concentrazione alcolica, che si attesta sui 14,3% vol in entrambe le tesi. Inoltre non si
sono osservate variazioni significative rispetto al testimone per quanto riguarda l’acidità volatile (0,25 g/l).
Come nel caso del vino Bovale, l’analisi microbiologica suggerisce come le variazioni nella
concentrazione di glicerolo possano essere ascritte allo sviluppo del lievito C. zemplinina CDZ1 che, nei
primi tre giorni della fermentazione, ha raddoppiato la concentrazione cellulare.
Infine per quanto riguarda le vinificazioni effettuate sui mosti Carignano, si evidenziano delle differenze
fra piede franco piede americano. Infatti, mentre le fermentazioni realizzate su Carignano piede franco
hanno evidenziato un aumento significativo della concentrazione di glicerolo di 1,9 g/l (11,4 g/l) rispetto al
testimone (9,5 g/l), quelle effettuate su Carignano su piede americano sono state di 1,36 g/l. Anche le
variazioni di etanolo rispecchiano lo stesso trend. Infatti, mentre il Carignano su piede franco ha
evidenziato una riduzione del grado alcolico dello 0,16 %, il Carignano su piede americano non presenta
differenze statisticamente significative rispetto al testimone. Parallelamente, sono stati osservati
incrementi nei valori di acidità volatile variabili da 0,09 a 0,13 g/l rispetto al testimone inoculato con il solo
S. cerevisiae. L’analisi microbiologica mostra la presenza di S. cerevisiae spontanei a concentrazione
doppia nel mosto Carignano su piede americano (4,6 x 106 cell/ml) rispetto a quella su piede franco (2 x
106 cell/ml). Poiché la quantità di C. zemplinina CDZ1 è molto simile in entrambi i mosti, la differenza
nella concentrazione di glicerolo nei due vini potrebbe essere imputata proprio ad una maggiore
competizione dei S. cerevisiae spontanei su CDZ1 all’inizio della fermentazione del mosto Carignano su
piede americano.
Discussione
La volontà di modificare il rapporto etanolo/glicerolo nel vino è in linea con una delle richieste del mercato
vitivinicolo mondiale, attualmente orientato verso la produzione vini di nuova generazione, che
presentino caratteristiche sensoriali più facilmente apprezzabili anche da consumatori non abituali. In
particolare il mercato richiede vini caratterizzati da una minore gradazione alcolica, da un maggior corpo
e da una maggiore rotondità (Pickering, 2000; Arroyo-lopez et al., 2010; Comititi et al., 2010). Questo
obiettivo è stato raggiunto da altri autori deviando il metabolismo degli zuccheri verso una maggiore
produzione di glicerolo a spese dell’etanolo (de Barros Lopes et al., 2000; Heux et al., 2006; Malherbe
et al., 2003; Remize et al., 2001), o, in alternativa, attraverso l’utilizzo di starter misti di fermentazione
costituiti da lieviti Saccharomyces e non-Saccharomyces (Ciani e Ferraro 1998; Ciani e Maccarelli 1998
Ciani et al., 2006; Comitini et al., 2010). Le specie C. stellata e C. zemplinina rappresentano strumenti
ideali per lo sbilanciamento del rapporto etanolo/glicerolo. Sono infatti specie fruttosofile e quindi in grado
di competere con S. cerevisiae per il consumo del fruttosio, e caratterizzate da una elevata produzione
di glicerolo (Sipiczki, 2003). Recentemente Csoma e Sipiczki (2008) hanno dimostrato che gran parte
dei ceppi ascritti alla specie C. stellata appartengono invece alle specie C. zemplinina e Starmerella
bombicola e che la C. zemplinina è la specie più frequente nelle fermentazioni vinarie. Tuttavia allo stato
attuale il numero di studi che descrivono l’utilizzo di C. zemplinina come starter fermentativo è
relativamente ridotto. Per questo motivo prima di utilizzare C. zemplinina in associazione con S.
cerevisiae si è ritenuto necessario procedere con la caratterizzazione tecnologica del ceppo CDZ1,
precedentemente isolato da mosto moscato (Zara et al., in preparazione). In particolare è stato valutato il
vigore fermentativo del ceppo poiché questo parametro descrive la capacità di un lievito di dare origine a
pronte e rapide fermentazioni, ed è essenziale per valutare la possibilità di utilizzare un lievito come
starter fermentativo. In particolare, l’effetto di un lievito starter sulle proprietà chimiche e sensoriali del
vino prodotto è correlato con la sua capacità di svilupparsi nel mosto nei primi giorni dall’inoculo (Fleet.,
1993).
I risultati ottenuti mostrano che C. zemplinina CDZ1 tollera le concentrazioni di anidride solforosa
normalmente utilizzate in cantina (Ribereau-Gayon e Peynaud 1960); mentre, considerando l’optimum di
temperatura individuato (25°C), è ipotizzabile un suo uso per la vinificazione in rosso, escludendone
l’impiego per la vinificazione in bianco. Infine, le prove volte a determinare la corretta concentrazione di
cellule da utilizzare in fermentazione hanno indicato che, sebbene l’inoculo di 1 x 108 cellule/ml determini
un maggiore vigore fermentativo di CDZ1, è possibile ottenere buone prestazioni anche a concentrazioni
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cellulari inferiori (1 x107 cellule/ml). Si è quindi deciso di utilizzare la concentrazione di inoculo più bassa,
sia per rendere più facilmente gestibili in cantina la preparazione dello starter o la realizzazione di
successivi pied-de-cuve, sia per evitare che lo sviluppo eccessivo del lievito non-Saccharomyces, indotto
da una elevata concentrazione cellulare all’inoculo, crei una condizione di stress per il ceppo di S.
cerevisiae da utilizzare in associazione. In accordo, si è osservato che nelle fermentazioni scalari
condotte in cantina su mosto Carignano su piede americano in cui C. zemplinina triplicava la propria
concentrazione si rilevava una elevata produzione di acido acetico. Per contro, nei mosti in cui lo
sviluppo di C. zemplinina era più contenuto non si osservavano incrementi significativi di acidità volatile.
Sembra quindi che, per lo meno per le vinificazioni scalari, l’ inoculo di 1 x 107 cellule/ml sia consigliabile
per evitare fermentazioni tumultuose da parte del lievito non-Saccharomyces prima dell’aggiunta del S.
cerevisiae.
Dato che le analisi chimiche dei vini prodotti con C. zemplinina CDZ1 in purezza avevano mostrato che
questo ceppo non è in grado di completare la fermentazione senza l’ausilio di S. cerevisiae si è valutato
se utilizzare la C. zemplinina in co-inoculo o in fermentazione scalare con S. cerevisiae. Le prove
condotte hanno evidenziato che il co-inoculo delle due specie di lievito è più facilmente gestibile, da un
punto di vista tecnologico, rispetto alle fermentazioni scalari. Tuttavia, l’elevato vigore fermentativo di S.
cerevisiae EC1118 influisce sullo sviluppo di C. zemplinina CDZ1 in co-inoculo anche con rapporti di
inoculo è di 1:20. Questo si traduce invariabilmente in concentrazioni maggiori di etanolo e minori di
glicerolo in co-inoculo, rispetto a quanto non avvenga in fermentazione scalare. Perciò, per quanto
riguarda la consociazione C. zemplinina CDZ1/S. cerevisiae EC1118, la fermentazione scalare, con
inoculo del S. cerevisiae dopo tre giorni di fermentazione con C. zemplinina è la modalità di utilizzo
migliore dei due ceppi. Tale risultato è in accordo con Rodriguez et al. (2010), che utilizzando S.
cerevisiae in consociazione con diversi lieviti vinari non-Saccharomyces, hanno messo in evidenza che i
vini ottenuti da microvinificazioni con fermentazione sequenziale avevano caratteristiche sensoriali
significativamente differenti dalle altre tecniche di consociazione.
La fermentazione scalare di 200 litri di mosto proveniente da quattro diverse varietà d’uva, ha mostrato
che l’associazione C. zemplinina CDZ1/S. cerevisiae EC1118 consente di incrementare il rapporto
glicerolo/etanolo del vino limitando l’incremento di acidità volatile, rispetto alla fermentazione con
EC1118 in purezza. È tuttavia interessante notare il caso del vino Carignano su piede americano in cui è
stato misurato un eccesso di acidità volatile ed una scarsa concentrazione di glicerolo. Le analisi
microbiologiche hanno evidenziato che il numero di cellule di C. zemplinina e di Saccharomyces
spontanei era superiore, in questo mosto, rispetto agli altri tre giorni dopo l’inoculo di CDZ1 . Questa
maggiore concentrazione cellulare potrebbe aver comportato un maggiore consumo di nutrienti con
conseguente produzione di etanolo e quindi aver creato una condizione di stress per lo starter S.
cerevisiae EC1118 al momento dell’inoculo. In particolare la riduzione di nutrienti lipidici potrebbe essere
la causa della maggiore produzione di acido acetico da parte dei lieviti riscontrata in questo mosto
(Landolfo et al., 2010)
Infine, i dati ottenuti sono stati convalidati, anche per quanto riguarda le caratteristiche sensoriali, dal
comitato scientifico del progetto CON.VI.SAR, il quale ha evidenziato che i vini ottenuti con le
fermentazioni scalari, sebbene caratterizzati da minore finezza olfattiva rispetto al controllo, presentano
caratteristiche di intensità e corpo superiori a quest’ultimo. Questi ultimi dati confermano quanto già
ottenuto da altri gruppi di ricerca, i quali hanno fatto notare la peculiarità delle fermentazioni sequenziali
quando si vogliano esaltare caratteristiche sensoriali che sono prerogativa di lieviti non-Saccharomyces
(Clemente-Jimenez et al., 2005; Rodriguez et al, 2010)
Sulla base dei risultati ottenuti ed integrati dalle osservazioni riportate dagli operatori di cantina, è
possibile concludere che le condizioni di precoltura e di inoculo della Candida, così come la scelta delle
temperature di fermentazione utilizzate nel corso dell’annata 2009, hanno consentito un corretto sviluppo
dei lieviti utilizzati come starter. Tuttavia, accanto a variazioni positive riscontrate per alcuni parametri
fermentativi, quali l’aumento della concentrazione di glicerolo, sono stati riscontrati valori di acidità
volatile talvolta significativamente superiori nei campioni inoculati con la consociazione C. zemplinina / S.
cerevisiae rispetto al testimone, in particolare nel vino Carignano su piede americano.
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In conclusione, le fermentazioni miste, ed in particolare le fermentazioni sequenziali utilizzando un lievito
non-Saccharomyces con un ceppo di S. cerevisiae, costituiscono una via per dare maggiore complessità
ai vini enfatizzando quei particolari caratteri tipici delle fermentazioni spontanee ma senza i rischi
tecnologici che queste ultime comportano. Come evidenziato in questo lavoro ed in lavori precedenti le
interazioni fra i diversi starter utilizzati e le modalità di inoculo hanno bisogno di essere messe a punto
ogni qual volta si utilizzano nuovi ceppi di lievito o nuove specie (Ciani et al., 2010). Tuttavia le
caratteristiche chimiche e sensoriali uniche, permettono di rendere maggiormente competitivi sul mercato
i vini ottenuti con questi approcci innovativi.
Ringraziamenti
Questo lavoro è stato finanziato dal consorzio CON.VI.SAR (Consorzio Vini Sardegna) mediante il Bando pubblico
“Centro di ricerca e trasferimento tecnologico nella filiera del vino di qualità (intervento p 6) valorizzazione delle
risorse genetiche dei vitigni autoctoni finalizzata alla qualificazione e tipicizzazione delle produzioni viti-enologiche
della Sardegna” finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna in data 12.10.2007. Gli autori desiderano
ringraziare la Cantine Argiolas e l’Agenzia della Regione Sardegna AGRIS per l’aiuto fornito nel corso della
realizzazione del progetto.
Riassunto
Le fermentazioni scalari o sequenziali, che prevedono l’utilizzo di lieviti non-Saccharomyces in successione con
Saccharomyces cerevisiae, rappresentano una valida alternativa all’utilizzo di colture starter per la caratterizzazione
dei vini rossi. Il lievito osmofilo Candida zemplinina è caratterizzato da un metabolismo glicero-piruvico spinto che
risulta nella produzione di glicerolo a discapito dell’etanolo. L’utilizzo di questo lievito in associazione con
Saccharomyces cerevisiae potrebbe quindi permettere di raggiungere due importanti obiettivi enologici: l’aumento
della concentrazione di glicerolo e la riduzione del grado alcolico del vino. Con l’intento di realizzare tali obiettivi lo
scopo del presente lavoro era individuare sia le condizioni di processo ottimali per l’utilizzo in fermentazione di C.
zemplinina CDZ1, sia le modalità di inoculo da adottare per il suo utilizzo in associazione con Saccharomyces
cerevisiae. A tale scopo CDZ1 è stato impiegato in fermentazioni in co-inoculo o in fermentazioni scalari con lo
starter EC1118 di S. cerevisiae su mosto ottenuto da tre importanti vitigni sardi: Carignano del Sulcis (piede franco
su sabbia e piede americano su argilla), Bovale del basso Campidano e Merlot della Trexenta. Il monitoraggio
microbiologico dei lieviti nel corso delle fermentazioni e l’analisi chimica dei vini ottenuti in tre anni di
sperimentazione hanno indicato (i) che C. zemplinina presenta caratteristiche tecnologiche compatibili con un suo
utilizzo in cantina; (ii) che in associazione con S. cerevisiae può essere utilizzato per il raggiungimento degli obiettivi
desiderati e (iii) che la fermentazione scalare consente di esaltare l’apporto di questo lievito al processo
fermentativo. Infatti, i vini ottenuti per fermentazione scalare con i due lieviti erano caratterizzati da incrementi
significativi della concentrazione di glicerolo rispetto al controllo costituito da vini prodotti con colture pure di S.
cerevisiae. Inoltre nel caso delle uve Bovale presentavano una riduzione del contenuto in etanolo pari allo 0,35 %.
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