Che cosa sono le c.d. neuroimaging Quali sono
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Che cosa sono le c.d. neuroimaging Quali sono
Che cosa sono le c.d. neuroimaging • Neuroimaging = tecniche di neuro-visualizzazione, cioè metodi e strumenti che permettono di rilevare e di riprodurre graficamente l’attività cerebrale in termini anatomici e funzionali. • L’utilizzo sperimentale di queste tecniche ha consentito di distinguere funzioni neurologiche diverse e di organizzarle sul piano topografico. • In altri termini, grazie alle N-I è possibile: - attribuire determinate attività a specifiche regioni cerebrali e ricostruire così un’anatomia di tipo funzionale, oltre che topografica - individuare circuiti neuronali complessi, formati da aree cerebrali diverse, polivalenti, non necessariamente contigue, che lavorano per in rete. Quali sono • Tecniche di neuroimaging strutturale = visualizzano la sede e l’estensione delle strutture anatomiche dell’encefalo - TAC = tomografia assiale computerizzata - RMN = risonanza magnetica nucleare • Tecniche di neuroimaging funzionale = visualizzano il funzionamento delle varie aree dell’encefalo, misurandone il metabolismo (cioè le reazioni fisiche e chimiche che avvengono in esse), per studiare la relazione tra l’attività delle stesse e le specifiche funzioni cerebrali. - PET = tomografia ad emissione di positroni - SPECT = tomografia ad emissione di un singolo fotone - fMRI = risonanza magnetica funzionale - EEG = elettroencefalogramma multicanale - MEG = magnetoencefalografia - NIRSI = spettroscopia ad infrarossi 1 Le N-I nella ricerca clinica • Le neuroimaging rappresentano i principali strumenti di ricerca delle Neuroscienze. • Sono una delle principali fonti di acquisizione di informazioni fino a qualche tempo fa impensate e certamente destinate ad ampliarsi nel futuro prossimo. • Gli studi di neuroimaging (come la risonanza magnetica RM, o la tomografia computerizzata - CT) rappresentano un valido strumento per determinare se specifiche anomalie del SNC possono essere correlate all’insorgenza di determinate malattie - ad es. la Malattia di Tourette - perché possono individuare il circuito anatomico implicato nella genesi del disturbo - ad es. le N-I in sogg. con MT hanno evidenziato una ridotta attività metabolica dello nucleo striato e della regione corticale ventrale ed un elevato metabolismo nell’area somato-sensoriale e supplementare motoria -. Caso pratico: la Sindrome di Gilles de la Tourette • Gilles de la Tourette = neurologo francese che per primo inquadrò scientificamente nel 1885 questa malattia, già descritta sporadicamente in precedenza da alcuni neuropsichiatri. • Famosissimo il caso della marchesa di Dampierre, nobildonna parigina nota nei salotti mondani della capitale per le sue urla oscene e volgari, i suoi spasmi improvvisi e il suo comportamento sociale “deplorevole”. • Caratteristica principale della sindrome è infatti la comparsa di tic, fenomeni motori o vocali improvvisi, ripetitivi, involontari e non completamente controllabili. • Si distinguono due forme di tic, che possono essere motori e fonici, a loro volta suddivisibili in base alla complessità. 2 • Tic motori semplici = movimenti semplificati (come l’ammiccamento della palpebra, lo scuotimento della testa) • Tic motori complessi = movimenti più ritmici e lenti che riguardano diversi gruppi muscolari (come il contatto ripetuto di oggetti, il rannicchiamento ripetuto). • Tic fonici semplici = raschiamenti della gola, grugniti o fischi, etc. • Tic fonici complessi = come il proferimento di frasi oscene (coprolalia), o la ripetizione di frasi proprie (palilalia), o altrui (ecolalia). • Nella MT studi condotti con la PET hanno dimostrato una ipo-perfusione sanguigna di alcune aree cerebrali (strutture limbiche sottocorticali, corteccia inferiore limbica, etc.), con aumento del metabolismo di altre aree a queste contigue (corteccia superiore sensitivo-motoria) -. • A livello clinico, nel contesto del progetto “genoma umano” sul riconoscimento precoce e sul trattamento di numerose malattie genetiche, specialmente neurologiche, le NI sono state utilizzate per selezionare quelle patologie nelle quali la genetica gioca un ruolo chiave (ad es., per disordini dello sviluppo corticale) fornendo una visualizzazione nel feto delle anomalie del sistema nervoso centrale. • Inoltre, esse sono ritenute in grado fornire un metodo valido ed attendibile per esplorare la base genetica delle differenze dei comportamenti complessi e della vulnerabilità individuale alle malattie non solo neurologiche, ma anche psichiatriche, al punto da prospettarsi come uno strumento fondamentale per capire la neurobiologia dei comportamenti fisiologici e patologici, grazie ai collegamenti tra genetica, neurochimica, neuroanatomia, neuropatologia e clinica. 3 Critiche alle N-I • Neuroimaging = sono i principali strumenti di conoscenza delle c.d. Neuroscienze, cioè di quelle discipline per le quali le alterazioni specifiche della condotta riflettono dei cambiamenti funzionali caratteristici nel cervello (Kandel e Coll., 2000). • Il postulato di partenza consiste nell’equivalenza fra vita psichica (disturbi psichici) e vita cerebrale (disturbi cerebrali) (Borgna, 2003). • Tutto ciò configura una vera e propria propria “riduzione epistemologica” del rapporto mente-corpo (Russo, 2004), poiché questo rapporto riguarda l’interazione tra funzioni psicologiche e neurofisiologiche, ma non tra i soggetti (mente e corpo) di tali funzioni (Basti, 1991, 2001). • Il rapporto mente-corpo non può ridursi al rapporto mentecervello (Schiavone, 1993). 4 • Infatti, sono state evidenziate non solo le “promesse”, ma anche le “illusioni” delle NI (Poldrack, 2004), dato che, sebbene la ricerca eseguita con tali metodiche abbia fornito conoscenze fondamentali sul funzionamento dell’encefalo e sui disturbi mentali, parecchie domande sono rimaste senza risposte. • Infatti, non è ancora possibile stabilire se l’aumento o la riduzione di attività in una particolare regione del cervello debba essere sempre considerata come un indice di funzionamento “migliore” o “peggiore” di quest’area, dato che alcuni studi hanno dato risposte diverse da altri (ad es., alcune ricerche sulla corteccia prefrontale di pazienti schizofrenici hanno mostrato un incremento di attività, mentre altre avevano trovato un’attività ridotta nelle stesse regioni). • Inoltre, non è possibile sostenere che singole aree cerebrali siano unicamente responsabili di specifiche funzioni mentali, facendo sì che l’attivazione di quelle regioni indichi che cosa una persona stia effettivamente pensando in quel momento (alcune aree cerebrali, del resto, intervengono in funzioni mentali assai diverse). • Infine, un certo tipo di risposta in una determinata zona non esprime la specificità dello stimolo di attivazione della medesima (ad es., il fatto che l’amigdala risponda ad una situazione di minaccia, non vuol dire che l’attività della stessa esprima che una persona si senta minacciata, o sia effettivamente minacciata; questo sarebbe vero soltanto se la minaccia fosse l’unico evento in grado di attivare l’amigdala, ma in realtà non è così). 5 N-I e diritto • Anche nel mondo del Diritto l’utilizzo delle NI è destinato ad accendere un dibattito molto complesso ed articolato, soprattutto dopo il ricorso a tale tecniche in sede penale (cfr. Sentenza 1/10/2009, n. 5 - Corte d’Assise d’Appello di Trieste, Presidente Relatore Reinotti). • La questione appare tutt’altro che semplice, soprattutto se la responsabilità individuale, in modo forse un poco riduttivo e semplicistico, viene considerata come la traduzione giuridica del concetto filosofico di libero arbitrio (Sartori, Rigoni, Sammicheli, 2010). • In tale ottica, le NI sembrano rappresentare una minaccia al principio del libero arbitrio, perché, nello spiegare le basi biologiche del comportamento agito, prospettano una riduzione dell’auto-controllo dell’individuo sulle proprie azioni (Pietrini, Bambini, 2009). • Certamente si deve tener presente che, in certi casi, una disfunzionalità di alcune regioni cerebrali può motivare toutcourt, o quantomeno contribuire a mantenere, una condotta aggressiva, come nel caso di quelle lesioni organiche dei lobi frontali che rendono ragione della costante mancanza di auto-controllo. • D’altro canto, non è sostenibile l’automatica assenza, o anche solo l’apodittica riduzione, dell’imputabilità di soggetti con tali deficit, perché un giudizio sulla responsabilità penale implica necessariamente il riferimento alla specificità del reato (Sartori, Rigoni, Sammicheli, 2010). • L’origine di giudizi automatici e riduttivi pare ravvisabile nelle affermazioni di chi ha sostenuto che il libero arbitrio non inizia un processo volontario, ma può solo controllarne il risultato: può imporre solo un veto al processo volontario impedendo l’azione o, viceversa, può innescare l’azione permettendole di procedure (Libet.2007). 6 • Esperimento di Libet - Ad alcuni volontari, era chiesto in istanti scelti liberamente di muovere un dito o di piegare un polso; nello stesso tempo essi dovevano prender nota del momento esatto in cui era sorta la decisione di compiere il movimento, individuando il punto preciso occupato da un punto luminoso in rotazione su uno schermo (il c.d orologio di Libet). - In base a questo dispositivo sperimentale, Libet concluse che esiste un notevole intervallo temporale, non solo tra il manifestarsi del potenziale di preparazione, che indica un'attivazione neurale tesa a predisporre una certa azione, e l'inizio dell'azione stessa (non meno di 0,5 sec.), ma anche tra la prima comparsa del potenziale di preparazione e l'affiorare alla coscienza dell'intenzione di "voler" compiere l'azione: l'intenzione sorge circa 300-350 msec. dopo la prima comparsa del potenziale di preparazione. - Le conclusioni tratte da Libet furono che le azioni volontarie incominciano a livello neuronale, come segnalato dal potenziale di preparazione, e solo successivamente (dopo almeno 300-350 msec.) il soggetto diviene consapevole dell'intenzione di agire. - L'attività cerebrale preposta all'azione volontaria appare piuttosto una conseguenza dell'attività stessa e non il fattore che la determina. - In tale prospettiva, la concezione di un soggetto sempre e comunque in grado di agire in maniera autonoma appare irrimediabilmente compromessa. - Per Libet, perciò, il libero arbitrio non consisterebbe nella capacità di dare il via ad un'azione, ma solo nella possibilità di decidere nel momento del manifestarsi dell'intenzione cosciente se dar corso all'azione o se inibirla (300-350 msec. dopo l'inizio del potenziale di preparazione). 7 • Tuttavia, è stato notato che è l’impossibilità a prevedere tutte le risposte al comportamento agito a fondare la libertà umana, perché essa si basa sul limite, o fors’anche su una certa ignoranza, della predittività, nel senso che si è liberi nella misura in cui si è unici, oltre che limitati, nell’anticipare tutte le possibili conseguenze di una certa scelta (Freeman, 2000). • In alcuni ambiti, dunque, le NI sembrano destinate ad assumere un ruolo sempre più importante, come quello sulla patologia organica dei lobi cerebrali frontali, o quello sul funzionamento dei circuiti neuronali implicati nel ragionamento morale e nella cognizione sociale, o quello sui rapporti tra volontarietà e coscienza nell’agire determinato, fatti salvi i limiti stessi delle neuroimaging (Sammicheli, Sartori, 2007). • D’altra parte, bisogna considerare anche le carenze delle ricerche condotte con le tecniche di NI, riscontrate (Sammicheli, Sartori, 2007): - nella inadeguata definizione delle popolazioni sperimentali rispetto a quelle di controllo; - nella non sempre corretta comparazione dei dati e nella non univoca interpretazione delle immagini ottenute. • Addirittura, si è notato che: “[...] PET e fMRI possiedono una bassa risoluzione spaziale e temporale. Quando, usando queste tecniche, localizziamo eventi nel cervello ci muoviamo entro regioni che vanno dai due ai cinque millimetri [...] regioni all’interno delle quali possono trovarsi centinaia di migliaia di cellule. Nel caso vi fosse una specializzazione, o una differenziazione all’interno di tali cellule, essa non potrebbe essere mostrata. Per lo stesso motivo non possiamo neanche essere sicuri di quando gli eventi neurali stiano accadendo (Noë, 2009 / 2010). 8 • “[...] Le immagini che vediamo nelle riviste scientifiche non sono fotografie del cervello in azione di una data persona. Infatti, è importante aver chiaro che non vi è alcuna ragione per considerare le immagini PET o fMRI in grado di fornirci informazioni dirette sulla coscienza o sulla cognizione. Esse non ci offrono neppure una diretta rappresentazione della attività neurale” (Noë, 2009 / 2010). • Alla luce di tali precisazioni, ci si è chiesto (Merzagora Betsos, 2011): - esiste veramente una correlazione scientifica tra eventi cerebrali ed eventi mentali ? - per quale ragione devono necessariamente essere i primi a generare i secondi e non viceversa, dato che correlazione non equivale a causazione ? • Inoltre, si deve sempre tener presente che se alcune aree cerebrali sono attivate o inibite durante il percorso decisionale rispetto a certe altre, questo concerne “la struttura del processo di scelta e non il contenuto che può essere molto vario”, considerando altresì che “Il reato non è un ente naturale, bensì culturale” (Merzagora Betsos, 2011). • Quindi, se non è in discussione il fatto che le NI possano dare informazioni molto interessanti, è altrettanto certo che le conoscenze così ottenute non sono prove inconfutabili in sede penale, tenuto conto che “La responsabilità personale è un concetto pubblico, che esiste nel gruppo e non nell’individuo [...] La responsabilità è un concetto nostro verso le azioni altrui e che gli altri hanno verso le nostre. Il cervello è determinato; le persone (più di un singolo essere umano) seguono delle regole vivendo insieme e il concetto di libertà d’azione scaturisce da quell’interazione” (Gazzaniga, 2006). 9 • Quindi, le NI dovrebbero per il momento essere considerate solamente come “metodologie di approfondimento e di supporto” (Stracciari, Bianchi, Sartori, 2010). • Se questo complesso di tecniche non può certo rappresentare “l’oggi dell’accertamento peritale, ma potrebbe essere il suo domani” (Merzagora Betsos, 2011), risulta doveroso aggiungere un prudenziale “forse” (Barbieri 2011). • Certamente, le NI possono fornire informazioni importanti, ma, nel valutare l’imputabilità e la responsabilità in sede penale, i dati eventualmente ottenuti da queste devono sempre e comunque essere integrati nella disamina del significato e del valore di malattia dell’atto, al momento del compimento dell’atto stesso, giuridicamente rilevante “se” e “solo se” integrante un concetto di infermità. • In tale prospettiva, le informazioni ottenute dalle NI diventano conoscenze complementari, da inserirsi sempre e comunque nella storicizzazione dell’agito delittuoso secondo un’impostazione ermeneutica, perché solo così l’implicito diventa esplicito, in quel percorso conoscitivo che correla il tutto alle parti e viceversa (Gadamer, 1960), nel contesto di un discorso che non è solo clinico, ma è soprattutto biografico-narrativo (Callieri, 2000). • Quindi, il ricorso alle neuroimaging, come ad altre discipline (ad es. la genetica), può forse diventare la tappa di un iter valutativo, e forse una tappa importante, ma, di per sé, mai prioritaria e mai esclusiva. • In caso contrario, si corre il rischio non solo di scadere in una reificazione antropologica sul piano epistemologico, ma specialmente, in sede valutativa, di operare un riduzionismo metodologico, del tutto a-scientifico (Barbieri, 2011). 10 Bibliografia di approfondimento • Bianchi A., Gulotta G., Sartori G. (a cura di), Manuale di neuroscienze forensi, Giuffrè, Milano, 2009. • Gulotta G., Curci A., Mente, società e diritto, Giuffrè, 2010. • Merzagora Betsos I., De servo arbitrio, ovvero: le neuroscienze ci libereranno dal pesante fardello della libertà ?, Rassegna Italiana di Criminologia, 1, 2011, pp. 7-17. • Merzagora Betsos I., Il colpevole è il cervello. Imputabilità, neuroscienze, libero arbitrio: dalla teorizzazione alla realtà, Rivista Italiana di Medicina Legale, 1, 2011, pp. 175-208. • Ruberto M.G., Barbieri C., Il futuro tra noi. Aspetti etici, giuridici e medico-legali della neuroetica, Franco Angeli, Milano, 2011. 11