pdf, 3,8 MB - Archivi della moda del novecento

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LENCI: un’impresa italiana
La storia della ditta LENCI ci è stata
tramandata anche tramite i quattro
diari autobiografici della fondatrice,
Elena König Scavini, grazie ai
quali possiamo ricostruire la sua
vicenda imprenditoriale e umana.
Artista e fotografa, viaggia per
l’Europa e si trasferisce nel
1915 a Torino, dove sposa
Enrico Scavini. Nel 1917
muore la figlioletta Gherda,
e Elena decide di mettere
a disposizione di tutti i
bambini le sue doti artistiche,
producendo bambole di
pezza.
Il casuale incontro con un italoamericano capo di una ditta di
import-export cambia la sua vita:
egli capisce che l’abbinamento tra
qualità artistica e semplicità di
materiali è rivoluzionario, e decide
di commercializzare le sue bambole, che riscuotono un
successo immediato.
Nel 1919 viene registrato il marchio LENCI, unione tra
il soprannome di Elena (Lencina) e la frase “Ludus Est
Nobis Costanter Industria” (il gioco è la nostra opera
continua).
Il soffice panno con cui vengono fabbricate le bambole,
grazie al loro grande successo internazionale, prenderà il
nome di “panno Lenci”.
Nel tempo, LENCI si avvale del prezioso contributo di
artisti affermati, come Chessi, Dudovich e tanti altri: ogni
artista si occupa di singoli aspetti (es.
Chessa lavora agli imballaggi e ai
mobili, Dudovich disegna i bozzetti
delle bambole e i volti).
Nel ’28 prende avvio la produzione
di ceramiche, curata dalla stessa
Elena.
LENCI è ormai affermata in tutto
il mondo, soprattutto negli Stati
Uniti, ma la dura recessione
economica americana fa sì
che gli ordini diminuiscano,
e LENCI precipita in una
grave crisi. La guerra d’Etiopia
del 1936, e le pesanti sanzioni
imposte all’Italia, aggravano
ulteriormente la situazione, e
l’azienda deve chiudere.
Nel 1974 Elena muore: scompare
così la fondatrice di una delle più
importanti aziende italiane.
Le bambole italiane
Anche a causa di una cultura religiosa fortemente radicata,
la produzione di bambole decorative non fu nei secoli
passati un settore che vide il favore degli artigiani italiani.
Era semmai la creazione artigianale di figurine presepiali
che conosceva veri e propri maestri, soprattutto a Napoli.
Fu soltanto nell’Ottocento che l’Italia si affacciò sul
mercato della bambola, quando lo scopo ludico iniziò
ad essere aspetto primario, o comunque rilevante,
dell’oggetto bambola.
Durante questo secolo, mentre Francia e Germania
lottavano per conquistare il primato di un prodotto di alta
qualità, l’Italia incominciava a produrre invece bambole
povere, di cartapesta.
Perfino un’importante ditta come Furga iniziò appunto
dalla produzione di bambole in cartapesta, per poi
fabbricare prodotti sempre più raffinati, prima in porcellana,
poi in biscuit. Come Furga, soprattutto nell’Italia
settentrionale sorsero altre piccole imprese, che non
potevano però competere con i colossi francesi e tedeschi.
Fu solo dopo il primo dopoguerra, nel 1918, che l’Italia si
affermò prepotentemente in questo settore grazie alla ditta
LENCI.
LENCI creava bambole in una stoffa non tessuta, ottenuta
per infeltrimento delle fibre, che non si sfilacciava al taglio
e non necessitava di orli: era un panno caldo, morbido e
sottile conosciuto ancora oggi come “panno lenci”.
Ecco che la bambola italiana assume una sua fisionomia: è
una bambola originale, elegante e di ottima fattura.
A partire dagli anni ’30 si afferma poi la celluloide, e di
nuovo sorgono piccole imprese che fabbricano bambole
in questo materiale, che regnerà incontrastato fino
all’avvento delle materie
plastiche alla fine
degli anni
’40.
Le bambole in biscuit:
la concorrenza
tra Francia e Germania
Durante l’Ottocento si affermò per la produzione di
bambole la porcellana Biscuit, così chiamata perché
realizzata in duplici cotture a temperature molto
elevate. Questo materiale non smaltato (fattore questo
che conferiva un aspetto più verosimile al volto della
bambola, grazie alla maggiore somiglianza con la pelle
umana) conobbe un incredibile successo a partire dalla
metà del secolo, e vide come dominatrici assolute del
mercato le fabbriche francesi (tra le quali spiccava la ditta
Jumeau) e tedesche (tra cui le famose ditte Simon&Halbig
e Armand Marseille).
Se la Francia puntava a bambole raffinatissime in
ogni minimo dettaglio, magistralmente dipinte,
curate nell’abbigliamento tanto da essere veri e propri
capolavori di sartoria, e quindi più adatte all’alta nobiltà,
la Germania, anche grazie ai suoi numerosi giacimenti
minerari ricchi di argilla, poteva abbattere i costi di
produzione e offrire bambole meno costose.
A partire dal XX secolo infatti fu la Germania a dominare
il mercato, grazie ad un nuovo tipo di bambolotto, il
bébé-caractére, non più bambola austera e sfarzosa, ma
figura semplice, in materiali più poveri, di tenero neonato
da cullare.
La Barbie
Siamo nel 1959. Ruth Hendler e il marito
hanno un’azienda che produce giocattoli.
L’azienda si chiama Mattel.
Ruth, durante un viaggio in Svizzera, si
imbatte in Lilli, una bambola di piccole
dimensioni, bionda e graziosa. Ruth
acquisisce i diritti di Lilli e decide di
introdurre nel catalogo di giochi Mattel la
bamboletta Lilli, cambiandone il nome.
Nel mondo del giocattolo fa la sua
comparsa Barbie.
Bionda, sinuosa, vestita secondo
l’ultima moda, con le unghie smaltate
e i vertiginosi tacchi a spillo, Barbie è
la rivoluzione nel mondo della bambola.
Rappresenta la ragazza degli anni ’50, che
inizia a rivendicare un aspetto frivolo della
femminilità, legato al look e alla moda.
Gli accessori con cui vestire e agghindare
Barbie sono infiniti, i cataloghi sterminati,
e le bambine anelano al possederne il più
possibile.
Ecco che Barbie incarna il modello
americano: consumare, apparire, divertirsi
ed essere felici. Ma anche lavorare in ambiti professionali
prima appannaggio del maschio: Barbie si candiderà
perfino alla presidenza degli Stati Uniti.
A Barbie vengono affiancati un fidanzato, Ken, comparso
nel 1961 e un’amica, Midge, nel 1963. L’anno successivo
compare Skipper, sorellina di Barbie, e Alan, fidanzato di
Midge e amico di Ken.
Nel frattempo sono tantissime le acconciature che Barbie
ha cambiato, seguendo i dettami della moda anno dopo
anno, e le sue collezioni di abiti sono ormai pressoché
infinite e talmente lavorate nel dettaglio che la Mattel
crea una sua propria azienda dedicata alla sartoria Barbie.
Perfino famosi stilisti prestano il loro estro creativo al look
di questa bambola.
Nuovi personaggi si aggiungono al mondo Barbie
e vengono fatti anche cambi nella struttura della
bambola, che ora è truccata con ciglia
lunghissime, secondo l’esempio
della swinging London e può
muovere il torso.
Negli anni ’80 la Mattel capisce
il valore collezionistico della sua
produzione, e decide di affiancare
alle linee già prodotte una
parallela a numero
limitato, dimostrandosi
azienda capace di sfruttare
le enormi potenzialità del suo
prodotto.
Bambole e moda
Il rapporto tra bambole e moda è
sempre stato molto stretto.
Già nella Francia dei secc.
XVII e XVIII, la “bambola
manichino” serviva alle
signore dell’alta società per
registrare le variazioni della
moda dell’epoca. E sempre
in Francia, a queste bambole
veicolo di gusti e costumi,
viene dato il nome di
“Pandora”.
Le Pandore
(generalmente in due
varianti, la Grande
Pandora en grande
toilette, e la Petit
Pandora en déshabillé)
cominciano a circolare
tra i salotti nobiliari,
finché le case di
moda iniziano esse
stesse a spedirne
per presentare
intere
collezioni.
Queste
bambole
contribuiscono
così in modo
decisivo a far conoscere la
moda parigina in tutta Europa.
Nel XIX secolo la diffusione
delle riviste di moda fa sì che
si affermi il successo della molto
più economica bambola di carta da
ritagliare e vestire.
È proprio in questo periodo, in cui
si riconosce all’infanzia una sua sfera
autonoma, che la produzione della bambola
manichino diminuisce e va affermandosi quella a scopo
ludico. Le bambole continuano comunque a rappresentare
nell’abbigliamento la moda corrente, basti pensare alle
meravigliose bambole della ditta Jumeau, riccamente
abbigliate di elegantissimi abiti.
In Italia nella prima metà del ‘900, grazie alla ditta LENCI
e alle sue bambole dall’abbigliamento originale, sarà
addirittura la bambola fonte di ispirazione della moda del
momento.
Quando poi le due guerre provocheranno, in un’Europa
segnata dalle bombe, uno svuotamento di originalità
e idee, saranno gli Stati Uniti a rilanciare il binomio
bambola-moda grazie alla Barbie, la più famosa delle
bambole moderne.
Bambole come oggetti sacri
Se statue lignee rappresentanti figure religiose e santi
erano comuni anche in epoca medievale, è con la
Controriforma che esse conoscono nuova fortuna,
soprattutto grazie alla venerazione delle Confraternite.
La Madonna (raffigurata come Madonna col Bambino, del
Carmelo, del Rosario, Addolorata, etc.) è senza dubbio
il soggetto più rappresentato, anche con la finalità di
trasportarne l’effigie nelle processioni. Con il tempo
statue lignee vengono realizzate per rappresentare anche
Gesù e figure presepiali.
Le abilità sempre maggiori degli artigiani, la maggiore
verosimiglianza anche grazie all’uso di capelli veri e occhi
vitrei, comportano in un certo senso una progressiva
desacralizzazione: le figure sante non sono più confinate
nelle chiese o nelle manifestazioni religiose, adesso
entrano nelle case aristocratiche.
In questo senso è da intendersi la fioritura dell’artigianato
presepiale a Napoli che nel ‘700 raggiunge uno splendore
ineguagliato.
La nuova destinazione nobiliare di queste preziose statue,
fa sì che si cerchi sempre maggiore sontuosità negli abiti,
nelle acconciature, nei gioielli: sottile si fa la distinzione
tra queste sculture devozionali e le bambole manichino
che diffondevano la moda parigina nel ‘700 e ‘800.
Nel XX secolo i cambiamenti nel gusto dell’arredo, uniti
ad una meno sentita pratica cultuale, determinano il
declino di questa tipologia di sculture.
imago e ombra
bambole
gioco costume sogno
La Collezione Frediani
Archivio di Stato di Lucca – Palazzo Guidiccioni
7 dicembre 2013 – 8 marzo 2014
Patrocinio
Ministero dei Beni e delle Attività
culturali e del Turismo
Comune di Lucca
Provincia di Lucca
La mostra è realizzata da
Archivio di Stato di Lucca
MOSTRA
Ideazione e cura della mostra
Marina Brogi
Renata Frediani
Elisabetta Piccioni
Coordinamento generale
Elisabetta Piccioni
Valentina Simonetti
Con il contributo di
Fondazione Cassa di Risparmio
di Lucca
Fondazione Banca del Monte di
Lucca
Cassa di Risparmio di Lucca
Studio SGRO
Prestatori
Renata Frediani
Edda Bresciani
Ideazione allestimento mostra
Studio Arrigoni Architetti
Allestimento
Marco Bertini,
Mostre & Mostre, Lucca
in collaborazione con:
Fondazione Centro Studi
sull’Arte Carlo e Licia Ragghianti
Assistenza impianti
Fabio Marcheschi
Grafica pannelli e depliantistica
Silvia Pieretti / maria pacini fazzi
editore: Silvia Pieretti
Stampa digitale
C.I.V.A.S., Lucca
Stampa materiali tipografici
e promozionali
Provincia di Lucca
Assicurazione
Axa Assicurazioni Spa, Agenzia
Finelli Assicurazioni, Lucca
Ufficio stampa
Archivio di Stato di Lucca
Fondazione Centro Studi
sull’Arte Carlo e Licia Ragghianti
Ringraziamenti
Fondazione centro Studi
sull’Arte Licia e Carlo Ludovico
Ragghianti per il prestito
di strutture espositive
Associazione Amici dei Musei e dei Monumenti della Provincia
di Lucca
Associazione degli Industriali
della Provincia di Lucca
Istituto Superiore d’Istruzione
Sandro Pertini, Lucca
Roberta Antonelli
Elisabeth Mair
Ilaria Boncompagni
Marta Giovacchini
Irene Lami
Paola Lenci
Patrizia Giusti Maccari
Marco Panigada
Pietro Rocchi
Diana Toccafondi
Si ringraziano per le informazioni
documentarie fornite
Archivio Storico città di Torino
Castello del Buonconsiglio,
monumenti e collezioni
provinciali, Trento
Museo del giocattolo di Napoli
Museo della bambola artistica di Suvereto
Museo della bambola di Rocca Borromeo – Angera
Museu do Brinquedo de Sintra
Museum of Childhood,
Edinburgh
Ospedale delle Bambole, Napoli
Piccolo Museo di Bambole e di altri Balocchi, Ravenna
Soprintendenza per i Beni
architettonici e Paesaggio
e per il Patrimonio Storico,
Artistico ed Etnoantropologico
per la Provincia di Arezzo
Soprintendenza speciale per i
Beni archeologici di Roma
Sovrintendenza capitolina ai Beni
culturali di Roma capitale
Spielzeugmuseum, Nürnberg
Spielzeug Welten Musem Basel
CATALOGO
maria pacini fazzi editore, Lucca
www.pacinifazzi.it