Le autorità indipendenti tra diritto comunitario e diritto interno

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Le autorità indipendenti tra diritto comunitario e diritto interno
Associazione Italiana dei Costituzionalisti
Convegno annuale
L’integrazione dei sistemi costituzionali europeo e nazionali
Catania, 14-15 ottobre 2005
Le autorità indipendenti tra diritto comunitario e diritto interno
(versione parziale e provvisoria)
di Filippo Donati
SOMMARIO: 1.- Introduzione 2.- I problemi di legittimazione delle autorità indipendenti 3.Lo sviluppo delle autorità indipendenti in Europa 4.- Il modello comunitario 5.- Le autorità
indipendenti come punto di snodo tra diritto interno e diritto comunitario 6.- La
legittimazione comunitaria delle autorità indipendenti 7.- Esigenza di una legge di sistema 8.
Considerazioni conclusive
1.- Introduzione
E’ stato sottolineato anche di recente che la ruota della fortuna, per le
autorità indipendenti1, sembra avere cambiato decisamente direzione2. Dopo
un periodo di “euforia” che, a partire dalla fine degli anni ’80, ha visto
Il termine viene qui utilizzato per indicare quelle autorità che, pur diversificate tra di loro
sotto il profilo organizzativo e funzionale, presentano la caratteristica comune di esercitare
funzioni amministrative, normative e “paragiurisdizionali” in posizione di autonomia rispetto
agli indirizzi del Governo. Sulle varie questioni sottese alla qualificazione delle figure in
questione come autorità o amministrazioni indipendenti si rinvia alle considerazioni di
M.PASSARO, Autorità o amministrazioni indipendenti? L’ambito semantico e l’identità concettuale, in
Autorità indipendenti e principi costituzionali. Atti del Convegno di Sorrento 30 maggio 1997, Padova,
1999, 187 ss., il quale ritiene opportuno utilizzare per esse il termine di amministrazioni, perché
in linea con il carattere intrinsecamente amministrativo della loro attività. A chi scrive sembra
peraltro preferibile parlare più genericamente di autorità indipendenti, trattandosi di organi che,
pur esercitando poteri amministrativi, mal si prestano ad essere inquadrati negli schemi del
potere esecutivo. Come ha giustamente osservato E.CHELI, Le autorità amministrative
indipendenti e le prospettive di una loro riforma, in Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari.
Quaderno n. 13, Torino, 2003, 78 il termine “autorità amministrative indipendenti” esprime un
ossimoro, dal momento che “la qualità naturale dei soggetti investiti di poteri amministrativi è
quella di dipendere dal potere politico dei Governi” ed occorre quindi, per forza di cose,
privilegiare uno dei due aggettivi che si legano al sostantivo “autorità”.
1
2 Cfr. M.CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, Il mulino,
2005, 15.
l’“erompere”3 nel nostro ordinamento di nuove figure di autorità indipendenti
e l’attribuzione ad esse di vasti ed incisivi poteri in settori di particolare
importanza, da tempo si registra un clima di crescente diffidenza verso queste
figure, delle quali sono state criticate l’eterogeneità, la mancanza di
legittimazione democratica, persino la stessa utilità4.
I recenti grandi dissesti aziendali che hanno danneggiato numerosi
risparmiatori (il riferimento è soprattutto alle vicende legate ai bond argentini e
ai dissesti Cirio e Parmalat) hanno messo nuovamente sul “banco degli
imputati” le autorità preposte alla vigilanza dei mercati finanziari e creditizi, e
sembrano offrire nuovi argomenti ai fautori di una “riappropriazione” da parte
della politica del controllo di certi settori “sensibili” dell’economia5. Le vicende
che hanno recentemente coinvolto il Governatore della Banca d’Italia6 hanno
riproposto il tema relativo all’opportunità di affidare la cura di importanti
settori ad organismi estranei al circuito della responsabilità politica.
In effetti quello della legittimazione delle autorità indipendenti costituisce
un tema che, nel dibattito scientifico, rimane ancora per molti aspetti aperto.
Nessuno dubita del fatto che esse hanno da tempo trovato una collocazione
ed un ruolo che appare ormai difficile rimettere in discussione. Rimane peraltro
l’interrogativo di fondo: perché affidarsi ad organi che rompono gli schemi
della struttura amministrativa e derogano al principio della responsabilità
ministeriale? Perché non confidare invece sulla valorizzazione dei principi di
buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione sanciti dall’articolo 97
Cost.? Una risposta negativa basata sulla constatazione della strutturale
inadeguatezza del nostro apparato amministrativo ministeriale a svolgere
determinati tipi di funzione non può essere sufficiente: le risorse umane e
finanziarie utilizzate per la costituzione ed il funzionamento delle autorità
indipendenti potrebbero infatti essere impiegate per migliorare tale apparato.
Le difficoltà di giustificare la legittimità delle autorità indipendenti trovano
conferma nei progetti di riforma che sono stati presentati in materia. La
Commissione affari costituzionali della Camera, nell’ambito dell’indagine
conoscitiva sulle autorità indipendenti conclusa il 4 aprile 20007, ha proposto la
costituzionalizzione di queste figure e l’adozione di una legge di sistema che
detti una disciplina generale delle autorità. Sia il progetto approvato dalla
Secondo la fortunata terminologia utilizzata da A.PREDIERI, L’erompere delle autorità
amministrative indipendenti, Firenze, 1997.
3
Cfr., fra gli altri, M.SAVINO, L’indagine conoscitiva del Parlamento, in F.A.GRASSINI (a cura
di), L’indipendenza delle Autorità, Bologna, 2001, 122 ss.
4
5
Cfr. M.CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, cit., 13 ss.
6 Messo sotto accusa per il comportamento di favore mostrato nei confronti di uno dei due
contendenti l’acquisizione di una importante banca italiana e criticato sia dalla maggioranza che
dall’opposizione ma, secondo una opinione assai diffusa, non revocabile senza violare
l’autonomia della banca centrale sancita dal Trattato CE.
7
cit.
Riportata in appendice al volume F.A.GRASSINI (a cura di), L’indipendenza delle autorità,
2
Commissione bicamerale per le riforme istituzionali nel 1997 sia il disegno di
legge di revisione costituzionale approvato in prima lettura il 23 marzo 2005
prevedono l’istituzione di autorità indipendenti chiamate all’esercizio di
funzioni di garanzia o di vigilanza in materia di diritti e libertà garantiti dalla
Costituzione. Proposte del genere sembrano dare per scontata l’attuale
posizione di illegittimità costituzionale di almeno alcune delle nostre autorità
indipendenti8.
Allo stato attuale, in mancanza di un riconoscimento a livello costituzionale
della possibilità di istituire organi che derogano al principio della responsabilità
ministeriale, tende a farsi spazio l’opinione che alcune delle autorità
indipendenti godano di una “copertura comunitaria”, di per sé sufficiente a
giustificare la loro legittimazione. Come è stato rilevato da Fabio Merusi, “è
l’incidenza comunitaria la chiave per entrare nella problematica attuale delle
autorità amministrative indipendenti9. In questa prospettiva si è giunti ad
affermare che, trovando le autorità indipendenti già nel diritto comunitario una
adeguata copertura, il loro riconoscimento a livello costituzionale sarebbe un
fatto non innovativo e neppure necessario10. Non è tuttavia chiaro se ed entro
quali limiti il diritto europeo “imponga” o comunque “giustifichi”
l’affidamento di certi settori particolarmente sensibili (come quelli della
concorrenza tra le imprese, dei mercati finanziari, della privacy, delle
comunicazioni e dell’energia) ad autorità estranee al circuito della
rappresentanza parlamentare.
Scopo dell’intervento è svolgere alcune riflessioni sulla rilevanza
comunitaria delle autorità indipendenti e sui riflessi che ne possono discendere
nella prospettiva delle riforme, ordinaria e costituzionale, che si prospettano al
riguardo.
La dottrina più avvertita ha da tempo messo in guardia contro i rischi che
discendono dal ricorso a “semplificazioni unificanti”11 nelle analisi sulle autorità
indipendenti. Il tema che mi è stato assegnato, abbracciando il sistema
complessivo di queste autorità, rende tuttavia necessario procedere a
considerazioni di carattere generale, suscettibili di approfondimenti con
riguardo alle specifiche esperienze delle varie autorità.
8
15.
Cfr. M.CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, in Riv.dir.cost.,2002,
9 Cfr. F.MERUSI, Le Autorità indipendenti tra riformismo nazionale e autarchia comunitaria, in
F.A.GRASSINI (a cura di), L’indipendenza delle autorità, cit., 21. In questa prospettiva cfr. anche
E.CARDI, La Consob come istituzione comunitaria, in F.BASSI-F.MERUSI (a cura di), Mercati e
amministrazioni indipendenti. Il mercato dei valori mobiliari, Milano, 1993, 99 ss..
10
F.MERUSI, Le Autorità indipendenti tra riformismo nazionale e autarchia comunitaria, cit., 27.
Cfr. G.AMATO, Autorità semi-indipendenti e autorità di garanzia, in Autorità indipendenti e
principi costituzionali. Atti del Convegno di Sorrento 30 maggio 1997, Padova, 1999, 13. Sulla
impossibilità di costruire un modello unitario delle autorità indipendenti cfr. le considerazioni
di U.DE SIERVO, Le diversità fra le varie autorità, in Autorità indipendenti e principi costituzionali. Atti
del Convegno di Sorrento 30 maggio 1997, cit., 69 ss.
11
3
2.- I problemi di legittimazione delle autorità indipendenti
Le autorità indipendenti sono organismi che, pur svolgendo rilevanti
funzioni normative, amministrative e giustiziali, si pongono al di fuori del
circuito tradizionale della legittimazione democratica ed operano sulla base di
una legittimazione c.d. tecnocratica12. Esse sono quindi inevitabilmente
destinate a sollevare problemi di compatibilità con i principi del nostro assetto
costituzionale13.
La dottrina prevalente e la giurisprudenza concordano sulla necessità di
riconoscere alle autorità indipendenti natura amministrativa14; il problema,
come ha ricordato Giuseppe Morbidelli, consiste nella difficoltà di ricondurre
queste autorità al modello di amministrazione delineato dalla Costituzione15. In
effetti l’amministrazione è tenuta al perseguimento degli obiettivi stabiliti dagli
organi di indirizzo politico ed è sempre soggetta al controllo di tali organi. Le
autorità indipendenti si collocano invece al di fuori del circuito della
rappresentanza politico-parlamentare, determinano una rottura della
tradizionale organizzazione ministeriale e una deroga al principio della
responsabilità politica del governo per l’operato dell’amministrazione. I
problemi sono accentuati dal fatto che, in molti casi, a queste autorità sono
attribuiti incisivi poteri normativi che determinano una evidente frizione con il
principio di legalità sostanziale16. Come evidenziato da Paolo Caretti, l’analisi
dei poteri normativi delle autorità indipendenti dimostra, tra l’altro, che anche
autorità formalmente titolari di sole competenze provvedimentali (come
l’Autorità garante per la concorrenza e il mercato) hanno di fatto esercitato
poteri sostanzialmente normativi e che, in alcuni casi, alle autorità sono stati
attribuiti margini di discrezionalità così ampi da configurare vere e proprie
deleghe in bianco17. La possibilità del legislatore di disciplinare l’assetto
organizzativo e le funzioni delle autorità indipendenti non è del resto
12 Cfr. E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti nella forma di governo, in Associazione per
gli studi e le ricerche parlamentari. Quaderno n. 11, Torino, 2000, 130.
13 Come da tempo ha segnalato M.MANETTI, Poteri neutrali e Costituzione, Milano, 1994, 10
ss.. In argomento cfr. da ultimo M.CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e
Costituzione, cit., 3 ss. e A.RIVIEZZO, Autorità amministrative indipendenti e ordinamento
costituzionale, in Quad.cost., 2005, 321 ss..
14 Per una diversa ricostruzione che configura gli enti in parola come organi costituzionali
cfr. invece M.PASSARO, Le amministrazioni indipendenti, Torino, 1996, 311 ss.
15 Cfr. G.MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, in Scritti di diritto
pubblico dell’economia, Torino, 2001, 165 ss., il quale ritiene utilizzabile nel caso di specie una
nozione “residuale” di amministrazione, che include ogni organo o attività che non sia
chiaramente riconducibile a una funzione costituzionalmente tipizzata.
Su cui cfr. L.CARLASSARE, Regolamento (dir.cost.), in Enc.dir., vol. XXXIX, Milano 1988,
614 ss.
16
17 Cfr. P.CARETTI, Introduzione, in P.CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2003-2004.
I poteri normativi delle autorità indipendenti, Torino, 2005, XIV ss.
4
sufficiente a “sanare” la violazione del principio di legalità e di riserva di legge
che discende dall’esercizio dei poteri ad esse conferiti18. Né può valere il rilievo
secondo cui l’attribuzione di poteri normativi ad un organismo imparziale e
terzo offrirebbe garanzie contro ingerenze dell’esecutivo per certi aspetti simili
a quelle che mira a garantire la riserva di legge19. Analogamente il costante
rapporto tra le autorità indipendenti e le sedi democratiche rappresentative (si
pensi alle relazioni annuali al Parlamento sull’attività svolta o alle frequenti
audizioni dei componenti delle autorità presso le commissioni parlamentari)
può attenuare la violazione del principio democratico20, ma non vale certo ad
eliminare i problemi derivanti dall’inserimento di queste figure nell’assetto
costituzionale.
La dottrina ha prospettato varie soluzioni al problema della compatibilità di
queste figure con il nostro assetto costituzionale, nessuna delle quali è peraltro
riuscita a chiudere il dibattito in materia.
Un primo orientamento muove dal rilievo che la nostra Costituzione non
prevede un modello unitario di pubblica amministrazione21; in questa
prospettiva le autorità indipendenti potrebbero essere ricondotte all’interno del
modello costituzionale valorizzando il principio di decentramento funzionale
sancito dall’articolo 5 Cost.22 o il principio di separazione tra politica e
amministrazione desumibile dagli articoli 97 e 98 Cost.23. Resta però il fatto che
il nuovo articolo 118 Cost. ha sviluppato il principio autonomistico
individuando i diversi livelli territoriali cui spetta l’esercizio delle funzioni
amministrative, senza però fare menzione delle autorità indipendenti. La
Costituzione disciplina inoltre la pubblica amministrazione nel Titolo V della
Parte II, dedicata al Governo, dove gli articoli 92 e 95 Cost. esprimono la scelta
per un modello di stampo ministeriale. La valorizzazione dei principi di legalità,
imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.) e di quello secondo cui l’attività
amministrativa è al servizio della nazione (art. 98 Cost.) hanno com’è noto
consentito di elaborare un nuovo modello di amministrazione basato sulla
18
Cfr. M.MANETTI, Autorità indipendenti (dir.cost.), in Enc.giur., Roma, 1997, 9.
19 Cfr., con riferimento al Garante per l’Editoria, P.CARETTI, Le autorità indipendenti nel
settore dell’informazione radiotelevisiva: alcuni modelli a confronto, in Probl.inf., 1995, 293 ss., su cui v. le
osservazioni critiche di S.NICCOLAI, I poteri garanti della Costituzione e le autorità indipendenti,
Pisa, 1996, 274 e G.MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, cit. 179.
20 Cfr. i rilievi di V.CERULLI IRELLI, Aspetti costituzionali e giuridici delle autorità, in
F.A.GRASSINI (a cura di), L’indipendenza delle autorità, cit. 54.
21 Cfr. M.NIGRO, La pubblica amministrazione tra Costituzione formale e Costituzione materiale, in
Riv.trim.dir.proc.civ., 1985, 163 ss.
22
Cfr. A.PREDIERI, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti, cit., 52 ss.
Cfr. da ultimo M.CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, cit., 56 ss.
Cfr. inoltre, con particolare riferimento alle autorità che svolgono compiti di aggiudicazione,
A.PAJNO, L’esercizio di attività in forme contenziose, in S.CASSESE-A.FRANCHINI (a cura di), I
garanti delle regole, Bologna, 1996, 107 ss.; A.MASSERA, Autonomia e indipendenza
nell’amministrazione dello Stato, in Scritti in onore di M.S.Giannini, Milano, 1988, 453 ss.
23
5
distinzione tra le funzioni di indirizzo (riservate agli organi di governo) e quelle
di gestione (riservate all’apparato amministrativo); ma l’imparzialità
amministrativa non può giungere fino al punto di legittimare la totale
indipendenza dal Governo24 e in ogni caso le autorità indipendenti esercitano
anche una molteplicità di funzioni e di poteri25, tra cui poteri sostanzialmente
normativi che non possono quindi essere ricondotti negli schemi tipici
dell’attività amministrativa.
Secondo un diverso orientamento sarebbe la particolare natura dei diritti
costituzionali che rilevano in determinati settori (tutela del risparmio, privacy,
concorrenza, pluralismo informativo ecc.) a richiedere una particolare attività
di garanzia che non può essere svolta attraverso l’esercizio della normale azione
amministrativa. Le autorità indipendenti operano quindi come “istituzioni delle
libertà” e troverebbero una legittimazione direttamente nella prima parte della
Costituzione26. Di fronte ai diritti fondamentali, è stato sottolineato, non può
esistere un potere discrezionale della pubblica amministrazione “perché
nell’esercizio del potere discrezionale residua un quid – il c.d. merito
amministrativo – insindacabile da parte del titolare del diritto fondamentale e
che perciò inciderebbe, in maniera arbitraria, e perciò dispotica, su di un diritto
fondamentale”27. Saremmo dunque in presenza di una legittimazione sganciata
dal collegamento con il principio di maggioranza e ancorata invece su una
esigenza di garanzia dei valori costituzionali28. Le autorità indipendenti si
dovrebbero quindi limitare ad un’attività di “aggiudicazione”, compiendo al
più valutazioni tecniche ma senza esercitare poteri di natura discrezionale29. A
24
Cfr. G.AMATO, Autorità semi-indipendenti e autorità di garanzia, cit., 30.
25 Cfr. E.DE MARCO, Le funzioni delle “autorità indipendenti”, in S.LABRIOLA (a cura di), Le
autorità indipendenti. Da fattori evolutivi a elementi della transizione nel diritto pubblico italiano, Milano,
1999, 107 ss.
26
Cfr. G.AMATO, Autorità semi-indipendenti e autorità di garanzia, cit., 32.
Così F.MERUSI, Giustizia amministrativa e autorità indipendenti, in Annuario 2002.
Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Milano, 2003, 176-177. Secondo l’Autore
la legittimazione delle autorità indipendenti si basa sul fatto che esse sono chiamate a
disciplinare l’esercizio di diritti fondamentali previsti dalla Costituzione: il diritto di libertà
personale per l’Autorità garante della privacy e la libertà di iniziativa privata (o sue varianti
connesse all’esercizio di attività economiche) per le altre. La libertà di iniziativa economica
privata, osserva l’A., è ormai riconosciuta a pieno titolo come diritto costituzionale in seguito
all’abrogazione del terzo comma dell’articolo 41 Cost. operata dal diritto comunitario (in questa
prospettiva cfr. anche F.MERUSI, Id. Eguaglianza e legalità nelle autorità amministrative indipendenti,
in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001, 465 ss., dove si osserva che è il principio
costituzionale della concorrenza, di cui il diritto comunitario ha consentito la piena operatività
in Italia, a richiedere autorità indipendenti che assicurino la “parità delle armi” tra le imprese).
27
Cfr. in argomento A.LA SPINA-G.MAJONE, Lo Stato regolatore, Bologna, 2000, 167 ss.;
M.CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, cit., 65.
28
29 In questa prospettiva cfr., ad esempio, A.PERINI, Autorità amministrative indipendenti e
tutela giurisdizionale, in Dir.amm., 1994, 84 ss.
6
fronte di una “neutralità tecnica”30, che esclude l’esercizio di discrezionalità
amministrativa, non potrebbe operare il principio della responsabilità politica
del Governo. In questa prospettiva si è ritenuto opportuno distinguere le
autorità di garanzia, che si limiterebbero ad una mera applicazione della legge,
dalle altre autorità. Tipico esempio di autorità di garanzia sarebbe il garante per
la concorrenza e il mercato che, si è detto, “decide sillogisticamente di casi
concreti applicando la legge” ed è di fatto sottratto a poteri di indirizzo da
parte del Governo31: di qui la natura “paragiurisdizionale” della sua attività32.
Ma anche questi argomenti non sembrano decisivi. La tesi secondo cui “se
c’è un diritto fondamentale non c’è un potere discrezionale della pubblica
amministrazione”33 non può essere generalizzata. In effetti la stessa
Costituzione, agli articoli 14 e 17, consente l’adozione di provvedimenti
discrezionali che possono incidere sull’esercizio di libertà fondamentali; del
resto molti valori costituzionali sono affidati alla cura di amministrazioni
tradizionali e anzi, come è stato evidenziato, appare difficile ipotizzare
interventi di pubblici poteri che non siano collegati direttamente o
indirettamente alla tutela di beni costituzionalmente rilevanti34. La tesi secondo
cui la mancanza di discrezionalità amministrativa giustifica la sottrazione alla
responsabilità ministeriale è stata d’altro canto criticata non solo per la
difficoltà di distinguere nettamente tra discrezionalità amministrativa e
discrezionalità tecnica, ma anche perché, in concreto, le stesse attività vincolate
o le attività di accertamento tecnico sono suscettibili di determinare la
responsabilità del Governo35. Inoltre l’assunto secondo cui le amministrazioni
indipendenti si dovrebbero limitare ad una mera applicazione della legge, oltre
a non valere per le autorità cui viene devoluto l’esercizio di poteri normativi
che implicano l’adozione di scelte discrezionali, non sembra applicabile
neppure alle cosiddette autorità di garanzia36. L’analisi sul campo, infatti, ha
dimostrato che anche autorità tipicamente considerate di “garanzia”, come ad
esempio il garante della privacy, la CONSOB e il garante per la concorrenza e il
30
Cfr. A.PAJNO, L’esercizio di attività in forme contenziose, cit., 109.
31
Cfr. G.AMATO, Autorità semi-indipendenti e autorità di garanzia, cit.,15.
32
Cfr. M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, cit., 85 ss.
33
Cfr. F.MERUSI, Giustizia amministrativa e autorità indipendenti, cit., 178.
34
Cfr. M.MANETTI, Autorità indipendenti (dir.cost.), cit., 9.
35
Cfr. G.MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, cit., 174.
Nel senso che le autorità indipendenti svolgono un’attività di “governo” dei settori cui
sono preposte, ovvero “un’attività idonea ad esprimere indirizzi e imporre obiettivi, un’attività
cioè capace di elaborare discrezionalmente e con libertà di apprezzamento delle vere e proprie
“politiche” di settore”, cfr. M.PASSARO, Le amministrazioni indipendenti, cit., 231 ss., 312. Sulla
natura “politica” dell’attività delle amministrazioni indipendente cfr. anche M.MANETTI,
Poteri neutrali e Costituzione, cit., 196 ss..
36
7
mercato, esercitano di fatto poteri normativi con rilevanza esterna37. Inoltre è
noto, ad esempio, che le autorità di concorrenza, quando impongono
obbligazioni come condizioni per l’autorizzazione delle concentrazioni tra
imprese oppure entrano nel merito della congruità dei prezzi per verificare
eventuali abusi di posizione dominante, finiscono per svolgere una funzione
discrezionale che sotto certi profili non sembra discostarsi dall’attività
normativa posta in essere da altre autorità di regolazione38. La teoria che
distingue tra autorità di garanzia e autorità di regolazione non sembra quindi
utilizzabile al riguardo.
E’ stato altresì richiamato un criterio di legittimazione di natura
“procedimentale”, ovvero basato sul rilievo che la disciplina relativa alle
amministrazioni indipendenti assicura, sia pure con alcune differenze, un’ampia
partecipazione dei soggetti interessati. Alla legittimazione democraticaelettorale, in questo caso, verrebbe sostituita una legittimazione di natura
“procedimentale” basata sulla apertura dal basso agli interessi che rilevano nei
settori oggetto della propria attività. Questo rapporto osmotico che le autorità
indipendenti sono in grado di intrattenere con la società consente loro di porsi
come strumento di mediazione degli interessi alternativo ai tradizionali organi
di indirizzo politico39 che, insieme alla previsione di un adeguato sindacato
giurisdizionale sugli atti delle autorità, permette di attenuare le perplessità
derivanti dalla deroga ai principi di riserva di legge e di legalità40. In questa
prospettiva si è poi osservato che l’essenza della democrazia consiste nel
processo inteso come contraddittorio paritario tra le parti; l’esercizio del potere
delle autorità indipendenti si verrebbe a legittimare proprio attraverso il
37 Cfr. al riguardo G.DE MINICO, Antitrust e Consob. Obiettivi e funzioni, Padova, 1997, 18
ss.; P.MILAZZO, Aspetti del potere regolamentare dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, in
P.CARETTI (a cura di), Osservatorio sulle fonti 2003-2004. I poteri normativi delle autorità indipendenti,
cit., 43 ss. Diverso è invece il garante per la privacy, cui l’ordinamento conferisce
espressamente alcuni poteri normativi: cfr. M.C.GRISOLIA, Alcune considerazioni sul potere
normativo del garante per la protezione dei dati personali dalla l. n. 675/1996 al “codice in materia di
protezione dei dati personali”, ivi, 167 ss.; A.SIMONCINI, Autorità indipendenti e “costruzione”
dell’ordinamento giuridico: il caso del garante per la protezione dei dati personali, in Dir.pubbl., 1999, 851 ss.
38 In argomento cfr. F.DENOZZA, L’applicazione delle regole di concorrenza nel campo delle
telecomunicazioni, in G. MORBIDELLI – F.DONATI (a cura di), Comunicazioni: verso il diritto della
convergenza?, Torino, 2003, p. 97 nonché, eventualmente, F.DONATI, Pluralismo e concorrenza nel
sistema dell’informazione (considerazioni a margine del caso Seat – Telemontecarlo), in DRT, 2002, p. 23
ss.
39 Cfr. M.PASSARO, Le amministrazioni indipendenti, cit., 245 ss.; Id., Autorità o amministrazioni
indipendenti? L’ambito semantico e l’identità concettuale, in Autorità indipendenti e principi costituzionali.
Atti del Convegno di Sorrento 30 maggio 1997, cit., 203 ss.
40 Cfr. M.MANETTI, Autorità indipendenti (dir.cost.), cit., 12; Id., Poteri neutrali e Costituzione,
cit., 215 ss.
8
metodo del contraddittorio finalizzato a garantire la democrazia nell’ambito
delle relazioni economiche41.
Neppure questi argomenti sembrano tuttavia dirimenti, dal momento che
l’apertura al contraddittorio ed alla partecipazione non sembra prerogativa
esclusiva delle amministrazioni indipendenti; a partire dalla legge sul
procedimento amministrativo42 si è verificato infatti un generale passaggio dal
modello dell’amministrazione autoritaria e unilaterale verso quello di
un’amministrazione paritaria e partecipata43. Di conseguenza le regole
procedimentali cui si attengono le autorità indipendenti non sembrano
sostanzialmente differenziarsi da quelle seguite da altri organi inseriti nella
tradizionale struttura amministrativa44. D’altro canto è stato giustamente
evidenziato in dottrina che la legislazione speciale applicabile nei procedimenti
dinanzi alle autorità indipendenti, compresi quelli che si concretano in attività
“quasi-giudiziali” o contenziose, non si contrappone alla disciplina generale in
tema di procedimento amministrativo, ma ne costituisce anzi uno sviluppo45.
Secondo alcuni non resterebbe quindi che prendere atto della situazione
esistente e riconoscere alle autorità indipendenti una legittimazione basata sul
criterio dell’effettività46. Ma anche in tal modo si finisce per introdurre una
fonte di legittimazione estranea al nostro sistema costituzionale.
Nonostante i numerosi argomenti addotti nel dibattito dottrinale il
problema relativo alla compatibilità delle autorità indipendenti con il modello
costituzionale rimane dunque ancora aperto.
Occorre allora domandarsi se il diritto comunitario possa in alcuni settori
giustificare l’istituzione di autorità indipendenti ed offrire “copertura” alle
funzioni ad esse attribuite.
3.- Lo sviluppo delle autorità indipendenti in Europa
Il fenomeno delle autorità indipendenti affonda le proprie radici
nell’esperienza americana delle Independent Regulatory Commissions, che iniziò a
Cfr. F.MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti. Un romanzo “quasi” giallo, Bologna, 2000,
26 ss.; Id., Eguaglianza e legalità nelle autorità amministrative indipendenti, cit., 463 ss.
41
42
Legge n. 241 del 1990, da ultimo modificata con la legge n. 15 del 2005.
43 In argomento cfr. da ultimo R.CARANTA-L.FERRARIS-S.RODRIQUEZ, La
partecipazione al procedimento amministrativo, Milano, 2005.
44
Cfr. M.CUNIBERTI, Autorità amministrative e Costituzione, cit., 28 ss..
Cfr. G.MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, cit., 222 ss., il
quale critica la diversa impostazione secondo cui i procedimenti “contenziosi” sarebbero
ispirati alla logica dell’indipendenza, mentre le procedure partecipative previste dalla legge n.
241 del 1990 esprimerebbero invece una scelta di parzialità (cfr. A.PAJNO, L’esercizio di attività
in forme contenziose, cit., 107 ss.
45
46 Cfr. A.RIVIEZZO, Autorità amministrative indipendenti e ordinamento costituzionale, cit., 338;
cfr. altresì D.CORLETTO, Autorità indipendenti e giudice amministrativo, in P.CAVALIERIG.DELLE VEDOVE-P.DURET, Autorità indipendenti e agenzie, Padova, 2003, 114.
9
svilupparsi con l’istituzione nel 1887 della Commerce Regulatory Commission47. A
queste commissioni vennero attribuiti poteri normativi, amministrativi e
giustiziali in settori sensibili dell’economia dove occorreva garantire lo sviluppo
di un mercato concorrenziale. L’istituzione di commissioni indipendenti ha
consentito l’introduzione negli Stati Uniti di forme di intervento pubblico
nell’economia sganciate dalle ingerenze dell’esecutivo federale: ciò spiega in
buona parte la fortuna di questo modello, che da una parte appariva
maggiormente in linea con la tradizione della libertà di impresa radicata in quel
paese e, dall’altro, introduceva una sorta di contrappeso all’espansione dei
poteri della federazione nei confronti delle prerogative degli Stati membri48.
Il modello delle Independent Regulatory Commissions è del tutto estraneo alla
tradizione amministrativa dei paesi dell’Europa continentale, dove si è potuto
affermare e sviluppare grazie all’azione decisiva del diritto comunitario.
Il modello americano avrebbe infatti trovato difficoltà ad attecchire in paesi
caratterizzati da un impianto politico e costituzionale profondamente
differente. In particolare la creazione di organi dotati di rilevanti poteri
normativi, amministrativi e giustiziali si scontrava non soltanto con il
tradizionale principio di separazione dei poteri, ma anche con un assetto
istituzionale imperniato sul principio della necessaria riconducibilità dell’azione
amministrativa al governo. L’affermazione delle autorità indipendenti, intese
come organi chiamati ad esercitare una funzione sostanzialmente arbitrale in
settori nei quali occorre garantire il rispetto delle regole di concorrenza e dei
diritti di libertà, trovava inoltre formidabili resistenze in quei paesi ancora
incentrati su modelli dirigistici caratterizzati da un penetrante controllo da parte
dello Stato sull’economia e sulla società.
Nell’Europa continentale le autorità amministrative indipendenti si
sviluppano in corrispondenza con il progredire, sotto l’impulso della disciplina
comunitaria, della liberalizzazione di settori economici in precedenza
controllati dalla mano pubblica. A differenza dell’esperienza americana, in cui
le autorità indipendenti nascono per assoggettare a regolamentazione mercati
in precedenza sottratti a forme di intervento pubblico, in Europa il loro
sviluppo è dunque strettamente collegato ad un arretramento dell’intervento
pubblico nell’economia.
I fenomeni di globalizzazione e la liberalizzazione di una serie di settori in
precedenza caratterizzati da monopoli pubblici hanno infatti comportato il
passaggio dal modello dello Stato gestore a quello dello Stato regolatore,
ovvero da uno Stato interventista (che si affianca all’imprenditoria privata
come produttore diretto di beni e servizi) ad uno Stato che si limita
tendenzialmente ad un’attività di regolazione ovvero alla formulazione delle
Sulla genesi e sui caratteri del modello statunitense cfr. M.MANETTI, Poteri neutrali e
Costituzione, cit., 53 ss.; da ultimo cfr. C.P.GUARINI, Contributo allo studio della regolazione
“indipendente” del mercato, Bari, 2005, 163 ss., ed ivi richiami di dottrina.
47
48
Cfr. P.CARETTI, Introduzione, cit., XI.
10
regole del gioco e alla loro applicazione49. La creazione di un’economia di
mercato richiede infatti un quadro di regole tendenzialmente stabili, sganciate
dai condizionamenti della politica, all’interno delle quali le imprese possano
muoversi e svilupparsi ed i cittadini quali utenti o consumatori ricevere
adeguata protezione. Le autorità indipendenti sono uno degli strumenti
caratteristici dello Stato regolatore; la loro affermazione in Europa è quindi
strettamente legata al processo comunitario di liberalizzazione e di creazione di
mercati concorrenziali nei vari settori in cui prima era radicato il paradigma
dello Stato imprenditore50.
Nonostante la diversità del processo storico che ha condotto alla creazione
delle autorità indipendenti, si è realizzata così una confluenza tra l’esperienza
statunitense e quella europea51. E’ il diritto comunitario, aprendo l’Europa alle
regole del mercato e della concorrenza, che ha favorito l’innesto dell’esperienza
americana nei paesi dell’Europa continentale52.
4.- Il modello comunitario
Il diritto comunitario non ha tuttavia imposto un proprio modello di
autorità indipendente, lasciando quindi ampio spazio agli Stati membri
nell’adattare tale figura alle peculiarità del proprio sistema politicocostituzionale.
La Comunità nasce come ordinamento sopranazionale con una serie di
incisive competenze normative ma sostanzialmente privo di un apparato
amministrativo. Nelle intenzioni dei suoi padri fondatori la Comunità, per
l’esecuzione delle proprie politiche, doveva avvalersi delle strutture
amministrative degli Stati membri. Nel suo modello originario, come è stato
evidenziato da Claudio Franchini, la Comunità è un apparato “che non esegue,
ma fa eseguire”53. Erano dunque gli Stati membri a dover gestire in autonomia
l’esecuzione delle politiche comunitarie.
49
In argomento si rinvia a A.LA SPINA-G.MAJONE, Lo Stato regolatore, cit., spec. 15 ss.
Cfr. F.MERUSI-M.PASSARO, Autorità indipendenti, in Enc.dir., Aggiornamento VI,
Milano, 2002, 164
50
51
Cfr. i rilievi di M.MANETTI, Autorità indipendenti (dir.cost.), cit., 3.
52 Nel senso che le autorità indipendenti si sono affermate nei paesi a costituzione rigida
per effetto di procedure “costituzionalmente surrettizie”, spinte dal cambiamento del modello
economico originariamente presupposto dalle costituzioni, cfr. F.MERUSI-M.PASSARO,
Autorità indipendenti, cit., 144; G.GUARINO, Le autorità indipendenti nel sistema giuridico, in Autorità
indipendenti e principi costituzionali. Atti del Convegno di Sorrento 30 maggio 1997, cit., 37. Ciò
conferma l’impossibilità delle costituzioni nazionali di imbrigliare o comunque di condizionare
lo sviluppo di un mercato che ormai ha assunto una dimensione che trascende i confini degli
Stati: in argomento cfr. le considerazioni di M.LUCIANI, L’antisovrano e la crisi delle costituzioni,
in Riv.dir.cost., 1996, 124 ss..
53 Cfr. C.FRANCHINI, I principi dell’organizzazione amministrativa comunitaria, in
Riv.trim.dir.pubbl., 2002, 654.
11
Il modello originario si è successivamente sviluppato secondo una duplice
linea: la creazione di un apparato amministrativo comunitario e l’instaurazione
di rapporti sempre più stretti tra amministrazioni nazionali e organi europei.
Non è questa la sede per procedere ad un’analisi dello sviluppo
dell’organizzazione amministrativa comunitaria54. Del resto un confronto tra
l’esperienza comunitaria e quella nazionale finirebbe per avere limitata utilità ai
fini della tematica in esame stanti le enormi differenze, sul piano politico e
istituzionale, tra il nostro sistema e quello europeo. E’ tuttavia opportuno
ricordare che, anche al livello comunitario, sono emerse una serie di figure
organizzative caratterizzate da una più o meno accentuata indipendenza
rispetto all’esecutivo comunitario, ovvero alla Commissione. La genesi,
l’organizzazione e le funzioni attribuite a queste figure riflettono peraltro la
peculiarità del sistema comunitario.
Ciò vale, ad esempio, per i comitati, ovvero gli organismi, diversi da quelli
espressamente previsti dal Trattato (Comitato economico e sociale e Comitato
delle regioni), chiamati ad esaminare i progetti degli atti esecutivi della
Commissione prima della loro adozione in via definitiva. Si tratta di organismi
a composizione mista, in quanto formati da rappresentanti delle
amministrazioni nazionali e presieduti da un funzionario della Commissione,
che hanno il compito di favorire la composizione degli interessi tra le
amministrazioni nazionali e quella sopranazionale nella preparazione delle
decisioni comunitarie55. La loro previsione si fonda sull’articolo 202, terzo
trattino del Trattato CE e sono stati disciplinati dal Consiglio con la decisione
n. 1999/486. Essi svolgono di fatto una vera e propria funzione di regolazione
di alcuni settori ed assumono un notevole rilievo nel processo politico
comunitario. Questi organismi, tuttavia, sono per vari motivi difficilmente
paragonabili alle nostre autorità indipendenti. In primo luogo i comitati in
questione non esercitano direttamente poteri normativi, amministrativi o paragiurisdizionali56. In secondo luogo la loro istituzione non è dovuta all’esigenza
di sottrarre la disciplina di determinati settori all’influenza della politica, ma
dalla opposta esigenza di circoscrivere le competenze attribuite alla
Commissione riportando il loro esercizio al metodo intergovernativo (e quindi
all’influenza degli esecutivi nazionali).
In argomento cfr. M.P.CHITI, L’organizzazione amministrativa, in M.P.CHITI-G.GRECO
(a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, 1997, parte generale, 167 ss.; M.P.CHITI,
Diritto amministrativo europeo, Milano, 1999; E.CHITI-C.FRANCHINI, L’integrazione
amministrativa europea, Bologna, 2003; G.DELLA CANANEA, L’organizzazione amministrativa
della Comunità europea, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1993, 1105 ss.; C.FRANCHINI, I principi
dell’organizzazione amministrativa comunitaria, cit., 651 ss.
54
55
C.FRANCHINI, I principi dell’organizzazione amministrativa comunitaria, cit., 662.
La Corte di giustizia ha chiarito, con riguardo ai comitati di gestione, che essi svolgono
una funzione meramente consultiva e non possono adottare decisioni in luogo della
Commissione o del Consiglio senza alterare la struttura della Comunità nei rapporti fra le
istituzioni (cfr. la sentenza del 17 dicembre 1970, in causa 25/70 Einfuhr-Und vorratsstelle fuer
getreide und futtermittel c. Koester, Berodt et co., in Raccolta,1970, 1161).
56
12
Considerazioni in parte simili valgono per le agenzie, che hanno avuto
notevole sviluppo nel sistema comunitario57. Alle agenzie sono attributi compiti
di natura tecnica che consistono principalmente in attività di indagine,
consulenza e proposta; sono poste al di fuori dell’apparato amministrativo della
Commissione e spesso sono dotate di autonomia finanziaria e di bilancio.
Nonostante queste caratteristiche neppure le agenzie possono essere ricondotte
al modello delle autorità indipendenti58. In primo luogo, infatti, le agenzie
operano in collegamento con la Commissione. In secondo luogo la
partecipazione di rappresentanti nazionali nei consigli di amministrazione
finisce per sottoporre anche questi organi al metodo intergovernativo. In terzo
luogo il sistema comunitario non consente una delega di poteri discrezionali ad
organi autonomi, diversi da quelli istituiti dal Trattato. Come è stato stabilito
dalla giurisprudenza Meroni, infatti, eventuali deleghe ad organismi autonomi
possono avere ad oggetto soltanto poteri di esecuzione ben definiti ed il cui
esercizio sia sottoposto al pieno controllo dell’autorità delegante59: ben
maggiori sono invece i poteri normativi che, nella nostra esperienza, sono stati
riconosciuti ad alcune autorità indipendenti60.
Più facilmente riconducibili al modello delle autorità indipendenti sono
invece la Banca centrale europea, la Banca europea degli investimenti, la Corte
dei conti e il Mediatore europeo61. Si tratta di organi, espressamente previsti dal
Trattato CE, cui vengono riconosciute caratteristiche organizzative tali da
garantire lo svolgimento dei compiti ad essi affidati in posizione di terzietà
rispetto agli interessi coinvolti. Analoghe considerazioni possono valere per il
Garante europeo per la protezione delle persone fisiche in relazione al
trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi
comunitari62, istituito ad opera del regolamento 45/2001/CE in attuazione
Su cui cfr. per tutti E.CHITI, Le agenzie europee. Unità e decentramento nelle amministrazioni
comunitarie, Padova, 2002; Id., Procedimenti in cui intervengono le agenzie europee, in Riv.trim.dir.pubbl.,
Quaderno n. 1, 2004.
57
Cfr. C.FRANCHINI, I principi dell’organizzazione amministrativa comunitaria, cit., 668, che
contesta la riconduzione delle agenzie al modello delle autorità indipendenti operata invece da
G.MAJONE, La Communauté européenne: un Etat régulateur, Paris, 1996. Contro la possibilità di
assimilare le agenzie alle autorità indipendenti cfr. anche C.P.GUARINI, Contributo allo studio
della regolazione “indipendente” del mercato, cit., 200; E.CHITI, Le agenzie europee. Unità e decentramento
nelle amministrazioni comunitarie, cit., 461 ss.
58
59 Corte di Giustizia, sentenze 13 giugno 1958, causa 9/56, Meroni c. Alta Autorità, in Racc.,
1958, 11, e 13 giugno 1958, causa 10/56, Meroni c. Alta Autorità, in Racc., 1958, 51.
60 Cfr. N.MARZONA, Il potere normativo delle autorità indipendenti, in S.CASSESEC.FRANCHINI, I garanti delle regole, cit., 87 ss.
61 Cfr. C.FRANCHINI, I principi dell’organizzazione amministrativa comunitaria, cit., 668. Per
un’indagine volta alla ricostruzione del concetto comunitario di autorità indipendente, con
particolare riferimento alla BCE, cfr. D.IELO, La nozione comunitaria di autorità indipendente, in
Amministrare, 2004, 287 ss..
62 Il garante europeo della protezione dei dati ha il compito di garantire il rispetto dei diritti
e delle libertà fondamentali delle persone fisiche, segnatamente del diritto alla vita privata,
13
dell’articolo 286 del Trattato CE. Si tratta dunque di organismi chiamati ad
operare scelte neutrali, al di fuori da condizionamenti di natura politica o
economica, che trovano fondamento direttamente nel Trattato CE.
L’impianto del Trattato CE, come ha chiarito la giurisprudenza comunitaria
sopra richiamata, non sembra lasciare spazio alla possibilità di istituire autorità
indipendenti cui affidare l’esercizio di funzioni comunitarie rientranti nelle
competenze del Consiglio o della Commissione. Questo può spiegare perché,
nonostante lo sviluppo dell’azione comunitaria in sempre nuovi settori, il
legislatore europeo non ha proceduto alla istituzione di nuovi organi, diversi da
quelli previsti dal Trattato CE, con funzioni e poteri paragonabili a quelli delle
autorità indipendenti di stampo anglosassone o continentale.
Le proposte volte al trasferimento dei poteri in materia di concorrenza dalla
Commissione ad un organo tecnico indipendente, ad esempio, non hanno
avuto esito63.
Analoga sorte hanno subito le iniziative volte ad istituire un’autorità
indipendente europea nel campo delle comunicazioni. La necessità di garantire
un’uniforme applicazione del diritto comunitario in questo settore aveva
indotto la Commissione a prendere in esame l’ipotesi dell’istituzione di
un’autorità comunitaria di regolamentazione. Tuttavia, sulla scorta di una serie
di studi appositamente diretti a valutare i benefici e i costi derivanti
dall’istituzione di un’autorità di regolazione a livello europeo64, la Commissione
nella cosiddetta Review 199965 ha scartato questa ipotesi ritenendo che i
riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari
(articolo 41, comma 2 del regolamento 45/2001/CE). L’articolo 42 del regolamento ha
stabilito che il garante europeo della protezione è nominato di comune accordo dal Parlamento
europeo e dal Consiglio, per un periodo di cinque anni, in base ad un elenco predisposto dalla
Commissione dopo un invito pubblico a presentare candidature. Il garante europeo della
protezione dei dati viene scelto tra personalità che offrono ogni garanzia di indipendenza e che
possiedono un’esperienza e delle competenze notorie per l’esercizio delle funzioni di garante
europeo della protezione dei dati, come ad esempio il far parte o l’aver fatto parte delle autorità
di controllo di cui all’articolo 28 della direttiva 95/46/CE.
63 I governi tedesco e italiano, in vista della conferenza intergovernativa per la revisione del
Trattato di Maastrich, proposero l’istituzione di un’autorità europea della concorrenza o quanto
meno di abilitare il Consiglio a provvedere in tal senso. Sul dibattito in materia cfr. Otto voci sulla
proposta di un’autorità indipendente per l’antitrust europeo, in Contratto e impresa/Europa, 1997, 509 ss
(con interventi di A.Tizzano, G.Amato, D.Wolf, P. Auteri, E.M.Milanesi, G.Rocca, E.Gentile);
in argomento cfr. altresì F.CAPELLI, Osservazioni sulla proposta tedesca di istituire un organo
autonomo competente in materia di concorrenza all’interno della Comunità europea, in Dir.com.e degli sc.int.,
1996, 213 ss; M.DE VITA-L.DI VIA, Brevi note sulla gestione della politica comunitaria della
concorrenza, in Contratto e impresa/Europa, 1996, 35 ss.
64 Il tema è stato oggetto di una serie di studi specifici svolti su incarico della Commissione
e tradottisi in due relazioni: “Issues associated with the creation of a European Regulatory Authority for
Telecommunications” del marzo 1997 e “The value added of an EU Regulatory Authority” del settembre
1999.
65 Comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e
al Comitato delle regioni dal titolo “Verso un nuovo quadro per l’infrastruttura delle comunicazioni
14
problemi concernenti le divergenze di interpretazione e le disparità di
applicazione del diritto comunitario potessero essere più efficacemente risolti
“migliorando il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali”
piuttosto che attraverso la creazione di un ulteriore “strato di burocrazia”66.
Il mancato sviluppo nel sistema comunitario di organi corrispondenti alle
nostre autorità indipendenti non significa tuttavia disconoscimento – a livello
europeo - di quelle esigenze che hanno giustificato da noi la previsione di tali
figure. Lo stesso Trattato che adotta una Costituzione per l’Unione europea
prevede all’articolo II-68 l’istituzione in ogni Stato membro di una autorità
indipendente chiamata a garantire il rispetto delle regole in materia di
protezione dei dati di carattere personale. E’ stato del resto proprio il diritto
comunitario, come si è accennato, a consentire e promuovere l’innesto nel
continente europeo del modello di autorità indipendente di stampo nordamericano. E’ infatti la stessa disciplina comunitaria a presupporre, in alcuni
settori, che l’esercizio dei poteri di regolazione o di vigilanza venga attribuito a
organi dotati di indipendenza e specifica competenza tecnica. Ciò vale ad
esempio per la politica monetaria, che lo stesso Trattato CE affidata appunto
ad un organismo indipendente, la BCE. Ma una esigenza di neutralità e di
specializzazione rileva anche in altri settori, come ad esempio per gli interventi
volti a garantire il rispetto della disciplina in materia di concorrenza, per le
funzioni di vigilanza e regolazione nel campo delle reti e dei servizi di
comunicazione elettronica e dell’energia, per l’applicazione della disciplina in
materia di protezione dei dati personali ecc.
Potrebbe dunque apparire un paradosso che, mentre in certi settori
“sensibili” che richiedono interventi “neutrali” il diritto comunitario impone
l’istituzione da parte degli Stati membri di autorità specializzate dotate di
adeguata indipendenza, sul piano comunitario le funzioni di regolamentazione
e di vigilanza rimangono affidate alla Commissione, ovvero all’organo
esecutivo della Comunità.
Una possibile spiegazione si desume dalla particolarità dell’assetto
istituzionale comunitario. Il circuito politico rappresentativo, almeno alle
origini dell’integrazione europea, non era al centro della forma di governo
comunitaria, la quale era basata sulla contrapposizione tra istanza
elettroniche e i servizi correlati - Esame del 1999 del quadro normativo delle comunicazioni” (COM (1999)
539).
La Commissione, nonostante l’esplicita ammissione di un giudizio non sempre positivo
sull’operato delle autorità nazionali di regolamentazione, giunse ad escludere la possibilità di
istituire un’autorità europea per le comunicazioni ritenendo “sproporzionato istituire una
nuova istanza comunitaria per affrontare il limitato numero di casi che potrebbero essere
meglio affrontati a livello comunitario (anziché nazionale)”, anche alla luce dei costi che
sarebbero derivati dal dover munire un simile organismo di tutte le competenze politiche,
legali, tecniche, economiche e linguistiche indispensabili per lo svolgimento dei compiti ad esso
affidati. Queste conclusioni sono state condivise dal Parlamento europeo nella “Risoluzione del
Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato
economico e sociale e al Comitato delle regioni sulla quinta relazione sull'attuazione del pacchetto di
regolamentazione per le telecomunicazioni”, COM(1999) 537.
66
15
intergovernativa (incentrata sul Consiglio) e istanza sopranazionale (incentrata
sulla Commissione e sul Parlamento europeo)67. Anche nella successiva
evoluzione il sistema comunitario, pur avvicinandosi per certi aspetti al
modello parlamentare, non ha mai perso la propria peculiarità.
In effetti la Commissione è un organo politico che risponde del proprio
operato dinanzi il Parlamento europeo, che può censurarla e esigerne le
dimissioni in blocco, come è accaduto per il collegio presieduto da Jacques
Santer a seguito della mozione di censura del Parlamento del 16 marzo 1999.
Alla base delle proposte volte ad istituire un’autorità indipendente per la
concorrenza in Europa stava appunto il rilievo che la Commissione, essendo
un’istituzione politica, non garantirebbe sufficientemente la neutralità
necessaria all’esercizio compiti di “aggiudicazione” volti alla mera applicazione
delle regole di concorrenza68. Un rilievo del genere appare per certi aspetti
condivisibile. Occorre tuttavia tenere presente che, nonostante la tendenza ad
estendere anche sul piano comunitario i principi del parlamentarismo, il
sistema europeo mantiene una sua fortissima peculiarità e continua a
riconoscere il principio di indipendenza della Commissione dalle altre autorità
comunitarie. Il Trattato CE prescrive che i commissari “sono scelti in base alla
loro competenza generale e offrono ogni garanzia di indipendenza”69 sulla base
di una procedura che prevede la designazione a maggioranza qualificata da
parte del Consiglio e l’approvazione del Parlamento; la Commissione agisce nel
solo interesse generale dell’Unione e non riceve istruzioni da nessun governo o
organismo degli Stati membri70. Custode dei trattati, vigila sull’esecuzione dei
regolamenti e delle direttive adottate dal Consiglio e può adire la Corte di
giustizia per esigere il rispetto del diritto comunitario.
In particolare la Commissione, nell’esercizio dell’attività di vigilanza e
regolazione nei settori “sensibili” cui nel nostro sistema vengono preposte
autorità indipendenti, come ad esempio in materia di antitrust, di
comunicazioni elettroniche o di energia, non è soggetta ad istruzioni o indirizzi
da parte del Consiglio o del Parlamento. Essa opera attraverso apparati
amministrativi altamente specializzati che garantiscono una approfondita
conoscenza del settore.
L’organizzazione e le modalità di funzionamento della Commissione
garantiscono dunque in certa misura quei requisiti di “neutralità” e di
competenza tecnica che invece nel nostro paese hanno richiesto la costituzione
di apposite figure organizzative sottratte al principio della responsabilità
ministeriale. La tendenza, che verrà esaminata tra breve, alla trasformazione
67
Cfr. J.H.H.WEILER, Il sistema comunitario europeo, Bologna, 1985, spec. 41 ss.
Cfr. per tutti G.AMATO, Perché un’Autorità indipendente per la concorrenza in Europa, in
Contratto e impresa - Europa, 1997, 512-513; D.WOLF, Il dibattito su un’Autorità antitrust europea, in
Contratto e impresa - Europa, 1997, 514 ss.
68
69
Articolo 213, comma 1, del Trattato CE.
70
Articolo 213, comma 2, del Trattato CE.
16
delle autorità indipendenti in “organi federati di un organo centrale
governativo, la Commissione europea” non contraddice dunque la dottrina
della indipendenza delle autorità71.
5.- Le autorità indipendenti come punto di snodo tra diritto interno e
diritto comunitario
Le autorità indipendenti non solo nascono sotto la spinta decisiva del diritto
comunitario, ma vengono a costituire importanti punti di snodo tra sistema
europeo e sistema nazionale.
Tutte le amministrazioni, nell’esercizio della loro attività, sono tenute al
rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario72; per le autorità
indipendenti questo vincolo assume peraltro un rilievo del tutto particolare, in
quanto operano in un quadro normativo dettato in larga parte dal legislatore
europeo. La maggior parte delle decisioni assunte da alcune autorità
indipendenti, in effetti, è volta a dare attuazione ad atti comunitari e alle
relative norme nazionali di attuazione73. Esse sono quindi chiamate ad
innestare principi ed istituti propri dell’esperienza europea in settori
tradizionalmente sottoposti ad una disciplina di stampo esclusivamente
nazionale, operando come cinghia di trasmissione del diritto comunitario
nell’ordinamento interno. Emblematico il quarto comma dell'art. 1 della legge
n. 287 del 1990 che, nel disciplinare la tutela della concorrenza e del mercato,
espressamente stabilisce la regola secondo cui l’interpretazione delle norme da
essa dettate in tema di intese, di abuso di posizione dominante e di operazioni
di concentrazione deve essere effettuata “in base ai principi dell'ordinamento
delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza”74.
Questa funzione di snodo attraverso cui il diritto europeo entra in circolo a
livello nazionale è evidentemente rafforzata dalla sottoposizione delle autorità
indipendenti al controllo delle istituzioni comunitarie e dalla creazione di “reti”
71
In tal senso cfr. invece F.MERUSI-M.PASSARO, Autorità indipendenti, cit. 189.
Cfr. l’art. 1, comma 1 della legge n. 241 del 1990, come modificato dall’articolo 1 della
legge n. 15 del 2005.
72
Cfr. sul punto E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti nella forma di governo, cit., 138,
il quale ha sottolineato che la massima parte delle decisioni assunte dall’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni (non diversamente da quanto accade per le altre autorità) “sono in primo
luogo applicative di direttive e raccomandazioni della Commissione europea o del Parlamento
europeo”.
73
74 L’applicazione dei tradizionali principi in materia di rapporti tra fonti interne e
comunitarie finisce del resto per rafforzare questo ruolo delle autorità indipendenti. Il principio
della non applicazione delle leggi in contrasto con il diritto comunitario, ad esempio, ha
determinato un’espansione dei poteri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato,
consentendo ad essa di considerare anticompetitivi e di sanzionare anche comportamenti che
trovano fondamento in una legge: cfr. la nota sentenza della Corte di giustizia del 9 settembre
2003, causa C-198/01, Consorzio industrie fiammiferi c. Autorità garante della concorrenza e del mercato,
in Foro it., 2004, IV, 322 con nota di G.FAELLA, Incompatibilità tra normativa interna e disciplina
antitrust comunitaria: gli incerti equilibrismi della Corte di giustizia nel caso “CIF”.
17
che collegano le autorità nazionali e quelle comunitarie. La catena di rapporti
che vengono a crearsi tra organi che operano sotto la medesima cornice del
diritto comunitario permette di realizzare un coordinamento che facilita uno
scambio di esperienze, contribuisce ad una attuazione omogenea nei vari
contesti nazionali della disciplina comunitaria di riferimento e innesta tra le
varie autorità “un circolo virtuoso di rafforzamento reciproco”75.
Ciò è avvenuto innanzi tutto con la disciplina relativa all’unione monetaria
europea76, che ha istituito il sistema europeo delle banche centrali (SEBC)
composto dalla Banca centrale europea (BCE) e dalle Banche centrali
nazionali77, configurate dal Trattato CE come autorità indipendenti78. Tutte
concorrono, interagendo tra di loro sotto vari profili, alla determinazione ed
all’attuazione della politica monetaria europea79. Le Banche centrali nazionali,
nell’esercizio della funzione monetaria ad esse demandata, sono tenute a
rispettare la disciplina prevista dal Trattato CE e dallo statuto del SEBC;
nell’ipotesi in cui una Banca centrale nazionale violi gli obblighi derivanti dal
Trattato CE il Consiglio direttivo della Banca centrale può aprire una
procedura di infrazione nei suoi confronti80. Nell’esercizio delle funzioni di
banca centrale, dunque, la Banca d’Italia è più configurabile come autorità
indipendente nazionale, ma come “ente organo di un ente federale europeo, di
cui esegue le decisioni”81.
Il legislatore comunitario ha poi promosso anche in altri settori
l’instaurazione di rapporti di collaborazione e coordinamento tra autorità
nazionali ed europee82.
75
M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, cit., 37-38.
76 In argomento cfr. O.ROSELLI, Profili costituzionali dell’integrazione monetaria europea, in
O.ROSELLI (a cura di), Europa e banche centrali, Quaderni della Rassegna di diritto pubblico europeo,
Napoli, 2004, 11 ss.
77
Cfr. l’articolo 107 del Trattato CE.
78
Articolo 108 del Trattato CE.
Per una chiara analisi della posizione della Banca d’Italia nei rapporti con le autorità
comunitarie cfr. F.ZATTI, Il ruolo della Banca d’Italia tra Sebc, Bce ed istituzioni politiche nazionali, in
in O.ROSELLI (a cura di), Europa e banche centrali, Quaderni della Rassegna di diritto pubblico europeo,
cit., 171 ss.
79
80
Articolo 237, lettera c), del Trattato CE.
81 F.MERUSI-M.PASSARO, Autorità indipendenti, cit., 146. La partecipazione al SEBC, in
sostanza, determina per la banca centrale il passaggio “da autorità indipendente nazionale a
autorità indipendente federale” (F.MERUSI, Le autorità indipendenti tra riformismo nazionale e
autarchia comunitaria, cit., 28).
Esigenze analoghe si sono del resto poste anche nell’ambito dell’ex terzo pilastro, con la
costituzione dell’Autorità di controllo comune nell’ambito del Sistema informativo di Schengen
e dell’Autorità di controllo comune nell’ambito della Convenzione Europol. Si tratta di autorità
qualificate come indipendenti, composte da rappresentanti degli Stati membri, che svolgono
funzioni di carattere “aggiudicatario” o “paragiurisdizionale” volte a tutelare esigenze di
riservatezza a fronte della circolazione di dati personali. In argomento si rinvia all’analisi di
82
18
Il regolamento n. 1/2003/CE, ad esempio, ha configurato le autorità
nazionali preposte alla tutela della concorrenza come strumenti operativi della
Commissione nell’attuazione degli articoli 81 e 82 del Trattato CE. La
Commissione e le autorità nazionali della concorrenza vengono a formare, nel
loro insieme, la “rete europea della concorrenza”, all’interno della quale
operano meccanismi di reciproca informazione e consultazione nonché criteri
di coordinamento nell’esercizio delle rispettive attività83. Nel quadro di questa
cooperazione la Commissione può richiedere alle autorità nazionali di svolgere
le verifiche ritenute necessarie; ciascuna autorità nazionale può procedere ad
accertamenti sul proprio territorio per conto di altre autorità84. Si realizzano in
tal modo nuove forme procedurali nel quadro di una sempre maggiore
integrazione comunitaria delle autorità nazionali della concorrenza85.
Ma è nel campo delle comunicazioni elettroniche che sono state previste le
forme più avanzate di collaborazione e coordinamento tra le autorità degli Stati
membri e quelle comunitarie. La direttiva quadro86 ha previsto a tal riguardo tre
livelli di cooperazione.
Un primo livello, per così dire, “orizzontale”, è caratterizzato dall’assenza di
poteri di supremazia di un organo rispetto agli altri e dipendente in buona parte
dalla fattiva cooperazione dei soggetti coinvolti. A tal riguardo la direttiva
quadro ha previsto una complessa e articolata serie di procedimenti di
consultazione, di cooperazione e di reciproca informazione non soltanto tra la
Commissione e le varie autorità nazionali di regolamentazione87, ma anche tra
queste ultime e gli altri organismi nazionali che siano titolari di funzioni in
grado di incidere su interessi affidati alla cura delle prime, come tipicamente
accade nei rapporti tra autorità nazionali di regolamentazione e le autorità
nazionali antitrust. Quanto al primo aspetto, l’art. 7, secondo comma, della
direttiva quadro stabilisce in via generale che “le autorità nazionali di
regolamentazione contribuiscono allo sviluppo del mercato interno
P.MILAZZO, La cooperazione europea di polizia nel quadro costituzionale italiano. Profili istituzionali e
ricostruttivi, Torino, 2004, 131 ss., 282 ss.
83 Cfr. gli articoli 11 e ss. del regolamento 1/2003/CE. La comunicazione della
Commissione sulla cooperazione della rete delle autorità garanti della concorrenza (in GUCE C
101/43 del 27 aprile 2004), predisposta in stretta collaborazione con le autorità nazionali di
concorrenza, ha poi chiarito nel dettaglio i criteri e le modalità di funzionamento della
cooperazione all’interno della rete.
Un’attività di collaborazione e coordinamento tra la Commissione e le autorità nazionali
garanti della concorrenza è prevista anche dal regolamento n. 139/2004/CE relativo al
controllo delle concentrazioni tra imprese (cfr. in particolare l’articolo 19 del regolamento).
84
Cfr. al riguardo, da ultimo, l’ampia analisi di L.F.PACE, I fondamenti del diritto antitrust
europeo, Milano, 2005, spec. 357 ss.
85
86
Direttiva 2002/21/CE.
87 Cfr., con riferimento all’esperienza italiana, I.CHIEFFI, Competenze dell’autorità per le
garanzie nelle comunicazioni e della Commissione nel nuovo quadro normativo comunitario e italiano per le
comunicazioni elettroniche, in Riv.it.dir.pubbl.com., 2004, 457 ss..
19
cooperando in modo trasparente tra di loro e con la Commissione al fine di
assicurare la piena applicazione, in tutti gli Stati membri, delle disposizioni della
presente direttiva e delle direttive particolari”88. Questo obbligo di
collaborazione può giungere sino ad investire gli stessi strumenti di regolazione
del mercato normalmente affidati alla discrezionalità delle singole autorità. Lo
stesso art. 7, 2 co. della direttiva quadro ammette infatti che le autorità
nazionali di regolamentazione e la Commissione possano pervenire ad un
accordo “sui tipi di strumenti e sulle soluzioni più adeguate da utilizzare
nell'affrontare determinati tipi di situazioni nel contesto del mercato”, al fine di
assicurare la piena e trasparente applicazione, in tutti gli Stati membri, della
disciplina di settore. L’obbligo di trasparente cooperazione si traduce inoltre
nel dovere di reciproco scambio di informazioni tra le autorità nazionali di
regolamentazione e la Commissione. L’art. 5 della direttiva quadro, ad esempio,
richiede alle autorità nazionali di regolamentazione di comunicare alla
Commissione e alle autorità di regolamentazione degli altri Stati membri, dietro
richiesta motivata, tutte le informazioni che siano necessarie per l’assolvimento
dei compiti loro affidati, sempreché la richiesta sia proporzionata ai compiti
medesimi. Inoltre, qualora lo ritenga opportuno e a meno di una espressa e
motivata richiesta in senso contrario da parte dell’autorità che ha fornito le
informazioni, la Commissione può mettere a disposizione delle altre autorità
nazionali di regolamentazione tutte le informazioni così raccolte.
In alcune materie il generico obbligo di cooperazione sopra richiamato
diviene particolarmente stringente, tale da condizionare in misura sensibile la
discrezionalità delle stesse autorità nazionali di regolamentazione, giungendo
addirittura a configurare un vero e proprio potere di veto della Commissione in
relazione ad alcuni provvedimenti di particolare importanza. Qualora ad
esempio un’autorità nazionale di regolamentazione intenda adottare una misura
suscettibile di influenzare gli scambi tra Stati membri, deve darne
comunicazione alla Commissione e alle autorità di regolamentazione degli altri
Stati membri, le quali possono trasmettere le proprie osservazioni al riguardo89.
L’autorità nazionale di regolamentazione interessata è obbligata a tenere “nel
massimo conto” le osservazioni delle altre autorità nazionali di
regolamentazione e della Commissione90. Qualora la misura consista
nell’identificazione di un mercato rilevante diverso da quelli identificati dalla
Commissione o nella designazione di una o più imprese come detentrici di
significativo potere di mercato e la Commissione abbia ritenuto che tale misura
possa creare una barriera al mercato unico europeo o comunque appaia in
contrasto con il diritto comunitario, la sua approvazione è sospesa per due
mesi. Entro detto periodo la Commissione può imporre all’autorità nazionale
88
Sul piano interno cfr. gli articoli 8, comma 3 e 12, comma 2 del Codice.
89
Articolo 7, comma 1 della direttiva 2002/21/CE.
90
Articolo 7, comma 5 della direttiva 2002/21/CE.
20
di regolamentazione di revocare o modificare il progetto della misura in
questione91.
Un terzo livello di raccordo previsto dalla direttiva quadro è infine quello
destinato a realizzarsi all’interno di particolari organismi a composizione
“mista”, formati cioè da rappresentanti della Commissione e delle autorità
nazionali di regolamentazione, ai quali viene affidato non soltanto il compito di
promuovere la coerente e coordinata applicazione del diritto comunitario, ma
anche importanti funzioni di consulenza nei confronti della Commissione
medesima. Tra questi rientra l’European Regulatory Group (ERG) che, secondo le
indicazioni contenute nella direttiva quadro, funziona da “interfaccia” tra le
autorità nazionali di regolamentazione e la Commissione. Esso svolge una
importante funzione di coordinamento e di indirizzo delle autorità nazionali.
L’ERG ha ad esempio approvato un documento, elaborato in cooperazione
con la Commissione92, con cui si dettano delle linee direttrici circa i criteri da
seguire per la selezione e l’imposizione degli obblighi specifici di
regolamentazione alle imprese aventi significativo potere di mercato. Tali linee
direttrici, pur non avendo carattere vincolante, dovranno essere tenute “nel
massimo conto” dalle autorità nazionali. Infine, sempre nel quadro della
cooperazione tra le autorità nazionali di regolamentazione, oltre che tra queste
e la Commissione europea, la direttiva quadro prevede la predisposizione –
seppure con finalità parzialmente diverse – di forme di collaborazione e
coordinamento tra i vari soggetti interessati allorché si tratti di assumere
decisioni in sede internazionale in merito all’assegnazione delle frequenze93,
delle numerazioni e dei domini internet 94, ovvero qualora si debba procedere
all’analisi dei mercati ritenuti dalla Commissione aventi i caratteri della
transnazionalità95, nonché nel caso in cui tra parti stabilite in Stati membri
diversi sorga una controversia transnazionale nell’ambito di applicazione della
normativa comunitaria di settore per la quale risultino competenti le autorità
nazionali di regolamentazione di almeno due Stati diversi96.
Anche altre autorità indipendenti (come l’Autorità per l’energia elettrica e il
gas e l’Autorità per la protezione dei dati personali) fanno parte di “reti”
91
Articolo 7, comma 4 della direttiva 2002/21/CE.
Cfr. “ERG common position on the approach to Appropriate remedies in the new regulatory
framework” approvato il 1 aprile 2004.
92
Tra gli organi a composizione mista si possono poi ricordare il “comitato per le
comunicazioni” (articoli 21 e 22 della direttiva quadro), composto dai rappresentanti degli Stati
membri e presieduto da un rappresentante della Commissione, che svolge una funzione
consultiva nei confronti di questa e il “comitato spettro radio” istituito dall’art. 3 della
“decisione spettro radio” (decisione n. 676/2002/CE), organo consultivo della Commissione
in materia di spettro radio.
93
94
Direttiva 2002/21/CE , articolo 10, 5 comma
95
Direttiva 2002/21/CE, articolo 16, 5 comma.
96
Direttiva 2002/21/CE, articolo 21.
21
europee all’interno delle quali operano forme di coordinamento volte a
garantire uno scambio di esperienze e un indirizzo uniforme in sede di
attuazione della disciplina comunitaria. Questo collegamento rafforza la loro
indipendenza, anche laddove essa non risulta pienamente garantita a livello
normativo. L’articolo 1, comma 1, della legge n. 481 del 1995, ad esempio,
nell’attribuire alle autorità di regolazione il compito di promozione della
concorrenza, dell’efficienza della qualità e degli interessi dei consumatori nel
settore dei servizi di pubblica utilità, impone ad esse di tenere conto della
normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati
dal Governo. Il collegamento con la Comunità e con le altre autorità di
regolazione contribuisce tuttavia ad affrancare le autorità preposte alla
regolazione dei servizi di pubblica utilità dagli indirizzi settoriali del Governo.
La creazione di canali di collegamento con gli organi comunitari e le altre
autorità nazionali di settore consente infatti loro di evidenziare a livello
europeo specifiche esigenze nazionali ad al contempo farsi promotori e garanti
della realizzazione sul piano nazionale delle istanze unitarie maturate in sede
comunitaria.
La “rilevanza comunitaria” dell’attività svolta dagli organi di regolazione e
garanzia ha spinto il legislatore comunitario non solo ad istituire rapporti di
coordinamento e collaborazione con le corrispondenti autorità comunitarie e
degli altri Stati membri, ma anche a introdurre principi che incidono sulle
modalità di esercizio dei loro poteri. Le nuove direttive in materia di reti e
servizi di comunicazione elettronica, ad esempio, hanno imposto agli Stati
membri di garantire, nella disciplina delle rispettive autorità di
regolamentazione, il rispetto dei principi di competenza, di indipendenza, di
imparzialità e di trasparenza97 nonché l’adozione di particolari meccanismi di
consultazione e trasparenza98. Nell’esercizio dei compiti di regolazione ad esse
affidati le autorità nazionali sono del resto chiamate a realizzare gli obiettivi e i
principi fissati direttamente dal legislatore comunitario99.
Il diritto comunitario non si limita quindi a definire il quadro normativo di
riferimento entro il quale debbono operare le autorità indipendenti nazionali,
ma ha cominciato ad occuparsi anche dei loro profili organizzativi e di
funzionamento, rompendo così la tradizione dell’ente autarchico
comunitario100. Con il procedere dell’integrazione europea i rapporti tra gli
apparati statali e gli organi comunitari hanno dunque abbandonato la logica
della separazione dei poteri e si sono sviluppati secondo quella della
composizione e della cooperazione. Ne è nato un sistema “reticolare”
caratterizzato da una stretta compenetrazione tra livello nazionale e livello
97
Articolo 3 della direttiva 2002/21/CE.
98
Cfr. l’articolo 6 della direttiva 2002/21/CE.
99
Cfr. l’articolo 8 della direttiva 2002/21/CE.
100
F.MERUSI, Le autorità indipendenti tra riformismo nazionale e autarchia comunitaria, cit., 28.
22
comunitario101. Il settore delle autorità indipendenti rappresenta un esempio
emblematico di questo sistema organizzativo “misto”, nel quali gli organi
nazionali e comunitari collaborano tra loro sulla base di nuovi schemi
procedurali che presuppongono e accentuano la compenetrazione tra gli
ordinamenti nazionali e quello europeo. Da questo punto di vista, come ha
sottolineato Enzo Cheli, le autorità indipendenti si presentano come
“frammenti di un disegno costituzionale europeo ancora allo stato nascente”102.
6.- La legittimazione comunitaria delle autorità indipendenti
Molte delle funzioni oggi esercitate dalle autorità indipendenti trovano il
proprio fondamento nel diritto comunitario. In certi settori le norme europee
legittimano anche l’esercizio di incisivi poteri normativi, costituendo così una
base di legittimazione che permette di considerare soddisfatto il principio
costituzionale di legalità103. Restano però i problemi derivanti dal fatto che
questi poteri vengono nel nostro ordinamento attribuiti ad organi che
difficilmente si inquadrano nel modello costituzionale.
Si è avuto modo di osservare che il diritto comunitario non impone agli
Stati membri l’adozione di un “modello” organizzativo di autorità
indipendente. Il SEBC, sotto questo profilo, appare l’eccezione che conferma
la regola.
Il diritto comunitario configura invece un modello di carattere funzionale e
procedimentale, la cui attuazione nel nostro ordinamento implica
necessariamente una sostanziale attenuazione del principio di responsabilità
ministeriale e la sostituzione ad esso di un rapporto di responsabilità nei
confronti delle istituzioni comunitarie104.
In argomento cfr. S.CASSESE, Il procedimento amministrativo europeo, in Riv.trim.dir.pubbl.,
Quaderno n. 1, Milano, 2004, 31 ss. E F.PIZZETTI, Sistema comunitario e amministrazioni nazionali,
in Annuario 1999. La Costituzione europea. Atti del XIV Convegno annuale. Perugina 7-8-9 ottobre
1999, Padova, 2000, 189 ss.; cfr. altresì, fra gli altri, R.DEHOUSSE, Regolazione attraverso reti
nella Comunità europea: il ruolo delle Agenzie europee, in Riv.it.dir.pubbl.com., 1997, 629 ss.; E.CHITIC.FRANCHINI, L’integrazione amministrativa europea, Bologna, 2003, spec. 91 ss.; G.DELLA
CANANEA, L’amministrazione europea, in Trattato di diritto amministrativo. Diritto amministrativo
generale, vol. II, Milano, 2003, 1877 ss..
101
102
Cfr. E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti nella forma di governo, cit., 139.
103 La Corte costituzionale ha ritenuto che il diritto comunitario possa costituire una base
legale idonea a soddisfare il requisito di legalità sostanziale nella sentenza n. 383 del 1998, in
materia di accesso a corsi universitari. Sulla “copertura” comunitaria dei poteri normativi
dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in materia di disciplina dell’accesso alle reti e
ai contenuti e sul contrasto del regolamento sulla televisione digitale terrestre rispetto al
principio di legalità si veda, eventualmente, F.DONATI, L’accesso alle reti e ai contenuti, in G.
MORBIDELLI-F. DONATI (a cura di) L’evoluzione del sistema delle comunicazioni tra diritto interno
e diritto comunitario, Torino, 2005, 56 ss.
104 Per il rilievo che le autorità indipendenti, nell’attuazione della disciplina comunitaria,
rispondono alle istituzioni comunitarie cfr. E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti nella
forma di governo, cit., 138.
23
Questo modello opera nei settori in cui la disciplina comunitaria non
consente alle autorità nazionali misure di attuazione improntate a valutazioni di
interesse pubblico. Ciò accade, ad esempio, nel campo della politica monetaria,
dove le banche centrali costituiscono ormai organismi decentrati del SEBC e
non possono adottare atti volti a impedire o comunque a limitare nel proprio
territorio gli effetti delle scelte di politica monetaria adottate dalla BCE per il
perseguimento di finalità stabilite dagli organi nazionali di indirizzo politico.
Considerazioni in parte analoghe valgono però anche in altri settori. La
disciplina europea in materia di tutela delle persone riguardo al trattamento dei
dati personali, ad esempio, richiede un’attuazione omogenea nella Comunità.
Proprio per questo è stata prevista l’istituzione in ciascuno Stato di autorità
“pienamente indipendenti nell’esercizio delle funzioni loro attribuite”105
incaricate si sorvegliare le misure di attuazione del diritto comunitario adottate
dagli Stati membri; la loro partecipazione al Gruppo per la tutela delle persone
con riguardo al trattamento dei dati personali106 permette inoltre un
coordinamento volto ad evitare differenze nella tutela dei dati personali
all’interno della Comunità. Neppure la disciplina comunitaria in materia di
concorrenza tollera deroghe o limitazioni giustificate dall’esigenza di perseguire
determinati interessi pubblici nazionali: non a caso il diritto comunitario
configura ormai per certi aspetti le autorità nazionali della concorrenza come
“bracci operativi” della Commissione e le inserisce in una “rete europea della
concorrenza”. Anche nel campo della disciplina delle reti e dei servizi di
comunicazione elettronica il legislatore comunitario ha richiesto una
omogeneità di attuazione in tutti gli Stati membri: proprio per questo ha fissato
direttamente gli obiettivi che le autorità nazionali di regolamentazione sono
tenute a perseguire107, impedendo quindi loro di far prevalere interessi pubblici
fissati dagli organi nazionali di indirizzo politico, e le ha inserite nel “gruppo
europeo dei regolatori”.
Queste esigenze di uniformità con riguardo a funzioni amministrative non
riguardano tutti i settori in cui opera il diritto comunitario o in cui vengono in
rilievo diritti fondamentali. Nel nostro ordinamento molti diritti fondamentali
che pur presentano profili di rilevanza comunitaria (si pensi, ad esempio, ai
diritti all’assistenza, alla previdenza, alla salute, all’ambiente, alla proprietà, alla
libera circolazione, alla stessa libertà di iniziativa economica privata) sono
affidati per alcuni aspetti alla cura di amministrazioni tradizionali. In certi casi,
però, la disciplina comunitaria non lascia spazio sul piano nazionale ad
interventi improntanti al perseguimento delle finalità di volta in volta stabilite
dagli organi statali di indirizzo politico. In questi campi, in altri termini, il
diritto comunitario pone un’esigenza di uniformità che non potrebbe essere
adeguatamente soddisfatta da autorità nazionali che operano secondo gli
105
Articolo 28 della direttiva 95/46/CE.
106
Articolo 29 della direttiva 95/46/CE.
107
Cfr. l’articolo 8 della direttiva quadro.
24
schemi della discrezionalità amministrativa, ovvero per il perseguimento
dell’interesse pubblico così come di volta in volta determinato dall’autorità
politica locale108. Le autorità indipendenti nazionali, in tal modo, diventano
strumenti del perseguimento degli obiettivi comunitari.
In questi campi, in definitiva, è il diritto comunitario a giustificare il venir
meno del principio di responsabilità ministeriale ed a fornire in tal modo una
base di legittimazione alle autorità indipendenti109. Queste conclusioni valgono
non solo laddove operano i principi comunitari della concorrenza e del
mercato110, ma per tutte le situazioni giuridiche rispetto alle quali il diritto
comunitario non permette misure di attuazione ispirate alla logica dell’interesse
pubblico locale.
7.- Esigenza di una legge di sistema
In Italia la creazione di autorità indipendenti ha avuto un forte impulso non
solo per le esigenze collegate alle politiche di liberalizzazione e di
privatizzazione del settore dei servizi pubblici imposte dal diritto
comunitario111, ma anche per effetto della crisi che, attorno agli anni ’90, ha
investito il sistema dei partiti ed ha generato una tendenza ad istituire organismi
“tecnici”, sganciati dai condizionamenti e dai degradi della politica112. A parte la
Banca d’Italia, che costituisce un fenomeno a parte, e la CONSOB, la cui
istituzione è del 1974, la maggior parte delle autorità indipendenti italiane nasce
infatti in quel periodo. Il processo di istituzione delle autorità indipendenti in
Italia non ha però seguito un percorso lineare. Queste autorità sono state create
Analogamente questa esigenza di uniformità limita, in alcuni settori, gli spazi per la
creazione di autorità indipendenti regionali (sulla esigenza di authorities regionali cfr. invece,
tra gli altri, P.BILANCIA, Autorità amministrative indipendenti tra Europa, Stato e Regioni, in
Quad.cost., 2003, 149 ss.).
108
Contro la possibilità di desumere dal diritto comunitario una legittimazione delle autorità
indipendenti cfr. peraltro A.RIVIEZZO, Autorità amministrative indipendenti e ordinamento
costituzionale, cit., 335 ss.; M.PASSARO, Le amministrazioni indipendenti, cit., 283.
109
Secondo F.MERUSI, Democrazia e autorità indipendenti. Un romanzo “quasi” giallo, cit., spec.
20 ss. sarebbero qualificabili come vere autorità indipendenti solo quelle preposte ad assicurare
la pari opportunità nel contraddittorio economico, con la conseguenza che il garante per la
protezione dei dati personali non rientrerebbe in questa categoria (cfr. F.MERUSIM.PASSARO, Autorità indipendenti, cit., 163).
110
111 Sulla scia del processo di privatizzazione avviato con le leggi n. 35 del 1992 e 359 del
1992, la legge n. 537 del 1993 soppresse il CIP e delegò il governo ad istituire organismi
indipendenti per la regolazione dei servizi di rilevante interesse pubblico. La legge n. 474 del
1994 subordinò le privatizzazioni delle imprese operanti nei settori della difesa, trasporti,
telecomunicazioni e fonti di energia alla creazione di “organismi indipendenti” di regolazione
delle tariffe e di controllo della qualità dei servizi. La legge n. 481 del 1995 ha infine previsto la
costituzione di autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità come presupposto per
procedere alla liberalizzazione di certi settori.
112 Sulla crisi delle tradizionali istanze rappresentative che ha favorito lo sviluppo delle
autorità indipendenti cfr. L.ARCIDIACONO, Governo, autorità indipendenti e pubblica
amministrazione, in S.LABRIOLA (a cura di), Autorità indipendenti, cit., 68 ss.
25
di volta in volta per rispondere a problemi in determinati settori, senza un
disegno unitario e regole uniformi per quanto concerne procedimenti di
nomina, criteri di funzionamento, competenze, autonomia organizzativa e
finanziaria. Di qui l’eterogeneità delle autorità indipendenti e la conseguente
difficoltà di elaborare un modello uniforme, come confermano le difficoltà
incontrate dalla dottrina nella loro classificazione113.
In effetti è stato da più parti sottolineato come le varie autorità indipendenti
operanti in Italia si differenziano tra loro sotto il profilo delle procedure di
nomina, della tipologia dei poteri, della struttura organizzativa e delle regole
procedimentali. Anche sotto il profilo del sindacato giurisdizionale esistono
profonde differenze114: se normalmente le impugnazioni contro gli atti delle
autorità indipendenti sono devolute alla giurisdizione amministrativa115, le
controversie sugli atti del garante della privacy rientrano nella giurisdizione
ordinaria116; le controversie sui provvedimenti sanzionatori della Banca d’Italia
e della CONSOB spettano invece alla giurisdizione della Corte d’Appello117.
L’unico comune denominatore che lega tra loro le varie authorities è dunque
quello della loro indipendenza dal Governo; ma anche la misura di questa
indipendenza risulta diversa da caso a caso118.
Le autorità indipendenti sono del resto ormai divenute centri di esercizio di
poteri assai rilevanti, la cui gestione forma oggetto di attenzioni,
preoccupazioni, appetiti119. Non sono quindi mancate iniziative volte a
circoscrivere o comunque a interferire sulle funzioni affidate alle autorità
indipendenti120. La legge n. 239 del 2004, ad esempio, ha spostato dall’autorità
per l’energia elettrica e il gas al Ministero delle attività produttive la competenza
a stabilire le modalità e le condizioni per l’importazione dell’energia elettrica, ed
ha previsto una serie di norme che finiscono per declassare l’autorità di settore
“a una sorta di agenzia tecnica” a disposizione del Ministero121. Nell’ottobre del
2002 il presidente della Commissione attività produttive della Camera propose
di utilizzare le riserve eccedenti custodite da Bankitalia per ridurre il debito
Cfr. F.PATRONI GRIFFI, Tipi di autorità indipendenti, in S.CASSESE-C.FRANCHINI (a
cura di), I garanti delle regole, cit., 25 ss.
113
114 Cfr. R.CARANTA, Il giudice delle decisioni delle autorità indipendenti, in S.CASSESEC.FRANCHINI (a cura di), I garanti delle regole, cit., 165 ss.
115
Cfr. al riguardo F.MERUSI, Giustizia amministrativa e autorità indipendenti, cit., 175 ss.
116
Articolo 152 del d.lgs. n. 196 del 2003.
117
Cfr. l’articolo 2, comma 2, del d.lgs. n. 5 del 2003.
118 Cfr. fra gli altri, G.MORBIDELLI, Sul regime amministrativo delle autorità indipendenti, cit.,
184, 205 ss.
119
Cfr. A.LA SPINA-G.MAJONE, Lo Stato regolatore, cit., 285.
120
Cfr. M.CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, cit., 5 ss.
121
M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, cit., 27.
26
pubblico dello Stato e per sostenere la ricerca pubblica e privata122, provocando
una immediata reazione della BCE e della Banca d’Italia, le quali sottolinearono
con forza la contrarietà al diritto comunitario ed al diritto costituzionale di
interventi volti ad incidere sulle scelte della Banca centrale in merito
all’utilizzazione delle proprie riserve. L’emendamento è stato poi dichiarato
inammissibile dal Presidente della Camera proprio perché in contrasto con le
previsioni comunitarie sul SEBC123. Non sono inoltre mancate proposte volte
ad un ridimensionamento del numero delle autorità o ad una riduzione degli
spazi lasciati alla loro indipendenza124, come anche ad una soppressione
pressoché totale di queste figure e al trasferimento delle relative funzioni ai
ministri competenti125.
Nonostante la loro eterogeneità ed eccessiva proliferazione, le autorità
indipendenti nel complesso hanno tuttavia dato prova di buon
funzionamento126. Queste figure appaiono in linea con le esigenze di una
economia sempre più complessa e di dimensione globale127, che richiede un
nuovo modello di amministrazione incentrato su organi dotati di particolare
competenza e autonomia e che sempre più spesso si trovano ad operare nel
quadro di reti amministrative transnazionali. Del resto in alcuni settori
l’indipendenza risponde a necessità pratiche difficilmente contestabili. Le
manovre tariffarie relative ai servizi di pubblica utilità, ad esempio, se affidate
agli organi politici rischierebbero di essere condizionate da calcoli elettoralistici
o da scelte di breve periodo, anziché basarsi su una obiettiva analisi delle
caratteristiche del mercato e degli interessi di tutti i soggetti (imprese e utenti)
coinvolti128. Più in generale la creazione di un’economia di mercato richiede
l’intervento di “magistrature economiche” dotate di adeguata specializzazione
(dovendo operare in mercati tecnicamente sempre più complessi) e di
indipendenza dalle forze della politica e del mercato, chiamate a porre regole
122
Il c.d. emendamento Tabacci alla legge finanziaria per il 2003.
La vicenda è richiamata da O.ROSELLI, Profili costituzionali dell’integrazione monetaria
europea, cit., 25 ss., cui si rinvia per maggiori indicazioni.
123
124
Cfr. M.CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, cit., 5 ss.
125 Cfr. ad esempio la proposta di legge n. 1810 presentata alla Camera dei deputati il 19
ottobre 2001 dal deputato Costa, che reitera sostanzialmente una analoga proposta presentata
dallo stesso deputato nella precedente legislatura (proposta n. 5859 presentata alla Camera dei
deputati il 25 marzo 1999).
126
Cfr. E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti e le prospettive di una loro riforma, cit., 76.
127 Cfr. G.GUARINO, Le autorità indipendenti nel sistema giuridico, cit., 35 ss.;
M.R.FERRARESE, Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2000, 106 ss.
Per il rilievo che l’istituzione delle autorità indipendenti risponde dunque all’esigenza di
un quadro di regole razionali non esposte alla variabilità delle logiche politiche in settori che
richiedono scelte di “lungo periodo” sganciate cioè dall’influenza della classe politica (la cui
visione è spesso legata al ciclo elettorale) cfr. M.CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e
prospettive di un modello, cit., 57 ss.
128
27
imparziali e ad applicare imparzialmente tali regole per la tutela delle imprese e
degli utenti129.
Esiste del resto un diffuso consenso sull’opportunità di procedere non nel
senso dell’eliminazione delle autorità indipendenti, ma in quello di un loro
complessivo riassetto. Non è possibile in questa sede procedere ad una analisi
delle numerose problematiche correlate ad una ipotesi di riassetto delle autorità
indipendenti che incida sui profili relativi alla loro indipendenza, all’assetto
organizzativo, alla trasparenza dei procedimenti decisionali ed al regime degli
atti130. Ci limiteremo quindi a svolgere brevi considerazioni su alcuni dei riflessi
che al riguardo potrebbero discendere dalla disciplina comunitaria.
In primo luogo occorre distinguere tra le authorities comunitarie e quelle di
matrice esclusivamente interna131, non potendo ovviamente parlarsi per le
seconde di alcuna “copertura comunitaria” che possa giustificare uno status
privilegiato nel quadro dei poteri costituzionali. In questa prospettiva sarà
possibile procedere ad una riduzione del numero delle autorità indipendenti. In
effetti per alcune di esse non sembra configurabile alcuna “copertura
comunitaria” e comunque l’indipendenza dall’esecutivo non appare
indispensabile: non sembrano dunque esservi ostacoli alla devoluzione in
ambito ministeriale delle relative competenze132.
Il modello comunitario, come si è detto, richiede in alcuni campi alle
autorità nazionali di operare secondo criteri diversi da quelli tradizionalmente
seguiti dalla nostra amministrazione, la cui attività è improntata al
perseguimento dell’interesse pubblico. L’inserimento delle autorità
indipendenti in reti europee composte da organi, nazionali e comunitari,
preposti alla cura di specifici settori o interessi (moneta, concorrenza, privacy,
comunicazioni, energia ecc.), inoltre, accentua l’esigenza di non affidare alla
medesima autorità la cura di interessi diversi, tra volte confliggenti, che
richiedono operazioni di bilanciamento sulla base di criteri di prevalenza
dell’uno sull’altro. Nel procedere ad un riassetto delle autorità indipendenti
occorrerebbe dunque tenere conto del fatto che, secondo il modello
comunitario, esse dovrebbero tendenzialmente operare senza discrezionalità
Cfr., ad esempio, i rilievi di D.SORACE, La desiderabile indipendenza della regolazione dei
servizi di interesse economico genrale, in Mercato concorrenza regole, 2003, 337 ss..
129
Cfr. al riguardo i rilievi di E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti e le prospettive di
una loro riforma, cit., 73 ss.
130
131 Cfr. M.MANETTI, Le proposte di riforma costituzionale in materia di autorità indipendenti, in
Autorità indipendenti e principi costituzionali. Atti del convegno di Sorrento 30 maggio 1997, Padova,
1999, 181 ss.
Ciò vale, ad esempio, per l’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione, di
cui la proposta di legge n. 2224 (presentata alla Camera il 24 gennaio 2002 dai deputati Tabacci
e altri) la proposta n. 2052 (presentata alla Camera il 29 novembre 2001 dai deputati Letta e
altri) nonché la proposta n. 956 (presentata al Senato l’11 dicembre 2001 dai senatori Amato e
altri) prevedono la trasformazione in agenzia. Analoghe considerazioni possono valere per
l’autorità per la vigilanza dei lavori pubblici, di cui la proposta Tabacci prevede la
trasformazione in agenzia.
132
28
per assicurare, nel campo di rispettiva competenza, il rispetto delle regole
dettate dal legislatore comunitario e nazionale.
In alcuni casi, invece, le autorità indipendenti sono titolari di compiti
eterogenei. La Banca d’Italia, ad esempio, oltre alla funzione monetaria (che la
vede operare come organo comunitario facente parte del SEBC) esercita
funzioni di vigilanza bancaria e di antitrust. E’ stato invece giustamente
osservato che proprio il SEBC presuppone una separazione della funzione
monetaria dalle altre funzioni133.
Una legge di riforma dovrebbe quindi evitare di affidare ad una medesima
autorità compiti che richiedono una ponderazione tra interessi che potrebbero
rivelarsi tra loro contrapposti o che comunque potrebbero richiedere
operazioni di bilanciamento secondo il metodo della discrezionalità
amministrativa. Una legge sulle autorità indipendenti dovrebbe quindi
riordinare e razionalizzare il sistema non solo eliminando le autorità per le quali
l’indipendenza dall’esecutivo non risulti effettivamente necessaria, ma anche
rivedendone le funzioni e ridistribuendole secondo criteri di omogeneità134. In
questa prospettiva potrebbe risultare opportuno, ad esempio, trasferire i poteri
relativi alla tutela della concorrenza tra gli istituti di credito dalla Banca d’Italia
all’Antitrust135. Analogamente sarebbe opportuno, anche sotto il profilo
comunitario, che all’antitrust, ormai inserita nella rete europea della
concorrenza, venissero sottratti “compiti impropri”, come quelli in materia di
monitoraggio sul conflitto di interessi136.
Si è posto il problema se questa esigenza di semplificazione e di
accorpamento per funzioni omogenee debba riguardare anche l’Autorità per le
133
21 ss.
Cfr. F.MERUSI, Le autorità indipendenti tra riformismo nazionale e autarchia comunitaria, cit.,
134 Le proposte di legge n. 2052 (presentata alla Camera il 29 novembre 2001 dai deputati
Letta e altri) e 2224 (presentata alla Camera il 24 gennaio 2002 dai deputati Tabacci e altri), ad
esempio, propongono l’accorpamento delle funzioni di vigilanza nei confronti di banche,
assicurazioni, fondi pensione e promotori finanziari attualmente affidate a diverse autorità. Per
il resto le proposte si differenziano sotto vari aspetti. La proposta n. 2052 (presentata alla
Camera il 29 novembre 2001 dai deputati Letta e altri), ad esempio, prevede l’attribuzione
all’Autorità per l’energia elettrica e il gas anche di competenze in materia dei servizi idrici e
attribuisce all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni competenze anche in materia di
regolamentazione postale; la proposta n. 2224 (presentata alla Camera il 24 gennaio 2002 dai
deputati Tabacci e altri), invece, prevede la costituzione di una unica autorità per i servizi a rete
che prenda il posto dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e dell’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni, e la creazione di una Autorità per le garanzie nell’informazione cui
affidare funzioni in materia di garanzia del pluralismo informativo
135 In tal senso cfr. ad esempio la proposta n. 956 (presentata dai senatori Amato e altri l’11
dicembre 2001 al Senato) e la proposta n. 2052 (presentata alla Camera il 29 novembre 2001
dai deputati Letta e altri).
136 Come è stato giustamente segnalato, l’attribuzione alle autorità indipendenti di funzioni
non omogenee rispetto a quelle cui sono istituzionalmente preposte, oltre a snaturarne il ruolo,
può inoltre comportarne un indebolimento: cfr. M.CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e
prospettive di un modello, cit., 29.
29
garanzie nelle comunicazioni, cui spettano poteri sia con riguardo alle reti di
comunicazione elettronica sia con riguardo ai contenuti che su di essi vengono
trasmessi. A tal riguardo esiste un diffuso consenso nel mondo politico circa
l’opportunità di “scorporare” le funzioni di regolazione in materia di reti di
comunicazioni elettroniche e di attribuirle ad una costituenda autorità di
regolazione dei servizi pubblici a rete137. L’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, in questa prospettiva, verrebbe a scomparire o vedrebbe
gravemente ridimensionate le proprie competenze138.
Una soluzione del genere appare però difficilmente compatibile con le
esigenze derivanti dal diritto comunitario. Le direttive comunitarie del 2002 in
materia di reti e servizi di comunicazione elettronica sono intervenute per la
prima volta sugli aspetti organizzativi e funzionali delle autorità nazionali di
regolazione e hanno istituito una organizzazione comune di tali autorità.
Queste direttive, come ha sottolineato Sabino Cassese, hanno quindi realizzato
una profonda convergenza tra diritto amministrativo nazionale e comunitario139
e un decisivo passaggio verso la creazione di un “diritto amministrativo
comune”140 che vede l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ormai
integrata in una rete di regolatori europei. Le direttive comunitarie affidano alle
autorità di regolazione numerosi ed incisivi poteri volti ad assicurare lo
sviluppo del mercato interno, la promozione della concorrenza, la promozione
degli interessi dei cittadini dell’Unione, nonché l’attuazione delle politiche volte
a promuovere la diversità culturale e linguistica e il pluralismo dei mezzi di
comunicazione141. Scindere le competenze in materia di reti da quelle relative ai
contenuti ed attribuirle a due diverse autorità, oltre che difficilmente
compatibile con le caratteristiche che a seguito dei processi di convergenza ha
Cfr. in tal senso la proposta Tabacci citata sopra, che prevede l’istituzione di una
“autorità per le garanzie nell’informazione” cui attribuire le funzioni attualmente spettanti
all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ad eccezione delle funzioni di regolazione in
materia di reti.
137
In una recente intervista pubblica sul quotidiano Il Sole 24 Ore del 12 agosto 2005 anche
Romano Prodi ha prospettato come uno dei punti centrali del programma di governo
dell’Unione una complessiva riorganizzazione del sistema delle autorità indipendenti che
prevede la soppressione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la devoluzione dei
compiti di regolazione sulle reti di comunicazione elettronica ad una costituenda autorità per i
servizi a rete.
138
Cfr. S.CASSESE, Il concerto regolamentare europeo delle telecomunicazioni, in G.MORBIDELLIF.DONATI, Comunicazioni: verso il diritto della convergenza?, cit., 33 ss.
139
140 Cfr. in argomento F. MERUSI, Il diritto amministrativo comune nelle comunicazioni elettroniche.
Il contraddittorio sul “progetto” dalla proprietà all’impresa, in G. MORBIDELLI-F. DONATI (a cura
di) L’evoluzione del sistema delle comunicazioni tra diritto interno e diritto comunitario, cit., 7 ss.;
S.CASSESE, Il procedimento amministrativo europeo, cit., 31 ss..
141
Cfr. l’articolo 8 della direttiva quadro.
30
assunto il settore della comunicazione142, non sarebbe in linea con le
indicazioni provenienti dalle direttive di settore.
Una legge di sistema dovrebbe infine stabilire alcune regole comuni in tema
di nomine, organizzazione, procedimento e garanzie giurisdizionali. Il diritto
comunitario, come si è visto, rimette le scelte organizzative al legislatore
nazionale, ma richiede comunque che venga loro garantito un sufficiente grado
di autonomia dalle forze della politica143 e del mercato e una adeguata
competenza tecnica.
8.- Considerazioni conclusive
Come si è avuto modo di osservare, il diritto comunitario giustifica in
determinati settori l’istituzione di autorità indipendenti ed offre “copertura” ad
alcune delle funzioni da esse esercitate, ma non supera la difficoltà di conciliare
queste figure con un assetto istituzionale fondato sui principi della
responsabilità ministeriale e della rappresentanza parlamentare. Di qui la
necessità di prevedere una apposita copertura costituzionale144 che sviluppi il
sistema comunitario e assesti le autorità indipendenti nel complessivo assetto
dei poteri. In tal modo verrebbe meno la sfasatura tra il modello di
amministrazione delineato dalla Costituzione e il modello “policentrico” e
articolato venuto ad affermarsi nella prassi145.
Il progetto approvato dalla Commissione bicamerale prevedeva la possibilità
di istituire apposite Autorità di garanzia o di vigilanza “in materia di diritti e
libertà garantiti dalla Costituzione”, prevedendo per i suoi membri la nomina
da parte del Senato della Repubblica a maggioranza dei tre quinti dei
componenti e devolvendo al legislatore il compito di stabilire la durata del
mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di indipendenza nello
svolgimento delle funzioni. Questa previsione è stata giustamente criticata in
dottrina per la sua eccessiva genericità146. Come è stato sottolineato da Michela
Alla luce della ormai intervenuta convergenza tra media e telecomunicazioni la
regolamentazione relativa all’accesso alle reti finisce per avere effetti anche sulla diffusione dei
contenuti informativi.
142
Sotto questo profilo, ad esempio, la proposta di legge n. 2224 appare insufficiente, in
quanto affida la nomina dei componenti delle cosiddette autorità di garanzia ad una
determinazione adottata d’intesa dai presidenti delle Camere (che, nell’attuale sistema
maggioritario, sono entrambi espressione della maggioranza), mentre prevede addirittura una
nomina governativa per la istituenda autorità di regolazione dei servizi pubblici a rete. Più
condivisibile la proposta n. 2052 e la proposta n. 956, che invece prevedono per le nomine
un’ampia maggioranza parlamentare.
143
Cfr. E.CHELI, Le autorità amministrative indipendenti e le prospettive di una loro riforma, cit., 79;
Id., Le autorità amministrative indipendenti nella forma di governo, cit., 141; Id., Intervento, in
F.KOSTORIS PADOA SCHIOPPA (a cura di), Le autorità indipendenti e il buon funzionamento dei
mercati, Milano, 2002, 121.
144
Sul superamento del tradizionale modello di amministrazione cfr., fra gli altri,
A.MASSERA, “Autonomia” e “indipendenza” nell’amministrazione dello Stato, cit., 449 ss.
145
146
Indicazioni in M.CUNIBERTI, Autorità amministrative indipendenti e Costituzione, cit., 78 ss.
31
Manetti, infatti, l’adozione di formule generiche in questo campo
permetterebbe alle future maggioranze “di perseguire, attraverso l’istituzione
delle autorità, i fini politici più vari”147. Tanto più che, una volta
costituzionalizzate, queste autorità avrebbero a disposizione anche lo
strumento del conflitto di attribuzioni per opporsi ad interventi degli organi
rappresentativi volti a contestarne l’operato148.
Una previsione per molti aspetti analoga è peraltro contenuta nel progetto
di revisione costituzionale approvato definitivamente in prima lettura dalle
camere (il d.d.l. 2574)149. Anche questa nuova proposta appare per più aspetti
insoddisfacente150.
Il d.d.l. 2574, a differenza del progetto elaborato dalla “bicamerale”,
attribuisce al Presidente della Repubblica la nomina dei presidenti delle autorità
indipendenti151, senza niente dire in ordine alle modalità di nomina degli altri
componenti. Il silenzio della riforma sulle modalità di nomina dei membri delle
autorità in questione finisce dunque per affidare la misura della loro autonomia
a decisioni della maggioranza politica contingente, in contrasto con l’esigenza
di indipendenza connaturata alle funzioni ad esse riconosciute.
L’esigenza di una fonte di legittimazione delle autorità indipendenti coerente
con il carattere democratico del nostro ordinamento rende inoltre opportuna
una “costituzionalizzazione”, con riguardo alla loro attività, dei principi di
competenza, trasparenza e partecipazione. In particolare l’adozione di
procedure fortemente partecipate nell’adozione degli atti (provvedimentali e
normativi) delle autorità indipendenti garantisce l’apertura del procedimento ai
vari interessi coinvolti e una loro adeguata ponderazione. In tal modo, come è
stato sottolineato, si realizza una fonte di legittimazione “dal basso” alternativa
a quella che tipicamente si ottiene attraverso i meccanismi elettorali. Se questo
è vero, occorre garantire nel massimo grado l’adozione di procedure aperte alla
partecipazione degli interessati, evitando che esse siano rimesse alla prassi
147
M.MANETTI, Le proposte di riforma costituzionale in materia di autorità indipendenti, cit., 176.
In argomento cfr. ancora M.MANETTI, Le proposte di riforma costituzionale in materia di
autorità indipendenti, cit., 182 ss. Fino ad oggi la Corte costituzionale ha invece ritenuto
inammissibile la partecipazione di autorità indipendenti a conflitti tra poteri: cfr. le ordinanze
nn. 118 e 226 del 1995.
148
Il progetto introduce un nuovo articolo 98-bis secondo cui “per lo svolgimento di
attività di garanzia o di vigilanza in materia di diritti di libertà garantiti dalla Costituzione e su
materie di competenza dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, la legge
approvata ai sensi dell’articolo 70, terzo comma, può istituire apposite Autorità indipendenti,
stabilendone la durata del mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di indipendenza. Le
Autorità riferiscono alle Camere sui risultati delle attività svolte”.
149
150 Non è questa la sede per procedere ad un esame dettagliato della nuova previsione. Si
rinvia al riguardo ai rilievi critici di A.PAJNO, Riforme costituzionali e sistema amministrativo, in
F.BASSANINI (a cura di), Costituzione una riforma sbagliata. Il parere di sessantatre costituzionalisti,
Firenze, 2004, 591 ss.
151
Cfr. l’articolo 87, settimo comma, così come emendato dalla proposta in commento.
32
operativa delle singole autorità o a scelte, sempre reversibili, delle maggioranze
politiche contingenti.
Il progetto di revisione costituzionale attribuisce infine al legislatore un
generico potere di istituire autorità indipendenti “per lo svolgimento di attività
di garanzia o di vigilanza in materia di diritti di libertà garantiti dalla
Costituzione e su materie di competenza dello Stato”. In tal modo verrebbe
conferita al Parlamento una “delega in bianco” che legittimerebbe l’istituzione
di nuove autorità indipendenti anche laddove ciò non sia richiesto dal diritto
comunitario o da altre esigenze costituzionalmente rilevanti. Siamo dunque in
presenza di una generica legittimazione costituzionale che potrebbe permettere
al legislatore di istituire autorità indipendenti anche laddove manca una
oggettiva e stringente necessità di derogare ai principi della rappresentanza
parlamentare.
33