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Pagina inziale » Musica » Articolo n. 422 del 27 novembre 2000
U2 - All That You Can't Leave Behind
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Era qualche anno che non comperavo più gli album degli U2! Mi divertivano i video, sì; li trovavo delle perfette
macchine da spettacolo, ma la loro musica non mi toccava più "dentro"; erano diventati faraginosi e capziosi,
inutilmente barocchi nelle loro mega-costruzioni sonore che finivano con l'assomigliare sempre più al "muro del
suono" del vecchio Phil Spector. L'anima, l'avevano chiusa in un cassetto.
Un'avvisaglia di un possibile ritorno alle origini si era già avuta con l'album della colonna sonora The Million Dollar
Hotel e l'uscita del singolo Beautiful Day aveva confermato le intenzioni; quando ho messo nel lettore il nuovo CD
All That You Can't Leave Behind un grido spontaneo mi è scaturito dalla mente: Bentornati U2!
Tutto, dalla grafica di copertina alla produzione (Brian Eno e David Lanois) rimanda ad album come The
Unforgettable Fire e The Joshua Tree della metà degli anni '80. Intendiamoci, non è che gli U2, non avendo più
nulla da dire, hanno fatto un passo indietro; semplicemente dopo l'abbuffata di sperimentazioni e colossal narcisistici con musiche che
risultavano asservite alla spettacolarità degli immensi shows che portavano in giro per il mondo, sono tornati a scrivere canzoni. E che canzoni!
Brani come Stuck In A Moment You Can't Get Out Of, Kite o In A Little While si commentano da sole. Tutto l'album, però, è un piccolo gioiello di
concretezza rock con ballate in cui la voce di Bono torna ad esprimersi al meglio nel suo lirismo innato. La chitarra di The Edge ritorna cristallina e
lucida nelle sue espressioni e il cuore, il feeling, dal cassetto in cui era stato rinchiuso è schizzato fuori, pompando energia e "buone vibrazioni".
Ho già ascoltato l'album tre volte e non mi stanco di farlo. Mi sembra di aver ritrovato dei vecchi amici che erano "stati via" per tanto tempo.
Bentornati U2!
Furio Sollazzi
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Pavia, 27/11/2000 (422)
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