LEGGERE E SCRIVERE PICCOLISSIMO CONCOREZZO OTTOBRE

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LEGGERE E SCRIVERE PICCOLISSIMO CONCOREZZO OTTOBRE
Corsi in Concorezzo 2013-14
Corso di pedagogia
LEGGERE E SCRIVERE PICCOLISSIMO
Lo scarabocchio e la scrittura spontanea
nella prima infanzia
a cura di Anna Valera
Prima parte - 17 OTTOBRE 2013
Che cosa ci spinge ad essere qui questa sera a parlare di bambini?
Io penso ( anche se facciamo a fatica a riconoscerlo) che sia il desiderio di
riappropriarci o meglio di interpretare il nostro ruolo educativo fino in fondo e con
onestà, riacquistando ogni volta la consapevolezza che i bambini non sono oggetti
tutti uguali da modellare a nostra immagine e somiglianza, o peggio ancora dei
potenziali consumatori (come spesso li considera laTV ) ma sono dei soggetti attivi,
capaci di costruire il loro futuro, soggetti che vogliono essere protagonisti del loro
destino, hanno voglia di esplorare e scoprire l’ambiente in cui vivono utilizzando
tutti i sensi ( e noi a volte permettiamo loro di utilizzarne solo due).
Il loro modo di rapportarsi al mondo non è passivo ma si basa su un costante
processo di interpretazione e costruzione della realtà.
Quindi questa sera la prima cosa che vi chiedo è di recuperare questo sguardo su di
loro
Basta osservare dei bambini che giocano per accorgersi di quanta voglia di fare, di
esplorare e scoprire l’ambiente hanno.
Dobbiamo metterci dal loro punto di vista, cioè dobbiamo ritrovare una capacità di
ascoltare il loro mondo e di osservare il loro modo di rapportarsi alla realtà così da
creare dovunque (sia a casa che a scuola) ambienti educativi e di apprendimento
dove essi possano diventare protagonisti del loro sapere, possano costruire il loro
percorso di conoscenza.
Dobbiamo rispettare il loro modo di porsi nei confronti del mondo, la loro cultura.
Non ci dobbiamo preoccupare soltanto di fornirgli nozioni e spiegazioni, ma
abbiamo il compito di promuovere esperienze da far loro vivere
Scrive M. Lodi, noto pedagogista e maestro:
OGGI IL BAMBINO NON CORRE PIU’ TRA LE ERBE DEL PRATO CHE PIZZICANO LA
PELLE E HANNO PROFUMI DIVERSI, NON IMMERGE LE MANI NELL’ACQUA DEL
RUSCELLO E NON SENTE LA CAREZZA DEL VENTO SUL VISO, NON COMPIE PIU’ DELLE
ESPERIENZE QUOTIDIANE DIRETTE.
Troppo spesso noi abbiamo ridotto l’educazione a pura informazione, escludendo o
quasi annullando la possibilità di scambiarsi esperienze.
Le esperienze sono e devono diventare il trampolino di lancio per altre esperienze.
Dobbiamo concepire l’educazione soprattutto come ascolto reciproco tra soggetti
narranti che hanno il desiderio di ascoltare e di raccontarsi la propria storia e che
sentono il bisogno di essere coinvolti nelle cose che fanno.
Dobbiamo capire che le emozioni, i sentimenti, i vissuti, le impressioni sono tanto
importanti quanto la conoscenza e il sapere.
Certo la loro cultura non è come la nostra, è una cultura in formazione, una cultura
globale, una cultura che non separa nella realtà l’aspetto geografico da quello
scientifico o storico.
Scrive ancora M. Lodi
IL BAMBINO DI SCOPERTA IN SCOPERTA ACCUMULA NELLA SUA MEMORIA I DATI
DELLA REALTÀ, LI RIELABORA E LI ORGANIZZA IN CONOSCENZE. ATTRAVERSO
L’ESPERIENZA SCOPRE LE LEGGI DEL MONDO FISICO, SI ORIENTA NELLO SPAZIO,
OSSERVA E SCOPRE I LINGUAGGI.
Componenti importanti di questa cultura sono i linguaggi scoperti e fatti propri.
Il primo linguaggio che il bambino scopre è la parola: ascoltando il suono delle
parole, a poco a poco ne capisce il significato, le usa e si forma il primo lessico che
via via si amplierà.
Il teatro o gioco dell’essere altro da sé è un altro linguaggio che il bambino usa in
modo naturale quando gioca ad esempio alle bambole o alle macchine.
E poi c’è il linguaggio dei segni grafici, la cui scoperta avviene per gradi.
Dapprima si accorge che il suo corpo lascia tracce: l’impronta del piede o della mano
nella sabbia umida, poi si diverte a farlo ad es. con il dito sul vetro dello specchio o
di una finestra appannata. Poi scopre che qualcuno dei segni che ha tracciato gli
ricorda qualcosa che lui conosce: un segno circolare ad es. gli ricorda la palla o il sole
…e così arriva a rappresentare col segno qualche elemento del mondo: lo
scarabocchio ….
E’ stato Piaget, il primo ricercatore a prendere in considerazione il bambino come
soggetto attivo che costruisce il proprio sapere, egli ci ha insegnato a scoprire un
bambino come soggetto che cerca di comprendere attivamente il mondo che lo
circonda, un soggetto che interagisce con l’oggetto di conoscenza.
Anche l’oggetto scrittura fa parte di questo mondo e il bambino è curioso, vuole
capire come funziona, si pone con un atteggiamento di scoperta e di ricerca ed
esercita così la sua attività conoscitiva, sia sugli aspetti strutturali che su quelli
funzionali. Cerca cioè di comprendere la funzione e il significato di quei segni che si
trova davanti e che non capisce. Non aspetta di venire a scuola per interrogarsi sulla
scrittura.
Proprio partendo dalle scoperte di Piaget, due ricercatrici, Ferreiro e Teberosky,
negli anni 80, in seguito a una ricerca commissionata dal governo argentino per
tentare di capire il fenomeno dell’ analfabetismo hanno fatto questa scoperta, la
scoperta delle conoscenze spontanee del bambino sulla scrittura.
Per capire vi faccio qualche esempio tra i molti che si trovano nelle ricerche di
coloro che hanno studiato come avviene la costruzione della lingua scritta.
• Di fronte a scritte con una stessa lettera ripetuta
MMMMMMMMMMMM o AAAAAAAAAA
un bambino di 4 anni interrogato su cosa ci sia scritto dice che non si può
leggere mentre di fronte a ELEFANTE dice che non sa leggerlo ma che si può
leggere.
• Di fronte ad un adulto che fingendo di leggere un giornale dice …c’era una
volta… Martin, un bambino di 5 anni afferma ..ma stavi leggendo un racconto
sul giornale!!! Impossibile perché i giornali hanno le informazioni .
Dimostra in questo caso di riconoscere che un quotidiano serve per leggere e
un libro di racconti serve per raccontare.
• E’ stato chiesto a più di un bambino di 4 anni di scrivere orso e formica e
questi hanno scritto il primo con più lettere e la seconda con meno,
adducendo come motivo che l’orso è più grande e la formica è più piccola.
Le interviste proposte da queste due ricercatrici ai bambini non miravano ad essere
dei test per verificare la maturazione dei bambini nella letto scrittura quanto
piuttosto a farci capire a che punto del percorso di costruzione della lingua scritta si
trovava quel particolare bambino.
Comunque le numerose interviste e osservazioni ci dicono che i bambini
apprendono attraverso un lungo processo di acquisizione, che noi spesso non
vediamo, approfittando degli stimoli offerti dall’esperienza quotidiana.
MA COSA SIGNIFICA ALLORA APPRENDERE?
E’ la capacità di rispondere all’ambiente.
Ognuno di noi dà risposte elaborate che dipendono sia da fattori genetici ereditati
sia da fattori culturali che sono il risultato:
• delle esperienze fatte nei primi anni di vita,
• del posto in cui siamo vissuti e con chi siamo vissuti.
Anche imparare a leggere e a scrivere va visto in quest’ottica: non è semplicemente
una tecnica da imparare, ma un processo di conoscenza, un processo di
apprendimento.
IL BAMBINO, CHE APPRENDE A SCRIVERE O A LEGGERE, NON È SOLO UN PAIO DI
OCCHI, UN PAIO DI ORECCHIE, UNA MANO CHE AFFERRA UNO STRUMENTO PER
SCRIVERE O UN APPARATO FONATORIO CHE EMETTE SUONI.
EGLI È SOPRATTUTTO UN SOGGETTO CHE CONOSCE, CHE PENSA, CHE COSTRUISCE
INTERPRETAZIONI.
Se imparare a leggere e a scrivere è un processo di conoscenza, allora dobbiamo
riflettere seriamente sull’importanza che ha l’ambiente culturale nel quale il
bambino si trova immerso.
Oggi i viviamo in un mondo altamente alfabetizzato e il bambino ben presto si pone
domande sull’oggetto SCRITTURA. La scrittura fa parte del nostro paesaggio urbano.
Egli assiste spesso ad atti di lettura o di scrittura da parte degli adulti e riceve
indirettamente informazioni sull’uso sociale della lingua scritta da come gli adulti si
comportano. I primi contatti con la lingua scritta avvengono precocemente. Nella
routine della vita quotidiana i bambini sono continuamente a contatto con scritte
che li incuriosiscono e sulle quali cominciano a porsi domande.
Essi inoltre sono spettatori di attività quotidiane durante le quali gli adulti usano la
lingua scritta: gli adulti compilano la lista della spesa, scrivono testi al computer,
scrivono biglietti da consegnare ad altri, registrano dei promemoria e persino i
fratelli maggiori fanno i compiti scritti.
Ben presto giungono a comprendere che nella nostra società la scrittura è
importante e incominciano ad avere delle curiosità e fanno delle interpretazioni, si
danno delle risposte Inizialmente inesatte e provvisorie che testimoniano la loro
attività principale, quella di spiegarsi il mondo.
Quindi i loro primi tentativi di scrittura anche se ci sembrano bizzarri non sono mai
prodotti casuali, ma sono sempre il prodotto di ragionamenti e di ipotesi
riconducibili a livelli di concettualizzazione della lingua scritta che è bene conoscere.
Ma quando inizia questo processo?
Chiaramente questo processo non inizia quando il bambino viene a scuola, ma
molto prima, già a 3/ 4 anni, a volte anche prima e spesso a nostra insaputa.
Prima di arrivare alla scrittura il bambino compie un lungo percorso evolutivo in cui
produce scritture non convenzionali che non sono frutto di imitazioni, ma di ipotesi
che egli fa nel tentativo di capire la scrittura.
Oggi possiamo affermare, in seguito agli studi effettuati, che il momento nel quale
inizia l’apprendimento della lingua scritta non è legato esclusivamente a un fattore
cronologico ( l’inizio della scuola elementare) e al possesso di particolari prerequisiti,
bensì alle esperienze pregresse dei bambini riguardo alla lingua scritta come la
possibilità
- di entrare in contatto con testi scritti ed esplorarli
- di porsi delle domande a riguardo e di ricevere delle risposte
- di presenziare ad atti di lettura e di scrittura svolti da altri (genitori, fratelli,…)
IN QUESTO PERCORSO IL BAMBINO RICAPITOLA UN PO’ TUTTA LA STORIA
DELL’UOMO. PER COMPRENDERE LA NATURA DEL SISTEMA DI SCRITTURA NON PUÒ
CHE RICOSTRUIRLO E RIPERCORRERLO, NON PUÒ CIOÈ RICEVERLO COME UNA
CONOSCENZA GIÀ ELABORATA.
Se noi comprendessimo lo sforzo che sta facendo forse potremmo capire meglio i
suoi tentativi di scrittura e allora quello che noi chiamiamo scarabocchi
diventerebbero fonte di informazione preziosa su quello che a quel punto del suo
percorso di conoscenza pensa il bambino.
Quindi la scrittura alfabetica è un punto di arrivo, non di partenza.
Sono passati 30 anni dalle prime scoperte di Ferreiro e Teberosky ma la ricerca
rimane tuttora valida e sta continuando. Gli studi di queste due ricercatrici,
continuati poi anche in Italia, ci hanno dimostrato ampiamente che nel processo di
conoscenza della lingua scritta i bambini non apprendono semplicemente una
tecnica ma cercano di capire attivamente come funziona il sistema linguistico.
Quindi imparare a leggere e a scrivere è una conquista autonoma come il
camminare e il parlare.
Come fa un bambino ad imparare a leggere e a scrivere?
Allo stesso modo in cui impara a camminare a parlare, affermano Ferreiro e
Teberosky. Il bambino impara a parlare parlando; la madre con una saggia intuizione
non aspetta che il bambino sappia parlare bene come un adulto per interagire
linguisticamente con lui e così il bambino via via impara a parlare in modo sempre
più corretto, esercitando un ruolo attivo.
Ora prima di chiudere questa sera il mio intervento vorrei farvi capire gli sforzi
cognitivi che il bambino deve affrontare per imparare a leggere e scrivere.
Per farlo devo fare in modo di mettervi dal suo punto di vista di analfabeta.
Qui sotto ci sono due scritture: la 1° in esperanto e la 2° in stenografia
Mi ne konas la esperantan lingvon sed mi deziras lerni gin.
Ni estas kontentaj tie kun a gekolego. Tio kurso estas interessa.
Mi satas la noktan cielon ku giaj belegaj brilanta stelojn.
Le frasi in esperanto si riesce a leggerle e riusciamo a intuire il significato, invece le
frasi in stenografia è impossibile perché non conosciamo l’alfabeto.
Ecco la traduzione delle frasi in stenografia
1°Il tempo è bello oggi
2°il tempo non è bello
3° Che ore sono?
4° Tu sei più bella della pioggia
5° Oggi mi sento in forma
Ora in base alla traduzione possiamo fare dei confronti e riuscire a riconoscere
alcuni simboli come oggi (nella prima e nella quinta frase) e così altri
Ecco la stessa cosa fanno i bambini di fronte alla nostra scrittura: per loro la nostra
scrittura è un geroglifico, facilmente memorizzano la scrittura del loro nome o di
qualcosa che affettivamente li coinvolge, ma in realtà per loro la nostra scrittura è
inizialmente un caos dal quale poi piano piano cercano di mettere ordine
Per noi adulti ormai alfabetizzati recuperare questa dimensione non è facile, ma se
non lo facciamo rischiamo di ridurre la lettura al riconoscimento delle lettere e del
loro valore sonoro convenzionale, e non a una rappresentazione del linguaggio
come è in realtà. Leggere non è decodificare, ma cercare dei significati.
E con questo passo la mano a Irina che continuerà parlarvi dell’ascolto e della
lettura, due attività speciali, che il bambino ama più di ogni altra cosa, perché lo
introducono nel mondo delle storie.
Vedere un adulto, la propria mamma o il proprio papà raccontare una storia o
trasformare un mondo per lui muto (quello dell’alfabeto) in un mondo vivo, quello
della lingua parlata è per il bambino qualcosa di magico. Bisogna prestare molta
attenzione all’ascolto perché saper ascoltare è un’operazione estremamente
complessa che va coltivata presto e che è in stretta relazione con l’apprendimento
della lettura e della scrittura.
Seconda parte - 24 OTTOBRE 2013
La scorsa volta abbiamo visto come imparare a leggere e a scrivere sia un obiettivo
essenziale nella vita di un bambino. E’ importante quindi capire il processo
attraverso cui il bambino si appropria della lingua scritta e fare in modo che questo
apprendimento diventi un’avventura ( e non un tortura ). Deve coinvolgere adulti e
bambini in unico processo di scoperta dove le ipotesi dei bambini si fondano con
l’esperienza degli adulti senza che questi ultimi si sostituiscano ai bambini.
Noi sappiamo che la lingua scritta è un sistema di segni grafici che corrispondono a
suoni della lingua parlata.
Ma la lingua scritta e la lingua parlata non sono la stessa cosa, sono due modi diversi
di intelligenza e di rappresentare la realtà.
Quando si parla ci si basa sul contesto, quando si scrive no, si usa praticamente una
tecnologia al pari dell’informatica, che impone regole nell’organizzazione del
pensiero e quindi del mondo, diverse da come fa l’oralità.
Passare dall’oralità alla scrittura comporta quindi un mutamento di mentalità.
Sono due cose differenti, due modi di rappresentare la realtà diversi.
Per questo è possibile sostenere che la scrittura ha trasformato la mente umana più
di qualsiasi altra invenzione. Non a caso la filosofia e la scienza sono nate in Grecia
dove per la prima volta è stata usata la scrittura alfabetica.
Partendo dagli studi che vi ho accennato la scorsa volta di F. e T., ( che sono stati
fatti anche in altri paesi, tra cui l’Italia) noi siamo venuti a conoscenza di un mondo
fino ad allora sconosciuto, quello delle conoscenze spontanee del bambino sulla
lingua scritta.
Piaget, il primo ricercatore che ha scoperto come il processo di conoscenza si basa
sull’attività del soggetto ( il bambino) che interagisce con l’oggetto di conoscenza (la
scrittura) ci ha insegnato che il nostro modo di pensare adulto non è l’unico e che
bisogna assumere il punto di vista del soggetto in evoluzione.
Ma purtroppo nel caso della lingua scritta la difficoltà ad assumere il punto di vista
del soggetto in evoluzione risultò tale che fino a 30 anni fa non venne presa in
considerazione.
Assumere il punto di vista del soggetto in evoluzione significa ritenere fondamentale
l’errore; l’errore diventa costruttivo perché porta ad una modifica del conoscere.
Siamo noi adulti che ci dobbiamo decentrare rispetto all’errore. L’errore deve essere
visto come un passaggio non qualcosa di statico. Ferreiro afferma che potremmo
paragonare il processo di costruzione della lingua scritta nel bambino al progresso
scientifico che procede per errori. Ci si avvicina per approssimazione alla definizione
della conoscenza di un determinato oggetto e le nuove teorie mettono in
discussione quelle precedenti.
Cosa sono le scritture spontanee?
Le scritture spontanee sono quelle scritture in cui il bambino fa il tentativo di
scrivere come egli crede si debba scrivere in quel determinato momento del suo
percorso.
Queste scritture sono state sempre considerate degli scarabocchi o comunque delle
copiature, ma dopo gli studi di Ferreiro e Teberosky si è capito che bisognava
interpretarle.
Ancora oggi c’è chi pensa che i primi tentativi di scrittura siano scarabocchi o delle
semplici attività grafiche.
Certo se noi prendiamo quello che ancora ci ostiniamo a chiamare scarabocchio
senza averne seguito la nascita e l’evoluzione difficilmente riusciremo a trovare
un’intenzionalità comunicativa.
Dobbiamo avere la pazienza di interrogare o di ascoltare bambini a partire dai 3 anni
così ci accorgeremmo subito di come dimostrano curiosità e interesse per la parola
scritta e di come usano la lingua scritta come strumento per conoscere.
E’ quello che hanno fatto tutti coloro che hanno intrapreso la ricerca su questo
argomento
Ma quale è il percorso che fanno i bambini quando imparano a leggere e a scrivere?
Tre sono le tappe che i bambini percorrono
1. La prima tappa è LA DIFFERENZIAZIONE TRA DISEGNO E SCRITTURA
Il processo inizia con la distinzione tra il disegno e non disegno
Scrive La psicologa Oliveiro Ferrari
"LO SCARABOCCHIO È ALL'INIZIO UN EVENTO CINETICO CHE PROVOCA PIACERE
MOTORIO E VISIVO, UN ESPRESSIONE DEI MOVIMENTI DELLA MANO E DEL BRACCIO
SOSTENUTI DA UN'ATTIVITÀ GLOBALE DI TUTTO O DI UNA PARTE DEL CORPO IN CUI
NON INTERVIENE IL FATTORE INTELLETTIVO SE NON L'INTENZIONE DI LASCIARE UNA
TRACCIA" (Oliverio Ferrraris A. " Il significato del disegno infantile" Boringhieri 1978).
Dobbiamo vedere lo scarabocchio come qualcosa che sta un po’ al bivio di questa
differenziazione in quanto racchiude in sé sia la scrittura sia il disegno.
Potremmo considerarlo una sorta di scrittura non alfabetica più vicina
all’ideogramma cinese o alla stenografia.
Vediamo alcuni esempi tra quelli che ho raccolto tra i bambini di 3 anni nella scuola
dell’Infanzia di via verdi a Concorezzo.
A 3 anni questa bambina usa proprio lo scarabocchio più che altro per il
piacere di lasciare delle tracce. Si accorge che facendo determinati movimenti
con la mano lascia delle tracce visive e le sperimenta. L’effetto visivo è
piacevole ma non c’è ancora l’intenzione comunicativa.
In quest’altro scarabocchio invece è possibile trovare il filo di un percorso
che si trasforma di momento in momento sul foglio dove il bambino lascia le
tracce.
Vederlo così, come quello che vi sto mostrando, risulta incomprensibile. Va
visto nel tempo e nello spazio, nel momento in cui il bambino lo fa.
Questo bambino di 3 anni traccia dei segni sul foglio e contemporaneamente
parla, anzi racconta una storia di un personaggio di un cartone animato,
Benten, addirittura si trasforma in questo personaggio, agisce come se fosse
Benten, fa tutto ciò molto velocemente sia il tracciare segni che il parlare. Non
sempre è chiaro quello che ci dice, ma si nota nella foga con cui parla e scrive
un particolare piacere, quasi incontenibile. Lo scarabocchiare è quasi una
continuazione del parlare, come se volesse farci partecipe di quella storia. A
un certo punto il foglio non gli basta più e tenta di prenderne un altro sul
tavolo, ma noi glielo impediamo, suggerendogli di riempire i vuoti che ancora
ci sono, allora lo gira e scrive dietro, ma non è contento e invade il foglio
dell’altra bambina tracciando dei segni. In questo scarabocchio il b. traccia
quindi dei segni che a sua volta lo stimolano a raccontare,il racconto evoca
nuove parole che evocano nuovi segni e così via di seguito finchè non si
stanca.
Mia, quest’altra bambina, dietro suggerimento di fare qualcosa sul foglio
bianco, si mette a disegnare e alla domanda cosa disegni, risponde non vedi è
un fiore e continua dicendo cosa sta facendo, dice ad es. che sta disegnando
un’antenna con le spine (gambo) che io interpreto subito per il gambo del
fiore ma non glielo dico, le chiedo invece di uscire in giardino alla fine per
farmi vedere cosa è quella che lei chiama antenna. Lavora con calma e tenacia
che ci dicono già molto del suo carattere. Quando le chiedo di scrivere la
parola fiore, prima mi dice che non ha ancora finito, poi quando glielo ridico
mi dice che non è capace, che non sa scrivere.
Dopo qualche secondo però traccia dei segni, dei ghirigori e dice ad alta voce
cosa significano. Dice ad es. che ha scritto: Hello Kitty va sul prato a vedere i
fiori, e poi dopo un po’ fa un altro ghirigoro e dice di scrivere il messaggio del
credito della sua mamma. Rimane male quando Luca ( il bambino dello
scarabocchio precedente) invade il suo foglio e tenta di cancellare il segno
lasciato coprendolo con il colore.
L’antenna con le spine che poi mi mostrerà in giardino e si rivelerà essere il
gambo permette di far emergere un altro aspetto importante del modo di
conoscer dei bambini e cioè l’uso del pensiero metaforico e creativo
Come potete vedere gli scarabocchi ci dicono molto dei bambini, se li
sappiamo interpretare.
Questi due bambini, molto diversi sia nei vissuti che nel modo di porsi nel
mondo, anche se non sembra, interagiscono tra di loro. Difatti Mia a un certo
punto dice, senza che nessuno glielo chieda, a me non piace quel cartone
(riferendosi a Benten), a me piace Hello Kitty
Questo scarabocchio è il frutto di un lavoro di cooperazione fatto con tre
bambini , sempre di 3 anni, ai quali ho proposto di scrivere una storia.
Prendo un foglio bianco e inizio a scrivere C’ERA UNA VOLTA ….
Daniele continua UN DINOSAURO VERDE CHE MANGIAVA LE CASE (io lo
scrivo) e lo disegna; si aggiungono le altre due bambine, inizialmente
seguendo il loro pensiero, Clarissa traccia dei segni ripetuti ma non sa dirmi
cosa sono poi traccia anche delle lettere che probabilmente prende dal suo
nome ( che quindi conosce), infine disegna un serpente lungo e lo dice, così
Daniele dice anch’io faccio il serpente e cominciano così a intersecarsi i loro
discorsi e anche le tracce lasciate sul foglio.
Francesca inizialmente non si lascia coinvolgere e si ritira in uno spazio piccolo
del foglio. Non parla e lascia dei piccoli tondi che riempie di colore, è più
attratta dal colore e lo cambia più volte, interrogata su cosa sta facendo
risponde che disegna un orsetto, poi un pinguino con il dente e un merluzzo
Clarissa interferisce dicendo che non è un merluzzo, ma una papera e disegna
anche lei uno spazio vuoto racchiuso che riempie di colore.
Daniele continua a disegnare il suo lungo serpente e mentre lo fa mi indica
per ben due volte la mia scritta invitandomi a scrivere negli spazi vuoti che ho
lasciato tra una parola e l’altra e io gli rispondo che so scrivo in quel modo.
Mi fermo qui per fare delle considerazioni insieme a voi sulla potenzialità che
hanno questi scarabocchi. Ci dicono veramente tanto dei bambini, ci
raccontano la loro storia, ci parlano del loro modo di conoscere, dei problemi
conoscitivi che si pongono e che devono affrontare, sono una miniera di
informazioni che non dobbiamo sottovalutare, anzi dobbiamo valorizzare.
Ad es. Daniele che con insistenza mi chiede di riempire lo spazio vuoto tra una
parola e l’altra mi dice come sia importante per lui questo problema, non
capisce perché io scrivendo separo le parole, non lo capisce perchè nella
lingua orale, quando parliamo le parole non sono separate, noi quando
parliamo non lasciamo una pausa tra una parola e l’altra e allora si chiede
perché lasciamo spazi tra una parola e l’altra.
E’ un conflitto cognitivo, è un problema che il bambino si pone e che non ci
deve meravigliare perché anche nella storia della scrittura la scriptio continua,
la scrittura senza segmentazione era usata nella lingua latina dai romani.
La separazione sistematica delle parole è un’acquisizione medioevale.
Non ci deve sorprendere quindi la difficoltà di Daniele ( che non ha familiarità
con la scrittura) nel porre il problema della segmentazione, anzi confrontato
con il concetto di parola nella storia, conferma come l’evoluzione del pensiero
del bambino segua l’evoluzione dell’uomo nella storia.
Voglio chiudere questa sequenza di immagini sugli scarabocchi con questo
disegno di Mirò. Mirò in una fase della poetica prende spunti infatti dai
disegni infantili. Ho voluto mostravi uno di questi disegni perché penso che un
percorso interessante sugli scarabocchi e sul disegno infantile potrebbe
proprio partire sia al nido che alla scuola dell’infanzia da un confronto coi
disegni di Mirò e con pittori che si rifanno all’arte infantile.
Sono convinta che aiuterebbe i bambini a esprimere più liberamente le loro
emozioni, i loro pensieri, le loro visoni delle cose e delle persone, perché li
rassicurerebbe sul fatto di poter rappresentare con i segni e le forme che
vogliono.
La scrittura di questa bambina sta un po’ a dimostrare il passaggio alla fase
successiva: con molta pazienza scrive lettere e segni uno dietro l’altro
riempiendo il foglio, e poi mi dice con enfasi: -ho scritto una storia - quasi per
farmi capire che per scrivere una storia non basta tracciare qualche segno, ma
bisogna riempire la pagina.
A un certo punto la strada si biforca: o si scrive o si disegna.
Questa distinzione è necessaria per passare allo stadio successivo
2. La seconda tappa è IL PERIODO PRESILLABICO O DIFFERENZIAZIONE
ALL’INTERNO DELLA SCRITTURA
In questa fase il bambino pensa che la scrittura rappresenta il nome
dell’oggetto o una frase sempre relativa all’oggetto in questione.
E’ una fase questa importantissima in cui diversi sono i problemi che il
bambino deve affrontare
Il bambino in questa fase ha capito che la scrittura è una scrittura di nomi
comincia a riprodurre alcune lettere, in genere quelle contenute nel proprio
nome e le combina diversamente. Quindi si chiede come si devono
organizzare le lettere.
Per la maggioranza dei bambini di diversi paesi, in questa fase una scritta è
considerata tale se è composta almeno da tre segni. Secondo il principio della
quantità minima essi pensano che una parola per poter essere scritta debba
avere tre segni.
Il disegno con la seconda scrittura è di un bambino con un lieve ritardo
mentale che dimostra come il percorso prospettato da queste ricercatrici sia
valido per tutti i bambini che prima o poi intraprendono questo percorso di
conoscenza.
Ad es. il bambino che si chiama Fabio sa che gelato non può essere scritto
come sole e si ingegna per trovare una soluzione su come differenziare tra
loro scritture di nomi diversi, cioè come rendere leggibili scritte prodotte da
lui stesso o da altri.
In questa fase il bambino è tutto concentrato a risolvere il problema della
differenziazione. Deve trovare un criterio stabile e per fare questa usa il
principio della variazione interna. Le soluzioni che trova sono le più varie ma
nessuna ha a che fare con il valore sonoro della parola.
L’ultimo problema che si trova a dover affrontare in questa fase è la stabilità.
E’ quindi alla ricerca di un principio che gli permetta di scrivere la stessa
parola sempre allo stesso modo. In questa fase più o meno sa che il suo nome
si scrive in quel determinato modo e sempre a quella maniera. Cosa c’è di più
stabile del proprio nome? Diciamo che parte proprio da qui il conflitto che
nasce e per risolverlo il bambino deve trovare nuove soluzioni di scrittura più
rispondenti alla nuova scoperta. Ecco allora che questa bambina cerca di
rappresentare farfalla nello stesso modo.
Ecco un esempio invece di lettura che in Italia Pontecorvo riporta nel suo libro
Due bambine, una di 4 e l’altra di 5 anni ferme davanti a un bar pasticceria con
l’insegna CAFFE’ che discutono….
Alla luce di questa ricerca noi possiamo dire che entrambe leggono in quanto
cercano di interpretare dei segni, facendo delle anticipazioni sul significato,
( un’insegna collocata in quel particolare negozio ) soltanto che mentre quella di 5
anni riuscendo a decifrare la sillaba CA intuisce che c’è scritto caffè, la bambina di 4
anni è arrivata a capire che c’è una corrispondenza quantitativa tra l’emissione
sonora e segno scritto e legge pasticceria.
Possiamo interpretare questo episodio alla luce delle ricerche di Ferreiro e
Teberosky affermando che entrambe le de bambine leggono, anche se si trovano a
livelli diversi del loro sviluppo di capacità di leggere. Cerchiamo di vedere cosa le
accomuna. Ambedue cercano di interpretare il significato di segni scritti, facendo
delle anticipazioni di significato basate sulla conoscenza del mondo: un’ insegna
collocata fuori di quel particolare negozio.
Ciò che le differenzia è che, mentre la bambina di 5 anni ha intuito che la nostra
lingua fa corrispondere dei segni a dei suoni (infatti riesce a decifrare la CA), la
bambina di 4 anni è arrivata a capire che c’è una corrispondenza quantitativa tra
segno scritto ed emissione sonora: pa(C) stic(A) ce(F) ri (F) a (E’).
Possiamo quindi affermare che anche la bambina di 4 anni, nonostante le
apparenze, è in una fase avanzata del processo, in quanto pensa che l’unità minima
sia la sillaba, anche se non riesce ad attribuirle ancora il valore sonoro
corrispondente.
Si potrebbe continuare all’infinito con innumerevoli altri esempi che ci permettono
di affermare che il bambino in questo processo di costruzione della lingua scritta
deve affrontare problemi molto complessi:
capire che il segno scritto rappresenta i suoni
che tutte le parole della lingua parlata possono essere scritte
che ogni segno rappresenta un suono
che alcuni suoni debbono essere rappresentati con più di un segno.
E per fare questo cammino il bambino non chiede il permesso a nessuno, non
aspetta di andare a scuola.
3. La terza tappa è LA FONETIZZAZIONE
Nel terzo periodo il bambino scopre che la scrittura è la rappresentazione
della lingua orale e che quindi va ricercata una corrispondenza tra la parola
scritta e quella orale.
Tre sono le fasi che deve affrontare: sillabica, sillabico-alfabetica, alfabetica
Il bambino dimostra di aver capito che il nostro sistema di scrittura fa
corrispondere dei segni a dei suoni. E così ad ogni sillaba fa corrispondere un
suono dandogli un valore convenzionale. Ciò che viene rappresentato non è
più l’oggetto, ma la parola. Inizialmente è solo una corrispondenza
quantitativa e non qualitativa., cioè può succedere che la sillaba ME sia
rappresentata con due suoni diversi: magari B in mela e T in melone.
Ciò che caratterizza questa fase è la continua ricerca della stabilità che viene
messa continuamente in crisi dalle informazioni che gli arrivano
dall’ambiente. Il bambino non rinuncia facilmente alla ipotesi sillabica perché
con la scrittura sillabica pensa di aver risolto tutti problemi
Questo bambino scrive ar(A) –co(O)- b (A)- le (E)- no(O) con AOBEO (scrittura
sillabica)
e al(A)-be(E)-ro (RO) con AERO scrivendo l’ultima sillaba in scrittura
alfabetica. (scrittura sillabico alfabetica)
Anche questo bambino è all’inizio della fase alfabetica solo che, essendo
mancino scrive da destra a sinistra e così deve essere letta la sua scrittura.
Scrive ca (A)- mi(I)- no(O) in perfetta scrittura alfabetica ma iniziando da
destra e andando a sinistra.
Alla fine pur non abbandonando l’ipotesi sillabica il bambino affianca quella
alfabetica. Comincia a scrivere alcune sillabe con due segni, pur continuando
a scriverne altre con uno. Lo sforzo cognitivo è sempre quello della ricerca
della stabilità.
Così può succedere che un bambino sillabico, al quale si chiede di scrivere
mela scriva EA; quando gli si chiede di scriver pera, scriva ancora EA. Ecco
questo è un conflitto cognitivo al quale egli cercherà soluzioni di scritture
diverse che magari gli permetteranno di scrivere mela in quest’altro modo:
MEA, avanzando così verso un’ipotesi.
Alla fine capisce la natura alfabetica del nostro sistema di scrittura:
corrispondenza suono/scrittura.
Quando ha raggiunto questo stadio non si trova però alla fine del processo di
apprendimento, ma a un nuovo punto di partenza che lo porterà alla
completa padronanza della scrittura. Rimangono da risolvere problemi
ortografici. La scrittura è ancora molto instabile: le doppie, gli
accenti,l’apostrofo, i digrammi difficili per essere assimilati hanno bisogno di
tempo. Quello dell’ortografia è comunque un problema che viene dopo
quando il bambino ha raggiunto un certo livello autonomo di riflessione.
Bisogna quindi lasciare il tempo necessario perché il bambino si accorga di
questi aspetti della costruzione della scrittura e cominci a rifletterci. Scoprire
che i segni scritti rappresentano il linguaggio orale è solo il primo passo. Non è
quindi opportuno insegnare le regole ortografiche e della lingua scritta se il
bambino non ha raggiunto un certo livello autonomo di riflessione che gli
permette di capire l’importanza delle convenzioni. Va lasciato un tempo
necessario perché il bambino si accorga di queste regole.
QUALE ALLORA IL NOSTRO RUOLO DI ADULTI EDUCATORI
Questa scoperta è veramente rivoluzionaria dal punto di vista concettuale e ci deve
portare a dei cambiamenti, ad atteggiamenti diversi nel modo in cui come educatori
ci poniamo verso i bambini che ci sono affidati.
Non tenere conto degli sforzi di costruzione che il bambino fa può avere un grosso
peso sull’analfabetismo di ritorno, ma anche sulla capacità dell’individuo di operare
scelte coscienti, libere e creative. E’ importante l’ascolto altrimenti rischiamo di
costruire un metodo rigido quanto gli altri.
Per concludere, per aiutare gli educatori nei momenti di difficoltà o meglio ancora
per permettere loro di non lasciare i bambini da soli di fronte a questa grande
scoperta, in modo che le due culture, quella dei bambini da una parte e quella degli
adulti dall’altra, si incontrino e donino una all’altra le proprie specificità: lo stupore e
la meraviglia per quanto riguarda i bambini, l’esperienza che le è propria per quanto
riguarda gli adulti vi diamo
ALCUNI SUGGERIMENTI
• Considerare come punto di arrivo e non di partenza il possesso e la
padronanza del codice alfabetico.
• Accettare i tentativi che i bambini fanno con gioia e con sorpresa.
l bambini imparano a leggere e scrivere come hanno imparato a parlare e a
camminare, provando e riprovando come quando hanno pronunciato i primi
balbettii o compiuto il primo passo. Soprattutto non reagire con un sorriso di
sufficienza di fronte ai loro errori, ma cercare di capire a che punto si trovano
nel loro viaggio di scoperta della lettura e della scrittura.
• Non pensare che, se è facile per gli adulti, lo sia anche per i bambini. Non è
detto che il metodo con cui avete imparato ai vostri tempi vada bene oggi, o
vada bene per vostro figlio: anche se siete giovani, sono altri i tempi, altri i
problemi.
• Accettare di avventurarvi nel loro mondo, di entrare nel loro territorio, di
capire le regole del loro gioco. Il processo attraverso cui i bambini arrivano a
scoprire la scrittura convenzionale non può essere insegnato, ma soltanto
facilitato, stimolato, guidato. Il problema non è quello di costruire un nuovo
metodo quanto quello di favorire un’ottica diversa. Non è più pensabile
parlare di un metodo uguale per tutti.
• Cercare di capire attraverso l’osservazione diretta a che punto del processo si
trova ciascun bambino. Si scopriranno mondi diversi: qualcuno che è allo
stadio sillabico, un altro che è già a quello alfabetico, l’altro che della lingua
scritta magari non sa ancora niente. Il metodo allora diventerà quello di
rapportarsi con i bambini.
• Evitare di approcciare i bambini alla lettura solo attraverso la semplice
decifrazione, oltre che impedire ai bambini l’uso delle loro competenze,
ritarda la comprensione della lettura perché non favorisce il processo
interpretativo.
• Incoraggiar i bambini a leggere testi di figure assecondando i loro tentativi
interpretativi, aiutandoli, ma senza sovrapporre la vostra lettura alla loro.
• Proporre attività che facciano progredire i bambini nella costruzione della
lingua scritta: favorire la presa di coscienza dell’utilità della lingua scritta in
diverse situazioni (cartelli stradali, insegne, Tv, supermercato), attivare la
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•
•
•
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scrittura spontanea anche se non convenzionale e la lettura interpretativa,
oppure ancora giocare con gli aspetti sonori della lingua ( es trovare rime) per
spingere i bambini a prendere in considerazione gli aspetti linguistici della
parola,…
Considerare l’errore come qualcosa di produttivo, qualcosa che nasce
logicamente durante il processo. Tutti i processi sono pieni di errori, anche
quelli della scienza. In una visione di questo tipo l’errore diventa produttore di
nuove ipotesi. L’errore va sfruttato e comunque considerato come un’ipotesi
interpretativa, come una tappa essenziale nel processo di costruzione della
lingua scritta.
Cercare di avere una grande attenzione alla lingua parlata in modo che i due
linguaggi possano convivere e interagire.
Favorire un confronto con materiali scritti diversamente sia per quanto
riguarda la scelta dei caratteri maiuscolo, script, corsivo, sia soprattutto per la
scelta dei contenuti (racconti, fumetti, pubblicità, scritte su recipienti,
cartelli..)
Privilegiare inizialmente lo stampato maiuscolo, sia come atto di lettura che di
scrittura. E’ un carattere più facile in quanto è composto di aste orizzontali,
verticali, diagonali e da cerchi e semicerchi. Sono di più facile realizzazione per
i bambini. Inoltre la separazione delle lettere favorisce la ricerca di una
corrispondenza biunivoca (uno a uno) tra suono e segno. Il corsivo invece
richiede capacità percettivo/motorie più evolute in quanto le singole lettere si
modificano quando cambiano posizione nelle parole.
Favorire l’acquisizione della stabilità nel rappresentare le parole che fanno
parte del loro bagaglio culturale ( partendo ad esempio dal loro nome).