Il sabato di destra e sinistra: Pdl in piazza e Pd a pezzi

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Il sabato di destra e sinistra: Pdl in piazza e Pd a pezzi
CON IL PDL
ANNO LXI N.110
Il sabato di destra e sinistra:
Pdl in piazza e Pd a pezzi
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Ma qualcuno si è reso
conto che il Pd
in realtà è la Dc?
Marcello de Angelis
Lasciamo stare Crazy Bindi
(in senso affettuoso) e il
sempre giovane Fioroni.
Stendiamo un velo su
Franco Marini. Andiamo sul
positivo: il nuovissimo presidente del Consiglio Enrico Letta ad esempio.
Giovane Dc di famiglia
marsicana orientata verso il
centro cattolico, salvo
ascendenti che tenevano in
pugno il Fascio del fiero
paesello di Aielli, nel contado di Celano (ce nʼè traccia indelebile nella Chiesa
costruita negli anni Trenta
nella cittadina). E Franceschini, ora ministro (e grazie alla barba finalmente
riconoscibile se lo incontri
per strada) e già “frusta”
del gruppo Pd alla Camera
nella scorsa legislatura.
Anche lui giovane Dc. Di
quei giovani senza età, ma
comunque Dc. E la novità
assoluta, il carinissimo
Renzi. Troppo giovane per
essere un vero diccì, ma
tutti assicurano – tutti quelli
che possono dirlo – che
anche lui era un giovanissimo dei giovani dellʼultima
generazione Dc. Bersani
ovviamente no. Infatti è
out. DʼAlema nemmeno. Ma
lui fa categoria a sé. Se
non altro perché è lʼunico
vero capo dei servizi segreti italiani da qualche decennio. E gli altri possibili
traghettatori? Che poi non
si capisce dove debbano
traghettare e che cosa…
Finalmente il Caronte è
stato identificato: è Epifani,
ex sindacalista della Cgil.
Ma è il Dc Beppe Fioroni
che, ai microfoni di Radio
24, investe con sospetto
entusiasmo il “segretario
traghettatore”. Certo, in alternativa pareva ci fosse
Speranza…. ma ora non
cʼè più speranza. Resta in
agguato Gianni Cuperlo,
che però si candida a se-
d’Italia
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sabato 11/5/2013
gretario e non a traghettatore. Gianni è – teoricamente – un piccista doc.
Anzi, qualcuno potrebbe
pensare a un piccista veramente trinariciuto, di quelli di
cui Giovannino Guareschi diceva: “si può essere comunista e in buona fede, ma non
tutte e due le cose contemporaneamente”. Questo soprattutto perché Cuperlo,
classe ʼ61, è triestino e,
francamente, un triestino comunista è come un ebreo
nazista. E invece, a conoscerlo di persona, Gianni
Cuperlo ti colpisce per la
sua mitezza, ragionevolezza, educazione e tolleranza. Eppure è stato un
dirigente della Fgci. Chissà
che aveva in testa, chissà
che musica ascoltava o che
integratori alimentari gli dava
la mamma. Se cʼè uno che
sembra un democristiano –
in senso buono, di mediatore
ragionevole e moderato – è
proprio Gianni Cuperlo.
Quindi, ecco, lʼabbiamo
detto: che si ami o si odi, la
Dc è di nuovo qui ed è il Pd.
Anche se forse lʼottimo Rotondi non sarà del tutto dʼaccordo. E allora Forza Italia
nel Pdl che cosʼè? La Gabbanelli sarebbe pronta a giurare che la Dc che lei odiava
da bambina si annida proprio lì. E invece forse anche
no. Certo, Mario Mauro è di
Cl (ma sta con Monti). Però
cʼè il ministro Lupi (che però
è più catt che demokrist). E
poi abbiamo gli psiisti (socialisti…) come Sacconi, Brunetta, Cicchitto… O
addirittura i radicali come
Quagliarello. Insomma: che
confusione. Dal centrosinistra è nato il bipolarismo. Ma
la sinistra ha occupato la destra (ci sono anche i Ferrara
e i Liguori e – un giorno si e
uno no – persino Guzzanti) e
la Dc ha invaso lo spazio del
Pc e lo ha colonizzato fino a
strangolarlo in un affettuoso
abbraccio. Destra/sinistra
categorie in crisi? Diciamo
che la Dc è lʼunica certezza.
Andreotti avrà avuto ragione
di andarsene con un sornione sorriso…
Francesco Signoretta
Il vizietto non è nuovo, da sempre insistono sulla distinzione tra la piazza
buona e la piazza cattiva. Anche prima
del ʼ94 – anno in cui, per gli opinionisti
della sinistra, nacque il popolo delle fiction che poco aveva di politico e molto
di pubblicità di detersivi – esisteva un
approccio diverso nei confronti dei comizi e dei cortei. Erano “legittimi” se organizzati dalla sinistra o dai sindacati,
“pericolosi” se promossi dallʼallora Msi
o da chi non facesse parte dellʼarco costituzionale. Con altre motivazioni ma
con simili finalità, lo stesso copione
viene riproposto in modo subdolo ogni
qualvolta il centrodestra decide di scendere in piazza, ultimo caso in ordine
cronologico la manifestazione a Brescia. Immediati i giudizi negativi, “così
si delegittimano i giudici”, “è un attacco
alla magistratura” e via dicendo. Chi
partecipa viene etichettato come “popolo delle impunità”. Negli ultimi anni, i
manifestanti del Pdl sono stati apostrofati in tutti i modi: se erano contro lʼoppressione delle tasse venivano
considerati “evasori”, se erano contro il
governo del centrosinistra “antidemocratici”, se erano contro il governo dei
tecnici “volevano salvare i propri privilegi”. A Piazza del Popolo a Roma con
Berlusconi, secondo alcuni resoconti,
cʼerano “figuranti pagati” e i radical chic
sorridevano ironici: “Più che militanti
sembrano personaggi usciti dalle trasmissioni di Maria De Filippi”. Erano in
tanti? Flores dʼArcais aveva già la risposta pronta: “Anche Hitler riempiva le
piazze”. Una mancanza di rispetto nei
confronti della gente che la dice lunga
sul metro di giudizio di una certa sini-
stra. Persino nel 2006, lʼimponente manifestazione di piazza San Giovanni
venne accompagnata dalle critiche, “un
corteo più da Bagaglino che politico”.
Fassino parlò di “manifestazione senza
piattaforma” e Di Pietro di “manifestazione di cartapesta, pallida imitazione
del Carnevale di Viareggio”. Di contro,
cʼè sempre stato giustificazionismo
quando le città venivano messe a ferro
e fuoco dai “bravi ragazzi dei centri sociali” di cui bisogna “capire le ragioni
della rabbia e della protesta”. La loro è
comunque una piazza “buona”, piena
di “democratici”, che hanno passione e
cervello (nonché qualche spranga di
troppo, ma questo è un dettaglio irrilevante). Una piazza diversa da quella
degli “impresentabili” del centrodestra.
Che però, alla fine, danno lezioni a tutti,
a cominciare da Lucia Annunziata.
I salotti-bene, i figuranti e i clown politici
contro il popolo di centrodestra
Nell'inferno Pd Epifani "traghetterà" il partito.
Se non ci saranno imboscate...
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Giovanna Taormina
IDopo mesi di confusione il
Pd punta le sue fiches su
Guglielmo Epifani, destinato
(se non ci saranno nuove imboscate in stile Prodi) a diventare
il
segretario-traghettatore in
attesa che dal congresso
esca il nuovo segretario nel
pieno delle funzioni. La convergenza sul sindacalista
della Cgil, si legge in una
nota del Pd a fine riuione
pre-assembleare, dipende
dal fatto che il «suo profilo risulta il più idoneo a condurre
il Pd verso la stagione congressuale e nelle nuove e
impegnative responsabilità
che spettano al Pd nella difficile fase politica del Paese».
La scelta di Epifani come segretario “traghettatore”, decisa dai vertici del partito con
la benedizione delle varie
componenti, darà al partito
una guida in vista del congresso di ottobre, garantendo quattro mesi di tregua
interna. Sul suo nome è arrivato subito l'ok di Dario
Franceschini che in un
tweet, ha scritto: «Epifani ha
l'autorevolezza, il buonsenso, l'esperienza che ser-
vono adesso per sostenere il
governo e rilanciare il partito
tenendolo unito». In un altro
tweet Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, ha
descritto Epifani come «la
persona giusta per guidare il
partito in questo passaggio
difficile. A lui va il mio pieno e
convinto sostegno». Favorevole anche Pierluigi Castagnetti: «Sarà un ottimo
segretario, capace di rappre-
sentare al meglio l'intera
complessa realtà del partito e
a ridargli passione e slancio». L'accordo sull'ex leader
Cgil consente comunque
altre candidature. Secondo
l'ex mezzobusto del Tg1 Sassoli Epifani «sta riscontrando
grande consenso» nel partito
«ma ci potranno essere
anche altre candidature». Il
giornalista ha aggiunto:
«Quello che eleggeremo sarà
Processo Ruby: il Csm sanziona il pm Fiorillo
per non aver rispettato il riserbo
Redazione
«L'avevo messo in conto, ma lo rifarei». Così
Annamaria Fiorillo, condannata dal Csm per
non aver rispettato il dovere del riserbo, commenta la decisione dei colleghi togati, annunciando ricorso davanti alle Sezioni Unite
della Cassazione. Com'è noto, la Fiorillo è il
magistrato della procura per i minorenni di
Milano che era di turno la notte del 27 maggio
del 2010, quando Ruby venne portata in questura e poi rilasciata e affidata all'allora consigliere regionale Nicole Minetti. La sezione
disciplinare di Palazzo dei marescialli le ha
inflitto la sanzione della censura per le dichiarazioni alla stampa con cui di fatto smentì
la ricostruzione fornita in Parlamento dall'allora ministro dell'Interno Maroni. E lo ha fatto
accogliendo la richiesta della procura generale della Cassazione (rappresentata dal sostituto Betta Cesqui), che contestava al
magistrato di aver lei stessa sollecitato l'attenzione dei giornalisti su quelle che erano
state le sue direttive quella notte, violando il
dovere di riservatezza sull'attività di ufficio
che incombe su tutti i magistrati. Nel ricostruire al Senato sei mesi dopo i fatti quello
che era accaduto quella notte del 27 maggio
2010, Maroni riferì che l'allora premier Silvio
Berlusconi aveva telefonato al capo di gabinetto della questura di Milano per chiedere informazioni sul fermo della ragazza che gli era
stata segnalata come «la nipote del presidente Mubarak»; e soprattutto disse che l'affidamento di Ruby a Minetti era avvenuto
«sulla base delle indicazioni del magistrato di
turno». Affermazioni che il magistrato in servizio quella notte confutò a suon di ripetute
dichiarazioni e interviste rilasciate a stampa
e trasmissioni televisive, violando «il dovere
generale di riserbo» e «lo specifico divieto
per i sostituti procuratori della Repubblica di
rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria
dell'Ufficio». Una scelta oggi sanzionata, e
un segretario che ci farà discutere, perché abbiamo bisogno di discutere. Ma il
partito non può più consentire uno spettacolo come
quello dell'elezione del presidente della Repubblica. La
logica non deve essere che
mi indigno quando viene bocciato chi mi somiglia». Ma
alla vigilia dell'assemblea di
oggi il rischio caos è dietro
l'angolo. Saranno presenti
anche i giovani OccupyPd, la
rete che ha occupato circoli e
sedi del partito durante l'elezione del presidente della
Repubblica. Il clima non si
preannuncia dei migliori. «Se
c'è la candidatura di Guglielmo Epifani, ci sarà una
epifania di candidati – ha
detto Pippo Civati del Pd, a
margine di un incontro con i
giovani di Occupay Pd – L'importante adesso è chiarirsi
sul fatto che vogliamo sapere
la data del congresso». A chi
gli domandava se il Pd morirà
“democristiano”, Civati ha risposto: «Moriremo e basta,
magari morissimo democristiani, almeno avremmo un
destino». Altri psicodrammi
non mancheranno.
confermata dalla Fiorillo sei giorni dopo con
un'intervista a In mezz'ora , a sua detta mirata a tutelare la sua credibilità di fronte a una
«ricostruzione nociva». Il verdetto di oggi
qualifica una volta di più il discusso operato
del pm in quella circostanza.
Pdl in piazza a Brescia per difendere
Berlusconi dai giudici
Redazione
Il Pdl va in piazza oggi a Brescia
in sostegno di Silvio Berlusconi,
ma i toni che il premier utilizzerà
oggi pomerggio sono ancora da
valutare. «Mi auguro che a Brescia ci sia una manifestazione di
carattere politico, che tocchi i
grandi problemi che l'Italia vive
in questo momento», è l'auspicio del vicepresidente del Csm
Michele Vietti che ha risposto in
merito alle proteste contro la
magistratura annunciate dal Pdl
nella città lombarda in occasione dell'intervento di Berlusconi- «Se ci saranno accenni
alla giustizia, mi auguro che saranno accenni in positivo, sul
modo di farla funzionare meglio
nell'interesse di tutti i cittadini»,
ha aggiunto. Ma la linea al momento non cambia e Silvio Berlusconi ci tiene a ribadirlo: il Pdl
non metterà in crisi il governo
Letta. Una presa di posizione
chiara arrivata all'indomani della
sentenza di condanna in appello per il processo Mediaset e
la richiesta di rinvio a giudizio
arrivata dalla procura di Napoli
con l'accusa di "compravendita
di senatori". La rabbia del Cavaliere però è tanta e la misura
inizia ad essere colma. Ecco
perché, nonostante la strategia
preveda di tenere distinti i due
piani - sentenze da un lato e tenuta del governo dall'altra - Berlusconi non rinuncierà ad
attaccare i giudici che "mi vogliono politicamente morti" chiedendo al Pdl di mobilitarsi e
scendere in piazza alzando i
toni. Tant'è che la raffica di commenti contro la magistratura
produce una dura presa di posizione dell'Anm che torna a denunciare la delegittimazione
perpetrata da Berlusconi nei
confronti dei giudici. Un cambio
di passo che ha portato a ripristinare in meno di 24 ore la manifestazione in programma per
oggi a Brescia che lo stesso Cavaliere aveva deciso di sospendere limitandosi ad un punto
stampa e ad una cena con gli
imprenditori locali. Ma lunedì
dovrebbe esserci il bis con un
sit-in davanti al palazzo di giustizia in concomitanza con la requisitoria sul processo Ruby. La
decisione, bisogna dire, è ancora in fase di valutazione con
Berlusconi ancora indeciso se
seguire le spinte dei falchi o i
toni “concilianti” di chi gli sus-
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surra prudenza evitando di esacerbare il clima con ricadute
inevitabile sul governo. E' d'altronde lo stesso Cavaliere a non
nascondere che la raffica di
sentenze rischia di “minare” il
clima di pacificazione che ha
permesso la nascita del governo, anche se "non saremo
noi a interrompere questa
strada", mette in chiaro il Cavaliere. Certo, l'attesa è ora per
quanto dirà nel comizio di oggi
(a cui non dovrebbero partecipare - così come al sit in di Milano, per motivi di opportunità
politica - né i ministri Pdl né il
segretario Alfano). Se la linea
resta quella di tenere i toni
bassi sulla tenuta del governo,
l'ex premier batterà sulle riforme che si aspetta per "rilanciare l'economia e portare il
Paese fuori dalla crisi". Ma è
difficile che, nel parlare di questi interventi, si faccia sfuggire
l'occasione per chiedere interventi profondi sulla giustizia tornando a pretendere "parità tra
accusa e difesa, separazione
delle carriere, responsabilità civile dei magistrati".
scia. Il manifesto falso creato dal sito
di satira di sinistra è praticamente
identico a quello visibile sul sito del
Pdl. Ma con qualche dettaglio modificato che induce allʼequivoco: lʼaggiunta in basso della scritta “cestino +
10 euro, mentre il nome dellʼautore
che lʼha creato è scritto minuscolo, al
centro, tanto che risulta davvero difficile distinguere quel tentativo di satira
da una reale offerta di denaro e di merende agli elettori di centrodestra.
Ecco perché sulla rete, in queste ore,
il popolo della sinistra e dei grillini che
spara tutti i giorni sul governissimo
col Pd, sʼè scatenato in una sequela
di insulti irripetibili: “orrore”, “a che
punto siamo”, “offrono soldi per farli
andare a un comizio”, “questa è la
gente che vota Berlusconi!”. Tutto
falso, ma poco importa. A chi prova a
far notare che il manifesto sembra taroccato, arrivano altri insulti, in un tipico
tentativo
di
cazzata
auto-avverante di un certo tipo di navigatore del web che assimila solo le
informazioni che gli piacciono. Morale della favola, nel caos e nellʼanarchia della rete la lotta politica si
conduce anche così, con trucchetti
da scuola elementare o iniziative da
spalatori di fango per colpire chi domani sarà in piazza a manifestare al
fianco di colui che, piaccia o no, considera il proprio leader. A proposito,
la Boldrini non ha nulla da dire su
questo?
“In piazza con Silvio: cestino + 10 euro”: la sinistra
crea un falso manifesto per insultare gli elettori del Pdl
Luca Maurelli
“In piazza a Brescia per Silvio, ad
ogni manifestante un cestino più 10
euro”. Qualcuno ha abboccato come
un pollo al falso manifesto, forse perché non vedeva lʼora di gridare «Vergogna!» agli elettori del Pdl. Altri,
invece, hanno fatto girare quel cartello taroccato sulla rete ben consapevoli che fosse un “fake”, ma tanto
contro Berlusconi tutto fa brodo. In
questo clima di odio verso il governo
delle larghe intese dalla sinistra vendoliana e dai grillini che impazzano
sul web omai ci si può aspettare di
tutto, anche che un cartello-sfottò
creato da un sito satirico (anche questo però tutto orientato contro il centrodestra, non a caso lʼautore,
Giuseppe Paperini, si definisce “di sinistra”) venga veicolato per sostenere
la tesi che gli elettori del Pdl, considerati rozzi, ignoranti, affamati e accattoni, vengano contingentati su
degli autobus come pecoroni e portati
in piazza, a Brescia, per manifestare
contro i giudici al fianco di Berlusconi.
Per soldi o per un panino. Lo stesso
tentativo che si fece di giustificare lʼinvasione di piazza del Popolo del Pdl,
un mese e passa or sono, come una
scampagnata retribuita dal partito.
Trecentomila persone corrotte e plagiate, fu la tesi di allora, rimbalzata in
programmi tv molto seguiti come
“Servizio pubblico”. Il metodo è lo
stesso anche per lʼadunata di Bre-
Letta: da Grillo solo parole inaccettabili. E chiede
all'Ue di dedicare al lavoro il prossimo consiglio
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Gloria Sabatini
Bordate all'antipolitica, programmi contro la disoccupazione, prospettive europee. Nel
giorno dell'incontro ufficiale a
Palazzo Chigi con Martin
Schulz, Enrico Letta torna a
scandire le parole d'ordine del
suo esecutivo di larghe intese.
Costretto a zigzagare sull'Imu,
dopo il congelamento della sua
proposta per i veti della sinistra,
il premier punta tutto sul lavoro.
«L'Europa deve dare risposte
sulla disoccupazioni giovanile,
arrivata a livelli assolutamente
insostenibili ed è per questo
che chiediamo che il prossimo
Consiglio Ue di giugno si concentri su un piano straordinario
sull'occupazione giovanile che
vari subito misure concrete».
Senza lavoro per i giovani non
c'é speranza, né per i paesi
membri né per l'Europa – ha ribadito ai cronisti al termine dell'incontro con il presidente del
Parlamento europeo, che ha riportato le stime degli esperti sul
trilione di euro persi per l'evasione fiscale. «È importante –
ha detto Schulz – che al prossimo Consiglio europeo siano
prese misure contro la frode fiscale». Letta ha fatto capire di
non essere interessato né al
braccio di ferro con Berlino né
al derby tra sviluppo e rigore.
«Noi non abbiamo nessuna intenzione di fare un confronto
Redazione
Il Pdl guadagna quasi un punto
(+0,8%) in una settimana e si
conferma primo partito nelle intenzioni di voto con il 27,6% dei
consensi. In lieve crescita il Pd
(+0,2%) al 24%, mentre perde
quasi due punti (-1,9%) il Movimento 5 Stelle, che si attesta al
21,8%. È quanto emerge dal sondaggio realizzato dall'istituto Swg
in esclusiva per Agorà, su Rai
Tre. Calano Scelta Civica (-0,3%)
e Sel (-0,2%), rispettivamente al
5,4 e al 4,9%, mentre cresce leggermente (+0,3%) la Lega Nord,
che si attesta al 4,5%. Perde
qualcosa (-0,3%) l'Udc, all'1,7%,
mentre Fratelli d'Italia-Centrodestra nazionale guadagna più di
mezzo punto (+0,6%) attestandosi all'1,8 %. Per quanto riguarda il governo, secondo il
sondaggio Swg, cala di 4 punti in
una settimana la fiducia degli italiani nel governo Letta, attestandosi al 39%. Solo il 5%, inoltre, è
convinto che l'esecutivo durerà
l'intera legislatura, e un significativo 68% ritiene che non riuscirà
a mantenere quanto promesso
perché i veti incrociati dei partiti
che lo sostengono vanificheranno
ogni sforzo. Il 44% degli italiani
continua a ritenere che il nuovo
esecutivo durerà almeno un
anno, ma cresce la convinzione
che durerà solo pochi mesi
(27%). Per il 15% invece reggerà
per 2-3 anni.
Sondaggi: aumenta il Pdl,
calano i Cinque Stelle
e la fiducia nel governo Letta
ideologico sul tema della tenuta
dei conti pubblici. Condividiamo
la necessità di conti a posto e
non ci sarà nessuno scontro
ideologico fra austerità e crescita», ha aggiunto dichiarandosi «molto orgoglioso» del
suo Paese «perché si presenta
a Bruxelles con conti in ordine.
Grazie al governo precedente
e la maggioranza che lo ha sostenuto, possiamo sperare ragionevolmente di avere il 29
maggio la notizia di uscire dalla
procedura per deficit eccessivo». Poi l'inevitabile stoccata
alla destabilizzazione provocata dalle posizioni del Movimento 5Stelle. «Respingo al
mittente le accuse di Beppe
Grillo e l'uso di una parola
come "colpo di Stato", che è totalmente inaccettabile», ha
detto ricordando ruvidamente
al comico che quando ha usato
la parola colpo di Stato, una
giornalista cilena gli ha spiegato che cosa è veramente un
colpo di stato, «facendogli fare
una figuraccia». Così facendo,
ha concluso il premier, Grillo
«ferisce le istituzioni del nostro
Paese. Ma le nostre sono istituzioni legittime e sono la rappresentanza popolare». Poi si
toglie un sassolino di scarpa
non previsto e cede alla replica
"personale". «È da 46 anni che
faccio il nipote...», ha detto ironico all'ennesimo attacco del
leader Cinquestelle sulla parentela del premier con il "potente" Gianni. «Grillo la butta
sull'insulto personale perché
non ha molti argomenti: lui insulta, io voglio occuparmi di
problemi del Paese e mentre il
governo taglia lo stipendio dei
ministri lui fatica a imporre tagli
alla diaria».
Riforme, il presidente
della Consulta favorevole
a una task force
Redazione
«Non ci sono problemi, non ne vedo
perché credo sia una scelta parlamentare». Così il presidente della
Corte Costituzionale, Franco Gallo,
ha risposto ai cronisti a Padova sull'ipotesi di un comitato consultivo
per le riforme, come proposto dal
ministro Quagliariello, che supererebbe così il progetto della Convenzione. «Se la commissione, ovvero
il comitato, è redigente - ha aggiunto
Gallo - non si crea un problema di
ordine costituzionale. Semmai la
questione - ha chiarito - si pone se
dovessero fare un discorso di tipo
legislativo costituzionale, ma non è
questo il caso. Se si opera nell'ambito delle commissioni è una questione che riguarda il Parlamento».
Anche il Pd apre all'ipotesi di una
Convenzione. «Commissione Affari
Costituzionali sentiremo il ministro
Quagliariello per capire qual è
l'orientamento del governo sul
punto. Se volete il mio parere, io
sono una parlamentarista convinta.
Credo che gli anni di elaborazione
che abbiamo alle spalle, e anche il
lavoro compiuto dal Parlamento
nella scorsa legislatura, dicano che
c'è un largo accordo su molte questioni. Resiste un punto politico, ovviamente centrale, per risolvere il
quale non serve la Convenzione,
ma è necessario un approfondimento parlamentare e il coinvolgimento di tutti i gruppi», ha spiegato
ieri la senatrice Anna Finocchiaro.
Siria, la polveriera inesplosa. Alta tensione
tra Damasco e Israele: Assad minaccia e rilancia
5
Antonella Ambrosioni
In Siria la situazione è ormai insostenibile, con una guerra civile che va avanti da oltre due
anni, un migliaio di morti, ma
nessuno sconftto. Non è sconfitto Assad, che anzi, minaccia
e rilancia; non sono sconfitti gli
oppositori del regime. Ora la
tensione è alle stelle dopo i
raid aerei israeliani contro
obiettivi militari in Siria. Assad,
rivela il quotidiato ar Rai del
Kuwait, ha fatto sapere agli
americani che se Israele dovesse attaccare di nuovo la
Siria quest'azione sarà considerata un'azione di guerra e la
Siria risponderà immediatamente. L'utilizzo di armi proi-
bite da parte del regime anima
ancora il dibattito. La voce di
Carla Del Ponte ex procuratore
capo del Tribunale penale internazionale esce dal coro e
punta il dito sui ribelli siriani,
prima e più che sul regime di
Bashar al-Assad, sui sospetti
riguardanti il presunto uso di
armi chimiche. «Abbiamo potuto raccogliere alcune testimonianze sull'utilizzo di armi
chimiche, e in particolare di
gas nervino, ma non da parte
delle autorità governative,
bensì da parte degli oppositori,
dei resistenti», ha detto la Del
Ponte. Un'affermazione che
che non permette un punto di
vista “manicheo”, né una valu-
tazione unilaterale di colpe e
ragioni rispetto a quanto sta
accadendo in Siria, dopo due
anni. Inquietano poi le parole
degli Hezbollah dal Libano.
Dopo gli attacchi israeliani
della settimana scorsa, la Siria
ha deciso di fornire a Hezbollah armi mai ricevute prima, tali
da «cambiare le regole del
gioco», secondo il loro leader
Hassan Nasrallah. Il capo delle
milizie sciite libanesi alleate di
Damasco ha ammesso quindi,
anche se implicitamente, il sostegno militare dalla Siria. Ieri,
poi, un gruppo di ribelli siriani
ha diffuso in Internet un altro
video dei quattro “caschi blu” filippini da loro sequestrati tre
giorni fa sulle Alture del Golan,
vicino alla linea di demarcazione con la parte occupata da
Israele. Nelle immagini si vedono i militari dell'Onu seduti
su delle sedie, apparentemente in buona salute, mentre
alle loro spalle, in piedi, un ribelle legge una dichiarazione
in cui si afferma che essi sono
solo trattenuti per «garantire la
loro sicurezza». Il ministro
degli Esteri filippino ha chiesto
di ritirare i 342 soldati filippini
della missione Onu sul Golan
perché la situazione della sicurezza «é andata oltre i limiti tollerabili».
Redazione
Il presidente francese, Francois Hollande, vuole cancellare la parola
“razza” dall'articolo uno della Costituzione entro l'estate: è quanto riferisce
Radio France Inter. Scritto nel 1946, il
testo costituzionale stipula che «la
Francia è una Repubblica indivisibile,
laica, democratica e sociale. Garantisce l'eguaglianza davanti alla legge di
tutti i cittadini senza distinzione d'origine, razza o religione». Durante la
campagna presidenziale che lo portò
all'Eliseo, nel marzo 2012, Hollande si
era assunto questo impegno. Il candidato socialista aveva deplorato le discriminazioni e il razzismo
annunciando una serie di misure,
prima tra tutte la soppressione della
parola «razza» dalla Costituzione.
«Nella Repubblica, non c'è posto per
la razza. Ed è per questo che all'indomani del voto chiederò al Parlamento
di eliminare la parola “razza” dalla nostra costituzione», aveva detto in
piena campagna elettorale. Il problema, è che oggi Hollande non dispone di una maggioranza
abbastanza forte in Parlamento per
procedere a una riforma costituzionale
di questo tipo. La sua proposta ha già
suscitato numerose polemiche. Fu
bollata come “ridicola” dallʼex presidente Nicolas Sarkozy, critico verso
«lʼidea di modificare un testo scritto col
sangue dei francesi liberi». Lʼex inquilino dellʼEliseo, in campagna elettorale, schernì il suo avversario: «Ecco il
progetto che Hollande propone alla
Francia: fare la guerra al dizionario».
Attribuendo ad Hollande il merito di
aver individuato una delle priorità dei
francesi, Sarkozy disse ironicamente:
«Ogni giorno incontro molti francesi,
che mi confessano che cʼè una questione che li tormenta e non li fa dormire la notte: la presenza della parola
razza nel preambolo della costituzione.
Vengo continuamente fermato per
strada da persone che mi implorano di
sopprimerla». Se per battere il razzismo basta abolire la parola razza, concluse «allora io propongo che si
eliminino le parole disoccupazione perché non ci siano più disoccupati e povertà perché non ci siano più poveri».
Hollande vuole cancellare la parola "razza" dalla Costituzione.
Ma in Parlamento gli mancano i numeri
Miracolo a Dacca:
dopo 17 giorni
estratta viva
una donna
Redazione
Diciassette giorni dopo la tragedia a Dacca, in Bangladesh,
è arrivato il miracolo. I soccorritori hanno trovato una donna
viva sotto le macerie del palazzo crollato il 24 aprile. La
superstite, praticamente illesa,
si chiama Named Reshmi ed é
stata trovata in uno scantinato
dello stabile “Rana Plaza”. I
soccorritori si sono accorti
della sua presenza quando la
donna ha cominciato a piangere e a chiedere aiuto. «Stavamo rimuovendo le macerie e
abbiamo chiesto a voce alta se
qualcuno fosse vivo», ha raccontato uno degli uomini ancora al lavoro tra le macerie.
«Dopo un po' ha aggiunto,
«abbiamo sentito una voce
che ci implorava “vi prego, salvatemi”. Da quel momento la
donna ha cominciato a parlare
con noi». Un altro soccorritore
ha raccontato: «Abbiamo esultato di gioia quando abbiamo
capito che c'era qualcuno vivo
e ci siamo informati sulle sue
condizioni». Prima di essere
caricata su un'ambulanza, la
sopravvissuta ha raccontato di
essere stata intrappolata in un
piccolo spazio dove c'era aria
e anche un po' di luce e che ha
mangiato dei biscotti che
erano stati gettati dai soccorritori dall'alto del cumulo dei detriti. Il bilancio del crollo ha
oltrepassato oggi i mille morti,
mentre un numero imprecisato
di persone risulta ancora disperso.
Milano, il Decentramento diventa
lʼennesimo fallimento di Pisapia
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Redazione
Si è svolto un incontro fra i presidenti delle nove
Zone di Milano ed il sindaco Giuliano Pisapia, accompagnato dallʼassessore Francesca Balzani, sul
tema dellʼattuazione del Decentramento. Durante
questa riunione il primo cittadino avrebbe affermato
la volontà dellʼAmministrazione comunale di centrosinistra «di aprire una nuova fase che rafforzi i
Consigli di Zona». «Ma come mai – ha dichiarato il
coordinatore del Pdl milanese Giulio Gallera - dopo
due anni di governo della città il sindaco Pisapia
parla della necessità di aprire una nuova fase che
rafforzi i Consigli di Zona? Cosa è stato fatto in questi due anni? Niente di significativo, niente di concreto ed efficace per rafforzare i poteri e le
competenze dei Consigli di Zona. Il Decentramento
– ha continuato Gallera – rappresenta un altro
enorme fallimento della Giunta Pisapia ed un altro
fragoroso tradimento delle promesse elettorali. Pisapia aveva dichiarato solennemente che tra i suoi
primissimi atti ci sarebbero state la riforma del decentramento e la trasformazione dei Consigli di
Zona in Municipi ed invece in quasi la metà del
mandato cosa è successo? È scomparso lʼassessorato al Decentramento, che avrebbe dovuto elaborare ed attuare “la riforma arancione del
Decentramento”. Sono state tolte alle Zone le competenze inerenti allʼerogazione dei sussidi agli anziani con gravissimi disservizi per i milanesi, sono
state centralizzate le iniziative ludico-aggregative
dei Centri multifunzionali. Lʼunica novità è stato il
trasferimento di alcuni geometri che si occupano
della manutenzione del verde alle Zone, senza
però attribuire alle singole Zone un vero e proprio
bilancio relativo alle manutenzione e continuando a
far dipendere gerarchicamente il personale dal settore Parchi e Giardini. Di conseguenza anche questa misera novità deve essere definita come una
finta attribuzione di competenze e poteri. La riunione - ha concluso il coordinatore del Pdl Gallera
– sancisce il fallimento della politica di Pisapia sul
Decentramento e dimostra che gli impegni solenni
assunti in campagna elettorale erano solo parole al
vento che non riescono più neppure ad essere giustificate dagli eletti e dai dirigenti politici di questa
maggioranza, che ogni giorno tradisce tutti quelli
che lʼhanno votata; dopo i dipendenti comunali,
dopo i lavoratori delle società partecipate, anche i
tanti militanti di sinistra che credevano nella partecipazione e nella valorizzazione dei luoghi decentrati di partecipazione e coinvolgimento».
Toscana, per la crisi all'ex Mabro
i sindacati debbono trovare lʼunità
Redazione
In merito alla situazione di
crisi allʼex Mabro (oggi Abbigliamento Grosseto, stabilimento tessile con poco
meno di 250 operaie in
cassa integrazione e da alcuni giorni ammesso dal Tribunale
al
concordato
preventivo, cosiddetto “in
bianco"), l'europarlamentare
del Pdl Lara Comi ha inteso
precisare di non aver «pontificato sulle divisioni sindacali. Ho semplicemente
rilevato una situazione in essere – ha chiarito – che è
stata riportata ampiamente
dalla stampa locale, con
lʼauspicio invece che si trovi
una convergenza tra le diverse sigle e ci si accordi su
un percorso unitario per il
bene dellʼazienda e dei lavoratori. In un periodo di grave
crisi occupazionale io rimango convinta che la mi-
gliore risposta sia quella di
trovare soluzioni di mediazione, seppure sofferte. Il
modello è quello che abbiamo visto il primo maggio
a Treviso, dove operai e industriali hanno celebrato insieme il giorno dedicato ai
lavoratori con sindacati e associazioni di categoria uniti
nello slogan “Non cʼè impresa senza lavoro, non cʼè
lavoro
senza
impresa".
Comprendo le sofferenze di
chi si trova in cassa integrazione e in ritardo di pagamento dello stipendio da
mesi – spiega la Comi – Ma
il muro contro muro può rivelarsi controproducente.
Rispetto ai novanta operai
che scioperano a oltranza, ci
sono anche tra i sessanta e
ottanta lavoratori che hanno
continuato a prestare la loro
opera, pur in un contesto di
grandi difficoltà, per non per-
dere
quelle
commesse
senza le quali lʼazienda rischierebbe la chiusura. Io mi
auguro che Cgil, Cisl e Uil
trovino una piattaforma comune dʼintesa e che la Regione Toscana giochi un
ruolo da protagonista in questa difficile vertenza»..
Puglia, pugno duro
contro gli abusivi
senza però
criminalizzare tutti
gli operatori balneari
Redazione
«È condivisibile lʼopposizione
durissima a chi costruisce
abusivamente e deturpa lʼambiente, ma generalizzare è un
errore». Così il consigliere regionale del Popolo della Libertà Saverio Congedo critica
lʼassessore alla Qualità del
territorio della Regione Puglia
Angela Barbanente che, in riferimento alle inchieste della
magistratura a Porto Cesareo, ha parlato degli abusi
edilizi come norma nel Comune jonico. «Un conto - prosegue - è impostare e
condurre una battaglia a tutto
campo contro chi realizza,
tollera o favorisce abusi edilizi e brutalità di ogni tipo nei
confronti del territorio intorno
a noi, un altro conto è omettere distinzioni necessarie nel
riferimento agli operatori del
turismo balneare che non
sono tutti brutti, sporchi e cattivi. Ho letto parole della Barbanente che sotto questo
profilo sono un tantino incaute, perché implicitamente
ci portano a buttare il bambino
assieme
allʼacqua
sporca. Con il proposito malcelato di scaricare sugli imprenditori dei lidi e degli
stabilimenti balneari costi e
tempi di una burocrazia mai
perfettamente efficiente chiarisce ancora Congedo - si
finisce con il criminalizzare indistintamente un intero settore,
che
è
diventato
unʼattrattiva
fondamentale
per il nostro turismo e che
rappresenta una fetta significativa dellʼeconomia di questo
comparto
e
delle
opportunità occupazionali del
Salento».
Califano ancora senza tomba: un oltraggio
alla sua memoria su cui interviene la Siae
Priscilla Del Ninno
La musica è finita. Gli amici se ne
vanno. I parenti pure. E il Califfo, morto
il 30 marzo, a un mese e mezzo dalla
celebrazione del funerale ancora
aspetta di avere una degna sepoltura.
Attualmente le spoglie dell'artista dimorano nel cimitero di Ardea, in provincia di Roma, ospite temporaneo del
comune in un loculo pubblico. Uno scenario completamente differente rispetto
a quello raccontato da giornali e tv nel
giorno dell'addio alla camera ardente
in Campidoglio, dove l'autore di Roma
nuda e Minuetto era stato salutato per
l'ultima volta da migliaia di persone,
una folla che riuniva e mescolava amici
dell'uomo e fan dell'artista. Un funerale
solenne tributato con tutti gli onori a
una grande personalità della musica,
un poeta della canzone la cui memoria
va onorata e rispettata e che la situazione della tumulazione mancata di
certo non commemora degnamente.
Considerati i rapporti sporadici e conflittuali con la figlia Silvia, il problema
della sepoltura di Califano riguarda la
famiglia degli amici dell'artista: e allora,
persino la Siae si è mobilitata nelle ultime ore e attraverso il direttore generale Gaetano Blandini ha offerto la
piena disponibilità, anche economica,
a risolvere la questione. Un intervento
che ci si augura sblocchi uno stallo che
mortifica un autore che ha regalato intramontabili successi alla storia della
canzone italiana e che, nelle sue ultime
volontà, come raccontato dall'avvocato
Marco Mastracci, legale di Franco Califano, chiedeva di poter riposare accanto al fratello Salvatore, morto a 40
anni, e al nipote Franco, stroncato da
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una leucemia fulminante a soli 18 anni.
Sulla lapide, dovrebbe esserci scritto,
come indicato beffardamente dallo
stesso Califfo, «Non escludo il ritorno»,
dal titolo di un suo celebre pezzo. Ad
Ardea, infine, sempre secondo li desideri espressi da Califano, dovrebbe essere allestito il suo museo personale,
nelle cui sale saranno raccolti gli strumenti e tutto quello che più era caro al
maestro. Un luogo della memoria che
sarà anche la sede di unʼassociazione
che porterà il suo nome, dedicato ai ragazzi che vogliano studiare musica.
I cinquant'anni di Bono Vox, voce e anima (turbolenta) degli U2
Bianca Conte
«Sono un pessimo chitarrista, e
un pianista ancora peggiore.
Se non avessi avuto vicino
Edge non avrei avuto speranze. Se non ci fossero stati
Larry e Adam, quelle melodie
non avrebbero messo radici.
Devo contare sugli altri, ma lo
faccio molto bene». Sagace e
autoironico Bono Vox racchiude in queste poche battute
il segreto di un successo planetario legato alla sua leadership
canora.
Certo,
nell'immaginario collettivo una
rock star non invecchia mai:
eppure il calendario ieri segnava il cinquantesimo compleanno dell'artista, voce – ma
anche anima e corpo – del
gruppo rock irlandese degli U2,
al secolo Paul David Hewson,
nato appunto il 10 maggio 1960
a Dublino. Tutt'altro che un posato uomo di mezza età, l'indomito cantante di Sunday Bloody
Sunday e di Where the streets
have non name, continua
senza alcun cedimento a infiammare gli animi di milioni di
fans sparsi in tutto il mondo.
Eppure il cinquantenne leader
della mitica band è stato un ragazzino turbolento – ribattezzato con l'epiteto di anticristo
dalla famiglia – e un adolescente inquieto, pronto a unirsi
a un gruppo di ragazzi ribelli del
suo quartiere, i Lipton Village, il
cui scopo era principalmente
quello di evadere qualsiasi
forma di legge. Alchemica mistura di diavolo e acqua santa,
un coacervo di influssi e contraddizioni ha alimentato la crescita dell'artista, fortemente
condizionato tra l'altro dalle differenti confessioni religiose dei
genitori: cattolico il padre, protestante la madre. Cresciuto
con un profondo senso del
sacro, di fede cattolica, Bono
ha sempre riconosciuto alla cultura religiosa un ruolo fondamentale nel suo percorso
formativo: e non è un caso se,
infatti, nella canzone Gloria,
contenuta nell'album October,
l'artista canta un vero e proprio
inno a Dio; un riferimento che
esplicita senza remore il suo
credo e che Bono riprenderà in
40, tratto dall'omonimo Salmo.
Un'interiorità ricca, la sua, ma
incastonata in una personalità
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
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Fondatore
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d’Italia
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Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Mario Landolfi
Ugo Lisi
trasgressiva che, a partire dal
1976, darà vita alla strepitosa
storia degli U2. Una storia,
quella della celebre band, che
interseca sperimentazione musicale e attivismo politico, nel
nome di una militanza spettacolare che dal Live Aid ad Amnesty International, dall'impegno
contro l'Aids a quello per la povertà in Africa, ha tradotto in
note e strofe battaglie umanitarie e sfide sociali. Un attivismo
portato quasi all'esasperazione
e che in molti, in diverse fasi
della carriera di Bono, gli hanno
contestato, ma che non ha certo
impedito alla band di scalare le
classifiche di mezzo mondo, declinando la musica alla politica e
trasformando il gruppo in un potente megafono internazionale.
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7 agosto 1990 n. 250