Venezia, un`isola (quasi) felice per gli ebrei

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Venezia, un`isola (quasi) felice per gli ebrei
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Venezia, un’isola (quasi) felice per gli ebrei
Contributed by DANIELE TOSCANO
Friday, 11 March 2016
Risale ad oltre mille anni fa la prima presenza ebraica sugli isolotti della laguna. Un piccolo nucleo che nel corso del
tempo è diventato una comunità
I primi documenti che parlano di ebrei a Venezia sono datati 945 e 992: erano divieti che proibivano ai capitani di navi
dirette a Oriente di imbracare ebrei a bordo. In quel periodo, gli ebrei erano prevalentemente mercanti e prestatori di
denaro, mestieri grazie ai quali ottenevano permessi di residenza in città, sebbene spesso a costo di imposte elevate sulla
loro attività. Venezia, capitale economica e politica dell’area, era tollerante in materia religiosa e gli ebrei erano
protetti, pur non avendo sempre vita semplice: nel 1252 fu vietato loro di risiedere in determinate zone della città,
favorendo così la concentrazione nella zona di Spinalonga, dove sarebbe nata la giudecca. Nel 1386 fu assegnato anche
un pezzo di terra per il cimitero ebraico. Dalla fine del XIV secolo l’atteggiamento della Repubblica veneta si fece
più rigido: temendo “un’invasione ebraica” in certe sfere economiche, nel 1394 furono posti dei limiti
alle attività lavorative degli ebrei, obbligati inoltre, nello stesso anno, a indossare un tratto distintivo, un cerchio giallo sul
mantello (che divenne un cappello giallo nel 1496 e rosso dal 1500); altre norme antiebraiche prevedevano il divieto di
possedere terre (1423) e di costruire sinagoghe (1426). Nonostante l’emarginazione sociale, la cultura ebraica
riuscì comunque a conservarsi e a fiorire; la presenza ebraica inoltre si arricchì di coloro che nel 1492 erano stati espulsi
dalla Spagna e dal Portogallo. All’inizio del ‘500, con la discesa dei lanzichenecchi, molti profughi si
riversarono nella Laguna, inclusi numerosi ebrei. Finita l’emergenza, i veneti volevano allontanare questi sfollati: il
Senato però, vista l’abilità degli ebrei nel commercio, optò per un compromesso: decise di separarli dal resto della
popolazione, chiudendoli in un apposito quartiere, il ghetto. Il 29 marzo 1516, circa 700 ebrei, soprattutto di origine
italiana e tedesca, furono costretti a trasferirsi nell’isola del Ghetto Nuovo, un’area ristretta e malsana nella
parte nord-occidentale della città. Agli ebrei levantini (provenienti dall’Impero Ottomano) e a quelli provenienti dalla
penisola iberica invece fu riservata l’area del Ghetto Vecchio, aperto nel 1541. L’area del ghetto poteva
essere lasciata solo durante le ore diurne e solo una ristretta gamma di mestieri era permessa, come il prestito di
denaro, il commercio nel tessile e la medicina. Permanevano i segni distintivi quando lasciavano il ghetto e furono varate
tasse supplementari; per alcuni anni fu proibito stampare libri in ebraico. Lo spazio era insufficiente per quante persone
vi risiedevano; i palazzi altissimi (fino a nove piani) erano dei veri e propri grattacieli dell’epoca. Nonostante le
difficili condizioni, la comunità continuò comunque a crescere. Gli ashkenaziti costruirono due sinagoghe, la Scola Grande
Tedesca nel 1529 e la Scola Canton nel 1531; altrettanto fecero gli ebrei levantini (nel 1575) e gli spagnoli (1584).
Sorsero scuole, banche, fabbriche, negozi di spezie e gioielli, che attiravano la gente da tutta la città. Nel 1603 fu aperto
anche il Ghetto Nuovissimo. Dopo alcuni anni di fioritura, nel 1630, la peste diffusa in Europa colpì anche la comunità
veneziana, arrestando così le attività commerciali e artigianali degli ebrei del ghetto. Nel ‘700 riemerse un
sentimento antiebraico che, insieme allo spostamento di molte rotte commerciali dal Mediterraneo orientale
all’Atlantico, convinse molti a lasciare la città: dai 4800 ebrei del 1655 si passò ai 1700 del 1766. Nel 1735, a fronte
delle imposte crescenti e della crisi dei mestieri a cui si dedicavano gli ebrei, la comunità dichiarò la bancarotta. La svolta
avvenne nel 1796: l’invasione delle truppe napoleoniche e la pace di Campoformio dell’anno successivo
sancirono la fine della Repubblica di Venezia e contestualmente lo smantellamento del ghetto. La città finì sotto il controllo
dell’Impero Austriaco: per gli ebrei ciò non significò la fine definitiva delle restrizioni, ma il ghetto non fu ripristinato e
le condizioni di vita migliorarono gradualmente. Con l’annessione del Veneto al Regno d’Italia (1866) gli
ebrei di Venezia ottennero pienamente i loro diritti.
DANIELE TOSCANO
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