IL FEMMINISMO (ANNI 70) CONTESTO

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IL FEMMINISMO (ANNI 70) CONTESTO
IL FEMMINISMO (ANNI 70)
CONTESTO STORICO: La contestazione studentesca si completò con il movimento
femminista. Le ragazze italiane si sentivano strette nelle vecchie regole di comportamento e in
una società prevalentemente maschilista e patriarcale. Dovevano stare attente a come si
vestivano, a come si comportavano e godevano di poca libertà. Subivano un double standard, un
trattamento diverso, che i loro fratelli, sia in famiglia che in società. E non erano più disposte ad
accettarlo.
Nei movimenti studenteschi, le studentesse si sentivano deluse dal ruolo che veniva loro imposto
dai compagni maschi. Essi le trattenevano nei loro ruoli ancillari e tradizionali. Dovevano solo
cucinare e portare da mangiare agli incontri, pulire le stanze, prendere appunti, fare fotocopie e
volantinaggio (“gli angeli del ciclostile”). Cosí le ragazze si organizzarono autonomamente
creando diversi gruppi: Rivolta Femminile, Lotta Femminista (con i Comitati per il Salario al
Lavoro domestico), l’UDI (Unione Donne Italiane) e il Movimento di Liberazione Donne
Italiane. Tutte richiedevano la legalizzazione del divorzio e dell’aborto (che era punibile con 5
anni di prigione), conquiste che avvennero nel 1975 e nel 1978.
La prima larga manifestazione femminista ebbe luogo a Roma il 6 dicembre 1975 e contò circa
10 mila partecipanti che urlavano slogan come: “Donna e lavoro: doppio sfruttamento” e
“Tremate tremate le streghe son tornate”.
Queste donne scrissero anche alcuni album di musica femminista, come Canti di donne in lotta
(1975), Canti delle donne in lotta, n.2 (1976) e Amore e potere (1977). La canzone “Io sono una
donna” (in Amore e Potere) si rivolgeva agli uomini e chiedeva la libertà di poter camminare per
la strada in pace: “Guardami con rispetto quando io cammino . . . Cosa hai fatto del mio corpo? /
Bigiotteria, porcellana, fiori e sete, / dipinto su mille tele, / straziato e sfregiato, / sformato da
cento figli, / corroso dai veleni, / piegato sotto le fascine”.
LA NOSTRA CANZONE: “Siamo tante siamo belle” è composta e cantata dal Comitato per il
Salario al Lavoro domestico di Padova (nell’album Amore e potere, 1977) e sintetizza sia le
richieste sia il tono delle manifestazioni femministe di quegli anni. È allo stesso tempo
irriverente e giocosa (vi tiriamo le padelle) ma anche chiara e determinata contro i poteri
costituiti, Chiesa e Stato. Tutte le rivendicazioni femministe sono menzionate: l’aborto, il salario
al loro lavoro in casa, condizioni migliori sul lavoro. Si sentono anche gli slogan come “potere
alle donne,” ma sono accompagnati da smorfie carnevalesce e da toni allegri, di festa di strada,
quando le donne si inebriano della nuova libertà mentre prendono possesso delle strade e escono
dall’alienazione delle loro case.
Versione consigliata: https://www.youtube.com/watch?v=L0dn_-3eqrI
Siamo tante, siamo belle
We are many, we are beautiful
Siamo tante, siamo belle
vi tiriamo le padelle.
Siamo donne siamo stufe
siamo stufe di faticar!
We are many, we are beautiful
We throw you our pans.
We are women, we are dead tired
Dead tired of sweating!
Riprendiamoci la vita
riprendiamoci l'amore.
Siamo tante, siamo forti
tutto il mondo vogliam cambiar!
Let’s take our life back
Let’s take love back.
We are many, we are strong
We want to change the world!
Potere alle donne!
Power to women!
Basta figli da sfruttare
e vivere solo per invecchiare,
basta miseria e schiavitù
gratis non lavoreremo più!
Stop with children to exploit
And living only to become old.
Stop misery and slavery
We won’t work for free anymore!
Non ci serve più lavoro
ma tempo e soldi anche per noi
di tutti siamo le più sfruttate
adesso è ora che ci paghiate!
We don’t need more work
But time and money for ourselves
We are the most exploited of all
It’s time you paid us!
Soldi alle donne!
Money to women!
Il nostro corpo le nostre pance
Our body, our bellies
non sono carne da macellare
Chiesa e Stato state attenti
che le donne ve la fan pagare!
Are not meat for the butcher.
Church and State be careful
Women will make you pay!
Non vogliamo più abortire
con il rischio di morire
di finir nelle galere
vogliamo essere madri ma con potere!
We don’t want to have abortions
Risking our own lives
Risking to end up in jail
We want to be mothers but with power!
Potere alle donne!
Power to women!
Donne in casa siamo sole
ma nelle piazze siamo in tante
la lotta in casa è individuale
la lotta in piazza è universale!
Women, we are alone in the houses
But we are many in the squares.
Our fight in the house is individual
Our fight in the square is universal!
Contro il lavoro non pagato
ch'è violenza dello Stato
a milioni in tutto il mondo
sia questo il nostro "girotondo"!
Against unpaid work,
That is State violence
Let our merry-go-round
Be millions-strong in the whole world!
Soldi alle donne!
Potere alle donne!
Money to women!
Power to women!
American Girl in Italy è il titolo di questa foto scattata a firenze nell’agosto del 1951 dalla
fotografa statunitense Ruth Orkin. Siamo davanti al Caffè Gilli in piazza della repubblica.
C’è molto da commentare.
Camminando per la strada
Questo è un articolo scritto da una ragazza in cui si lamenta di non poter uscire di casa e
camminare per le strade di Trieste senza provare paura e imbarazzo, vittima di sguardi insolenti
degli uomini.
Articolo in “Donne all’attacco. Bollettino del comitato per il salario al lavoro domestico di
Trieste” 8 Marzo 1975 (150 lire), quarta pagina di 4.
Non ti è mai capitato di camminare per via Carducci, una delle vie principali di Trieste, alle 8 di
sera e incontrare nel giro di 800 m. una dozzina di deficienti che, appena riescono a distinguere
che sei di sesso femminile, si fermano e cominciano a urlare: “Ehi tu! Fermati! Vuoi approfittare
di un passaggio? Ehi, fermati!” che poi, anche se ti volti dall’altra parte ti seguono passo per
passo commentando in svariato modo tutte le parti del tuo corpo?
Bisogna dire che la generosità di questi gentiluomini è proprio senza limiti. Non fanno
assolutamente discriminazioni fra le donne, che tu sia giovane o vecchia, bella o brutta, se anche
quella sera piove e sei incappucciata fino ai denti e non riescono a vederti in faccia, loro ti danno
un passaggio. È chiaro che quello che gli interessa è avere un oggetto per dare sfogo alla loro
“natura maschile”: una donna.
Ebbene, anche se sono cose che le donne sopportano da secoli, io non mi ci sono ancora abituata:
però certe volte, per strada, mi accorgo anch’io di essere in uno stato di tensione, di camminare
con la testa bassa e con lo sguardo fisso davanti a me per evitare questi forzati incontri. Ho
notato guardandomi attorno che quasi nessuna donna sola che cammina per la strada ha
un’espressione sorridente, spontanea, distesa. Forse le ragazzine di tredici e quattordici anni ce
l’hanno. Ben presto si metteranno in guardia, acquisteranno la cosidetta faccia che emani dignità,
serietà, ma che è in realtà una maschera di difesa. Questi adescamenti non avvengono di certo
soltanto alle 8 di sera, si sa l’uomo è cacciatore e in questo non si pone certo dei limiti di orario.
Cosí in un pomeriggio di sole passando su un affollatissimo marciapiede mi incrocia un uomo
sulla trentina e mette le mani dove è più gradito al suo gusto maschile. Mi volto per reagire
violentemente ma lui è già sparito nella folla: rimango io, imprecando parolacce. Intanto mi
sento piombare addosso da parte degli spettatori occhiate miste di commiserazione e di
sfottimento, ed i seguenti commenti: “isterica esibizionista! Non ha un briciolo di dignità
femminile!”.
Un’altra volta uno mi alza la scollatura per guardarmi dentro. Gli mollo uno schiaffo e questo si
mette a urlare: ‘ma chi ti vuole, chi ti tocca, chi ti credi di essere, brutta stronza!”. Ed in questi
suoi insulti un uomo è molto sicuro di sè perche è sicuro della solidarietà dei presenti. Per non
dire di tutte le volte che uno ti passa accanto e ti urta con il gomito per toccarti il seno. Gli
autobus poi sono il luogo delle pratiche più raffinate in materia di palpamenti. Una volta ci
rimasi particolarmente male perche mi è capitato con un ragazzino di tredici anni – sembrava
mio fratello – che, appena alzai la mano, scappò via. Ma intanto aveva già capito che anche se
aveva 7 anni meno di me era un maschio e tutto gli era concesso. […]
Sono convinta che queste non sono eccezioni, non sono solo avventure che capitano solo ame,
ma credo che gran parte delle donne abbiano nella loro storia fatti e avvenimenti del genere.
Certo che la presunzione e l’arroganza maschile non hanno limiti!
E questo è uno dei tanti sintomi della nostra debolezza. È un sintomo di come in questa società il
nostro corpo sia a disposizione di qualsiasi imbecille che passa per strada. Cominciamo a dire
basta! Rifiutiamoci di chiuderci in casa di sera anche se certe volte lo facciamo perchè ci
sentiamo impotenti di fronte a questa realtà: se abbamo paura di uscire da sole uniamoci in
gruppi. Rifiutiamo la costrizione dei nostri gentiori per cui “non sta bene che una ragazza sola
cammini per la strada di notte”. Ci dicono cosí perchè danno già per scontato che tutti ci possono
umiliare, offendere, aggredire.
Costruiamo soprattutto insieme una forza per difenderci, per imporre i nostri interessi, per
appropriarci del nostro corpto, per farci rispettare, per essere libere di camminare dove vogliamo,
in qualsiasi ora lo vogliamo, per tutte le strade che vogliamo.