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NEWSLETTER 46-2016
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NOTIZIE DAL MONDO, DALL’EUROPA E…
DAL TAMISO
Questa settimana parliamo di:

I privilegi del CETA (e del TTIP…),
o Verona 5 novembre: anti CETA e anti TTIP,
 Una tragedia americana,
 I benefici del caos,
o Taranto: allarme pesticidi,

Zoom… quasi macro,
o Compleanni in Città: Auguri a Limerick!,
 Pasta e origine del grano in etichetta: MIPAAF a favore,
Aziende contrarie,
 La sfida di Padova Futura,
o Terremoti in Italia centrale e trivelle,

Migranti: una storia edificante,
o La politica e la vita di ogni giorno,
 Olio d’oliva: come ti scelgo?,
 Cop22: la terra è in cattive acque,
o Brasile: l’Amazzonia strappata
tribù,

alle
sue
Consumi energetici: come consumare e spendere meno,
o Mujica e l’apologia della sobrietà,
 Papa Francesco: salviamo le banche e lasciamo morire
l’umanità nel Mediterraneo,
 Prima le mamme e i bambini: Mattarella al
CUAMM/Medici con l’Africa.
Buona lettura!!!
CETA: ECCO COME LE MULTINAZIONALI
OTTERREBBERO GLI STESSI PRIVILEGI
DEL TTIP
Si scrive CETA, si legge TTIP: secondo l'ultimo rapporto
del Transnational Institute (TNI), l'accordo di libero
scambio fra Unione Europea e Canada potrebbe
spalancare le porte a circa 42 mila aziende statunitensi
con
affiliate
in
Canada,
tra
cui
giganti
dell’agroalimentare come Coca Cola, McDonald, Cargill,
ConAgra foods. L’81% delle imprese statunitensi attive in Europa presentano infatti i requisiti
per essere definite “investitori canadesi”.
La clausola ISDS/ICS presente nel CETA permetterebbe dunque a molte aziende statunitensi
di citare i governi nazionali presso i tribunali sovranazionali con l'obiettivo di chiedere
risarcimenti in caso di regolamentazioni avverse ai loro interessi. Sono le stesse multinazionali,
si sottolinea nel dossier, oramai abituate ad utilizzare questo strumento in maniera aggressiva
arrivando fino all'inibizione dei legislatori che, proprio per paura di essere citati in giudizio, sono
spesso indotti a non introdurre normative invise alle potenti e facoltose multinazionali.
Il CETA garantirebbe dunque diritti speciali agli investitori limitando la possibilità dei governi
democraticamente eletti di agire in favore dei propri cittadini. Proprio per protestare contro il
CETA, si è svolta a Roma, in piazza Montecitorio, una manifestazione organizzata dalla
Campagna Stop TTIP Italia.
Una protesta a base di pasta biologica italiana, cucinata in loco e servita a tutti i presenti,
passanti inclusi. Un'azione simbolica che richiama l'attenzione su uno dei principali rischi legati
all'entrata in vigore del CETA, ovvero il dumping di prodotti alimentari di bassa qualità sui nostri
mercati e il conseguente impatto sui lavoratori del settore: “Il CETA – spiega a Conquiste
Monica Di Sisto, portavoce della Campagna Stop TTIP Italia - è un accordo simile al TTIP
potenzialmente dannoso per la piccola e media produzione italiana; per i piccoli e medi
produttori, che già soffrono del continuo abbassamento dei prezzi di grano e cereali, sarà
ancora più dura a causa del massiccio aumento delle importazioni a basso prezzo e a bassa
qualità dal Canada”.
Proprio il Canada rappresenta uno dei maggiori fornitori di grano per i pastifici italiani. Una
questione di prezzo? Certo, ma anche di qualità considerando che il grano canadese risulta
particolarmente ricco di proteine. Eppure, dietro la supposta superiorità del grano canadese si
cela un inganno legato alle modalità di essiccazione, non ottenuta in maniera naturale a causa
delle condizioni climatiche avverse, ma attraverso l'utilizzo di prodotti chimici dannosi per
l'uomo e per l'ambiente: “Già ora il Canada – ci spiega ancora Monica Di Sisto - è un partner
importante per l'Ue e molti pastifici italiani stanno già acquistando grano per la pasta perché il
grano canadese ha grandi percentuali di proteine; quello che non ci raccontano è pero che l'alta
percentuale di proteine è ottenuta spruzzando tonnellate e tonnellate di chimici, in particolare
il Round Up della Monsanto, il cui principio attivo è il glifosato, attualmente proibito in Europa;
insomma, in Italia non possiamo utilizzare il glifosato nei parchi e nei giardini ma poi ce lo
ritroviamo nella nostra pasta”.
Quella della pasta è però solo una delle tante questioni aperte. Il capitolo sulla cooperazione
regolatoria del CETA darebbe infatti agli esportatori agricoli del Canada, il quinto produttore
mondiale di organismi geneticamente modificati (OGM), nuovi strumenti per aprire il mercato
europeo ai loro prodotti. Si tratta, in molti casi, di prodotti di bassa qualità, spesso brutte copie
di eccellenze italiane: “I consumatori canadesi - si legge nel rapporto - comprano ogni anno
3,6 miliardi di dollari di prodotti che sembrano ai loro occhi e alle loro orecchie italiani, ma non
lo sono; nella loro busta della spesa i prodotti davvero italiani valgono 950 milioni appena,
eppure solo una ventina (allegati compresi) delle pressoché 1.600 pagine del CETA riguardano
le Indicazioni Geografiche”.
Ma i punti interrogativi legati al CETA riguardano anche le questioni del lavoro e dei servizi
pubblici. Si tratta di argomenti su cui si sono raggiunti accordi generici che non soddisfano le
organizzazioni della società civile.
Uno dei nodi analizzati dallo studio riguarda la possibilità dei governi nazionali di recedere dagli
accordi sui servizi pubblici senza aprire contenziosi con le multinazionali. I servizi pubblici, in
quest'ottica, tendono ad essere considerati potenziali mercati, buoni per la
commercializzazione: “Il tentativo dell’accordo – si legge nel rapporto - è invertire un
paradigma che vede ancora, almeno a livello di principi, l’interesse pubblico pesare più di quello
privato; con la cooperazione regolatoria e la corte per gli investimenti, il tentativo è ribaltare
la prospettiva anche dal punto di vista strettamente giurisdizionale”.
Ai diritti speciali per le multinazionali non corrispondono inoltre le necessarie garanzie nel
capitolo del lavoro dove non risultano presenti disposizioni vincolanti capaci di far rispettare le
norme dell'Ilo, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Delle otto convenzioni fondamentali
dell'Ilo, si sottolinea nel rapporto, il Canada non ha ratificato la n. 98, sul diritto di
contrattazione collettiva, né la 138, sull’età minima per l’assunzione all’impiego.
Al pari del Canada, dodici Stati europei non hanno ancora ratificato la convenzione sulla salute
e la sicurezza sul lavoro. Uno degli effetti di questa situazione, potrebbe essere quello di
agevolare gli imprenditori che intendono spostare i loro investimenti laddove le norme sul
lavoro sono meno stringenti.
Il CETA rappresenta, secondo Monica Di Sisto, un trattato dagli effetti potenzialmente
dirompenti sul nostro tessuto economico e sociale: “I vantaggi che le multinazionali
otterrebbero attraverso il CETA – ha concluso la portavoce della Campagna Stop TTIP - sono
gli stessi che otterrebbero con il TTIP e per questo dobbiamo alzare la guardia se vogliamo
difendere le PMI e i piccoli e medi produttori locali; il fattore negativo è che il CETA sembra
completamente escluso dal dibattito pubblico, come già capitato negli anni passati con il TTIP
prima che sindacati, organizzazioni di consumatori e della società civile, comuni cittadini
cominciassero a informarsi e a contrastarlo.
Penso che sia nostra responsabilità – ha concluso la Di Sisto – denunciare il fatto che il CETA è
un cavallo di Troia utilizzato per aumentare i profitti delle multinazionali e che sia nostro dovere
combattere contro questo accordo fino al giorno dell'approvazione da parte del parlamento
europeo e fino all'eventuale ratificazione dei parlamenti nazionali”.
(da Lettere di Transito – novembre 2016)
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A Verona lo scorso 5 novembre si è svolta
una manifestazione anti CETA e anti TTIP,
dove si è ritrovata una buona parte di
cittadini del Nordest, a sostegno della lotta
contro lo strapotere e le lobby delle
multinazionali ed esprimere un netto NO!
alla firma di questi “trattati commerciali”…
***leggete QUI come è andata***
(da Coordinamento Zero OGM – novembre
2016)
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Una tragedia americana
**torna al sommario**
§§§
I benefici del caos
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(da Internazionale – novembre
2016)
A TARANTO È ALLARME ANCHE
PESTICIDI: + 30% MALATTIE
SANGUE. E PEACELINK SCOPRE UN
LAGO DI CATRAME A RIDOSSO
DELL'ILVA
Nei giorni scorsi i dati aumento della
mortalità per esposizioni a polveri sottili e
anidride solforosa, ora quelli della Rep
danno in aumento le malattie
ematologiche.
)
"All'inquinamento del petrolchimico si somma quello agricolo di pesticidi e
fertilizzanti". L'emergenza sanitaria e ambientale a Taranto si arricchisce di un nuovo capitolo
dopo i dati diffusi dagli specialisti della Rete ematologica pugliese che hanno incontrato a
Martina Franca, nel tarantino, i pazienti ematologici della regione. "Il 30% di malattie
ematologiche in più: tanto - è stato spiegato - pesa a Taranto il fattore ambientale. Questa
tossicità globale fa impennare la prevalenza di tumori e malattie del sangue".
L'incontro, promosso da Novartis, è stato realizzato in collaborazione con l'AIL (Associazione
italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma onlus). "L'esposizione protratta agli erbicidi
e ad altri agenti tossici largamente impiegati in agricoltura nella nostra provincia - ha precisato
il dott. Patrizio Mazza, direttore di Ematologia all'ospedale Moscati di Taranto - ha un impatto
estremamente dannoso sulla salute di una popolazione già esposta agli agenti inquinanti
dell'industria petrolchimica. Le mutazioni geniche indotte sono all'origine del sensibile aumento
dei casi di linfomi e delle altre malattie ematologiche, inclusa la mielofibrosi. Già secondo i dati
del registro 2006-2010 la prevalenza è più elevata del 30% rispetto alla media nazionale. Ma
negli ultimi cinque anni la situazione potrebbe essersi addirittura aggravata".
Nei giorni scorsi lo studio epidemiologico commissionato dalla Regione Puglia aveva
evidenziato un aumento della mortalità, rispettivamente, del 4% e del 9%, per
esposizioni a polveri sottili (Pm10) e anidride solforosa (So2), e un eccesso di ricoveri
per patologie respiratorie tra i bambini residenti nei quartieri Tamburi (+24%) e
Paolo VI (+26). Secondo il rapporto "a maggiori livelli produttivi dell'Ilva corrispondono dati
di mortalità e di morbilità". Esattamente un mese fa il sindaco di Taranto Ippazio Stefano
mostrò ai giornalisti una bozza di ordinanza di chiusura dell'Ilva, sottolineando di aver scritto
al ministro della Salute Beatrice Lorenzin chiedendo risposte immediate dopo la presentazione
dei dati epidemiologici. Risposte che non sono ancora arrivate.
Ora ci sono i dati della Rete ematologica pugliese (Rep) che testimoniano un significativo
aumento di malattie ematologiche proprio a Taranto. "In questo momento, dopo tanti anni, sul
fronte dei trattamenti delle malattie mieloproliferative - ha sottolineato il dott. Mazza - si apre
uno scenario del tutto nuovo perché la ricerca ha portato allo sviluppo di farmaci intelligenti in
grado di inibire in modo mirato il bersaglio mutazionale che causa tali malattie. Si punta,
dunque, a una medicina di precisione".
Gli ultimi dati sono emersi nel giorno in cui l'associazione ambientalista Peacelink ha
documentato con un VIDEO la presenza di un "lago di catrame e pece" affiorante in
superficie al confine Nord della proprietà Ilva, nei pressi dell'Abbazia Mater Gratiae. Per il leader
dei Verdi Angelo Bonelli si tratta di "una scoperta drammatica e inquietante. Ci troviamo di
fronte ad un evento di una gravità inaudita perché la pece di catrame è stata classificata anche
come cancerogeno e l'affioramento del catrame dalla falda in superficie indica che l'inquinante
ha compromesso irreversibilmente l'ambiente".
(da EcodalleCittà – novembre 2016)
ZOOM
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Ore 12. Ieri. Quartiere Trieste. Parcheggio a Via Nemorense. Gratto il mio biglietto per
la sosta. Con calma. Tanto ho ancora un po’ di tempo prima del mio appuntamento. I
finestrini sono abbassati. Non fa freddo a Roma.
D’improvviso una voce. Di donna. Grande. Bionda Bella Alta Ben nata Ben maritata Ben vissuta.
Senza virgole. Di quell’eleganza sicura, elastica, contenitiva. Che può includere il suo contrario.
Persino la volgarità cambierebbe nome in quella struttura. Si chiamerebbe carattere. Persino
l’indifferenza. La si chiamerebbe classe. Persino la superbia. La si chiamerebbe sicurezza di sé.
Lei parla a voce alta. Dal suo palcoscenico della sua uscita-garage. Scende addirittura dalla sua
distanza Classe A sbattendo lo sportello, si abbassa al marciapiede, dal suo pubblico
improvvisato. Che plaude silenzioso, che assente nella pelle, nella luce degli occhi che hanno
ragione. Un uomo di età, con i pantaloni non suoi, in silenzio le ha chiesto qualcosa. E’ da parte,
di lato, non lo avevo visto, si è come evidenziato di colpo come un personaggio in cerca di ruolo
che avesse avuto il coraggio improvviso di lasciare le quinte.
Ecco. Ora collego meglio. La voce ha un senso. Parla con lui. Parla con noi. Parla con se stessa.
Parla con Dio. Con la società. Con la Vita. Con il Senso Comune. Sono nella mia poltrona di
platea. Non stacco gli occhi dalla scena. Non è possibile, dice la voce. L’ira, la stanchezza,
l’impazienza di chi dice Basta. Che società di merda. Senza punto esclamativo. Non è una
società degna di questo nome. Se si permette di farli entrare, questi qua.
Né la voce alta, né una parola volgare può scalfire quell’aura di certezza, di rispettabilità, di
educazione. Non devono farli entrare, se ne devono stare a casa loro. La voce continua ma con
altre parole. Non cambia il senso delle parole lasciate a rotolare sull’asfalto. Qualcuna si perde
in mezzo alla strada investita dalle macchine che passano.
La donna si muove. Da un lato all’altro della sua auto, all’entrata garage della sua casa
elegante. E’ lei la protagonista. Non guarda il suo pubblico. Ma spia con la coda dell’occhio il
consenso che sa già di avere. Che facile, la vita, certe volte niente punto esclamativo.
L’uomo dai pantaloni lunghi è più vecchio della sua età. Si allontana di qualche metro.
Lentamente come a lasciare la scena. Si siede sul marciapiede come in attesa.
La donna lo insegue con i suoi improperi sapendo bene che non capirà le sue ragioni né la sua
lingua. L’uomo la guarda da terra. Non capisce cosa voglia fare. Lei è vicina, sovrastante,
enorme, china solo le palpebre. Nient’altro.
Non mi aspettavo un tale colpo di scena. Mai una cosa di questa intrinseca violenza, mai un
colpo così basso alla dignità di un altro essere umano. Poche volte ho sentito così tanto il
fastidio di un gesto, così forte il desiderio di cancellarlo, di azionare un rewind di difesa.
La donna estrae un biglietto da 20 euro e glielo
lancia contro. Va’, vatti a comprare qualcosa da
mangiare. Va’. La sua mano è ancora tesa e l’uomo
la cattura fulmineo, inaspettato. Afferra quel polso
e si alza in ginocchio a baciarlo.
Grato. Con gli occhi liquidi, la bocca profonda e
nera. Di pianto senza lacrime, di maschera da
teatro antico. Non una parola.
Per un istante la voce è quasi in ostaggio della presa
dell’uomo. Lei non tace ancora. Solo parla più
piano, più lenta. Quasi dentro di sé. Si ferma. Forse
ha sentito qualcosa. L’uomo la lascia andare. Lei se ne va. A testa bassa. Si allontana. Sembra
sconfitta. Forse dal peso insostenibile di quel contatto. Con se stessa.
(da Low Living High Thinking – novembre 2016)
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BUON COMPLEANNO LIMERICK!
Domenica 13 novembre 2016
dalle 17.00 alle 22.00.
La piccola Limerick compie 1 anno! Vogliamo festeggiare
insieme a tutti quelli che in questi 365 giorni hanno collaborato
con noi, ci hanno supportato, voluto bene e aiutato a fare i nostri primi passi! :-)
Vi aspettiamo con bevande, stuzzichini, musica (playlist firmata Gold Soundz), nuovi titoli
(anche in inglese!), gadget, sorprese, ricchi premi e cotillons! Per non parlare degli ospiti:
 ore 17.00
Presentazione di "Quasi signorina" (ed. Topipittori) con una bella chiacchierata tra
l'autrice Cristina Portolano e Chiara Ridolfi (Toast Zine);
 ore 20.00
Letture seduttive di massa con i lettori dell'Ottavo Cerchio!
Partecipa e condividi l’evento!!!!
(https://www.facebook.com/limericklibri/)
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PASTA: ORIGINE DEL GRANO DURO IN ETICHETTA. IL MINISTERO
PREPARA IL DECRETO A FAVORE, MA LE AZIENDE SONO CONTRARIE.
E L’EUROPA? IL PARERE DELL’AVVOCATO DARIO DONGO
La pasta: simbolo del made in Italy. Sarebbe corretto indicare in etichetta
l’origine della materia prima
Il vessillo per antonomasia del Made in Italy, la pasta, viene preso da
anni come esempio di alimento realizzato in Italia a partire da grano
duro in parte italiano e in parte importato da altri paesi. La questione
crea una crea una certa polemica con la filiera agricola che denuncia il
massiccio impiego di frumento estero che però si rende necessario
visto che il prodotto Made in italy non basta.
Alla resa dei conti ecco comparire il nuovo progetto normativo del
Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Il disegno ministeriale mira a
introdurrel’obbligo di indicare l’origine sia della semola, sia del grano duro da cui deriva, sulle
etichette della pasta alimentare di cui al DPR n. 187/2001.
All’atto pratico, l’operatore responsabile dell’informazione al consumatore (1) dovrebbe
precisare:
 il Paese di origine dell’ingrediente primario della pasta, la semola, che di fatto coincide
con il Paese di ultima trasformazione;
 il Paese di provenienza dell’ingrediente primario della semola, vale a dire l’origine del
grano duro. Ad esempio: “pasta italiana prodotta con semola italiana da grano
canadese”.
Origine della semola e del grano possono divergere o coincidere:
la dicitura in etichetta fa chiarezza
Se l’origine della semola e la provenienza del grano
coincidono, si potrà scrivere sulla confezione “grano duro
e semola 100%: nome del paese”. Nel caso di miscele di
varie origini e provenienze, si potranno completare le
informazioni con la scritta riferita a “Paesi UE” e “paesi non
UE” come si fa attualmente con altri prodotti.
L’iniziativa del Mi.P.A.A.F. costituisce una risposta
alla battaglia del grano dei mesi scorsi e segue il solco già tracciato con il progetto di
decreto atto a imporre l’origine del latte sulle etichette dei prodotti lattiero-caseari
preimballati.
Lo schema di decreto verrà ora sottoposto alla consultazione interministeriale e il testo dovrà
venire notificato alla Commissione europea, la quale a sua volta lo sottoporrà agli altri Stati
membri per eventuali osservazioni. In ogni caso, le norme non potranno venire applicate né
alla pasta realizzata in altri paesi UE, né agli alimenti destinati all’esportazione (poiché le norme
di etichettatura da rispettare sono quelle vigenti nel mercato di destinazione).
Gli ostacoli da superare non sono pochi, tenuto conto sia delle posizioni avverse finora espresse
dai produttori di pasta, sia delle probabili obiezioni di altri paesi europei sull’estensione
dell’obbligo di dichiarazione d’origine della materia prima (grano duro). Ciò detto, sorge un
dubbio che può quasi sembrare una battuta: perché la pasta e non il pane?
(Per approfondimenti leggi: Origine, quale grano nella pasta?)
(da Il Fatto Alimentare – novembre 2016)
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LA SFIDA DI PADOVA FUTURA: L’OSPEDALE SIA PARTE DELLA CITTÀ
Un ospedale deve essere per forza associato solo al malessere? O esiste la possibilità
di viverlo come luogo di storia e cultura, integrato con la città, inserito in
un continuum urbano?
Il blog Padova Futura lancia la sfida della
riqualificazione dell’area
dell’ospedale
esistente (“il nuovo sul vecchio”) contro una
nuova edificazione di polo ospedaliero in
aree periferiche.
“L’ospedale non è una cosa completamente
estranea,
ma
un edificio
aperto alla
città. Per questo è molto importante che
sia vicino al centro urbano, che la gente ci
possa arrivare tranquillamente […] non solo
perché
malata,
ma
per vedere ad
esempio una mostra o prendere un caffè.
[…] deve essere un elemento della città,
come una piazza o ogni altro luogo […] in
una forma “amabile” e per questo abbiamo creato una parola nuova: la “domesticità”, sostiene
Albert Da Pineda, progettista del Nuovo Ospedale di Pordenone.
Cinque gli obbiettivi di una buona urbanistica presentati dall’architetto Francesco Galesso,
promotore del blog Padova Futura: la ricerca della bellezza, senza avere timore riverenziale del
passato; la riqualificazione dell’esistente, in un’ottica di disegno urbano d’insieme;
la densificazione di alcuni brani urbani della città e il diradamento di altri, che devono essere
restituiti al paesaggio agreste o comunque del verde pubblico; la netta separazione del traffico
automobilistico da quello pedonale e ciclabile: l’automobile deve essere posta ai margini dei
luoghi pubblici, che vanno quindi interamente restituiti ai cittadini.
E infine c’è il tema del continuum urbano, tipico dei nostri centri storici il cui modello urbano
nei secoli si è rivelato il migliore, anche per la sua capacità di modificare i sui spazi
diversificando e arricchendo di complessità sceniche il tessuto della città stessa, attraverso
anche l’indispensabile condivisione dei fini da parte della comunità.
Queste le premesse alla base dei due progetti urbani di interesse pubblico avanzati
dall’architetto Galesso, uno dei quali riguarda la riqualificazione dell’Area Ospedaliera.
L’assunto dal quale si parte è che riqualificare l’attuale sede sia funzionale sia all’ospedale che
alla città. Si è deciso che la via della ristrutturazione non sia praticabile e che sia quindi
necessario ipotizzare un Nuovo Polo Ospedaliero.
Ma a questa conclusione si è giunti senza prima aver provato con un serio progetto di
ristrutturazione a riqualificare l’attuale sede, come sarebbe previsto per legge e sebbene questa
sia una scelta di vitale importanza per il futuro di Padova. Una scelta che non ha tenuto conto
dell’impatto che una tale opera avrà nel territorio, nella società e nell’economia locale, in
un’ottica di urbanistica espansiva.
Non c’è neppure alcun piano su cosa fare dell’attuale area dopo che la città ospedaliera si sarà
trasferita altrove. Il progetto di riqualificazione del vecchio Ospedale proposto da Padova
Futura, vuole dimostrare, che i problemi che gravano sull’attuale sede ospedaliera e ritenuti
insormontabili, sono invece risolvibili.
Si affrontano dunque i temi della divisione in due dell’Ospedale, della mancanza di parcheggi,
della viabilità, del malfunzionamento distributivo dei dipartimenti ospedalieri, della presenza
nell’area di rilevanze storiche e archeologiche, dell’impossibilità logistica di ristrutturare
mantenendo operativa la struttura, della rilevanza dei costi rispetto ad un Nuovo Polo e infine
del maggior tempo che questa soluzione implica.
Il progetto di massima che ne deriva delinea uno schema urbano e una composizione
architettonica dei vari elementi, ma, data la complessità intrinseca del tema e la diversità delle
tematiche affrontate, non può prescindere dall’approccio multidisciplinare, che richiede quindi
il contributo non solo di architetti e tecnici, ma anche esperti di organizzazione ospedaliera ed
universitaria, e di chi più in generale si occupa di territorio e di habitat, che condividendone le
finalità vorranno dare una mano.
Questo confronto potrebbe avvenire collegialmente all’interno di un “Laboratorio di
progettazione”, aperto a proposte progettuali alternative e, perché no, anche migliori.
Padovani fatevi avanti.
**sintesi a cura di Elena Coppola, redazione di Ecopolis
**Sono molti i contributi sul tema “nuovo ospedale” pubblicati su Ecopolis:
ricordiamo quello di Tullio Todesco (QUI), di Legambiente ed Italia Nostra (QUI),
Fabrizio Cardin (QUI)
(da Ecopolis Newsletter di Legambiente Padova – novembre 2016)
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I terremoti dell’Italia centrale e le trivelle
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§§§
Chi li abbraccerà quando
arriveranno?
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§§§
La politica e la vita di ogni giorno
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(da comune-info.net – novembre 2016)
Olio di oliva, come ti scelgo?
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§§§
Cop22, la Terra è in cattive
acque
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(da Slow Food – novembre 2016)
Brasile, l'Amazzonia strappata alle sue tribù
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(da Il Cambiamento – novembre 2016)
Consumi energetici, come fare per spendere e sprecare
meno
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(da Italia che Cambia – novembre 2016)
Mujica e "l'apologia della sobrietà": "Chi accumula
denaro è un malato. La ricchezza complica la vita"
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(da Repubblica.it – novembre 2016)
Papa Francesco: salviamo le
banche e lasciamo morire l’umanità nel
Mediterraneo
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(da Lifegate – novembre 2016)
PRIMA LE MAMME E I BAMBINI: GLI
OBIETTIVI RAGGIUNTI
Presentati a Padova i risultati ottenuti e
l’impegno futuro per mamme e bambini in
Africa alla presenza del Presidente della
Repubblica Sergio Mattarella, per la prima
volta a Padova, e del Segretario di Stato del
Vaticano, card. Pietro Parolin.
**leggi QUI il resoconto della giornata e
guarda i video dell’evento***
(da Medici con l’Africa CUAMM – novembre 2016)
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Buona lettura e buon fine settimana