La fatica della terra, un compito duro … questo

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La fatica della terra, un compito duro … questo
La parola ai gesti
La fatica della terra, un compito duro … questo
gesto efficace serve a mostrare il grande stento
che si è dovuto fare per riuscire in tale impegno.
Degno non è certo l’atto di sputare.
Lanciare aria e saliva sembra avere, però, un valore demopsicologico.
Riguarda, cioè, la psicologia di un popolo e la
morale di certe persone, di alcune classi sociali.
Almeno, cosi era un tempo!
Nel tempo, la mano ha assunto una particolare
rilevanza nella mimica siciliana.
A seconda del fatto, che si apra o si chiuda,
in tutto o in parte, assume un preciso significato.
Tirato, tirchio, spilorcio sta ad indicare il pugno
stretto che si ritrae indietro rapidamente.
Niente consuma, tutto conserva, una persona
eccessivamente parsimoniosa.
Non osa spendere quello che altri non si farebbero scrupolo di consumare.
Risparmiare! Risparmiare! Risparmiare!
Diventa la filosofia di vita dell’avaro.
Avaro celebre pare sia stato il paladino Carlo
Magno.
Anche il burattino che lo ritrae, nella tradizionale “Opera dei Pupi”, presenta il pugno stretto
e chiuso.
L’uso di tenere l’indice e il mignolo tesi rappresenta, per eccellenza, il simbolo di infedeltà coniugale.
Convenzionali o furbeschi sono gli epiteti e i
soprannomi che si affibbiano a queste “vittime”.
Infime sono le espressioni che ne conseguono.
Uno su tutti: “curnutu”, ovvero il classico “cornuto”.
Il cornuto, però, può essere anche conscio.
“Babbalùciu!”
“Lumaca!”
Diventa, in tal caso, il suo appellativo, in relazione alla tipica caratteristica della chiocciola di
tenere le corna fuori.
Protettore degli animali cornuti è San Pasquale.
“Pasquale” vengono talvolta chiamati gli uomini traditi.
Traditi, traditori, amanti, amatori, si abbandonano alle effusioni della passione, dell’amore.
“Il fare all’amore”, dunque, viene visualizzato
accostando il secondo dito alla lingua, in modo
che il polpastrello la possa toccare.
Guardare dolcemente l’oggetto amato, rende
tutto ancora più tenero.
Sincero!
Comune risulta, poi, il fatto di accompagnare
questo gesto con il modo di dire:
“Cu’ licca nun sicca!”
“Chi lecca non secca!”
Lecca chi ama, chi amoreggia. Nel dialetto siciliano, infatti, “liccari” oltre ad avere il senso
comune di leccare, lambire designa anche chi
fa l’amore.
L’amore, l’amoreggiamento diventa, di conseguenza, la “liccata”.
Provocata da un’occhiata ostile, da un movimento ambiguo, da un’affermazione ingiuriosa
è la zuffa, soprattutto quella tra donne.
Nonne, mamme, zie, nipoti, figlie che, se offese,
ricambiano prontamente il torto subito.
Subito, infatti, mettono la loro creatività femminile al servizio della vendetta sottile.
Vile è considerato prestare forbici, donare spilli,
porgere aperto un coltello da conservare.
Per evitare inimicizie e futuri dissapori, agli
amici non si regalano, in numero dispari, cose
da mangiare.
6]W^MLQZMbQWVQŒn. 2 marzo-aprile 2011
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