Introduzione a John Locke

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Introduzione a John Locke
Introduzione a John Locke 1
L’UOMO? NON SOLO SENSAZIONE, MA ANCHE
“RIFLESSIONE” E CAPACITA’ DI RIELABORARE
L’ESPERIENZA SENSIBILE.
Siamo a John Locke. Per lui - come del resto per Hobbes - non esiste alcuna idea innata.
Perché mai?
Perché se esistessero idee innate, su di esse ci sarebbe un consenso generale (il che non è
vero).
La tua risposta pare impeccabile: dato che non esiste un consenso universale su nessuna idea,
nessuna idea è innata.
Se l'idea di Dio fosse innata, non solo tutti i popoli dovrebbero averla (il che non è vero), ma
anche tutti i popoli dovrebbero avere la stessa idea di Dio (e anche questo non è vero). E i
principi logici?
Se tali principi fossero innati, tutti (anche i bambini, anche i dementi) dovrebbero essere
consapevoli di tali principi, il che non è vero.
E' quanto pensa Locke: per lui avere le idee innate significa essere consapevoli di tali idee,
essere cioè coscienti. Da qui la conclusione, la negazione cioè delle idee innate.
Locke, quindi, nega un postulato fondamentale della futura psicoanalisi (una tesi già presente
nel contemporaneo Leibniz) secondo il quale esiste una psiche... inconscia. Vuoi chiarire perché
mai - tenendo ferma l'impostazione di Locke - delle percezioni inconsce non potrebbero
esistere?
Perché parlare di "percezione inconscia" è affermare una contraddizione.
E' la convinzione di Locke, una convinzione coerente con quanto detto prima: avere un'idea è
avere "presente" un contenuto, quindi dire che una percezione è inconscia è dire che una
percezione che per sua natura è... consapevolezza (avere presente), è non consapevolezza.
Lo stesso discorso, naturalmente, vale anche per i principi morali: non potrebbero essere innati
perché, se lo fossero, tutti avrebbero gli stessi principi, ma sappiamo che tra i popoli - in
particolare tra i cosiddetti popoli "primitivi" e i popoli civili - esistono profonde differenze.
Non vi è nulla, dunque, di “innato”: la mente è una... “tabula rasa” sulla quale non vi è scritto
assolutamente nulla. Il materiale su cui si basa la conoscenza dell'uomo proviene
esclusivamente dall'esperienza. Locke, però, non condivide la tesi di chi sostiene che
l'esperienza si riduca a sensazione. Perché mai? Prova ad intuire.
Perché la sensazione è ingannevole: Cartesio docet!
Per Locke - come per Cartesio - i contenuti dei sensi sono "idee" e questi sono indubitabili. Il
dubbio cartesiano - dovresti ricordarlo - non riguarda l'idea in quanto è presente, ma la
corrispondenza tra l'idea ed un'eventuale cosa esterna all'idea.
Gli oggetti della sensazione sono - anche per Locke – “idee”. E le idee sono certe: sono
certamente presenti. Perché, allora, Locke non condivide la tesi secondo cui l'esperienza non si
identifica con il mondo oggetto della "sensazione"?
Perché vi è pure l'esperienza interiore, l'esperienza, cioè, che ha come contenuti il mondo che
percepiamo dentro di noi.
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Nasce nel 1632 a Wrington, in Inghilterra. Frequenta il Christ Church College di Oxford. E' appassionato di storia, di
astronomia e di medicina (pur non avendo conseguito il dottorato in medicina, diventa medico personale del conte di
Shaftesbury. A Londra - al seguito di detto conte - scopre la sua vocazione per la filosofia. Nel 1667 scrive il "Saggio
sulla tolleranza". Nel 1672 il duca di Shaftesbury, diventato Lord Cancelliere, gli affida il ruolo di suo segretario. In
Francia per motivi di salute, studia il pensiero di Cartesio. Ritornato in Inghilterra, riprende la collaborazione col duca.
Sospettato di essere un avversario degli Stuart, fugge in Olanda dove approfondisce gli studi filosofici e prepara i suoi
scritti più celebri: la "Lettera sulla tolleranza", i due "Trattati sul governo", il "Saggio sull'intelletto umano". Dopo la
"Gloriosa Rivoluzione" torna in Inghilterra al seguito della principessa Maria, la moglie di Guglielmo d'Orange. Sotto il
nuovo regime politico ricopre diversi incarichi pubblici. Negli ultimi anni si dedica in modo particolare agli studi
biblici. Muore nel 1704.
E' quanto sostiene Locke: noi non percepiamo direttamente solo i contenuti della sensazione,
ma anche le nostre stesse operazioni mentali (lo stesso percepire, il ricordare,
l'immaginare...).
L'esperienza (in altre parole il mondo "percepito", ciò che è "presente") è più ampia del
contenuto dei sensi: noi, infatti, percepiamo anche le nostre stesse operazioni mentali. Locke
distingue, dunque, all'interno dell'esperienza, la sfera della “sensazione” - che ha come
contenuto le "idee di sensazione" - e quella che chiama la sfera della “riflessione” - che ha
come oggetti le "idee di riflessione" quali il desiderio, la volontà...
Il "materiale" offerto dall'esperienza è costituito da quelle che Locke chiama “idee semplici”,
idee cioè di singole qualità di oggetti – vedi, ad esempio, il colore - e singoli fatti mentali. Si
tratta di un "materiale" di fronte al quale la mente umana è... passiva. O no? Cosa dici tu?
E' naturale che noi siamo passivi: neanche un genio è in grado di inventare un'idea semplice!
E' quanto pensa Locke: noi siamo completamente passivi (si tratta di un materiale che...
riceviamo, non inventiamo). Tieni presente - se vuoi affrontare il discorso in chiave critica l'altra opzione: anche a livello di percezione sensibile noi siamo "selettivi" (selezioniamo in
base ai nostri schemi mentali, in base ai nostri interessi), cioè siamo attivi.
Per Locke noi siamo “passivi” di fronte alle idee semplici nel senso che siamo perfettamente
coscienti di non crearle, ma di riceverle. Locke, allora, afferma una realtà esterna alla mente?
Immagino di sì: se noi siamo passivi di fronte alle idee semplici, questo vuole dire che tali idee
provengono dall'esterno della nostra mente.
E' questa la convinzione di Locke: non c'è bisogno per lui di dimostrare prima l'esistenza di un
Essere Perfettissimo che non può ingannarci. E' un fatto, tuttavia, che Locke non ritiene che
l'esistenza di un mondo esterno abbia una “evidenza assoluta”, come non ritiene che abbia un
valore assoluto la conformità tra le idee e le cose.
Per Locke la passività del nostro percepire è indice che esiste un mondo esterno che è causa
delle nostre percezioni. Per lui, tuttavia, l'esistenza (come la corrispondenza tra idee e cose)
non ha la stessa evidenza assoluta del cogito cartesiano. Si tratta, però, di una "verità" che
non è ragionevolmente dubitabile. Vi sono altri fatti - oltre alla passività - che, secondo te,
comprovano in qualche modo tale esistenza (e la corrispondenza)?
Credo di sì: ad esempio la sensazione di sofferenza quando ci scottiamo, una sensazione che
non è certo volontaria.
E' la convinzione di Locke. Per Locke un'altra "prova" è data dal fatto che più sensi - ad
esempio la vista e il tatto - testimoniano una stessa cosa.
Forse l'affermazione di Locke secondo cui il nostro essere passivi di fronte alle idee implica
l'esistenza di un mondo esterno non convince del tutto. Potresti obiettare che un conto è ad
esempio l'idea "figura" ed un conto l'idea "colore". Un conto, in altre parole, è il colore che è
soggettivo ed un conto la figura che è una proprietà dei corpi. O no?
Certo: non è possibile affermare che tutte le idee abbiano come cause delle realtà esterne alla
mente.
Locke non nega la distinzione tra qualità oggettive (che lui chiama “primarie”) e qualità
soggettive (che chiama “secondarie”). Sostiene, comunque, che anche le qualità secondarie
abbiano un supporto esterno nel senso che sono l'effetto di cose esterne alla mente umana.
Forse non sei ancora del tutto soddisfatto: le idee di riflessione, dirai, come possono avere un
supporto esterno se sono proprio contenuti che noi percepiamo nel nostro mondo interiore?
Cosa risponderesti a tale obiezione?
Le operazioni mentali - mi pare ovvio - non possono che essere operazioni di qualcuno (l'io)
che fa da supporto alle operazioni in questione.
Locke - in questo in sintonia con Cartesio - sostiene che le nostre operazioni mentali abbiano
come supporto una... sostanza. Ti ricordi la "sostanza che pensa" di cartesiana memoria?
Per Locke le idee semplici (sia di sensazione che di riflessione) presuppongono un supporto,
cioè la sostanza. Ma lui ritiene che tale sostanza (sia "materiale" che "spirituale") non sia
oggetto dell'esperienza. Cosa potrebbe essere, allora?
Una nostra credenza: cosa potrebbe essere se Locke esclude l'esistenza di idee innate?
Locke ritiene che la "sostanza" sia un'idea, non però ovviamente un'idea semplice, ma un'idea
elaborata, costruita dalla mente umana.
Per Locke la sostanza non è un'idea semplice in quanto non è un contenuto dell'esperienza, ma
un'idea “complessa”, un'idea, cioè, elaborata dalla mente umana. Per Locke la mente umana è
attiva (eccome!): è essa che elabora idee complesse, idee che non sono altro che combinazioni
di idee semplici. Anche la sostanza, quindi, è una combinazione di idee semplici. In che senso?
Prova ad intuire.
Ci provo (riferendomi ad una sostanza materiale): se le idee semplici hanno come oggetto le
singole qualità - questo colore, questo suono, questa figura... - l'idea di sostanza non è che
l'associazione di tali idee.
L'idea di sostanza non è solo la combinazione di idee relative alle singole qualità, ma anche
l'idea di un supporto di tali qualità.
Secondo Locke noi abbiamo creato l'idea di sostanza perché abbiamo associato le idee di
qualità che si presentano a noi costantemente insieme (la "figura" di Giorgio, il "colore" dei
capelli, le "parole" che emette, l’"altezza"...) con l'idea di un supporto. L'idea di sostanza, in
altre parole, nasce dal fatto che determinate qualità (di un oggetto) appaiono costantemente
insieme e dalla convinzione che tali qualità non possono esistere senza un sostegno.
Si tratta di un "sostegno" che, ovviamente, noi non percepiamo: noi percepiamo solo le singole
qualità sensibili di un uomo. La sostanza, cioè, per Locke esiste, ma non è conoscibile, è
un’idea oscura e confusa. Siamo, quindi, agli antipodi di Cartesio. O no?
Certo: per Cartesio la sostanza (pensante ed estesa) è un'idea chiara e distinta.
E' vero. E' certo, per Cartesio, che la sostanza pensante esiste. La sostanza estesa? Di essa
abbiamo una idea chiara e distinta anche prima di dimostrarne l'esistenza: se un corpo esiste dice Cartesio nella fase del dubbio metodico - non può che essere sostanza estesa.
Le idee semplici (le idee delle singole qualità) sono per Locke chiare e distinte, mentre l'idea di
sostanza è oscura e confusa. Questo vuol dire, allora, che lo spirito (la “sostanza pensante”)
non è conoscibile?
Certo che non può essere conosciuto: se non è che il supporto delle nostre operazioni mentali,
noi né lo conosciamo né possiamo conoscerlo in quanto non percepiamo alcun supporto.
E' quanto pensa Locke. Una conseguenza scontata sulla base di quanto detto prima: se lo
spirito è il "supporto" delle nostre operazioni mentali, noi tale supporto non lo percepiamo.
Per Locke lo "spirito" - quello che Cartesio chiama la "sostanza pensante" - non è conoscibile.
E, ovviamente, non è conoscibile neppure la "materia, se per materia intendiamo la cartesiana
"res extensa". Forse... ti sta fondendo il cervello. Voglio dire che, forse, ti sembrerà
paradossale sentire che due categorie così radicate non solo nel pensiero occidentale, ma
anche nella mentalità comune, quali "materia" e "spirito", siano definite "inconoscibili". O no?
Non mi ha turbato più di tanto: del resto la "materia" come viene letta dalla rivoluzione
scientifica (in particolare da Cartesio) è qualcosa che va ben oltre l'orizzonte della nostra
esperienza, qualcosa, quindi, di non chiaro e distinto.
E' vero che i pensatori della rivoluzione scientifica danno alla materia un'accezione che va ben
al di là di quanto appare all'esperienza quotidiana, ma è anche vero che nessuno prima di
Locke (nell’età moderna) aveva dichiarato la materia inconoscibile.
Lo stesso discorso vale per lo "spirito". Altro che la "certezza" della sostanza pensante! Lo
spirito non è conosciuto né è conoscibile. Cosa cadrebbe con questa tesi?
Cadrebbe qualsiasi fede religiosa: cosa sarebbe una religione se non affermasse con certezza
l'esistenza di un'anima spirituale?
Locke sostiene soltanto che lo "spirito" è inconoscibile, non che non esiste (per lui esiste,
eccome!). La fede religiosa, proprio in quanto fede, afferma, sì, l'esistenza di un'anima
spirituale, ma l'afferma non certo con l'evidenza.
Riprendiamo il confronto. L'analisi della sostanza da parte di Locke demolisce tutta la
costruzione metafisica fatta sulla sostanza da Cartesio e, soprattutto, da Spinoza?
Non credo: per Cartesio e per Spinoza l'idea di sostanza si fonda sulla ragione (sull'evidenza
razionale), non sull'esperienza.
E' vero che per questi autori l'idea di sostanza si fonda sull'evidenza razionale, ma è anche
vero che per Locke tale idea è un'idea complessa che la mente ha elaborato: si può costruire
una metafisica su un'idea da noi costruita?
Un'altra idea complessa esaminata da Locke è l'idea di causalità. Si tratta, per Locke, di
un'idea anch'essa creata dall'uomo. Non esiste, allora, l'azione di un corpo su un altro? Prova
tu a dare una risposta.
Mi pare che non si possa negare - sulla base delle nostre percezioni - che un corpo agisca su
un altro: quello che non possiamo cogliere è la causalità di una sostanza su di un'altra,
considerato che per noi la sostanza è inconoscibile.
E' quanto pensa Locke. Locke, a dire il vero, non ha approfondito tale discorso. Non ha
approfondito, cioè, la natura di tale relazione. Troveremo un'analisi più approfondita in Hume.
Idee complesse sono pure le idee “generali” (quelle che tradizionalmente sono presentate
come astratte ed universali). Sulla base di quanto detto fino ad ora, in che cosa
consisterebbero tali idee?
Se sono idee create dall'uomo, credo che non siano altro che dei "nomi" (penso al
"nominalismo" medievale).
Per Locke le idee generali non hanno, ovviamente, una corrispondenza nella realtà: non esiste
"l'uomo" in realtà. Si tratta di "nomi" come tu dici? Sì. Ma cosa indicano tali nomi? Non
indicano "l'essenza" ad esempio dell'uomo (in quanto la "sostanza" noi non la conosciamo), ma
semplicemente una classificazione di cose simili.
Le idee di uomo, di bellezza..., quindi, per Locke, non indicano la natura, l'essenza dell'uomo e
della bellezza, ma solo dei nomi che servono a classificare e dunque a risparmiare altri nomi.
Siamo in sintonia col "nominalismo" medievale (vedi Ockham) e siamo, naturalmente, distanti
mille miglia da Platone e da Aristotele. In che senso?
Nel senso che per tali autori le idee astratte (l'uomo, la bellezza, il triangolo, il numero...)
hanno una corrispondenza nella realtà.
Per Platone, indubbiamente, l'uomo (come il triangolo...) è una realtà in sé. Per Aristotele,
l’"essenza” di uomo appartiene indubbiamente ad ogni singolo uomo, ma nella sua universalità
appartiene solo alla mente umana: l'astrattezza e l'universalità sono caratteristiche solo delle
"idee".
Idee "complesse" sono per Locke anche, ad esempio le idee di "maggiore" e "minore", di
"padre" e di "figlio" (sono idee di “relazione” tra idee, come la stessa idea di causalità
esaminata prima). Così pure le idee di "spazio" e di "tempo". Siamo lontani da Cartesio. In che
senso?
Nel senso che per Cartesio lo spazio coincide con la stessa estensione, cioè una qualità...
oggettiva (primaria, nella terminologia di Locke).
E' vero: lo spazio coincide con la stessa estensione. Così, pure, per Cartesio, la durata
corrisponde ad una qualità primaria, quindi oggettiva.
Per Cartesio lo spazio e la durata sono qualità oggettive (primarie), mentre per Locke hanno
una realtà esclusivamente mentale: non sono che la “ripetizione” delle idee semplici di "unita'"
spaziali e temporali (le idee, poi, di “infinito” e di “eterno”, non sono altro che idee ottenute
eliminando qualsiasi “limite” alla ripetizione).
Per Locke l'affermazione secondo cui le cose esistono non ha un'evidenza assoluta, ma ha una
sua certezza (vedi sopra): il fatto che noi riceviamo “attualmente” dall'esterno un'idea di
sensazione ci dice che “attualmente” qualcosa di esterno esiste, qualcosa che produce in noi
l'idea in questione.
Per Locke - lo ripetiamo - non vi è motivo di dubitare che l'idea attuale di sensazione implichi
l'esistenza attuale di qualcosa che produce in noi detta sensazione: lo prova anche il fatto che
quando manca l'organo di senso, vengono meno le idee relative. E quando un oggetto non è
testimoniato dai sensi? Per Locke, in questo caso, siamo di fronte non ad una certezza, ma
semplicemente ad una “probabilità”: è probabile che le cose continuino ad esistere, anche
quando noi non ne percepiamo le idee.
In che consiste la conoscenza? Nel percepire un accordo o un disaccordo tra le idee. Sotto
questo profilo la conoscenza può essere “intuitiva” (quando l'accordo o il disaccordo è colto
immediatamente - ad esempio A non è “non A” -) o “dimostrativa” (quando vi è bisogno di
altre idee - idee intermedie -). La conoscenza dell'esistenza del nostro io? Cosa potrebbe
essere per Locke? Di tipo intuitivo o dimostrativo?
Di tipo intuitivo: è l'io che coglie se stesso senza l'intermediazione di altre idee.
E' quanto pensa - in piena sintonia con Cartesio (nonostante le differenze) Locke: l'io coglie se
stesso senza alcuna intermediazione. E le "dimostrazioni" possono darci risultati certissimi? Per
Locke le dimostrazioni "matematiche" (sorrette, naturalmente, dall'intuizione - la certezza delle
dimostrazioni si basa sulla certezza delle intuizioni - ) hanno un valore assoluto, ma si tratta di
un valore che è legato alla “coerenza” tra le idee, non alla corrispondenza tra le idee e le cose.
Per Locke l'unica dimostrazione (riguardante l'esistenza di una realtà esterna) che ha un valore
assoluto è la dimostrazione dell'esistenza di Dio.