La difficile via verso il possesso della terra. Francesco De Paola 177

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La difficile via verso il possesso della terra.
L'Università di Taurisano e le leggi eversive della feudalità
(1809-1876)
Francesco De Paola
La letteratura nazionale sull'eversione della feudalità ha finora ignorato, per
quanto è dato sapere, alcune piccole realtà di Terra d'Otranto. È tale il caso dell'Università di Taurisano, che non compare tra i centri salentini presi in esame
da Manfredi Palumbo' nella sua importante opera, ma è parzialmente presente
in un lavoro di uno studioso locale 2 e marginalmente in quello di un altro studioso del fenomeno delle decime in Terra d'Otranto;. Le note che seguono, riassunte da una cospicua dote di documenti ospitati nell'Archivio di Stato di
Lecce 4 ed intercorsi tra alcune autorità del governo centrale e periferico, i rappresentanti dell'amministrazione comunale, l'ex-barone, alcuni privati cittadini, figure di diversi gradi della magistratura e gli organi della prefettura di Lecce, ben testimoniano quel particolare contesto storico in cui si mossero l'avidità degli ex- feudatari, la loro bramosia di allargare la cerchia dei gravami imposti ai poveri sudditi e la strenua difesa dei loro privilegi e delle loro rendite
parassitarie, creando ostacoli alle direttive legislative centrali che miravano ad
alleviare lo stato di povertà del ceto sociale più basso, di prevenire turbamenti all'ordine pubblico ed attivare, lentamente ma progressivamente, un reale
cambiamento di produzione nel settore agricolo, capace di assicurare non solo
un prodotto di sopravvivenza ma possibilmente d'interscambio e di commercio.
MANFREDI PALUMBO, I Comuni meridionali prima e dopo k leggi eversive della feudalità. Feudi. Università. Comuni. Demani, Montecorvino Rovella-Cerignola, 1910-1916, vol. I
- II; Sala Bolognese, ristampa di Arnaldo Forni Editore, 1999.
2 SANTO PRONTERA, Taurisano e il suo passato meno recente, saggio inserito in Osservazioni su Taurisano, pp. 9, pubblicato nel 1988 dalla tipografia Armida di Taurisano.
3 LUIGI MASELLA, Decime e Demani. L'eversione della feudalità in Terra d'Otranto, saggio inserito in Quaderni storici, n. 19, Ancona, gennaio-aprile 1972, pp. 284-301.
Il Masella tratta marginalmente il caso di Taurisano e solo a proposito della questione della trasformazione illegale delle colture originarie d'alcuni fondi operata dai coloni per non
pagare la decima all'ex-barone, di cui si tratterà più avanti.
4 Citato da qui in avanti come AsL.
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I. I termini della contesa tra il Comune di Taurisano e l'ex-feudatario.
Fu sulla base dei dati presentati dalle autorità del Comune di Taurisano e delle controdeduzioni esibite in difesa dei suoi presunti diritti dall'ex-feudatario 5
che la Regia Commissione, "sulla requisitoria del Regio Procurator generale,
applicando ... le diverse leggi e decreti eversivi della feudalità e le disposizioni date col Real decreto dei 16 Ottobre di quest'anno ...", emise due sentenze
che sistemarono la vertenza del contenzioso tra le due parti, insorto in conseguenza della promulgazione delle leggi sull'eversione della feudalità.
La prima sentenza, contrassegnata dal numero 28, fu pronunciata il 9 novembre 1809 6 e conteneva la richiesta della municipalità di essere liberata di
nove gravami che l'ex-feudatario imponeva alla popolazione, così distinti:
1) della contribuzione della decima 7 e sesta di tutt'i prodotti che nascono quasi in tutto il territorio così dell'ex-feudo di Taurisano che dal suffeudo di Ortenzano 8
2) del diritto proibitivo de' trappeti;
3) dell'erbatica 9 e dello scannaggiolo;
4) del diritto di prelazione nella vendita de'commestibili, come pure dell'angaria 11 perangarial 2 ch'esercita l'ex-barone nella coltivazione de' suoi poderi;
;
5 I vari rappresentanti della famiglia Lopez y Royo, che si fregiavano anche del titolo di
duchi di Monteroni.
6 AsL, Bollettino delle Sentenze n. 11. Anno 1809, pp. 128-132.
7 La decima feudale era pari alla decima parte del reddito, imposta su beni e rendite. Essa
derivava dallo jus decimandi che era l'esercizio di un diritto pubblico, di natura tributaria che
l'ordinamento giuridico statale delegava ad un suo beneficiato con distrazione dei redditi della Camera Regia a quella baronale. In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX
secolo, pubblicazione dell' AsL, Lecce, 1984, p. 180.
8 Ortenzano era un feudo attiguo a quello di Taurisano, già disabitato dalla metà del Cinquecento in seguito alla devastazione subita a causa di un'incursione dei Saraceni. Maggiori notizie intorno ad esso nel nostro, L'Università di Taurisano negli archivi dell'antica Terra d'Otranto (sec. XIII XVI), Casarano, Carra Editrice, 2006.
9 L' erbatica era il diritto di raccogliere erba e, in alcuni luoghi, di pascolare sulla prima erba non soggetta al taglio.
In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX secolo, già citata, p. 180.
10 Lo scannaggio era una tassa sulla macellazione del bestiame. In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX secolo, opera citata, p. 180.
11 "Tra gli altri diritti che esercitavasi dai Baroni, vi erano le angarie e perangarie. Le angarie consistevano nell'obbligo di prestare servizi personali vivi a spese del padrone". La
definizione è in: GIROLAMO SAVOIA, Raccolta delle leggi decreti rescritti e ministeriali sull'abolizione della feudalità e sulla divisione de 'demani, Foggia 1881, ma nell'edizione di Arnaldo Forni editore, p. 19, nota 1.
In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX secolo, op. cit., p. 180; essa era la
prestazione personale coattiva dietro compenso.
12 La perangaria era la prestazione eseguita senza compenso. In: La questione demaniale
in Terra d'Otranto nel XIX secolo, già citata, p. 180.
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5) dell'esazione di grani venti da ciascun cittadino a titolo di ragioni;
6) dell'esazione di ann. [ui] cari. fini] trenta per diritto plateatico 13 ;
7) del diritto chiamato della priata, cioè che ogni individuo il quale tiene un pajo di bovi deve in ogni anno fare una giornata di coltivo ne' territori dell'exbarone gratis e senza mercede alcuna;
8) della pretesa dell'ex-barone di esigere nell'istesso territorio dell'ex feudo di
Taurisano e del suffeudo di Ortenzano decima e canone, o sesta e canone simultaneamente senza deduzione della semenza, della quale erasi nell'anno
precedente decimato, nell'atto che per alcuni fondi si paga ancora il canone ad altri limitrofi Comuni;
9) della pretesa dell'ex-barone di esigere un'annua somma sotto nome di pollastri e pepe.
Infine il sindaco portava all'attenzione delle autorità il fatto che, "possedendo l'ex-feudatario moltissimi beni fondi un tempo detti burgensaticim, i medesimi non furono per la maggior parte annotati nel generale catasto, per cui non
ha pagato i dovuti pesi fiscali 15 ".
La Commissione dava ampia soddisfazione alla municipalità e dichiarava:
1) estinto il diritto proibitivo de' trappeti di cui si parla nel 2° capo, e sia lecito a chiunque di costruirne degli altri;
2) abolita parimente qualunque esazione a titolo di erbatica, di scannaggio, di
ragioni e di piazza; non che di pollastri e pepe, enunciati nel terzo, quinto e
Per un significato della stessa, si veda anche: GIROLAMO SAVOIA, Raccolta, cit., p. 19, nota 1.
13 Il plateatico consisteva in una tassa sulla concessione di un posto, in piazza sul nudo
suolo o sui banchi mobili ove mettere in mostra le merci, generalmente di natura commestibile. In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX secolo, op. cit., p. 180.
14 "Burgensatici erano detti i beni di assoluta pertinenza del Barone; e se rustici, comunque aperti, onde i cittadini vi esercitavano degli usi in tempo che non v'era semina, o frutto
pendente, non per questo erano, o potevano ritenersi come beni demaniali". "I terreni che
avevano questi caratteri, se posseduti dalle Università e Corporazioni religiose, dicevansi
patrimoniali. E finalmente dicevansi allodiali, se erano in mani di semplici cittadini".
In: GIROLAMO SAVOIA, Raccolta, cit., p. 19, nota 1.
15 Sulla base delle severe norme vigenti all'epoca della compilazione dei catasti antichi, il
cittadino che voleva farsi riconoscere la proprietà di un bene immobile, doveva presentare ai
compilatori la cedola notarile attestante il diritto su di esso; l'inserimento di esso nel catasto
comportava il riconoscimento ufficiale del diritto, ma anche il dovere di pagarne il relativo
peso a favore delle autorità dell'Università, chiamato bonatenenza. La mancata denuncia di
esso, al fine di frodare il fisco, comportava la perdita del bene stesso, a favore dell'Università e di chi denunciava la frode. Ampie note su questa situazione possono essere rinvenute
nei nostri lavori: L'Università di Casarano nel catasto antico del 1722, Manduria, Barbieri
Editore, 2004; e La civica Università di Taurisano nei Registri del '600 dell'antica Terra
d'Otranto, Casarano, Carra Editrice, 2005.
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sesto capo de' gravami, e nel secondo dell'istanza al fog.[lio] 9;
3) estinto inoltre per la legge il diritto di prelazione e quello denominato della
priata dedotti ne' capi 4 e 7, e cessata qualunque angaria e perangaria nella coltivazione de' poderi dell'ex-barone.
Invitava, infine, l'ex-barone, che chiedeva di farsi riconoscere il diritto sui
tributi di piazza e di scannaggio, di rivolgersi alla Commissione dei titoli, che
avrebbe accertato se, nel documento originario di acquisto del feudo di Taurisano, redatto nel 1663, erano contemplati tali diritti; e gli ordinava di pagare a
favore del Comune la tassa "della bonatenenzal 6 dal dì del catasto, e gli altri
pesi reali dal giorno delle rispettive imposizioni, e la liquidazione di essi si
commetta al Razionale Cenni, il quale deduca a favor dell'ex-barone le quantità che forse dimostrerà di aver pagato 17 ".
Per quanto riguardava il punto finale, la Commissione si riservava di decidere "sulla legittimità del diritto di decima e sesta enunciato nel I capo di gravezze e nella citata istanza al fogflio] 9"; e in attesa di tale decisione, "senza
pregiudizio delle ragioni delle parti", l'ex-barone cessi dall'esigere contemporaneamente la decima o la sesta su quei beni su cui già esige il canone; e l'esazione si effettui "sui generi dei quali egli si trova in possesso, purchè non eccedano quei descritti nell'articolo primo della citata legge de' 16 Ottobre".
Una nuova, definitiva sentenza fu emessa meno di un anno dopo, la numero
58 del 13 Luglio 1810 18 . Essa definì con molta chiarezza i termini della contesa,
i diritti e i doveri delle parti in conflitto e nel frattempo pose in evidenza gli abusi commessi nel corso dei secoli dalla famiglia dell'ex-feudatario a danno degli
abitanti della municipalità. Forse è necessario che il lettore la conosca nei dettagli, poiché essa costituì la base di partenza del successivo conflitto giudiziario 19 .
Essa fu redatta sulla base di quanto previsto nel Real Decreto del 16 Ottobre
1809; e, partendo dalla decisione della stessa Commissione pronunciata in data 9 novembre successivo; tenuto conto di quanto previsto nell'atto originario
di acquisto del feudo, datato 17 Ottobre 1663 che fu esibito nella causa; in considerazione del fatto che tale titolo di acquisto del feudo prevedeva il diritto di
16 La bonatenenza era la tassa dovuta da tutti quelli che detenevano beni nel territorio dell' Università.
In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX secolo, cit., p. 180
17 Nel caso denunciato dal sindaco di Taurisano, evidentemente l'ex-feudatario, forte di
ben solide connivenze, ometteva di denunciare alcuni beni burgensatici posseduti per risparmiare nel pagamento dei contributi fiscali.
18 ASL, Bollettino delle Sentenze n.° 7. Anno 1810, pp. 442-445.
19 ll Comune di Taurisano era difeso dal Sig. Carlo Branca; il suo ex-feudatario Antonio
Lopez y Royo era rappresentato dal signor Salvadore Romano; tenne la relazione il giudice
Martucci.
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decimare sugli olivi, il grano, l'orzo, l'avena e le fave e che pertanto solo questi generi erano legittimamente sottoposti a decima a favore della famiglia Lopez, con esclusione di qualsiasi altro genere e qualsiasi altro tipo di esazione, in
denaro o in natura, che quindi doveva essere dichiarato abolito; tenuto conto
che il bosco era un demanio feudale, e che sui demani del feudo competono gli
usi civici in favore degli abitanti, la Commissione, d'intesa con le parti in causa e il Regio Procuratore, dichiarò in Taurisano ed Ortenzano legittime in favore del feudatario le sole decime di grano, orzo, avena, fave ed olivi; ordinò che
sulle terre solite a decimarsi non potesse esigersi che la prestazione di un sol genere nell'anno a scelta del feudatario; dichiarò altresì abolite le prestazioni più
forti della sola decima, e tutti i canoni imposti anche con strumenti legali nei
luoghi ove la decima si percepiva; stabilì che le decime erano dichiarate commutabili e redimibili, secondo quanto sancito nei Reali Decreti; e qualificò in
fine il fondo così detto Bosco della Corte demanio feudale aperto, su cui competevano agli abitanti del feudo i pieni usi civici 20 anche per ragione di commercio tra loro, usi estimabíli in divisione.
II. La lunga controversia giudiziaria sul Bosco della Corte.
L'aver individuato e dichiarato il fondo chiamato Bosco della Corte demanio
feudale aperto e gravato della possibilità, da parte dei cittadini, di esercitarvi i pieni usi civici 21 , innescò il primo elemento di conflitto con l'ex-feudatario 22 , da cui
Gli usi civici erano i diritti di godimento che gli abitanti di un comune o di una sua frazione esercitavano uti singuli et uti cives sulle terre appartenenti al comune, alla frazione o ai
privati. In: La questione demaniale in Terra d'Otranto nel XIX secolo, Raccolta, cit., p. 180.
21 "Gli usi civici servono al sostentamento delle popolazioni, sicché può dirsi senza esitazione alcuna che, tenendo luogo di alimenti, siano imprescrittibili, come atti puramente facoltativi", scrive GIROLAMO SAVOIA, Raccolta, cit., p. 21n.
Secondo lo stesso autore, inoltre, "nella concessione de feudi s'intesero sempre attribuire
ai Baroni il solo utile dominio delle terre infeudate, ritenendosi implicita la riserva dell'eminente dominio a favore del Sovrano, e l'altra di restar salvi alle popolazioni i mezzi di sostentare la vita. Tali riserve s'intesero per la conservazione dell'unità dello Stato, e per non
fare spegnere o emigrare le popolazioni, altrimenti sarebbe stato illusorio l'imperio de'Sovrani, e de'Baroni stessi".
22 Il feudo di Taurisano apparteneva da molto tempo alla ricca famiglia dei Lopez y Royo,
discendenti da Don Bartolomeo Lopez y Royo (1556-1615), originaria della Navarra e menzionata almeno dal 1300. Un Bartolomeo Lopez y Royo, nipote dei precedenti, si trasferì in
Italia nel 1637 al seguito di Don Ramiro Felipe Nufiez de Guzman Duca di Medina las Torres, e pose la sua residenza a Ostuni, comprò i feudi di Ortenzano e Malcandrino con i casali di Taurisano e Monteroni il 22 ottobre 1663 con patto "de retrovendendo" da Pietro Fernandez de Castro (Regio Assenso del 14 gennaio 1664). Sposò la nobile Giulia Bisantizzi
Carducci.
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seguì una lunga controversia giudiziaria 23 . Questo bosco, distrutto tra non poche contestazioni solo pochi decenni fa in seguito a lottizzazione edilizia, era
costituito da una grand'estensione di terreno posto alle spalle e in direzione est
del palazzo ducale dei Lopez, già demanio feudale aperto, a ridosso dell'abitato e su cui i cittadini esercitavano i diritti conosciuti come usi civici e ne traevano indispensabili elementi di sostentamento e sopravvivenza.
Ma esso, per i motivi che si leggono nella documentazione posta a corredo
della controversia giudiziaria tra la municipalità e l'ex-feudatario, era stato recintato, annesso al palazzo ducale e interdetto ai cittadini.
Ciò era in contrasto con quanto prescritto nell'articolo 10 della legge 1° settembre 1806, con cui si ordinava la ripartizione dei demani comunali, si sottoponeva le terre boscose a regime speciale e si prescrivevano le limitazioni necessarie alla conservazione dei boschi e se ne proibiva il taglio degli alberi 24 .
La lunga e complessa serie di liti giudiziarie tra il Comune e i duchi Lopez
in materia di diritti feudali cominciò con il contenzioso riguardante il Bosco
della Corte pochi giorni dopo la pubblicazione della sentenza n.° 58 e la sua comunicazione alla municipalità di Taurisano. Infatti il 23 luglio 1810, con una
sollecitudine e una correttezza di comportamento di cui gli va dato merito, il
Sindaco di Tauri sano Nicola Corsano informava il Giudice di Pace del Circondario di Ugento, Silvio Bonavoglia, nella cui competenza cadeva il territorio del
suo comune, che il Duca 25 , contravvenendo alla sentenza della Commissione
feudale, stava disboscando nel Bosco detto della Corte 26 , con nessun rispetto
degli ordini del sovrano in materia di conservazione dei boschi e dei diritti dei
cittadini del comune: "Mi viene riferito dal Deputato eletto di questa Comune
alla vigilanza e custodia de' Boschi, a tenore de' Reali Ordini, che in questo
Territorio nel Bosco detto della Corte il sig. Duca Antonio Lopez à sboscato, e
sta sboscando con gittare finanche alberi a terra, tra quali si sente che ne siano caduti di quelli che sono di grande uso. Invito la Vostra attenzione, e solle-
Di essa è conservata una ricca documentazione in: ASL, Intendenza Demani, Comune di
Taurisano, 1810 1862, Busta 57, fascicolo 677, 678 e 680.
24 In: GIROLAMO SAVOIA, Raccolta, cit., p. 25.
25 Si trattava di Don Antonio Lopez, di cui si ignora l'anno di nascita, ma del quale si sa
che morì in Maglie il 3 aprile 1841. Egli fu il 3° duca di Taurisano e barone di Ortenzano,
Malcandrino e Monteroni dal 1782 in poi (i titoli minori scomparvero con l'eversione dei
feudi, nel 1806). Il 17 aprile 1788 aveva sposato Maria Francesca Capace Castriota dei Marchesi di San Marzano, morta poi il 18 novembre 1848, dalla quale aveva avuto un figlio, Don
Bartolomeo, morto prima del padre e prima di potergli succedere nel titolo. Questi, però fu
il padre di Don Michele (1810-1864) e di Don Francesco (1816 — 1900), rispettivamente 4°
e 5° duca di Taurisano.
26 ASL, Fascicolo 677 (1810 1812), Volume di documenti riguardanti il Bosco Ducale,
Taurisano - Provincia di Lecce - 1830, carta 9 del 23 luglio 1810. Ma la collocazione delle
carte non rispetta l'ordine cronologico.
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citudine, affinché ...fussesi avuto riguardo, ed osservanza delle Leggi emanate
dal Nostro Sovrano per l'adempimento di quanto in quelle si prescrive, anche
pure per non restare lesi i dritti spettanti a questo Comune a norma della Sentenza emanata dalla Sovrana Commissione Feudale ...".
Il Giudice di Pace d'Ugento prendeva atto della denuncia e nella stessa giornata scriveva all'Aggiunto del suo omonimo del Comune di Taurisano perché
si accertasse dei fatti e, dopo aver ricordato i "reiterati ordini dell'Intendente
della Provincia" contro il taglio d'alberi nei boschi e le "rigorose pene comminate ai contravventori", lo invitava "... di subito richiedere djettio sig. Duca
con quale Licenza Egli sta tagliando djettii alberi nel suo Bosco, ed avendo la
licenza, vi compiacerete rimettermi copia legale della stessa; in caso contrario
farete immantinente ordine allo stesso, che dovesse all'istante cessare il taglio
sudfdettio nel sudjdettio Bosco, ed invierete degli esploratori, per vedersi i
tagli fatti, la qualità de' medesimi, ed il valore ... " 27 .
Pochi giorni dopo il sindaco reiterava la denuncia contro l'ex-feudatario 28 , e,
richiamando i suoi doveri di legge, che a lui "richiede la vigilanza" e al giudice di pace " che siede nel Trono giudiziale la protezione, e sostegno, e l'obedienza da chi dev'esser soggetto", aggiungeva che erano trascorsi otto giorni, il
giudice non era efficacemente intervenuto e il duca aveva continuato i suoi lavori di disboscamento e, ignorando la decisione sovrana, firmata anche da lui,
aggiungendo malizia all'arroganza, stava costruendo nel Bosco una "calcara",
una fornace per la cottura della pietra e la produzione di calce. Aggiungeva accorati richiami al suo dovere di giudice e minacciosi avvertimenti di informare
le superiori autorità del suo comportamento, in caso di mancato intervento.
A questa seconda denuncia il giudice di Pace d'Ugento rispondeva scrivendo all'Aggiunto di Taurisano, informandolo del contenuto della seconda lettera
del sindaco e minacciando a sua volta sanzioni contro di 1ui 29 : "Io, in data di 23
del corr. [ent Je vi spedì ord.[in]i pressanti per impedire tale inconveniente, e
per non far restare offese le leggi del nostro augusto sovrano, ve ne feci anco
le istruz.flolni di regolam.[en]to da tenere in caso, che il taglio era fatto senza
permesso. Intanto avete dato luogo a farmi sentire ulteriori riclami. Vi prevengo, che se non avete usato quella esattezza, che si richiedea al disimpegno; per
la seconda volta vi dico, che la v. [ost]ra condotta ne risponderà a' superiori degli inconvenienti.
Intanto vi invito a farmi sapere sul momento il vjostrio operato, per poterne
rappresentare l'occorrente a chi si conviene".
27 Ivi carta 2 del 23 luglio 1810.
28 Ivi, carta 3 del 29 luglio 1810.
29 /Vi, carta 12 del 29 luglio 1810.
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Nel frattempo l'avvocato del duca Lopez faceva valere le sue ragioni presso
il Regio Procuratore del Tribunale di prima istanza della Provincia di Terra d'Otranto; non essendo riuscito a far valere le sue ragioni presso le autorità centrali della Commissione feudale, attivava la sua strategia di difesa, che consisteva
nel presentare ricorsi e nel fare pressioni ed intimidazioni presso quelle istituzione locali che più potevano essere sensibili ai suoi attacchi: il Decurionato di
Taurisano, l'Aggiunto di pace dello stesso comune, il giudice di pace d'Ugento, quello di Casarano, quello di Lecce. Al Regio Procuratore di Lecce, pur riconoscendo il contenuto della sentenza della Commissione Feudale, l'avvocato
del duca chiese che si accertasse la reale identificazione del Bosco della Corte
oggetto d'interventi e citato nella sentenza e negava le attività denunciate dal
sindaco del comune:
Si duole che senza verificarsi se il Boschetto attaccato al suo Palazzo, e custodito da alti muri, l'ingresso al quale è dal Cortile del Palazzo con porta
chiusa a chiave, sia lo stesso che quello detto Bosco della Corte, pochi di quelli Cittadini fatti per distruggere, e non per edificare, attentano di diroccare i
muri per servirsi dell'accordatoli dritto.
Fa osservare che il Boschetto sud.[dett]o, e gli albori di esso sono stati ridotti
a viali, e grottini, ed in quelle figure che dilettano la vista, che il suolo è netto
è pulito, ed in conseguenza non vi si può né legnare, ne pascere. Conchiude che
l'oggetto è di rispettarlo, e non di godere un vantaggio.
Dice che la sentenza ne prescrive la divisione, e che non è giusto che sia devastata la porzione che a lui spetta che deve esser la maggiore... 3 °.
E in una lettera successiva del 2 ottobre 1810 il medesimo magistrato inviava allo stesso giudice del circondario d'Ugento una copia della sentenza della
Commissione Feudale, concludendo con un invito: "...Signore, v'invito a far
eseguire esattamente, e letteralmente la Decisione della già Commissione negli
ex Feudi di Taurisano, ed Ortenzano onde nessuna delle parti abbia motivo di
dolersi: e quando dopo l'abolizione si fossero esatte Decime, ne farete seguire
la restituzione... 31 ".
Il magistrato d'Ugento comunicava all'Aggiunto di Taurisano nuovi ordini
da tenere in merito alla controversia, indicandogli le istruzioni impartite dai loro superiori, specialmente per quanto riguardava l'apertura del muro del Bosco,
condizione indispensabile affinché gli abitanti del comune potessero esercitarvi gli usi civici, loro riconosciuti dalla legge: "... Io quindi sig. Aggiunto vi
priego far sentire a cod.[est]o ex Barone, li sentimenti che vi ho espressi del lodato sig. Reg.[i]o Procuratfode, acciò il tutto venga eseguito senza ulteriore
tf.
. .
°
3 /Vi,
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carta 15 del 30 settembre 1810.
Ivi, carta 16 del 2 ottobre 1810.
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