L`immagine entra nella parola per creare magia

Transcript

L`immagine entra nella parola per creare magia
L'immagine entra nella parola per creare magia - Il Sole 24 ORE
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-01-09/limmagin...
Stampa l'articolo
Chiudi
L'immagine entra nella parola per creare magia
Gianluigi Ricuperati
John Berger. Tiziano Scarpa. Leanne Shapton. Andrè Breton. W.G. Sebald. Javier Marias. Geoff Dyer. Joyce Carol
Oates. Roland Barthes. Bruno Schulz. Marco Belpoliti. Susan Sontag. Roberto Calasso. Luc Sante. Lawrence
Weschler, Andrea Cortellessa, Alain Robbe-Grillet. Gianni Celati. Julio Cortàzar, Matteo Codignola, Ben Marcus,
Rick Moody, Italo Calvino, Georges Perec. Questo articolo potrebbe essere un frammento di libro dei nomi; ma
quale comune denominatore li tiene insieme? Sono tutti autori letterari, certo. Di ogni nazionalità, estrazione
ideologica, etnica, religiosa, filosofica. Molti non ci sono più. Parecchi sono dei classici. Certi sono nel mezzo. Ci
sono romanzieri, prosatori, critici, saggisti, scrittori di racconti. Ma tutti, almeno una volta, hanno pubblicato un'opera
in cui le immagini e le parole si compenetrano, si interrogano vicendevolmente, si supportano, si avvicinano o si
allontanano pur essendo giustapposte. Immagini di ogni genere, dalle fotografie ai disegni, dai materiali
disomogenei, d'occasione, fino a operazioni visive concertate per l'occasione. Naturalmente per alcuni l'esperimento
è stato sporadico – un atto minoritario – ma per altri è diventato parte integrante di una poetica, bastone da ricerca,
strumento radicale di rabdomanzia sulle tracce delle proprie forme.
È un tema che ritengo centrale nell'esperienza letteraria contemporanea; basta la qualità media sprigionata
dall'elenco di cui sopra per accorgersene. Da quando mi è capitato di pubblicare alcuni saggi e reportage, ciò che
gli americani chiamerebbero literary non-fiction, di rado sono riuscito a tenere fuori dall'involucro del testo la
pressione di immagini che volevano, o dovevano, o potevano aggiungervi qualcosa, distorcerne la traiettoria,
influenzarlo o esserne influenzate. Il lettore perdonerà il riferimento personale, ma è d'obbligo. Non stiamo parlando
di un "caso" editoriale. Non stiamo parlando nemmeno di una vague più o meno nuova. Stiamo parlando di una
questione culturale rilevante. Viviamo nell'apice di produzione iconografica di tutta la storia umana; solo le macchine
digitali e i telefoni producono miliardi di nuove immagini ogni anno, e questo fa la differenza. È una mutazione
ambientale, percettiva, cognitiva, quasi fisica: se tutte le fotografie messe al mondo fossero specchi e ricoprissero il
globo, il Sole stesso verrebbe cancellato dalla potenza della rifrazione.
Negli ultimi mesi, solo in Italia, sono usciti almeno cinque testi importanti di autori che scrivono o vivono nel nostro
paese, e ciascuno di essi contiene immagini; disegni, fotografie, litografie. Si tratta del Cimitero di Praga di Umberto
Eco, di Persecuzione di Alessandro Piperno, Vita e morte di un giovane impostore raccontata dal suo migliore
amico di Cristiano de Majo, Autopsia dell'ossessione di Walter Siti e Insegnami la quiete di Tim Parks. La presenza
iconografica in questi libri è piuttosto variegata, ed è necessario essere consapevoli che il peso di un disegno a
fumetti e di un'incisione del Settecento sono differenti da quelli di una fototessera o dei raggi X: producono
conseguenze diverse, irradiano un'aura che semplicemente non è assimilabile. Il bestseller di Eco gioca
magistralmente con la notoria erudizione dell'autore, e a tutti gli effetti anche le immagini, che costellano la
narrazione con puntualità, sono oggetti da feuilleton: provengono infatti dalla vasta collezione privata del semiologo
più famoso del mondo, e in certi passaggi sembra addirittura che alcune scene siano state scritte a partire da
queste avventurose chine di Sette-Ottocento; una sorta di grado zero dell'ekphrasis (l'arte di descrivere un quadro
con le parole), ma al contrario, dall'immagine al testo. Il romanzo di Piperno, peraltro bellissimo, presenta invece
inserti visivi che rimandano allo stile dei fumetti della Bonelli, tratto rapido di matita su sfondo bianco, non sono
all'altezza della qualità di scrittura: didascaliche anch'esse, paiono provenire da un desiderio autoimposto di
decorazione, che in verità non aggiunge nulla alla caratura romanzesca messa in scena. Nell'interessante libro di de
Majo le parti non strettamente testuali sono elementi integranti della storia che racconta: si tratta di materiali pop, di
provenienza spuria, addirittura poverista e trash, come le cartoline da souvenir che punteggiano il secondo capitolo.
Walter Siti gioca su un piano più complesso, mettendo appunto in moto una sottile macchina di ekphrasis,
descrizioni di descrizioni visive concertate dal romanziere d'accordo con diversi fotografi, con il medesimo corpo
maschile ritratto in pose e dettagli che quasi sembrano spingere per fare il proprio ingresso nel testo, ma senza
rinunciare all'autonomia dell'icona. L'eccellente memoir di Parks, per finire, conduce sulla pagina le rappresentazioni
degli oggetti, spesso banali, che segnano il corso doloroso di una malattia e del modo di affrontarla: boccette di
medicine, paesaggi della guarigione, grafici di valori delle componenti chimiche umane. Il modello, qui, è senza
dubbio il grande Sebald, moderno genitore dell'alleanza tra parola e immagine, molto amato da Parks e purtroppo
imitato senza la medesima magia; ma come fargliene una colpa? Sebald ha fatto meglio di tutti gli animi letterari più
sensibili del nostro tempo ciò che tutti gli animi sensibili del nostro avrebbero voluto fare prima di lui. I suoi quattro
capolavori, da Vertigine ad Austerlitz, concepiti all'alba della grande ondata digitale di cui dicevo poco fa,
1 di 2
11/01/11 14.02
L'immagine entra nella parola per creare magia - Il Sole 24 ORE
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2011-01-09/limmagin...
costituiscono tuttora un'ispirazione sorgiva. In un'intervista rilasciata a Eleanor Wachtel nel 1997, Sebald dice una
cosa illuminante: «La funzione delle fotografie è anche quella di arrestare il tempo. La fiction è una forma d'arte che
muove sempre verso il compimento, la fine, senza prevedere fermate. Le fotografie servono a questo, nei miei testi:
portano fuori dal tempo, a una contemplazione più simile a quella delle arti visive, come davanti a un quadro in un
museo».
Ecco il punto dolente e cruciale; la connessione con le arti, un rapporto profondo e abituale, informato, una
visitazione disposta all'apprendimento e all'insegnamento costante e reciproco, è la conditio di qualsiasi intervento
iconografico serio nella narrativa letteraria che ci aspetta. Quasi tutti i romanzi che ho citato sono un passo in
questa direzione; ma si può andare ancora in avanti, rifiutando ogni tentazione pleonastica. Se le immagini devono
esserci, che siano una prosecuzione della scrittura con altri mezzi. E che gli amici regalino agli scrittori abbonamenti
a riviste d'arte e fotografia colte ed eccitanti come «Frieze», «Parkett», «Aperture» o qualsiasi altra che garantisca
una buona informazione sulle ricerche più avanzate dei nostri contemporanei. Altrimenti, come succede nella prima
memorabile visione di Gli emigrati di Sebald, incontreremo sempre più spesso ciò che trova il narratore, alla ricerca
del proprietario dell'immobile che vorrebbe affittare, nella campagna inglese, quando gli viene raccontata la storia di
due eccentrici locali che avevano fatto erigere una riproduzione esatta del Castello di Versailles, ma solo nella sua
facciata: «Un fondale privo di qualsiasi scopo, ma visto da lontano di notevole effetto, le cui finestre erano scintillanti
e cieche esattamente come quelle della casa di fronte alla quale ci trovavamo noi adesso». Un avvertimento, per
tutte le illustrazioni dei nostri romanzi futuri.
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
i libri
gli emigrati
W.G. Sebald
Adelphi
La compenetrazione immagine-testo al suo meglio,
in quattro storie di esuli. Uno dei
libri fondamentali della fine del
XX secolo.
il cimitero di praga
Umberto Eco
Bompiani
L'autore de Il nome della rosa ha usato per illustrare il suo feuilleton erudito delle stampe e litografie provenienti
dalla sua collezione personale.
insegnaci la quiete
Tim Parks
Mondadori
Il celebre scrittore e traduttore, alle prese con una dolente storia personale di malattia e guarigione, inserisce nel
testo molte fotografie
di elementi quotidiani.
autopsia dell'ossessione
Walter Siti
Mondadori
Il romanziere ha costruito l'apparato iconografico del testo lavorando con lo stesso modello e diversi fotografi.
Redazione Online
Tutti i servizi
I più cercati
Pubblicità
P.I. 00777910159 - © Copyright Il Sole 24 Ore - Tutti i diritti riservati
2 di 2
partners
11/01/11 14.02