1 Guido Petter, Il mestiere di insegnante. Aspetti

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1 Guido Petter, Il mestiere di insegnante. Aspetti
Guido Petter, Il mestiere di insegnante. Aspetti psicologici di una delle
professioni più interessanti e impegnative, Giunti Editore, Firenze,
2006; pp.256
Recensione di Silvia Zanetti - 19 novembre 2007
Abstract
In questo libro l’autore delinea una figura di insegnante dalle varie caratteristiche, approfondendo ed
analizzando soprattutto una delle tre componenti della sua professionalità, cioè quella psicologica.
Secondo l’autore ogni insegnante dovrebbe porsi tre obiettivi di base: aiutare gli allievi a crescere come
persone, aiutarli a crescere intellettualmente e culturalmente e ottenere il loro spontaneo coinvolgimento
nelle attività di apprendimento. Il raggiungimento di questi tre obiettivi produce, di riflesso, la stima e
l’affetto degli studenti. Pur trattandosi di obiettivi pedagogici, l’autore fornisce, rivolgendosi agli
insegnanti di ogni ordine di scuola, numerose e preziose indicazioni di tipo psicologico su come
conseguirli. Inoltre, offre suggerimenti e proposte operative su come facilitare i processi di comprensione
degli studenti e quelli di comunicazione educativa.
In this book the author outlines a teacher figure of the various features, surveying and analyzing
especially one of the three components of his professionalism, that is the psychological. According to the
author every teacher should ask three basic objectives: to help students grow as individuals, help them
grow intellectually and culturally and obtain their involvement in spontaneous learning activities.
Achieving these three objectives produces, in turn, the student’s esteem and love. Though are
pedagogical objectives, the author provides, addressing teachers at all school, precious and many
indications of psychological kinds on how to achieve them. In addition, he offers suggestions and ideas
on how to facilitate student’s understanding processes and educational communication.
Recensione
In questa sua opera Guido Petter si propone di evidenziare l’importanza per
l’insegnamento, che egli considera un mestiere delicato, impegnativo ed
interessante, di una competenza psicologica che costituisce, secondo l’autore, una
delle tre indispensabili componenti della preparazione all’insegnamento, troppo a
lungo assente o presente marginalmente nella formazione iniziale degli insegnanti.
La sua analisi inizia con l’indagare le motivazioni che stanno alla base della scelta
di una tale professione. Una delle motivazioni considerata valida fino a poco tempo
fa era il fatto che garantiva un lavoro “fisso” e una certa autonomia economica;
oggi tale motivazione è andata scemando, mentre alcuni ritengono erroneamente
che l’insegnamento sia una professione da ambire poiché lascia molto tempo libero
e può, quindi, essere esercitata come integrazione di un’altra professione. Infine,
alcune motivazioni sono legate all’idea che tale professione possa far conseguire
prestigio e potere a chi la esercita. Ovviamente tali tipi di motivazioni sono deboli e
negative poiché non aiutano chi si appresta ad esercitare questa professione a
sostenere sia il grande impegno richiesto sia la disponibilità a curare il proprio
sviluppo e perfezionamento professionale. Tra le motivazioni che, secondo l’autore,
risultano invece “positive” egli menziona: il desiderio di aiutare gli altri, il desiderio
di rendere altri compartecipi di esperienze culturali personali positive ed
entusiasmanti, l’idea che l’insegnamento consenta di conciliare il lavoro con lo
studio. Oltre alle motivazioni che spingono alla scelta di una tale professione, viene
presa in esame anche la “disponibilità” che dovrebbe dimostrare un insegnante.
Riferendosi ai rapporti che si stabiliscono con gli studenti, si individuano le
disponibilità a: accettare pienamente i propri alunni, valorizzarli frequentemente,
mantenere un atteggiamento di rispetto nei loro riguardi. Per ciò che riguarda il
modo di atteggiarsi degli insegnanti rispetto a se stessi e al proprio lavoro, si
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considerano le disponibilità a: collaborare con i colleghi, stabilire rapporti organici e
positivi con i genitori degli alunni.
Dopo aver analizzato motivazioni e disponibilità che sostengono la scelta della
professione di insegnante, Petter passa ad approfondire in modo più sistematico
tale professione sulla base dei compiti che dovrebbe assolvere, cioè: favorire la
formazione degli studenti come persone e come cittadini e guidare gli studenti
nell’apprendimento di conoscenze e abilità specifiche. Per poter assolvere tali
compiti la professione insegnante deve essere costruita attraverso l’interazione
delle sue tre componenti: culturale, pedagogico-didattica, psicologica. La
competenza culturale deriva da una buona e completa conoscenza della struttura
concettuale e sintattica della propria disciplina d’insegnamento; la competenza
pedagogico-didattica dalla capacità di scegliere in modo consapevole metodi e
strategie didattiche atte a favorire la maturazione degli alunni verso quel modello di
adulti e cittadini che la società richiede; la competenza psicologica si esplicita nella
conoscenza e presa consapevolezza della “vita mentale” dei propri studenti e delle
tecniche ed atteggiamenti che permettono sia di conoscerne le caratteristiche sia di
favorirne lo sviluppo. Tale competenza risulta più articolata delle altre poiché è il
risultato dell’interazione di tre aree: quella delle conoscenze psicologiche relative ai
processi mentali, cioè conoscenza della loro natura, genesi e condizioni che possono
favorirne o ostacolarne lo sviluppo; l’area delle tecniche psicologiche; l’area degli
atteggiamenti che risultano rilevanti dal punto di vista educativo.
Analizzate alcune delle condizioni che risultano fondamentali per svolgere in modo
efficace la professione dell’insegnante, l’autore passa a considerare gli “obiettivi
base” che dovrebbe porsi un’insegnante, cioè: aiutare gli studenti a crescere come
persone – nel senso di favorire lo sviluppo delle life skill –, intellettualmente e
culturalmente; coinvolgere gli studenti nelle attività di apprendimento; ottenere la
stima e l’affetto degli studenti, obiettivo che viene naturalmente conseguito se i tre
precedenti sono stati raggiunti in base al principio psicologico generale che “…un
bambino, un ragazzo o un adolescente stabilisce un rapporto affettivo positivo nei
confronti di quelle persone che, con una certa continuità, interagendo con lui, lo
aiutano a crescere.”(p.35). Se all’interno delle scuole si riesce a stabilire un buon
coordinamento ed una efficace collaborazione tra i colleghi, sia in senso
“orizzontale”, nella stessa classe, sia in senso “verticale”, tra più livelli di scuola, il
conseguimento di tali obiettivi risulta più facile. Ottenere la stima e l’affetto dei
propri allievi è sicuramente l’obiettivo più gratificante per un insegnante, tuttavia
può anche costituire, come si è già affermato, un indicatore del conseguimento
degli altri tre obiettivi base. Diventa, quindi, opportuno per un insegnante
conoscere e prendere consapevolezza delle componenti caratteristiche di un
rapporto affettivo positivo, che l’autore illustra brevemente, e delle condizioni che
ne favoriscono l’instaurarsi, quali: l’imprinting, che opera nell’uomo nei primi tre
anni di vita, e lo stabilire un rapporto affettivo positivo verso chi ci aiuta a crescere.
Petter passa quindi ad analizzare le modalità che permettono di conseguire i tre
obiettivi di base iniziando da “aiutare gli allievi a crescere come persone”.
Determinante a questo fine risulta “l’atmosfera di classe” dipendente in gran parte
dagli stili di insegnamento dell’insegnante – autoritario, democratico, passivo – e
dal grado di accettazione dei propri allievi. Le combinazioni di queste due
componenti danno luogo a quattro tipologie di “atmosfera di classe”: autoritaria
fredda o benevola, permissiva fredda o benevola. Tuttavia, l’unica atmosfera
veramente positiva che può favorire un rapporto costruttivo tra insegnante e classe
consiste in una quinta tipologia che può essere indicata come “democratica”, dove
l’insegnante pur ponendosi in condizione di “ascolto” nello stesso tempo assume un
ruolo di “guida”. Componente ugualmente importante è anche riuscire a dare una
“struttura democratica” alla classe in modo che gli studenti siano messi in
condizione di assumersi responsabilità riguardo sia la gestione del gruppo classe sia
le attività didattiche. Per favorire la crescita degli alunni come persone è importante
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prestare attenzione anche al tipo di rapporto personale che si crea con i singoli
alunni. A tal riguardo un insegnante dovrebbe dimostrarsi sempre disponibile
all’ascolto, dimostrando empatia ed accettazione; dovrebbe sempre essere pronto a
fornire aiuto, attraverso un’attività di counseling; per aumentare il senso di
“autoefficacia” dello studente dovrebbe sostenerlo, incoraggiarlo e spesso
valorizzarlo. Infine, per il raggiungimento del primo obiettivo di base l’insegnante
dovrebbe aiutare gli studenti a conoscere sempre meglio se stessi, promuovendo
così la formazione della propria identità. Ma poiché gli insegnanti dovrebbero
favorire anche lo sviluppo dell’idea di sé, Petter ritiene che dovrebbero anche
conoscere le fasi della formazione dell’idea a di sé e i fattori che vi intervengono.
Valorizzare gli alunni è il modo migliore per permettere loro di costruire la propria
“idea di sé”.
“Favorire la crescita intellettuale e culturale” è un obiettivo complesso costituito da
due componenti unite tra loro da una relazione di circolarità: la crescita culturale e
la crescita intellettuale. Per analizzare una disciplina o un tema l’autore propone ed
illustra uno strumento grafico, il “trifoglio”, che ritiene possa essere utilizzato con
successo dagli insegnanti per programmare le attività didattiche. Una disciplina o
un tema presentano principalmente tre aspetti: formativi, motivazionali e
interdisciplinari. Dopo aver descritto ed analizzato tali aspetti l’autore si sofferma ad
esaminare alcune delle principali condizioni che realizzano che una certa
“informazione” diventi “formativa”. Per esempio, ciò si attua quando: una
conoscenza si “collega in modo organico” alle conoscenze pregresse dell’individuo;
sorge l’esigenza di acquisire nuove conoscenze per risolvere un problema; una
conoscenza viene acquisita “in una situazione insolita” che colpisce
l’immaginazione; l’acquisizione è guidata da una “forte tonalità emotiva”; vi è una
“frequente rivisitazione”; la conoscenza da acquisite assume un “alto grado di
organicità e trasparenza”. Prima di passare ad analizzare il terzo obiettivo base,
“motivare alle attività di apprendimento”, l’autore si sofferma a fornire alcune
puntualizzazioni sulla motivazione ad apprendere, iniziando con il precisare cosa
s’intende per “attività di apprendimento”. Quindi passa a considerare due tipologie
di motivazioni all’apprendimento, quelle già presenti e quelle nuove, i relativi
problemi psicologici che si possono presentare nei due casi e le possibili strategie
didattiche da utilizzare. Secondo Petter “suscitare una motivazione ad apprendere”
significa “…creare delle condizioni per cui una certa quantità di energia…, fluisca
spontaneamente nella direzione dell’attività di apprendimento proposta, e risulti poi
disponibile per tutto il tempo in cui dura tale attività.” (p. 93). E’ anche da tenere in
considerazione che la “ motivazione ad apprendere” è strettamente collegata ad
altre motivazioni, quali: motivazione alla socialità, ad aiutare gli altri,
all’autorealizzazione. Le motivazioni possono essere dirette o indirette. Le
motivazioni dirette sono quelle promosse dalle attività stesse in quanto
estremamente gratificanti, quali le attività ludiche e ludiformi. Le “valenze indotte”
rappresentano una forma di motivazione diretta che si sviluppa per
l’intermediazione dell’insegnante che gode della stima e dell’affetto dei suoi alunni;
in tale situazione bisogna guardarsi dal deviare verso l’indottrinamento. Anche
episodi imprevisti e improvvisi, se ben gestiti dal docente, possono produrre
motivazioni dirette, come il “piacere di capire” che viene così descritto dall’autore
“E’ quel piacere che proviamo quando, di fronte a una situazione inizialmente
confusa, con certe sue parti che sembrano incomprensibili, improvvisamente “tutto
va a posto” come in un puzzle i cui pezzi alla fine combaciano tutti, i vari rapporti
divengono tutti chiari e anche elementi di cui non si comprendeva il senso
divengono significativi.” (p. 99) Le motivazioni indirette sono quelle non
direttamente suscitate dall’attività che si deve svolgere, ma che sono stimolate dal
tipo di obiettivo che si può raggiungere attraverso quell’attività. La motivazione ad
eseguire l’attività può nascere dal desiderio di conseguire una buona prestazione
oppure di acquisire una nuova competenza in modo durevole. Petter si sofferma a
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descrivere quelle situazioni e strategie didattiche che meglio di altre favoriscono la
messa in atto di questo secondo tipo di motivazione indiretta, poiché lo ritiene in
grado di avviare un processo di crescita, e passa, quindi, a descrivere, riportando
esempi concreti di attività da svolgere in classe in varie discipline: la “strategia dei
progetti”, la “strategia dei problemi”, le “unità tematiche problematiche”, educare a
“scoprire problemi”.
Nei fanciulli ma soprattutto negli adolescenti vi è il bisogno di arrivare ad una
rappresentazione della realtà il più possibile unitaria, quindi diventa un elemento
fondamentale della formazione l’interdisciplinarietà. Nel settimo capitolo, dedicato
completamente a questo tema, si individuano ed analizzano prima le varie forme di
interdisciplinarietà, per poi soffermarsi ad esaminare soprattutto quella “dinamica”.
Vengono descritte anche le condizioni necessarie per stabilire rapporti
interdisciplinari costruttivi con i vari colleghi ed infine si sottolinea la valenza
formativa della dimensione storica di tutte le discipline.
Accade spesso nella realtà scolastica che la motivazione degli studenti vada pian
piano scemando fino a scomparire: come comportarsi perché ciò non avvenga?
L’abbassamento del livello di motivazione è dovuto, per la maggior parte, al
fenomeno della “saturazione psichica” per la quale se una stessa attività viene
riproposta per un tempo lungo la motivazione scema, sparisce e spesso lascia il
posto ad un atteggiamento di rifiuto. Quindi una strategia che possa evitare tale
processo consiste nell’offrire agli studenti una varietà di ambienti e attività di
apprendimento, varietà che va logicamente introdotta con moderazione per evitare
di creare disorientamento nei discenti. Altre cause che possono determinare un calo
della motivazione possono essere: un’attenuazione degli interessi dovuta al
dispendio di una notevole quantità di energia psichica, utilizzata per risolvere
situazioni difficili o di stress prolungato, che viene in parte sottratta ad altre
attività; problemi legati allo sviluppo che creano ansia e tensioni che assorbono
quindi grandi quantità di energia psichica. Per recuperare parte di questa energia
l’insegnante può: trattare i contenuti della propria disciplina mettendo in risalto
quegli aspetti che sono legati alle problematiche vissute dagli studenti oppure dare
molto spazio alla discussione e al lavoro cooperativo in piccoli gruppi misti.
Indagati e approfonditi gli obiettivi di base che dovrebbe porsi ogni insegnante e
descritte le possibili strategie d’intervento per favorirne il conseguimento, l’autore
prende in considerazione alcuni strumenti che, secondo il suo parere, in quanto
dotati di una elevata connotazione psicologica, tutti gli insegnanti dovrebbero saper
utilizzare. A tal riguardo descrive compiutamente caratteristiche, proprietà,
modalità di costruzione e di applicazione di: questionario, colloquio, discussione di
gruppo, sociodramma, prove di verifica delle acquisizioni, diario didattico personale.
La seconda parte del volume è completamente dedicata alla comprensione e alla
comunicazione educativa. L’autore assegna all’atto del “capire” un ruolo strategico
poiché rappresenta “…un evento che raccorda gli aspetti motivazionali con quelli
formativi…” (p. 166) in quanto ci riporta al “piacere di capire” ed alla “volontà di
capire”. Per definire il concetto di “capire” si passa attraverso le sue varie forme –
capire una storia, una spiegazione, una procedura, un problema, un’opera d’arte –
al fine di coglierne differenze ed elementi invarianti fondamentali per la definizione
del concetto. Esistono anche diversi livelli del “capire”: ad un primo livello si
possono collocare il “capire” una novella, un dipinto, un film, una procedura, ecc.;
in un secondo livello si possono riconoscere essenzialmente due forme del “capire,
la contestualizzazione e la generalizzazione, che l’autore si sofferma ad analizzare
nelle loro caratteristiche principali.
Uno dei prioritari obiettivi degli insegnanti consiste proprio nell’aiutare i propri
studenti a “capire”, quindi l’autore propone ed espone, con l’aiuto di numerosi
esempi, tre modalità d’intervento per creare situazioni in cui attraverso il pensiero
si costruiscono nuove strutture cognitive o si modificano quelle già presenti: il
pensiero guidato, il pensiero autonomo assistito e il pensiero autonomo
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indipendente. Nel pensiero guidato è l’insegnante che stabilisce il percorso e il ritmo
d’apprendimento; nel pensiero autonomo assistito l’alunno apprende in modo
autonomo secondo un proprio percorso d’apprendimento, ma sotto la stretta
sorveglianza e guida dell’insegnante (per esempio nelle discussioni di gruppo
attivate per la soluzione di un problema); con il pensiero autonomo indipendente
l’atto di “capire” si svolge in pena autonomia, senza ricevere alcun aiuto esterno.
L’insegnante può favorire la messa in atto di tale processo proponendo situazioni
problematiche da risolvere e/o invitando gli alunni ad “inventare” nuove situazioni o
soluzioni, cioè offrendo spunti per favorire una produzione creativa. Anche in questa
situazione, quindi, vi è l’intervento dell’insegnante che si attua però prima e non
durante l’attuazione del processo di comprensione. Esistono, tuttavia, condizioni
che possono favorire o ostacolare la comprensione ed è necessario e doveroso che
un insegnante ne sia a conoscenza. Tra le condizioni che ostacolano il processo di
comprensione sono prese in esame: la discrepanza tra la difficoltà del compito e il
livello di sviluppo cognitivo degli allievi (anche se, secondo l’autore, un certo grado
di difficoltà può stimolare l’area di “sviluppo prossimale”); la discrepanza tra le
competenze linguistiche degli studenti e quelle richieste (v. uso del dialetto o alunni
stranieri); assenza di fondamenti (insieme di conoscenze sul quale si debbono
introdurre le nuove conoscenze), script (strutture generiche di conoscenze,
copioni), schemi di assimilazione (formatisi attraverso le precedenti esperienze nei
quali vanno a situarsi le nuove esperienze); fissità funzionale nell’uso di oggetti,
cioè la tendenza a considerare come unica funzione di un oggetto quella abituale; le
implicazioni parassite, cioè caratteristiche o proprietà associate ad un certo
concetto, ma non direttamente implicate nella sua definizione; spostamento del
fuoco dell’attenzione dal tema principale; caratteristiche strutturali del messaggio
(v. ripetizioni superflue o parti omesse) che possono renderlo poco comprensibile.
Tra le condizioni che, invece, hanno un valore euristico e facilitano la comprensione
sono analizzate: la presenza, in chi si appresta a comprendere, di fondamenti,
script e schemi di assimilazione; l’utilizzo delle comprensioni parziali per avere
suggerimenti e indicazioni al fine di giungere ad una completa comprensione; la
semplificazione non deformante, che consiste nel semplificare dati e/o fatti senza
alterare la struttura del problema o della situazione complessa; fornire i componenti
di un problema o di una spiegazione di una “base perc ettiva” attraverso l’uso di
mediatori didattici e isomorfismi tra percezione e pensiero; utilizzare il
brainstorming; ultima, ma fondamentale condizione, è la buona qualità del
messaggio che dipende in gran parte dal suo contenuto e dalla sua struttura, ma
anche dalla qualità della comunicazione. In ambito scolastico la comunicazione è un
elemento che non interviene unicamente nelle relazioni ed interazioni che si attuano
in classe durante l’attività didattica, ma anche nei rapporti che si stabiliscono tra i
vari attori del complesso processo formativo: insegnanti, studenti, genitori,
dirigente, operatori sanitari, ecc. Dopo aver analizzato nelle sue caratteristiche
essenziali la definizione di comunicazione in generale dal punto di vista psicologico,
l’autore concentra la sua attenzione sulla comunicazione educativa che presenta
delle caratteristiche precipue in quanto è finalizzata a promuovere la crescita
culturale ed umana degli studenti. Quindi risulta essenziale che essa risponda a
determinati requisiti: un attento controllo delle emozioni; mantenere viva la
motivazione all’ascolto; avere un carattere circolare; evitare l’indottrinamento;
tendere all’efficacia (nel senso che il messaggio deve giungere al ricevente in modo
completo e corretto). Si passa quindi a considerare gli elementi di un processo
comunicativo e per ognuno sono descritte, in modo chiaro e sistematico, le cause
che rendono difficile un atto comunicativo e le modalità da mettere in atto per
neutralizzarle. Quali caratteristiche deve perc iò possedere un messaggio
comunicativo per considerarsi efficace? Secondo Petter deve presentarsi come una
struttura forte e compiuta ed avere un carattere organico.
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Nell’ultimo capitolo l’autore afferma che il profilo dell’insegnante da lui delineato
presenta caratteristiche e competenze che non possono essere tutte presenti fin
dall’inizio della carriera, ma vanno sviluppate e potenziate dall’insegnante durante
lo svolgimento della professione se egli riesce a conferire alla propria attività di
insegnamento una connotazione di sperimentazione. Come è possibile? Anche in
questo caso l’autore descrive numerose proposte operative apportando esempi
esplicativi. Il modo più semplice consiste nell’introdurre nella abituale prassi
lavorativa alcune novità per osservarne i possibili effetti; una seconda modalità
consiste nell’individuare alcune problematiche e le variabili che vi intervengono,
formulare delle ipotesi di nuove soluzioni, quindi sperimentare le novità variando di
volta in volta solo alcune variabili, registrare e valutare i risultati.
Il volume si conclude con alcune brevi riflessioni dell’autore e un’esortazione: gli
aspetti psicologici dell’insegnamento sono numerosi e riguardano varie situazioni, il
suo saggio ha cercato di presentarne un quadro sufficientemente esauriente,
tuttavia ha tralasciato di analizzare gran parte delle conoscenze che gli insegnanti
dovrebbero possedere a riguardo e quindi è necessario che essi approfondiscano e
continuamente aggiornino la componente psicologica della loro professionalità.
Il libro dedicato a tutti gli insegnanti, sia a chi si appresta alla professione sia a chi
vuole perfezionare la propria professionalità, offre prima di tutto spunti di
riflessione sulla propria prassi lavorativa che consentono di conoscere meglio i
propri alunni e di prendere consapevolezza delle possibili ripercussioni che possono
avere su di essi da una parte dei propri atteggiamenti ed azioni e dall’altra gli
interventi formativi che si mettono in atto. Una tale riflessione può aiutare gli
insegnanti ad intervenire in classe in modo sempre più consapevole e mirato per
favorire il processo di insegnamento/apprendimento.
Il libro è ricco anche di numerosi indicazioni e proposte operative che, grazie
all’esposizione chiara e ai vari esempi tratti dalla realtà scolastica, possono essere
utilizzati dagli insegnanti per perfezionare in modo consapevole il proprio intervento
educativo.
Indice
Premessa.
PARTE PRIMA: L’INSEGNANTE E IL SUO LAVORO.
Capitolo I : Una scelta di vita. - Capitolo II: I compiti di base. - Capitolo III: Stima
e affetto dagli allievi. - Capitolo IV: Aiutare gli allievi a crescere come persone. Capitolo V: Favorire la crescita culturale e intellettuale: Capitolo VI: Motivare alle
attività di apprendimento. - Capitolo VII: I collegamenti interdisciplinari. - Capitolo
VIII: Quando la motivazione viene meno. - Capitolo IX: Strumenti psicologici per
l’intervento educativo.
PARTE SECONDA: COMPRENSIONE E COMUNICAZIONE EDUCATIVA.
Capitolo X: I processi di comprensione a scuola. - Capitolo XI: Aiutare a capire. Capitolo XII: Condizioni che influiscono sulla comprensione. - Capitolo XIII: La
comunicazione educativa. - Capitolo XIV: L’insegnamento come sperimentazione.
Considerazioni conclusive.
Bibliografia.
Autore
Guido Setter è professore ordinario, dal 1958, di psicologia dello sviluppo presso la
facoltà di psicologia dell'Università di Padova dove attualmente insegna "Psicologia
dell'adolescenza". E’ stato partigiano ed ha scritto diversi volumi di memorie sui
suoi trascorsi nella Resistenza.
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Ha compiuto studi e ricerche nelle aree della percezione, del linguaggio, dello
sviluppo cognitivo, della psicologia educativa.
Ha curato la traduzione e diffusione del pensiero di Jean Piaget in Italia, ed ha
compiuto numerose ricerche su temi dello sviluppo cognitivo, della psicologia
dell'adolescenza, della genitorialità e della psicologia dell'educazione. In particolare,
lui ed i suoi allievi hanno articolato i primi progetti di ricerca italiani
sull'epistemologia genetica e sullo sviluppo concettuale nell'infanzia; progetti da cui
sono derivate, negli ultimi decenni, molte delle più rilevanti linee di ricerca della
psicologia dello sviluppo nel nostro paese.
Maestro di molte generazioni di psicologi italiani, ha contribuito significativamente
alla diffusione di una cultura psicologica nelle scuole e tra gli insegnanti,
pubblicando numerosi volumi scientifici e divulgativi di psicologia e
psicopedagogia.Nel dicembre 2005 è stato insignito della Medaglia d'Oro del
Presidente della Repubblica per i Benemeriti della Cultura e della Scienza.
Bibliografia essenziale dell’autore
Guido Petter,
La mente efficiente.Le condizioni che ostacolano o favoriscono
l’attività di pensiero, Giunti Editore, Firenze, 2002
Guido Petter, L' adolescente impara a ragionare e a decidere. Introduzione allo
studio del pensiero formale e delle condizioni in cui si formano le decisioni, Giunti
Editore, Firenze, 2002
Guido Petter, Ragionare e narrare. Psicologia e insegnamento della storia, La
nuova Italia, Firenze, 2002
Guido Petter, Lo psicologo nella scuola. Ciò che fa, ciò che potrebbe fare, Giunti
Editore, Firenze, 2004
Guido Petter, L' inverno della grande neve. Un giovane nell'Europa del dopoguerra,
Gruppo editoriale Mursia, Milano, 2004
Guido Petter,
Adolescenti particolari. Analisi psicologica del diario di un
adolescente impegnato, Centro studi Erickson, Trento, 2005
Guido Petter, Io e gli altri. Identità, relazioni, valori, Centro studi Erickson, Trento,
2007
Links
http://www.script-pisa.it/rivista/script_riflessioni_11/intervista_a_guido_petter.php
[Rivista Ondine: Script riflessioni - i campi della soggettività. Intervista a Guido
Petter a cura di Riccardo Lancellotti]
http://www.psicologia.unipd.it/home/personale.php?idalberomaterie=49&idalbero=
51&idpers=185&lingua=1
[Sito Università di Padova dipartimento di psicologia]
http://www.icp-italia.it/scuola/scheda_docente.php?id=15
[Sito Università di Padova dipartimento Psicologia dello sviluppo]
http://www.liberweb.it/interviste/guido_petter.htm
[Libriweb: interviste d'autore. Intervista di Alessandra Bruscagli a Guido Setter]
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