N°3 2015 - TorinoMedica.com

Transcript

N°3 2015 - TorinoMedica.com
anno XXVI
numero 3
settembre 2015
TORINO
MEDICA
comunicazione
informazione
formazione
LA RIVISTA DELL'ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DI TORINO
MEDICINALI
CANNABINOIDI: LA
LEGISLAZIONE VIGENTE
Sorveglianza delle epidemie
influenzali in Piemonte
FOCUS SULLA
FORMAZIONE
DEL MEDICO
L’accordo
commerciale
tra UE ed
USA (TTIP):
e la nostra
salute?
PATOLOGIE DA
DIPENDENZE DEI
MEDICI: UN PROGETTO DI AIUTO
MMG SANS FRONTIERES
Sommario
numero 3
ottobre 2015
La Rivista è inviata a tutti gli
iscritti all’Ordine dei Medici
Chirurghi
e degli Odontoiatri di Torino
e provincia
e a tutti i Consiglieri degli
Ordini d’Italia.
4
7
Editoriale
La formazione del
medico: che non sia un
altro “compromesso
senza riforme”
Guido Giustetto
Focus_ la
formazione del
medico
Cosa significa formare, oggi, i medici di
domani
Laura Tonon
34
38
Gaetano Manna
cura te stesso
43 Medico
Don Paolo Fini
Fabrizio Consorti
rivoluzione
18 Una
copernicana
Medicinali cannabi44 noidi:
la legislazione
Luciano Vettore
Corso di formazione
specifica in medicina
generale
Aldo Mozzone
22
La formazione universitaria tra carenze e
potenzialità
Roberta Siliquini
24
La formazione post
laurea: corsa ad ostacoli senza un traguardo
sicuro
Giovani Medici
vigente
Paola Brusa
46
50
la formazione
28 Ripensare
medica
Presidente
Guido GIUSTETTO
Vice Presidente
Guido REGIS
Segretaria
Rosella ZERBI
Consiglieri
Domenico BERTERO
Tiziana BORSATTI
Emilio CHIODO
Riccardo DELLAVALLE
Ivana GARIONE
Anna Rita LEONCAVALLO
Elsa MARGARIA
Aldo MOZZONE
Roberta SILIQUINI
Renato TURRA
Roberto VENESIA
Patrizia BIANCUCCI (Od.)
Gianluigi D’AGOSTINO (Od.)
Bartolomeo GRIFFA (Od.)
Commissione Odontoiatri
Gianluigi D’AGOSTINO
Presidente
Patrizia BIANCUCCI
Claudio BRUCCO
Patologie da dipendenze dei medici
Un progetto di aiuto per
vincere dolore, solitudine
e stigma
Mario Nejrotti
HELPER: il ruolo
41 Progetto
della Regione Piemonte
la formazione
16 Rivedere
per competenze
Tesoriere
Chiara RIVETTI
Il Dedalo
Tiziana Borsatti
Colloquio con Chiara
Riforgiato e Andrea
Silenzi
Direzione, Redazione,
Corso Francia 8
10143 Torino
Tel. 011 58151.11 r.a.
Fax 011 505323
[email protected]
www.omceo.to.it
Il TTIP fa bene o male
alla salute?
Chiara Rivetti
HELPER: il ruolo
40 Progetto
di OMCeO
medici in
8 Giovani
formazione e in azione
20
Transatlantico
Lo stetoscopio
La sorveglianza
epidemiologica
dell’influenza
AA.VV.
RUBRICHE
Pianeta solidarietà
MMG SANS FRONTIÈRES
Marilena Bertini
56 In libreria
e avvisi
58 Comunicati
Corsi e congressi
Bartolomeo GRIFFA
Paolo ROSATO
Revisori dei Conti
Riccardo FALCETTA
Presidente
Carlo FRANCO
Angelica SALVADORI
Vincenzo MACRÌ Supplente
in pillole
TORINO MEDICA
Direttore:
Guido Giustetto
Direttore responsabile:
Mario Nejrotti
Caporedattore:
Nicola Ferraro
Aut. del Tribunale di Torino
n. 793 del 12-01-1953
Per spazi pubblicitari: SGI Srl Via Pomaro 3 - 10136 Torino Tel. 011 359908 / 3290702 - Fax 011 3290679 - e-mail: [email protected] - www.sgi.to.it
Grafica e Design SGI Srl
Stampa La Terra Promessa Onlus NOVARA
Chiuso in redazione il 5 ottobre 2015
OTTOBRE 2015
3
Villa Raby
editoriale
La formazione del medico:
che non sia un altro
“compromesso senza riforme”
Guido Giustetto
Presidente OMCeO-TO
Questo numero di Torino Medica si occupa della formazione del medico, dagli
anni della laurea a quelli delle specialità e, in particolare cerca di analizzare e
presentare soluzioni praticabili per i suoi aspetti problematici.
“La formazione dei medici rappresenta un settore
strategico imprescindibile per l’Ordine professionale.
Alla nostra istituzione, infatti, è delegato il controllo e la
verifica di quel complesso processo che è la formazione
e lo sviluppo professionale continuo.
In questo modo l’Ordine concretizza una reale garanzia
per il cittadino, vigilando sulla qualità professionale dei
professionisti.”
Quest’affermazione è tratta dalla presentazione del trimestrale che la Federazione nazionale degli Ordini ha
recentemente dedicato alla formazione e all’accesso al
lavoro.
Per approfondire questo tema, abbiamo raccolto molte
voci, per presentarvi i diversi punti di vista, non sempre
all’unisono, talora anche conflittuali.
Potremo leggere il parere di rappresentanti di associazioni di studenti e di giovani medici, di esperti di pedagogia medica, del Presidente del Corso di laurea in
Medicina della Scuola di Torino, di uno dei Coordinatori
del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale. Infine abbiamo pensato di arricchire questa documentazione con la testimonianza di due colleghi che
hanno svolto una parte (piccola) della loro formazione
in medicina generale in Etiopia e in Kenia, grazie ad
un finanziamento della Federazione degli Ordini e con
il documento sulla formazione della Rete Italiana per
l’Insegnamento della Salute Globale.
Questi due ultimi contributi, che, come leggerete, si
pongono su un piano di analisi per certi versi non usuale e per questo particolarmente interessante, ci ricordano anche come i temi della solidarietà, del contrasto
alle disuguaglianze, dell’accesso universalistico alle cure
4
OTTOBRE 2015
VILLA RABY
“SPAZI ALLA CULTURA”
CORSO FRANCIA 6-8, TORINO
La sede dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino, nella cornice dello splendido Villino Raby, gioiello del Liberty
italiano, opera nel 1901 dell’Architetto Pietro Fenoglio, offre i suoi spazi di incontro a Istituzioni, Associazioni, Gruppi Culturali e privati.
Tutti i Medici Chirurghi e Odontoiatri, le loro Istituzioni, Associazioni di Categoria, Società Scientifiche che vorranno organizzare Convegni,
Congressi, Workshop, Corsi di Formazione, Incontri, Riunioni, Assemblee Societarie, a tutti i livelli, dal locale all’internazionale, potranno
usufruire degli spazi più adatti.
Sono a loro disposizione cinque sale per ogni esigenza di incontro culturale e professionale: dalla grande Sala Congressi con 250 posti a
sedere e le migliori dotazioni tecniche, alla piccola e affascinante Sala Piano per 20 posti, adatta anche per concerti da camera.
Le sale dell’Ordine sono usufruibili anche da parte di Istituzioni, Associazioni e Gruppi non medici, sia a livello cittadino che nazionale.
VILLA RABY: UN POLO CULTURALE
NEL CUORE DELLA CITTÀ DI TORINO
siano intrinseci alla nostra professione, e siano da valorizzare anche quando discutiamo della formazione del
medico.
LA LUNGHEZZA DEL CORSO DI STUDI
Tra le diverse problematiche trattate negli articoli ce
n’è una che voglio richiamare: quella della lunghezza
del corso di studi, resa più pesante dai tempi morti che
intercorrono tra laurea, esame di stato, concorso per
la specialità. Su quest’ultimo spreco di tempo gli Ordini hanno fatto una proposta di riforma comprensibile,
razionale, praticabile: l’anticipazione del tirocinio trimestrale valutativo durante gli ultimi mesi del sesto anno
(giugno-ottobre), con una prova scritta a ridosso della
discussione della tesi. Se l’esito di tali prove sarà positivo si potrà sostenere l’esame finale di laurea, che avrà
valore abilitante. In autunno si potranno poi svolgere
i concorsi per le specialità, con il risparmio netto di 1
anno di attese.
L’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri, l’ho scritto più
volte, è un organo ausiliario dello Stato, e in questo
senso si sente in dovere di offrire ad esso le proprie
riflessioni e i propri suggerimenti. Attenzione: non è un
ente intimidito da questo ruolo; se sarà il caso saprà
opporsi e lottare per affermare le proprie convinzioni,
con il solo fine di tutelare la salute dei cittadini.
Tutti noi ci rendiamo conto che cambiare è difficile, ma
non vorremmo che anche nel caso della formazione del
medico succedesse quello che l’economista Fabrizio
Barca, in un suo libro di qualche anno fa sulla storia
del capitalismo italiano, definì “il compromesso senza
riforme”.
SALA CONFERENZE, COMPRENDE:
SALA CONSIGLIO, COMPRENDE:
Sala fino a 250 posti | Radiomicrofoni a mano o spillo |
Videoproiezione | Videoconferenza Over IP o ISDN |
Computer di sala/Computer Regia | Adattatore per
Mac (specificare modello) | Spazi espositivi n.___ |
Videoregistratore DVD | Audioregistrazione | Spazio per
coffe break e lunch | Centro Slide in rete | Remote Controlle
per Slide | Freccia Laser | Slide tappo – logo Jpeg evento
Sala fino a 23 posti | Videoproiezione su schermo |
Computer
SALA EX CARROZZERIA COMPRENDE:
MANSARDA COMPRENDE:
Sala fino a 45 posti | Videoproiezione su schermo |
Computer
Sala fino a 30 posti | Videoproiezione su schermo |
Computer di sala
4
SALA PIANOFORTE (ATTIGUA ALLA SALA CONSIGLIO
ALLA QUALE È COLLEGATA DA UNA PORTA)
Sala fino a 20 posti
LUGLIO 2015
OTTOBRE 2015
5
PKT Poliambulatorio Kinesiterapico Tesoriera srl
AMBULATORIO MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE
POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO Privato - Convenzionato con il SSN
Corso Francia, 333/5/c - 10142 TORINO
Per informazioni: Tel. e Fax 011.779.59.33 - 779.34.78
[email protected]
Sito Internet: www.centrifisioterapia.com
focus
NUOVA SEDE PKT
Il Poliambulatorio Kinesiterapico Tesoriera ha aperto la nuova sede di
Corso Francia 333/5/c in zona Aeronautica.
Orario PRENOTAZIONI: dal Lunedì al Venerdì 08,30 – 18,30 orario continuato
Orario TERAPIE: dal Lunedì al Venerdì 08,00 – 19,00 orario continuato
La zona è servita dalle seguenti linee di trasporti
pubblici con i veicoli accessibili a clienti disabili:
AUTOBUS Linea 33 – Fermata ERITREA
AUTOBUS Linea 36 – Fermata MARCHE
METROPOLITANA - Fermata MARCHE
PARCHEGGIO GTT VENCHI UNICA
focus_ la formazione del medico
a cura di laura tonon e nicola ferraro
Cosa significa formare,
oggi, i medici di domani
Laura Tonon
PRESTAZIONI POLIAMBULATORIO SPECIALISTICO
erogate in regime di CONVENZIONE con
il SSN:
• Visita Ortopedica
• Iniezioni di sostanze terapeutiche nell’articolazione (Infiltrazioni)
• Visita Dermatologica
erogate PRIVATAMENTE:
• Visita Ortopedica e Infiltrazioni
• Visita Dermatologica e Controllo Nei
• Visita Cardiologica ed Elettrocardiogramma
• Visita Dietologica con stesura dieta personalizzata
• Visita Neurologica
• Visita Endocrinologica
PRESTAZIONI AMBULATORIO DI RECUPERO E
RIEDUCAZIONE FUNZIONALE DI 1° LIVELLO
erogate in regime di
CONVENZIONE con il SSN:
erogate PRIVATAMENTE:
• Visita Fisiatrica e di controllo
• Iniezioni di sostanze terapeutiche
nell’articolazione (Infiltrazioni)
• Mesoterapia
• Rieducazione disturbi motori sensitivi
a Minore Disabilità e a Maggiore
Disabilità
• Valutazione dei disturbi motori sensitivi a Minore Disabilità e a Maggiore
Disabilità
• Valutazione Strumentale dei disturbi
motori sensitivi
• Rieducazione Motoria in gruppo
• Linfodrenaggio manuale
• Massoterapia connettivale
• Rieducazione Strumentale (Isocinetica
Easytech / Pedana Stabilometrica /
Cicloergometro)
• Mobilizzazione colonna vertebrale
• Trattamenti logopedici
• Elettroterapia Antalgica (Diadinamica
– Interferenziale - Tens)
• Elettroterapia distrettuale dei muscoli
normo o denervati (Elettrostimolazioni)
• Laserterapia
Il Pensiero Scientifico Editore - Think2it
• Visita Fisiatrica per alterazioni posturali e scoliosi
• Ambulatorio specializzato in età
evolutiva
• Ambulatorio osteoporosi
• Infiltrazione e mesoterapia
• Rieducazione Posturale Globale RPG
• Percorsi riabilitativi personalizzati con
valutazione degli obiettivi raggiunti
• Pompages
• Palestra di ginnastica dolce con
metodo Pilates
• Rieducazione Strumentale con attrezzature sofisticate (Isocinetica Easytech e
Pedana Stabilometrica)
• Valutazioni del percorso riabilitativo
• Massoterapia connettivale e linfodrenaggio
• Massoterapia distrettuale riflessogena
• Massokinesiterapia
• Mobilizzazione articolare
• Mobilizzazione della colonna vertebrale con tecniche chiropratiche
• Taping (Bendaggio elastico adesivo)
• Tecarterapia manuale e automatica
• Magnetoterapia con solenoide
IL PKT E L’SKT HANNO STIPULATO
CONVENZIONI DIRETTE E INDIRETTE CON I
FONDI SANITARI, COMPAGNIE ASSICURATIVE
E ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
• Laserterapia LUMIX (laser continuo pulsato e
superpulsato)
• Terapia ad Onde Meccano – Sonore (VIBRA PLUS)
• Ionoforesi
• Elettroterapie antalgiche (Diadinamica – Interferenziale - Tens)
• Elettrostimolazione
• Ultrasuoni a campo mobile
• Onde d’urto (Litotrissia extracorporea ESWT)
• Ossigeno – ozono terapie
• Valutazione e Trattamenti Logopedici
• Valutazione e Trattamenti Psicologici
• Valutazione e Trattamenti di Neuro Psicomotricità
dell’età evolutiva
SKT Studio Kinesiterapico Torinese s.r.l.
AMBULATORIO MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE Privato - Convenzionato con il SSN
Via Lussimpiccolo, 10 - 10141 TORINO
Per informazioni: Tel. 011.382.09.52 ! Fax 011.380.60.68 [email protected]
Sito Internet: www.centrifisioterapia.com
6
OTTOBRE 2015
Via Lussimpiccolo è servita dalle seguenti linee di trasporti pubblici:
n° 55 con fermata in C.so Racconigi | n° 58 con fermata in Via Spalato
Il nodo
cruciale è
rispondere
alla domanda
“cosa significa
formare
un medico
e che tipo
di medico
formare oggi
pensando al
domani”?
Iniziamo da alcuni numeri: 60.638 ragazzi neodiplomati hanno fatto domanda per il test di
medicina a fronte dei 9.530 posti per medicina e 792 per odontoiatria a disposizione per il
nuovo anno accademico 2015/2016. Ad agosto 12.700 medici laureati hanno partecipato
al concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione per un totale di 6.000 contratti
statali di formazione specialistica ai quali si aggiungono 354 contratti regionali e 34 privati.
A settembre, gli ammessi al test preliminare per la Formazione specifica in Medicina Generale sono stati a livello nazionale 9.859; ha partecipato al test circa il 50% di loro per
l’assegnazione di 990 posti complessivi a disposizione. Questi giovani medici in formazione
rappresentano una parte della nuova generazione di professionisti sanitari che costituiranno il capitale umano prossimo venturo del nostro sistema sanitario nazionale.
In questi ultimi anni proprio questo percorso di formazione è oggetto di discussione e dibattito in contesti diversi e a diversi livelli (1). Si discute del numero chiuso per l’accesso a
medicina, della durata del corso di laurea e della eliminazione dei cosiddetti “tempi morti”
per l’accesso alla professione specialistica, della qualità della formazione e necessità – nonché urgenza – di una programmazione non solo quantitativa di professionisti della salute. Si
discute delle conseguenze di quella forbice di circa 2.500 unità tra laureati e posti disponibili nella formazione post-laurea in termini di limitazione al diritto di studio, disoccupazione/
inoccupazione e fuga di cervelli e bisogni sanitari inevasi. Si discute, ma forse non ancora
abbastanza, della formazione di medici di medicina generale che, paradossalmente, nel
nostro Paese non rientra nella pianificazione specialistica nazionale. A queste si aggiungono altre problematiche, dentro e fuori le riforme legislative, denunciate e affrontate da più
fronti a partire dalle associazione studentesche, come si evince facilmente ripercorrendo la
lunga cronistoria delle riforme della formazione post-laurea che ha dato come esito una
graduatoria nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione a garanzia di trasparenza
e meritocrazia. In questo numero di Torino Medica esploriamo i diversi fronti dei dibattiti
confrontando il punto di vista dei giovani medici portavoce di alcune delle associazioni
studentesche che da anni promuovono riflessioni sulla ridefinizione didattica in medicina e
quello di pedagogisti medici che propongono una rivoluzione copernicana e un’educazione
centrata sulle competenze. Punti di vista che, pur partendo da posizioni diverse, arrivano
alla medesima considerazione: il nodo cruciale è rispondere alla domanda “cosa significa
formare un medico e che tipo di medico formare oggi pensando al domani”?. Ovvero,
come ha ben sintetizzato Rodolfo Saracci, “come formare a una medicina che risponda ai
bisogni di salute dei cittadini, prendendo criticamente atto di cosa sia la medicina di oggi,
rappresenta una prospettiva e un’agenda di lavoro molto più fondamentale e incisiva delle
riforme dei piani di studio e del reclutamento dei docenti iterativamente applicate negli
ultimi decenni” (2).
Bibliografia
1. Convegno nazionale “Formazione e accesso al lavoro: innovare per garantire il futuro della
professione medicina”. Bari, 13-14 giugno 2014. La Professione. Medicina, Scienza, Etica e
Società, anno 2015, volume 16, numero 2.
2. Saracci R. “Capovolgere” l’insegnamento della medicina, ieri e oggi. Recenti Prog Med
2014; 105: 363-5.
OTTOBRE 2015
7
focus _ la formazione del medico
Giovani medici
in formazione e in azione
Laura Tonon a colloquio con
Chiara Riforgiato
Presidente Segretariato Italiano Studenti in Medicina (SISM)
e Andrea Silenzi
Vice Presidente dell’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM)
La formazione dei giovani medici in Italia: possiamo ritenerci soddisfatti?
[CR] Il corso di laurea di Medicina e Chirurgia offre un’eccellente preparazione teorica,
molto apprezzata anche all’estero. Lo stesso non si può dire dell’insieme di quelle abilità
pratiche che lo studente di medicina potrebbe acquisire e fare proprie per essere un buon
medico domani. La principale lacuna della medicina insegnata nelle nostre università è
la carenza, e in alcuni casi assenza, della preparazione del saper fare e del saper essere
con il paziente. Questa è la sostanziale differenza tra una preparazione alla professione
medica in Italia e in altri Paese europei. Alla luce di queste considerazioni occorre rivedere il percorso formativo del medico per abbinare a una brillante preparazione teorica
una valida e concreta preparazione pratica incentrata anche sulla relazione col paziente.
Raggiunto questo binomio di eccellenza, al momento della laurea in medicina e chirurgia
non avremo più degli studenti ma dei medici con una buona competenza generalista in
medicina.
Insomma molta teoria, poca pratica: come raggiungere un giusto equilibrio?
[CR] Sicuramente una duplice barriera – culturale e di natura economica – contribuisce
a questo sbilanciamento. In parte c’è una sorta di reticenza al cambiamento da parte
dei docenti abituati da anni a condurre le lezioni secondo una determinata modalità.
Però nessun docente negherebbe di dover garantire allo studente di medicina anche una
formazione pratica. Probabilmente l’ostacolo principale è legato alle risorse disponibili:
tenuto conto del numero crescente di matricole in medicina, per gli atenei è di certo
difficile garantire dei tirocini che formino il triplo degli studenti allo stesso modo dell’anno precedente. Sono difficoltà oggettive che sia gli studenti sia i docenti sperimentano
quotidianamente. Per superarle servirebbe partire da una rivisitazione dell’offerte dei
percorsi formativi prendendo atto che le difficoltà presenti non sono separate le une
dalle altre. Dovrebbe esserci un’apertura per affrontare in modo integrato la problematica – dal punto di vista sia organizzativo che contenutistico. A fronte di una problematica
complessa la soluzione non può essere che complessa.
Quali altri ostacoli concorrono alla complessità del problema?
[CR] Sono molti e sono diversi, a partire dalla mancata omogeneità dell’offerta formativa
negli atenei italiani rispetto ai bisogni di salute della popolazione e dai “tempi morti”
nel passaggio dal conseguimento del diploma laurea al corso di formazione specialista
che sono legati all’abilitazione professionale e iscrizioni all’ordine professionale. Attualmente, il problema principale della formazione dello studente in Medicina, che si somma
alle difficoltà di tipo logistico e organizzativo, è la mancanza di una programmazione del
8
OTTOBRE 2015
percorso di studio. C’è infatti un’ampia forbice tra i numeri di accessi al corso di laurea e i
numeri dei posti disponibili nelle specializzazione medica. Questo problema si collega ad
un’altra criticità: la programmazione del fabbisogno sanitario, cioè come viene valutata
la domanda e l’offerta del personale sanitario. In questo momento è in atto un progetto
europeo – Joint Action on Health Workforce Planning and Forecasting – al quale partecipa anche il nostro Ministero della Salute come capofila del pacchetto sulla best practice.
Un progetto molto ambizioso che si occupa di valutare e quantificare domanda e offerta
di tutto il personale sanitario (non solo medici ma anche infermieri, tecnici, e odontoiatri)
e di fare una programmazione metodologicamente fondata da qui ai prossimi dieci anni.
I numeri sono indispensabili per avere una risposta scientifica ai
quesiti, però dovrebbe essere prioritario prendere in consideraAllineare domanda e offerta deI
zione anche ambiti spesso e volentieri lasciati in secondo piano
personale sanitario: il progetto
come, ad esempio, il panorama mutato all’interno del quale
europeo
i futuri professionisti della salute dovranno operare. Probabilmente partendo dai reali bisogni di salute della popolazione e
andando a ritroso si riuscirebbe meglio a capire quali sono le reLa Joint Action on Health Workforce
ali necessità e quindi in quale direzione orientare la formazione
Planning and Forecasting nasce nel 2012
dello studente in medicina.
nell’ambito del Programma europeo per
la salute 2012.
Ha l’obiettivo di creare una piattaforma
per la condivisione di buone prassi e
per lo sviluppo di metodologie per la
previsione delle esigenze di personale
sanitario e delle loro competenze.
Fonte: euhwforce.weebly.com
[AS] La nostra associazione denuncia da tempo che il sistema
è fuori controllo... Servirebbe una sorta di piano di rientro sulle
stime del reale fabbisogno di professionisti sul territorio: controllare quindi il numero di accessi al corso di laurea in medicina
e chirurgia, e capire quanti sono i medici che devono uscire da
questo limbo per poter essere impiegati nel Servizio sanitario
nazionale ed essere utili ai cittadini in un’ottica di Sanità come
bene universale. Il numero di 6 mila posti di specializzazione
messi a disposizione quest’anno deve essere rivisto e aumentato tenendo sempre in considerazione l’impianto del concorso
nazionale.
Quali attori dovrebbero intervenire per allineare domanda e offerta di medici?
[AS] In primis le Regioni che presentano il fabbisogno di professionisti sanitari sui quali
agiscono, e in seconda battuta i Ministeri competenti, cioè il Ministero della Salute e il
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Fondamentalmente sono queste
le istituzioni che devono mettersi all’opera per programmare e semplificare il numero
idoneo di professionisti sanitari. Allo stato attuale ogni Regione fornisce un fabbisogno
differente, misurato con metodologie differenti l’una dall’altra che producono numeri
fuori dalla realtà. Basta pensare che nel 2010 – in previsione di una carenza di medici
per i perfezionamenti – sono stati richieste più accessi al corso di laurea in medicina e
chirurgia raggiungendo dei picchi spropositati di 10 mila matricole (e addirittura di 17
mila matricole lo scorso anno accademico in seguito alle sentenze dei tribunali amministrativi). Ma a fronte del crescente numero di immatricolazioni sono rimasti pressoché
invariati i posti per la specializzazione messi a bando nelle università italiane. In qualsiasi
sistema è immaginabile che se aumenta il flusso d’entrata arriverà un volume maggiore
nei condotti finché si avrà un allagamento a valle che, infatti, è quanto sta accadendo
nel nostro Paese. Il rischio è di creare sacche di disoccupazione di giovani medici italiani
che devono andare all’estero per trovare un lavoro. Per correggere questo disequilibrio
devono essere date delle metodologie di programmazione unitarie e in questo il Ministero della Salute può essere sicuramente un attore molto importante. Il nostro auspicio
è che si riescano ad accelerare questi meccanismi e che le Regioni vi partecipino dando
dei numeri vicini alla realtà. u
OTTOBRE 2015
9
focus _ la formazione del medico
Quali materie mancano all’appello nel core curriculum?
[AS] Sicuramente molto è migliorabile. La formazione specialistica in Italia, pur avendo
delle eccellenze dal punto di vista teorico e di approccio alla ricerca, presenta delle carenze nel percorso didattico professionalizzante che molto spesso lascia a desiderare.
Una nota dolente è la scarsa o nulla importanza data a quelle competenze manageriali,
organizzative e comunicative che il medico di domani dovrebbe acquisire. A questo si
aggiunge la qualità e la quantità delle attività pratiche effettuabili nel percorso formativo
post-laurea. Molto spesso gli specializzandi vengono impegnati come tappa buchi del
sistema e non vengono seguiti dal tutor che dovrebbe guidare la loro crescita professionale. Inoltre, in particolare nelle chirurgie, diversamente da quanto accade all’estero non
vengono garantiti degli spazi per praticare la disciplina medica. Andrebbe trovato un
giusto equilibrio tra il controllo e l’indipendenza del giovane specializzando in formazione sotto la guida di un tutore. Una soluzione potrebbe venire proprio dalle reti formative
integrate tra mondo universitario e mondo del Servizio sanitario nazionale – reti concrete
e realmente funzionanti – dove i giovani medici possono ruotare e fare esperienze su
una casistica maggiore attraverso la supervisione di tutor universitari e non universitari di
qualità. Questo è quanto, in teoria, è previsto dal decreto del riordino dello scorso anno
che però viene applicato con molta lentezza. Il nostro auspicio è che il nuovo Osservatorio Nazionale della Formazione medica specialistica riattivato con il Decreto Ministeriale
del 20 aprile 2015 (accedi dal Qr a lato) possa lavorare in questa direzione e continuare
il lavoro svolto nel precedente quinquennio.
Tabella. Accesso di medici neolaureati alla formazione specialistica
AA
Iscritti
CLMC
Laureati
CLMC
Contratti SS
Borse CFSMG
Somma
Differenza
2006/2007
7.864
5.158
5.000
858
5.858
700
2007/2008
7.858
5.736
5.000
828
5.828
92
2008/2009
8.184
6.013
5.000
772
5.772
-241
2009/2010
8.508
6.199
5.000
832
5.832
-367
2010/2011
9.527
6.382
5.000
832
5.832
-550
2011/2012
10.464
6.419
5.000
981
5.981
-438
2012/2013
10.730
6.441*
4.500
924
5.924
-517
2013/2014
10.576
6.436*
3.300
990
4.290
-2.146
AA: anno accademico | CLMC: Corso di laurea in medicina e chirurgia | CFSMG: corso di formazione specifica in
medicina generale
* trend lauree
Fonte: FNOMCeO (La Professione 2015; 2)
[CR] Una materia che secondo noi andrebbe introdotta già a partire dal corso di laurea
di Medicina e Chirurgia è quella della salute globale. Noi come associazione facciamo
parte della Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG), un network nazionale che comprende istituzioni accademiche, società scientifiche, organizzazioni non
governative, associazioni, gruppi e singoli individui impegnati nella formazione in salute
globale, sia a livello universitario che di società civile. Per salute globale si intende l’analisi
dello stato di salute e dei bisogni reali della popolazione mondiale e le influenze che su
di essi esercitano i determinanti socio-economici, politici, demografici, giuridici e ambientali, esplicitando le interconnessioni tra globalizzazione e salute in termini di equità,
diritti umani, sostenibilità, diplomazia e collaborazioni internazionali. Data la complessità
10
OTTOBRE 2015
Segretariato Italiano Giovani Medici
Il SIGM è un’associazione no profit,
apartitica e aconfessionale, che persegue il
fine di dare un contributo qualificante alla
formazione dei giovani medici, ai profili
etici e sociali della professione medica,
alla crescita intellettuale, professionale,
deontologica delle nuove classi mediche.
Negli anni ha cercato di dare il proprio
contributo in Italia per creare i presupposti
per favorire il dialogo tra medicina
universitaria, ospedaliera e territoriale,
superando gli steccati posti in essere dalla
ultraspecializzazione e dalla mancanza
di una cultura di sistema e di rete che
quotidianamente produce carenze, disservizi
e spreco di risorse.
del campo di interesse, la Salute Globale richiede un approccio multidisciplinare, avvalendosi del contributo sia
delle scienze sociali ed umane che di quelle naturali e
biomediche. In questo senso insegnare la salute globale
significa insegnare un nuovo paradigma per la salute e
l’assistenza sanitaria.
Con il 2014 è entrato in vigore una nuova modalità
di accesso alle scuole di specializzazione in medicina con l’introduzione di un concorso nazionale.
Un passo dovuto?
[AS] Essere passati a una graduatoria nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione ha permesso di rompere in parte con il passato e di dare una garanzia di
trasparenza e meritocrazia di cui si sente il bisogno in
Italia. Per i giovani medici la specializzazione è un passaggio fondamentale e indispensabile per poter essere
operativi nel Servizio sanitario nazionale. Diversi sono i
possibili modelli per l’ammissione alle scuole di specializzazione e si può discutere su quale sia il migliore. Ad
esempio, nel modello anglosassone la selezione viene effettuata attraverso un colloquio e presentazione di una
recommendation letter al direttore di scuola. Il mondo
anglosassone, difatti, ha un tessuto culturale tessuto da
valori quali la trasparenza, la valutazione pubblica delle
Segretariato Italiano Studenti in Medicina
performance e l’accountability. Soprattutto quest’ultima,
Il SISM è una associazione no-profit creata da
concetto ancora non tradotto in Italia come amava dire
e per gli studenti di medicina. Il SISM vuole
Montanelli, indica la capacità di rendere conto del prorispondere ai bisogni di salute dell’individuo
prio operato. Ecco, questi valori permettono la selezione
attraverso contributi qualificanti alla
di medici attraverso valutazioni individuali molto discrezioformazione accademica degli studenti, alla
nali che certamente sono basate sull’analisi del curriculum
loro sensibilizzazione sui profili etici e sociali
vitae e sulle competenze acquisite e sulle esperienze prodella professione medica e alla crescita
fessionali sin ora maturate; ma lì è il direttore della scuola
di specializzazione che mette in gioco se stesso quando
intellettuale, professionale e deontologica
sceglie un “collaboratore” poiché anche attraverso il ladelle nuove classi mediche e attraverso
voro di quest’ultimo potrà o meno cogliere i risultati su
l’informazione e l’educazione sanitaria della
cui sarà valutato e attraverso i quali potrà ottenere una
popolazione
riconferma del proprio ruolo. In Italia manca proprio questo tessuto culturale. L’aver finalmente applicato in Italia
una graduatoria nazionale rappresenta una sorta di atto
dovuto vista la criticità e l’opacità che il mondo delle scuole di specializzazione rappresentava. Tra recommendiation
e raccomandazione cambiano poche lettere ma c’è un mondo di cultura che cambia
e la modalità di concorso nazionale introdotta nel nostro Paese ha rappresentato uno
spartiacque. L’Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) ha da sempre lavorato per
raggiungere questo traguardo: il primo punto del programma che presentammo per le
elezioni del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari del 2010 era quello di lottare
per una graduatoria nazionale per l’accesso alle specializzazioni. Il traguardo raggiunto
a 5 anni è un risultato importantissimo. Ringraziamo le istituzioni, anzitutto il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e in particolare l’allora Ministro Maria
Chiara Carrozza che ha fortemente voluto questa riforma e l’attuale Ministro Stefania
Giannini che ha varato il decreto sull’accesso alle scuole di specializzazione di medicina.
Lo scorso anno ci sono state delle criticità tecniche e organizzative che sono state in u
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focus _ la formazione del medico
parte superate quest’anno con un impianto più consono a quelli che dovrebbero essere
gli standard di un concorso che interessa più di 10 mila medici. L’impianto ha tenuto – e
ne siamo soddisfatti – e i prossimi passi dovranno essere un miglioramento del sistema.
Cosa andrebbe modificato ulteriormente?
[AS] Ci sono due tipologie di migliorie da attuare in un futuro prossimo: una più pratica
di tipo organizzativo e un’altra di pianificazione a lungo termine. Dal punto di vista organizzativo, innanzitutto, andrebbe superato l’attuale modello che prevede un concorso
nazionale per tipologia di scuola al fine di raggiungere una graduatoria unica nazionale.
L’esperienza della Spagna può in questo essere paradigmatica. Il sistema di accesso alle
scuole di specializzazione nel Paese iberico è basato su un test di accesso con graduatoria
unica nazionale nel quale i vincitori, in ordine progressivo decrescente di punteggio, sono
chiamati a scegliere tipologia e sede della scuola. Ciò rende meno astruso il sistema e
snellisce le procedure. In Italia negli ultimi due anni il concorso si è svolto su base nazionale per tipologia di scuola poiché la base legislativa preesistente (DLgs 368/99) questo
prevedeva e la modifica del testo avrebbe richiesto un lasso di tempo tale da non permettere, in quel momento storico, l’ottenimento del risultato. Ora, nel fisiologico processo
di miglioramento continuo, è tempo anche per il concorso nazionale di introdurre novità
sostanziali come la graduatoria unica nazionale. Quest’ulteriore riforma semplificherebbe e renderebbe maggiormente fluida la selezione dei giovani medici per le scuole di
specializzazione. Un altro punto critico è l’eccessiva complessità ed eterogeneità organizzativa che viene demandata in gran parte alle università e ai centri sede del concorso. Quest’anno la prova d’esame si è tenuta in 432 aule secondo criteri logistici diversi
– quali la vicinanza delle postazioni, la presenza o meno di barriere tra una postazione
e l’altra – apparentemente banali ma che in realtà possono danneggiare la tranquillità
dei candidati durante il concorso. L’esperienza della Fiera di Roma dimostra che laddove
ci sono molti concorrenti e una struttura organizzativa unica atta a contenerli ci sono
meno situazioni opache. La nostra proposta quindi è di superare questa complessità organizzativa attraverso la centralizzazione delle prove, come del resto già avviene in molti
concorsi pubblici, con una sede unica o al massimo un numero esiguo di sedi su scala
macro regionale. Un’altra riforma a nostro avviso necessaria è la semplificazione dei titoli
del curriculum che ancora oggi nel nostro Paese vengono acquisiti con una eccessiva eterogeneità, quando invece tutti i candidati di un concorso nazionale dovrebbero partire da
una stessa base. Questi sono tre elementi da correggere dal punto di vista prettamente
organizzativo. Dal punto di vista della pianificazione, come dicevamo, andrebbe vagliata
una corretta ed efficace pianificazione e programmazione quali-quantitativa delle risorse
umane di Sanità, tema centrale nelle politiche sanitarie perché l’ambito della medicina e
delle professioni sanitarie deve trovare un equilibrio con il diritto alla tutela della salute.
Quali sfide andrebbero vinte nel campo della formazione medica?
[AS] Più d’una sicuramente. Una prima sfida è un maggiore investimento su reti formative realmente integrate tra il sistema universitario e il sistema sanitario nazionale – già a
partire dai primi anni della laurea. Nell’ambito della formazione specialistica la creazione
di reti formative tra università e Servizio sanitario nazionale (ospedali e ASL) è prevista
per legge dal 1999 (ndr: Decreto di Legge n. 368/1999) ma nella realtà dei fatti questo
non avviene. Non è sicuramente semplice sviluppare un sistema che metta a disposizioni
il meglio di entrambi gli ambiti formativi. Ma è anche vero che c’è uno scontro tra le due
parti che va avanti da decenni e che, purtroppo, ostacola l’evoluzione di reti formative
integrate. Come spesso accade in Italia paghiamo lo scotto di situazioni cristallizzate
delle quali i giovani faticano a capire motivi e meccanismi di azioni sottostanti. Il risultato
è per l’appunto uno scontro nel quale l’università tende a fossilizzare la formazione al
proprio interno e dove i professionisti del Servizio sanitario nazionale, invece di mettersi
a disposizione della formazione, cercano di prendere le prerogative della formazione
medica quasi fossero delle medaglie senza alcun interesse reale ad un formazione di
provata qualità. Bisogna trovare un equilibrio partendo dal presupposto che formare nel
modo migliore possibile un medico è cosa necessaria per il sistema salute e per il diritto
alla salute. Però spesso accade, purtroppo, che i decisori non riconoscano questa priorità
e persista lo scontro tra i due fronti. A pagarne lo scotto sono i giovani medici che si
trovano tra l’incudine e il martello. Un’altra importante sfida è sicuramente la medicina
generale, primo livello di assistenza del nostro Servizio sanitario nazionale.
Cioè?
[AS] La medicina generale è spesso declassata a mero filtro della sanità specialistica.
Quando invece sarebbe necessario investire sulla primary care e, in particolare, sulla
formazione dei medici di medicina generale di domani. L’Italia è l’unica realtà dove la
formazione di medicina generale non ha una scuola di specializzazione. La formazione
è demandata a corsi triennali gestiti dalla Regione con una forte eterogeneità e con
standard inadeguati per formare questa figura professionale che è centrale nel sistema
salute di oggi e di domani. La sfida è di prendere come esempio il modello anglosassone
e di elevare gli standard formativi attraverso l’istituzione di una scuola di specializzazione
in medicina generale e assistenza primaria integrando università, ospedali e territorio.
I professionisti sanitari che si formano nei nostri atenei rispondono ai bisogni
della comunità?
[AS] Purtroppo ci sono due note negative che meritano essere analizzate. Una si collega
nuovamente al problema della pianificazione quali-quantitativa: da un lato i medici che
si stanno formando sono pochi in relazione alle effettive necessità crescenti in Italia e in u
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focus
Europa, dall’altro si stanno formando troppi specialisti ospedalieri senza valutare il reale
fabbisogno di generalisti in un sistema sanitario nazionale che deve evolversi verso un
sistema integrato delle cure territorio-ospedale. La struttura demografica della popolazione sta producendo un aumento delle disabilità e malattie cronico-degenerative tipiche
soprattutto delle fasce più anziane. Questa transizione epidemiologica impone una riprogrammazione dell’offerta quantitativa di medici sulla base di quella che sarà la domanda
in un futuro prossimo. Tuttavia, nella realtà, continuiamo a formare lo stesso numero di
medici nelle diverse categorie specialistiche su dato storico e non epidemiologico, senza
tenere in considerazione quindi il numero delle figure che saranno necessarie tra 10 anni.
Questo problema si ricollega alla formazione di medici in medicina generale che non
rientra nella pianificazione specialistica nazionale. Ogni anno circa un migliaio di medici
neolaureati entrano nei corsi triennali regionali di formazione in medicina generale gestiti
dalle Regioni. I programmi sono eterogenei anche all’interno della stessa Regione, da un
polo formativo a un altro. In teoria questi corsi hanno il compito di formare una figura professionale fondamentale nell’assistenza territoriale pensando alle trasformazioni
demografiche ed epidemiologiche della popolazione; in pratica, sfornano troppi pochi
specialisti in medicina generale in relazione al mutamento dei bisogni sanitari, purtroppo
spesso mal formati senza quelle competenze tecnico-professionali necessarie per gestire
la sfida dell’assistenza territoriale che attende il nostro Paese. La seconda nota negativa si
ricollega alle skill che andrebbero acquisite nel percorso formativo specialistico per essere
dei medici del 21esimo secolo: capacità manageriale, capacità di lavorare in squadra,
capacità di interagire con le altre figure sanitarie perché il medico del futuro – e anche
quello di oggi – che deve saper lavorare in un contesto multi-professionale. In Italia, invece di andare in questa direzione si guarda indietro; ne è una prova la guerra tra medici
e infermieri per contendersi le competenze che è una strada sbagliata, anacronistica e
inutile che rischia solo di indebolire il sistema e danneggiare i pazienti.
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focus _ la formazione del medico
Rivedere la formazione
per competenze
Fabrizio Consorti
Presidente Società Italiana di Pedagogia Medica (SIPeM), consulente della Conferenza Permanente
dei Presidenti di Consiglio di corso di laurea in Medicina per le questioni di pedagogia medica
Un elemento qualificante per la formazione medica è
il ragionare per competenze che rappresenta una delle
innovazioni più importanti degli ultimi anni. La descrizione di “competenza” che meglio si adatta nell’ambito medico è quella storica pubblicata sul New England
Journal of Medicine nel 2007 (1) che considera la competenza come la capacità di usare un insieme di conoscenze, abilità e attitudini per la cura della salute delle
persone e della comunità. Progettare la formazione dei
medici di domani orientandola alle competenze invece
che ai soli obiettivi formativi sposta il fuoco dai contenuti all’uso dei contenuti. L’attenzione non è più rivolta
all’elenco delle conoscenze o delle singole abilità pratiche acquisite dallo studente alla fine del percorso (cioè
i programmi del corso) ma a quanto siano state fatte
proprie e all’uso professionale che sappia farne. Pensare la formazione in termini di un quadro complessivo di
competenze permette inoltre di progettare e programmare un continuum della formazione del medico dal
suo nascere: quali competenze devono essere acquisite
durante il corso di laurea e devono quindi essere dimostrate all’esame di abilitazione, quali devono essere
maturate appieno nel corso di specializzazione e quali
mantenute nell’educazione continua in medicina.
Diverse iniziative internazionali hanno definito modelli
di competenze mediche utilizzabili come quadri di riferimento tanto nella progettazione quanto nella valutazione del processo didattico. Il progetto europeo che
mira a un sistema uniforme di esiti di apprendimento nel corso di laurea in medicina Tuning Medicine ha
definito un set di 12 domini di competenze di primo
livello ciascuno dei quali raggruppa un secondo livello
di esiti formativi specifici per un numero complessivo di
circa 80 voci. Un’altra iniziativa è il progetto canadese
CanMEDS cha avuto ampia diffusione in molti paesi e
propone un diagramma di 7 competenze definite “ruoli” ciascuno dei quali contiene da tre a sei competenze
di secondo livello. Al centro si trova il ruolo del Medical
Expert quale elemento unificante. Gli altri sei ruoli sono
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di Comunicatore, Collaboratore, Manager, Difensore
della salute, Studioso e Professionista. Questi ruoli di
CadMEDS vengono applicati sia nella formazione pre
che post laurea, secondo l’idea del continuum citata in
precedenza.
L’educazione centrata sulle competenze
Se l’obiettivo del percorso di formazione deve essere
l’acquisizione di specifiche competenze cioè il saper
usare le conoscenze teoriche e pratiche in termini di
agire complesso, si rende necessario un orientamento
alle competenze anche nel metodo didattico. Insegnare e far apprendere per competenze significa proporre
ripetutamente allo studente dei problemi e stimolarlo a
trovare una soluzione usando le conoscenze cognitive
e le singole abilità che ha appreso attraverso esercizi di
pensiero riflessivo, di role play e di lavoro in situazioni
simulate. L’attitudine a vedere, descrivere e risolvere i
problemi deve essere sviluppata fin dal primo anno del
corso di laurea di medicina e chirurgia. Già nei corsi di
chimica, fisica e biologia è possibile stimolare l’orientamento alle competenze. Ad esempio, una buona lezione sull’equilibrio acido-base e i sistemi tamponi può
essere incentrata sulla soluzione del problema di un
bambino con la febbre che vomita perché in cheto-acetosi e che smetterà di vomitare se gli si darà della coca
cola. Fin da subito lo studente studierà e apprenderà la
materia con l’attenzione rivolta alla soluzione del problema: la coca cola contiene l’acido fosforico che è un
tampone e sali (sodio e potassio) che riequilibrano la
situazione di sbilanciamento provocata dal vomito.
bilito dalla Legge n.240 del 30 dicembre 2010 (Legge
Gelmini). L’ANVUR utilizza una serie di indicatori numerici che descrivono la qualità del processo formativo
ma che presentano dei limiti intrinseci perché di fatto
manca la valutazione dell’esito del processo: è impensabile misurare la qualità di un percorso di formazione
usando come parametro i voti degli esami che vengono
dati dai docenti, perché è il loro operato che dovrebbe essere valutato rispetto alla qualità dei loro risultati.
Allora ci vuole un sistema esterno, strutturato, di indicatori che descriva il prodotto finale. Il migliore sistema
possibile è un quadro di riferimento di competenze.
Anche l’esame di stato di abilitazione all’esercizio della professione di Medico meriterebbe di essere rivisto
sulla base delle competenze. L’attuale esame di abilitazione (molto criticato) comprende una prova scritta con
domande a scelta multipla. La percentuale del 99,7%
di promossi all’esame di abilitazione non è una reale
misura della bontà del percorso formativo di medicina
ma piuttosto della capacità degli studenti di imparare a
memoria le risposte dei 3 mila quiz usati nella prova che
sono pubblicate sul sito del MIUR. Riferendosi a una
matrice di competenze sarebbe possibile strutturare
prove multidimensionali, non solo cognitive ma anche
di problem solving, di simulazioni, di risoluzioni di casi
clinici, di dialogo simulato con i pazienti.
In maniera molto interessante, l’idea del continuum si
può estendere anche a prima del corso di laurea: usare
le competenze per re-interpretare la logica dell’esame
di ingresso a medicina. Il modello attuale del test è meritocratico perché prevede che l’accesso a medicina sia
un premio alla bravura che viene misurata sulla base
delle risposte corrette ai quiz di ammissione e del voto
di maturità. Non è sufficiente verificare il livello di conoscenza di alcuni argomenti di chimica, fisica e biologia e la capacità di risolvere problemi di logica. Il test
di ammissione di Medicina dovrebbe piuttosto essere
orientato a illuminare le caratteristiche attitudinali dei
ragazzi e servire a scegliere coloro che hanno maggiore
probabilità di diventare buoni medici. Dovrebbe quindi
essere un test predittivo della probabilità di successo
dove il successo è misurato come il conseguimento della competenze previste nel progetto formativo.
La conferenza Permanente dei Presidenti di consiglio
di corso di laurea in Medicina sta conducendo un progetto multicentrico per misurare in maniera scientifica
come correla l’attuale ingresso al corso di laurea di Medicina al successo accademico dello studente. Attraverso una batteria di test psico-attitudinali sviluppati con
la collaborazione di psicologi clinici e psichiatri si cerca
di individuare cosa può essere suggerito in termini di
integrazione.
Le competenze possono servire anche ad ispirare l’orientamento prima del test di ammissione, evitando
così uno dei grossi problemi attuali: l’eccessivo numero
di aspiranti medici che si presentano, numero eccessivo che fa sì che il test di ingresso debba essere fortemente selettivo. Con un quadro preciso di competenze è possibile fornire un orientamento già al quarto
e quinto anno delle scuole medie superiori spiegando
con chiarezza ai ragazzi che cosa è il medico oggi in
Italia: non è il personaggio di una delle fiction in voga,
non è lo scienziato che fa nuove scoperte (si ha sicuramente bisogno di giovani che intraprendano la carriera
scientifica e accademica ma in una percentuale dell’1-2
per cento). La maggior parte dei medici dovrà curare la
popolazione italiana che è una popolazione anziana,
di cronici con poli-patologie, e sempre più multietnica.
Gestire la cronicità nell’anziano complesso in un contesto sempre più multiculturale, questo deve poter motivare un medico oggi in Italia.
Dall’idea originaria di ragionare per competenze scaturiscono conseguenze sull’organizzazione didattica, sulla valutazione finale in termini di esame di abilitazione,
sulla valutazione della bontà del prodotto e quindi della
qualità dell’attività didattica del docente e anche conseguenze sul tema caldissimo del processo di selezione
degli accessi al corso di laurea e all’orientamento.
Bibliografia
1. Epstein RM. Assessment in medical education.
N Engl J Med 2007; 356: 387-96.
Cosa valutare per competenze
L’orientamento alle competenze ha ripercussioni importanti anche rispetto ad alcuni processi di politica
accademica, nello specifico in merito alla valutazione
della didattica nei nostri atenei che è di pertinenza
dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) secondo quanto staOTTOBRE 2015
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focus _ la formazione del medico
Una rivoluzione copernicana
Luciano Vettore
Past President della Società Italiana di Pedagogia Medica (SIPeM)
Mediamente i medici che si formano nel nostro Paese
sono di buona qualità. Sono tra i più apprezzati all’estero per l’elevata preparazione teorica e la capacità
speculativa dimostrata. La scuola universitaria italiana
di medicina ha, infatti, un’impostazione prettamente
teorica rispetto, ad esempio, al modello anglosassone
molto più orientato alla pratica e alla formazione del
medico in corsia. Tuttavia, l’apprendere in prima istanza
a ragionare sulle cose prima che a farle è un investimento a lungo termine perché col tempo i contenuti cambiano mentre il metodo rimane; inoltre una tecnica o
procedura per essere apprese utilmente debbono essere esercitate continuativamente, e quindi il loro apprendimento sistematico si giustifica solo nella prospettiva
di una loro applicazione abituale e protratta.
Peraltro alcuni miglioramenti nell’intero percorso formativo dei nostri giovani medici andrebbero compiuti
dal punto di vista pedagogico. La lezione frontale, dove
il docente trasmette i contenuti allo studente, rappresenta ancora oggi lo strumento più comune della didattica medica universitaria. Ma questo approccio didattico era fondamentale fino alla prima metà del secolo
scorso, quando i risultati della ricerca scientifica non
erano ancora in grado di cambiare la storia naturale
di gran parte delle malattie e l’esperienza dei luminari
della medicina, trasmessa a lezione, era il veicolo fondamentale della formazione professionale dei medici.
A partire dagli anni ’50 del 900 il rapido avanzamento
della ricerca scientifica ha modificato profondamente
la medicina e consente oggi di affrontare con successo
molti problemi di salute. A questo si aggiunge la rapida
trasformazione degli strumenti di trasmissione dell’informazione e del sapere. Per esempio, quando l’ho studiata io l’anatomia s’imparava su libri voluminosi con
poche figure non sempre chiare (era “ricco” lo studente
che possedeva un teschio su cui vedere l’anatomia del
cranio). Oggi, nell’era del web 2.0, l’insegnamento e
l’apprendimento godono di strumenti didattici informatici, multimediali e telematici, che sono preziosi nella
comprensione e nell’apprendimento di tutto ciò che si
serve di immagini, ma non solo; anche se sono ancora
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poco utilizzati, sono oramai disponibili sussidi digitali
con i quali s’impara anche a ragionare.
L’educazione centrata sullo studente
Nella didattica medica la costruzione della conoscenza
dovrebbe avere due caratteristiche fondamentali: il trasferimento - più che di nozioni - dell’esperienza clinica
del docente, e l’acquisizione di un metodo che consenta l’applicazione delle conoscenze nella soluzione
di problemi. Come prima cosa allo studente debbono
essere forniti gli obiettivi formativi che deve conseguire;
infatti se uno studente sa cosa deve imparare, lo può
fare senza grande sforzo perché possiede gli strumenti
intellettivi e neurofisiologici per farlo. Ciò che conta è
che lo studente venga stimolato ad apprendere non in
modo meccanico, come quando gli si chiede soltanto
di memorizzare nozioni, bensì in modo significativo.
Nell’apprendimento significativo, come lo definisce Novak, lo studente è stimolato a ragionare per correlare le
conoscenze, e può fare ciò in modo autonomo, sia pure
con l’aiuto discreto di qualcuno che lo guida e non si limitata a spiegare formule o dare definizioni: la migliore
induzione dell’apprendimento significativo è quella che
stimola la curiosità per le conoscenze e induce alla scoperta di ciò che non si conosce; e la metodologia che
meglio incarna l’apprendimento attivo per ricerca e per
scoperta è quella che richiede la soluzione di problemi,
il così detto “problem solving”, che poi è la condizione
abituale in cui si trova ad operare il medico, che è quotidianamente chiamato a risolvere i problemi di salute
dei suoi pazienti.
L’insegnamento della medicina dovrebbe quindi presentare allo studente problemi clinici, o anche problemi
biologici, da risolvere. Nel momento in cui lo studente
si rende conto che per risolverli gli mancano alcuni elementi sarà stimolato a cercare le risposte che - con il
supporto del docente – troverà nei testi o in Internet. I
docenti diventano così da trasmettitori del sapere a facilitatori dell’apprendimento; questa modalità didattica
si chiama didattica tutoriale (o tutorship), e il setting
più efficace per esercitarla è l’apprendimento in piccolo
Società Italiana di Pedagogia Medica
gruppo assistito da un tutore, il quale esercita l’ars maieutica mentre gli studenti apprendono collaborando
tra loro (cooperative learning) alla crescita personale e
comune delle conoscenze.
Questo approccio didattico, che ha visto la sua nascita
nella Facoltà di Medicina di Maastricht in Olanda ancora negli anni ‘70, introduce una sorta di rivoluzione
copernicana, dove al centro della istituzione formativa non si trova più il docente ma lo studente. Va così
superata la figura del docente accademico che individualmente decide che cosa insegnare, come insegnarlo
e come valutarlo agli esami. Questa vecchia impostazione didattica fa sì che lo studente studi ciò e come
vuole il docente, perché l’obiettivo irrinunciabile dello
studente è sempre e comprensibilmente quello superare l’esame, ma da sola risulterà scarsamente utile nel
suo futuro professionale.
Allora questo modello didattico dev’essere rivoluzionato, ponendo lo studente al centro del processo formativo e il docente al servizio dell’apprendimento. Il
compito e il ruolo di quest’ultimo restano comunque
molto importanti e irrinunciabili, perché sono i docenti
ad avere la responsabilità d’individuare i problemi prevalenti di salute delle persone e delle popolazioni di
oggi per adeguare a essi i contenuti dell’insegnamentoapprendimento, differenziando nel percorso formativo
ciò che serve per una prima formazione di base e ciò
che dovrà essere acquisito nei passi successivi della specializzazione professionale.
Come prima cosa serve allora mettere a fuoco che tipo
di medici formare, con quali competenze professionali,
tenendo presente che i bisogni di salute continuano a
cambiare in relazione all’evoluzione socio-economica,
ai mutamenti dell’ecosistema e ai cambiamenti indotti
anche dall’evoluzione della medicina: si pensi che fino
a 50 anni fa le patologie che preoccupavano maggiormente nei paesi sviluppati erano le malattie acute infettive, mentre le condizioni che maggiormente oggi
colpiscono “il primo mondo” sono i tumori, le malattie
cardiovascolari e le malattie croniche dell’anziano. Occorre quindi ripensare contenuti e metodologie degli
insegnamenti.
Il medico inizia a fare il medico generalmente dopo circa
9-11 anni dall’inizio del corso di laurea. È un percorso
formativo lungo e complesso, che dovrebbe servire per
acquisire con metodo l’ABC della conoscenza medica
prima generalista e poi specialistica e, cosa importante,
per costruire mediante l’educazione alla soluzione dei
problemi quella forma mentis - che è la capacità di ragionare, di studiare in modo autonomo, di utilizzare la
conoscenza per l’apprendimento continuo e per la soluzione di nuovi problemi - che accompagnerà il medico
per tutta la sua professione. Il metodo per l’appunto.
La SIPeM è una associazione senza scopo di
lucro che si propone di favorire nell’ambito
della Pedagogia medica, lo sviluppo, il
coordinamento e la valorizzazione delle
conoscenze, delle ricerche e degli studi con
l’obiettivo di diffondere i principi di questa
disciplina nella formazione del medico e del
personale sanitario. Il suo obiettivo primario
è operare nel campo della formazione del
medico e del personale sanitario in modo
da produrre misurabili miglioramenti nella
cultura e nei servizi sanitari del Paese.
Formare i formatori
All’estero l’apprendimento per problemi correlato ai
bisogni effettivi di salute ha già fatto da tempo il suo
ingresso in diverse università. Nel nostro Paese, invece,
viene utilizzato in modo parcellare per qualche insegnamento, ma concretamente mai in modo sistematico, perché la classe accademica non è stata preparata a
questo cambiamento nell’approccio pedagogico. Nelle
nostre Scuole di medicina un ostacolo è sicuramente
rappresentato dall’età media piuttosto ragguardevole
del corpo docente, conseguente a politiche di reclutamento dissennate, e cambiare metodo a una certa
età diventa difficile: questo è un problema che probabilmente si risolverà con il ricambio generazionale. Un
altro ostacolo deriva dal fatto che per i progressi di carriera dei docenti viene valutata quasi esclusivamente la
performance scientifica e non quella didattica.
All’interno della Conferenza dei Presidenti dei Corsi di
laurea in Medicina si è sentita più volte la necessità di
fare dei corsi di formazione dei docenti, in linea con
quella che è la mission principale della Società Italiana
di Pedagogia Medica. Ma per la formazione dei formatori servono da una parte risorse economiche per offrire occasioni formative valide, e dall’altra la volontà dei
docenti di farsi formare. Spesso gli Atenei non hanno
i mezzi economici per organizzare corsi di formazione,
e così viene lasciata alla buona volontà del singolo docente la decisione d’intraprendere percorsi personali di
apprendimento dei principi pedagogici e delle metodologie didattiche più avanzate. È auspicabile che in
un prossimo futuro anche la formazione dei formatori
diventi uno dei compiti essenziali delle nostre scuole
di medicina, vincendo quelle forze interne che ostacolano il cambiamento, quali sono la paura, la pigrizia e
la volontà di conservazione dello “statu quo”, cioè di
quanto già si possiede.
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focus _ la formazione del medico
Corso di formazione specifica
in medicina generale
Aldo Mozzone
Consigliere OMCeO di Torino
Coordinamento del Corso di Formazione Specifica in MG,
Regione Piemonte
Il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale
(CFSMG) permette di conseguire il Diploma necessario
per l’esercizio dell’attività di medico di medicina generale (MMG, medico di famiglia) nell’ambito del Servizio
Sanitario Nazionale.
La normativa che lo regola è la seguente:
• D. Lgs. n. 368 del 17 agosto 1999 che recepisce la
“Direttiva 93/16/CEE del 5 aprile 1993 in materia di
libera circolazione dei medici, e il reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli”;
• D. Lgs. n. 277 dell’8 luglio 2003 che recepisce la
“Direttiva 2001/19/CEE che modifica le direttive
del Consiglio relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali e le direttive
del Consiglio concernenti le professioni di infermiere professionale, dentista, veterinario, ostetrica,
architetto, farmacista e medico”.
• Decreto del Ministero della Salute del 7 marzo
2006 “Principi fondamentali per la disciplina unitaria in materia di formazione specifica in medicina
generale”.
Le Regioni emanano, di norma ogni anno, i bandi di
concorso per l’ammissione al corso di formazione specifica in medicina generale sulla base del fabbisogno individuato secondo quanto previsto dall’Art. 1 del Decreto
del Ministero della Salute 7/03/2006.
In Piemonte il corso triennale è organizzato in canali,
ognuno di circa 45 componenti. La finalità generale è
di consentire al medico di acquisire competenza professionale nell’ambito delle attivitá cliniche, della relazione con l’assistito, della organizzazione del lavoro, della
gestione dei percorsi di cura applicati alla complessità
della MEDICINA GENERALE: di poter contare, quindi, su
un adeguato bagaglio di conoscenze e abilità utili per
un proficuo avviamento alla professione.
Nel corso si intende dotare i tirocinanti delle capacità di
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OTTOBRE 2015
saper individuare e gestire la molteplicità dei problemi
presentati dagli assistiti, ricercare e utilizzare correttamente gli strumenti utili per la professione, adoperarsi
nel coordinamento con gli altri professionisti per garantire la continuità ospedale-territorio.
L’obiettivo complessivo didattico del corso è il seguente: il medico acquisisce la capacità di svolgere l’attività
di MMG prendendosi carico della salute psicofisica dei
propri assistiti nelle varie fasi della loro vita, consapevole dei caratteri distintivi della disciplina, del contesto in
cui opera e dei mezzi che ha a disposizione.
I partecipanti sono impegnati in tirocini presso studi di
medici di famiglia in attività, adeguatamente formati
a svolgere funzioni tutoriali, e presso strutture ospedaliere e territoriali del Servizio Sanitario Nazionale
nell’ambito di una mirata “formazione sul campo”.
Sono inoltre impegnati in attività seminariali e teoriche guidate dai coordinatori del Corso per acquisire le
conoscenze necessarie ad affrontare con competenza
la professione.
Acquisiscono quindi le conoscenze, le capacità pratiche, relazionali e organizzative necessarie per essere
MMG. Inoltre affrontano le tematiche etiche, deontologiche e normative indispensabili.
Il corso prevede una frequenza di almeno 4800 ore distribuite in tre anni, di cui 2/3 dedicate ad attività pratiche ed 1/3 a quelle teoriche. Nello sviluppo del percorso formativo è premura dei coordinatori adeguare
i contenuti trasmessi ai cambiamenti organizzativi e di
contesto che la Medicina Generale sta affrontando in
questi anni. L’attività clinica o pratica guidata, l’attività medica guidata ambulatoriale e domiciliare, nonché
l’attività seminariale, prevedono un impegno orario
pari a quello per il personale medico dipendente del
SSR a tempo pieno.
Nei seminari è privilegiata la collaborazione da parte
di MMG con esperienza di docenza limitando la partecipazione degli specialisti di branca ad un ruolo consulenziale di approfondimento di alcuni temi specifici.
Ciò con il fine di mettere costantemente al centro del
corso l’acquisizione delle competenze distintive della
Medicina Generale. La specificità della professione è
tale che solo chi la pratica, e conosce bene i suoi caratteri distintivi, può insegnarla. I seminari sono strutturati
in modo da tenere in forte considerazione le caratteristiche di professionisti adulti proprie dei partecipanti.
I giovani medici della formazione specifica non sono
studenti, ma colleghi già inseriti nella professione con
varie, anche se limitate, esperienze: pertanto l’attività
teorica si basa su processo di apprendimento per l’adulto (modelli di andragogia). È previsto, di conseguenza,
un loro coinvolgimento anche mediante tecniche di didattica attiva (lavori a piccoli gruppi, discussioni su casi
clinici reali e simulati, lezioni integrate da compilazione
di griglie e questionari).
Nell’espletamento delle attività pratiche ai tutori ospedalieri e delle strutture del territorio è richiesta una
particolare attenzione a trattare ed approfondire gli
aspetti utili ad una reale integrazione tra le discipline,
per formare i tirocinanti ad un uso appropriato della
risorsa ospedale e delle consulenze specialistiche e ad
una capacità di collaborazione tra i diversi livelli del Servizio Sanitario.
LIMITI E PROSPETTIVE DI MIGLIORAMENTO
1. Oggi gli indirizzi organizzativi e didattici dettati dalla normativa vigente vengono declinati in
modo talvolta assai differente da regione a regione. Obiettivo comune, di prioritario interesse per
il nostro Servizio Sanitario Nazionale, è quello di
riuscire finalmente nell’impresa di definire un mo-
dello di riferimento per il CFSMG, per dare ancora
più qualità e soprattutto più omogeneità al corso.
Il passo necessario è quello di costruire un modello
didattico di riferimento comune in tutte le Regioni.
La lettura dei piani formativi permette di verificare
come oggi nelle varie regioni si concretizzino vere
e proprie eccellenze, sia dal punto di vista dei contenuti che delle modalità didattiche. Si tratta quindi di saper individuare il meglio di ogni esperienza,
utilizzando anche i riferimenti europei in proposito, e disegnare così percorsi più uniformi.
2. Proprio la riorganizzazione professionale prevista
deve poter comportare opportunità di coinvolgimento dei medici tirocinanti in attività assistenziali dirette, nell’ambito delle prestazioni fornite dal
SSN, che hanno forte valenza formativa e per le
quali, sempre nel rispetto delle leggi vigenti, non
si deve porre preclusione in sede di programma.
3. Le proiezioni dimostrano come in pochi anni, senza correttivi, la medicina del territorio andrà incontro ad una contrazione dei professionisti adeguatamente formati a svolgere gli incarichi di MMG
ed a conseguenti gravi carenze nel servizio. In
simulazioni non particolarmente pessimistiche, in
Piemonte, ad esempio, si può prevedere che il numero di medici inseriti nelle graduatorie regionali
non sarà in grado di compensare i pensionamenti
già a partire dal 2020. In pochi anni la situazione
sarà tale da non poter garantire a tutti i cittadini
l’accesso ad una adeguata assistenza sanitaria primaria. Occorre quindi fin da ora programmare per
il futuro, stabilendo numeri di accesso al CFSMG
tali da permettere il ricambio necessario.
4800 ore
in 3 anni
2/3 di attività
1/3 di attività
PRATICHE TEORICHE
pratica
70%
teoria
30%
obiettivo:
capacità di
svolgere
l’attività di MMG
prendendosi carico della salute
psicofisica dei
propri assistiti
nelle varie fasi
della loro vita
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focus _ la formazione del medico
La formazione universitaria
tra carenze e potenzialità
Roberta Siliquini
Consigliera OMCeO di Torino
Presidente del Corso di Studi in Medicina e Chirurgia dell’Università di Torino
A monte di qualunque giusta e critica disamina delle
possibilità di miglioramento del nostro sistema formativo universitario in tema di professione medica è assolutamente corretto sottolineare come gli studenti in
Medicina e Chirurgia delle Università italiane risultino
tra i più apprezzati a livello europeo e mondiale. Tale
affermazione è più che giustificata dai numeri, sempre
crescenti, dei nostri giovani emigranti nella comunità
europea che assumono, in giovane età, ruoli apicali e
rilevanti nei contesti sanitari.
Ai nostri studenti e laureati si riconoscono conoscenze e
competenze di altissimo livello, e ne vengono generalmente apprezzate l’abnegazione e il desiderio di miglioramento. In sintesi, il comportamento da professionista,
mai sazio di apprendere e migliorarsi.
La prima criticità del nostro sistema sta proprio in questo e cioè, nella incapacità del sistema di trattenere i nostri ragazzi, attratti all’estero non tanto da una legittima
curiosità e desiderio di allargare le proprie conoscenze
ma dalla necessità di veder apprezzate le proprie potenzialità.
L’attualità del nostro Paese, purtroppo, non pare consentire oggi, dopo sei anni di studio pesanti e non banali (anche per l’impatto emotivo che può avere una
situazione come la malattia) non solo velleità di carriera
ma neanche certezza di impiego.
Un sistema sociale che, nella sua totalità, spende molto
per la formazione e non riesce goderne i frutti.
E non vi è dubbio alcuno che il percorso di studi sia
pesante e irto di difficoltà. Alcune non mitigabili come
la quantità di conoscenza da ricomporre in un essere
professionale, altre oggettivamente rimuovibili.
CARENZA DELLE STRUTTURE
La formazione in Medicina soffre, ovunque in Italia, di
una cronica carenza di strutture. Si affollano gli studenti
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OTTOBRE 2015
nelle aule e si affollano in corsia e negli ambulatori. In
modo specifico la nostra Scuola di Medicina di Torino
ha da tempo immemore evidenziato la carenza di aule,
problema ancora irrisolto, mentre si è fatto molto in
questi anni grazie al Prof. Ezio Ghigo (Direttore della
Scuola) e alla Prof.ssa Rossana Cavallo (Presidente Corso di Studi) per allargare la disponibilità di strutture che
accolgano gli studenti per i tirocini. Si sono stipulate
convenzioni con molte strutture ospedaliere non universitarie scelte in base all’eccellenza dei professionisti
e al loro desiderio di trasmettere competenze.
Torino ha superato la concezione, spesso limitativa,
che tuttavia si ritrova ancora in alcuni altri Atenei, della Scuola di Medicina come esclusivo appannaggio del
ruolo universitario: gli studenti, gli specializzandi, i medici in formazione specifica in medicina generale, imparano e assorbono dal contesto in cui si trovano, non
fanno differenza di ruoli e di titoli. Chiunque abbia un
ruolo in un contesto in cui si muovono degli studenti
deve sapere che, in quel momento, sta forgiando alla
vita professionale.
CARENZA DI RISORSE
La carenza di risorse (anche umane considerata il cronico sottodimensionamento degli organici) e di strutture impedisce poi di poter sviluppare maggiormente
un sistema di insegnamento che alcuni ritengono più
pragmatico: il cosiddetto ‘learning by doing’ sviluppato
in alcuni (non così tanti) Atenei stranieri. Si tratta di prediligere una formazione a piccoli gruppi, già dal primo
anno di medicina, al letto del paziente prediligendo l’insegnamento della pratica a quello della teoria lasciata
in buona parte allo studio individuale. Ho avuto modo,
anni addietro, di frequentare le due Università che più
utilizzano questo sistema: Sherbrooke in Canada e Maastricht in Olanda. Certamente ho potuto apprezzare
una maggior brillantezza dei giovani studenti nell’approccio con il paziente ma, anche, una preparazione
decisamente inferiore alla nostra. Credo che il nostro
sistema, con lo sforzo aggiuntivo nello sviluppare di più
le possibilità formative sul campo, soprattutto negli ultimi anni, possa rappresentare il giusto mezzo. Purtroppo l’attuale ordinamento impone ancora un 70% di
didattica frontale privilegiando il sapere al saper essere
e sapere fare.
POSTI PER LA FORMAZIONE E POSTI DI LAVORO
Molto si discute, soprattutto in questi giorni in cui si
sono svolte le selezioni di accesso alla Scuola di Medicina, sulla efficacia del nostro sistema selettivo. L’ingresso alle Scuole mediche è, a mio avviso, uno dei settori
più martoriati negli ultimi 15 anni. Il numero di riforme
si è susseguito senza sosta a partire dagli anni ’90, i
vari Ministri hanno diversamente tentato negli ultimi
anni di modificare (spesso in corsa e con non brillantissimi risultati…) modalità e numeri. In realtà il problema
resta irrisolto soprattutto perché non è risolta l’immissione dei laureati in un mondo del lavoro che è in crisi
perenne.
Il laureato in Medicina deve sottostare a specifiche regole (la specializzazione post lauream è richiesta della
comunità europea al fine di poter accedere come risorsa umana al Servizio Sanitario Nazionale), ad una definizione del bisogno assistenziale in prospettiva nonché
ad una oggettiva contrazione delle risorse economiche
rispetto ad anni fa.
Circa il 30% dei medici che laureiamo non riesce a trovare uno spazio specialistico definitivo nel mondo del
lavoro.
Esiste certamente uno scollamento tra la programmazione dei laureati e quella dei laureati che potranno
entrare nel mondo del lavoro. E lo scollamento, non
vi è dubbio alcuno, risente oggi della crisi economica
e, quindi, della possibilità di investire sulla formazione
post lauream.
A mio avviso un sistema selettivo pre-ingresso rappresenta l’unica modalità possibile (non la migliore), cui si
sta adeguando la maggior parte dei paesi Europei.
Il contraltare, tuttavia, è il proliferare di tentativi di
bypassare tale sistema selettivo mettendo in discussione l’importanza del sistema di accesso programmato ai
corsi di laurea in Medicina.
La sanità è l’unico ambito in cui il diritto allo studio deve
trovare un equilibrio con il diritto alla salute dei cittadini: il presupposto è quello di garantire standard elevati
nella qualità della formazione che sono strettamente
correlati al rapporto tra studenti e casistica clinica.
Tale sistema preselettivo andrebbe però reso maggiormente efficace attraverso l’adozione di politiche di
orientamento vocazionale che potrebbero trovare utile
spazio durante la scuola secondaria.
OTTOBRE 2015
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focus _ la formazione del medico
La formazione post laurea:
corsa ad ostacoli senza un
traguardo sicuro
Commissione dell’OMCeO di Torino
“Giovani Medici – Osservatorio Prospettive Professionali”
L’età media dei componenti della Commissione è di 29,8 anni. La redazione
ringrazia il Coordinatore Alessandro Dabbene per la collaborazione prestata alla
realizzazione di questo Focus
STORIA DI UNA GENERAZIONE DI MEDICI,
DAL SOGNO ALLA REALTÀ
Dopo l’esame di maturità il futuro medico si iscrive al
test per accedere al corso di laurea in medicina e chirurgia con l’ingenua convinzione che seppur faticoso e
costoso il percorso intrapreso sarà premiato dal “sogno
lavorativo” di un mestiere scelto per vocazione ma anche accompagnato da una certa sicurezza economicolavorativa. Sebbene l’opinione pubblica continui a considerare i giovani medici “privilegiati” rispetto a molte
altre categorie di neolaureati, oggi persino la condizione dei medici junior non è più così rosea.
Da alcuni anni le scelte politico-economiche sono indirizzate a logiche di risparmio anziché alla realizzazione
di un SSN che risponda alle necessità del terzo millennio, causando una vera e propria crisi della formazione
medica.
Prima di poter essere a tutti gli effetti qualificati per poter diventare a pieno titolo parte del SSN, il percorso è
caratterizzato da step che rappresentano veri e propri
“imbuti” che solo una parte dei laureati, nonostante
siano già stati selezionati dall’accesso a numero chiuso
alla facoltà di medicina, potrà superare.
Ripercorriamo cronologicamente le tappe formativolavorative di chi intraprende questo lungo cammino.
Step 1: accesso programmato alla facoltà di Medicina.
Partendo dai dati forniti dalla FNOMCeO è stato attuato, a partire dal 2007, un aumento del 5% annuo
degli ingressi alla facoltà di medicina per rispettare le
curve di pensionamento le quali a partire dal 2015 prevedono l’uscita di più di 13000 medici all’anno, curve
che inizieranno a scendere a 9000 unità solo intorno
al 2029. Questi dati sarebbero molto incoraggianti se
ad ogni pensionamento corrispondesse un’assunzione.
Purtroppo, così non è.
Step 2: postlaurea e abilitazione professionale.
Per ciò che concerne l’immediato postlaurea c’è da sottolineare che di fatto in Italia, a differenza degli altri
stati europei, la laurea in medicina e chirurgia non è
abilitante e questo genera un ingresso più tardivo dei
medici italiani nel mondo del lavoro. Il percorso quindi
presenta ritardi, ascrivibili in particolare ad eccessive e
costose burocratizzazioni che sommate al fenomeno
delle mancate assunzioni, hanno portato negli ultimi
4 anni ad un invecchiamento della classe medica con
il numero di over50 che per la prima volta ha superato
quello dei più giovani in tutte le specialità. Gli specialisti
anziani superano i giovani in tutti i campi, con picchi,
come in chirurgia, di 5:1. E’ evidente l’esigenza di una
vera programmazione triennale degli accessi e di una riorganizzazione del percorso più snella al fine di ridurre
il più possibile i ritardi.
fortemente auspicabile che il neoabilitato partecipi ad
un corso di formazione di secondo livello, sia esso una
scuola di specializzazione o il corso di formazione in
medicina generale. Tuttavia a causa delle limitate risorse del Ministero dell’Economia e delle Finanze, da cui
dipendono direttamente i contratti di specializzazione
erogati dal MIUR e dal ministero della salute, all’aumento degli ingressi al corso di laurea non è seguito
un parallelo aumento dei contratti di specializzazione e
delle borse di studio in medicina generale le quali sono
rimaste stabili o persino diminuite. Unendo questo problema alla spending review dilagante in tutte le regioni con conseguente blocco del turnover e delle nuove
assunzioni dei medici che hanno portato a termine la
specializzazione, le previsioni attuali sono quelle di una
futura sacca di inoccupazione o sottooccupazione medica di notevoli dimensioni. Se da un lato esistono oltre
200 sotto-specialità, non riconosciute a livello europeo
e con scarso mercato professionale, dall’altro il blocco
delle assunzioni mediche associato al massiccio pensionamento sta creando evidenti buchi negli organici di
molti reparti specialistici, costringendo spesso i pochi
dipendenti ad un carico di lavoro ai limiti della sicurezza
propria e dei pazienti, oltre ogni limite imposto dalla
normativa italiana ed europea.
Tutto ciò ha dato adito ad una programmazione schizofrenica e “tappa-buchi” con proposte di dubbia utilità
come il “patto per la salute 2.0”, più volte proposto
negli ultimi anni al tavolo stato-regioni, il quale avrebbe
lo scopo di consentire ad un maggior numero di neolaureati di accedere a un corso di specializzazione sovvenzionato, anzichè dal MiUR, dagli ospedali regionali
sottorganico, generando così una nuova futura classe
di specialisti di serie B, formati a costi inferiori in ospedali minori con standard di formazione non garantiti.
Per quel che riguarda le specialità, le analisi dei dati
svolte dall’osservatorio giovani medici FNOMCeO dimostrano che ove possibile le regioni richiedono invariabilmente più contratti di specialità rispetto al proprio
fabbisogno medio di specialisti (corretto per popolazione), mentre le regioni con piani di rientro non possono
farne richiesta. Si evidenzia inoltre un inefficace uso di
risorse impiegate per formare lo stesso medico in più
percorsi specialistici.
Rimangono, inoltre, numerose le criticità sul fronte del
concorso nazionale di accesso alle specializzazioni mediche, che rappresenta uno degli “imbuti” principali
precedentemente citati. Per fare degli esempi manca
ancora, a due anni dall’introduzione, una bibliografia
essenziale per prepararsi, con conseguente fiorire di
corsi e servizi privati ad un costo molto alto. Sicuramente, inoltre, una chiarezza in tal senso eviterebbe anche
il caos, generato quest’anno, da una prima prova “generale” caratterizzata, al contrario di quanto affermato tramite comunicato stampa dal MIUR, da numerosi
quesiti di area pre-clinica, che hanno spiazzato molti
concorrenti. Inoltre bisognerebbe rivedere, insieme con
le parti interessate, le assegnazioni dei punteggi tramite curriculum, il sistema di autocertificazione di esami
e tesi di laurea, con la prospettiva di riuscire ad uniformare i criteri di assegnazione del punteggio di laurea
stesso. E infine non deve essere dimenticato il tema dei
controlli in sede di esame, il cui venir meno vanifica il
tentativo di restituire un po’ di meritocrazia alle modalità di accesso alla formazione. u
Step 3: percorsi dopo l’abilitazione professionale.
Dopo l’abilitazione si delineano poi fondamentalmente
cinque strade percorribili: specializzarsi, intraprendere
il percorso di medicina generale, fare un dottorato, rimanere in quel “limbo“ professionale di chi sceglie di
esercitare la professione senza intraprendere nessuna
delle tre strade precedentemente elencate o infine migrare all’estero.
1. Specializzazione.
A causa delle leggi che limitano le possibilità lavorative
per i medici non specializzati e viste le scarse abilità
pratico lavorative trasmesse dal mondo universitario, è
Grafico 1. Accesso ai percorsi post laurea confrontati con numero di studenti in Medicina e
fabbisogno regionale. Fonte: FNOMCeO
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focus _ la formazione del medico
2. Borsa in medicina generale
Un discorso a parte merita il corso di Medicina Generale
che prevede una retribuzione non in termini di contratto specialistico (non essendo essa considerata tale), ma
di borsa di studio pari a 966 euro al mese per un totale
di poco più di 11.000 euro all’anno. Questo, aggiunto alle spese fisse quali il premio assicurativo mantiene
molti colleghi in una condizione di marcata precarietà,
impedendogli quella progettualità indipendente di cui
avrebbe bisogno. Essendo la condizione del medico in
formazione assimilabile a quella del lavoratore dipendente, l’onere assicurativo dovrebbe essere a carico
dell’ente da cui dipende, in questo caso la regione, ma
così non avviene. Inoltre sottolineiamo che attualmente, durante il periodo di interruzione obbligatoria per
maternità, la borsa di studio viene sospesa. L’ente previdenziale di categoria si fa carico dell’indennità delle
future madri, tuttavia non vi sono politiche di sostegno
per il periodo dell’allattamento. Inoltre, a fonte di un
periodo di sospensione di 5 mesi, le colleghe sono costrette a ritardare di 12 mesi l’inserimento in graduatoria con una penalizzazione della loro carriera.
Considerando le scarse risorse del Ministero dell’economia e delle finanze si capisce come al momento non
sia possibile l’adeguamento delle borse di medicina generale, ma appare fondamentale intraprendere tutte le
azioni politiche atte a permettere l’accesso ad attività
compatibili professionalizzanti nell’ambito delle cure
primarie in modo da garantire uno stipendio dignitoso
tale da permettere di dedicarsi serenamente alla propria formazione e portare avanti, su due binari paralleli,
vita privata e vita professionale, senza dover sacrificare
l’una a favore dell’altra. Questo già avviene in alcune
regioni, ma è necessaria maggiore uniformità al livello
nazionale, sulla base delle esperienze regionali che meglio hanno funzionato in questi anni.
A ciò si aggiunga che per quanto riguarda i medici di
medicina generale è evidente un bilancio negativo tra
pensionamenti e nuove assunzioni già a partire dal
2013. Fortunatamente, l’ingresso nel mondo del lavoro
per il medico di medicina generale non è penalizzato
a blocco del turn over in quanto deve essere assicurato un determinato rapporto numerico medici/cittadini.
In Piemonte è previsto il pensionamento di circa 2.000
medici di medicina generale nei prossimi 10 anni, pertanto è auspicabile un incremento del numero di borse
di studio sulla base di una attenta programmazione.
Grafico 2. Stima di trend di pensionamento dei MMG all’età media di 68 anni – fonte: FIMMG Piemonte
3. Dottorato di ricerca.
I dottorati di ricerca infatti vengono raramente scelti per vocazione, spesso sono scelte temporanee in
attesa dell’entrata in specializzazione, questo anche
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OTTOBRE 2015
per il basso livello di retribuzione economica e per la
frammentazione del percorso di ricerca. Sottolineiamo
come questo comprometta ed impoverisca la qualità e
le prospettive del settore.
4. Migrare all’estero.
Aumentano sempre di più i medici già specializzati e
non che scelgono di emigrare all’estero. Sia per aspetti
di retribuzione e sbocco professionale sia, dato ancora
più allarmante, alla ricerca di percorsi formativi maggiormente validi, esempio cardine rappresentato da chi
ambisce a scuole di chirurgia.
In generale, però, i dati rintracciabili sull’argomento si
presentano frammentari e questo non rende facile il
loro reperimento oltre che l’identificazione delle motivazioni alla base della scelta. Inoltre, talvolta, tali dati
forniscono risposte tra loro contradditorie. Appare pertanto necessaria anche una centralizzazione della raccolta e dell’analisi.
Pare che in un simile contesto di crisi ogni anno il
Ministero della Salute rilascia circa 1000 certificati di
onorabilità professionale, utili per il trasferimento del
professionista sanitario all’estero; questo numero probabilmente è leggermente sovrastimato rispetto alle effettive dimensioni della migrazione medica, ma di fatto
è un dato di cui tenere conto in corso di programmazione. Infatti nonostante il fenomeno di movimento dei
medici nell’eurozona sia senza dubbio bidirezionale, è
indubbio che interessa maggiormente le nuove generazioni e rischia di diventare uno spreco di investimenti
statali, tenuto conto che il costo di formazione di un
laureato in medicina è per lo stato di circa 28.000 euro
Le conclusioni appaiono drammatiche, ma vogliamo
credere che in futuro la classe politica vorrà interfacciarsi con il maggior numero possibile di stakeholders
provenienti da diverse realtà e, ottimisticamente parlando, che questo comporti un’azione sul lungo termine. Si fa imperativa infatti l’individuazione di una tempistica ottimale per la programmazione del fabbisogno
reale di medici, specialisti e medici di medicina generale
ponderata su variabili basate sui percorsi di formazione
post lauream e modalità di accesso al lavoro.
In un periodo di crisi è comprensibile che sia molto difficile restituire il “sogno lavorativo” ma è decisamente
giunta l’ora di interrompere l’evoluzione di un “incubo”!
LA FORMAZIONE POST LAUREA
DEGLI ODONTOIATRI
Gli Odontoiatri condividono con i colleghi Medici sia
la selezione per l’ingresso a numero chiuso al corso di
Laurea, anch’essa non abilitante, sia l’attesa per l’abilitazione di 3-6 mesi in base alla sessione di Laurea. A
seguito dell’abilitazione il 95% degli Odontoiatri scelgono la libera professione.
Sebbene questa sia ancora oggi ritenuta una casta privilegiata il neoabilitato odontoiatra, se non figlio d’arte, si ritrova davanti alle seguenti possibilità:
1. Rilevare uno studio preesistente o aprire un
nuovo studio
I costi relativi a questa possibilità sono difficilmente
abbordabili da un neolaureato, se non supportato
dalla famiglia, ma soprattutto risulta spesso sconveniente per la difficoltà nella reperibilità di nuovi
pazienti che tendono ad associare poca competenza a Dottori di giovane età. Inoltre durante il corso
di Laurea non vengono date basi riguardo alla gestione, legislazione e burocrazia necessarie.
2. Collaborare in uno o più studi di terzi
In questo caso le possibilità, che sembrano simili
ma non lo sono affatto, sono due:
- collaborare in uno studio privato, dove spesso
si viene inseriti nell’organico a pieno regime, ma
gratuitamente per un numero indefinito di mesi.
Successivamente vengono definite le mansioni
dell’operatore al quale spetterà una percentuale
sulla prestazione.
- venir attratti dalla possibilità del “guadagno facile” offerto dai nuovi centri Low cost, resi possibili
dal D.L. 4.7.2006 n°223 meglio conosciuto come
“Legge Bersani” che prevede l’abolizione dei tariffari minimi e la possibilità di fare pubblicità dei vari
trattamenti. Pubblicità, ingannevole, che oramai ci
circonda alla TV, radio, su giornali e cartelloni pubblicitari in giro per la città. Questi centri spesso
si avvalgono dei neolaureati come di “carne fresca”, sottopagandoli per aumentare sempre più il
guadagno del centro - nemmeno gestiti da medici
o odontoiatri ma da imprenditori nella la maggior
parte dei casi; guadagno che viene messo a volte
anche davanti alla qualità della prestazione per l’ignaro paziente.
3. Iscriversi a corsi privati o Master di II livello,
in quanto dal 2013 sono state abolite per gli Odontoiatri le Specialità in Chirurgia Orale e Ortodonzia.
Se dopo la laurea si vogliono aumentare o migliorare le proprie capacità le uniche possibilità prevedono la spesa di migliaia di euro, a volte anche
senza una reale giustificazione della spesa poiché
il solo fatto di aver frequentato corsi e Master non
garantisce né una maggiore facilità di reperire lavoro, né un maggior guadagno.
4. Il dottorato di ricerca,
che vede le stesse caratteristiche di quello dei medici, al fine di ottenere un titolo aggiuntivo necessario a chi interessato nella carriera accademica.
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focus _ la formazione del medico
Ripensare la formazione
medica
Il contributo della Rete Italiana per l’Insegnamento
della Salute Globale
Rete Italiana per l’Insegnamento
della Salute Globale
Marzo 2015
Le scuole di medicina sono in grado di formare professionisti capaci di rispondere ai bisogni di salute delle persone e delle comunità che andranno a servire? Come rispondono
alle sfide che l’epoca della globalizzazione e della complessità pone? Come affrontano
il tema della responsabilità sociale (in altre parole, che ruolo intendono assumere nei
confronti dell’ingiustizia sociale e il suo impatto sulla salute)? La Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) ritiene che tali domande debbano essere prese in
considerazione ed esprime in questo documento un contributo relativo al dibattito sulla
formazione medica recentemente innescatosi a livello nazionale. Si fa in particolare riferimento al documento del Centro Studi e Documentazione FNOMCeO “Professione medica nel terzo millennio”1, alla mozione del Consiglio Nazionale della FNOMCeO “Salviamo
la formazione medica”, alla lettera inviata al Ministro MIUR e al Ministro della Salute dalla
Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia e alla risposta del presidente della FNOMCeO dott. Amedeo Bianco2.
Di seguito sono riportate alcune riflessioni elaborate dalla RIISG, esposte più in dettaglio
nel testo e intese come spunti di confronto, discussione e dibattito aperto.
• Ogni azione e decisione presa in campo medico non è eticamente neutrale. La medicina prevede degli aspetti etici intrinseci e deve essere studiata e insegnata a partire
dalla sua componente etica.
• Il paradigma della complessità che caratterizza la nostra epoca spinge a riconoscere i
limiti intrinseci a ogni pratica umana, compresa quella medica, e invita a creare spazi
di dialogo e confronto tra saperi, professioni e discipline.
• È necessario, nel corso della formazione, accompagnare lo sviluppo di un pensiero
critico e incoraggiare il posizionamento etico, prevedendo l’apporto di diverse discipline e stimolando la riflessione di carattere morale. Si ritiene che questo possa
avvenire anche attraverso esperienze di conoscenza e radicamento nell’ambiente
sociale nel quale i futuri professionisti saranno inseriti.
• È necessario ridurre l’iperspecializzazione dando spazio ad un “nuovo generalismo”,
cioè ad un approccio più ampio che veda salute e malattia nel contesto dell’intera
vita delle persone.
• È necessario richiamare gli attuali e futuri medici alla responsabilità sociale, intesa
1 Disponibile alla URL: http://media.fnomceo.it//Media/downloadFile.dwn?id=199&version=5
2 È possibile scaricare i documenti del dibattito alla URL: http://www.fnomceo.it/fnomceo/
showItem.2puntOT?
id=126323
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OTTOBRE 2015
anche come risposta che deve essere data di fronte alle situazioni di crisi, ingiustizia
sociale ed emarginazione provocate dall’attuale sistema globalizzato. Si ritiene che
taleresponsabilità non sia definita a priori ma debba essere cercata personalmente e contestualmente in un confronto con tutti coloro che “hanno sinceramente a
cuore”3 tali questioni.
Riteniamo
che fare
formazione in
salute globale
voglia dire
introdurre un
nuovo modo di
pensare e agire
la salute per
generare reali
cambiamenti
sia nella
comunità sia
nell’intera
società
DALLA SALUTE GLOBALE ALLA FORMAZIONE IN SALUTE
La Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) è un network nazionale
che comprende istituzioni accademiche, società scientifiche, organizzazioni non governative, associazioni, gruppi, studenti e singoli individui impegnati nella formazione in salute
globale, sia a livello universitario sia di società civile4. Sin dall’inizio importante parte
attiva della RIISG è il SISM – Segretariato Italiano Studenti Medicina.
La RIISG sta seguendo con particolare interesse il dibattito sulla formazione medica accesosi in quest’ultimo periodo. Come realtà nata dal basso, accogliendo e facendo proprie
le esigenze e le richieste degli studenti, protagonisti e destinatari di tale formazione, la
Rete condivide le preoccupazioni riguardo all’attuale impostazione del sistema formativo
per i futuri medici.
La riflessione e il lavoro culturale portati avanti dalla RIISG in questi anni non si sono,
infatti, limitati a elaborare un nucleo di contenuti da aggiungere ai curricula già molto
ricchi delle facoltà mediche ma, soprattutto nei tempi più recenti, si sono indirizzati ad
aprire uno spazio di confronto nazionale sulla formazione in salute in senso più ampio.
Come componenti della RIISG riteniamo che fare formazione in salute globale voglia dire
“introdurre un nuovo modo di pensare e agire la salute per generare reali cambiamenti
sia nella comunità sia nell’intera società, colmando il divario esistente tra evidenza scientifica e decisioni operative”5. Per questo il lavoro della RIISG, partito da riflessioni attinenti
alla sola formazione medica, ha riconosciuto la necessità di prendere in considerazione i
processi formativi di tutte le persone che – a vario titolo – concorrono alla promozione e
alla tutela della salute.
La RIISG ritiene di poter dare il suo apporto propositivo e costruttivo al confronto auspicato sia dalla FNOMCeO sia dalla Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di
Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia. Proponendosi tra gli obiettivi quello
di contribuire a “preparare una figura di Medico sempre più adeguata alla trasformazione dell’assistenza sanitaria del nostro paese, correttamente protesa verso la medicina
territoriale e di prossimità”6, la RIISG concorda con il Centro Studi FNOMCeO nel ritenere necessaria “una riforma non tanto della facoltà di medicina ma dei suoi paradigmi
formativi”7.
LA MEDICINA COME PRATICA ETICA
La riforma auspicata dovrebbe partire dalla consapevolezza che pensare alla medicina
semplicemente come a una scienza o a un’attività scientifica sia non soltanto riduttivo ma
sostanzialmente sbagliato. La medicina, in quanto pratica, prevede azioni che esprimono
u
3 Dalla mozione FNOMCeO “Salviamo la formazione medica”
4 La nascita della RIISG è il risultato finale di un processo iniziato nel 2007, grazie allo stimolo
dato dal progetto europeo “Equal opportunities for health” coordinato da Medici con l’Africa
CUAMM e dalla partecipazione attiva degli studenti in medicina a livello nazionale. Maggiori
informazioni al sito: http://www.educationglobalhealth.eu/it/
5 Ripensare la formazione dei professionisti sanitari: stimoli, contributi, esperienze. Disponibile
alla URL: http://www.saluteinternazionale.info/2014/02/ripensare-la-formazione-dei-professionistisanitari-stimolicontributi- esperienze/
6 Dalla risposta della Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea
Magistrale in Medicina e Chirurgia alla mozione della FNOMCeO
7 Dal documento del Centro Studi e Documentazione della FNOMCeO dal titolo: “Professione
medica nel terzo millennio.”
OTTOBRE 2015
29
focus _ la formazione del medico
L’iperspecializzazione
determina
un sempre
maggiore
allontanamento del
(futuro) medico
dai luoghi
di vita delle
persone; la
formazione si
svolge per lo più
in un contesto
racchiuso tra
ospedale e aule
universitarie,
impedendo
di prendere
consapevolezza
dei tanti fattori
che influenzano
la salute nei
differenti
contesti sociali.
una trama di significati e fini. Gli aspetti etici non possono essere visti come giustapposti,
ma debbono essere considerati intrinseci a essa. Ogni decisione e ogni azione portate
avanti in questo settore non sono neutrali, cioè non possono prescindere dalla dimensione etica; ciò significa che la natura della medicina deve essere studiata e insegnata a
partire da una prospettiva etica8.
Tale approccio non si dovrebbe limitare a riflettere su quanto avviene nel rapporto medicopaziente ma anche, ad esempio, sulla relazione della pratica medica con altri saperi,
professioni, discipline. Un atteggiamento di questo genere aiuterebbe a mettere in luce
le carenze e i punti deboli su cui diventa sempre più necessario prendere posizione.
Sembra dunque non banale né trascurabile porsi la domanda: le attuali scuole di medicina preparano futuri medici dotati di adeguati strumenti conoscitivi ed etici per muoversi
come persone e cittadini consapevoli, prima ancora che come professionisti, all’interno
dei sistemi complessi nei quali si trovano ogni giorno a vivere?
La pressione sempre maggiore dell’industria farmaceutica e biomedicale contribuisce a
una progressiva medicalizzazione di ogni aspetto della vita umana, a fenomeni come
quello del disease mongering13 e alla conseguente induzione di falsi bisogni.
Crescono le aspettative di chi ai servizi sanitari si rivolge, ma cresce anche l’inappropriatezza delle prestazioni, e con essa la spesa sanitaria.
Il contesto di crisi economica e di scarsità (relativa) di risorse richiede invece, con sempre
maggiore urgenza, che vengano fatte scelte di priorità nell’allocazione di tale spesa.
Crediamo che tali scelte non possano che andare nella direzione dell’equità e dell’universalità nell’accesso alle cure, rifiutando un approccio utilitaristico che segue criteri esclusivamente economici e ricercando giustificazioni prima di tutto sul piano etico e sociale.
Riteniamo che, a partire dalla formazione, sia importante lavorare sul concetto di limite
e sulla necessità di scelte sagge ed eticamente fondate, orientate a evitare gli sprechi e a
lottare contro la corruzione e i conflitti di interesse14.
PER UN NUOVO GENERALISMO
In un’epoca caratterizzata dall’aumento esponenziale delle conoscenze scientifiche e tecniche, i curricula universitari sono divenuti per lo più contenitori di nozioni da apprendere
meccanicamente al fine di superare gli esami. Inoltre, l’impostazione sempre più orientata verso l’iperspecializzazione contribuisce a una situazione di “ricatto formativo”, che
obbliga lo studente neolaureato a proseguire nel percorso di studi attraversando un
“limbo di dequalificazione professionale e lavorativa”9, un vuoto formativo, istituzionale
e lavorativo tra università e scuola di specializzazione.
Il sapere diviene dunque sempre più iperspecialistico e frammentato, e il medico rischia
di trasformarsi esclusivamente in un tecnico competente. Tale impostazione riduzionista
e nozionistica, che risente della frattura tipica della cultura positivista tra scienza e agire
morale10, appare incapace di formare professionisti in grado di affrontare i bisogni delle
persone e delle comunità che andranno a servire.
L’iperspecializzazione determina un sempre maggiore allontanamento del (futuro) medico dai luoghi di vita delle persone; la formazione si svolge per lo più in un contesto
racchiuso tra ospedale e aule universitarie, impedendo di prendere consapevolezza dei
tanti fattori che influenzano la salute nei differenti contesti sociali. L’invecchiamento della popolazione e la crescente prevalenza delle patologie croniche rendono necessario un
approccio più ampio, nel quale dare centralità ad aspetti come quelli della prevenzione,
della promozione della salute, delle cure primarie e dell’integrazione socio-sanitaria11. Per
questo riteniamo importante ridurre l’iperspecializzazione per dare spazio a un “nuovo
generalismo” che veda salute e malattia nel contesto dell’intera vita delle persone.12
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DEL MEDICO
Sono numerose le evidenze scientifiche15 che mostrano la diseguale16 distribuzione delle
patologie tra le diverse nazioni e, all’interno delle stesse nazioni, in relazione alla classesociale (espressa attraverso diversi tipi di indicatori di posizione socio-economica). Queste
rimandano alla teoria dei determinanti sociali di salute e alla necessità di agire su tutti i
fattori (non semplicemente quelli biologici) in grado di influenzare lo stato di salute dei
singoli e delle comunità. Senza voler caricare la medicina di un compito eccessivo, riteniamo necessario richiamare i futuri medici a una più ampia responsabilità17 sociale, che
non si esaurisca all’interno del rapporto medico-paziente, ma che comporti uno sguardo
sull’intera società18.
Crediamo, infatti, che la figura professionale del medico, proprio in quanto capace di
riconoscere e documentare scientificamente le conseguenze concrete del sistema economico e politico sulla vita e la salute delle persone, non possa ritenersi neutrale di fronte
alle cause di tali diseguaglianze.
Per questo i medici, e più in generale tutti gli operatori della salute, non possono rinunciare a entrare in relazione con i settori della società e con le discipline che lavorano alla
ricerca del bene comune. Riteniamo che tale compito non costituisca un aspetto tecnico
e facoltativo, quanto piuttosto un imperativo etico. u
LA NECESSITÀ DI SCELTE SAGGE
L’aumento vertiginoso delle possibilità diagnostiche e terapeutiche e la costruzione sociale dell’onnipotenza della biomedicina hanno alimentato un’ingenua fiducia che attribuisce a tale professione la capacità di liberare dal dolore, dalla sofferenza, dalla morte.
8 Mordacci R. La medicina come pratica e l’etica della malattia. In AA.VV. Salute e salvezza,
Glossa 2008
9 Risposta del presidente della FNOMCeO dott. Amedeo Bianco alla della Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia
10 Dei Tos G.A. Etica ed economia nell’organizzazione sanitaria. Edizioni Messaggero Padova,
2014.
11 È sufficiente ricordare il World Health Report 2008 dal titolo Primary health care. Now more
than even e lo sviluppo del Chronic Care Model come nuovo modello di gestione delle malattie
croniche.
12 Commission on Generalism. Guiding Patients through Complexity: modern medical generalism. London: Royal College of General Practitioners and the Health Foundation, 2011. Disponibile
alla URL: http://www.health.org.uk/publications/generalism-report/
30
OTTOBRE 2015
La campagna Choosing
wisely, lanciata negli
Sati Uniti per la
responsabilizzazione
e la necessità di scelte
sagge ed eticamente
fondate, orientate
a evitare gli sprechi
e a lottare contro la
corruzione e i conflitti
di interesse.
13 Moynihan R, Henry D. The Fight against Disease Mongering: Generating Knowledge for
Action. PLoS Med 2006; 3(4): e191. doi:10.1371/journal.pmed.0030191
14 Ricordiamo a questo proposito la campagna Choosing wisely, lanciata negli Sati Uniti e il
rapporto della Commissione Europea sulla corruzione nel settore sanitario (European Commission
Directorate General Home Affairs Study on Corruption in the Healthcare Sector, European Union
2013)
15 CSDH (2008). Closing the gap in a generation: health equity through action on the social
determinants of health. Final Report of the Commission on Social Determinants of Health. Geneva, World Health Organization. Disponibile alla URL: http://www.who.int/social_determinants/
thecommission/finalreport/en/
16 Parlare di diseguaglianze significa aggiungere un significato morale al termine differenze
e dunque indica la necessità di mettere in piedi delle azioni di contrasto (cfr Whitehead M. The
concepts and principles of equity and health. Int J Health Serv. 1992;22(3):429-445.)
17 Una responsabilità concepita come risposta ad ogni essere umano con cui la vita umana è costitutivamente in relazione, risposta che deve essere portata ad un livello di consapevolezza e che
dovrebbe spingere a prendersi cura dell’altro, come persone prima che come medici.
18 Cfr articolo 14 della Dichiarazione universale sulla Bioetica e i diritti umani dell’UNESCO su
Responsabilità sociale e salute (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization).
Universal Declaration on Bioethics and Human Rights. UNESCO, 2005. Disponibile alla URL: http://
www.unesco.org/new/en/social-andhuman- sciences/themes/bioethics/bioethics-and-humanrights/
OTTOBRE 2015
31
focus _ la formazione del medico
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19 Frenk J, Chen L et al. Health professionals for a new century: transforming education to
strengthen health systems in an interdependent world. Lancet 2010; 376: 1923–58.
20 Dalla Mozione FNOMCeO
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Pensiamo che
riflessioni ed
esperienze
pratiche relative
a concetti come
solidarietà,
responsabilità,
giustizia,
uguaglianza,
limite, pensiero
cooperativo
abbiano “diritto
di cittadinanza”
all’interno della
formazione
medica tanto
quanto i classici
argomenti della
bioetica.
RIPENSARE LA FORMAZIONE MEDICA: UNA QUESTIONE SOCIALE
Quelli citati sono solo alcuni esempi che mostrano come la formazione dei futuri medici
debba necessariamente implicare sia elementi conoscitivi di natura più ampia sia riflessioni di carattere etico19. In altre parole, crediamo che essa debba fornire strumenti per
sviluppare un pensiero critico necessario ad affrontare la complessità del reale, e offrire
occasioni di esperienze che stimolino una risposta libera e responsabile alle problematiche dell’attuale mondo globalizzato.
Tali problematiche, incorporate esemplarmente in coloro che rimangono ai margini della
società e del sistema di cure, mettono anche in luce il limite di ogni agire individuale,
legato alla propria persona, al proprio ruolo e alla propria formazione. Per questo ogni
risposta, fondata su un reale e critico posizionamento etico, non dovrebbe ispirarsi a
coscienze eroiche o volontarismi esasperati, ma riconoscere la necessità di cooperare in
senso ampio con tutti i soggetti e le realtà coinvolte. Pensiamo che riflessioni ed esperienze pratiche relative a concetti come solidarietà, responsabilità, giustizia, uguaglianza,
limite, pensiero cooperativo abbiano “diritto di cittadinanza” all’interno della formazione medica tanto quanto i classici argomenti della bioetica.
Siamo convinti che la riforma del sistema formativo di area medica non sia un argomento
settoriale da affrontare in ambiti specialistici; per questo auspichiamo che si realizzi davvero quel “confronto ampio di tutti gli attori coinvolti” a cui invita la Conferenza Permanente dei Presidenti di Consiglio di Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia.
Vista l’attenzione che ciascun componente della RIISG (professionisti sanitari, accademici, studenti, associazioni) dedica al tema della formazione e alla proposta di riforma
dei curricula di corsi di laurea che si occupano a vario titolo di salute, ci sentiamo parte
in causa in questo confronto e intendiamo partecipare con competenza e motivazione.
Crediamo essenziale un forte coinvolgimento degli studenti, principali destinatari dei
modelli didattici, quali protagonisti attivi e non semplici fruitori della propria formazione.
Siamo inoltre convinti dell’importanza di far tesoro di punti di vista di altre discipline,
che aiutino ad analizzare il contesto di crisi economica ma soprattutto culturale, etica
e antropologica nel quale le facoltà di medicina (e più in generale le università) sono
coinvolte. Riteniamo tale confronto non un “di più”, ma una necessità legata ai limiti
della medicina (così come di ogni altra disciplina), limiti sempre più evidenti all’interno
dei sistemi complessi in cui si è chiamati ad agire.
Crediamo sia necessario mettere le basi per una nuova pedagogia della salute e siamo consapevoli che si tratta di un’impresa “culturale, organizzativa, etica, civile e
professionale”20. Si tratta di prepararsi a formare non solo professionisti ma prima di
tutto cittadini, anzi persone, per una società in cui equità e giustizia sociale siano a pieno
titolo “strumenti di salute”.
transatlantico
Il TTIP fa bene o male
alla salute?
Se sul mercato
italiano
comparissero
molti ospedali
privati, come si
integrerebbero
con l’attuale
rete
ospedaliera,
e con quali
standard di
dotazioni
strutturali e
tecnologiche,
se già gli
standard
minimi per
presidio
attualmente
previsti sono
inadeguati?
I negoziati per il TTIP si inseriscono in uno scenario già critico per la sanità italiana, con
in atto processi quali il definanziamento del SSN, i tagli lineari, l’aumento dei ticket ed
il blocco del turn over, che minacciano la sopravvivenza stessa di un servizio sanitario
pubblico e nazionale. A seguito degli accordi del TTIP, il rischio concreto è quello che
si determini un potenziamento della liberalizzazione dei servizi sanitari e degli investimenti esteri, lasciando ampio margine di manovra al finanziamento del sistema sanitario nazionale privato da parte di colossi multinazionali del settore; questo fenomeno
potrebbe avere effetti negativi in termini di diseguaglianza delle cure e degli accessi ai
servizi perché basati sulla legge della domanda e dell’offerta. In altri termini, potrebbero
venir offerti servizi di qualità diversa a costi diversificati, senza garanzie di equità delle
cure nei confronti di cittadini meno abbienti.
In Europa, i trattati UE garantiscono la protezione della salute umana e risconoscono
la libertà dei singoli stati nell’organizzazione dei servizi di pubblico interesse, quindi
anche l’autonomia nella definizione della politica sanitaria2. Gli stati membri della Ue
hanno differenti SSN, ma pur nelle differenze garantiscono il principio fondamentale
dell’ universalismo dell’ assistenza. La liberalizzazione dei servizi e l’apertura ai mercati
transatlantici, difficilmente si inserirebbero in questo eterogeneo sistema senza conseguenze. Se sul mercato italiano comparissero molti ospedali privati, come si integrerebbero con l’attuale rete ospedaliera, organizzata in base al bacino d’utenza, e con quali
standard di dotazioni strutturali e tecnologiche, se già gli standard minimi per presidio
attualmente previsti sono inadeguati? Ed il privato, riuscirebbe ad offrire i servizi sanitari notoriamente anti-economici o ad assicurare ai pazienti una efficiente rete per le
patologie tempo-dipendenti? u
Chiara Rivetti
Consigliera Tesoriera OMCeO di Torino
Tra i non addetti ai lavori, di TTIP si parla poco, pochissimo. Il nome stesso sembra pensato apposta per minimizzare e non suscitare interesse. Il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership - TTIP)
è un trattato di libero scambio che l’Unione Europea sta discutendo con gli US¬¬A per
uniformare le tariffe e le normative che regolano il commercio e creare così una grande
area di mercato transatlantico.
Questa NATO economica porterebbe ossigeno soprattutto all’Europa, soffocata dalla
crisi economica, ed ancor più al nostro paese, per il verosimile incremento dell’ esportazione verso gli USA dell’ agro-alimentare made in Italy. Le stime più ottimistiche dell’Economist1 parlano di un aumento del Pil statunitense dello 0.4% e di quello europeo di
poco di più. Ma il livello di incertezza di qualunque previsione è alto. Considerato poi
che le barriere tariffarie tra i paesi coinvolti sono già vicine allo zero per molti prodotti1,
probabilmente il reale obiettivo del TTIP è la liberalizzazione delle normative.
Ora, il TTIP farà bene o male alla salute? Con precisione è difficile rispondere, in quanto
i trattati sono condotti a porte chiuse, e poco o nulla trapela.
Il rischio è che possano esserci conseguenze sfavorevoli sullo stato di salute dei cittadini
UE sia indirette, attraverso interventi sui determinanti sociali ed ambientali di salute, sia
dirette, per gli effetti della liberalizzazione dei servizi sanitari.
u
34
OTTOBRE 2015
OTTOBRE 2015
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transatlantico
Nel caso di un servizio sanitario fornito da un altro paese, sarà poi verosimilmente
difficile vigilare sulla qualità delle cure e sulle qualifiche e formazione del personale
coinvolto .
Altro argomento in discussione riguarda il capitolo della “proprietà intellettuale” dei
farmaci. Con un’eventuale estensione della durata dei brevetti sarebbe ridotta la diffusione dei farmaci generici, con conseguente minor competizione ed aumento dei prezzi. Inoltre, alcune compagnie farmaceutiche europee potrebbero essere incoraggiate a
registrare nuovi farmaci presso le autorità statunitensi, dove le normative sono meno
rigide, determinando non solo uno spostamento di capitali all’estero ma anche una
riduzione di posti di lavoro e di investimenti nella ricerca nel paese di origine.
Uno dei punti più controversi è poi la sicurezza alimentare3: in Europa è garantita dal
principio di precauzione, mentre negli USA una sostanza chimica è considerata sicura
fino a prova contraria. Da questo ne consegue che con il TTIP gli standard europei, più
stringenti, potrebbero subire una down regulation: sono a rischio le norme sull’ utilizzo
degli OGM, dei pesticidi, sul trattamento con ormoni negli allevamenti o con cloro delle carni. Per il nostro Paese è concreto il rischio che, a fronte di un moderato aumento
delle esportazioni delle nostre supercontrollate eccellenze agroalimentari, vi sia una
massiccia importazione di cereali OGM o carni agli ormoni e cloro, ecc. che, vendute
a prezzi inferiori, saranno l’alimentazione principale della popolazione meno abbiente.
Alla luce di queste considerazioni è necessario prevedere alcuni principi generali di tutela della sanità e della salute che vengano rispettati durante la negoziazione dell’atto.
Innanzitutto è necessario garantire il principio della massima trasparenza, mettendo a
disposizione delle istituzioni e delle principali associazioni dei consumatori il contenuto
A Settembre, il premio nobel
per l’Economia Joseph Stigliz ha
parlato del TTIP al Parlamento
Italiano e l’ha definito un pessimo
accordo
dei negoziati e consentendo di esprimere un parere tecnico riguardo ai temi dell’accordo in tempi utili per presentare eventuali modifiche operative.
Sarà inoltre indispensabile che nella discussione degli accordi, i principi di tutela della
salute e di equità dell’accesso alle cure siano garantiti e posti come prioritari rispetto
a qualsiasi interesse di tipo commerciale ed economico. A questo proposito dovranno
essere istituiti organi deputati alla vigilanza e al controllo per definire gli standard sanitari e di sicurezza comuni ed impedire che vengano uniformate le regole e i controlli
“al ribasso”.
Per quanto riguarda poi la fase attuativa del TTIP, dovranno essere previste norme di
salvaguardia anche dal punto di vista giuridico. Negli accordi preliminari, il TTIP prevede
che le controversie fra investitori privati e Paesi aderenti siano gestite da un organo di
arbitrato internazionale e non dall’ autorità giudiziaria nazionale4: le multinazionali potrebbero accusare gli Stati di intralciare il libero mercato. La Philip Morris, per esempio,
ha intrapreso un’ azione contro l’Uruguay5, colpevole di aver intensificato la lotta contro
il fumo stampando sull’ 80% dei pacchetti di sigarette immagini shock anti-fumo: una
percentuale superiore a quella consigliata dall’ OMS. Poco importa che con questa campagna la percentuale dei fumatori in Uruguay sia scesa dal 45% al 23%. Con il TTIP cause
simili potrebbero essere intentate contro l’Italia ed il giudizio espresso da un collegio
arbitrale non locale. Appare quindi ragionevole richiedere che eventuali controversie vengano discusse dalla giustizia ordinaria senza organi di arbitrato “speciali” che potrebbero
favorire logiche di libero mercato rispetto al diritto di tutela della salute.
Infine, viste le possibili intersezioni con personale sanitario proveniente da altri percorsi
formativi, è auspicabile prevedere un possibile ruolo dell’Ordine dei medici come ulteriore
garante, almeno nel nostro paese, della competenza del personale medico a tutela dei
cittadini i quali, in ultima analisi, sono i fruitori ed i destinatari del sistema sanitario.
A Settembre, il premio nobel per l’Economia Joseph Stigliz ha parlato del TTIP al Parlamento Italiano e l’ha definito un pessimo accordo, che non favorirà né i cittadini europei
né quelli americani ma solo gli investitori, soprattutto quelli statunitensi.
E, va aggiunto, potrebbe nuocere alla salute.
Fonte: Il Sole 24 ore Sanità, edizione del 6 luglio 2015
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
5.
36
OTTOBRE 2015
“Ships that pass in the night”
Dec 13th 2014 The Economist print edition
Draft Conference Conclusions TTIP – Increased Trade for Better Living?
European Policy Conference, 15-16 June 2015, Brussels
Report, Rai 3, 19.10.2014
“Il trattato che minaccia la democrazia”
George Monbiot, 13.11.2014, Internazionale
“Braccio di ferro Philip Morris-Uruguay: la guerra del fumo che può cambiare la storia”
Barbara Gobbi 16 ottobre 2014, Il sole 24 ore
OTTOBRE 2015
37
il dedalo
Infatti, tra i medici in attività, come riportato in una relazione ormai del novembre 2002
della Dottoressa Paola Mora del Centro di Formazione Albert Schweitzer, dal titolo “I medici non sono invincibili”, scaricabile dalla rete all’indirizzo www.cfschweitzer.org (accedi
dal Qr a lato) suicidio, disturbi psichici e sindrome del burnout, dipendenza da fumo, alcol
e droghe, sindrome del gioco compulsivo sono presenti in una percentuale considerevole,
anche se non pienamente nota per carenza di indagini approfondite di massa.
a cura di nicola ferraro
Patologie da dipendenze
dei medici
Su questo tema “difficile”, anche da conoscere, e sul Progetto “Helper”la redazione
ha realizzato una videointervista con la Consigliera dell’Ordine Tiziana Borsatti
pubblicata in Rete sul nostro sito www.videomedica.org (accedi dal Qr a lato). Il
numero dei contatti registrati da tutta Italia conferma l’importanza di questo
problema che si può risolvere soltanto sfidandolo a viso aperto.
L’argomento delle patologie da dipendenza che possono colpire i medici è usato
nel cinema soprattutto nei gialli e nei noir. Una pregevole, molto poetica eccezione,
è costituito dal film “Le regole della Casa del Sidro” in cui uno straordinario
Michael Caine inala etere (sino a morire per questa dipendenza) per sopportare
la mediocrità e la cattiveria del mondo agricolo americano degli anni ’40 che vive
intorno all’orfanatrofio dove egli svolge assistenza sanitaria.
Un progetto di aiuto per vincere
dolore, solitudine e stigma
Mario Nejrotti
Una recente inchiesta apparsa su “Student BMJ” e consultabile in rete su
www.student.bmj.com, (accedi dal Qr a lato) mostra che il 30% degli studenti in medicina
del Regno Unito, soffre o ha sofferto di problemi legati alla salute mentale con prevalenza
di sintomi depressivi, tanto che il 15% ha pensato almeno una volta a suicidarsi.
Inoltre l’80% di questi soggetti patologici non ha trovato nell’ambito universitario alcun
aiuto al proprio disagio.
Questo può aver contribuito a far sì che, sempre in questo gruppo, il 25% ha iniziato a
bere, ubriacandosi almeno una volta alla settimana.
Questa percentuale è molto più elevata del dato della popolazione generale in Gran Bretagna dove, nella fascia di età tra i 16 e i 24 anni, è “solo” del 18%.
Ancora, 1 su 10 ha assunto droghe almeno una volta; l’8% ha preso sostanze per migliorare il proprio rendimento e poter superare gli esami.
Al di là dei numeri e del paragone difficile tra culture simili, ma profondamente diverse
per tradizioni e motivazioni sociali, evidentemente lo stress legato alla professione medica
si manifesta nei soggetti più vulnerabili fin dal primo approccio con la nuova esperienza.
In Italia i dati sull’argomento sono sporadici o mancano completamente. Ma indubbiamente la mole di lavoro e studio a cui sono sottoposti i futuri medici, accompagnata da un
impatto spesso non guidato con l’universo dei malati e delle malattie, oltre agli abbandoni,
può gettare i semi di futuri disagi e patologie che si riscontrano al momento dello svolgimento quotidiano della professione.
38
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La continua
richiesta di
salute e di
immediato
miglioramento
può minare
anche
entusiasmi
genuini e
profondi,
generando
un senso di
inadeguatezza
e disillusione
e indurre alla
ricerca di
un sostegno
autogestito,
affidato a
vari tipi di
dipendenza.
La conoscenza del problema è ostacolata prima di tutto dalla sua non accettazione sociale
e professionale che non vuole vedere la figura del medico in una prospettiva più umana e
quindi imperfetta superando stereotipi letterari e culturali.
Questo atteggiamento comune è certamente legato alla paura di dover ammettere che si
affida la propria salute a esseri umani, che sono certamente perfettibili, ma anche inevitabilmente fallibili.
Un incontro sull’argomento del settembre 2009 recitava nell’efficace titolo: “Ardere non
bruciarsi! Dalla motivazione alla patologia nelle professioni sanitarie”.
La motivazione appunto è un fattore importante da analizzare per comprendere il problema di chi tra i medici in attività soffre di disagi e dipendenze di vario tipo.
La pressione combinata della motivazione personale, con la richiesta forte e spesso autoritaria della società nei confronti del medico, può far avvertire, al di là delle buone intenzioni,
l’inadeguatezza di una scelta e il fraintendimento delle aspettative personali e dei pazienti.
La continua richiesta di salute e di immediato miglioramento conseguente alle performance professionali può minare anche entusiasmi genuini e profondi, generando un senso di
inadeguatezza e disillusione che può indurre alla ricerca di un sostegno autogestito, affidato a vari tipi di dipendenza.
Dell’argomento ci siamo occupati con due articoli pubblicati sul nostro portale www.torinomedica.org che mostrano da un lato come “La fatica del medico” … “è un rischio per il
paziente” e dall’altro come “Lo stress medico” possa portare a “dipendenza da sostanze”.
Il primo passo per poter affrontare, senza colpevolizzazioni preconcette, questo problema
è superare il “fastidio” ad ammettere da parte della società, del corpus professionale e
accademico che un medico può essere debole e malato proprio a causa della “medicina”,
che non è solo la professione “più bella”, ma è anche quella che quotidianamente obbliga
il professionista a combattere da solo con le paure fondamentali, e faticosamente rimosse,
dell’umanità: la malattia, la morte, l’annullamento dell’individuo.
E chi non ce la fa non deve finire sui giornali come un debole, un depravato, un colpevole,
ma deve essere aiutato dalla società a recuperare se stesso e il proprio equilibrio o a intraprendere un percorso che lo porti a ruoli diversi nell’ambito sanitario.
Il nostro Ordine già da anni ha presente la problematica del disagio medico nella sua globalità e in diverse occasioni se ne è occupato.
Ora con l’adesione come committente, insieme alla Regione Piemonte, del Progetto Helper,
“Medici che curano i Medici” che è un programma terapeutico completo specifico per i
professionisti, si pone come interlocutore istituzionale di numerosi e autorevoli soggetti
proponenti di Torino.
Questa presenza è importante perché è un concreto tentativo di conoscere e affrontare
all’interno della professione questo pericoloso disagio, garantendo ai medici comprensione
e appoggio per superare la solitudine e facilitarne la richiesta di aiuto.
Gli articoli seguenti iniziano il percorso di informazione alla categoria sul progetto Helper,
uno degli impegni programmatici che il nostro Ordine ha assunto nei confronti dei partner.
Oltre all’informazione sarà messa a disposizione la sede con i suoi locali attrezzati per la
formazione dei Colleghi sul problema, per conferenze stampa e incontri con il pubblico.
Inoltre, attraverso l’individuazione di Colleghi esperti anche nello stesso Consiglio, partecipa alla realizzazione di percorsi diagnostico terapeutici per l’individuazione e il trattamento
delle dipendenze nei medici, soprattutto come sostegno e contrasto alla loro emarginazione.
OTTOBRE 2015
39
il dedalo
Progetto HELPER: il ruolo di OMCeO
Tiziana Borsatti
Progetto HELPER: il ruolo della
Regione Piemonte
Consigliera OMCeO di Torino
Referente dell’OMCeO di Torino per il Progetto “Helper”
Il medico è il garante dei successi della Medicina ed è la ruota di un ingranaggio enorme ed
incontrollabile di budget, burocrazia, domande illusorie, desideri scambiati per bisogni, di una
sanità in continua trasformazione.
I carichi di lavoro sempre più importanti, il rischio professionale con le richieste di risarcimento
e le pendenze legali sempre più frequenti, le onerose coperture assicurative, il confronto con
la sofferenza e la morte possono deteriorare e inaridire la sensibilità ed i valori che stanno alla
base della scelta professionale e trasformare in negativo la vita.
La professione medica fa parte, come altre (infermieri, psicologi, insegnanti, sacerdoti...) di
professionalità di aiuto (helping professional) e come tali sottoposte a particolare stress in cui
il carico emotivo, rapportato alla tipologia dell’utenza, appare più rilevante rispetto ad altre.
La letteratura scientifica, soprattutto nordamericana, ci offre una casistica considerevole sui
gravi problemi emozionali con diretta correlazione con il numero dei suicidi (percentuale più
che doppia rispetto alla popolazione generale, con incidenza femminile di quattro volte superiore), la depressione, il divorzio, l’abuso di alcool, di droghe, la dipendenza dal gioco... I disturbi del comportamento sono riconosciuti come malattia dalla comunità medico-scientifica
internazionale.
Da studi intrapresi in America (prof. Talbott), in Catalogna (Progetto Paime) e, con maggior
difficoltà, in Italia (Dianova International) emerge che il 10% - 12% dei medici soffre di dipendenze con aumento della malpractice, della conflittualità all’interno delle équipe di lavoro, di
mobbing, di misure punitive. In Italia il 12% dei medici dipendenti significherebbe all’incirca
43.000 casi. Il medico malato si automedica, non osa rivolgersi alle strutture pubbliche per la
paura di essere riconosciuto, giudicato, di perdere il lavoro. Diventa quindi indispensabile per il
nostro Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri farsi promotore con la Regione del “Progetto
Helper”: un programma terapeutico ambulatoriale o semiresidenziale o residenziale specifico
per il medico.
È un progetto che ne tutela in assoluto la privacy e salvaguarda la sua reputazione. Lontano
dalle comunità terapeutiche, in una villa messa a disposizione in comodato d’uso dalla Città
della Salute e della Scienza di Torino, ristrutturata prima dello start-up con cofinanziamento
del Centro Torinese di Solidarietà.
Il Progetto Helper, oltre a realizzare un percorso completo di riabilitazione, di cura e di reinserimento del personale medico-sanitario affetto da dipendenze, si propone anche di diffondere
una cultura di prevenzione del disagio legato alla professione, di sensibilizzare il personale
sanitario con corsi formativi, le istituzioni e le Aziende sanitarie; ed inoltre di realizzare un
programma di sostegno, di aiuto e di accompagnamento per i familiari. Questa iniziativa
è maturata su un territorio in grado di esprimere negli ultimi quindici anni una ricchezza di
esperienze in ambito pratico, scientifico, clinico ed assistenziale che ha visto sapientemente
integrarsi tra loro vari attori:
•
Centro di Formazione A. Schweitzer (C.F.S.)
•
Associazione per la difesa del medico (Adimed)
•
Centro Torinese di Solidarietà (C.T.S)
•
in collaborazione con la Città della Salute e della Scienza di Torino,
•
l’Azienda Ospedaliera Universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano,
•
l’Agenzia Regionale dei Servizi Sociali della Regione Piemonte e
•
l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Torino.
40
OTTOBRE 2015
Gaetano Manna
Funzionario Programmazione Sanitaria
Assessorato Sanità Regione Piemonte
Dai dati
dell’Ordine
dei Medici di
Barcellona
(Programma di
Assistenza per
Medici Malati):
il 12% di
30.000 medici
della regione
durante la vita
professionale
soffre di
patologia
psichiatrica
e/o di
dipendenza.
In Italia il 12%
di 370.000
medici
corrisponderebbe a circa
44.000 casi.
Già all’interno del Piano Socio Sanitario 2012-2015 della Regione Piemonte si individuano
fra i “Maggiori Problemi di Salute” le Dipendenze patologiche e la Salute mentale.
Depressione e schizofrenia, insieme al disturbo da abuso di alcol, sono le patologie a maggior impatto, a livello mondiale, sul piano del “Global Burden of Disease” in termini di
mortalità e anni vissuti con disabilità. Questo è ancora più evidente se si restringe l’analisi
all’Europa.
GLI OPERATORI SANITARI COME SOGGETTI A RISCHIO PER LE DIPENDENZE
Soprattutto nell’ultimo decennio, numerosi studi hanno sottolineato la significativa associazione tra abuso di sostanze e disturbi psichici. Si tratta di quadri caratterizzati, dal punto
di vista clinico, da una più grave sintomatologia all’esordio, un decorso più grave, un più
frequente ricorso ai servizi, ma con un’elevata problematicità nell’adesione e nella risposta
ai trattamenti e conseguenti maggiori costi assistenziali.
È opinione comune pensare che le popolazioni più vulnerabili a questo tipo di patologie
siano quelle adolescenziali e giovanili da un lato o quelle costituite da soggetti svantaggiati
caratterizzati da deprivazione di carattere relazionale e socio-culturale o che abbiano avuto
percorsi biografici particolarmente critici o che siano stati oggetto di eventi traumatici. In
realtà, all’interno della più generale configurazione del fenomeno, è importante rilevare
come tale problematica si profila con un certo rilievo nella popolazione costituita da operatori sanitari.
Infatti, dai dati della letteratura scientifica, soprattutto nordamericana, si evince che patologie di tipo psichiatrico e/o di dipendenza sono significativamente più frequenti nei sanitari
rispetto ad altre professioni. Peraltro questi professionisti hanno spesso difficoltà a rivolgersi
ai servizi all’esordio della malattia per scarsa o tardiva consapevolezza del problema, per il
timore di essere riconosciuti e di incorrere in ripercussioni lavorative e intraprendono, non
raramente, il cammino dell’automedicazione che può condizionare negativamente l’evoluzione clinica.
Dal punto di vista epidemiologico in Italia non si dispone di dati specifici su questo tipo di
problema. L’Ordine dei Medici di Barcellona, dove è attivo il Programma di Assistenza per
Medici Malati (PAIME), considera che il 12% dei circa 30.000 medici della regione, durante
la vita professionale, soffre di questo tipo di malattie. In Italia, dove i medici sono circa
370.000, il 12% corrisponderebbe a circa quarantaquattromila casi.
A partire dal 1960 si sono sviluppati diversi fenomeni complementari: da un lato la comunità medico-scientifica internazionale ha riconosciuto che i disturbi comportamentali
e le dipendenze patologiche sono un disturbo complesso, superando, almeno sul piano
tecnico, la concezione della dipendenza come vizio o deficienza morale, dall’altro si sono
sviluppati diversi tipi di terapie che hanno dimostrato la loro efficacia. Tali cambiamenti si
inquadrano nel progressivo cambiamento di atteggiamento e di approccio nei confronti di
gran parte delle malattie psichiatriche e dei disturbi del comportamento. L’approccio di cui
sopra si basa sulla diagnosi il più precoce possibile dei problemi e sul loro trattamento con
strategie di carattere riabilitativo. u
OTTOBRE 2015
41
il dedalo
Questo approccio offre importanti vantaggi in quanto permette benefici per entrambe
le parti: la diagnosi precoce dei problemi fa sì che i costi personali, sociali ed economici
generati da queste problematiche si riducano e si faciliti pertanto il loro recupero. Paradossalmente, in questo processo di cambiamento, i medici rimangono penalizzati rispetto agli
altri cittadini. Se non vengono affrontati con impegno ed elevata competenza i problemi
che questi professionisti generano o potrebbero generare nell’esercizio della medicina sono
evidenti: tra gli altri, il rischio diretto per la popolazione che curano e un incremento del
contenzioso.
Per quanto sopra sinteticamente riportato, il “Progetto Helper” si rivolge innanzitutto al
personale medico e sanitario affetto dalle patologie sopra menzionate, offrendo altresì uno
specifico percorso di sostegno sia ai famigliari che alle persone significative per il paziente.
Dal punto di vista normativo, con la D.G.R. n. 27-4183 del 23.07.12 è stato approvato il
Piano di Azione Regionale delle Dipendenze (P.A.R.D.) (accedi dal Qr a lato) che mette in
risalto l’importanza acquisita nella nostra Regione a favore di strategie a carattere riabilitativo anziché repressivo-punitive.
IL RUOLO GUIDA DEL PIEMONTE
La Regione Piemonte è l’unica realtà a livello nazionale ad avere approvato un progetto specifico come questo e si impegna a creare quelle condizioni e sinergie con le altre istituzioni
nazionali (Dipartimento Politiche Antidroga, Ministero Salute) in grado di accompagnare e
sostenere questo progetto, così importante ed innovativo.
A livello regionale sono state formalmente avviate quelle azioni affinché gli operatori dei
servizi specialistici possano iniziare a fornire il loro fondamentale supporto di consulenza
specialistica, formazione ed informazione perché siamo consapevoli che questa iniziativa
potrà fornire importanti risposte terapeutico-assistenziali, colmando un vuoto non più giustificabile.
Da questo punto di vista è fondamentale raccogliere dei finanziamenti atti a garantire la
fase di avvio delle attività, fase tra le più importanti e delicate, ma che ci permetterà di poter
finalmente realizzare questo straordinario progetto.
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OTTOBRE 2015
Medico cura te stesso
Tu solo puoi farlo, ma non da solo
Don Paolo Fini
Presidente Centro Torinese di Solidarietà
Vice Presidente del Comitato Etico dell’Ospedale S. Luigi Gonzaga Orbassano (TO )
Il ricorso alle cure di fronte al problema delle malattie richiede l’azione di un insieme di fattori personali, sociali, culturali, economici, scientifici e psicologici. La consapevolezza e l’accettazione della situazione, del tempo
e dell’evento malattia hanno un posto importante nella
vita degli esseri umani e tutto ciò interagisce con la vita
personale, sociale, affettiva, lavorativa e professionale.
Nell’ambito del lavoro e dei lavoratori la situazione dei
medici e dei professionisti dell’area sanitaria presenta specificità interessanti ma anche problematiche. Si
pensa, spesso a torto, che medici e infermieri siano capaci di mantenere la propria salute, di prevenire e curare efficacemente le malattie che possono affliggerli,
di praticare stili e regimi di vita in grado di farli stare
bene, di svolgere lavori talmente gratificanti e di “ potere”, in grado quasi da renderli immuni dalle malattie.
Ma soprattutto si ritiene, sbagliando, che il personale
sanitario possa avere un accesso alle cure tempestivo,
efficace, consapevole, in modo tale da mantenere o
ricuperare velocemente la salute: nella peggiore delle
ipotesi almeno quanto i malati che si rivolgono a loro.
In realtà le cose stanno diversamente soprattutto quando i medici e gli altri professionisti dell’area sanitaria
devono fare i conti con la malattia psichica, la fragilità
della loro risposta alle difficoltà della vita personale, sociale e lavorativa. Anche i curatori si ammalano! Vanno
ricordati i molti fattori che incidono sulla salute psicofisica dei medici e dei lavoratori dell’area sanitaria tra i
quali il dispendio enorme di energie psicofisiche nello
stare tutti i giorni a contatto con la sofferenza, la malattia e la morte, il ricorso frustrante alla medicina difensiva e il vedere il paziente come una possibile controparte
in tribunale. A questo occorre aggiungere la frequente
precarietà lavorativa, i turni di lavoro stressanti, le delusioni che si presentano a fronte di molte illusioni sul
tipo di lavoro immaginato e nella realtà svolto; sono
tutte situazioni di disagio che giorno dopo giorno possono far inaridire le motivazioni originarie della scelta
professionale sino a portare alla perdita di significato
della scelta di fare il lavoro del medico. Queste e altre situazioni difficili possono ovviamente incidere sulla
qualità di vita, di relazione e di lavoro.
La risposta a queste problematiche può non essere
adeguata: anzi, può essere molto disfunzionale fino
a sviluppare atteggiamenti e comportamenti non utili
a produrre cura, salute, ripresa, sufficiente compensazione, contribuendo ad alimentare invece un senso
profondo di malessere, di solitudine, di falsa autosufficienza, di isolamento che si evidenzia attraverso difficoltà relazionali, affettive e lavorative che possono
tradursi in sindrome del burnout: cioè l’esaurimento
psico-emozionale (un insieme di sintomi psicofisici che
caratterizza una sindrome tipica delle professioni di aiuto alla persona) che induce a comportamenti di abuso e
dipendenza patologici da sostanze stupefacenti, alcool,
gioco d’azzardo o altre dipendenze problematiche .
Una risposta innovativa e possibile al disagio, alla solitudine e allo stigma
A fronte di queste problematiche spesso c’è un ritardo
nella diagnosi motivato in vari modi: come la credenza che conoscere ed essere del mestiere protegga dalle
conseguenze e il dirsi di essere in grado di risolvere problemi da solo. In altre situazioni hanno effetto negativo
la paura delle conseguenze sul piano della reputazione
con i colleghi o con i pazienti, la negazione, a scopo
difensivo, della realtà, la sottovalutazione continua
dell’entità del problema. Proprio per tutti questi motivi
è sempre più urgente la necessità di creare programmi
di prevenzione sostegno e cura per far fronte alle varie
forme di dipendenza patologica e per le situazioni di
esaurimento psico-emozionale specifiche per il personale medico e sanitario in genere.
Esistono nel mondo esperienze ormai accreditate e riconosciute che sono al servizio dei medici per la cura
delle patologie qui descritte. Le buone notizie sono che
il trattamento di questi disturbi produce effetti positivi
sul piano personale, familiare e lavorativo permettendo
nella assoluta tutela della privacy, la continuazione o la
ripresa del lavoro migliorando notevolmente le condizioni di salute e di vita delle persone.
Il “Progetto Helper” è una proposta di trattamento e
cura dei disturbi psichici, psico-emozionali e di varie dipendenze patologiche che si rivolge specificamente a
coloro che svolgono la professione medica.
La sua attuazione, come primo progetto italiano in questo campo d’intervento e come secondo a livello europeo, è un segno di vitalità e civiltà nonché di illuminata
sensibilità.
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il dedalo
Medicinali cannabinoidi:
la legislazione vigente
Prof.ssa Paola Brusa
Università degli Studi di Torino
Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco
Il DM 18 aprile 2007, avente come oggetto l’aggiornamento ed il completamento delle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, ha stabilito l’inserimento
nella tabella Medicinali sezione B di cui al DPR 309/90
ed s.m.i. delle seguenti sostanze: il delta-9-tetraidrocannabinolo, il trans-delta-9-tetraidrocannabinolo (dronabinol) e il nabilone. Inoltre il DM 23 gennaio 2013
ha disposto l’inclusione di medicinali di origine vegetale
a base di Cannabis (sostanze e preparazioni vegetali,
inclusi estratti e tinture) nella sezione B.
Dunque il medico può prescrivere Cannabis e derivati,
ma il loro utilizzo è ancora particolarmente difficoltoso
dalla quasi totale assenza sul mercato italiano di prodotti registrati e materie prime.
sativa, il prodotto è immesso sul mercato sotto il
nome di: Cannabis Flos var. Bedrobinol®
• Bediol®: il prodotto è commercializzato in forma
granulare, ciòè i fiori essiccati vengono triturati per
ottenere particelle aventi una dimensione di 5 millimetri. È titolato al 6% in THC e 8% in CBD, per la
preparazione è utilizzata Cannabis sativa, il prodotto è immesso sul mercato sotto il nome di Cannabis
Flos var. Bediol® granuli.
• Bedica®: il prodotto è commercializzato in forma
granulare. È titolato al 14% in THC e <1% in CBD,
per la preparazione è utilizzata Cannabis indica, il
prodotto è immesso sul mercato sotto il nome di:
Cannabis Flos var. Bedica®.
ESISTE LA LEGGE NON I FARMACI CANNABINOIDI
Come richiedere farmaci cannabinoidi dall’estero
Tali prodotti possono essere utilizzati sul territorio italiano richiedendone direttamente l’importazione, in base
a quanto previsto dal DM 11 febbraio 1997 (opzione
1), oppure acquistandoli tramite alcune aziende del territorio nazionale che recentemente sono state autorizzate al commercio all’ingrosso di preparazioni vegetali
a base di Cannabis (opzione 2).
Ad oggi in Italia un solo prodotto, il Sativex ha ottenuto l’AIC ma è stato inserito in Classe H e dunque
è disponibile solo presso gli ospedali. Il medicinale in
questione è a base di due estratti di Cannabis sativa (foglie e fiori) contenenti cannabidiolo (CBD) e delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) ed è inserito nella sezione B.
Il prodotto viene utilizzato per il trattamento specifico
della spasticità da moderata a grave in pazienti affetti
da sclerosi multipla che non hanno risposto adeguatamente al trattamento con altri medicinali.
Per tutti gli altri prodotti a base di Cannabis e derivati,
in commercio in altri Stati ma per cui in Italia non sia
stata rilasciata l’AIC, è necessario ricorrere all’importazione dall’estero.
®
Ad oggi i prodotti disponibili nei diversi Paesi esteri sono:
• Bedrocan®: il prodotto è sotto forma di infiorescenze
essiccate. È titolato al 22% in THC e <1% in CBD,
per la preparazione è utilizzata Cannabis sativa, il
prodotto è immesso sul mercato sotto il nome di:
Cannabis Flos var. Bedrocan®.
• Bedrobinol®: il prodotto è sotto forma di infiorescenze essiccate. È titolato al 13,5% in THC e < 1%
in CBD, per la preparazione è utilizzata Cannabis
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OTTOBRE 2015
Opzione 1
L’importazione può essere richiesta all’Ufficio Centrale
Stupefacenti del Ministero della salute, seguendo l’iter
previsto nel DM 11 febbraio 1997 tramite il “modello di
richiesta di permesso di importazione di medicinali stupefacenti non registrati in Italia o carenti sul mercato nazionale”.
La richiesta da parte del medico curante deve essere effettuata tramite un apposito modulo pubblicato sul sito
internet del Ministero della Salute1 e deve contenere:
• generalità professionali del medico;
• denominazione della struttura sanitaria richiedente;
• denominazione ed indirizzo della ditta estera presso
la quale il medicinale è acquistato;
1 http://www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_8_0.jsp?ling
ua=italiano&label=servizionline&idMat=STP&idAmb=IMP&id
Srv=NR1&flag=P
• dogana d’ingresso del medicinale nel territorio nazionale;
• denominazione del medicinale, posologia, indicazione terapeutica, principio attivo e quantitativo di cui
si chiede l’importazione nel territorio nazionale, con
la precisazione che lo stesso corrisponde a un trattamento terapeutico non superiore a novanta giorni
(non più a trenta giorni ai sensi della modifica apportata dal Decreto Ministeriale del 20 aprile 2005).
• esigenze particolari che giustificano il ricorso al medicinale non autorizzato, in mancanza di valida alternativa terapeutica;
• consenso informato del paziente a essere sottoposto
a tale terapia;
• dichiarazione di utilizzazione del medicinale sotto la
propria diretta responsabilità.
Benché sia possibile ricorrere all’importazione di prodotti a base di Cannabis registrati all’estero, le problematiche sono molte: le tempistiche di espletazione
delle pratiche sono notevoli ed i costi di acquisto ed
importazione sono elevati (circa 8,00 € al grammo +
250,00 € di spese di consegna2).
Opzione 2
Recentemente alcuni produttori e distributori italiani
di materie prime ad uso farmaceutico sono stati autorizzata dall’Ufficio centrale Stupefacenti del Ministero
della Salute al commercio all’ingrosso di preparazioni
vegetali a base di Cannabis: il farmacista dunque potrà rifornirsi di tali preparati dalle aziende in questione
tramite buono acquisto senza dover espletare in prima
persona le pratiche relative all’importazione di cui al
DM 11 febbraio 1997. Il costo delle materie prime è di
circa 75,00 €+IVA per l’acquisto di 5 g.
Attualmente l’acquisto dei medicinali registrati all’estero non deve essere imputato a fondi pubblici, tranne il
caso in cui l’acquisto medesimo venga richiesto da una
struttura ospedaliera per l’impiego in ambito ospedaliero (Decreto 16 novembre 2007, GU 30/11/2007).
In tale contesto, recentemente, la Regione Piemonte ha
approvato la legge regionale 15 giugno 2015, n. 11
“Uso terapeutico della canapa. Disposizioni in materia
di utilizzo di farmaci cannabinoidi per finalità terapeutiche e promozione della ricerca e di azioni sperimentali
prodromiche alla produzione da parte di soggetti autorizzati”, pubblicata sul BU n. 24 18/06/2015. La norma
in questione prevede, rispetto alla normativa nazionale,
che quando la terapia a base di medicinali cannabinoidi
e preparazioni galeniche magistrali avviene in ambito
domiciliare, la spesa per tale terapia è a carico del servizio sanitario regionale. La norma prevede inoltre che
2 http://www.fofi.it/ordinept/doc/documento8067795.pdf
la Giunta regionale, entro tre mesi dall’entrata in vigore
della presente legge, verifica la possibilità di centralizzare acquisti, stoccaggio e distribuzione alle farmacie
ospedaliere abilitate, avvalendosi di strutture regionali.
La possibilità di centralizzare gli acquisti e la rimborsabilità delle prescrizioni spedite presso le farmacie territoriali comporterà notevoli agevolazioni economiche
sia in quanto alla spesa pubblica sia per il cittadino che
potrà accedere gratuitamente ai trattamenti prescritti
anche sul territorio.
Allestimento di preparazioni galeniche: modalità
prescrittive e formalismi del farmacista
Considerato quanto inserito nella sezione B, possono
essere allestite preparazioni magistrali a base di Cannabis e derivati dietro presentazione di prescrizione medica non ripetibile (validità 30 giorni).
Non essendo, ad oggi, disponibili in Italia materie prime
autorizzate, poiché lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, autorizzato alla produzione dal
Ministero della Salute a settembre 2014, non ha ancora reso disponibile i prodotti, le uniche materie prime
che possono essere impiegate per l’allestimento di tali
preparazioni sono Bedrocan®, Bediol®, Bedrobinol® e
Bedica®. Questi, come sopra riportato, possono essere
importati direttamente dall’estero oppure acquistati dal
farmacista presso le aziende autorizzate tramite buono
acquisto.
Indipendentemente dalla fonte di approvvigionamento,
essendo Cannabis e derivati inseriti nella sezione B, ogni
movimentazione dei prodotti di cui sopra deve essere
registrata sul registro entrata-uscita degli stupefacenti e
la relativa documentazione deve essere conservata per
due anni dalla data dell’ultima trascrizione.
Inoltre, essendo i prodotti importati dall’estero sprovvisti di
AIC e dunque senza indicazioni terapeutiche approvate in
Italia, per la prescrizione di preparazioni magistrali a base
di tali sostanze vegetali devono essere applicate le disposizioni di cui alla L 94/98. In particolare:
• il medico deve ottenere il consenso del paziente al
trattamento e specificare nella ricetta le esigenze
particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione
estemporanea;
• nella ricetta il medico dovrà trascrivere, senza riportare le generalità del paziente, un riferimento numerico o alfanumerico di collegamento a dati d’archivio
in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta
da parte dell’autorità sanitaria, di risalire all’identità
del paziente trattato;
• le ricette devono essere trasmesse mensilmente dal
farmacista all’ASL o all’Azienda ospedaliera, che le
inoltrano al Ministero della Salute per le opportune
verifiche.
OTTOBRE 2015
45
lo stetoscopio
La sorveglianza
epidemiologica dell’influenza
Diagnostica di laboratorio dei virus a potenziale pandemico
Elisa Burdino, Maria Grazia Milia e Valeria Ghisetti
S.C. Laboratorio di Microbiologia e Virologia Ospedale Amedeo di Savoia,
ASLTO2, Torino
Donatella Tiberti, Lorenza Ferrara e Vittorio Demicheli
SeREMI - Servizio Riferimento Regionale Epidemiologia Malattie Infettive
ASL AL, Alessandria
L’influenza è una malattia infettiva causata da virus a RNA appartenenti al genere Orthomyxovirus della famiglia Orthomyxoviridae.
Sono noti tre tipi di virus influenzali: A, B, e C. Il virus dell’Influenza A provoca epidemie
e pandemie, infettando l’uomo e diverse specie animali, i virus dell’Influenza B e C infettano l’uomo e provocano piccoli focolai. I virus A sono classificati in sottotipi sulla base
delle glicoproteine di superficie Emoagglutinina (HA, 18 sottotipi) e Neuraminidasi (NA,
11 sottotipi). HA permette al virus di legarsi a livello di particolari recettori, sulla superficie delle cellule che rivestono gli epiteli prevalentemente delle alte vie respiratorie; la
proteina N determina il rilascio del virus dalle cellule infettate. I virus dell’influenza hanno
marcata variabilità genetica che si manifesta con mutazioni nelle proteine HA e NA grazie
a cui viene aggirata la barriera difensiva del sistema immunitario.
La variabilità genetica dei virus dell’influenza si realizza con due meccanismi distinti: a)
deriva antigenica o “antigenic drift”, rappresentata da mutazioni puntiformi che avvengono nell’ambito dello stesso sottotipo virale, responsabile delle epidemie stagionali,
dovute al poco efficiente riconoscimento immunologico delle nuove varianti nella maggior parte della popolazione, e b) cambiamenti di maggiore entità (“antigenic shift”) che
comportano alterazioni di HA e NA conseguenti a fenomeni di ricombinazione genica tra
virus umani e animali (aviari o suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani
all’uomo. Tale fenomeno coinvolge solo i virus A e porta alla comparsa di nuovi ceppi
virali. In una popolazione che non ha mai incontrato i nuovi virus, possono verificarsi
epidemie su larga scala e pandemie.
EPIDEMIE E PANDEMIE: LA RETE DI SORVEGLIANZA
La circolazione virale è seguita nei due emisferi e nelle stagioni epidemiche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) che fornisce le indicazioni per la formulazione del
vaccino stagionale. Nella stagione 2014-15 sono stati vaccinati circa 600.000 piemontesi. Oltre il 90% delle vaccinazioni sono state effettuate dai Medici di Medicina Generale
e dai Pediatri di Famiglia. La copertura vaccinale nella popolazione anziana è cresciuta
significativamente dal 1999 alla stagione 2008-09 (61%), senza mai raggiungere l’obiettivo minimo del 75% raccomandato a livello nazionale, ha subito una flessione negli
ultimi anni e, nella campagna di vaccinazione 2014-15, è stata pari al 47%. Anche la
copertura delle persone a rischio con meno di 65 anni è in diminuzione negli ultimi anni
(dati Sorveglianza PASSI).
46
OTTOBRE 2015
Stagione
2014-15:
613mila
persone con
una sindrome
influenzale
14 casi
per 1000
assistiti tasso
di incidenza
cumulativa.
Intensità
massima
febbraio
con incidenza
di 14‰.
Età pediatrica
(0-14 anni):
l’incidenza
massima
= 30.7‰
nella 4°
settimana
del 2015
La sorveglianza dell’influenza rientra in quella delle cosiddette “sindromi influenzali”,
così definite perché virus diversi provocano sintomi simili per cui è necessaria la conferma
di laboratorio per definire un caso di influenza. Le sindromi influenzali sono sorvegliate in
Piemonte da un sistema integrato di sorveglianza che stima il numero di casi e la distribuzione per fasce d’età (Influnet), rilevando anche i passaggi in Pronto Soccorso, i ricoveri
ospedalieri e i casi gravi ricoverati in terapia intensiva. Attraverso la sorveglianza Influnet,
nella stagione 2014-15 è stato stimato che circa 613mila persone abbiano presentato
una sindrome influenzale (tasso di incidenza cumulativa: 14 casi per 1000 assistiti). La
curva epidemica ha raggiunto l’intensità massima all’inizio di febbraio con un’incidenza
di 14‰. L’età pediatrica (0-14 anni) è come al solito la più colpita: l’incidenza massima
è stata di 30.7‰ nella quarta settimana del 2015, per la fascia 15-64 anni il valore massimo raggiunto dal tasso di incidenza è stato di 14.8‰ nella sesta settimana del 2015;
nella stessa settimana si è registrata l’incidenza massima per le persone con più di 64
anni (5.3‰). In media ogni settimana, il 7.2% dei passaggi in Pronto Soccorso è stato
attribuito a cause respiratorie simil-influenzali.
IL CENTRO DI RIFERIMENTO REGIONALE PER LA DIAGNOSI E TIPIZZAZIONE DEI
VIRUS INFLUENZALI
Il laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino è il
Centro di Riferimento Regionale per la diagnosi e tipizzazione dei virus influenzali ai sensi
della DGR 11-5524 del 2013. Tale attività viene svolta in collaborazione con il SeREMI
(Servizio di Riferimento Regionale per l’epidemiologia, prevenzione e controllo delle malattie infettive dell’ASL AL) e costituisce la rete di sorveglianza dell’influenza in Piemonte,
che ha il compito di sorvegliare le sindromi influenzali nella stagione epidemica elaborando i dati dai medici sentinella della rete Influnet e i dati virologici forniti dal Laboratorio sulla circolazione virale. Il Laboratorio lavora in stretta collaborazione, inoltre, con il
Centro di Riferimento Nazionale (NIC) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS). Al NIC confluiscono i dati del Piemonte e delle altre regioni per la mappa della situazione nazionale
durante il periodo epidemico. Dal NIC i dati nazionali vengono inviati all’Organizzazione
Mondiale della Sanità che raccoglie i dati di tutti i Paesi europei.
L’emergenza della pandemia influenzale da A/H1N1pdm09 nella stagione 2009-10, ha
richiesto lo sviluppo da parte del Laboratorio di protocolli per la ricerca rapida dei virus
utilizzando tecniche di biologia molecolare, per la tempestiva attuazione di misure volte
al contenimento della diffusione dell’epidemia e alla terapia dei pazienti critici. L’attività
viene svolta per tutti gli ospedali regionali con un servizio di pronta disponibilità H24 e
copertura di week-end e festività. Il Laboratorio partecipa periodicamente a controlli di
qualità nazionali (ISS) e internazionali (QCMD-ENIVD) e lavora in conformità alle norme
di sicurezza ai sensi del Testo Unico 81/2008, disponendo di un livello di biosicurezza di
tipo 3 (BSL3) ove avviene la manipolazione dei campioni respiratori per l’isolamento e la
propagazione del virus in coltura su linee cellulari o nel caso di sospetta influenza aviaria.
DIAGNOSI DI LABORATORIO DEI VIRUS DELL’INFLUENZA
La diagnosi di influenza prevede metodi di isolamento del virus su coltura cellulare e tecniche molecolari per la ricerca del genoma del virus. La coltura su linee cellulari continue
quali la linea MDCK-SIAT1 che sovraesprime il recettore per il virus dell’influenza, svolge
un ruolo determinante per la caratterizzazione antigenica degli isolati virali che sono
inviati all’ISS. L’ISS ha mandato specifico di studiare l’evoluzione antigenica del virus e le
indicazioni che ne derivano sono raccolte periodicamente dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità al fine di emanare raccomandazioni sulla formulazione del vaccino per la
stagione successiva. u
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lo stetoscopio
I saggi molecolari per la ricerca del genoma dei virus influenzali che il Laboratorio dell’Amedeo di Savoia esegue sono i seguenti:
• Test molecolari di primo livello per l’identificazione differenziale del virus influenzale di tipo A e B, disegnati preferenzialmente sul gene della matrice (M) del virus. In
quest’ambito rientrano test molecolari rapidi che assemblano l’estrazione dell’RNA
virale con l’amplificazione genica mediante One-Step-Reverse Transcription RealTime
Polymerase Chain Reaction (PCR) e che sono in grado di rilevare contemporaneamente
la presenza del virus A, B e A/H1N1pmd2009 con un tempo di lavorazione di circa 90
minuti, che assicura la rapidità di identificazione che è richiesta nelle diagnosi differenziali e per i casi gravi..
• Test molecolari di secondo livello utilizzati sui campioni positivi per determinare il
sottotipo di virus A mediante caratterizzazione di HA e NA, includendo anche l’identificazione dell’influenza aviaria H5. Tali test sono rappresentati da saggi di Real-Time PCR
e di sequenziamento e sono allestiti sulla base di protocolli operativi stabiliti da WHO
e dai Centers for Disease Control (CDC). La determinazione della sequenza genica è
il più alto livello di caratterizzazione molecolare del virus. Nel caso della pandemia da
A/H1N1md2009, mutazioni del gene HA a livello del sito di legame con il recettore
cellulare (D222G/N) sono state associate a varianti virali caratterizzate da maggiore
capacità di infettare le basse vie aeree con lo sviluppo di gravi quadri polmonari, talora
richiedenti il ricovero in unità di terapia intensiva per supporto respiratorio di alto livello
(extracorporeal membrane oxygenation o ECMO).
Nella stagione 2009-10 a seguito della pandemia da A/H1N1pdm09, sono pervenuti al
Laboratorio dell’Amedeo di Savoia 1762 campioni dei quali è risultato positivo il 35%.
Nelle stagioni successive fino al 2013-14, a seguito del contenimento dell’epidemia da A/
H1N1pdm09, si è assistito ad una graduale diminuzione dei campioni positivi. Nell’ultima
stagione 2014-15 si è invece registrato una aumento del tasso di positività, dovuto all’aumento della circolazione della variante A/H3N2 A/Switzerland/9715293/2013, diversa dal
ceppo inserito nella componente del vaccino (drift antigenico) e che ha, pertanto, generato
un numero maggiore di casi rispetto agli anni precedenti.
La figura 1 riporta l’andamento dell’epidemia influenzale in Piemonte nella stagione 2014-15.
Figura 1.
Andamento dell’epidemia influenzale in Piemonte nella stagione 2014-15 sulla base dei campioni positivi per i virus
dell’influenza identificati in Laboratorio
La Tabella 1 mostra la prevalenza dei sottotipi virali dei virus dell’influenza cha hanno
circolato in Piemonte a partire dal periodo epidemico 2009-10. La circolazione del ceppo pandemico A/H1N1pdm09 è andata progressivamente declinando, a fronte di un
aumento della circolazione della variante A/H3N2 a partire dal 2013. Da notare la scarsa
circolazione della variante stagionale A/H1N1 e, in generale, del sottotipo B.
Tabella 1.
Prevalenza dei diversi sottotipi di virus influenzali circolanti nelle le stagioni a partire dal 2009-10 fino al 2014-15.
In conclusione, la sorveglianza epidemiologica dell’influenza, l’identificazione di laboratorio dei virus soprattutto nei pazienti gravi che necessitano di ospedalizzazione e la
tipizzazione dei ceppi virali circolanti sono strumenti fondamentali per il controllo e il
contenimento della diffusione di una infezione a potenziale pandemico e per la corretta
formulazione delle preparazioni vaccinali.
Bibliografia
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circulate as dominant subtype. Broberg E, Snacken R, Adlhoch C, Beauté J, Galinska M,
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A(H1N1)pdm09 hemagglutinin D222G and D222N variants are frequently harbored
by patients requiring extracorporeal membrane oxygenation and advanced respiratory assistance for severe A(H1N1)pdm09 infection. Ruggiero T, De Rosa F, Cerutti F,
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Mortal Wkly Rep. 2015 Mar 6;64(8):206-12.
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rubriche
Pianeta solidarietà
a cura di nicola ferraro
MMG SANS FRONTIÈRES
turale spendibile anche nella nostra realtà. Da ultimo,
non bisogna dimenticare anche la possibilità di un confronto tra sanitari che permetterà una crescita bivalente
e fruttuosa.
Marilena Bertini
MODALITÀ ATTUAZIONE PROGETTO
Presidente CCM Comitato Collaborazione Medica
Questo è il nome di un progetto di collaborazione tra Medici di Medicina Generale
in formazione e strutture sanitarie di paesi a basso reddito.
Nel 2014 un gruppo di giovani specializzandi in medicina di famiglia ed il CCM
hanno deciso di presentare, alla scuola di formazione dei Medici di Medicina
Generale, un progetto che consentisse agli specializzandi in MMG di frequentare
un periodo del tirocinio formativo in un paese a basso reddito.
Il Comitato Tecnico Scientifico del Corso di Formazione ha approvato il nostro
progetto, consentendo a tre specializzandi di svolgere un mese del proprio tirocinio
in un PVS, in un progetto realizzato dal CCM (Comitato Collaborazione Medica).
La FNOMCeO nel maggio 2014 ha emesso il bando per il sostegno ad iniziative per
la formazione e l’aggiornamento di medici e odontoiatri da inviare nei paesi in via
di sviluppo in paesi a basso reddito. (http://www.fnomceo.it.)
Il CCM ha presentato la proposta descritta qui di seguito alla FNOMCeO, che l’ha
ritenuta valida e l’ha finanziata.
DESCRIZIONE DEL PROGETTO
L’attività del medico di famiglia ha subito negli anni un
cambiamento radicale: da medico condotto di paese a
medico di medicina generale, inteso come fulcro sanitario ed economico di un sistema di salute diventato nazionale in quanto omogeneo e riproducibile in tutte le
realtà del territorio. Insieme ad essa, stanno cambiando
anche le esigenze della popolazione, a causa di molteplici fattori tra cui l’eterogeneità, la multietnicità e la
multiculturalità della società.
Le società occidentali si stanno modificando rapidamente: se da una parte si assiste ad un progressivo
aumento della popolazione anziana e ad una riduzione delle nascite, dall’altra si osserva un incremento dei
flussi migratori da Paesi extraeuropei. L’arrivo di persone giovani consente di mantenere in sostanziale parità il bilancio demografico di molti Paesi come l’Italia.
Questi nuovi arrivi presentano frequentemente bisogni
diversi da quelli della società in cui si inseriscono e che
contribuiscono a modificare. In conseguenza di ciò, anche da parte del sistema sanitario, si deve determinare
una capacità di risposta a queste nuove richieste. Nello stesso tempo, è ormai radicata nel tessuto medico
di questo paese la necessità di adeguare il lavoro del
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MMG a questi bisogni. A tale scopo, molti medici di
famiglia si sono attivati nella frequenza volontaria di
corsi di formazione e aggiornamento tenuti da varie
organizzazioni ed istituzioni, oltre che a seguire periodi
di volontariato in PVS.
Questo progetto mira ad arricchire il corso di formazione mediante l’approfondimento di tematiche cliniche
di medicina tropicale e di problematiche socio-culturali
e inoltre a consentire ai medici in formazione di svolgere un periodo di attività in PVS (Paesi in Via di Sviluppo).
Il corso di formazione in Medicina Generale, attualmente articolato in tre anni, prevede la frequenza di
ambulatori ospedalieri e territoriali nell’area medica,
chirurgica, dei servizi e della medicina di famiglia.
Obiettivi di questo progetto sono l’acquisizione di strumenti e competenze che rendano un sanitario in grado
di confrontarsi con realtà socio-culturali differenti dalla propria e la promozione della salute globale, intesa
come capacità di gestire un problema di salute in qualunque contesto esso si presenti. Il raggiungimento di
questi obiettivi consentirà ai medici, contestualmente
alla conoscenza di una realtà differente, di conquistare
una crescita personale. Tale crescita, oltre ad occasione
di arricchimento individuale, costituirà un bagaglio cul-
Aspetto formativo
Nel corso di formazione in Medicina Generale sono già
previste lezioni frontali obbligatorie che trattano tematiche di medicina tropicale e malattie infettive (es. Malaria, Tubercolosi, HIV, Lue…). Queste lezioni sono tenute
sia da specialisti che da medici di Medicina Generale.
Questo progetto si propone di arricchire la formazione
già prevista con ulteriori lezioni specifiche sul tema con
due linee formative:
1) la frequenza dei corsi organizzati dal CCM (Comitato
Collaborazione Medica) e dal tavolo sanitario del C.O.P
Consorzio ONG Piemontesi sui temi di salute globale,
competenza culturale e malattie tropicali.
Il C.T.S (Comitato Tecnico Scientifico) del corso di formazione di Medicina Generale ha acconsentito di
equiparare le ore di frequenza a questi corsi con quelle
effettuate varie strutture sede di tirocinio. È necessaria infatti un’adeguata formazione per poter gestire al
meglio un’attività sanitaria in Paesi e contesti differenti
da quelli nei quali si è abituati ad operare. L’approfondimento di argomenti etnografico-antropologici, consentirà di raggiungere meglio l’obiettivo formativo.
2) la frequenza presso strutture, ospedaliere ed ambulatoriali appartenenti o convenzionati con il SSR, che
operino nel campo della medicina tropicale e dei viaggi.
Tali strutture devono essere scelte dagli specializzandi
tra quelle presenti sul territorio regionale e attualmente
già sede di tirocinio facoltativo (es. reparto di malattie
infettive tropicali e ambulatorio di medicina dei viaggi
e dei migranti c/o Ospedale Amedeo di Savoia). Questa
frequenza dovrà essere tutorata e certificata secondo
le norme che regolano il corso di formazione specifica.
Aspetto operativo
L’operatività nei Paesi a basse reddito è fondamentale per concludere un percorso di formazione di questo
tipo.
Si propone la frequenza in una struttura come OPD (Out
Patient Department) o PHCU (Primary Health Care Unit).
• OPD (Out Patient Department): rappresenta la
connessione tra territorio ed ospedale. I pazienti raggiungono l’ambulatorio e vengono valutati in primis
da personale infermieristico, tra cui è compreso il
Clinical Officer (C.O.), infermiere specializzato con
poteri prescrittivi sia diagnostici che terapeutici. I pazienti più complessi vengono quindi rivalutati o indi-
rizzati direttamente al medico, che lavora in stretta
collaborazione con il C.O.
• PHCU (Primary Health Care Unit): rappresenta la
struttura sanitaria territoriale in cui la popolazione
giunge per richiedere cure di primo livello e farmaci.
Nella maggior parte dei casi tale struttura si può trovare in contesti prevalentemente rurali.
Tali strutture andranno individuate tra quelle presenti
sul territorio di Paesi a basse reddito in progetti gestiti
dal CCM in Etiopia e Kenya. In tali strutture dovrà essere presente un Tutor con le stesse funzioni richieste
dal regolamento del corso di formazione per MMG e la
presenza dovrà essere certificata. I tutor potranno essere sia medici locali (con esperienza) che medici di altre
nazionalità (es. volontari italiani).
Il periodo di frequenza dovrà essere inserito durante i
tre anni di corso (dopo aver portato a termine la fase
formativo-preparatoria) e dovrà avere una durata di almeno un mese. Tale periodo dovrà essere equiparato ad
un periodo svolto in strutture ospedaliere e territoriali
regionali (es. frequenza presso ambulatorio di MMG).
Per rendere possibile questo praticantato è stata stipulata una convenzione tra il corso di formazione e il
CCM, come già avviene con i corsi di specializzazione
universitari.
Punto di forza di questo progetto è la relativa equivalenza delle patologie trattate tra i centri dei PVS e quelle
delle strutture occidentali. Si possono riscontrare patologie sia di carattere cronico (ipertensione, diabete,
cardiopatie, patologie osteoarticolari...), sia di carattere
acuto (infezioni polmonari, IVU...). Una quota rilevante
di pazienti giunge per problematiche di tipo infettivo o
per malattie tropicali (malaria, HIV, TB, tifo, malattie parassitarie), ma anche per patologie di carattere dermatologico, come micosi, parassitosi e ferite. Si riscontrano
spesso, associate ai diversi quadri clinici, stati nutrizionali carenti o denutrizione conclamata, che a loro volta
contribuiscono allo sviluppo o all’aggravarsi dei quadri
patologici stessi. Nella gestione globale del paziente, riveste un ruolo centrale la terapia antalgica: il dolore è
un sintomo frequente nella quasi totalità dei pazienti e
un suo corretto inquadramento è una condizione imprescindibile per poter impostare una terapia adeguata,
anche in considerazione della scarsità di classi farmacologiche a disposizione. Tutte queste problematiche
cliniche sono tra le più frequenti anche all’interno di
un ambulatorio di MMG o di un reparto ospedaliero
occidentale.
Altro punto fondamentale risiede nel possibilità del medico di acquisire elementi relativi alla vita dei pazienti
pre-immigrazione, il che faciliterebbe l’approccio postimmigrazione. u
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rubriche
Pianeta solidarietà
ESPERIENZE FATTE
Due giovani specializzandi hanno già effettuato il tirocinio: il dr. Luca Cacciotella in marzo, presso il PHCU di
Adi Shum Dhum (Mekelle, Tigray, Etiopia) ed il tutor è
stato il dr. Alessandro Levis; il dr. Andrea Bernardi ad
aprile in Kenya, nella contea di Isiolo con tutor il dr.
Claudio Amè.
Di seguito riportate le esperienze di questo progetto
formativo che riteniamo estremamente interessante e
formativo. Una terza specializzanda andrà in ottobre
sempre ad Isiolo.
Sotto, Luca Cacciottella e Alessandro Levis
Nell’altra pagina, il centro di Dadacha Basa
LA TESTIMONIANZA DEL DR. LUCA CACCIOTTELLA
Sono partito per l’Etiopia a metà febbraio, poco dopo
San Valentino. Dopo un viaggio di sole otto ore partendo da Roma ad attendermi ho trovato un caldo secco e
ventoso. Questo clima è tipico del nord, un nord fatto
di altipiani e rocce. La scarsità d’acqua in questa regione dell’Etiopia (il Tigray), che si trova al confine con
l’Eritrea in una zona arida e desertica, rende difficile
non solo la crescita delle più comuni specie vegetali e
la sopravvivenza degli animali ma costringe anche l’uomo a fare una vita di stenti e piena di insidie come le
malattie gastrointestinali. Malattie che per altro sono la
causa della maggior parte degli accessi a Health Center
o ospedali nella zona.
Sceso dall’aereo mi accorgo, da subito, della enorme
difficoltà che si ha nell’offrire infrastrutture ad una città
in velocissima espansione.
A Mekelle, città sede della missione di cui ho fatto il
mio tirocinio africano come medico inserito in un progetto del CCM*, è la prassi non avere acqua e corrente elettrica. Questo, sommato allo scarso sviluppo
fognario, va ad incrementare la frequenza di patologie
che spesso possono causare malattie e morte di molte
persone.
In questa parte di mondo anche il semplice lavarsi le
mani tra un paziente e l’altro può diventare veramente
difficile e soprattutto può diventare drammaticamente
difficile convincere un bimbo che dopo essere andato
“al wc” sia meglio pulirsi.
Altro aspetto peculiare di questa zona sono gli abitanti che ci vivono, uomini e donne molto chiusi e
poco avvezzi al confronto se non dopo lunga insistenza. Il motivo di questa chiusura molto probabilmente è da attribuire ad un periodo troppo lungo
passato prima sotto un impero millenario e poi sotto
la dittatura del Derg**. La poca fiducia nell’uomo
bianco in questi posti è legata anche ai molti danni fatte in questi paesi (ultimo tra questi è lo sterminio di parte della popolazione da parte degli Inglesi).
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* IL CCM - COMITATO COLLABORAZIONE MEDICA (http://
www.ccm-italia.org/ita/) è una Organizzazione non governativa fondata nel 1968 da un gruppo di medici torinesi convinti che la salute e l’accesso alle cure di base dovessero essere
diritti garantiti anche alle persone più vulnerabili dei paesi più
poveri. Ad oggi i medici e gli esperti del CCM sono presenti
in Burundi, Etiopia, Kenya, Somalia, Sud Sudan e Uganda.
In Africa il CCM:
• assicura assistenza sanitaria durante la gravidanza, il
parto e l’infanzia;
• rafforza gli ospedali, i centri di salute e i dispensari già
esistenti, fornendo attrezzature e medicinali;
• garantisce l’accesso alle cure, potenziando la rete di servizi sanitari anche nei villaggi più lontani dagli ospedali;
• forma il personale locale: medici, infermieri, ostetriche e
operatori sanitari;
• incontra le comunità locali e promuove semplici strumenti di prevenzione, come ad esempio la zanzariera.
In Italia il CCM:
• favorisce l’accesso ai servizi sanitari di migranti e rifugiati. Realizza campagne di sensibilizzazione rivolte alla
cittadinanza e alle scuole. Promuove corsi di formazione
per medici e infermieri.
Sono stato inserito dal CCM nel progetto finanziato dal
MAE (Ministero Affari Esteri) dal titolo “Supporto alla
costruzione ed avvio del Centro di Formazione Ricerca e Cura di Adi Shum Dhun, Regione Tigray
- Etiopia”
Sono rimasto in questa missione per circa 45 giorni e
ho collaborato con i Clinical Officer (infermieri di health
center con l’abilitazione a prescrivere farmaci) all’Health Center di Adi Shun Dum. Qui nel visitare i pazienti
che giornalmente accedevano alla struttura ambulatoriale sono stato affiancato dal dott. Alessandro Levis,
mio tutor, che ha anche svolto attività di docente per
medici e tecnici di laboratorio del Tigray.
Questo mio tirocinio africano è stato molto utile in
quanto mi ha dato la possibilità di confrontarmi con
i sanitari locali (se pur dopo aver superato le diffidenze iniziali grazie anche alla mediazione dei clinical officer del progetto CCM) e capirne meglio la gestione
e necessità gli eventuali miglioramenti possibili sia organizzativi che tecnici (il che era uno degli scopi della
missione).
Da questo confronto è emerso quanto la figura di un
medico di famiglia italiano in un Health Center possa
aiutare ad evitare comportamenti scorretti dettati dalla
mancanza di una preparazione medica del personale
degli Health Center. Il confronto con realtà culturali e
gestionali diverse mi ha arricchito umanamente ; certamente il confronto con culture molto diverse dalla nostra mi consentirà di svolgere meglio la mia professione
di medico di medicina generale, specie nei confronti di
popolazioni immigrate che hanno un senso del tem-
po, della malattia e della vita stessa diverse da quella
italiana.
Questo primo tirocinio inoltre ha aperto la possibilità
di missioni future simili a quella appena finita anche in
altre parti dell’Etiopia, dove il CCM coopera ormai da
anni per un arricchimento reciproco sia del tirocinante
che del personale locale
LA TESTIMONIANZA DEL DR. ANDREA BERNARDI
Dal 1° aprile al 15 maggio 2015 sono stato in Kenya a
seguito di un progetto del CCM dal titolo Improving
the access to water sources, hygienic services and
quality primary health care in Isiolo County. Il progetto, iniziato a maggio 2014 e della durata complessiva di tre anni, ha l’obiettivo di garantire l’accessibilità
ad acqua pulita e alle strutture sanitarie per la popolazione della Contea di Isiolo, nel centro del Kenya. Il
primo obiettivo è portato avanti da LVIA, ONG cuneese
partner di CCM che si occupa di scavare pozzi e costruire latrine, mentre la sezione sanitaria del progetto è
gestita dal CCM.
Nella Contea di Isiolo il CCM ha in carico 15 strutture
sanitarie, 12 dispensari (piccole realtà dove l’ambulatorio è gestito da un infermiere professionale che hanno
a disposizione una serie piuttosto limitata di farmaci e
alcuni kit diagnostici rapidi per l’inquadramento delle
principali patologie) e tre Health Center (strutture in
cui, oltre all’infermiere, è presente un Clinical Officer e
talvolta e un piccolo laboratorio analisi). u
** Il nome identifica un governo militare etiope di ispirazione
comunista in carica dal 1974 al 1987.
Il nome deriva dalla lingua Ge’ez ed l’acronimo di “Consiglio
di Coordinazione delle Forze Armate, della Polizia e delle
Forze Territoriali”.
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rubriche
Pianeta solidarietà
Io ho lavorato assieme al dr. Claudio Amè, internista
ematologo e diabetologo che mi ha fatto da tutor.
L’obiettivo di missione che il CCM ha indicato a me e
al dr. Amè consisteva nello svolgere un sopralluogo in
otto delle 15 strutture sanitarie in carico al CCM, effettuare attività clinica insieme al personale sanitario
locale, aggiornarne le conoscenze attraverso il Training
On the Job (OJT)e individuare quelle che erano le carenze strutturali e organizzative di ogni struttura, così
da poter predisporre un miglior utilizzo delle non molte
risorse a disposizione.
La parte operativa della missione ha avuto una durata
di quattro settimane, durante le quali abbiamo visitato
le varie strutture sanitarie, recandoci ogni settimana in
una diversa subcontea (Merti-Garbatulla-Kinna) e ogni
giorno in una diversa facility (struttura) della subcontea. Per ogni giornata, abbiamo visitato una media di
40-50 pazienti, associando all’attività clinica l’OJT sugli
argomenti che ci venivano richiesti dal personale sanitario locale oppure su quelle che venivano individuate
come carenze da parte nostra. Inoltre, all’interno dei tre
Health Center di Merti, Gafarsa e Kinna, abbiamo partecipato e moderato delle sessioni di CME (Continous
Medical Education), aggiornamenti a cui partecipavano
tutti i sanitari impiegati nel centro (infermieri professionali, clinical officer, laboratorista) insieme a figure non
sanitarie quali i Community Health Volunteers, rappresentanti della popolazione locale che, su base volontaria, svolgono un ruolo di facilitazione all’interno di
ogni centro, come interpreti, di riorganizzazione delle
scorte di farmaci, di sensibilizzazione della popolazione
e di segnalazione ai sanitari delle problematiche di ordine sanitario nella popolazione bacino di utenza della
struttura (molto spesso infatti gli infermieri provengo-
54
OTTOBRE 2015
no da altre regioni del Paese, per cui non conoscono
lingua e contesto nel quale si trovano ad operare). Gli
argomenti di tali sessioni di aggiornamento sono stati scelti su proposta del personale sanitario locale sulla
base di alcune “emergenze sanitarie locali” (Leishmaniosi viscerale) o della relativa frequenza di presentazione (ipertensione, con cenni anche sul management
dell’ipertensione gravidica e le sue complicanze, preeclampsia ed eclampsia).
La sfida maggiore, nella quasi totalità dei casi, consisteva nell’effettuare diagnosi quasi sempre solo cliniche,
dal momento che la possibilità di effettuare esami di
laboratorio si limitava ai centri di salute, mentre nei dispensari il nostro lavoro, dopo la raccolta dell’anamnesi, si concentrava su un minuzioso esame obiettivo del
paziente, cui poteva seguire una prescrizione farmacologica o, in casi realmente complessi e laddove fosse
realmente necessario, un invio del paziente in centri
diagnostici (spesso lontani centinaia di chilometri) per
una diagnosi strumentale più approfondita. In questo
contesto ovviamente il ricorso all’OJT è risultato assolutamente fondamentale e, per questo motivo, si cercherà di dare continuità al progetto inviando altri sanitari
per missioni brevi che abbiano gli stessi scopi.
Come MMG considero il mio tirocinio svolto in Kenia
assolutamente fondamentale per lo sviluppo delle mie
capacità professionali. E, anche grazie al tutor, medico
esperto e conoscitore della realtà africana, ho potuto
avere scambi costruttivi col personale sanitario locale
e proficui contatti con pazienti di cultura diversa che
sicuramente mi aiuteranno nello svolgimento della mia
professione medica in Italia: specialmente per quanto
riguarda il contatto con pazienti migranti.
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rubriche
in libreria
APPRENDERE DAGLI
ERRORI
Un viaggio nella
sicurezza del paziente
attraverso storie di
eventi avversi
A cura di
Michela Rimondini,
Diana Pascu,
Gianluigi Zanovello,
Gabriele Romano
Presentazione di
Charles Vincent
Pagine 332, € 32
Il Pensiero Scientifico
Editore
Il libro è il racconto di un interessante viaggio attraverso l’analisi degli errori in Medicina che nasce dalla
collaborazione tra casa editrice e Università di Verona
per l’organizzazione di una serie di master dedicati a
questo specifico argomento.
Si parte dalla constatazione che tutti hanno sperimentato un evento avverso nel corso della propria carriera
professionale di medico per dimostrare che l’errore è
una potenziale risorsa in grado di accrescere la sicurezza delle prestazioni e quindi anche quella dei pazienti.
Perché questo accada è però necessario non rendere gli
errori dei fatti da sottovalutare o, peggio, da occultare.
Gli autori dividono il volume in una ampia sezione di
“contributi teorici” che analizzano la complessità della
gestione del rischio clinico e la cultura della sicurezza,
fornendo una ricca documentazione bibliografica sui
modelli e protocolli, prevalentemente di scuola anglosassone, attualmente in uso.
Si affronta quindi il problema non indifferente dell’aspetto psicologico dell’errore e si dedica un capitolo
agli aspetti giuridici inerenti gli eventi avversi.
I contributi teorici si chiudono con un’interessantissima
analogia tra la gestione del rischio in aeronautica e la
sua possibile applicazione nei modelli di gestione del
rischio clinico. L’aeronautica è infatti l’attività umana
che più ha insegnato a conoscere e combattere l’errore tanto da arrivare ad essere la storica fondatrice del
concetto moderno di “sicurezza”, articolato sul fronte
della scienza, della tecnologia e più in generale della
cultura. Gli esperti di sicurezza aeronautica (e anche le
compagnie di assicurazione: un’indubbia garanzia per
tutti noi!) concordano nell’affermare che sia molto più
pericoloso il transfert all’aeroporto della successiva tratta aerea.
Nel complesso questa parte del viaggio dimostra una
notevole attenzione da parte degli autori a fornire
molti elementi tecnici, bibliografici e culturali atti a far
comprendere al lettore che il tema trattato non è frut-
56
OTTOBRE 2015
to di una filosofia di pensiero isolata, ma rappresenta
un approccio alla pratica medica più che consolidato
anche se ancora evidentemente non sufficientemente
metabolizzato, specialmente in ambito universitario ed
in gran parte dell’attività clinica e formativa degli operatori sanitari.
Si accenna a queste difficoltà di metabolizzazione facendo ovviamente riferimento tra l’altro anche all’eccessivo incremento del contenzioso legale, ad uso
strumentale ed ingiustificato, e conseguentemente alla
crescita della medicina difensiva, senza tuttavia giustamente dedicare molte righe all’argomento, in quanto
sostanzialmente inutile alla finalità del viaggio.
Un po’ carente l’analisi delle possibilità di utilizzo degli
errori medici, anche simulati, nel percorso di apprendimento sia dello studente di Medicina sia del medico in
formazione e formato.
Per quanto, come detto, molto interessante ed affascinante l’accostamento storico con i modelli di sicurezza
in aeronautica, ad una attenta analisi, può risultare per
lo meno temerario, vista la complessità nettamente superiore delle variabili presenti nella pratica medica rispetto alla gestione del volo aereo, anche se sempre più
avanzato nelle prestazioni e conseguentemente nella
necessità di prevedere e controllare i rischi.
Sono gli stessi autori a fornire gli elementi di questa
valutazione critica, elencando proprio nei modelli anglosassoni di gestione del rischio ad esempio nell’ALLEGATO 1 (I Fattori contribuenti del EX-NATIONALA
PATIEN SAFETY AGENCY) le innumerevoli variabili da
considerare, per quanto sintetizzate, presenti nella pratica clinica.
La seconda parte del libro si dedica alle “Storie degli
eventi avversi” indicando prima gli strumenti di analisi
e procedendo quindi alla descrizione con commento di
tre casi selezionati.
Vengono quindi raccontati altri nove casi lasciando uno
spazio di commento al lettore.
Il libro si chiude con un invito guidato alla descrizione
di un proprio caso.
In conclusione il volume certamente rappresenta una
validissima lettura per qualsiasi tipologia di professionista sanitario, medico e non, e per tutti i livelli di competenze ed esperienza.Diverso il discorso complessivo
più generale, che possa indicare strade e soluzioni maggiormente condivise non solo tra il personale sanitario
ma anche e soprattutto fra tutti gli altri elementi umani
coinvolti. È però importante sottolineare che per utilizzare in modo appropriato l’errore come strumento di
crescita è necessario proprio che questo concetto esca
dalla nicchia della professione e divenga uno strumento
compreso e condiviso globalmente proprio da tutti gli
attori del mondo sanitario.
Guido Regis
Vice Presidente OMCeO di Torino
OTTOBRE 2015
57
rubriche
avvisi e comunicati
ORARIO UFFICI
Orario degli Uffici amministrativi dell’Ordine in
vigore dall’1 settembre 2015
Lunedì
8.30-13.30 14.00-17.30
Martedì
8.30-13.30 14.00-17.30
Mercoledì
8.30-13.30 14.00-17.30
Giovedì
8.30-13.30 14.00-17.30
Venerdì
8.30-13.30 14.00-17.30
Si comunica anche che l’Ufficio Previdenza (pratiche Enpam) dall’1 settembre 2015 osserva il
seguente orario:
Lunedì
8.30-13.30
Martedì
8.30-13.30
Mercoledì8.30-13.30
Giovedì
8.30-12.30
Venerdì
8.30-12.30
LA SEGRETARIA DELL’ORDINE
D.ssa Rosella Zerbi
I CORSI FAD DELLA
FNOMCEO
Ricordiamo ai nostri iscritti che sul Portale della
FNOMCeO (www.fnomceo.it), seguendo il percorso che ora indichiamo, potranno acquisire
tutte le informazioni relative ai Corsi di Formazione a Distanza (FAD) attivi e seguendo le indicazioni potranno anche iscriversi e svolgerli.
LA FEDER.S.P.EV PER GLI
ISCRITTI ALL’OMCeO DI TORINO
La “Federazione Sanitari Pensionati e Vedove”
si occupa della risoluzione dei problemi economico-sociali dei medici, farmacisti, veterinari che
godono di una pensione e dei loro famigliari.
Per maggiori informazioni o per accedere ai
servizi dell’Ente, si può telefonare alla signora
Teresa Gariglio, 333/8440475, Presidente provinciale dell’Ente, o al dott. Giorgio Cappitelli,
348/6703250, Presidente regionale.
La redazione di TM
PER COMUNICARE
UN CAMBIO DI INDIRIZZO
CONVENZIONE QUOTIDIANO LA STAMPA
Si informa che l’OMCeO di Torino ha attivato per i propri iscritti una convenzione con il
quotidiano LA STAMPA per abbonamento annuale 2015/2016 che prevede:
abbonamento annuale 7 giorni: prolungamento abbonamento di 20 copie
abbonamento annuale 6 giorni: prolungamento abbonamento di 17 copie
abbonamento annuale 5 giorni: prolungamento abbonamento di 14 copie
Tale agevolazione è valida per gli abbonamenti appoggiati a rivendita (sia nella formula
classica che Carta Quotidiana) e/o con consegna tramite servizio metropoli (consegna
nella buca delle lettere entro le h.7,00 per Torino città e alcune località della provincia di
Torino) sottoscritti dagli iscritti all’Ordine, con esplicita esclusione delle formule di abbonamento denominate postale e ricaricabile.
La nuova convenzione annulla ogni precedente agevolazione ed è valida sino al 31 agosto 2016, per tutti i residenti in Piemonte, Valle D’Aosta e Liguria con esclusione della
provincia di Genova.
Per poter usufruire dell’agevolazione è necessario presentare il tesserino di iscrizione
all’Ordine presso il salone La Stampa di via Lugaro 21 a Torino, o inviandola via mail ([email protected]) o via fax (011.562.79.58).
Tale convenzione non è cumulabile con eventuali altre promozioni.
Si chiarisce agli iscritti che la procedura corretta
per la segnalazione all’ordine di un cambio di
residenza o di indirizzo prevede obbligatoriamente la compilazione dell’apposito modulo
scaricabile all’indirizzo:
www.omeco.to.it à modulistica à modulo
variazione indirizzo
Questo modulo deve essere inviato via mail
all’indirizzo:
[email protected]
o inviato tramite fax al numero: 011505323
Inoltre si pregano gli iscritti di segnalare alla
segreteria amministrativa eventuali disguidi di
spedizione della rivista Torino Medica.
Entrati nell’homepage dall’indirizzo www.
fnomceo.to.it occorre scorrere col puntatore
del mouse, verso il basso, la prima colonna a
sinistra. Arrivati al blocco di link cliccabili denoLa Redazione di Torino Medica (RTM)
minato “NOTIZIE” scorrere col puntatore sino
a “Corsi di formazione”. Cliccandovi sopra si
I CORSI
accede alla pagina dedicata ai Corsi FAD che
ha FAD DELLA FNOMCeO
Ricordiamo ai nostri iscritti che sul Portale della FNOMCeO (www.fnomceo.it), seguendo il
percorso
che
ora
indichiamo,
potranno
acquisire tutte le informazioni relative ai Corsi di
l’indirizzo: http://www.fnomceo.it/fnomceo/
Formazione a Distanza (FAD) attivi e seguendo le indicazioni potranno anche iscriversi e svolgerli.
Entrati
nell’homepage
dall’indirizzo
www.fnomceo.to.it
occorre scorrere col puntatore del mouse,
showVoceMenu.2puntOT?id=112
verso il basso, la prima colonna a sinistra. Arrivati al blocco di link cliccabili denominato
“NOTIZIE” scorrere col puntatore sino a “Corsi di formazione”. Cliccandovi sopra si accede alla
Di seguito pubblichiamo anche
il codice
Qrcheche
pagina dedicata
ai Corsi FAD
ha l’indirizzo:
http://www.fnomceo.it/fnomceo/showVoceMenu.2puntOT?id=112
permette l’accesso diretto da
smartphone.
Di seguito
pubblichiamo anche il codice Qr che permette l’accesso diretto da smartphone.
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OTTOBRE 2015
OTTOBRE 2015
59
rubriche
corsi e congressi in pillole
CORSI ECM DELL’OMCEO DI TORINO
Tutti i Corsi e i Congressi si tengono presso la sede dell’Ordine, Villa Raby, in C.so Francia 8 a Torino.
7/11/2015
Aneurismi dell’Aorta Addominale: approccio Clinico e Terapeutico
(Proposta della Commissione Parcelle e Tariffe)
7/11/2015
La salute orale e le fragilità
(Proposta dalla Commissione Solidarietà Nazionale e Internazionale, equità dell’accesso
alle cure)
21/11/2015
Conoscere le Medicine Non Convenzionali (CAM): dalla diversità all’integrazione (2^ giornata)
(Proposta dalla Commissione Medicine Non Convenzionali)
4/12/2015:
Convegno medicina di genere – Le Tre Età della Donna
(Proposta della Commissione Pari Opportunità)
5/12/2015
La Gestione della Massa Pelvica: dal territorio ai Centri di Riferimento.
Ottimizzazione del percorso e verifica dell’appropriatezza
60
OTTOBRE 2015
In questo spazio vengono pubblicati gratuitamente titolo, data, e luogo dove si tengono i convegni dei programmi
giunti in visione alla redazione e da questa approvati per la pubblicazione nella sezione del sito Corsi in pillole.
3-4/11/2015
I CORSO TRIENNALE DI FORMAZIONE AL TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE
STAMINALI EMOPOIETICHE 2014-2016
Parte II:_Il “core clinico” del trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche: condizionamento, manipolazione e GVHD”
Starhotels Majestic, c.so Vittorio Emanuele II 54, Torino
6/11/2015
II° CONGRESSO CISO PIEMONTE
LA PRIMA GUERRA MONDIALE: SALUTE, MALATTIE, SANITÀ E ASSISTENZA
ore 09.00 – 13.00 e 14.30 – 16.30
Palazzo dell’Antico Macello, Via M. Pescatore 7, Torino
16/11/2015
CONVEGNO INTERNAZIONALE 2015. I 18 MESI PIÙ IMPORTANTI PER MAMMA E
BAMBINO
Officina H, Via Montenavale 1, Ivrea
19-21/11/ 2015
XIV CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PSICONCOLOGIA (SIPO)
Centro Congressi Regione Piemonte, Corso Stati Uniti 23, Torino
20/112015
“A QUALCUNO PIACE CARDIO” Convention delle UTIC PIEMONTE E VALLE D’AOSTA.
Focus on RMNC e cardiochirurgia
Centro Congressi Unione Industriale, Via Fanti 17, Torino
21/11/2015
NOVITÀ DIAGNOSTICO-TERAPEUTICHE IN ALLERGOLOGIA ED IMMUNOLOGIA CLINICA
STARHOTELS MAJESTIC, Corso Vittorio Emanuele II n° 54, Torino
24/11/2015
LA FRAGILITÀ DELLA FAMIGLIA. FRAGILITÀ E DISABILITÀ: UNA SFIDA PER LA FAMIGLIA
Infernotti dell’Ospedale San Giovanni Antica Sede, Via Cavour 31, Torino
26/11/2015
C.I.D.I.Ge.M. (CENTRO INTERDISCIPLINARE DISTURBI DI IDENTITÀ DI GENERE)
10 ANNI DI DI ATTIVITÀ (2005-2015) ALLE MOLINETTE
Centro Congressi “Molinette Incontra”, Sala A.M. Dogliotti, C.so Bramante 88, Torino
26-28/11/2015
XXVI CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI MICROCHIRURGIA
Centro Congressi del Museo dell’Automobile, C.so Unità d’Italia 40, Torino
27/11/2015
SIMPOSIO NAZIONALE - AFASIA: RIABILITAZIONE NEUROCOGNITIVA
Aula Magna Achille Dogliotti - Presidio Ospedaliero S.G. Battista.
Corso Bramante, 88/90 Torino, S.C. Istopatologia e Test Rapidi
27/11/2015
SEDUTA INAUGURALE ANNO ACCADEMICO 2015/2016
Diabete: verso la radice del problema. Relatore: Ele FERRANNINI
Presentato dal Socio: Massimo PORTA
Accademia di Medicina, Via Po 18
27- 28/11/2015
CONTROVERSIE IN TERAPIA RESPIRATORIA E GESTIONE DELLA CRONICITÀ
AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano, Orbassano (TO)
OTTOBRE 2015
61
Crediti ECM: 8
Centro Congressi Porto Antico
Magazzini del Cotone | Calata Molo Vecchio
VENERDÌ 13 NOVEMBRE
08.30
Accreditamento congressisti
09.00
Apertura congresso
LINEE GUIDA NAZIONALI
Moderatori: M. Stella e G. Lasagna
09.15-09.50 D. Gavetti, “Linee guida Nazionali: approccio metodologico”
09.50-10.20 COFFEE BREAK
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente ustionato:
la prevenzione e il trattamento delle infezioni.
Moderatori: M. Bersini e G. Maggio
10.20-10.50 C. Viscoli, “L’evoluzione delle resistenze agli antibiotici ed i
problemi terapeutici”
10.50-11.10 F. Scaglione, “La farmacocinetica nel grande ustionato”
11.10-11.40 M. Tavola, “Strategia nella prevenzione delle V.A.P.”
11.40-12.10 Discussione
12.10-14.00 LUNCH/SYMPOSIA
13.30-14.00 Symposium a cura di MediWound
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato pediatrico: terapia rianimatoria, antibiotica,
nutrizionale e chirurgica.
Le esperienze dei Centri Ustioni di Firenze e Napoli.
Moderatori: D. Melandri e J. Scheef
14.00-14.20 E. Pinzauti
SABATO 14 NOVEMBRE
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: terapia chirurgica.
Le esperienze dei Centri Ustioni di Pisa, Roma, Parma e Catania.
Moderatori: M. Governa e R. D’Alessio
09.00-09.20 A. Di Lonardo
09.20-09.40 P. Palombo
09.40-10.00 E. Caleffi
10.00-10.20 R. Ranno
10.20-10.40 Discussione
10.40-11.00 COFFEE BREAK
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: discomfort algico e psichico.
Moderatori: A. Posadinu e G. Lasagna
11.00-11.20 M. Tami, “Analgosedazione nel grande ustionato”
11.20-11.40 M. Germoglio, “La prossima volta, restare! Intervento
psicologico precoce per l’ustionato ed i suoi familiari”
11.40-12.00 G. Caputo, “Accettazione del trauma”
12.00-12.20 F. D’Asta, “L’importanza della rete Centri Ustioni-territorio:
presentazione del modello inglese e del progetto europeo
sulla formazione in emergenza”
12.20-12.50 Discussione
12.50
Chiusura congresso
14.20-14.40 A. Merone
14.40-15.00 Discussione
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: la riabilitazione in fase acuta.
Esperienze dei diversi Centri G.U. a confronto.
Moderatori: A. Posadinu e M. Simonini
15.00-15.20 P. Sgabussi
15.20-15.40 M. Di Emidio
15.40-16.00 Discussione
16.00-16.30 COFFEE BREAK
TAVOLA ROTONDA: Le prime 48 ore del paziente
ustionato: terapia rianimatoria, antibiotica e nutrizionale.
Le esperienze dei Centri Ustioni di Milano, Padova, Verona e Cesena.
Moderatori: M. Stella e D. Mavilio
16.30-16.50 A. Citterio
16.50-17.10 B. Azzena
17.10-17.30 E. Vigato
17.30-17.50 D. Melandri
17.50-18.10 Discussione
Per restare aggiornati, visitate: www.ustionigenova2015.it
Crediti ECM: 8
L’accreditamento ECM è rivolto a tutte le professioni sanitarie, esclusi gli
studenti.
Per ricevere i crediti ECM sarà obbligatoria la presenza alle giornate
di congresso, con firma di ingresso all’inizio e di uscita alla fine, e la
compilazione di tutta la modulistica ECM (incluso il questionario finale).
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