Glottodidattica, costruttivismo e tecnologie Roberto Dolci Università

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Glottodidattica, costruttivismo e tecnologie Roberto Dolci Università
Glottodidattica, costruttivismo e tecnologie
Roberto Dolci
Università di Venezia
1. Introduzione
Da ormai più di un decennio, negli studi sulla didattica delle lingue si parla di
approccio socio-culturale. Tale approccio, che in realtà costituisce un'integrazione rispetto al
pragmatismo dell'approccio comunicativo e allo psicologismo di quello umanistico-affettivo,
ha le sue basi teoriche soprattutto nelle teorie sull'apprendimento di matrice costruttivista
elaborate da Vygotskij e nella teoria dell'attività di Leont'ev, sul carattere socialmente e
culturalmente mediato e situato dell'attività cognitiva. Con questo contributo cercheremo
prima di descrivere le linee fondamentali del paradigma costruttivista e poi come esso ha
portato a nuovi approcci nella didattica delle lingue. Mostreremo poi gli ultimi sviluppi
nell'utilizzo delle tecnologie nell'apprendimento/insegnamento linguistico, sviluppi che si
rifanno al paradigma costruttivista e all'approccio socioculturale.
2. Il costruttivismo
Anche se non è questo il luogo per descrivere lo sviluppo teorico del costruttivismo, le
sue radici filosofiche e il suo influsso nelle teorie dell'apprendimento, possiamo però per
comodità e chiarezza enunciare molto sinteticamente alcuni principi basilari seguendo quello
che dice Varisco (2002) e rimandando alla letteratura specialistica per gli approfondimenti.
Dal punto di vista ontologico il costruttivismo viene definito da Varisco (2002, p. 17)
come "[..]un paradigma «relativista», in quanto le "realtà" sono comprensibili in forma di
«costruzioni mentali molteplici e intangibili», «socialmente ed esperienzialmente fondate» di
«natura locale e specifica», dipendenti -per forma e contenuto- da singoli o gruppi che
producono le "costruzioni". Queste ultime sono più o meno fondate, alterabili come le relative
realtà.". Epistemologicamente il costruttivismo “[…] è considerato «transazionale e
soggettivista»: indagatore e indagato sono legati interattivamente e i risultati sono creati man
mano che la ricerca procede." (pag. 17), mentre la "natura metodologica del paradigma
costruttivista è stata definita «ermeneutica/dialettica» per la natura variabile e «intermentale»
delle sue costruzioni che vengono negoziate e condivise socialmente. Scopo finale
dell'adozione di «tecniche ermeneutiche» attraverso l'adozione dell'«interscambio dialettico»
è quello di ottenere una «costruzione di con-senso». (pag. 18). Varisco pone le basi
filosofiche del costruttivismo, tra gli altri, nel pensiero di Von Glaserfled, Wittgenstein,
Bateson, Mead, Kuhn e Rorty.
Il costruttivismo è anche filosofia educativa e molte delle idee teorizzate dai filosofi
citati sopra vengono riprese in ambito delle teorie dell'apprendimento, di pedagogia, di
metodologie educative. Gli studiosi che maggiormente hanno contribuito a definire un
approccio costruttivista nell'educazione sono, tra gli altri, Dewey (attivismo), Vygotskij e
Leont'ev (costruttivismo sociale), Piaget e Ausubel (costruttivismo interazionista), Bruner.
Anche per l'approfondimento su questo aspetto rimandiamo a Varisco (2002) e alla letteratura
specifica, limitandoci a proporre i principi di base di un approccio costruttivista in ambito
educativo:
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•
L'apprendimento è un processo attivo. Si ha apprendimento quando chi
apprende viene messo in relazione con il mondo. Pertanto l'apprendimento non
è accettazione passiva della conoscenza che esiste "da qualche parte" ma chi
apprende costruisce il significato attraverso le sue esperienze.
Le persone imparano ad imparare mentre imparano. L'apprendimento è
costruzione di significato, ma anche costruzione di sistema. Quello che
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impariamo ci permette di dare più facilmente significato ad altre esperienze
simili.
Si impara solo se si sono precedentemente costruite o si possiedono strutture di
conoscenza su cui appoggiarsi. Cioè più conosciamo più possiamo imparare
La costruzione di conoscenza è un processo essenzialmente mentale, ma si
debbono far svolgere attività che coinvolgano anche le altre facoltà e i sensi.
L'apprendimento coinvolge il linguaggio: il linguaggio che usiamo influenza
l'apprendimento. Le persone costruiscono conoscenza attraverso il dialogo e la
comunicazione (anche con loro stessi). Il linguaggio e l'apprendimento sono
strettamente legati.
L'apprendimento è un'attività sociale: l'apprendimento è strettamente
interconnesso alla qualità e quantità delle nostre relazioni con gli altri, gli
insegnanti, i colleghi, gli esperti, la famiglia. Il dialogo, l'interazione, la
collaborazione e la cooperazione sono aspetti integranti dell'apprendimento.
L'apprendimento è situato e in contesto. Non impariamo fatti e teorie isolate
separate dalla nostra vita quotidiana. Impariamo in relazione alle nostre
conoscenze, alle nostre credenze, pregiudizi, paure.
La motivazione non favorisce solamente l'apprendimento, ma ne è componente
essenziale.
3. Il costruttivismo e le tecnologie
La didattica si è sempre avvalsa di tecnologie intese come risorse, sussidi, sostituti,
come ambienti di apprendimento. Il loro uso e la loro integrazione dipendono sì dallo
sviluppo della tecnologia stessa, ma soprattutto dalle teorie che sottostanno alle concezioni
didattiche stesse. Certe volte anzi, non ne sono state solamente una conseguenza, ma hanno
favorito, in un certo senso, l'evolversi di modi diversi di progettare l'azione didattica (Calvani,
1998).
Varisco (1995) e Calvani (1998) distinguono due diversi momenti di svolta nella storia
della progettualità didattica: a partire dagli anni ‘50 il paradigma oggettivista,
comportamentista prima, e cognitivista dopo, e il paradigma costruttivista a partire dagli anni
‘80.
Nel paradigma oggettivista tecnologie quali il computer vengono viste come sostituti
dell'insegnante, che presenta e organizza le attività, impostando un percorso di
apprendimento, e dando anche una valutazione della performance dello studente. Nel
paradigma comportamentista il trasferimento dell'istruzione programmata nell'uso delle
tecnologie per la didattica si è realizzata nel CAI (Computer Assisted Instruction) e nel CBT,
(Computer Based Training) dove vengono realizzati programmi didattici "chiusi" e dove il
controllo e la gestione della didattica è a carico della macchina. (Varisco, 1995, p. 57). Nel
successivo paradigma oggettivista, definito come cognitivista o H.I.P. (Human Information
Processing) gli sviluppi nell'intelligenza artificiale hanno portato alla realizzazione di
Risolutori Generali di Problemi o di sistemi esperti che potessero aiutare l'uomo a prendere
decisioni. La macchina quindi riproduce comportamenti umani e è un istruttore e l'interazione
e il dialogo si esplicano esclusivamente tra l'uomo e la macchina.
Nel paradigma costruttivista, che abbiamo delineato sopra, le tecnologie rivestono una
particolare importanza come strumenti che permettono un'utilizzazione attiva, costruttiva,
sociale, che realizzino quindi ambienti di simulazione, di espressione, per l'esplorazione, ma
soprattutto per la comunicazione. (Varisco, 1995). Con l'evoluzione tecnologica, che ci ha
fatto passare dalle Tecnologie per l'Informazione a quelle per la Comunicazione, il computer
non è più un sostituto o un esperto, ma piuttosto un catalizzatore, un facilitatore
dell'interazione e del dialogo tra persone.
Jonassen (1993) afferma che debbono essere considerate come linee guida per la
costruzione di ambienti di insegnamento/apprendimento costruttivista le seguenti
caratteristiche dell'apprendimento significativo:
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Attivo: gli apprendenti sono coinvolti dal processo di insegnamento nel
processare informazioni e dove essi sono responsabili dei risultati. "Attraverso
l'appartenenza a comunità di apprendistato, di gioco e di lavoro, gli apprendenti
sviluppano abilità e competenze che condividono con coloro con i quali
praticano tali abilità". In tali situazioni gli apprendenti manipolano gli oggetti e
gli strumenti riflettendo su quello che hanno fatto.
Costruttivo: Gli apprendenti costruiscono nuove conoscenze e le integrano con
quelle che già possiedono. I modelli che costruiscono da semplici diventano
mano a mano più complessi
Collaborativo: Gli apprendenti lavorano naturalmente in comunità , aiutandosi
a vicenda e utilizzando le competenze e i contributi di tutti.
Intenzionale: Gli ambienti di apprendimento debbono aiutare l'apprendente a
raggiungere i propri obiettivi e a soddisfare i propri bisogni.
Complesso: Il mondo e la realtà sono complessi. Se gli apprendenti non
vengono abituati a risolvere problemi complessi e mal strutturati,
svilupperanno una visione troppo semplificata della realtà.
Contestuale: Dobbiamo insegnare e far sviluppare competenze da usare nella
vita reale, fornire contesti utili e vari.
Conversazionale: Come sappiamo, l'insegnamento/apprendimento è una attività
sociale e un processo dialogico, di scambio con gli altri.
Riflessivo: Agli apprendenti dovrebbe essere richiesto di rifletter su quello che
stanno facendo, sulle decisioni che prendono, le strategie che usano e le
risposte che trovano. Solo così potranno usare le competenze che hanno
costruito. (Jonassen, 1993,1999; Varisco, 1995, 2002)
Secondo Jonassen, quindi, anche le tecnologie dovrebbero essere utilizzate per
realizzare queste caratteristiche dell'apprendimento/insegnamento significativo. L'uso di
tecnologie deve facilitare la discussione, la condivisione e lo scambio di risorse, la
realizzazione cooperativa di prodotti.
Gli usi più significativi e produttivi che la tecnologia può generare in chi apprende
sono:
•
La costruzione della conoscenza vs la sua riproduzione
•
La conversazione vs la ricezione
•
L'articolazione vs la ripetizione
•
La collaborazione vs la competizione
•
La riflessione critica vs la prescrizione.
(Varisco, 1995)
L'approccio costruttivista ha teorizzato ambienti di apprendimento in cui le comunità
di studenti e docente, possano apprendere/insegnare secondo i principi che lo caratterizzano.
Tali ambienti possono essere fisici e/o virtuali, ma anche questi ultimi debbono poter rendere
possibili la collaborazione, il dialogo, lo scambio, la contestualizzazione, cioè la realizzazione
di comunità di in cui tutti gli attori, studenti, esperti insegnanti, lavorano insieme per la
realizzazione di progetti, sfruttando tutte le risorse possibili e aiutandosi e imparando l'uno
dall'altro (vedi Varisco p.155, 159). In questo senso le tecnologie sono fondamentali, come
risorse, come catalizzatori, come facilitatori di comunicazione. Ma, a differenza del
paradigma oggettivista, di là dal computer c'è sempre un'altra persona o un gruppo di persone.
A tale proposito sono molto importanti i principi sulle comunità di apprendenti (CoLs)
delineati da Brown e Campione, delle comunità di apprendimento e pratica di Wenger
nell’ambito della sua Teoria Sociale dell'apprendimento, che si reggono con regole, linguaggi,
dinamiche proprie.
4. Il costruttivismo e l'insegnamento/apprendimento delle lingue straniere.
Le teorie e gli approcci relativi alla didattica delle lingue non sono in contrasto con la
maggior parte dei punti che abbiamo citato nel paragrafo 2. Anzi, l'approccio comunicativo e
soprattutto i metodi umanistico-affettivi che insistono sulla centralità del discente, sui suoi
bisogni, e sulle sue motivazioni, l'accento sui materiali e le situazioni "autentiche",
l'importanza data all'aspetto della civiltà e della cultura, sembrano rispecchiare in molti punti
l'approccio "costruttivista". E' solo da alcuni anni che il costruttivismo e
l'insegnamento/apprendimento delle lingue straniere vengono esplicitamente correlati ed è
stato teorizzato e formalizzato un approccio costruttivista all'apprendimento delle lingue
straniere. Quindi ci occupiamo qui esclusivamente di apprendimento di una lingua seconda o
straniera, lasciando da parte l'apprendimento della L1, argomento sul quale il costruttivismo
ha sviluppato un suo approccio soprattutto attraverso i lavori di Piaget. Molto interessante in
questo senso è la contrapposizione su questo aspetto, che riflette una contrapposizione più
ampia in campo scientifico e filosofico, tra costruttivismo e innatismo, riassunta nel dibattito
tra Piaget e Chomsky pubblicato a cura di Piattelli Palmarini (1992). Senza voler qui entrare
nel merito e rimandando l'approfondimento ad un altro momento, ci sembra di poter dire che
per quanto riguarda l'apprendimento di una lingua seconda o straniera, la netta
contrapposizione tra costruttivismo in senso educativo e innatismo non rende impossibile il
loro coesistere, seppure con le proprie specificità e in momenti diversi.
L'approccio costruttivista all'apprendimento delle lingue straniere si poggia
essenzialmente e principalmente sul costruttivismo socio-culturale elaborato da Vygotskij e
Leont'ev. L'approccio socio-culturale all'apprendimento della lingua straniera ha come parole
chiave quindi, la comunicazione e il dialogo, la cultura.
Senza entrare in una trattazione dettagliata del pensiero di Vygotskij possiamo dire che
le sue argomentazioni sull'apprendimento si basano su:
1. il significato è costruito socialmente: cioè gli altri influenzano la nostra visione
del mondo.
2. Per lo sviluppo cognitivo debbono essere usati degli strumenti (tools). Tra
questi strumenti abbiamo: la cultura, il linguaggio, ma anche adulti ed esperti
che possono aiutare l'apprendente nel suo processo di apprendimento. Più
questi strumenti sono validi qualitativamente più l'apprendimento è efficace.
3. La definizione della Zona di Sviluppo Prossimale.
(Tella e Mononen-Aaltonen, 1998)
Per Vygotskij quindi l'apprendimento è un processo sociale ed è attraverso il dialogo e la
comunicazione che l'apprendente sviluppa (costruisce) la propria visione del mondo e la
propria conoscenza e in questo è "influenzato" dalla cultura, dal contesto, dalle interazioni
sociali. "Lo sviluppo del "pensiero" [secondo Vygotskij] procederebbe perciò:
a. da una dimensione predialogica, cioè da uno sviluppo naturale attraverso la
maturazione organica e l'esperienza;
b. ad una dialogica, cioè ad uno sviluppo culturale attraverso l'apprendimento sociale
mediato dai sistemi simbolici."
Il dialogo procederebbe a sua volta:
a. da una dimensione interpsichica che gli riconosce la primaria funzione sociale di
comunicazione e interazione di aiuto (scaffolding), volta ad "influenzare" il
comportamento dell'altro;
b. ad una intrapsichica, propriamente cognitiva, di interiorizzazione dei significati
dell'attività svolta nell'interazione dialogica, che permette al soggetto il controllo
diretto del proprio comportamento, attraverso il discorso interiore o pensiero riflesso.
(Varisco, 2002, p.105)
Praticamente, Vygotskij parla di dialogo esterno, rivolto quindi al sociale, e di dialogo
interno, rivolto verso se stessi.
Uno dei concetti più conosciute di Vygotskij è la Zona di Sviluppo Prossimale che
viene da lui così definita:
" la distanza tra il livello attuale di sviluppo così come è determinato dal problem
solving autonomo e il livello di sviluppo potenziale così come è determinato
attraverso il problem solving sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i
propri pari più capaci." (Vygotskij, (1978) citato da Varisco (2002)
Per Vygotskij quindi la ZSP implica che l'apprendente ha libertà di scelta ma deve
essere motivato e "guidato" da un esperto perché possa avanzare nel suo sviluppo. Ma come
può un esperto "guidare" l'alunno verso un livello di competenza superiore?
Alla ZSP è legata strettamente la metafora dello scaffolding1 dialogico. Secondo
Wood, Bruner e Ross lo scaffolding è "il processo che rende capace lo studente di risolvere un
problema, svolgendo un compito o raggiungendo un obiettivo, che sarebbe altrimenti al di là
dei suoi sforzi non assistiti"2 Lo scaffolding è quindi il processo con il quale qualcuno, il
docente e gli studenti, organizza un evento che è al di là delle singole competenze dello
studente con lo scopo di assisterlo a realizzare l'evento. Attraverso il dialogo si stabilisce
quindi una relazione reciproca e un trasferimento di responsabilità tra allievo, i suoi pari e il
docente. Perché lo scaffolding sia efficace al docente si richiede di attuare una serie di
operazioni quali:
•
•
•
•
•
•
Motivare e stimolare interesse nel compito
Rendere accessibile il compito
Mantenere e sostenere il raggiungimento dell'obiettivo
Evidenziare i tratti critici e le differenze tra ciò che è stato prodotto e la soluzione
ideale
Controllare la frustrazione durante la soluzione del problema e
Mostrare una versione ideale dell'atto che deve essere svolto.3
Strettamente legata al pensiero di Vygotskij, di fatto una sua espansione, è la Teoria
dell'Attività sviluppata da Leont'ev. Egli, come Vygotskij, afferma che il comportamento
umano è il risultato dell'integrazione tra forme di mediazione costruite socialmente e
culturalmente e l'attività umana. (Lantolf, 2000 p.7). L'interazione avverrà sempre in un
contesto sociale-culturale. "L'attività si svolge sotto forme, strutture e condizioni definite,
legate alle interazioni sociali e non in un ambiente vuoto e in forme ibride.” (Varisco, 2000, p.
108). L'attività non è solamente fare qualcosa, ma fare qualcosa che sia motivato sia da
bisogni biologici, ad esempio la fame, che da bisogni costruiti culturalmente, come la
1
Non c'è uniformità nella traduzione italiana del termine da parte degli studiosi. Per esempio, Varisco (2002) usa
il termine sostegno, mentre Calvani (1998) usa il termine "impalcatura". Noi qui continueremo ad usare il
termine inglese.
2
Trad. nostra. Citato in Tella e Mononen_Aaltonen (1998)
3
Donato, R. (1998). traduzione nostra.
necessità di leggere e scrivere. I bisogni diventano motivi quando sono diretti ad un oggetto
specifico. A loro volta, i motivi sono composti da azioni che sono dirette verso obiettivi e
realizzate in determinate condizioni spaziali e temporali, e attraverso determinati mezzi di
mediazione.
Pertanto un'attività è composta di tre livelli: il livello di motivazione, il livello di
azione, il livello di condizioni. (Lantolf, 2000, p. 7)
La Teoria dell'Attività non è però una metodologia, ma piuttosto uno schema con il
quale studiare il comportamento umano e le sue differenze come processi di sviluppo
all'interno di contesti sociali culturali e ambientali. L'attività quindi non potrà mai essere
analizzata al di fuori del contesto in cui essa si svolge. (Jonassen e Roher-Murphy, 1999).
"L'ambiente (esterno) con le sue risorse (mezzi) non è semplicemente un contenitore esterno
ove s svolge il processo di problem solving, ma una componente integrale della stessa attività
intellettuale". (Varisco, 2000, pag. 112).
Da queste poche note su Vygoskij e Leont'ev per un approfondimento dei quali si
rimanda alla bibliografia, possiamo individuare una struttura valida anche per l'apprendimento
linguistico che dovrà quindi essere situato in contesto, mediato attraverso il dialogo e
l'interazione tra tutti gli attori, legato all'aspetto e all'ambiente sociale e culturale e quindi
influenzato da questo.
Riassumendo sinteticamente i principi dell'approccio socio-culturale e trasferendoli
all'apprendimento della lingua straniera o seconda, possiamo dire che esso è:
Orientato all'azione:
•
apprendimento collaborativo e cooperativo
•
forme creative di lavoro in classe
•
apprendimento su progetti
Centrato sullo studente
•
individualizzazione dell'apprendimento
•
autonomia dell'apprendente
Da’ consapevolezza (awareness) dei processi
•
Consapevolezza nell'apprendimento
•
Consapevolezza linguistica
•
Consapevolezza interculturale
Basato su un’esperienza linguistica totale (olistica)
•
Orientata al contenuto in:
•
un ambiente di apprendimento autentico e complesso
(Adattato da Reinfred, 2000).
Nel suo Context and Culture in Language Teaching (1993) Kramsch dichiara di voler
tentare di superare le tradizionali dicotomie quali "grammatica contro comunicazione",
"lingua contro letteratura", Lingua contro cultura", per superare le frontiere tradizionali dello
studio delle lingue straniere. Piuttosto che affrontare le quattro abilità tradizionali e poi la
"cultura" lo studio delle lingue straniere trova il suo impulso da occorrenze concrete di quelli
che lei chiama conflitti interculturali all'interno della classe risolvibili attraverso il dialogo; e
ha il suo centro nel contesto culturale. La sfida educativa è quella di insegnare la lingua come
contesto. (Kramsch, 1993, p.13).
In particolare, per Kramsch la cultura è vista spesso come una semplice informazione
veicolata dalla lingua, non come una caratteristica della lingua stessa e la consapevolezza
culturale è considerata anche essa come un obiettivo educativo, separato dalla lingua. Ma se la
lingua è vista come una pratica sociale, la cultura diventa il nucleo dell'insegnamento
linguistico. La consapevolezza culturale deve quindi essere considerata sia per aumentare il
livello di competenza linguistica sia come il risultato della riflessione su di essa.
La forma migliore per superare le contrapposizioni e le dicotomie tradizionali è quella
del language in discourse: tra i vari attori, studenti, insegnante e la lingua e tra i vari attori tra
loro il discorso è il processo attraverso il quale si crea, organizza e realizza il significato. La
classe trova impulso dalla tensione tra una moltitudine di opposizioni psicologiche, sociali,
politiche morali e linguistiche in conflitto tra loro per costruire il significato. E' solo a livello
di discorso che queste tensioni trovano la loro giustificazione e la loro risoluzione dialettica.
(Kramsch, 1993 p.11).Nella classe di lingua si attua un dialogo4 interculturale nel quale
l'insegnante e gli allievi sono a loro volta partecipanti ed osservatori. Questo dialogo
interculturale si attua attraverso le varie attività: esercizi grammaticali, attività comunicative,
discussione di testi.5
Se in definitiva integriamo lingua e cultura in una cornice dialogica e tutte le
possibilità offerte dalla comunicazione interculturale, possiamo realizzare quella che
conosciamo come educazione linguistica piuttosto che istruzione linguistica.
Molti altri sono i ricercatori che dagli inizi degli anni ‘90 hanno basato i loro lavoro
sulla didattica delle lingue straniere utilizzando un approccio socio-culturale all'interno
dell'approccio costruttivista. Essi tendono a trovare evidenze che solo attraverso una
interazione dialogica e all'interno di contesti sociali e culturali la ZSP si sviluppa e porta ad
una effettiva acquisizione della lingua straniera, e analizzano come si struttura lo scaffolding
necessario perché questo sviluppo si attui.
La maggior parte degli studi si focalizza sullo studio della mediazione e della
interazione tra gli studenti e il docente e tra gli studenti, in classe, in gruppi o a coppie,
verificando come solo attraverso un rapporto dialogico, sociale, situato, mediato e
interculturale si ha lo sviluppo della ZSP. Possiamo ricordare tra gli altri6 gli studi
sull'importanza dell'interazione nella correzione degli errori (Aljaafreh e Lantolf 1994), sulla
lettura e il riassunto scritto e l'esposizione orale di testi scritti per vedere come la
comprensione e la costruzione di significato siano una attività mediata (Appel, e Lantolf,
1994); sull'uso e il ruolo della L1 e L2 nei giochi linguistici e del loro influire sull'identità e
motivazione dello studente (Beltz, 2000); sul ruolo della partecipazione attiva in classe in
contesti cooperativi e collaborativi ai fini dell'acquisizione linguistica (Breen, 2001);
sull'importanza dell'aiuto tra pari nella costruzione dello scaffolding e quindi nello sviluppo
della ZSP (Donato, 1998); sull'analisi dei dialoghi per la valutazione della performance, che
viene costruita attraverso l'interazione dei partecipanti (Swain, 2001).
La glottodidattica italiana che si colloca nel solco tracciato da Titone, Freddi, Porcelli, fino al
recente Balboni (2002), ha parecchi punti di contatto con l'approccio socio-culturale
brevemente e sinteticamente descritto sopra. Non potrebbe essere altrimenti per una
glottodidattica che si pone come intersezione di varie scienze teoriche, che si dichiara
umanistico affettiva, che pone al centro lo studente, attenta agli stili e alle diverse intelligenze,
che considera fondamentale l'integrazione della cultura e della civiltà, che in definitiva, parla
di educazione linguistica. Balboni, (2002), in particolare, dichiarando che "(…) in una società
4
Kramsch intende il dialogo basandosi su Bakhtin (1986): è attraverso il dialogo con gli altri, parlanti nativi o
non nativi, che l'apprendente scopre quali forme di parlare e di pensare condivide con gli altri e quali sono sue
proprie. (p.27) Questo processo è, secondo Kramsch, un processo dialogico.
5
E' interessante notare come anche la glottodidattica italiana abbia sviluppato conclusioni simili. Si veda ad
esempio Balboni (2002) cap. 5 dove l'autore usa, per descrivere la comunicazione glottodidattica, lo stesso
modello comunicativo usato da Kramsch per descrivere i contesti e le interazioni sociali in classe. Il modello è
quello di Dell Hymes, SPEAKING (1974).
6
Questo elenco non pretende chiaramente di essere esaustivo né dal punto di vista quantitativo né da quello
qualitativo. Per ulteriori approfondimenti si veda la bibliografia dei lavori citati. Testi importanti, oltre a
Kramsch (1993), Lantolf e Appell (1998), Lantolf (2002), Ellis, (1997), Van Lier (1988, 1996). Ultimamente, si
sta sviluppando quella che viene chiamata Ecologia dell'acquisizione linguistica o Ecologia Lingusitica
(Ecological Linguistics) e conseguentemente un approccio ecologico allo sviluppo linguistico che viene basato
sulle interazioni degli apprendenti con il loro ambiente dal punto di vista dello spazio, sociale, culturale,
educativo… ( si veda Kramsch, 2002) e Leather e van Dam, 2003)).
complessa (…) la glottodidattica non può più offrire una risposta monolitica, statica,
universale (…) [essa] si trova di fronte il compito (...) di consentire a tutti, italiani e
immigrati, bambini e pensionati, studenti e lavoratori, di scegliere, liberi da ostacoli
linguistici, nuove masse cui appartenere per poter nutrire, condividendoli, i propri interessi
culturali, economici, sessuali, musicali, religiosi…" (p.11), fa suoi alcuni dei principi
caratterizzanti la prospettiva socioculturale. Dal punto di vista operativo, l'Unità di
Acquisizione/Apprendimento proposta da Balboni rappresenta un ulteriore passo in questo
senso. In classe e in gruppo, in un ambiente educativo, le varie ZSP degli studenti si
intersecano attraverso l'interazione e il dialogo con gli altri, con le risorse e con il docente che
forniscono lo scaffolding necessario per il passaggio ad un livello di competenza superiore,
risolvendo un problema o realizzando un compito. In questo senso l'UA, come lo scaffolding,
non potrà essere fissa e sequenziale, ma adattarsi, modificarsi, espandersi o ridursi, essere più
o meno strutturata, seguire gli studenti, diventare,con le altre, nodi di una rete che li sorregge
e dentro, ma anche con, la quale essi sono liberi di sviluppare le loro ZSP. In un certo senso,
questa rete può diventare una rappresentazione della loro conoscenza. Non poche sono le
differenze, comunque. Ad esempio, Balboni adotta le cinque ipotesi di Krashen. Tra queste,
quella dell'input comprensibile i+1 sembra a prima vista quella più vicina al concetto di ZSP.
Questo è quello che sostengono alcuni ricercatori nell'ambito della Acquisizione della
seconda lingua. Ma a ciò si oppongono Dunn e Lantolf (1998 ) tra gli altri. Per i due studiosi
l'input comprensibile e la ZSP non sono confrontabili in quanto fanno riferimento a due
principi teorici completamente differenti. In particolare, riflettono Dunn e Lantolf, Krashen
considera il movimento da uno stato di competenza interlinguistica al successivo come un
processo fisso e predicabile, indipendente da influenze storiche e culturali. Quindi per
Krashen il futuro linguistico di un apprendente è certo. Per Vygotskij il futuro è aperto,
incerto e dipende dalle circostanza materiali e interazionali (storiche e culturali) in cui
l'individuo è situato. (Dunn e Lantolf, p. 422). L'aspetto è comunque controverso e lo
lasciamo ad un ulteriore approfondimento.
5. La glottodidattica e le tecnologie
Anche nella didattica delle lingue tutti gli approcci che si sono susseguiti dagli anni
quaranta in poi hanno previsto l'uso delle tecnologie a quel momento disponibili. Ad esempio,
l'uso del laboratorio linguistico e del registratore audio si identifica con gli approcci
strutturalisti e i metodi audio-orali, mentre l'uso del video con quelli comunicativi.
Nella storia della didattica delle lingue possiamo distinguere tre grandi prospettive
all'interno delle quali, ma in alcuni casi anche intersecandosi, si collocano le varie teorie, gli
approcci e i metodi via via sviluppatisi: una prospettiva strutturalista, una prospettiva più
marcatamente cognitivista, una prospettiva costruttivista definita anche come sociocognitiva o
socioculturale.7
Negli approcci strutturalisti i programmi CALL non erano niente altro che esercizi
strutturali o programmi per il testing di tipo grammaticale o lessicale, che realizzavano i
principi dello stimolo-risposta-rinforzo. Il computer era insomma una macchina per
insegnare.8
7
E' comprensibilmente molto difficile riuscire ad "incasellare" in maniera chiara i tanti metodi ed approcci
glottodidattici E non è lo scopo di questo contributo. Si prova qui a delineare solo una suddivisione in grandi
aree, per comodità e chiarezza, consci che, come abbiamo detto, esistono molte trasversalità. Per un
approfondimento sulla storia della glottodidattica sui suoi approcci e metodi, si veda Balboni, (2002), Pichiassi
(1999). Per una classificazione in parte diversa da quella che proponiamo qui si veda Warschauer e Thorne
(2000).
8
Porcelli e Dolci (1999) dividono le fasi in: computer come macchina per insegnare, computer come magister,
computer come paedagogus, computer come sussidio didattico integrato.
Lo sviluppo della tecnologia da un lato e l'adozione di approcci e metodi che si
possono collocare nella prospettiva cognitivista, portano allo sviluppo di computer
multimediali e di programmi che lasciano una certa autonomia allo studente nella scelta di
percorsi e attività da svolgere. Si diffonde la metafora dell'ipermedialità ma intesa come
sistema chiuso, in cui la libera scelta dello studente è limitata ai percorsi previsti da chi ha
realizzato il prodotto. Viene messa in risalto la possibilità per il computer di essere un tutor
che a richiesta fornisce spiegazioni o approfondimenti. Tipici di questo periodo sono i corsi di
lingua su CD-ROM che però in molti casi non sono altro che trasposizioni su supporto
digitale di contenuti che prima erano analogici: libro di testo, audio e video. Con questi
prodotti si pone in evidenza l'autonomia dello studente, concetto che è causa di molti
fraintendimenti, in quanto viene spesso confuso con l'autoapprendimento e quindi, anche per
ragioni di mercato, si promettono meraviglie: basta comperare un corso di lingua
multimediale su CD-Rom per imparare una lingua straniera. Comunque, benché l'enfasi sia
sullo studente, il rapporto è ancora nella maggior parte uno a uno: studente-macchina.
Conseguenza di questa prospettiva è il proliferare di aule multimediali che però, sebbene più
potenti, assomigliano chiaramente ai laboratori audio-attivo-comparativi di molti anni
addietro e vengono utilizzate come tali, copiandone la rigidità, anche fisica, e l'isolamento
dell'alunno, lasciato in molti casi solo con la macchina-sostituto.
Solamente negli ultimi anni, la prospettiva costruttivista socioculturale ha avuto modo
di utilizzare la tecnologia secondo i propri principi. Quando, come dicevano sopra, i computer
non sono più solo strumenti di informazione, ma, e soprattutto, di comunicazione. Ci si è
spostati da una logica di interazione con il computer ad una di interazione con altre persone
via computer. L'enfasi viene messa sull'interazione, attraverso il dialogo, in comunità
autentiche anche se virtuali. (Warschauer, 2000).9
Lo sviluppo delle reti di comunicazione digitale, della Comunicazione Mediata dal
Computer (CMC) e di Internet fanno diventare il computer uno strumento che facilita sia il
contatto con altri che l'individuazione di risorse. Le possibilità offerte dalla CMC sono di
comunicazione sia uno a uno che uno a molti che molti a molti, in forma sincrona, e in forma
asincrona, permettendo quindi, come dicevamo sopra, la creazione di comunità di
apprendimento e di pratica fatte di studenti e docenti. Internet come metafora della rete è
diventato un ipermedia aperto, in continua espansione, che offre potenzialmente infinite
possibilità di reperimento, di organizzazione, di strutturazione e presentazione di risorse e
quindi di scelta di percorsi possibili. Queste possibilità integrate rappresentano un potenziale
enorme per l'apprendimento/insegnamento linguistico. Le nuove tecnologie non sono solo al
servizio dei nuovi paradigmi per la didattica delle lingue, ma anche possono servire per
modellare tali paradigmi. La tecnologia non può quindi essere considerata neutra, ma avendo
permeato la società globale, ci costringe non solo a pensare ad un suo uso per la didattica
delle lingue, ma anche al ruolo dell'insegnamento/apprendimento linguistico nella società
digitale (Warschauer, 2000).
In una teoria apprendimento/insegnamento linguistico di matrice costruttivista quindi,
il computer è visto come lo strumento che permette di realizzare ancora meglio i principi di
sviluppo socio-culturale, di dialogo, interazione e mediazione, di integrazione in contesti reali
ed autentici, fornendo agli apprendenti gli strumenti per acquisire le competenze per vivere e
gestire la società dell'informazione e della comunicazione telematica in un'era di
globalizzazione e quindi in una società interculturale.
Le ricerche nell'ambito delle tecnologie per l'apprendimento/insegnamento delle
lingue si sono rivolte ormai da qualche tempo ad analizzare proprio questi aspetti. I progetti e
le sperimentazioni che descriveremo brevemente, solo un piccolo esempio tratto da una
9
Può essere indicativo notare che nel tempo ormai il termine CALL, acronimo di Computer Assisted Language
Learning, sia diventato obsoleto, appunto per il suo insistere sull'"assisted". Sono invece stati introdotti acronimi
quali TELL (Technology Enhanced Language Learning) e NBLT (Network Based Language Teaching)
letteratura ormai molto abbondante, si collocano tutti nella prospettiva costruttivista
socioculturale coinvolgendo di solito due gruppi di studenti di lingua madre diversa ma di cui
ognuno stava imparando la lingua dell'altro e attraverso la CMC condividono le proprie
esperienze di conoscenza del loro mondo e le conoscenze del mondo degli altri. I progetti si
trovano quindi all'incrocio tra lingua, comunicazione e cultura con lo scopo di far superare,
attraverso il dialogo e l'interazione, conflitti, diffidenze, stereotipi e pregiudizi dal punto di
vista culturale, aiutandosi cooperativamente e collaborativamente nella realizzazione di
progetti. Dal punto di vista lingusitico utilizzando le proprie conoscenze, ma sviluppandole
attraverso lo scambio, l'interazione e l'aiuto reciproco, imparando nuove forme di uso della
lingua, e quindi di comunicazione, in un contesto autentico con scopi reali, costruendo, in
definitiva, una comunità di apprendimento e di pratica.
Nel 1997 viene sperimentato per la prima volta il progetto Cultura, in collaborazione
tra il MIT di Boston e l'INT di Parigi. Lo scopo del progetto è descritto come:
In our global world, in which multinational companies constantly form and merge and
in which people of diverse nationalities are increasingly asked to communicate and
work together, the need to understand a culture other than one's own has become of
paramount importance. We, as educators, must prepare our students for this new world
and help them develop a deeper understanding of other cultures.
Furstenberg et al. (2001. p.1)
Per raggiungere questo scopo vengono fate lavorare insieme due classi, una inglese
che sta imparando il francese e una francese che sta imparando l'inglese. Il progetto prevede
che ciascun gruppo, nella propria classe e sotto la guida dell'insegnante, analizzi prima
materiale simile di ciascuna cultura su argomenti quali il lavoro, il divertimento, la famiglia,
l'educazione……e individui le differenze formulando ipotesi sui motivi alla base di esse.
Entrano poi in un ambiente virtuale dove, attraverso una comunicazione asincrona, dialogano
con i loro colleghi scambiandosi opinioni sulle ipotesi e i motivi e si fanno domande per
approfondire le rispettive conoscenze sugli aspetti trattati. Inoltre usano la rete per trovare
risorse che permettano loro di espandere l'analisi e per ulteriori approfondimenti. Possono
usare anche risorse off-line, quali film o testi letterari. Tutti questi materiali offriranno
ulteriori spunti per la discussione.
Da queste poche righe di presentazione del progetto, che in realtà è molto più
complesso, e si veda a questo proposito Furstenberg et al. (2001), possiamo notare come ci sia
un cambiamento quasi speculare rispetto alla didattica tradizionale. Scopo del progetto,
infatti, è quello di conoscere l'altro e la sua cultura, e quindi di sviluppare una competenza
interculturale utilizzando la lingua. La competenza linguistica diventa quindi un mezzo per
conoscersi. Non è lo scopo principale. Gli studenti lavorano per un obiettivo autentico e
concreto, reale e situato in contesto, costruendo conoscenza attraverso il dialogo e
l'interazione. La didattica si svolge in vari ambienti, virtuali e in classe, ma con modalità
simili. L'uso del Web e delle tecnologie diventa parte essenziale del progetto e non
un'aggiunta che si integra alla normale didattica. La figura dell'insegnante diventa
fondamentale per evitare conflitti o per controllare il processo, ma non per dirigerlo.
Un progetto simile, di superamento delle barriere culturali, è stato realizzato da
Kramsch e Thorne (2001) dove, oltre all'interazione asincrona tra le due classi, viene
utilizzato anche uno strumento di interazione virtuale come il MOO per incentivare
l'interazione tra gli alunni di una stessa classe. In questo progetto è interessante notare come
Kramsch e Thorne decidano di non intervenire quando scoppia un conflitto interculturale tra
gli studenti delle due diverse culture di appartenenza. Essi sono "costretti" a risolverlo da soli
utilizzando varie strategie comunicative. Questo dimostra ancora una volta come un mezzo
considerato freddo come la CMC sia in realtà un mezzo molto caldo e che per controllarlo è
necessario sviluppare competenze specifiche. Gli autori fanno notare come lo scambio scritto
attraverso la comunicazione asincrona richieda lo sviluppo di competenze per maneggiare
registri diversi, dalla lettera formale e informale ai piccoli saggi, a forme più vicine alla
comunicazione orale.
Allo stesso modo Weasenforth el al. (2002) e Sengupta (2001) fanno notare come la
comunicazione asincrona forzi gli studenti a sviluppare consapevolezza degli aspetti
discorsivi della comunicazione e consapevolezza della flessibilità sintattica. Gli studenti
imparano a interpretare e produrre forme linguistiche appropriate al contesto, riconoscendo,
ricostruendo ed analizzando i testi che leggono o producono.
Progetti di questo tipo non sono comunque facili da gestire. Essi richiedono una
preparazione adeguata da parte degli insegnanti, una pianificazione attenta e un controllo
continuo esercitato però in forme non invadenti né direttive. E' infatti possibile che i conflitti
che possono scoppiare degenerino e facciano naufragare il progetto ottenendo il contrario di
quanto si prefiggevano cioè un rafforzamento delle incomprensioni interculturali, una
conferma degli stereotipi, un allontanamento tra i partecipanti. E' quello che riporta Beltz
(2002) nel descrivere un progetto di interazione tra studenti americani e studenti tedeschi. In
questo caso il fallimento è dovuto sia a fattori linguistici, cioè troppa disparità di competenze
nelle rispettive lingue, sia motivazionali, differenti obiettivi tra i due gruppi di studenti, sia
organizzativi, poco coordinamento tra i docenti, sia pratici, come la difficoltà di accedere ai
computer per la classe tedesca.
In Italia, sono numerosi i progetti di interscambio a livello di scuola superiore e
inferiore e universitario utilizzando principalmente la posta elettronica che sono stati
sviluppati e realizzati in questi ultimi anni. A livello universitario portiamo come esempio un
progetto che è stato sviluppato dall'Università Ca' Foscari di Venezia e lo Smith College di
Northampton, MA, progetto descritto in Dolci e Spinelli (2003). Tale progetto, denominato
"Incontro" ha messo insieme in un ambiente virtuale studenti americani e studenti italiani che
hanno interagito per circa un quadrimestre, confrontandosi e discutendo su quattro argomenti
"caldi" scelti da loro con la mediazione degli insegnanti: immigrazione, giovani, sistema
educativo, politica e società, visti dai rispettivi punti di vista in prospettiva interculturale con
l'obiettivo di realizzare cooperativamente e collaborativamente un sito web in cui hanno
riportato i risultati del loro lavoro. Inoltre essi dovevano costantemente valutare il proprio
operato e quello del loro gruppo di lavoro, sviluppando così pensiero critico. L'esperienza si
può certamente definire positiva e può essere riassunta dalle parole di una studentessa: "dopo
questo lavoro ho scoperto che americani e italiani non sono poi così diversi come credevo
all'inizio".
Altri esempi di un approccio costruttivista, utilizzando le tecnologie telematiche, ma
non legato allo scambio interculturale, sono, in Italia, il progetto DIAPASON e il progetto
MISSILE sviluppato a Bologna da Rossini Favretti e la sua équipe, (Rossini Faretti, 2001).
Un altro progetto interessante di uso del web come risorsa, ma da svolgere con uno
stesso gruppo di studenti in classe, è quello sviluppato da Dodge (1995) denominato
WebQuest. Esso viene definito come "(...) un'attività di ricerca in cui molte o tutte le
informazioni usate dagli studenti sono raccolte dal Web e utilizzate per un progetto” . Gli
studenti pertanto, a gruppi e in un'ottica collaborativa, debbono "fare" piuttosto che
memorizzare. Essi sviluppano strategie di comunicazione, di lavoro di gruppo, abilità di
pensiero critico, valutando e autovalutandosi, (Grassato 2003). La tecnica è abbastanza
strutturata in quanto l'insegnante li guida dando loro un compito e definendo i vari passi che
debbono compiere e dando loro una lista di risorse da cui attingere.
6. Conclusione
Per poter affrontare la società globale interculturale e dell'informazione tecnologica è
necessario sviluppare nuove competenze, nuove abilità e nuovi saperi anche nel campo delle
lingue straniere che sono il mezzo principale per una vera educazione interculturale alla base
della conoscenza dell'altro. Il paradigma costruttivista socioculturale basato sul dialogo,
sull'interazione, sulla collaborazione, sulla mediazione e un uso delle tecnologie che faciliti
queste dinamiche, sembra essere adeguato al raggiungimento dello scopo di una vera
educazione linguistica, per una educazione alla pace, in definitiva.
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