I GIOVANI SCONNESSI e PRESSAPOCHISTI

Transcript

I GIOVANI SCONNESSI e PRESSAPOCHISTI
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.20
Pagina 1
L’Arvultico
forme espressive dell’I.T.I.S. “L. ed A. Franchetti”
Numero 0 - Dicembre 2009
EDITORIALE
I GIOVANI SCONNESSI e PRESSAPOCHISTI
Eccoci, ci siamo....
L’Arvultico dell’Itis non è un semplice
giornalino.
L’obiettivo del nostro giornalino non
è tanto quello di stupirvi con articoli
di alto taglio,quanto di darvi uno stimolo per la riflessione,per la ricerca,di
incuriosirvi con proposte che poi
ognuno potrà sviluppare come meglio
crede. Invitiamo alunni e professori a
sostenerci in quest’impresa ardita,
cercando di sollecitare dibattiti e riflessioni: accettiamo articoli di cronaca,
pensieri e osservazioni, poesie e commenti sulla vita cittadina e scolastica.
La nostra unica ambizione è quella di
costruire un giornale in cui tutti si possano identificare, tentando, inoltre, di
eliminare insieme, tutte quelle barriere
invisibili e insormontabili che ci opprimono. Ce la faremo?
Non lo so, ma lo spero vivamente,per
noi della Redazione ma anche per
voi,per non dover dare ragione a coloro che dicono che i giovani di oggi
non si impegnano per niente,abbandonati ai loro divertimenti,annoiati o travolti dallo sballo.
Noi ragazzi dell’Itis Franchetti, abbiamo creato questo giornalino della
scuola proprio per riuscire a migliorare l’aspetto comunicativo dei ragazzi, per motivarli ad impegnarsi e
forse “dare di più”,calando la nostra
attenzione sulla società che ci circonda,sicuramente diversa da quella di un
tempo,caratterizzata infatti da eventi
forti e a volte drammatici, in cui non
esistono più regole ma solo una beffarda indifferenza. Non possiamo
certo rimanere insensibili di fronte a
quello che viviamo ogni giorno; guerre, carestie, povertà, progresso scientifico e tecnologico.
Alla luce di ciò,il nostro giornalino si
occuperà di tutto quello che c’è da
dire, da gridare, da difendere.
Insomma…per dirla tutta in un solo
termine, della VITA, che spesso viene
annebbiata da una stupida ipocrisia di
fronte ai problemi quotidiani.
A chi è rivolto il nostro giornalino?
A tutti coloro che amano leggere!
Sarà oggetto di attenzione particolare di
preside, insegnanti, studenti, genitori.
Accettiamo critiche….ma fino ad un
certo punto!Arrivederci al prossimo
numero.
IL CAPOREDATTORE
I giovani non hanno un sapere sistematico, seguono invece lo zapping
del modello televisivo, che ha finito
per rappresentare, oggi, l’attuale modalità di trasmissione del sapere. Il
fatto è che le immagini sono più efficaci del linguaggio verbale, perché
questo annoia e perché quelle sono
più immediate e danno emozioni
forti.
Lo zapping può raggiungere delle
velocità strabilianti e mescolare
pezzi di storie dal senso completamente opposto: una specie di “insalata visiva” da cui si esce tramortiti e
senza nessuna idea chiara in testa.
Lo zapping non fornisce concetti, né
principi, non risolve problemi stimolando l’induzione e la deduzione, ma
può impressionare, colpire, emozionare: ed è questo che si crede vogliano i giovani d’oggi, pure
emozioni.
I giovani comunicano attraverso lo
zapping: pronunciano parole, suoni,
usano espressioni mimiche, sono
abilissimi nell’“evocare”, ma incapaci di costruire periodi, come se le
strutture della mente si fossero dissociate.
È chiaro che si tratta di una generalizzazione che può sembrare indebita: in realtà mi riferisco a quel
mondo giovanile descritto dalle cronache, ricco di esempi che non bisognerebbe imitare, ma che si devono
conoscere. Esistono naturalmente
moltissimi giovani che non corrispondono alle caratteristiche negative qui riassunte, per questo parlo di
‘tendenze’ che emergono ma che non
riguardano la totalità dell’universo
adolescenziale.
Tuttavia questo pressapochismo del
sapere giovanile (e anche di molti
adulti) è oggi assolutamente strabiliante. La facilità con cui si danno risposte qualsiasi a domande qualsiasi
è sconcertante. Si dà seguito alla
prima impressione, senza riflettere.
È come la risposta a uno stimolo,
senza bisogno di riflettere: anche a
scuola le mani si alzano ancor prima
che l’insegnate abbia avuto tempo di
formulare la domanda, come se si
stesse partecipando a un quiz televisivo. Si ripetono parole difficili senza
conoscerne il significato, solo per il
loro contenuto estetico.
Anche i linguaggi dei giovani d’oggi
sono emblematici. Si tratta di un neolinguismo che difficilmente trova riscontro nei normali dizionari.Pure la
gestualità sta assumendo un posto di
primo piano soprattutto nei giovani,
consensualmente alla diminuzione
dell’uso del discorso logico-verbale
e della scrittura ‘non-email’. Nessuno tiene più il diario, o compone
poesie: malgrado la definizione degli
Italiani come un popolo di poeti e di
scrittori, il livello culturale non è
stato mai così basso.
È paradossale che proprio nell’epoca
in cui si è vinto l’analfabetismo esista un ‘analfabetismo di ritorno’,
causato dalla resistenza a scrivere e
leggere: è la musica, oggi, il vero linguaggio dei giovani.
Si arricchiscono, in cambio, le altre
forme linguistiche, quelle del corpo,
il secondo principale linguaggio dei
giovani dopo la musica. Ovunque si
soffermi lo sguardo, vediamo dappertutto sempre gli stessi vestiti, le
stesse scarpe e gli stessi cibi, che tutti
insieme rivelano non similitudini,ma
omologazione.
Si indossano vestiti rigorosamente
neri, come se la vita non fosse altro
che un lutto perenne, pantaloni, jeans
o tute mimetiche militari che calano
inevitabilmente fin quasi all’altezza
del cavallo o magliette così corte da
lasciare scoperto l’ombelico anche
d’inverno.
Inoltre, gli immancabili anfibi o meglio ancora gli scarponi militari tenuti slacciati e apparentemente
indossati per “comodità”, esprimono
il desiderio inespresso di dichiarare
guerra a tutti.
Da un po’ di tempo a questa parte,
giovani come questi non solo rifiutano l’autorità, ma non la riconoscono neppure, credendo di essere
abbastanza autonomi per poter decidere personalmente del proprio futuro.
Da questa convinzione nasce per
esempio,l’atteggiamento di sufficienza dei giovani di fronte agli insegnanti: proprio a causa della loro
insicurezza, oggi gli studenti, sempre
più deprivati a livello familiare di
una figura che rappresenti l’autorità,
ritengono di essere loro a comandare,
pretendendo di “capire ogni cosa”
solo perché sono nati ‘dopo’ i vecchi,
antiquati professori.
L’ideale di uno studente di questo
tipo sarebbe quello di poter scegliere
da sé le materie da studiare, le forme
di allenamento che più gli piacciono,
l’orario di lezione che più gli aggrada, e magari anche di auto-giudicarsi e di darsi lui stesso il voto! Una
generazione di studenti assolutamente autonomi, che ostentano disprezzo per l’ordine costituito,
nell’impossibile sogno di creare
“mondi migliori” fatti di puro divertimento, di disimpegno e di ‘libertà’
intesa nel senso di poter fare tutto ciò
che si vuole e cioè, in sintesi, una totale anarchia.
Gabriele Pecchioni
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.20
Pagina 2
Pag. 2
Dicembre 2009
temi ed attualità
Facebook:
la piazza virtuale
Facebook (inizialmente noto col
nome di Thefacebook) è un famoso
sito di social network e ad accesso
gratuito. Il nome del sito si riferisce
agli annuari con le foto di ogni membro che alcuni college statunitensi
pubblicano all’inizio dell’anno accademico e distribuiscono ai nuovi studenti della facoltà per conoscere le
persone del campus. Secondo alcuni
dati, nel settembre 2009 il numero
degli utenti attivi ha raggiunto i 300
milioni in tutto il mondo.
Facebook è stato fondato il 4 febbraio 2004 da Mark Zuckerberg,
all’epoca studente diciannovenne
presso l’università di Harvard, con
l’aiuto di Andrew McCollum e
Eduardo Saverin.
Dall’11 settembre 2006, chiunque
abbia più di 12 anni può parteciparvi.
Se lo scopo iniziale di Facebook era
di mantenere i contatti tra studenti di
università e licei di tutto il mondo,
con il passare del tempo si è trasformato in una rete sociale che accomuna tutti gli utenti di internet.
Il sito è gratuito per gli utenti e trae
guadagno
dalla
pubblicità.
Gli utenti creano profili che spesso
contengono foto e liste di interessi
personali, scambiano messaggi privati o pubblici e fanno parte di
gruppi di amici. La visione dei dati
dettagliati del profilo è ristretta ad
utenti della stessa rete o di amici
confermati.
Secondo degli studi svolti da Chris
Hughes “Le persone passano circa
19 minuti al giorno su Facebook”.
Oltre alle normali attività di facebook, sono state sviluppate numerose
applicazioni,tra queste vi sono FarmVille, Mafia Wars e Pet Society.
Per quanto riguarda il computer, il
71,1% dei ragazzi possiede un profilo su Facebook.
L’utilizzo dei social network, però,
viene spesso circoscritto tra gli
amici già conosciuti. Infatti, solo il
14,9% ha confessato di utilizzare Facebook per fare nuove conoscenze,
mentre il 28,7% ritiene che i social
network siano utili per rimanere in
contatto con gli amici di sempre o
con quelli che non si frequentano da
molto tempo.
Marroni Samantha
Alunno Noemi
Bocciolini Ilaria
Il fenomeno ha probaconsiderata: “Il Pobilmente avuto il picco
polo”, ovvero i clas“WE ALL LIVE IN A YELLOW SUBMARINE…”
massimo
all’inizio
sici cittadini italiani,
degli anni ’70, durante
letteralmente barcolil periodo d’ideologie
lanti e scarrozzati
politiche che prevededove il mare convano “l’Italia a porte
duce, o per meglio
abissi marini, e tutti siamo felici e
aperte”, incitando alle popolazioni, contenti che non si trovino più posti esprimersi, coloro che vengono oppiù o meno vicine, a venire in Italia di lavoro.
portunamente messi da parte.
per trovar fortuna.
Alcuni degli italiani, che gestiscono Smettendo di sfruttare ed estremizDobbiamo sostanzialmente ricor- aziende, o sono proprietari di qual- zare una faccenda ben più grande di
darci, che l’Italia, un paese tranquillo che attività, tendono esponenzial- articolo di giornale, possiamo amnon lo è mai stato. Nel dopoguerra, mente a preferire lavoratori immi- mettere che per accogliere immigrati, siamo probabilmente i numeri
uno, ma per introdurli ad un esistenza civile, ed equa, nei confronti
dei cittadini e dello stato italiano,
siamo i primi a sbagliare: a partire
dallo stato, per concludere con noi
cittadini. Spesso gli immigrati possiedono alcune facoltà, che un qualunque cittadino deve spendere metà
della sua vita, per ottenerle, e questo
fa crescere un ardore di razzismo
negli animi di tutti coloro, che faticano e sudano per portare il pane a
casa.
Ammettiamolo, l’Italia alla fin fine
è un grande sottomarino giallo, dove
tutti i nostri amici salgono a bordo, e
vivono accanto a noi, il cielo blu, e
il mare verde… così i Beatles immaginavano il “loro” yellow submarine, e la visione è poco distante
dall’Italia, se non fosse per infimi
dettagli, che rovinano un mondo soci sono voluti anni e anni per cercare grati più economici (evviva il lavoro gnatore pieno di pace ed amore.
di ripristinare la neutralità e la demo- in nero!), che fanno meno storie e la- Dulcis in fundo, la cagione dei nostri
crazia (cosa che ancora, sostanzial- vorano di più.
problemi rimane attaccata a noi con
mente, tende a oscurarsi), in passato I nostri fratelli immigrati quindi, possenti arti nerboruti, o, per meglio
mai ottenuta, in maniera da autore- sono l’ascia bipenne (a doppio ta- intendersi, alla specifica parte delgolamentarci. Gli scandali scende- glio, cioè avente due lame opposte) l’abbigliamento comune, nella quale
vano a fiocchi, e di giorno in giorno, che ci mantiene vivi e contempora- si è soliti nascondere la mano per
dal lontano 1948, qualcosa si è sem- neamente sul lastrico.
celar gli scongiuri.
pre trovato, per “guastare le feste”. Per ritornar sopra ai dati tecnici, Ricordate “Morto che parla!”, film
Gli italiani, furono i primi a immi- l’ISTAT, ha rilevato che sono quin- in cui è protagonista il Principe Angrare, sia in America, sia in Argen- dici, i paesi di maggiore affluenza, tonio de Curtis (Totò)? Il film ditina, sia in Germania, e per tanti questi, sono capitanati dalla Roma- ventò celebre, per una battuta
altri, semplicemente, dal meridione nia, che conta nel 2009 un incre- ripetuta dall’altezza più volte. Essa
al settentrione italiano. Si stima che mento del 347% degli immigrati probabilmente incrocia l’animo di
tra il 1876 e il 1976 partirono oltre rispetto al 2004, cioè circa 796.477 molti cittadini, dinanzi all’economia
ventiquattro milioni d’italiani (con romeni.
e all’immigrazione. Riassumendo la
un picco massimo nel 1913 di oltre Le cifre sono preoccupanti, ma al- trama, Totò, interpreta i panni di un
870.000 partenze), al punto che meno non dovremo lamentarci delle ricco nobiluomo dal “braccino
oggi, si parla di “grande emigra- nascite e della popolazione: al con- corto”, che trova persino il coraggio
zione” o “diaspora italiana”.
trario dell’istruzione possiamo com- di chiedere l’elemosina a un mendiCittadini! Siamo stati tra le più petere con altre nazioni.
cante fuori dal suo enorme e ricco
grandi nazioni a preparare la valigia La morale della favola è sempre la palazzo. I cittadini, venendo a conoe scappare con le gambe levate! Con stessa, tre grandi partiti che conten- scenza di un tesoro in monete d’oro,
ovvietà, dobbiamo compensare que- dono la torta: la “NIIA (Nuova In- studiano un piano per ingannare il
sta perdita d’italiani, oramai stabili- quisizione Ita-Ariana)”, i quali, non nobiluomo, che essendo taccagno,
tisi in terre lontane. A questo ci appena avvistano il primo soggetto non aveva minima intenzione di
pensano tutti gli amici immigrati. con tratti somatici considerati ambi- spartire il denaro con la restante citNon è una critica. La critica parte da gui, è soppresso senza pietà; in se- tadinanza. Si fa credere quindi alchi convince queste persone, che in condo luogo, invece, troviamo la l’uomo di essere morto, e dopo abili
Italia scorrano i fiumi di birre, e che “CVC (Corporazione dei Vampiri in stratagemmi, si tenta di sottrargli
negli alberi crescano banconote da Cravatta)”, facenti parte di tutti co- l’oro; l’impresa, in parte riesce.
500. Non siamo di certo ridotti come loro che sotto mentite spoglie si pro- Non avete ancora presente? “… E
i paesi del terzo mondo, ma nel no- fetizzano come benefattori, ma in io pago!”.
stro benessere, oramai da qualche realtà incrementano i disagi ad imtempo, iniziamo a perdere punti in migrati ed italiani; e per finire, la faborsa. L’economia è ai livelli degli zione più popolosa, ma la meno Mercati Marco
Immigrazione: l’ascia bipenne
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.20
Pagina 3
Dicembre 2009
È l’inizio di un nuovo anno scolastico. Che ne pensa delle nuove
classi prime arrivate nella scuola?
Questo anno abbiamo sei classi
prime, quattro di biennio comune e
due di liceo. Dai primi consigli di
classe l’impressione è buona, anche
se qualche studente ancora non ha
capito che alle superiori è richiesto
un impegno di studio maggiore anche perché ci sono tante nuove discipline, soprattutto quelle scientifiche,
che necessitano di un’applicazione
costante e non superficiale.
Come mai ha deciso sulla divisione
dell’anno scolastico in trimestre e
pentamestre?
Questa è una decisone che non
prende il Dirigente Scolastico da
solo ma che viene votata in Collegio
dei Docenti. Si tratta di sperimentare
questa nuova modalità già attivata in
molti istituti con buoni risultati.
Negli anni passati notavamo che la
pausa natalizia creava qualche problema in termini di concentrazione
degli studenti e di continuità, per cui
risultava sempre un mese di gennaio
particolarmente pesante perché dopo
la pausa si susseguivano tante verifiche. Questo anno potrà essere più
pesante il mese di dicembre, ma poi
gli studenti potranno riposarsi tranquillamente durante le vacanze natalizie perché a Gennaio inizierà un
nuovo periodo.
Lei conosce scolasticamente ciascuno di noi?
Per quanto possibile partecipo a tutti
i consigli di classe pertanto conosco
l’andamento didattico di tutti, inoltre
se ci sono situazioni particolari i Docenti coordinatori me le segnalano,
tanto è vero che mi è capitato spesso
di chiamare studenti che rivelavano
particolari problemi di rendimento
per capire meglio le cause ed eventualmente intervenire. Devo dire che
mi fa molto piacere anche poter fare
i complimenti a quegli studenti che
si impegnano con serietà e dedizione, ottenendo i risultati che la
scuola si attende da loro.
Lo sa che molti studenti avranno un
trimestre disastroso? Lo sa che i genitori reagiranno in modo irascibile
vedendo la pagella del loro figlio?
Sinceramente mi auguro che le situazioni disastrose siano il meno
possibile. Certo le partenze lente non
sono costruttive perché poi la ripresa
è sempre molto faticosa. Il consiglio
che diamo sempre agli studenti è
studiare in modo costante, ogni
giorno, senza rimanere indietro, solo
così si possono ottenere risultati positivi. Per quanto riguarda i genitori
è normale che abbiano reazioni negative di fronte a cattivi risultati.
Ogni genitore si aspetta che il figlio
dia il meglio di stesso, che sappia
sfruttare appieno la possibilità che
gli viene data, a volte con sacrifici,
di studiare e farsi una cultura, guadagnarsi un titolo di studio; per cui
Pag. 3
_Ë|ÇàxÜä|áàt
se vedono disimpegno, vagabondaggine e apatia i genitori hanno ragione ad innervosirsi. In questi casi
occorre che ci sia la massima collaborazione tra scuola e famiglia.
Da quanto tempo svolge la funzione
di Dirigente Scolastico?
Questo è il mio terzo anno.
Preside, quali sono state le sue precedenti esperienze lavorative all’interno dell’istituzione scolastica? Ha
svolto altre attività al di fuori di
essa?
Io sono laureata in Economia e
Commercio, per cui finita l’università e un master post lauream ho iniziato a lavorare prima nel marketing
di un’importante azienda alimentare,
poi sono stata consulente in un consorzio di aziende del territorio; in seguito ho fatto il concorso per
l’insegnamento e l’ho vinto. Ho insegnato per quindici anni economia
aziendale poi, essendo la mia classe
di concorso sempre in sofferenza, ho
deciso di fare il concorso per Dirigente Scolastico per cui eccomi qua.
Quali sono i suoi progetti immediati
e a lunga scadenza che ha in mente
di realizzare nella nostra scuola?
Domanda da … 100.000 euro!
Penso che innanzitutto sia necessario che all’interno della scuola si
consolidi un clima sereno e costruttivo in cui ciascuno, Docenti, Studenti, Personale Ata, Genitori e lo
stesso Dirigente Scolastico siano
motivati a svolgere al meglio il proprio ruolo; questo significa lavorare
ciascuno con coscienza e impegno
rispettando gli altri. Vorrei inoltre
mantenere alta la tradizione di questo Istituto, che ha rappresentato
sempre un punto di riferimento fondamentale per il nostro territorio formando la maggior parte dei tecnici
delle nostre imprese, nonché ottimi
laureati tra cui molti ingegneri. Per
fare questo è necessario stare sempre
attenti alla rapida evoluzione delle
tecnologie e mantenere buoni rapporti con il mondo del lavoro perché
ci possano essere sempre importanti
sinergie.
Che cosa ne pensa del nostro edificio scolastico? Molti pensano che la
parte vecchia della scuola dovrebbe
essere ristrutturata.
La prima volta che sono entrata in
questo istituto sono rimasta affascinata dalla splendida scalinata della
parte più antica che è veramente
maestosa. Certo l’edificio antico, ex
convento, non nasce come scuola,
quindi alcuni spazi possono risultare
un po’ angusti, l’impianto di riscaldamento andrebbe rinnovato (i lavori sono previsti per il prossimo
anno) ma complessivamente mi pare
che nonostante l’età risponda adeguatamente alle nostre esigenze.
Ci può descrivere la tipica giornata
di un Dirigente Scolastico?
Non è molto semplice perché le problematiche che deve affrontare un
Dirigente Scolastico sono le più
varie, c’è sempre qualcosa di nuovo.
Si va da questioni di tipo amministrativo -ad esempio acquisti di beni
e materiali (purtroppo sempre meno,
vista la carenza di fondi)- a rapporti
con tutti i soggetti che operano nella
scuola: Docenti, Studenti, Genitori,
Personale Ata, nonché rapporti con
le altre scuole e con il territorio in
genere. Ognuno ha esigenze ben
precise e molto varie perciò il da
fare non manca mai; comunque il
Dirigente Scolastico rappresenta il
punto di riferimento per tutti quanti,
nella sua giornata deve trovare il
tempo per poter dare ascolto a tutti
e non è sempre facile.
Quali sono secondo lei i punti di
forza di questo istituto?
Innanzitutto il fatto di offrire degli
indirizzi sempre molto richiesti dal
mercato del lavoro, il poter contare
sull’insegnamento di molti Docenti
che oltre ad essere insegnati sono
anche liberi professionisti e riescono
a tenersi aggiornati ed in contatto
con il mondo produttivo. Un altro
importante punto di forza è la possibilità di utilizzare la didattica laboratoriale che facilita gli apprendimenti.
E i punti di debolezza?
Più che di debolezza, parlerei di una
preoccupazione: quella della difficoltà di tenere il passo con l’evolversi della tecnologia, e quindi
tenere aggiornati i numerosi laboratori di cui disponiamo. La tecnologia
viaggia veloce ma noi non abbiamo
sempre i mezzi per attuare gli investimenti in attrezzature che sarebbero necessarie. Purtroppo, come
sapete, l’investimento di risorse
nella scuola non è più - da tempo una priorità in Italia. A questo cerchiamo di supplire attraverso l’utilizzo di programmi informatici di
simulazione, ma certamente non è la
stessa cosa.
Che cosa vuol dire per Lei fare la
preside?
Avere una grande responsabilità nei
confronti di molteplici soggetti:
della società in genere, perché buone
scuole formano buoni cittadini.
Verso gli studenti, che hanno il diritto di poter ottenere un’istruzione
adeguata; nei confronti dei genitori
che ci affidano quotidianamente i
propri figli con la speranza che crescano ragazzi responsabili, maturi e
competenti. Verso il mondo del lavoro e verso tutte le persone che
nella scuola lavorano e che devono
essere messe in condizione di poter
svolgere al meglio il proprio compito.
Ha dei figli? Affronta con loro le
problematiche giovanili, in che
modo?
Si, ho due figli della vostra fascia di
età, 17 e 15 anni, con i quali ho un
buon rapporto per cui abitualmente
parliamo dei problemi che incontrano a scuola o nello sport o con gli
amici.
Quando andava a scuola, quali erano
le sue materie preferite? Quali materie invece non le piacevano proprio?
Non avevo delle preferenze particolari, mi interessavano tutte, forse
avevo una leggera preferenza per la
matematica .
Cosa ne pensa del giornale?
Credo che avere un giornale di Istituto possa essere un’ottima occasione per conoscerci, per creare una
vera comunità, per confrontarci
anche su temi che non sono propriamente scolastici ma che magari interessano voi ragazzi.
Cosa risponderebbe se i ragazzi di
questa scuola le proponessero di organizzare una grande festa di fine
anno?
Penso che al termine di un lungo
anno scolastico in cui tutti ci siamo
impegnati seriamente ce la potremmo anche meritare…, bisognerebbe però individuare degli spazi
adeguati.
Faccia un augurio a tutti i ragazzi
della nostra scuola.
Vi auguro di non sprecare il vostro
tempo e le occasioni di crescita che
avete di fronte, ma di vivere ogni
momento della vostra vita con entusiasmo e fiducia nelle vostre capacità.
Bacci Alice
Traversini Mirko
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.20
Pagina 4
Pag. 4
they survived was because
they had found a large pot in
the dirt full of hard,old and
dry corn. Even though the
winter went by very slowly,
they had no trouble with the
Indians.After that long winter/in the spring,an Indian
named Squanto came to the
village of the pilgrims.
Everybody was very surprised when he spoke to them in
English. He explained to the pilgrims that he was the only survivor
of his tribe that died off about 20
years before because of an unknown
desease. He also explained to them
that he had been taken prisoner some
time back and brought to England as
a slave, and that’s how he learned his
english. Squanto saw that the pilgrims had no idea on how to survive
in a wilderness, so,he taught them all
the tricks and secrets to fishing,
planting,reaping,hunting and building. At the beginning of the winter
the pilgrims had so much food that
they decided to have a party and
thank God for all these blessings.
They invited Squanto and other of
his Indian friends from around the
area to celebrate with them. This
holiday was then passed on as a tradition, until the Civil War, around
POLIS
BANCO
Dicembre 2009
So....
WHAT IS THANKSGIVING?
Thanksgiving is an American holiday celebrated on the fourth Thursday of November.This favourite
-to-all holiday has a quite interesting
history behind it:in November of the
year 1620 a group of English puritans sailed across the atlantic Ocean
to escape the persecution of the
Church of England and landed on
the New World where they would be
free to have their own religion.
When they arrived they were all
very tired but happy, they were finally free! That winter was a long
one, the food rations were very
small, one of the reasons for which
the 1850s, President Abraham Lincoln declared it an oficial holiday on
the fourth Thursday of November.
Nowdays Thanksgiving is more than
just a large dinner: everything is
closed on that day, the schools get
the week-end off, even the stock
market is closed! Around noon there
is always a football match between
the Dallas Cowboys and the Detroit
Lions (don’t they ever get tired of
that?!). the Defence Forces (Army,
Airfirce, Navy, Marines, ect) get the
privilege of a super nice Thanksgiving meal! Not all of the soilders get
the special privilege of beeing able
to go back home hat day. Americans
that are outside the U.S. usually celebrate it on their own, there has not
been one year that I haven’t celebrated Thanksgiving! My family
usually celebrates Thanksgiving on
a saturday so that we can take the
whole day off. Our Thanksgiving
dinner has this menu’: roasted
turkey with stuffing, cranberry
sauce, jello, potaoes, apple sauce,
dinner rolls, carrotes, corn, pickles.
For dessert the word is apple pie and
pumpkin pie! If you ever eat a
Thanksgiving meal you won’t eat
for a long time!
Philip J.Aguirre
“Una
scomoda verità a scuola”
Un film sull’inquietante problema del riscaldamento globale
Oggigiorno, a causa di gravi problemi, provocati soprattutto dall’uomo, si sta andando incontro ad un
riscaldamento globale del pianeta. Ma
perché sta accadendo ciò? Questo
tema è stato discusso nel film “Una
scomoda verità”, nel quale Al Gore,
candidato ex-vicepresidente degli Stati
Uniti d’America, ha esposto le sue
idee riguardo a questo problema. Attraverso alcuni studi portati avanti da
scienziati, si è scoperto che la causa
principale di questo innalzamento
della temperatura è il biossido di carbonio, chiamato anche anidride carbonica (CO2), un gas serra prodotto dagli
scarichi e dall’inquinamento dell’uomo. Questo, salendo nell’atmosfera, il sottile involucro di gas che
ricopre la Terra, provoca un fenomeno
chiamato “effetto serra”, cioè il calore
del Sole viene intrappolato sulla super-
ficie terrestre, facendo aumentare la
temperatura. Ciò è molto rischioso,
perché si potrebbero sciogliere i ghiacciai dei poli e delle vette più alte, provocando l’innalzamento del livello
marino di alcuni metri. Questo fenomeno porterebbe all’estinzione di alcune specie animali, come gli orsi polari, e alla scomparsa di alcune terre
emerse, che verrebbero sommerse.
Un’altra catastrofe potrebbe essere la
nascita di violenti uragani e tornado a
causa dell’aumento della temperatura
marina. Ci sono però delle persone,
come lo stesso Al Gore, che dicono
che questo problema può essere risolto, ma per far ciò tutto il mondo dovrebbe collaborare. Ci sono, infatti,
diverse soluzioni per affrontarlo. Alcune di queste sono l’ utilizzo di energie pulite(idroelettrica, geotermica,
eolica, solare, nucleare) invece dei
combustibili fossili(petrolio, gas metano, carbone),perchè non inquinano e
sono inesauribili; oppure il riciclaggio,
cioè il metodo di recuperare oggetti
già utilizzati per crearne dei nuovi.
Nel film, Al Gore suggerisce che lo
sviluppo economico di un paese possa
andare di pari passo col benessere
della popolazione e ci invita tutti a tenere un comportamento più rispettoso
verso la natura. Forse oggi non si sentono ancora i rischi legati al problema
del riscaldamento globale, ma tra alcuni anni, quando le persone vedranno
con i loro occhi le conseguenze causate da questo fenomeno, si renderanno conto che sarebbe stato meglio
intervenire subito, anziché aspettare
che l’inquinamento trasformasse la
Terra in un luogo inospitale.
Rossi Andrea
IDENTIPROF
Se li conosci non li temi!
Dal simpatico che ti dà una mano,
alla carogna con la nota facile, allo
stralunato vittima degli scherzi, questi classici non potranno mancare…
E voi, ne riconoscete qualcuno?
IL CONVINTO
A volte i prof non si sanno proprio
rassegnare! Il convinto crede di essere come te. Giovane. Fa di tutto
per sembrarlo, dal linguaggio ai cellulari di ultima generazione. Sempre
pronto a regalare grandi sorrisi e
gesti tipo “ok”, ride a tutte le battute,
ma nessuno sa se le capisce davvero.
Frase celebre: Io vi capisco, sono
uno di voi, però…
La dritta: sconsigliato fargli notare
quanto sia datato, meglio vezzeggiarlo per la sua disponibilità e per la
sua vicinanza alle tematiche giovanili!
LA METEORA
Risponde spesso alla descrizione di
supplente simpatica. Sul suo viso è
ancora visibile la fiamma sacra della
passione per l’insegnamento, è incoraggiante e complice. Potrebbe addirittura abbonarti un’interrogazione
disastrosa, ma non ti sconta la battuta sui tuoi pantaloni a vita “un po’”
bassa con battute del tipo “stai perdendo i pantaloni?”
Frase celebre: E va bene, ti interrogo
domani. Ma dimmi: che ti succede?
La dritta: approfitta della sua esperienza in tutte le materie, potrai scoprire che alcune di queste non sono
così ostiche!
L’INCUBO
Probabilmente uscito da un’altra
epoca o dimensione, ti chiama sempre e solo per cognome e, mentre lo
fa, dà la sensazione di esserti macchiato di crimini indicibili! La sua
camminata risuona, per un misterioso fenomeno acustico, con un effetto eco che rimbomba nelle
orecchie dello studente anche
quando ormai è al sicuro a casa.
Frase celebre: Ai miei tempi sì che
si studiava… Altro che internet!
La dritta: Preferibile adottare la tecnica “studente ombra”… cellulare
spento (= silenzioso) e cerca di sembrare “almeno” attento!
LA VITTIMA
Praticamente un “antistress”, questo
prof è il capro espiatorio dei malumori scolastici. Troppo buono per
reagire alle provocazioni, le sue lezioni sono un’occasione di svago e
non prevedono interrogazioni se non
concordate. Riconoscere la classe in
cui sta facendo lezione è facile: basta
seguire il frastuono da rave party!
Frase celebre: Dai ragazzi, non fate
così, dimostratevi maturi…
La dritta: Mai farsi prendere la
mano, dopo anni di angherie subite
potrebbe decidere che è troppo e
vendicarsi agli incontri genitori-insegnanti!
Ilaria Cipolloni
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.20
Pagina 5
Dicembre 2009
Pag. 5
(UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ CITTÀ DI CASTELLO, I
luoghi e la memoria (il passaggio del fronte a Città di Castello e
dintorni - 19 giugno/22 luglio 1944), a cura di A. LIGNANI e M.
MASTRIFORTI ROMEGGINI, Trestina, 2003 pp. 36-39).
RIDIAMOCI SOPRA...pillole castellane
’era a la Matonèta m vecchiètto tutto arzillo, che gni prèse
l’idèa d’arpijjè mòjji: aéa ottant’ani!-Ma, tò sé mato!- Nò, nò!
Dico per daèro. Basta che me chèpiti! E gni capitò daéro na dòna
pe la qualé; arà autò sé e nò trent’ani: béla e anche tròpo furba, perché ma quèlla gni premèono i sòldi. Lù éra vèchjo transito, e lì aéa
fato béne i su cònti.
- Ma te père, mingno! - gni dissono i su amici ma quèl tontarèlo –
E si sucède qualcosa? - Pacenza, còchi, n’arpijjarò n’antra! Me
cojòni tò? Vaji dì ch’éra n tònto! (MINCIOTTI M. , E fuggìa cumme
l lùzzino, cit., p. 63)
C
arcordo che la “Dante” ‘n c’aea fissa dimora/e ‘n se trovèa
miga ‘n du ch’è ora!/I primi du’ ani a S. Francesco l’ho
fatti,/melè al convento,c’era ‘n freddo da matti!/c’era ‘na stufa che
ci riscaldèa/ma l’aula era grande e se bubbolèa.../Doppo du’ ani de
freddo e prigionia,/da che la scola semo iti via,/ci mandaron giò davanti a Scucutta/ma la situazione ‘n era men brutta,/i banchi novi
però e ‘l termosifone/mijoraono ‘n po’ la nostra situazione.../Apena
giònto totto ‘mbrigulito/se ‘n aei studièto te dèono ‘l ben servito,/te
spedion cul bidello dal preside Anania/che sfilèa giò ‘na bella litania.../C’era ‘n’antra cosa che ve farà ‘n po’ ride:/è che le femmine
dai maschi eron divise/e se qualcuna c’aea ‘l filarino/s’acontentèa
sol de fagni l’occhino.../Era proprio cosè, io ve ‘l giuro,/amò stète
meio, quest’è siguro:/c’aete ‘na scola che l’han costruita/quand’io
da la media so uscita,/le aule en grandi, ariose, asolète,/ ‘n en come
‘na ‘olta mezze scrostète,/ma se a qualcuna gni père malandèta,/arlèga da chèpo com’io me so trovèta. (CLARA CHECCAGLINI).
M’
RICORDI DI SCUOLA... pensieri nostalgici
el settembre 1943, avevo 23 anni, abitavo a Rignaldello ed insegnavo all’Istituto San Francesco di Sales di Città di Castello.
Fu in questa circostanza che mi trovai coinvolta in una situazione
pericolosa, delicata e complessa…
Ignazio Pisciottu, Colonnello di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano che dopo l’8 settembre ‘43 non voleva mettersi al servizio dei
Tedeschi, con la sua famiglia arrivò a Città di Castello da Padova.
Anna Marras, cognata del colonnello, mia amica, li aveva indirizzati a me… procurai a questi sfollati un lavoro, cioè l’insegnamento
presso l’Istituto Magistrale. Pisciottu, colonnello in incognito, essendo ingegnere, insegnava Matematica, le cognate Lettere. Va
detto che io ero la sola depositaria del segreto del colonnello, che,
essendo disertore, rischiava la fucilazione, ed allo steso modo la rischiavano tutti coloro che l’avessero aiutato… Il mio collega faceva
scuola “alla militare”. Tutti gli esempi di matematica e fisica che
portava erano tratti dalla pratica delle armi e dalla scienza militare.
Inoltre il suo modo di muoversi e di vestirsi ricordava in pieno la
sua provenienza, e questo era molto rischioso. Un giorno, vicino
alla stazione, incrociammo un militare ed un ufficiale che si trovavano ai nostri lati, provenendo da sensi opposti. Il soldato accennò
il saluto militare all’ufficiale ed il mio collega colonnello rispose
macchinalmente al saluto, con tanto di battere di tacchi. Lo rimproverai vivamente esortandolo ad essere più accorto; infatti, come
ho detto, rischiavamo ambedue la fucilazione e correvamo il pericolo di coinvolgere tutti coloro che ci avevano aiutato. Ora, dopo
tanti anni, ci si stupisce di questi atti di eroismo semplice e spontaneo.
N
Emozioni di ieri - Emozioni di ieri
ra i miei compagni c’erano quelli che provenivano dalla campagna, alcuni venivano a scuola in bici, altri che abitavano
più lontano, rimanevano a pensione presso famiglie cittadine. Un
giorno un mio compagno di Promano disse: “Professore, i miei
compagni mi grencono!” (da dietro c’era chi con i piedi gli spingeva la sedia in avanti). Un altro di Morra, durante l’interrogazione:
“La terra bira intorno al sole”. Le loro espressioni dialettali, diverse da quelle della città, diventavano oggetto di scherzi fra noi
alunni. Ma l’inserimento degli abitanti della campagna nel tessuto
sociale cittadino avveniva anche attraverso questi contatti: linguaggi e mentalità diverse si incontravano a scuola per trasformarsi
poi in rapporti di amicizia, stima e affetto”. (TOMMASO BIGI).
“F
l lungo muretto del ponte d’ingresso alla città da Porta
S. Giacomo, per decine e decine di studenti del nostro
istituto, per la sua comoda altezza da terra e per la larghezza delle
sue pietre, ogni mattina, prima che la campanella suonasse l’inizio
delle lezioni, serviva per la copiature dei compiti, per chi non li
aveva fatti a casa o per chi voleva correggerli. Ad un certo punto
la professoressa di matematica, signora Batocchi, appena entrava
in Classe, apriva un foglietto e leggeva i compiti di coloro che avevano copiato i compiti. Grande era la nostra sorpresa, pensavamo
che tra noi ci fosse una spia! Scoprimmo in seguito che la professoressa era venuta ad abitare nella palazzina “Pirazzoli” che aveva
le finestre di fronte lo “ scrittoio di pietra” e quindi dopo anni ed
anni venne meno la funzione di questo muretto. Peccato!
“…I
a curva di Bacchi: frequenti erano le scazzottate fra
studenti, ma la Scuola Agraria si distingueva per aver
introdotto uno spazio particolare e unico per lo svolgimento delle
sfide: la curva adiacente alla concessionaria “Bacchi” si può oggi
chiamare il primo palazzetto dello sport.
I contendenti, circondati da un alone di studenti, si battevano stimolati dalle urla e dagli applausi del chiassoso pubblico che faceva
il tifo. Spesso però alle lesioni provocate dalle botte si aggiungeva
la punizione del poderoso Preside prof. Nicastro che puniva ed intimoriva tutti, perché, salendo su una seggiola, prendeva per le
orecchie i focosi contendenti e li alzava al pari della sua cintura;
oppure pestando le punte delle scarpe ci riempiva di ceffoni senza
darci la possibilità di indietreggiare…
“…L
amosa era la rivalità fra gli studenti della Scuola
Agraria e quelli del Liceo, alimentata dalla mentalità
di quel tempo, che classificava le scuole in serie A e serie B. La selezione scolastica avveniva, salvo casi eccezionali, non per requisiti intellettuali degli studenti ma per la loro appartenenza ad una
famiglia agiata o povera e ai miei tempi la povertà era tanta ma
non mancava ai genitori l’ambizione e la volontà di far studiare i
propri figli. (PRIMO BARELLI, detto Primetto, componente del Consiglio di Amministrazione negli anni Sessanta).
“…F
COME ERAVAMO... la battitura che festa!
a battitura consisteva nello staccare i semi di grano dalle
spighe, e per farla ci volevano una trentina di persone. Queste persone erano i vicini di casa. Il contadino che batteva, li ringraziava facendo un grande pranzo al termine della battitura (o
cena, a seconda dell’ora in cui si finiva). Per quanto riguarda la
battitura, cinque o sei persone facevano il pagliaio, ammucchiando
la paglia che usciva dalla macchina da battere. Altre cinque o sei
mettevano le manne o grigne di grano (che erano ciocche di grano)
sulla macchina con il forcone. Quattro o cinque persone stavano vicino al tubo dove usciva il grano, per metterlo dentro le balle. Mentre la battitura procedeva, le balle che erano già riempite, e che
pesavano ben 101 kg ciascuna, venivano portate un po’ al padrone,
e un po’ venivano lasciate al contadino. Quelle del padrone gli venivano portate direttamente alla fattoria e precisamente nel consorzio, mentre quelle del contadino erano messe nel granaio. La
battitura era una grande festa, era una delle poche occasione per
noi giovani per incontrarci con i nostri coetanei, conoscere le ragazze, e fare amicizie, quindi nei campi e nell’aia era tutto un risuonare di scherzi, canti e filastrocche. La battitura era importante
anche perché finchè non si è evoluta la mezzadria, era l’unica fonte
di sostentamento, e con il raccolto si doveva campare tutto l’anno.
Come ho già detto, per ringraziare i vicini, si faceva il grande
pranzo o cena, per l’occasione ci si faceva cucinare dalle donne di
casa tutti gli animali più buoni e prelibati. Un piatto classico erano
le tagliatelle al sugo d’oca. Finita la cena, finiva la battitura, ma
non il lavoro di noi contadini che iniziavamo già a preparare i
campi per il raccolto dell’anno successivo!” (DARIO PIPPIOLINI)
“L
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.21
Pagina 6
Pag. 6
Dicembre 2009
ITISTIME
Una mattinata a scuola:
atto I
Il tragico scorrere delle ore
scolastiche
Inizia la routine. E’ la solita mattinata quando i larghi passi accompagnano alla gogna. I rintocchi
dell’orologio scandiscono il
tempo, assieme alla suola delle
scarpe mentre il patibolo si avvicina sempre più.
Ci siamo. La porta è là davanti, la
folla d’inebrianti ascoltatori è piazzata, ognuna al suo posto ad attender la sentenza del boia: “Avanti!”
“Mi faccino il piacere”, ma che
folla e folla! Alle 8.30 del mattino
vige il frastuono del ghiro, perbacco!
Una tumultuosa stesura di tavolini
temperati di un arancio elettrico
rimbalza allo sguardo del visitatore, applicando di prima mattina
studentesca, una nuova dose psichedelica di confusione mentale.
Ma nonostante tutto, esiste comunque, un banco che fa da re, il centrale, dirimpetto alla scura lavagna,
che tetramente, segna il confine tra
la disperazione ed il male d’essere
interrogati. Seduto nel tavolo formato famiglia, battezzato “cattedra”
siede
“approfessò!”,
comunemente conosciuto come
“Patrizio”. Appostati nei pressi
dei bulbi oculari del presente
esemplare, abitano due specchi riflettenti, ricavati dalle varie vetrate
dei jet, opportunamente sagomate,
utilizzando la legge fisica chiamata
“rombo di trattore”.
Inizia il duello. “approfessò!”
scarta gli avversari, e con grazia
“elefantinea”, elogia la duttilità
del collega, ivi di fianco: “Carloo!
Famme fa disegno, che ‘ste zucche
rampine ‘n san’ tené manco le
squadre!”.
“Patrizio! Non m’interessa, tu hai
due ore in più con loro! Fammeli
portà giù in laboratorio!” così replica.
Con aria tendenzialmente ammiccante, e l’occhietto destro in procinto d’atto d’intesa, l’esemplare
di “patrizius approfessorum”, si
accinge a voltarsi dinanzi alla folla
che lo assiste con lo sguardo.
Scuote leggermente il capo, e acconsente alla manovra diversiva:
ripiegare in laboratorio. Sconsolato, il nostro eroe si ritira in un angolino appartato con i ferri del
mestiere: carte e penne. L’abile
collega, si avvia alle macchine
utensili, danzando all’interno di un
loculo, contenente per molte neofite femminili, un enorme varietà
di macchinari destinati alla tortura.
L’abile collega non si fa spaventare, una ragazza sceglie, per filettare. La disgraziata, che l’ultimo
dei suoi pensieri è lavorare, subito
cerca di divincolarsi, scivolando
silenziosamente dietro compagni,
evitando in ogni maniera l’avvistamento e imprecando tutti gli dei
della tecnologia (“approfessò!”
compreso).
L’avventura termina presto. L’assalto alla roccaforte del tornio dura
ben poco (dannato cambio di velocità), si rivela quindi impresa facile
ai più. In tale maniera facendo,
scorrono cento minuti, come una
lacrima di refrigerante bagna
l’utensile, e densa, scorre placida
verso il basso.
Pausa. C’è concessa una parte
dell’ora d’aria.
La massa “ipercalorica” sbuca
fuori dalle classi, inebriando il profondo silenzio di un corridoio tendenzialmente gelido. L’anima
lentamente si scalda, mentre sussulta, a ogni boccone del rancio in
precedenza richiesto. “approfessò!” con tutta calma torna indietro, facendo stazione nella classe di
partenza. Raccoglie mestamente
registri, disegni e cartellette varie,
piene di tavole tecniche realizzate
dai più.
Fine dei giochi. Termina l’intervallo. Altro educatore, altra musica, altro stupore.
Si fa per dire. Gli aforismi sono oltretutto oggetto di rimprovero di
una certa docente. Non è tuttavia
questo di cui ci dobbiamo occupare.
Dal fondo del corridoio, una figura
longilinea, alta, si dirige a passi veloci verso la classe di destinazione.
Ondeggia un poco, assieme a ciò
che indossa: d’ordinanza la giacca,
la cravatta e la camicia.
L’ingresso in aula è lesto: subito si
accomoda nel banco reale, sfogliando velocemente l’oscuro giornale di classe: il letterato in legge si
appresta a interrogare.
“Paralisi!” i dolori che sorgono in
certi momenti, non sono per niente
descrivibili. Se un consiglio volete
accettare, durante questa lezione,
badate bene, le finestre, dovete
aprire. Eh sì, la scena è ben presto
descritta: tutti gli studenti curvi,
chi per malori temporanei, chi per
rileggere velocemente la lezione,
chi invece per progettare la prossima burla.
L’atto è solenne, e in sottofondo si
ode il triello de “Il buono, il brutto
e il cattivo” di Ennio Morricone, i
dettagli scenici però, giostrano tra
gli sguardi degli studenti e la penna
del professore, che lentamente
scende nel giornale del docente, facendo pompare sempre più adrenalina nelle vene. L’impreparato di
turno (chissà perché!) è sempre di
colorito pallido, e proprio per questo, si sente già dinanzi all’insegnante.
“Interroghiamo, interroghiamo ...
PINCOPALLINO!” esordisce l’insegnante, mentre un sorrisino si dipinge lento nelle labbra:
“Scusatemi ragazzi, ho sbagliato,
venga Tizio!”. Il povero “pincopallino” opportunamente interrogato la lezione precedente, in
questa dichiarazione dei redditi
così esplicita da parte del professore, vede perdersi dei punti in
borsa, intestati a “destino della tua
esistenza” o, per meglio intendersi,
giungerà a miglior vita circa dieci
anni prima del previsto.
La clessidra mentale che ogni studente possiede, fa scivolar l’ultimo
granello di sabbia: finisce l’ora di
lezione, altri cinquanta minuti sono
stati consumati.
La prossima lezione, chissà, cosa
succederà. Sarà sicuramente raccontata come cronaca avventuriera.
Studenti, professori, chiunque
legga: se ancora desiderate scoprire, seguite il prossimo atto, nel
numero venturo del nostro giornale.
A cura di Mercati Marco:
reale insieme, ritmato da razzano questo spirito di Una gita, per trovare una
Una cartolina dal…
Future show – Bologna slogans senz’anima. Una grandi attese… un’attesa di certezza, una conferma: il
…lazzi, incredibili suoni,
schiamazzi di giovani in attesa impaziente per entrare in questo luogo
diverso; non una possibilità, però, per uscire dal solito essere, ma come
sempre, persi in un vortice
inebriante di frastuono,
che annienta ogni possibile
ego… incalzati disciolti in
questo spazio virtuale e
gita come mille di quest’epoca di cecchinaggio
“consoummé”che
tutti
sono maestri nell’impiantare nella testa di questi ragazzi estremamente “forti”,
come perdutamente o volutamente deboli… una maschera stereotipa, un
giacchetto, un paio di
“zeppe” Fornarina, un
jeans residuato bellico, con
i quali tutti abilmente co-
se stessi, in un grande futuro, di ricchezza a tutti i
costi, facile da raggiungere… come è facile percepire, immergersi in questo
immane luccichio di “Future”, che ti avvinghia in
una forte emozione, pompato come a loro piace, vestito e corazzato… una
discoteca a pelle nuda, sudata, stretta, nei seni di
una show girl…
loro “Future” è questo
perché studiato a tavolino
da ragazzi dinamici in doppiopetto e GSM, un domani di due mondi “media”:
attori e spettatori contemporaneamente in un unico
spettacolo… autofertilizzante… per adesso Leopardi può attendere…
Prof. Patrizio Mezzetti
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.21
Pagina 7
Dicembre 2009
Pag.7
SCUOLA e ISTITUZIONI
Rovine Gelminiane
Stiamo assistendo in questi ultimi anni ad un degrado sempre maggiore della scuola italiana, sia da
parte degli alunni che degli insegnanti ma in principale modo delle
istituzioni. Sarà che noi alunni siamo
sempre più indisciplinati verso i professori e i rapporti fra professori e
alunni diventano sempre più difficili.
Siamo di fronte ad una scuola sempre più rifiutata. E questi fattori negativi sono tanto maggiori quanto
più si passa verso scuole di periferia
e verso scuole di minore prestigio sociale e intellettuale. Viviamo in un
periodo di profonde trasformazioni,
si ha un accelerato progresso tecnico
scientifico, ma nella scuola questo
progresso si avverte in senso opposto a causa dei giovani che sono sempre più sottoposti a una miriade di
stimoli esterni, il più delle volte estremamente condizionanti in senso negativo.
Conseguentemente alla riforma attuata dal ministro Maria Stella Gelmini, sono state indette dai movimenti studenteschi italiani molte manifestazioni come quella che si è svolta il 17 novembre scorso, nella quale si
contestavano i tagli effettuati dal Ministro in ogni ordine e grado scolastico,
non escludendo l’università. Gli studenti non ci stanno a frequentare una
scuola che non si tiene in piedi dal punto di vista economico; sempre più privata dei suoi strumenti o attrezzature necessarie per svolgere la normale at-
tività didattica. Questa è una realtà di
fatto che è testimoniata dalle immagini che appaiono frequentemente ai
telegiornali riguardo certe verità scolastiche soprattutto in determinate
zone; scuole fatiscenti, soffitti a rischio di crollo,sistemi di sicurezza
inefficienti. Per non parlare poi dei
tagli orari per certe materie di insegnamento in diversi gradi di scuola.
Finanziare la formazione e
l’istruzione è un dovere fondamentale dello Stato e delle Istituzioni e
rappresenta un diritto degli studenti
avere le garanzie base per frequentare una scuola sicura ma soprattutto
una scuola che miri all’innovazione
dei processi e degli strumenti educativi.
Per questo motivo, in quel 17
novembre si è evidenziato l’importanza che rivestono i finanziamenti
per l’istruzione, ma sarà solo l’inizio
di una lunga serie di richieste che gli
studenti attiveranno e dimostreranno
in “piazza”attraverso un “grido d’aiuto” che miri alla riuscita della propria
formazione.
Perché anche se gli adulti sono un po’ scettici nei confronti dei giovani,essi
in realtà oggi si sentono coinvolti in prima persona nelle vicende scolastiche
e vogliono dimostrare di essere maturi apportando proposte significative e
l’unico modo di cui dispongono è scendere in strada a tutela dei propri diritti
di uomini e studenti.
Carlyn Yakubu
Infrangere la legge
è accettabile?
Gran parte dei giovani oggi pensa
che esistano casi in cui è accettabile
infrangere la legge; che sia ammissibile acquistare e vendere cd musicali
contraffatti. E, in effetti, se molti ragazzi pensano che per i “grandi” sia
lecito evadere le tasse, come si fa a
convincerli che è sbagliato masterizzare un CD?Tra i ragazzi il senso
della legalità appare allentato e a
volte, prevale la tendenza a scegliere
se applicare o meno le regole in base
alla situazione e ai soggetti coinvolti.
Ad esempio, molti pensano che sia
giusto rispettare la legge solo se tutti
la rispettano altri sono disposti a
mentire in tribunale per difendere un
amico.In molti casi, l’osservanza
delle norme è condizionata da valutazioni soggettive ed opportunistiche, legate cioè alla situazione concreta: la maggioranza scapperebbe se, non
vista, dovesse provocare inavvertitamente un danno a un’automobile. Alcuni
quando trovano un portafoglio per strada decidono di restituire solo i documenti e tenersi i soldi “come ricompensa”, altri ancora non rifiutano un cellulare rubato se lo reputano economicamente conveniente e hanno la certezza
di non essere scoperti, c’è anche infine chi mette il casco quando sale su un
motorino solo per paura di prendere la multa.Quali sono i fattori che spingono
un ragazzo a trasgredire? Tra le motivazioni più indicate, troviamo la mancanza di qualcosa in cui credere ,la voglia di trasgredire almeno una volta ,e
il fatto che la trasgressione venga compiuta in gruppo. L’importanza del
gruppo di amici durante l’adolescenza supera quella della famiglia anche
perché, insieme alla musica e alla televisione, questi assorbono la maggior
parte del tempo libero, indistintamente per maschi e femmine e in misura
sempre maggiore all’aumentare dell’età. I tradizionali luoghi di ritrovo, come
gli oratori e gli impianti sportivi, lasciano spesso il posto alle panchine dei
giardini e alle sale giochi, luoghi dai quali genitori, insegnanti e adulti in genere sono esclusi.In questo tempo libero liberato da impegni politici, sociali
e religiosi - e dalla presenza ingombrante degli adulti e delle loro regole - il
punto di riferimento in base al quale l’adolescente valuta e sceglie i propri
comportamenti si restringe al proprio sé e al gruppo di amici. Amici che, se
si ubriacano spesso, vengono compatiti ,non destano stupore perché “potrebbe capitare anche a me.”
Chiara Papagni
Giornalino:Giornalino
15/12/2009
10.21
Pagina 8
Dicembre 2009
TabulaRasa
gatta, che sembra una signora, morbida e vellutata.
Era un gatto vecchio, ossuto e spelacchiato, con un’orecchia sbrindellata e aveva
un aspetto così squallido e affamato, che ho
cominciato a dargli del cibo, o meglio, a lasciarglielo dietro casa, perché lui si guardava
bene dall’avvicinarsi in mia presenza e stava
sulla difensiva, con un’aria selvaggia, tra il
timido e l’aggressivo, pronto ad arraffare e a
fuggire. E’ stato allora che ho cominciato a
chiamarlo Pippo e ho insistito a lungo, accompagnando il nome con quel richiamo fatto con
le labbra che assomiglia a un bacio e che sembra avere un potere irresistibile d’attrazione
sui gatti.
Per molto tempo Pippo ha continuato a
diffidare e ad avvicinarsi al cibo solo quando
mi ero allontanata, ma un giorno, finalmente,
ha mangiato in mia presenza, pur controllando che non mi muovessi, pronto a scappare
al minimo tentativo di avvicinamento.
Questo è stato l’inizio; poi mi ha permesso
di accarezzarlo mentre mangiava e si presentava sempre più regolarmente a consumare il
pasto. Era anche diventato più bello, aveva
il pelo più lucido e compatto e un’aria meno
stralunata e selvaggia. Ormai aveva capito di
chiamarsi Pippo e accorreva quando lo chiamavo, anche da lontano.
Poi ha preso l’abitudine di accoccolarsi sul
davanzale della finestra di cucina, forse attirato dal caldo che proveniva dall’interno e
stava per molto tempo immobile e ieratico,
pieno di dignità, come una statua; non era più
un mendicante e un abusivo, ormai sentiva di
avere una casa e qualche volta osava persino
entrare, camminando un po’ incerto sul termosifone e guardandosi attorno con curiosità.
Pippo non solo mi riconosceva, ma mi seguiva
con lo sguardo e fra noi si era stabilito un rapporto di complicità, che andava oltre il semplice tornaconto del cibo che io gli offrivo;
questo mi dava una grande gioia e penso che
lo stesso fosse per lui.
Un giorno stava sul davanzale con la finestra aperta e non aveva più fame, perché
aveva lasciato una parte del cibo nella ciotola;
improvvisamente ha incominciato a miagolare, come se volesse dirmi qualcosa. Io mi
sono avvicinata e ho preso ad accarezzarlo,
anche se in verità era molto sporco, dalla
testa, giù lungo il dorso, fino alla coda. Pippo
faceva le fusa, beato, e sembrava non averne
mai abbastanza, anzi, protendeva la testa per
essere accarezzato ancora, ancora, sotto la
gola, dietro le orecchie, dovunque.
Io penso che in quei momenti egli abbia
nettamente percepito il mio affetto e mi abbia
contraccambiato in maniera del tutto disinteressata, per il solo piacere di sentirsi amato ,
un piacere che tutti, uomini e animali, dovrebbero provare almeno una volta nella vita.
Poi un giorno Pippo non è venuto e da allora non si è presentato più; forse, sentendosi
vicino alla fine, era andato a morire in qualche luogo isolato, come facevano un tempo i
vecchi delle tribù indiane, oppure era stato
travolto da un’auto durante i suoi vagabondaggi notturni e gettato in un fosso, o magari
in un cassonetto dell’immondizia.
Eppure non potrò mai dimenticare la sua
sagoma spigolosa e il modo come mi guardava
e come si lasciava accarezzare da me e sono
sicura che anche lui nel più profondo della sua
natura (ma sarebbe troppo dire anima?), di
gatto, sapesse con certezza di avere trovato
un’amica.
Da mesi è in vigore il nuovo Decreto
Legislativo sulla sicurezza: il D.LGS
81/2008.
Molte sono le novità introdotte, però
ancora è alto il numero di infortuni sul
lavoro.
Ci si è interrogati molte volte e lo si
continua a fare, sulle cause del fenomeno: c’è la nuova legge, ci sono i protocolli di intesa, ci sono gli ispettori che
controllano e ci sono nuove figure professionali specializzate nel settore.
Evidentemente non basta. Spesso
l’applicazione della legge non è puntualmente osservata, le misure di sicurezza
non sono sempre idonee, ma soprattutto,
viene da pensare che la sicurezza non sia
ancora diventata un modus vivendi, uno
stile di vita, un fattore culturale. Non si
può continuare a parlare di sicurezza
quando si verificano incidenti con la speranza che la cosa non capiti a noi, come
fosse un problema da esorcizzare. Occorre piuttosto trasformare la sicurezza
in cultura della prevenzione, nella consapevolezza che si tratta della difesa
della vita propria e altrui. E’ proprio in
questo scenario che l’ente di formazione
principale e cioè la scuola deve intervenire: per questo motivo è quanto mai opportuna una collaborazione attiva fra
scuola, mondo del lavoro e istituzioni
sociali che possa garantire una preparazione tecnico/scientifica e professionale
adeguata alla competitività del mercato e
orientata anche ala cultura della sicurezza. Lo sviluppo delle aziende (competitività, rispetto delle regole e
osservanza delle norme cogenti) è possibile grazie a queste sinergie: certo, da
un lato è imprescindibile l’impegno
delle imprese stesse, dall’altro è indispensabile il ruolo e l’impegno delle Istituzioni.
È per tali ragioni che le aziende, le
scuole e le istituzioni dovrebbero cooperare per far leva da un lato, sull’importanza della ricerca scientifica, base dello
sviluppo di una Nazione, e dall’altro sull’importanza del rispetto della sicurezza.
Pertanto, la scuola che è uno degli
enti per l’educazione dei nostri figli,
deve andare oltre l’istruzione fine a se
stessa: essa deve essere anche ente che
prepari i ragazzi ad essere cittadini del
futuro; scuola che pone al centro la persona, il valore intrinseco della stessa e
della dignità umana.
Durante una lezione, il professore
fa una domanda ad un alunno: - Sai
qual è la risposta più pronunciata
dai ragazzi? L’alunno: - Boh... non lo
so! E il professore: - Esatto!
Un tale si avvicina ad un carabiniere e chiede: - Scusi, mi sa indicare la
via più breve per il cimitero? Il carabiniere: - Certo, vada dritto alla prima curva!
Un genovese passeggia con la moglie per le strade del centro durante i saldi. Ad un certo punto la
donna si ferma incantata di fronte alla vetrina di un negozio di abbigliamento. Il marito, in tono condiscendente, le fa:
- Ti deve piacere proprio molto
quel vestito, vero?
La moglie speranzosa, sbattendo
gli occhi:
- Si. Tantissimo! - Bene. Allora domani
torniamo a guardarlo!
In un aereo inglese che sta precipitando l’hostess annuncia con
estrema compostezza: - Signori, il
comandante avvisa che toccheremo terra con largo anticipo!
Uno studente risponde: -Per la
legge di gravità -.
-Giustissimo- commenta il professore. Un altro studente alza la
mano e chiede all’insegnate: -Che
cosa succedeva prima che la
legge venisse promulgata?
la pagina del Prof.
STORIA di PIPPO
Come nasce un’amicizia “speciale”.
Io amo molto gli animali, tant’è vero che
qualche anno fa, proprio in questa scuola, ho
coordinato un’area di progetto su cani e gatti
randagi, lavoro che ricordo ancora con piacere
e quasi con tenerezza, come spero i ragazzi
che vi hanno partecipato e che adesso frequentano la classe quinta. Dunque, forse, era destino che una storia così dovesse capitare
proprio a me. E’ una storia da poco, forse insignificante, ma vi garantisco, assolutamente
vera.
Pippo era un gatto, ma all’inizio non sapeva di chiamarsi così, anzi non aveva nome,
perché era un gatto randagio e probabilmente
nessuno lo aveva mai chiamato in nessun
modo, se non, forse, “gattaccio”, per scacciarlo. Io l’ho conosciuto per caso, perché ha
cominciato a girellare intorno a casa mia, probabilmente attirato dalla presenza della mia
SICUREZZA: UN PROBLEMA
SEMPRE PRESENTE
Qui giace Napoleone! Cioè, non tutto... ma una BONAPARTE
Tra Sogno
Ma se marzo è pazzerello, maggiolino è tutto matto?!?
Che cosa hanno in comune la speranza e la suocera? - Sono sempre
le ultime a morire...
Se i capelli fossero in Formula Uno,
in che parte della classifica starebbero?
In testa!
Quale è la pianta piu’ ODOROSA???
La pianta dei PIEDI!!!
e Realtà
Che cosa fa un’anziana sigaretta?
Porta a spasso la sua nicotina.
Perché gli squali non assalgono gli
avvocati? Cortesia professionale.
Perché non si possono mungere le
formiche?
Perché non ci sta sotto il secchio!
L’insegnante di geografia chiedealla classe:-Se la Terra è rotonda,
come mai non cadiamo giù?
- Mamma ... oggi non ho proprio voglia di andare a scuola... Tutti mi
insultano, mi prendono in giro, mi
dicono le parolacce... - Su, su, lo sai
che devi andarci: primo perché ci
vanno tutti, secondo perché sei il
Preside!
Si improvvisa santa klaus: bloccato nel camino
Babbo natale è stato arrestato
perché preso con le mani nel
sacco
Cosa ci fa Babbo Natale in un
campo da calcio? Donadoni.
Losaichechicredeanco
raababbonatalediventa
l e n t o a l e g g e r e ? Auguri!!
Ho letto su un giornale ke babbo
natale ricompensa con 1000 euro
chi lo aiuta a trovare la befana.
Ora, o mi dai il doppio, o gli dico
dove sei!
Caro Babbo Natale, vorrei tanto...
Oh cavolo! Ma questo è il numero
della befana! Scusami, ho sbagliato
numero…
Prof. Franca Bologni
Prof. Angelo Vitale
LA REDAZIONE
Caporedattore:
Mercati Marco
Redattori:
Gabriele Pecchioni
Federico Pasqui
Ilaria Cipolloni
Idiana Galdieri
Chiara Papagni
Carlyn Yakubu
Marco Mercati
Ilaria Bocciolini
Mirko Traversini
Samantha Marroni
Noemi Alunno
Alice Bacci
Insegnante referente:
Prof.ssa Rita Cuccarini
Impaginazione:
Enzo Marchettoni
Ringraziamenti:
Si ringraziano coloro che con il loro aiuto
hanno reso possibile la realizzazione del
giornalino. La redazione augura a tutti un
Buon Natale e un Felice Anno 2010
Stampa: Grafiche Sabbioni - Trestina