I GIOVANI SCONNESSI e PRESSAPOCHISTI
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I GIOVANI SCONNESSI e PRESSAPOCHISTI
Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.20 Pagina 1 L’Arvultico forme espressive dell’I.T.I.S. “L. ed A. Franchetti” Numero 0 - Dicembre 2009 EDITORIALE I GIOVANI SCONNESSI e PRESSAPOCHISTI Eccoci, ci siamo.... L’Arvultico dell’Itis non è un semplice giornalino. L’obiettivo del nostro giornalino non è tanto quello di stupirvi con articoli di alto taglio,quanto di darvi uno stimolo per la riflessione,per la ricerca,di incuriosirvi con proposte che poi ognuno potrà sviluppare come meglio crede. Invitiamo alunni e professori a sostenerci in quest’impresa ardita, cercando di sollecitare dibattiti e riflessioni: accettiamo articoli di cronaca, pensieri e osservazioni, poesie e commenti sulla vita cittadina e scolastica. La nostra unica ambizione è quella di costruire un giornale in cui tutti si possano identificare, tentando, inoltre, di eliminare insieme, tutte quelle barriere invisibili e insormontabili che ci opprimono. Ce la faremo? Non lo so, ma lo spero vivamente,per noi della Redazione ma anche per voi,per non dover dare ragione a coloro che dicono che i giovani di oggi non si impegnano per niente,abbandonati ai loro divertimenti,annoiati o travolti dallo sballo. Noi ragazzi dell’Itis Franchetti, abbiamo creato questo giornalino della scuola proprio per riuscire a migliorare l’aspetto comunicativo dei ragazzi, per motivarli ad impegnarsi e forse “dare di più”,calando la nostra attenzione sulla società che ci circonda,sicuramente diversa da quella di un tempo,caratterizzata infatti da eventi forti e a volte drammatici, in cui non esistono più regole ma solo una beffarda indifferenza. Non possiamo certo rimanere insensibili di fronte a quello che viviamo ogni giorno; guerre, carestie, povertà, progresso scientifico e tecnologico. Alla luce di ciò,il nostro giornalino si occuperà di tutto quello che c’è da dire, da gridare, da difendere. Insomma…per dirla tutta in un solo termine, della VITA, che spesso viene annebbiata da una stupida ipocrisia di fronte ai problemi quotidiani. A chi è rivolto il nostro giornalino? A tutti coloro che amano leggere! Sarà oggetto di attenzione particolare di preside, insegnanti, studenti, genitori. Accettiamo critiche….ma fino ad un certo punto!Arrivederci al prossimo numero. IL CAPOREDATTORE I giovani non hanno un sapere sistematico, seguono invece lo zapping del modello televisivo, che ha finito per rappresentare, oggi, l’attuale modalità di trasmissione del sapere. Il fatto è che le immagini sono più efficaci del linguaggio verbale, perché questo annoia e perché quelle sono più immediate e danno emozioni forti. Lo zapping può raggiungere delle velocità strabilianti e mescolare pezzi di storie dal senso completamente opposto: una specie di “insalata visiva” da cui si esce tramortiti e senza nessuna idea chiara in testa. Lo zapping non fornisce concetti, né principi, non risolve problemi stimolando l’induzione e la deduzione, ma può impressionare, colpire, emozionare: ed è questo che si crede vogliano i giovani d’oggi, pure emozioni. I giovani comunicano attraverso lo zapping: pronunciano parole, suoni, usano espressioni mimiche, sono abilissimi nell’“evocare”, ma incapaci di costruire periodi, come se le strutture della mente si fossero dissociate. È chiaro che si tratta di una generalizzazione che può sembrare indebita: in realtà mi riferisco a quel mondo giovanile descritto dalle cronache, ricco di esempi che non bisognerebbe imitare, ma che si devono conoscere. Esistono naturalmente moltissimi giovani che non corrispondono alle caratteristiche negative qui riassunte, per questo parlo di ‘tendenze’ che emergono ma che non riguardano la totalità dell’universo adolescenziale. Tuttavia questo pressapochismo del sapere giovanile (e anche di molti adulti) è oggi assolutamente strabiliante. La facilità con cui si danno risposte qualsiasi a domande qualsiasi è sconcertante. Si dà seguito alla prima impressione, senza riflettere. È come la risposta a uno stimolo, senza bisogno di riflettere: anche a scuola le mani si alzano ancor prima che l’insegnate abbia avuto tempo di formulare la domanda, come se si stesse partecipando a un quiz televisivo. Si ripetono parole difficili senza conoscerne il significato, solo per il loro contenuto estetico. Anche i linguaggi dei giovani d’oggi sono emblematici. Si tratta di un neolinguismo che difficilmente trova riscontro nei normali dizionari.Pure la gestualità sta assumendo un posto di primo piano soprattutto nei giovani, consensualmente alla diminuzione dell’uso del discorso logico-verbale e della scrittura ‘non-email’. Nessuno tiene più il diario, o compone poesie: malgrado la definizione degli Italiani come un popolo di poeti e di scrittori, il livello culturale non è stato mai così basso. È paradossale che proprio nell’epoca in cui si è vinto l’analfabetismo esista un ‘analfabetismo di ritorno’, causato dalla resistenza a scrivere e leggere: è la musica, oggi, il vero linguaggio dei giovani. Si arricchiscono, in cambio, le altre forme linguistiche, quelle del corpo, il secondo principale linguaggio dei giovani dopo la musica. Ovunque si soffermi lo sguardo, vediamo dappertutto sempre gli stessi vestiti, le stesse scarpe e gli stessi cibi, che tutti insieme rivelano non similitudini,ma omologazione. Si indossano vestiti rigorosamente neri, come se la vita non fosse altro che un lutto perenne, pantaloni, jeans o tute mimetiche militari che calano inevitabilmente fin quasi all’altezza del cavallo o magliette così corte da lasciare scoperto l’ombelico anche d’inverno. Inoltre, gli immancabili anfibi o meglio ancora gli scarponi militari tenuti slacciati e apparentemente indossati per “comodità”, esprimono il desiderio inespresso di dichiarare guerra a tutti. Da un po’ di tempo a questa parte, giovani come questi non solo rifiutano l’autorità, ma non la riconoscono neppure, credendo di essere abbastanza autonomi per poter decidere personalmente del proprio futuro. Da questa convinzione nasce per esempio,l’atteggiamento di sufficienza dei giovani di fronte agli insegnanti: proprio a causa della loro insicurezza, oggi gli studenti, sempre più deprivati a livello familiare di una figura che rappresenti l’autorità, ritengono di essere loro a comandare, pretendendo di “capire ogni cosa” solo perché sono nati ‘dopo’ i vecchi, antiquati professori. L’ideale di uno studente di questo tipo sarebbe quello di poter scegliere da sé le materie da studiare, le forme di allenamento che più gli piacciono, l’orario di lezione che più gli aggrada, e magari anche di auto-giudicarsi e di darsi lui stesso il voto! Una generazione di studenti assolutamente autonomi, che ostentano disprezzo per l’ordine costituito, nell’impossibile sogno di creare “mondi migliori” fatti di puro divertimento, di disimpegno e di ‘libertà’ intesa nel senso di poter fare tutto ciò che si vuole e cioè, in sintesi, una totale anarchia. Gabriele Pecchioni Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.20 Pagina 2 Pag. 2 Dicembre 2009 temi ed attualità Facebook: la piazza virtuale Facebook (inizialmente noto col nome di Thefacebook) è un famoso sito di social network e ad accesso gratuito. Il nome del sito si riferisce agli annuari con le foto di ogni membro che alcuni college statunitensi pubblicano all’inizio dell’anno accademico e distribuiscono ai nuovi studenti della facoltà per conoscere le persone del campus. Secondo alcuni dati, nel settembre 2009 il numero degli utenti attivi ha raggiunto i 300 milioni in tutto il mondo. Facebook è stato fondato il 4 febbraio 2004 da Mark Zuckerberg, all’epoca studente diciannovenne presso l’università di Harvard, con l’aiuto di Andrew McCollum e Eduardo Saverin. Dall’11 settembre 2006, chiunque abbia più di 12 anni può parteciparvi. Se lo scopo iniziale di Facebook era di mantenere i contatti tra studenti di università e licei di tutto il mondo, con il passare del tempo si è trasformato in una rete sociale che accomuna tutti gli utenti di internet. Il sito è gratuito per gli utenti e trae guadagno dalla pubblicità. Gli utenti creano profili che spesso contengono foto e liste di interessi personali, scambiano messaggi privati o pubblici e fanno parte di gruppi di amici. La visione dei dati dettagliati del profilo è ristretta ad utenti della stessa rete o di amici confermati. Secondo degli studi svolti da Chris Hughes “Le persone passano circa 19 minuti al giorno su Facebook”. Oltre alle normali attività di facebook, sono state sviluppate numerose applicazioni,tra queste vi sono FarmVille, Mafia Wars e Pet Society. Per quanto riguarda il computer, il 71,1% dei ragazzi possiede un profilo su Facebook. L’utilizzo dei social network, però, viene spesso circoscritto tra gli amici già conosciuti. Infatti, solo il 14,9% ha confessato di utilizzare Facebook per fare nuove conoscenze, mentre il 28,7% ritiene che i social network siano utili per rimanere in contatto con gli amici di sempre o con quelli che non si frequentano da molto tempo. Marroni Samantha Alunno Noemi Bocciolini Ilaria Il fenomeno ha probaconsiderata: “Il Pobilmente avuto il picco polo”, ovvero i clas“WE ALL LIVE IN A YELLOW SUBMARINE…” massimo all’inizio sici cittadini italiani, degli anni ’70, durante letteralmente barcolil periodo d’ideologie lanti e scarrozzati politiche che prevededove il mare convano “l’Italia a porte duce, o per meglio abissi marini, e tutti siamo felici e aperte”, incitando alle popolazioni, contenti che non si trovino più posti esprimersi, coloro che vengono oppiù o meno vicine, a venire in Italia di lavoro. portunamente messi da parte. per trovar fortuna. Alcuni degli italiani, che gestiscono Smettendo di sfruttare ed estremizDobbiamo sostanzialmente ricor- aziende, o sono proprietari di qual- zare una faccenda ben più grande di darci, che l’Italia, un paese tranquillo che attività, tendono esponenzial- articolo di giornale, possiamo amnon lo è mai stato. Nel dopoguerra, mente a preferire lavoratori immi- mettere che per accogliere immigrati, siamo probabilmente i numeri uno, ma per introdurli ad un esistenza civile, ed equa, nei confronti dei cittadini e dello stato italiano, siamo i primi a sbagliare: a partire dallo stato, per concludere con noi cittadini. Spesso gli immigrati possiedono alcune facoltà, che un qualunque cittadino deve spendere metà della sua vita, per ottenerle, e questo fa crescere un ardore di razzismo negli animi di tutti coloro, che faticano e sudano per portare il pane a casa. Ammettiamolo, l’Italia alla fin fine è un grande sottomarino giallo, dove tutti i nostri amici salgono a bordo, e vivono accanto a noi, il cielo blu, e il mare verde… così i Beatles immaginavano il “loro” yellow submarine, e la visione è poco distante dall’Italia, se non fosse per infimi dettagli, che rovinano un mondo soci sono voluti anni e anni per cercare grati più economici (evviva il lavoro gnatore pieno di pace ed amore. di ripristinare la neutralità e la demo- in nero!), che fanno meno storie e la- Dulcis in fundo, la cagione dei nostri crazia (cosa che ancora, sostanzial- vorano di più. problemi rimane attaccata a noi con mente, tende a oscurarsi), in passato I nostri fratelli immigrati quindi, possenti arti nerboruti, o, per meglio mai ottenuta, in maniera da autore- sono l’ascia bipenne (a doppio ta- intendersi, alla specifica parte delgolamentarci. Gli scandali scende- glio, cioè avente due lame opposte) l’abbigliamento comune, nella quale vano a fiocchi, e di giorno in giorno, che ci mantiene vivi e contempora- si è soliti nascondere la mano per dal lontano 1948, qualcosa si è sem- neamente sul lastrico. celar gli scongiuri. pre trovato, per “guastare le feste”. Per ritornar sopra ai dati tecnici, Ricordate “Morto che parla!”, film Gli italiani, furono i primi a immi- l’ISTAT, ha rilevato che sono quin- in cui è protagonista il Principe Angrare, sia in America, sia in Argen- dici, i paesi di maggiore affluenza, tonio de Curtis (Totò)? Il film ditina, sia in Germania, e per tanti questi, sono capitanati dalla Roma- ventò celebre, per una battuta altri, semplicemente, dal meridione nia, che conta nel 2009 un incre- ripetuta dall’altezza più volte. Essa al settentrione italiano. Si stima che mento del 347% degli immigrati probabilmente incrocia l’animo di tra il 1876 e il 1976 partirono oltre rispetto al 2004, cioè circa 796.477 molti cittadini, dinanzi all’economia ventiquattro milioni d’italiani (con romeni. e all’immigrazione. Riassumendo la un picco massimo nel 1913 di oltre Le cifre sono preoccupanti, ma al- trama, Totò, interpreta i panni di un 870.000 partenze), al punto che meno non dovremo lamentarci delle ricco nobiluomo dal “braccino oggi, si parla di “grande emigra- nascite e della popolazione: al con- corto”, che trova persino il coraggio zione” o “diaspora italiana”. trario dell’istruzione possiamo com- di chiedere l’elemosina a un mendiCittadini! Siamo stati tra le più petere con altre nazioni. cante fuori dal suo enorme e ricco grandi nazioni a preparare la valigia La morale della favola è sempre la palazzo. I cittadini, venendo a conoe scappare con le gambe levate! Con stessa, tre grandi partiti che conten- scenza di un tesoro in monete d’oro, ovvietà, dobbiamo compensare que- dono la torta: la “NIIA (Nuova In- studiano un piano per ingannare il sta perdita d’italiani, oramai stabili- quisizione Ita-Ariana)”, i quali, non nobiluomo, che essendo taccagno, tisi in terre lontane. A questo ci appena avvistano il primo soggetto non aveva minima intenzione di pensano tutti gli amici immigrati. con tratti somatici considerati ambi- spartire il denaro con la restante citNon è una critica. La critica parte da gui, è soppresso senza pietà; in se- tadinanza. Si fa credere quindi alchi convince queste persone, che in condo luogo, invece, troviamo la l’uomo di essere morto, e dopo abili Italia scorrano i fiumi di birre, e che “CVC (Corporazione dei Vampiri in stratagemmi, si tenta di sottrargli negli alberi crescano banconote da Cravatta)”, facenti parte di tutti co- l’oro; l’impresa, in parte riesce. 500. Non siamo di certo ridotti come loro che sotto mentite spoglie si pro- Non avete ancora presente? “… E i paesi del terzo mondo, ma nel no- fetizzano come benefattori, ma in io pago!”. stro benessere, oramai da qualche realtà incrementano i disagi ad imtempo, iniziamo a perdere punti in migrati ed italiani; e per finire, la faborsa. L’economia è ai livelli degli zione più popolosa, ma la meno Mercati Marco Immigrazione: l’ascia bipenne Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.20 Pagina 3 Dicembre 2009 È l’inizio di un nuovo anno scolastico. Che ne pensa delle nuove classi prime arrivate nella scuola? Questo anno abbiamo sei classi prime, quattro di biennio comune e due di liceo. Dai primi consigli di classe l’impressione è buona, anche se qualche studente ancora non ha capito che alle superiori è richiesto un impegno di studio maggiore anche perché ci sono tante nuove discipline, soprattutto quelle scientifiche, che necessitano di un’applicazione costante e non superficiale. Come mai ha deciso sulla divisione dell’anno scolastico in trimestre e pentamestre? Questa è una decisone che non prende il Dirigente Scolastico da solo ma che viene votata in Collegio dei Docenti. Si tratta di sperimentare questa nuova modalità già attivata in molti istituti con buoni risultati. Negli anni passati notavamo che la pausa natalizia creava qualche problema in termini di concentrazione degli studenti e di continuità, per cui risultava sempre un mese di gennaio particolarmente pesante perché dopo la pausa si susseguivano tante verifiche. Questo anno potrà essere più pesante il mese di dicembre, ma poi gli studenti potranno riposarsi tranquillamente durante le vacanze natalizie perché a Gennaio inizierà un nuovo periodo. Lei conosce scolasticamente ciascuno di noi? Per quanto possibile partecipo a tutti i consigli di classe pertanto conosco l’andamento didattico di tutti, inoltre se ci sono situazioni particolari i Docenti coordinatori me le segnalano, tanto è vero che mi è capitato spesso di chiamare studenti che rivelavano particolari problemi di rendimento per capire meglio le cause ed eventualmente intervenire. Devo dire che mi fa molto piacere anche poter fare i complimenti a quegli studenti che si impegnano con serietà e dedizione, ottenendo i risultati che la scuola si attende da loro. Lo sa che molti studenti avranno un trimestre disastroso? Lo sa che i genitori reagiranno in modo irascibile vedendo la pagella del loro figlio? Sinceramente mi auguro che le situazioni disastrose siano il meno possibile. Certo le partenze lente non sono costruttive perché poi la ripresa è sempre molto faticosa. Il consiglio che diamo sempre agli studenti è studiare in modo costante, ogni giorno, senza rimanere indietro, solo così si possono ottenere risultati positivi. Per quanto riguarda i genitori è normale che abbiano reazioni negative di fronte a cattivi risultati. Ogni genitore si aspetta che il figlio dia il meglio di stesso, che sappia sfruttare appieno la possibilità che gli viene data, a volte con sacrifici, di studiare e farsi una cultura, guadagnarsi un titolo di studio; per cui Pag. 3 _Ë|ÇàxÜä|áàt se vedono disimpegno, vagabondaggine e apatia i genitori hanno ragione ad innervosirsi. In questi casi occorre che ci sia la massima collaborazione tra scuola e famiglia. Da quanto tempo svolge la funzione di Dirigente Scolastico? Questo è il mio terzo anno. Preside, quali sono state le sue precedenti esperienze lavorative all’interno dell’istituzione scolastica? Ha svolto altre attività al di fuori di essa? Io sono laureata in Economia e Commercio, per cui finita l’università e un master post lauream ho iniziato a lavorare prima nel marketing di un’importante azienda alimentare, poi sono stata consulente in un consorzio di aziende del territorio; in seguito ho fatto il concorso per l’insegnamento e l’ho vinto. Ho insegnato per quindici anni economia aziendale poi, essendo la mia classe di concorso sempre in sofferenza, ho deciso di fare il concorso per Dirigente Scolastico per cui eccomi qua. Quali sono i suoi progetti immediati e a lunga scadenza che ha in mente di realizzare nella nostra scuola? Domanda da … 100.000 euro! Penso che innanzitutto sia necessario che all’interno della scuola si consolidi un clima sereno e costruttivo in cui ciascuno, Docenti, Studenti, Personale Ata, Genitori e lo stesso Dirigente Scolastico siano motivati a svolgere al meglio il proprio ruolo; questo significa lavorare ciascuno con coscienza e impegno rispettando gli altri. Vorrei inoltre mantenere alta la tradizione di questo Istituto, che ha rappresentato sempre un punto di riferimento fondamentale per il nostro territorio formando la maggior parte dei tecnici delle nostre imprese, nonché ottimi laureati tra cui molti ingegneri. Per fare questo è necessario stare sempre attenti alla rapida evoluzione delle tecnologie e mantenere buoni rapporti con il mondo del lavoro perché ci possano essere sempre importanti sinergie. Che cosa ne pensa del nostro edificio scolastico? Molti pensano che la parte vecchia della scuola dovrebbe essere ristrutturata. La prima volta che sono entrata in questo istituto sono rimasta affascinata dalla splendida scalinata della parte più antica che è veramente maestosa. Certo l’edificio antico, ex convento, non nasce come scuola, quindi alcuni spazi possono risultare un po’ angusti, l’impianto di riscaldamento andrebbe rinnovato (i lavori sono previsti per il prossimo anno) ma complessivamente mi pare che nonostante l’età risponda adeguatamente alle nostre esigenze. Ci può descrivere la tipica giornata di un Dirigente Scolastico? Non è molto semplice perché le problematiche che deve affrontare un Dirigente Scolastico sono le più varie, c’è sempre qualcosa di nuovo. Si va da questioni di tipo amministrativo -ad esempio acquisti di beni e materiali (purtroppo sempre meno, vista la carenza di fondi)- a rapporti con tutti i soggetti che operano nella scuola: Docenti, Studenti, Genitori, Personale Ata, nonché rapporti con le altre scuole e con il territorio in genere. Ognuno ha esigenze ben precise e molto varie perciò il da fare non manca mai; comunque il Dirigente Scolastico rappresenta il punto di riferimento per tutti quanti, nella sua giornata deve trovare il tempo per poter dare ascolto a tutti e non è sempre facile. Quali sono secondo lei i punti di forza di questo istituto? Innanzitutto il fatto di offrire degli indirizzi sempre molto richiesti dal mercato del lavoro, il poter contare sull’insegnamento di molti Docenti che oltre ad essere insegnati sono anche liberi professionisti e riescono a tenersi aggiornati ed in contatto con il mondo produttivo. Un altro importante punto di forza è la possibilità di utilizzare la didattica laboratoriale che facilita gli apprendimenti. E i punti di debolezza? Più che di debolezza, parlerei di una preoccupazione: quella della difficoltà di tenere il passo con l’evolversi della tecnologia, e quindi tenere aggiornati i numerosi laboratori di cui disponiamo. La tecnologia viaggia veloce ma noi non abbiamo sempre i mezzi per attuare gli investimenti in attrezzature che sarebbero necessarie. Purtroppo, come sapete, l’investimento di risorse nella scuola non è più - da tempo una priorità in Italia. A questo cerchiamo di supplire attraverso l’utilizzo di programmi informatici di simulazione, ma certamente non è la stessa cosa. Che cosa vuol dire per Lei fare la preside? Avere una grande responsabilità nei confronti di molteplici soggetti: della società in genere, perché buone scuole formano buoni cittadini. Verso gli studenti, che hanno il diritto di poter ottenere un’istruzione adeguata; nei confronti dei genitori che ci affidano quotidianamente i propri figli con la speranza che crescano ragazzi responsabili, maturi e competenti. Verso il mondo del lavoro e verso tutte le persone che nella scuola lavorano e che devono essere messe in condizione di poter svolgere al meglio il proprio compito. Ha dei figli? Affronta con loro le problematiche giovanili, in che modo? Si, ho due figli della vostra fascia di età, 17 e 15 anni, con i quali ho un buon rapporto per cui abitualmente parliamo dei problemi che incontrano a scuola o nello sport o con gli amici. Quando andava a scuola, quali erano le sue materie preferite? Quali materie invece non le piacevano proprio? Non avevo delle preferenze particolari, mi interessavano tutte, forse avevo una leggera preferenza per la matematica . Cosa ne pensa del giornale? Credo che avere un giornale di Istituto possa essere un’ottima occasione per conoscerci, per creare una vera comunità, per confrontarci anche su temi che non sono propriamente scolastici ma che magari interessano voi ragazzi. Cosa risponderebbe se i ragazzi di questa scuola le proponessero di organizzare una grande festa di fine anno? Penso che al termine di un lungo anno scolastico in cui tutti ci siamo impegnati seriamente ce la potremmo anche meritare…, bisognerebbe però individuare degli spazi adeguati. Faccia un augurio a tutti i ragazzi della nostra scuola. Vi auguro di non sprecare il vostro tempo e le occasioni di crescita che avete di fronte, ma di vivere ogni momento della vostra vita con entusiasmo e fiducia nelle vostre capacità. Bacci Alice Traversini Mirko Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.20 Pagina 4 Pag. 4 they survived was because they had found a large pot in the dirt full of hard,old and dry corn. Even though the winter went by very slowly, they had no trouble with the Indians.After that long winter/in the spring,an Indian named Squanto came to the village of the pilgrims. Everybody was very surprised when he spoke to them in English. He explained to the pilgrims that he was the only survivor of his tribe that died off about 20 years before because of an unknown desease. He also explained to them that he had been taken prisoner some time back and brought to England as a slave, and that’s how he learned his english. Squanto saw that the pilgrims had no idea on how to survive in a wilderness, so,he taught them all the tricks and secrets to fishing, planting,reaping,hunting and building. At the beginning of the winter the pilgrims had so much food that they decided to have a party and thank God for all these blessings. They invited Squanto and other of his Indian friends from around the area to celebrate with them. This holiday was then passed on as a tradition, until the Civil War, around POLIS BANCO Dicembre 2009 So.... WHAT IS THANKSGIVING? Thanksgiving is an American holiday celebrated on the fourth Thursday of November.This favourite -to-all holiday has a quite interesting history behind it:in November of the year 1620 a group of English puritans sailed across the atlantic Ocean to escape the persecution of the Church of England and landed on the New World where they would be free to have their own religion. When they arrived they were all very tired but happy, they were finally free! That winter was a long one, the food rations were very small, one of the reasons for which the 1850s, President Abraham Lincoln declared it an oficial holiday on the fourth Thursday of November. Nowdays Thanksgiving is more than just a large dinner: everything is closed on that day, the schools get the week-end off, even the stock market is closed! Around noon there is always a football match between the Dallas Cowboys and the Detroit Lions (don’t they ever get tired of that?!). the Defence Forces (Army, Airfirce, Navy, Marines, ect) get the privilege of a super nice Thanksgiving meal! Not all of the soilders get the special privilege of beeing able to go back home hat day. Americans that are outside the U.S. usually celebrate it on their own, there has not been one year that I haven’t celebrated Thanksgiving! My family usually celebrates Thanksgiving on a saturday so that we can take the whole day off. Our Thanksgiving dinner has this menu’: roasted turkey with stuffing, cranberry sauce, jello, potaoes, apple sauce, dinner rolls, carrotes, corn, pickles. For dessert the word is apple pie and pumpkin pie! If you ever eat a Thanksgiving meal you won’t eat for a long time! Philip J.Aguirre “Una scomoda verità a scuola” Un film sull’inquietante problema del riscaldamento globale Oggigiorno, a causa di gravi problemi, provocati soprattutto dall’uomo, si sta andando incontro ad un riscaldamento globale del pianeta. Ma perché sta accadendo ciò? Questo tema è stato discusso nel film “Una scomoda verità”, nel quale Al Gore, candidato ex-vicepresidente degli Stati Uniti d’America, ha esposto le sue idee riguardo a questo problema. Attraverso alcuni studi portati avanti da scienziati, si è scoperto che la causa principale di questo innalzamento della temperatura è il biossido di carbonio, chiamato anche anidride carbonica (CO2), un gas serra prodotto dagli scarichi e dall’inquinamento dell’uomo. Questo, salendo nell’atmosfera, il sottile involucro di gas che ricopre la Terra, provoca un fenomeno chiamato “effetto serra”, cioè il calore del Sole viene intrappolato sulla super- ficie terrestre, facendo aumentare la temperatura. Ciò è molto rischioso, perché si potrebbero sciogliere i ghiacciai dei poli e delle vette più alte, provocando l’innalzamento del livello marino di alcuni metri. Questo fenomeno porterebbe all’estinzione di alcune specie animali, come gli orsi polari, e alla scomparsa di alcune terre emerse, che verrebbero sommerse. Un’altra catastrofe potrebbe essere la nascita di violenti uragani e tornado a causa dell’aumento della temperatura marina. Ci sono però delle persone, come lo stesso Al Gore, che dicono che questo problema può essere risolto, ma per far ciò tutto il mondo dovrebbe collaborare. Ci sono, infatti, diverse soluzioni per affrontarlo. Alcune di queste sono l’ utilizzo di energie pulite(idroelettrica, geotermica, eolica, solare, nucleare) invece dei combustibili fossili(petrolio, gas metano, carbone),perchè non inquinano e sono inesauribili; oppure il riciclaggio, cioè il metodo di recuperare oggetti già utilizzati per crearne dei nuovi. Nel film, Al Gore suggerisce che lo sviluppo economico di un paese possa andare di pari passo col benessere della popolazione e ci invita tutti a tenere un comportamento più rispettoso verso la natura. Forse oggi non si sentono ancora i rischi legati al problema del riscaldamento globale, ma tra alcuni anni, quando le persone vedranno con i loro occhi le conseguenze causate da questo fenomeno, si renderanno conto che sarebbe stato meglio intervenire subito, anziché aspettare che l’inquinamento trasformasse la Terra in un luogo inospitale. Rossi Andrea IDENTIPROF Se li conosci non li temi! Dal simpatico che ti dà una mano, alla carogna con la nota facile, allo stralunato vittima degli scherzi, questi classici non potranno mancare… E voi, ne riconoscete qualcuno? IL CONVINTO A volte i prof non si sanno proprio rassegnare! Il convinto crede di essere come te. Giovane. Fa di tutto per sembrarlo, dal linguaggio ai cellulari di ultima generazione. Sempre pronto a regalare grandi sorrisi e gesti tipo “ok”, ride a tutte le battute, ma nessuno sa se le capisce davvero. Frase celebre: Io vi capisco, sono uno di voi, però… La dritta: sconsigliato fargli notare quanto sia datato, meglio vezzeggiarlo per la sua disponibilità e per la sua vicinanza alle tematiche giovanili! LA METEORA Risponde spesso alla descrizione di supplente simpatica. Sul suo viso è ancora visibile la fiamma sacra della passione per l’insegnamento, è incoraggiante e complice. Potrebbe addirittura abbonarti un’interrogazione disastrosa, ma non ti sconta la battuta sui tuoi pantaloni a vita “un po’” bassa con battute del tipo “stai perdendo i pantaloni?” Frase celebre: E va bene, ti interrogo domani. Ma dimmi: che ti succede? La dritta: approfitta della sua esperienza in tutte le materie, potrai scoprire che alcune di queste non sono così ostiche! L’INCUBO Probabilmente uscito da un’altra epoca o dimensione, ti chiama sempre e solo per cognome e, mentre lo fa, dà la sensazione di esserti macchiato di crimini indicibili! La sua camminata risuona, per un misterioso fenomeno acustico, con un effetto eco che rimbomba nelle orecchie dello studente anche quando ormai è al sicuro a casa. Frase celebre: Ai miei tempi sì che si studiava… Altro che internet! La dritta: Preferibile adottare la tecnica “studente ombra”… cellulare spento (= silenzioso) e cerca di sembrare “almeno” attento! LA VITTIMA Praticamente un “antistress”, questo prof è il capro espiatorio dei malumori scolastici. Troppo buono per reagire alle provocazioni, le sue lezioni sono un’occasione di svago e non prevedono interrogazioni se non concordate. Riconoscere la classe in cui sta facendo lezione è facile: basta seguire il frastuono da rave party! Frase celebre: Dai ragazzi, non fate così, dimostratevi maturi… La dritta: Mai farsi prendere la mano, dopo anni di angherie subite potrebbe decidere che è troppo e vendicarsi agli incontri genitori-insegnanti! Ilaria Cipolloni Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.20 Pagina 5 Dicembre 2009 Pag. 5 (UNIVERSITÀ DELLA TERZA ETÀ CITTÀ DI CASTELLO, I luoghi e la memoria (il passaggio del fronte a Città di Castello e dintorni - 19 giugno/22 luglio 1944), a cura di A. LIGNANI e M. MASTRIFORTI ROMEGGINI, Trestina, 2003 pp. 36-39). RIDIAMOCI SOPRA...pillole castellane ’era a la Matonèta m vecchiètto tutto arzillo, che gni prèse l’idèa d’arpijjè mòjji: aéa ottant’ani!-Ma, tò sé mato!- Nò, nò! Dico per daèro. Basta che me chèpiti! E gni capitò daéro na dòna pe la qualé; arà autò sé e nò trent’ani: béla e anche tròpo furba, perché ma quèlla gni premèono i sòldi. Lù éra vèchjo transito, e lì aéa fato béne i su cònti. - Ma te père, mingno! - gni dissono i su amici ma quèl tontarèlo – E si sucède qualcosa? - Pacenza, còchi, n’arpijjarò n’antra! Me cojòni tò? Vaji dì ch’éra n tònto! (MINCIOTTI M. , E fuggìa cumme l lùzzino, cit., p. 63) C arcordo che la “Dante” ‘n c’aea fissa dimora/e ‘n se trovèa miga ‘n du ch’è ora!/I primi du’ ani a S. Francesco l’ho fatti,/melè al convento,c’era ‘n freddo da matti!/c’era ‘na stufa che ci riscaldèa/ma l’aula era grande e se bubbolèa.../Doppo du’ ani de freddo e prigionia,/da che la scola semo iti via,/ci mandaron giò davanti a Scucutta/ma la situazione ‘n era men brutta,/i banchi novi però e ‘l termosifone/mijoraono ‘n po’ la nostra situazione.../Apena giònto totto ‘mbrigulito/se ‘n aei studièto te dèono ‘l ben servito,/te spedion cul bidello dal preside Anania/che sfilèa giò ‘na bella litania.../C’era ‘n’antra cosa che ve farà ‘n po’ ride:/è che le femmine dai maschi eron divise/e se qualcuna c’aea ‘l filarino/s’acontentèa sol de fagni l’occhino.../Era proprio cosè, io ve ‘l giuro,/amò stète meio, quest’è siguro:/c’aete ‘na scola che l’han costruita/quand’io da la media so uscita,/le aule en grandi, ariose, asolète,/ ‘n en come ‘na ‘olta mezze scrostète,/ma se a qualcuna gni père malandèta,/arlèga da chèpo com’io me so trovèta. (CLARA CHECCAGLINI). M’ RICORDI DI SCUOLA... pensieri nostalgici el settembre 1943, avevo 23 anni, abitavo a Rignaldello ed insegnavo all’Istituto San Francesco di Sales di Città di Castello. Fu in questa circostanza che mi trovai coinvolta in una situazione pericolosa, delicata e complessa… Ignazio Pisciottu, Colonnello di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano che dopo l’8 settembre ‘43 non voleva mettersi al servizio dei Tedeschi, con la sua famiglia arrivò a Città di Castello da Padova. Anna Marras, cognata del colonnello, mia amica, li aveva indirizzati a me… procurai a questi sfollati un lavoro, cioè l’insegnamento presso l’Istituto Magistrale. Pisciottu, colonnello in incognito, essendo ingegnere, insegnava Matematica, le cognate Lettere. Va detto che io ero la sola depositaria del segreto del colonnello, che, essendo disertore, rischiava la fucilazione, ed allo steso modo la rischiavano tutti coloro che l’avessero aiutato… Il mio collega faceva scuola “alla militare”. Tutti gli esempi di matematica e fisica che portava erano tratti dalla pratica delle armi e dalla scienza militare. Inoltre il suo modo di muoversi e di vestirsi ricordava in pieno la sua provenienza, e questo era molto rischioso. Un giorno, vicino alla stazione, incrociammo un militare ed un ufficiale che si trovavano ai nostri lati, provenendo da sensi opposti. Il soldato accennò il saluto militare all’ufficiale ed il mio collega colonnello rispose macchinalmente al saluto, con tanto di battere di tacchi. Lo rimproverai vivamente esortandolo ad essere più accorto; infatti, come ho detto, rischiavamo ambedue la fucilazione e correvamo il pericolo di coinvolgere tutti coloro che ci avevano aiutato. Ora, dopo tanti anni, ci si stupisce di questi atti di eroismo semplice e spontaneo. N Emozioni di ieri - Emozioni di ieri ra i miei compagni c’erano quelli che provenivano dalla campagna, alcuni venivano a scuola in bici, altri che abitavano più lontano, rimanevano a pensione presso famiglie cittadine. Un giorno un mio compagno di Promano disse: “Professore, i miei compagni mi grencono!” (da dietro c’era chi con i piedi gli spingeva la sedia in avanti). Un altro di Morra, durante l’interrogazione: “La terra bira intorno al sole”. Le loro espressioni dialettali, diverse da quelle della città, diventavano oggetto di scherzi fra noi alunni. Ma l’inserimento degli abitanti della campagna nel tessuto sociale cittadino avveniva anche attraverso questi contatti: linguaggi e mentalità diverse si incontravano a scuola per trasformarsi poi in rapporti di amicizia, stima e affetto”. (TOMMASO BIGI). “F l lungo muretto del ponte d’ingresso alla città da Porta S. Giacomo, per decine e decine di studenti del nostro istituto, per la sua comoda altezza da terra e per la larghezza delle sue pietre, ogni mattina, prima che la campanella suonasse l’inizio delle lezioni, serviva per la copiature dei compiti, per chi non li aveva fatti a casa o per chi voleva correggerli. Ad un certo punto la professoressa di matematica, signora Batocchi, appena entrava in Classe, apriva un foglietto e leggeva i compiti di coloro che avevano copiato i compiti. Grande era la nostra sorpresa, pensavamo che tra noi ci fosse una spia! Scoprimmo in seguito che la professoressa era venuta ad abitare nella palazzina “Pirazzoli” che aveva le finestre di fronte lo “ scrittoio di pietra” e quindi dopo anni ed anni venne meno la funzione di questo muretto. Peccato! “…I a curva di Bacchi: frequenti erano le scazzottate fra studenti, ma la Scuola Agraria si distingueva per aver introdotto uno spazio particolare e unico per lo svolgimento delle sfide: la curva adiacente alla concessionaria “Bacchi” si può oggi chiamare il primo palazzetto dello sport. I contendenti, circondati da un alone di studenti, si battevano stimolati dalle urla e dagli applausi del chiassoso pubblico che faceva il tifo. Spesso però alle lesioni provocate dalle botte si aggiungeva la punizione del poderoso Preside prof. Nicastro che puniva ed intimoriva tutti, perché, salendo su una seggiola, prendeva per le orecchie i focosi contendenti e li alzava al pari della sua cintura; oppure pestando le punte delle scarpe ci riempiva di ceffoni senza darci la possibilità di indietreggiare… “…L amosa era la rivalità fra gli studenti della Scuola Agraria e quelli del Liceo, alimentata dalla mentalità di quel tempo, che classificava le scuole in serie A e serie B. La selezione scolastica avveniva, salvo casi eccezionali, non per requisiti intellettuali degli studenti ma per la loro appartenenza ad una famiglia agiata o povera e ai miei tempi la povertà era tanta ma non mancava ai genitori l’ambizione e la volontà di far studiare i propri figli. (PRIMO BARELLI, detto Primetto, componente del Consiglio di Amministrazione negli anni Sessanta). “…F COME ERAVAMO... la battitura che festa! a battitura consisteva nello staccare i semi di grano dalle spighe, e per farla ci volevano una trentina di persone. Queste persone erano i vicini di casa. Il contadino che batteva, li ringraziava facendo un grande pranzo al termine della battitura (o cena, a seconda dell’ora in cui si finiva). Per quanto riguarda la battitura, cinque o sei persone facevano il pagliaio, ammucchiando la paglia che usciva dalla macchina da battere. Altre cinque o sei mettevano le manne o grigne di grano (che erano ciocche di grano) sulla macchina con il forcone. Quattro o cinque persone stavano vicino al tubo dove usciva il grano, per metterlo dentro le balle. Mentre la battitura procedeva, le balle che erano già riempite, e che pesavano ben 101 kg ciascuna, venivano portate un po’ al padrone, e un po’ venivano lasciate al contadino. Quelle del padrone gli venivano portate direttamente alla fattoria e precisamente nel consorzio, mentre quelle del contadino erano messe nel granaio. La battitura era una grande festa, era una delle poche occasione per noi giovani per incontrarci con i nostri coetanei, conoscere le ragazze, e fare amicizie, quindi nei campi e nell’aia era tutto un risuonare di scherzi, canti e filastrocche. La battitura era importante anche perché finchè non si è evoluta la mezzadria, era l’unica fonte di sostentamento, e con il raccolto si doveva campare tutto l’anno. Come ho già detto, per ringraziare i vicini, si faceva il grande pranzo o cena, per l’occasione ci si faceva cucinare dalle donne di casa tutti gli animali più buoni e prelibati. Un piatto classico erano le tagliatelle al sugo d’oca. Finita la cena, finiva la battitura, ma non il lavoro di noi contadini che iniziavamo già a preparare i campi per il raccolto dell’anno successivo!” (DARIO PIPPIOLINI) “L Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.21 Pagina 6 Pag. 6 Dicembre 2009 ITISTIME Una mattinata a scuola: atto I Il tragico scorrere delle ore scolastiche Inizia la routine. E’ la solita mattinata quando i larghi passi accompagnano alla gogna. I rintocchi dell’orologio scandiscono il tempo, assieme alla suola delle scarpe mentre il patibolo si avvicina sempre più. Ci siamo. La porta è là davanti, la folla d’inebrianti ascoltatori è piazzata, ognuna al suo posto ad attender la sentenza del boia: “Avanti!” “Mi faccino il piacere”, ma che folla e folla! Alle 8.30 del mattino vige il frastuono del ghiro, perbacco! Una tumultuosa stesura di tavolini temperati di un arancio elettrico rimbalza allo sguardo del visitatore, applicando di prima mattina studentesca, una nuova dose psichedelica di confusione mentale. Ma nonostante tutto, esiste comunque, un banco che fa da re, il centrale, dirimpetto alla scura lavagna, che tetramente, segna il confine tra la disperazione ed il male d’essere interrogati. Seduto nel tavolo formato famiglia, battezzato “cattedra” siede “approfessò!”, comunemente conosciuto come “Patrizio”. Appostati nei pressi dei bulbi oculari del presente esemplare, abitano due specchi riflettenti, ricavati dalle varie vetrate dei jet, opportunamente sagomate, utilizzando la legge fisica chiamata “rombo di trattore”. Inizia il duello. “approfessò!” scarta gli avversari, e con grazia “elefantinea”, elogia la duttilità del collega, ivi di fianco: “Carloo! Famme fa disegno, che ‘ste zucche rampine ‘n san’ tené manco le squadre!”. “Patrizio! Non m’interessa, tu hai due ore in più con loro! Fammeli portà giù in laboratorio!” così replica. Con aria tendenzialmente ammiccante, e l’occhietto destro in procinto d’atto d’intesa, l’esemplare di “patrizius approfessorum”, si accinge a voltarsi dinanzi alla folla che lo assiste con lo sguardo. Scuote leggermente il capo, e acconsente alla manovra diversiva: ripiegare in laboratorio. Sconsolato, il nostro eroe si ritira in un angolino appartato con i ferri del mestiere: carte e penne. L’abile collega, si avvia alle macchine utensili, danzando all’interno di un loculo, contenente per molte neofite femminili, un enorme varietà di macchinari destinati alla tortura. L’abile collega non si fa spaventare, una ragazza sceglie, per filettare. La disgraziata, che l’ultimo dei suoi pensieri è lavorare, subito cerca di divincolarsi, scivolando silenziosamente dietro compagni, evitando in ogni maniera l’avvistamento e imprecando tutti gli dei della tecnologia (“approfessò!” compreso). L’avventura termina presto. L’assalto alla roccaforte del tornio dura ben poco (dannato cambio di velocità), si rivela quindi impresa facile ai più. In tale maniera facendo, scorrono cento minuti, come una lacrima di refrigerante bagna l’utensile, e densa, scorre placida verso il basso. Pausa. C’è concessa una parte dell’ora d’aria. La massa “ipercalorica” sbuca fuori dalle classi, inebriando il profondo silenzio di un corridoio tendenzialmente gelido. L’anima lentamente si scalda, mentre sussulta, a ogni boccone del rancio in precedenza richiesto. “approfessò!” con tutta calma torna indietro, facendo stazione nella classe di partenza. Raccoglie mestamente registri, disegni e cartellette varie, piene di tavole tecniche realizzate dai più. Fine dei giochi. Termina l’intervallo. Altro educatore, altra musica, altro stupore. Si fa per dire. Gli aforismi sono oltretutto oggetto di rimprovero di una certa docente. Non è tuttavia questo di cui ci dobbiamo occupare. Dal fondo del corridoio, una figura longilinea, alta, si dirige a passi veloci verso la classe di destinazione. Ondeggia un poco, assieme a ciò che indossa: d’ordinanza la giacca, la cravatta e la camicia. L’ingresso in aula è lesto: subito si accomoda nel banco reale, sfogliando velocemente l’oscuro giornale di classe: il letterato in legge si appresta a interrogare. “Paralisi!” i dolori che sorgono in certi momenti, non sono per niente descrivibili. Se un consiglio volete accettare, durante questa lezione, badate bene, le finestre, dovete aprire. Eh sì, la scena è ben presto descritta: tutti gli studenti curvi, chi per malori temporanei, chi per rileggere velocemente la lezione, chi invece per progettare la prossima burla. L’atto è solenne, e in sottofondo si ode il triello de “Il buono, il brutto e il cattivo” di Ennio Morricone, i dettagli scenici però, giostrano tra gli sguardi degli studenti e la penna del professore, che lentamente scende nel giornale del docente, facendo pompare sempre più adrenalina nelle vene. L’impreparato di turno (chissà perché!) è sempre di colorito pallido, e proprio per questo, si sente già dinanzi all’insegnante. “Interroghiamo, interroghiamo ... PINCOPALLINO!” esordisce l’insegnante, mentre un sorrisino si dipinge lento nelle labbra: “Scusatemi ragazzi, ho sbagliato, venga Tizio!”. Il povero “pincopallino” opportunamente interrogato la lezione precedente, in questa dichiarazione dei redditi così esplicita da parte del professore, vede perdersi dei punti in borsa, intestati a “destino della tua esistenza” o, per meglio intendersi, giungerà a miglior vita circa dieci anni prima del previsto. La clessidra mentale che ogni studente possiede, fa scivolar l’ultimo granello di sabbia: finisce l’ora di lezione, altri cinquanta minuti sono stati consumati. La prossima lezione, chissà, cosa succederà. Sarà sicuramente raccontata come cronaca avventuriera. Studenti, professori, chiunque legga: se ancora desiderate scoprire, seguite il prossimo atto, nel numero venturo del nostro giornale. A cura di Mercati Marco: reale insieme, ritmato da razzano questo spirito di Una gita, per trovare una Una cartolina dal… Future show – Bologna slogans senz’anima. Una grandi attese… un’attesa di certezza, una conferma: il …lazzi, incredibili suoni, schiamazzi di giovani in attesa impaziente per entrare in questo luogo diverso; non una possibilità, però, per uscire dal solito essere, ma come sempre, persi in un vortice inebriante di frastuono, che annienta ogni possibile ego… incalzati disciolti in questo spazio virtuale e gita come mille di quest’epoca di cecchinaggio “consoummé”che tutti sono maestri nell’impiantare nella testa di questi ragazzi estremamente “forti”, come perdutamente o volutamente deboli… una maschera stereotipa, un giacchetto, un paio di “zeppe” Fornarina, un jeans residuato bellico, con i quali tutti abilmente co- se stessi, in un grande futuro, di ricchezza a tutti i costi, facile da raggiungere… come è facile percepire, immergersi in questo immane luccichio di “Future”, che ti avvinghia in una forte emozione, pompato come a loro piace, vestito e corazzato… una discoteca a pelle nuda, sudata, stretta, nei seni di una show girl… loro “Future” è questo perché studiato a tavolino da ragazzi dinamici in doppiopetto e GSM, un domani di due mondi “media”: attori e spettatori contemporaneamente in un unico spettacolo… autofertilizzante… per adesso Leopardi può attendere… Prof. Patrizio Mezzetti Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.21 Pagina 7 Dicembre 2009 Pag.7 SCUOLA e ISTITUZIONI Rovine Gelminiane Stiamo assistendo in questi ultimi anni ad un degrado sempre maggiore della scuola italiana, sia da parte degli alunni che degli insegnanti ma in principale modo delle istituzioni. Sarà che noi alunni siamo sempre più indisciplinati verso i professori e i rapporti fra professori e alunni diventano sempre più difficili. Siamo di fronte ad una scuola sempre più rifiutata. E questi fattori negativi sono tanto maggiori quanto più si passa verso scuole di periferia e verso scuole di minore prestigio sociale e intellettuale. Viviamo in un periodo di profonde trasformazioni, si ha un accelerato progresso tecnico scientifico, ma nella scuola questo progresso si avverte in senso opposto a causa dei giovani che sono sempre più sottoposti a una miriade di stimoli esterni, il più delle volte estremamente condizionanti in senso negativo. Conseguentemente alla riforma attuata dal ministro Maria Stella Gelmini, sono state indette dai movimenti studenteschi italiani molte manifestazioni come quella che si è svolta il 17 novembre scorso, nella quale si contestavano i tagli effettuati dal Ministro in ogni ordine e grado scolastico, non escludendo l’università. Gli studenti non ci stanno a frequentare una scuola che non si tiene in piedi dal punto di vista economico; sempre più privata dei suoi strumenti o attrezzature necessarie per svolgere la normale at- tività didattica. Questa è una realtà di fatto che è testimoniata dalle immagini che appaiono frequentemente ai telegiornali riguardo certe verità scolastiche soprattutto in determinate zone; scuole fatiscenti, soffitti a rischio di crollo,sistemi di sicurezza inefficienti. Per non parlare poi dei tagli orari per certe materie di insegnamento in diversi gradi di scuola. Finanziare la formazione e l’istruzione è un dovere fondamentale dello Stato e delle Istituzioni e rappresenta un diritto degli studenti avere le garanzie base per frequentare una scuola sicura ma soprattutto una scuola che miri all’innovazione dei processi e degli strumenti educativi. Per questo motivo, in quel 17 novembre si è evidenziato l’importanza che rivestono i finanziamenti per l’istruzione, ma sarà solo l’inizio di una lunga serie di richieste che gli studenti attiveranno e dimostreranno in “piazza”attraverso un “grido d’aiuto” che miri alla riuscita della propria formazione. Perché anche se gli adulti sono un po’ scettici nei confronti dei giovani,essi in realtà oggi si sentono coinvolti in prima persona nelle vicende scolastiche e vogliono dimostrare di essere maturi apportando proposte significative e l’unico modo di cui dispongono è scendere in strada a tutela dei propri diritti di uomini e studenti. Carlyn Yakubu Infrangere la legge è accettabile? Gran parte dei giovani oggi pensa che esistano casi in cui è accettabile infrangere la legge; che sia ammissibile acquistare e vendere cd musicali contraffatti. E, in effetti, se molti ragazzi pensano che per i “grandi” sia lecito evadere le tasse, come si fa a convincerli che è sbagliato masterizzare un CD?Tra i ragazzi il senso della legalità appare allentato e a volte, prevale la tendenza a scegliere se applicare o meno le regole in base alla situazione e ai soggetti coinvolti. Ad esempio, molti pensano che sia giusto rispettare la legge solo se tutti la rispettano altri sono disposti a mentire in tribunale per difendere un amico.In molti casi, l’osservanza delle norme è condizionata da valutazioni soggettive ed opportunistiche, legate cioè alla situazione concreta: la maggioranza scapperebbe se, non vista, dovesse provocare inavvertitamente un danno a un’automobile. Alcuni quando trovano un portafoglio per strada decidono di restituire solo i documenti e tenersi i soldi “come ricompensa”, altri ancora non rifiutano un cellulare rubato se lo reputano economicamente conveniente e hanno la certezza di non essere scoperti, c’è anche infine chi mette il casco quando sale su un motorino solo per paura di prendere la multa.Quali sono i fattori che spingono un ragazzo a trasgredire? Tra le motivazioni più indicate, troviamo la mancanza di qualcosa in cui credere ,la voglia di trasgredire almeno una volta ,e il fatto che la trasgressione venga compiuta in gruppo. L’importanza del gruppo di amici durante l’adolescenza supera quella della famiglia anche perché, insieme alla musica e alla televisione, questi assorbono la maggior parte del tempo libero, indistintamente per maschi e femmine e in misura sempre maggiore all’aumentare dell’età. I tradizionali luoghi di ritrovo, come gli oratori e gli impianti sportivi, lasciano spesso il posto alle panchine dei giardini e alle sale giochi, luoghi dai quali genitori, insegnanti e adulti in genere sono esclusi.In questo tempo libero liberato da impegni politici, sociali e religiosi - e dalla presenza ingombrante degli adulti e delle loro regole - il punto di riferimento in base al quale l’adolescente valuta e sceglie i propri comportamenti si restringe al proprio sé e al gruppo di amici. Amici che, se si ubriacano spesso, vengono compatiti ,non destano stupore perché “potrebbe capitare anche a me.” Chiara Papagni Giornalino:Giornalino 15/12/2009 10.21 Pagina 8 Dicembre 2009 TabulaRasa gatta, che sembra una signora, morbida e vellutata. Era un gatto vecchio, ossuto e spelacchiato, con un’orecchia sbrindellata e aveva un aspetto così squallido e affamato, che ho cominciato a dargli del cibo, o meglio, a lasciarglielo dietro casa, perché lui si guardava bene dall’avvicinarsi in mia presenza e stava sulla difensiva, con un’aria selvaggia, tra il timido e l’aggressivo, pronto ad arraffare e a fuggire. E’ stato allora che ho cominciato a chiamarlo Pippo e ho insistito a lungo, accompagnando il nome con quel richiamo fatto con le labbra che assomiglia a un bacio e che sembra avere un potere irresistibile d’attrazione sui gatti. Per molto tempo Pippo ha continuato a diffidare e ad avvicinarsi al cibo solo quando mi ero allontanata, ma un giorno, finalmente, ha mangiato in mia presenza, pur controllando che non mi muovessi, pronto a scappare al minimo tentativo di avvicinamento. Questo è stato l’inizio; poi mi ha permesso di accarezzarlo mentre mangiava e si presentava sempre più regolarmente a consumare il pasto. Era anche diventato più bello, aveva il pelo più lucido e compatto e un’aria meno stralunata e selvaggia. Ormai aveva capito di chiamarsi Pippo e accorreva quando lo chiamavo, anche da lontano. Poi ha preso l’abitudine di accoccolarsi sul davanzale della finestra di cucina, forse attirato dal caldo che proveniva dall’interno e stava per molto tempo immobile e ieratico, pieno di dignità, come una statua; non era più un mendicante e un abusivo, ormai sentiva di avere una casa e qualche volta osava persino entrare, camminando un po’ incerto sul termosifone e guardandosi attorno con curiosità. Pippo non solo mi riconosceva, ma mi seguiva con lo sguardo e fra noi si era stabilito un rapporto di complicità, che andava oltre il semplice tornaconto del cibo che io gli offrivo; questo mi dava una grande gioia e penso che lo stesso fosse per lui. Un giorno stava sul davanzale con la finestra aperta e non aveva più fame, perché aveva lasciato una parte del cibo nella ciotola; improvvisamente ha incominciato a miagolare, come se volesse dirmi qualcosa. Io mi sono avvicinata e ho preso ad accarezzarlo, anche se in verità era molto sporco, dalla testa, giù lungo il dorso, fino alla coda. Pippo faceva le fusa, beato, e sembrava non averne mai abbastanza, anzi, protendeva la testa per essere accarezzato ancora, ancora, sotto la gola, dietro le orecchie, dovunque. Io penso che in quei momenti egli abbia nettamente percepito il mio affetto e mi abbia contraccambiato in maniera del tutto disinteressata, per il solo piacere di sentirsi amato , un piacere che tutti, uomini e animali, dovrebbero provare almeno una volta nella vita. Poi un giorno Pippo non è venuto e da allora non si è presentato più; forse, sentendosi vicino alla fine, era andato a morire in qualche luogo isolato, come facevano un tempo i vecchi delle tribù indiane, oppure era stato travolto da un’auto durante i suoi vagabondaggi notturni e gettato in un fosso, o magari in un cassonetto dell’immondizia. Eppure non potrò mai dimenticare la sua sagoma spigolosa e il modo come mi guardava e come si lasciava accarezzare da me e sono sicura che anche lui nel più profondo della sua natura (ma sarebbe troppo dire anima?), di gatto, sapesse con certezza di avere trovato un’amica. Da mesi è in vigore il nuovo Decreto Legislativo sulla sicurezza: il D.LGS 81/2008. Molte sono le novità introdotte, però ancora è alto il numero di infortuni sul lavoro. Ci si è interrogati molte volte e lo si continua a fare, sulle cause del fenomeno: c’è la nuova legge, ci sono i protocolli di intesa, ci sono gli ispettori che controllano e ci sono nuove figure professionali specializzate nel settore. Evidentemente non basta. Spesso l’applicazione della legge non è puntualmente osservata, le misure di sicurezza non sono sempre idonee, ma soprattutto, viene da pensare che la sicurezza non sia ancora diventata un modus vivendi, uno stile di vita, un fattore culturale. Non si può continuare a parlare di sicurezza quando si verificano incidenti con la speranza che la cosa non capiti a noi, come fosse un problema da esorcizzare. Occorre piuttosto trasformare la sicurezza in cultura della prevenzione, nella consapevolezza che si tratta della difesa della vita propria e altrui. E’ proprio in questo scenario che l’ente di formazione principale e cioè la scuola deve intervenire: per questo motivo è quanto mai opportuna una collaborazione attiva fra scuola, mondo del lavoro e istituzioni sociali che possa garantire una preparazione tecnico/scientifica e professionale adeguata alla competitività del mercato e orientata anche ala cultura della sicurezza. Lo sviluppo delle aziende (competitività, rispetto delle regole e osservanza delle norme cogenti) è possibile grazie a queste sinergie: certo, da un lato è imprescindibile l’impegno delle imprese stesse, dall’altro è indispensabile il ruolo e l’impegno delle Istituzioni. È per tali ragioni che le aziende, le scuole e le istituzioni dovrebbero cooperare per far leva da un lato, sull’importanza della ricerca scientifica, base dello sviluppo di una Nazione, e dall’altro sull’importanza del rispetto della sicurezza. Pertanto, la scuola che è uno degli enti per l’educazione dei nostri figli, deve andare oltre l’istruzione fine a se stessa: essa deve essere anche ente che prepari i ragazzi ad essere cittadini del futuro; scuola che pone al centro la persona, il valore intrinseco della stessa e della dignità umana. Durante una lezione, il professore fa una domanda ad un alunno: - Sai qual è la risposta più pronunciata dai ragazzi? L’alunno: - Boh... non lo so! E il professore: - Esatto! Un tale si avvicina ad un carabiniere e chiede: - Scusi, mi sa indicare la via più breve per il cimitero? Il carabiniere: - Certo, vada dritto alla prima curva! Un genovese passeggia con la moglie per le strade del centro durante i saldi. Ad un certo punto la donna si ferma incantata di fronte alla vetrina di un negozio di abbigliamento. Il marito, in tono condiscendente, le fa: - Ti deve piacere proprio molto quel vestito, vero? La moglie speranzosa, sbattendo gli occhi: - Si. Tantissimo! - Bene. Allora domani torniamo a guardarlo! In un aereo inglese che sta precipitando l’hostess annuncia con estrema compostezza: - Signori, il comandante avvisa che toccheremo terra con largo anticipo! Uno studente risponde: -Per la legge di gravità -. -Giustissimo- commenta il professore. Un altro studente alza la mano e chiede all’insegnate: -Che cosa succedeva prima che la legge venisse promulgata? la pagina del Prof. STORIA di PIPPO Come nasce un’amicizia “speciale”. Io amo molto gli animali, tant’è vero che qualche anno fa, proprio in questa scuola, ho coordinato un’area di progetto su cani e gatti randagi, lavoro che ricordo ancora con piacere e quasi con tenerezza, come spero i ragazzi che vi hanno partecipato e che adesso frequentano la classe quinta. Dunque, forse, era destino che una storia così dovesse capitare proprio a me. E’ una storia da poco, forse insignificante, ma vi garantisco, assolutamente vera. Pippo era un gatto, ma all’inizio non sapeva di chiamarsi così, anzi non aveva nome, perché era un gatto randagio e probabilmente nessuno lo aveva mai chiamato in nessun modo, se non, forse, “gattaccio”, per scacciarlo. Io l’ho conosciuto per caso, perché ha cominciato a girellare intorno a casa mia, probabilmente attirato dalla presenza della mia SICUREZZA: UN PROBLEMA SEMPRE PRESENTE Qui giace Napoleone! Cioè, non tutto... ma una BONAPARTE Tra Sogno Ma se marzo è pazzerello, maggiolino è tutto matto?!? Che cosa hanno in comune la speranza e la suocera? - Sono sempre le ultime a morire... Se i capelli fossero in Formula Uno, in che parte della classifica starebbero? In testa! Quale è la pianta piu’ ODOROSA??? La pianta dei PIEDI!!! e Realtà Che cosa fa un’anziana sigaretta? Porta a spasso la sua nicotina. Perché gli squali non assalgono gli avvocati? Cortesia professionale. Perché non si possono mungere le formiche? Perché non ci sta sotto il secchio! L’insegnante di geografia chiedealla classe:-Se la Terra è rotonda, come mai non cadiamo giù? - Mamma ... oggi non ho proprio voglia di andare a scuola... Tutti mi insultano, mi prendono in giro, mi dicono le parolacce... - Su, su, lo sai che devi andarci: primo perché ci vanno tutti, secondo perché sei il Preside! Si improvvisa santa klaus: bloccato nel camino Babbo natale è stato arrestato perché preso con le mani nel sacco Cosa ci fa Babbo Natale in un campo da calcio? Donadoni. Losaichechicredeanco raababbonatalediventa l e n t o a l e g g e r e ? Auguri!! Ho letto su un giornale ke babbo natale ricompensa con 1000 euro chi lo aiuta a trovare la befana. Ora, o mi dai il doppio, o gli dico dove sei! Caro Babbo Natale, vorrei tanto... Oh cavolo! Ma questo è il numero della befana! Scusami, ho sbagliato numero… Prof. Franca Bologni Prof. Angelo Vitale LA REDAZIONE Caporedattore: Mercati Marco Redattori: Gabriele Pecchioni Federico Pasqui Ilaria Cipolloni Idiana Galdieri Chiara Papagni Carlyn Yakubu Marco Mercati Ilaria Bocciolini Mirko Traversini Samantha Marroni Noemi Alunno Alice Bacci Insegnante referente: Prof.ssa Rita Cuccarini Impaginazione: Enzo Marchettoni Ringraziamenti: Si ringraziano coloro che con il loro aiuto hanno reso possibile la realizzazione del giornalino. La redazione augura a tutti un Buon Natale e un Felice Anno 2010 Stampa: Grafiche Sabbioni - Trestina