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AGENZIA DI PROMOZIONE ECONOMICA DELLA TOSCANA LA MULTINAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE TOSCANE MARCO MUTINELLI Università di Brescia e MIP-Politecnico di Milano Aprile 2009 INTRODUZIONE Il presente rapporto si propone di analizzare lo stato della multinazionalizzazione tramite investimenti diretti esteri delle imprese toscane, sia sul lato della multinazionalizzazione attiva, o in uscita (ovvero, con riferimento alle imprese toscane con partecipazioni in imprese estere), sia sul lato della multinazionalizzazione passiva, o in entrata (cioè, con riferimento alle imprese toscane partecipate dall’estero), dedicando uno specifico approfondimento alle principali caratteristiche strutturali ed evolutive della multinazionalizzazione attiva. Le analisi si basano sulle informazioni contenute nella banca dati REPRINT, realizzata presso il Politecnico di Milano nell’ambito delle ricerche sull’internazionalizzazione delle imprese italiane promosse dall’ICE, la quale censisce le partecipazioni delle imprese italiane all’estero e delle multinazionali estere in Italia, consentendo di misurarne la numerosità e di analizzarne consistenza economica e orientamenti geografici e settoriali. In particolare, il rapporto si avvale dell’aggiornamento della banca dati che fotografa la consistenza delle partecipazioni italiane all’estero ed estere in Italia all’inizio del 2007, su cui si basa il rapporto “Italia Multinazionale 2008” 1 . Prima di entrare nel merito, appaiono utili alcune brevi note circa l’ambito di indagine e la metodologia di ricerca alla base della banca dati REPRINT. Il campo di indagine si estende all’intero sistema delle imprese industriali e all’insieme dei servizi che ne supportano le attività. In modo puntuale, settori considerati sono: industria estrattiva e manifatturiera; energia, gas, acqua; costruzioni; commercio all’ingrosso; logistica e trasporti; servizi di telecomunicazione; software e servizi di informatica; altri servizi professionali 2 . In particolare, per ciascuna impresa – casamadre e partecipata – coinvolta nei processi considerati, vengono reperiti i dati economici essenziali (fatturato, dipendenti, valore aggiunto, tipologia produttiva, localizzazione delle attività, struttura proprietaria, ecc.), con riguardo a tutti gli asset che definiscono la sua dimensione multinazionale, siano essi relativi ad attività produttive, commerciali, di ricerca e di servizio. Per implicita differenza da quanto sopra indicato, sono quindi esclusi dall’analisi sia taluni settori che pure si intrecciano in misura rilevante con le attività censite, quali l’intero comparto finanziario (banche, assicurazioni, servizi finanziari, holding), sia altri settori, importanti, ma con minore grado di interazione con il fulcro della presente analisi: agricoltura, servizi immobiliari, distribuzione al dettaglio, turismo, servizi sociali e alle persone. Nel primo caso, l’esclusione è in parte motivata dall’impossibilità di usare variabili economiche omogenee per misurare consistenza e qualità delle attività internazionali coinvolte. La rilevazione riguarda le modalità di internazionalizzazione di natura equity, includendo partecipazioni azionarie di maggioranza e di minoranza in sussidiarie, filiali, affiliate, joint venture, incroci azionari a supporto di alleanze strategiche. Al riguardo è bene sottolineare come in tal modo essa non si limiti alle sole iniziative che determinano flussi di investimenti diretti esteri (IDE), poiché, come noto, solo una parte, ancorché rilevante, delle suddette operazioni internazionali si finanziano tramite movimenti registrati nelle bilance dei pagamenti, essendo possibile reperire risorse finanziarie complementari sui mercati locali di insediamento. F F F F 1 Il rapporto è pubblicato in Mariotti S. e Mutinelli M., Italia multinazionale 2008. Le partecipazioni italiane all’estero e estere in Italia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2009, cui si rimanda per un’esaustiva descrizione della metodologia seguita nella costruzione ed aggiornamento della banca dati. Al momento del completamento del presente rapporto (aprile 2009) è in corso l’aggiornamento della banca dati al 1.1.2008, che sarà terminato entro la tarda primavera del 2009. Giocoforza le analisi svolte nel presente rapporto si riferiscono all’aggiornamento al 1.1.2007, mentre sugli eventi più recenti verranno svolte osservazioni di tipo qualitativo. Si consideri che molte delle informazioni necessarie per la costruzione e l’aggiornamento della banca dati provengono dai bilanci delle imprese, che sono resi disponibili un lag temporale di 6-12 mesi dalla data di bilancio. Le informazioni tratte dai bilanci debbono successivamente essere verificate, controllate ed inserite nella banca dati, per cui l’aggiornamento di REPRINT non può essere rilasciato meno di 15-18 mesi dopo la data a cui esso si riferisce. 2 Corrispondenti ai seguenti codici della classificazione Ateco: 11-37, 40-41, 45, 50-51, 60-63 (escluso 63.3), 64.2, 71-74. La banca dati assume una soglia dimensionale minima per la rilevazione delle imprese partecipate, pari a un giro d’affari all’estero (e in Italia per le partecipate delle IMN estere) di 2,5 milioni di euro. Tale soglia delimita il campo di indagine per il quale la rilevazione si pone l’obiettivo di raggiungere la copertura dell’universo; essa non è quindi utilizzata per escludere dall’analisi le partecipazioni di taglia a essa inferiore di cui si viene a conoscenza, le quali sono invece a pieno titolo considerate. Più semplicemente, al di sotto di tale soglia, l’indagine non è in grado di identificare la totalità delle iniziative. 2 Dall’indagine sono escluse le forme “leggere” di internazionalizzazione, corrispondenti a quell’enorme varietà di accordi non equity con cui le imprese danno impulso al proprio coinvolgimento estero. La dimensione e la complessità di questi fenomeni sono tali che, all’attuale stato dell’arte non esistono né in Italia, né in altri paesi, banche dati in grado di censire l’universo delle iniziative. Come si desume da fonti pur frammentarie e talvolta impressionistiche, le imprese italiane che hanno sperimentato in questi anni accordi di cooperazione con partner esteri sono certamente dell’ordine di qualche decina di migliaia. Parallelamente, anche le imprese estere sono variamente coinvolte in accordi che hanno per oggetto attività nel nostro paese. Dare un nome a ciascuna delle imprese e rendere conto delle loro iniziative internazionali è un’opera che travalica le capacità dei singoli centri di ricerca e che potrebbe essere affrontata solo attraverso un progetto di ampio respiro che coordini le risorse e gli sforzi di più istituzioni, a vario titolo impegnate su questo terreno. Infine, è bene ricordare che la banca dati non censisce – coerentemente con la definizione di “impresa multinazionale” (IMN) le forme di imprenditorialità all’estero, ovverosia la nascita di imprese a opera di imprenditori di origine diversa da quella del paese di insediamento. Soprattutto nel passato, il nostro Paese è stato oggetto di attenzione da parte di imprenditori esteri che hanno dato origine a imprese che non sono divenute parte di IMN, ovvero che non hanno stabilito legami proprietari con imprese localizzate nel paese di origine dell’imprenditore: nomi come Sutter, Niggeler & Kupfer, Hoepli evocano tale processo storico. Anche oggi, le numerose piccole imprese artigiane avviate da immigrati nel nostro Paese fanno parte del fenomeno: per la Toscana, si pensi alle imprese avviate da cittadini cinesi a Prato. Tuttavia, l’aspetto attualmente più rilevante risiede nel diffuso formarsi di una imprenditorialità italiana all’estero, particolarmente nei paesi del bacino del Mediterraneo e dell’Europa centrale e orientale, soprattutto nel campo delle attività di tradizionale competitività dell’industria nazionale. I protagonisti di tale processo sono molteplici: soggetti che non hanno mai avuto o hanno abbandonato precedenti attività in Italia, ma anche familiari e collaboratori di imprenditori operativi nel Paese. Si viene dunque a formare una “area grigia” che si allarga nel tempo, attraverso iniziative sempre più numerose che esprimono legami cooperativi formali e informali tra nuovi imprenditori e imprese italiane che delocalizzano fasi e prodotti, che fanno leva sul traffico di perfezionamento passivo, che costruiscono una rete di collaborazioni produttive internazionali. Si tratta in alcuni casi di processi altamente pervasivi, ma che, salvo eccezioni rilevate, non configurano la nascita di IMN, sia perché spesso mancano strutture proprietarie formali che integrino le attività, sia perché talvolta le relazioni di proprietà sono sostituite da legami familiari. All’interno dei confini così delimitati, l’indagine si avvale di un metodo consolidato e dell’esperienza accumulata in quasi venti anni di ininterrotta osservazione dei processi di internazionalizzazione del Paese. La banca dati REPRINT, così costituita, è in grado di offrire un censimento pressoché esaustivo, le cui lacune sono, dal punto di vista della rilevanza economica dei fenomeni, di natura marginale. 1. 0B IL CONTESTO INTERNAZIONALE E LA POSIZIONE DELL’ITALIA Dopo il lungo ciclo espansivo che ha caratterizzato quasi ininterrottamente negli ultimi tre lustri dello scorso secolo, con la sola eccezione del 1991, l’andamento dei flussi mondiali di investimenti diretti esteri (IDE), i primi anni Duemila si caratterizzano per il rapido succedersi di forti cambiamenti di tendenza. Dopo aver raggiunto nell’anno 2000 il valore record di 1.400 miliardi di dollari, nel 2001 i flussi mondiali di IDE sono quasi dimezzati, complici lo scoppio della bolla della new economy e la crisi economica mondiale. La tendenza negativa è proseguita anche nei due anni successivi, fino a toccare quota 630 miliardi di dollari nel 2003. Nel 2004 è partito un nuovo ciclo espansivo, in coincidenza con la forte crescita del PIL mondiale determinata dall’effervescente sviluppo dei paesi emergenti, che ha portato i flussi mondiali di IDE a raggiungere un nuovo record nel 2007 oltre quota 1.800 miliardi di dollari. Una nuova, netta inversione di tendenza si ha nuovamente nel 2008, a fronte dei primi, pesanti effetti della 3 epocale crisi finanziaria ed economica che si è abbattuta sull’economia mondiale: secondo le stime preliminari dell’UNCTAD, a consuntivo i flussi mondiali di IDE dovrebbero registrare nel 2008 una riduzione di oltre il 20% rispetto al 2007 e un ulteriore e probabilmente ancor più forte calo è atteso per il 2009. La forte riduzione dei flussi di investimenti transnazionali si spiega facilmente come effetto di due concomitanti fenomeni. Da un lato, la capacità di investimento delle imprese è stata fortemente intaccata dalla riduzione delle risorse finanziarie disponibili sia internamente, per la contrazione degli utili, sia esternamente, a causa delle difficoltà di accesso al credito e dell’incremento dei relativi costi. Dall’altro lato, le prospettive economiche fortemente negative e l’elevata incertezza hanno fortemente ridimensionato anche la stessa propensione delle imprese ad investire, soprattutto nei paesi avanzati, colpiti da una severa recessione. In particolare, la componente che più si sta contraendo è quella delle fusioni e acquisizioni (M&As), all’interno delle quali una parte significativa è collegata a processi di disinvestimento e di ristrutturazione. Gli investimenti greenfield hanno sinora risentito meno della crisi, ma è probabile che questa componente ne subirà più duramente gli effetti nel corso del 2009, man mano che le imprese saranno costrette a cancellare o a posticipare i progetti di investimento. Riguardo alla destinazione dei flussi, i paesi avanzati sono come detto quelli più colpiti, a causa delle pessime prospettive congiunturali di mercato. I flussi diretti verso i paesi emergenti sono invece cresciuti anche nel corso del 2008, sebbene ad un tasso di crescita inferiore rispetto a quello del 2007; le previsioni per il 2009 sono incerte, perché gli effetti della crisi potrebbero essere compensati da investimenti aggiuntivi finalizzati alla ricerca della riduzione dei costi, all’accesso di risorse da esportare nelle economie avanzate e/o di mercati con prospettive di crescita ancora positive e comunque migliori di quelle dei paesi avanzati. Qualsiasi previsione di medio termine appare oggi azzardata, date le inedite caratteristiche della crisi in atto e degli imprevedibili cambiamenti strutturali che essa potrebbe determinare nell’economia mondiale. Un recente rapporto dell’UNCTAD delinea tre possibili scenari che prevedono in alternativa un veloce recupero dei flussi già a partire dal 2010, una lenta ripresa con inizio nel 2011 oppure nessun segnale di ripresa fino al 2012. In ogni caso, è evidente che le politiche pubbliche potranno svolgere un ruolo importante nel determinare condizioni favorevoli ad una rapida ripresa dei flussi degli IDE. In particolare, potrebbero giovare in tal senso riforme strutturali volte a garantire una maggiore stabilità nel sistema finanziario mondiale, un rinnovato impegno a mantenere un ambiente favorevole agli investimenti cross-border e il rilancio di politiche industriali a sostegno degli investimenti e dell’innovazione. In questo complesso scenario, come si colloca il nostro Paese? Di certo, nei primi anni del nuovo millennio l’Italia ha continuato ad evidenziare palesi difficoltà nei processi di integrazione internazionale, con un profilo debole comparativamente ad un’area – l’Europa occidentale – il cui ruolo appare in via di ridimensionamento nei nuovi equilibri economici globali. Una comparazione tra l’Italia e gli altri paesi europei può essere condotta a partire dalle informazioni desumibili dal database FDI MarketsTM, predisposto dal Financial Times, il quale censisce per tutti i settori economici le iniziative di investimento diretto estero per nuove attività o per ampliamenti di quelle esistenti, sia annunciate che realizzate. 3 Come noto, la categoria degli IDE include gli investimenti greenfield, gli ampliamenti di attività esistenti e le fusioni ed acquisizioni (M&As). Pur rappresentando queste ultime la forma prevalente con cui gli IDE si manifestano nei paesi avanzati, l’analisi circoscritta ai nuovi investimenti esteri (ampliamenti e greenfield) appare la più adatta a misurare l’attrattività delle diverse aree territoriale, in quanto in questo caso le variabili localizzative giocano un ruolo decisivo nel processo decisionale che conduce alla scelta dello specifico insediamento, mentre nel caso delle fusioni ed acquisizioni entrano in giuoco anche le variabili di natura più strettamente firm-specific legate all’impresa che costituisce il target dell’investimento. Nel caso degli investimenti in uscita, l’analisi degli F 3 F Nonostante alcuni limiti nelle informazioni disponibili, il database, in precedenza denominato LocomonitorTM, è tra i più completi e affidabili ed è stato utilizzato dall’UNCTAD nell’ambito degli ultimi “World Investment Reports” pubblicati. 4 ampliamenti e degli investimenti greenfield consente di analizzare con precisione le direttrici emergenti degli investimenti internazionali. L’analisi circoscritta alle iniziative che addizionano nuovi asset alla dotazione corrente assume dunque indubbiamente grande interesse. Nel periodo compreso tra il gennaio 2003 e il settembre 2008, che in sostanza comprende l’intera fase espansiva appena terminata, la numerosità delle iniziative attivate dalle imprese italiane all’estero è risultata inferiore alla metà di quelle delle imprese francesi e a circa un terzo di quelle di Germania e Regno Unito, con una taglia media degli investimenti significativamente inferiore rispetto a questi paesi. La situazione è ancora peggiore sul lato dell’attrattività: il divario in termini di numerosità delle iniziative in entrata nel paese si amplifica rispetto a tutti i paesi, soprattutto se si guarda alle attività manifatturiere, e non basta la taglia media maggiore dell’investimento a mitigare il giudizio. In particolare, il confronto con la Spagna è impietoso: questo paese accoglie il doppio dei progetti dell’Italia e più del triplo nel caso della sola manifattura, sia pure con una dimensione degli investimenti inferiore a quella dell’Italia. Con riferimento agli investimenti in uscita, nelle dinamiche di investimento estero più recenti è tuttavia possibile rintracciare importanti segnali di cambiamento. Il primo segnale è di dimensione prettamente quantitativa ed è evidenziato nella bilancia dei pagamenti, che nel 2007 – ultimo dato disponibile – registra un valore degli investimenti diretti all’estero doppio rispetto a quelli dei due anni precedenti e addirittura pari a 8 volte quelli del 2003. A questo balzo nella dimensione delle iniziative, che presuppone giocoforza un mutamento nella composizione dei soggetti investitori, con il ritorno sulla scena delle imprese maggiori, corrisponde anche un cambiamento nella qualità degli investimenti, per tipologia settoriale e destinazioni geografiche, con alcuni importanti elementi di novità che possono essere così sintetizzati 4 : – la prima novità, già enucleata, concerne il rinnovato attivismo internazionale delle grandi imprese: nel biennio 2007-2008 sono una ventina i deal messi a segno da imprese italiane che comportano investimenti complessivi di taglia superiore al miliardo di euro, tra i quali spicca l’acquisizione da parte di Enel del gruppo Endesa; – a questo aspetto si collega l’allargamento del “club delle multinazionali” italiane nel settore dei servizi: gruppi come Generali, Unicredit, Intesa San Paolo, Mediaset, RCS Mediagroup, De Agostini sono stati capaci di crescere all’estero tramite acquisizioni di largo respiro e di guadagnare posizioni di rilievo nei rispettivi oligopoli continentali o mondiali; – si assiste alla “riscoperta” del mercato nordamericano, dal quale le imprese italiane si erano ritirate negli anni passati: il numero delle operazioni italiane negli USA e in Canada è significativamente cresciuto soprattutto nel comparto manifatturiero, con una accelerazione favorita dall’andamento dei tassi di cambio; protagoniste le imprese maggiori (quali ENI, Luxottica, Finmeccanica), ma con la partecipazione di numerosi gruppi di media taglia, in uno spettro assai ampio di attività industriali; – un segnale positivo proviene anche dai settori dell’alta tecnologia, nei quali agli investimenti esteri di Finmeccanica e di Stmicroelectronics si affiancano le iniziative di alcune imprese di media taglia internazionale, che hanno saputo mettere a segno acquisizioni di un certo rilievo, soprattutto nell’area della Triade, consolidando la loro competitività internazionale; – infine, le iniziative intraprese nei maggiori Paesi emergenti (Cina e India in primis) evidenziano maggiore consapevolezza e impegno strategico nell’approccio a questi mercati, rispetto a quanto avvenuto negli anni passati. F F 4 Per un approfondimento si rimanda a Mariotti S. e Mutinelli M., “Nuove tendenze nell’internazionalizzazione delle imprese italiane”, Economia e Politica Industriale, Vol. XXXV, n. 1., 2008. 5 2. LA MULTINAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE TOSCANE: IL QUADRO DI SINTESI 1B Con riferimento a tutte e sole le attività che compongono il campo di indagine, l’aggiornamento della banca dati REPRINT all’inizio del 2007 consente di delineare per la Toscana il quadro generale illustrato in tab. 1. Sul lato degli investimenti toscani all’estero, le imprese toscane che hanno dimensione multinazionale (ovvero, le imprese che vantano almeno una impresa partecipata all’estero) sono 412. 5 Le imprese da esse partecipate all’estero (considerando sia le partecipazioni di controllo, sia le partecipazioni paritarie e di minoranza) sono in tutto 1.242, per un’occupazione all’estero di 45.620 dipendenti e un fatturato di oltre 12,2 miliardi di euro. Le partecipazioni di controllo riguardano il 78,8% delle imprese partecipate, l’89% dei dipendenti e il 95,1% del fatturato totale. F F Tabella 1 - Le partecipazioni delle imprese toscane all’estero ed estere in Toscana al 1.1.2007 Multinazionalizzazione attiva (partecipazioni all'estero) % su Valore (a) % Italia Multinazionalizzazione passiva (partecipazioni dall'estero) % su Valore (b) % Italia (a)/(b) Totale Imprese investitrici (N.) Imprese partecipate (N.) Dipendenti (N.) Fatturato (milioni euro) 412 1.242 45.620 12.117 100,0 100,0 100,0 100,0 6,6 5,9 3,7 3,0 255 317 32.677 13.719 100,0 100,0 100,0 100,0 6,4 4,4 3,8 3,2 1,62 3,92 1,40 0,88 6,1 4,2 3,5 3,3 1,58 3,52 1,48 0,92 9,4 6,9 7,1 2,5 1,53 6,74 0,94 0,50 Partecipazioni di controllo Imprese investitrici (N.) Imprese partecipate (N.) Dipendenti (N.) Fatturato (milioni euro) 362 979 40.582 11.528 87,9 78,8 89,0 95,1 6,5 5,9 4,4 3,8 229 278 27.336 12.546 88,9 86,0 93,7 93,2 Partecipazioni paritarie e minoritarie Imprese investitrici (N.) Imprese partecipate (N.) Dipendenti (N.) Fatturato (milioni euro) 55 263 5.038 589 13,3 21,2 11,0 4,9 2,9 5,9 1,7 0,6 36 39 5.341 1.173 11,1 14,0 6,3 6,8 Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. La consistenza economica del fenomeno per la Toscana può essere meglio qualificata rapportando tali dati a quelli nazionali. L’incidenza della Toscana sul totale nazionale risulta pari per l’insieme delle partecipazioni al 6,6% dei soggetti investitori, al 5,9% delle imprese partecipate all’estero, al 4,4% dei dipendenti delle imprese partecipate e al 3,8% del loro fatturato. Questi dati evidenziano per la Toscana e per la provincia del suo capoluogo un minore numero medio di imprese partecipate per investitore e una inferiore dimensione media delle imprese partecipate, che riflette il limitato numero di grandi imprese attive nel territorio provinciale e regionale. 5 Giova ricordare che in questa sede vengono considerate “toscane” le imprese che in Toscana hanno la principale sede operativa (in linea di massima viene considerata tale la sede che ospita la direzione generale e amministrativa della società, indipendentemente dalla localizzazione della sede legale dell’impresa stessa). Si sottolinea inoltre che dal computo delle partecipazioni estere delle imprese toscane sono escluse le partecipazioni detenute da imprese controllate da investitori esteri. 6 Sul fronte della multinazionalizzazione passiva, all’inizio del 2008 le imprese toscane partecipate da imprese estere sono in tutto 317; esse occupano quasi 32.700 dipendenti e nel 2006 hanno realizzato un fatturato di oltre 13,7 miliardi di euro. Rispetto alla consistenza complessiva delle partecipazioni estere in Italia, il peso della Toscana è pari al 4,4% delle imprese partecipate, al 3,8% dei dipendenti e al 3,2% del fatturato. Anche in questo caso, si rileva per le imprese partecipate una dimensione inferiore alla media nazionale. Per valutare compiutamente la consistenza delle partecipazioni estere in Toscana sarebbe tuttavia necessario includere nell’analisi componenti non considerate nel bilancio appena tracciato, ovvero la presenza sul suo territorio di: (i) unità locali di imprese a partecipazione estera con sede in altre regioni italiane, (ii) reciprocamente, unità locali di imprese a partecipazione estera con sede in Toscana che risultano invece localizzate in altre regioni. Purtroppo, i dati relativi al numero di dipendenti ed al fatturato sono dati disponibili solo a livello di impresa; per tale motivo, nella banca dati REPRINT gli addetti e il fatturato delle imprese partecipate vengono interamente e necessariamente attribuiti alla provincia ed alla regione ove risulta localizzata la sede amministrativa dell’impresa, a prescindere dalla loro effettiva distribuzione sul territorio multinazionale. Data la presenza nell’insieme delle imprese a partecipazione estera di numerose imprese plurilocalizzate, ciò comporta qualche inevitabile distorsione nel confrontare dati provinciali e regionali. Ad esempio alla Toscana sono attribuiti tutti gli occupati delle imprese che in regione hanno localizzato la loro sede principale, ivi inclusi quelli appartenenti alle sedi produttive e commerciali dislocate in altre province italiane; reciprocamente, non sono invece computati gli addetti ed il fatturato delle imprese che hanno sede principale in altre regioni e sono presenti in Toscana con proprie unità locali e stabilimenti. Un’idea delle dimensioni di tale distorsione si ha analizzando la distribuzione territoriale delle unità produttive delle imprese partecipate da IMN estere. All’inizio del 2007 erano attive in Toscana 221 unità produttive di imprese a partecipazione estera, pari al 6,8% del totale nazionale. Di queste 221 unità, 154 dipendevano da imprese con sede principale in Toscana, mentre le altre 67 dipendevano da imprese con sede principale in altre regioni. Peraltro, le imprese manifatturiere con sede in Toscana disponevano complessivamente di 180 unità produttive, 154 delle quali all’interno della stessa regione e 26 in altre regioni. Non è purtroppo possibile realizzare analisi analoghe per le attività commerciali e di servizio; sulla base delle informazioni disponibili, si può tuttavia ritenere con ragionevole certezza che, in tali settori, la presenza in Toscana di dipendenti di imprese a partecipazione estera con sede in altre province abbia dimensioni relativamente modeste e assolutamente non comparabili a quelle rilevate per l’industria manifatturiera. In sintesi, con tutta probabilità i dati relativi al numero di dipendenti e al fatturato delle imprese a partecipazione estera forniscono dunque una sottostima della reale consistenza dell’attività svolta in regione dalle IMN estere; tale situazione è peraltro comune con la maggior parte delle regioni italiane, escluse Lombardia, Piemonte e Lazio, dove spesso hanno sede le imprese a partecipazione estera di maggiori dimensioni e plurilocalizzate. Il bilancio tra partecipazioni estere in uscita e in entrata per la Toscana risulta assai simile a quello che si registra per l’intero Paese: alla ormai netta prevalenza delle partecipazioni in uscita in termini di numerosità e occupazione delle imprese partecipate si contrappone un maggiore spessore “strategico” delle partecipazioni in entrata: in entrambi i casi, infatti, il confronto basato sul numero dei dipendenti collegati a tutte le partecipazioni estere in entrata e in uscita premia il lato dell’uscita (quoziente 1,48 per la Toscana e 1,44 per l’Italia), ma in termini di fatturato, data la presenza di una significativa componente di partecipazioni in paesi con funzione di produzione polarizzata su tecnologie utilizzatrici di lavoro; in termini di fatturato, la consistenza delle partecipazioni in entrata sopravanza ancora quella delle partecipazioni in uscita, anche se negli ultimi anni i due valori si sono fortemente avvicinati (quoziente 0,88 per la Toscana e 0,94 per l’Italia). La composizione settoriale, sia in uscita che in entrata, vede confermata anche per la Toscana la preminenza, pure evidente in ambito nazionale, dell’industria manifatturiera (Tab. 2): con riferimento al numero di dipendenti delle imprese partecipate, la quota di tale comparto 7 sul totale raggiunge il 70,9% del totale in uscita e il 76,4% in entrata, contro medie italiane rispettivamente del 73,6% e del 60,9%. Tabella 2 - Le partecipazioni delle imprese toscane all’estero ed estere in Toscana al 1.1.2007, per settore Multinazionalizzazione attiva (partecipazioni all'estero) Imprese Dipendenti Multinazionalizzazione passiva (partecipazioni dall'estero) Fatturato (mn. euro) Imprese Dipendenti Fatturato (mn. euro) Totale (valori assoluti) Industria estrattiva Industria manifatturiera Energia elettrica, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di informatica e telecom. Altri servizi professionali Totale 9 317 130 13 538 180 34 21 1.242 368 32.349 554 200 9.799 1.578 661 111 45.620 52 6.476 356 18 4.543 566 86 20 12.117 3 130 6 11 111 24 11 21 317 156 24.967 707 265 3.224 966 848 1.544 32.677 70 9.849 465 43 2.053 335 72 833 13.719 0,5 76,4 2,2 0,8 9,9 3,0 2,6 4,7 100,0 0,5 71,8 3,4 0,3 15,0 2,4 0,5 6,1 100,0 12,3 4,8 6,6 3,0 3,0 1,8 1,1 2,1 3,8 7,1 5,0 1,4 2,0 1,6 1,9 0,2 3,9 3,2 Ripartizione % Industria estrattiva Industria manifatturiera Energia elettrica, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di informatica e telecom. Altri servizi professionali Totale 0,7 25,5 10,5 1,0 43,3 14,5 2,7 1,7 100,0 0,8 70,9 1,2 0,4 21,5 3,5 1,4 0,2 100,0 0,4 53,4 2,9 0,1 37,5 4,7 0,7 0,2 100,0 0,9 41,0 1,9 3,5 35,0 7,6 3,5 6,6 100,0 Incidenza % su totale Italia Industria estrattiva Industria manifatturiera Energia elettrica, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di informatica e telecom. Altri servizi professionali Totale 4,2 5,1 33,4 1,3 5,2 13,7 6,7 2,0 5,9 2,3 3,6 2,3 0,4 6,7 5,8 1,8 0,4 3,7 0,2 3,2 2,9 0,2 4,0 4,7 0,5 0,2 3,0 11,5 5,4 3,8 9,7 4,0 6,2 2,5 2,6 4,4 Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. L’analisi settoriale evidenzia la prevalenza delle partecipazioni in uscita nell’industria estrattiva e manifatturiera, nel commercio all’ingrosso e nella logistica, mentre le partecipazioni in entrata prevalgono nei settori delle utilities, delle costruzioni e dei servizi alle imprese (ICT e professionali), a fronte di una presenza del tutto modesta delle imprese toscane all’estero. Più puntuali valutazioni di merito possono essere date esaminando, sempre comparativamente all’Italia, il grado di multinazionalizzazione attiva e passiva della regione, con riferimento all’insieme delle attività e per i singoli settori (Tab. 3). 8 Tabella 3 - Grado di multinazionalizzazione attiva e passiva per la Toscana e l'Italia, al 1 gennaio 2007 Grado di multinazionalizzazione attiva (a) Grado di multinazionalizzazione passiva (b) Partecipazioni di controllo Totale Partecipazioni di controllo Totale Toscana Italia Toscana Italia Toscana Italia Toscana Italia Industria estrattiva Industria manifatturiera Energia, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di tlc e di informatica Altri servizi professionali 16,3 12,7 12,0 0,4 19,2 4,8 6,7 0,3 54,4 25,0 18,0 5,5 21,9 3,1 11,9 3,3 15,5 11,1 11,5 0,3 18,1 4,1 5,5 0,2 41,2 18,5 13,9 4,3 19,4 2,1 6,1 2,8 6,5 9,1 14,4 0,5 6,0 2,9 7,9 3,6 4,7 13,7 7,5 1,2 13,6 5,2 19,2 6,6 6,5 7,6 6,2 0,5 5,8 0,7 7,8 3,6 4,6 11,6 2,8 1,1 13,1 4,4 17,8 6,2 Totale 10,2 16,7 9,0 12,6 6,9 10,7 5,7 9,3 (a) Grado di multinazionalizzazione attiva = Numero di dipendenti delle imprese estere partecipate / Numero di dipendenti interni delle imprese non controllate dall'estero (%). (b) Grado di multinazionalizzazione passiva = Numero di dipendenti delle imprese a partecipazione estera / Numero di dipendenti interni delle imprese (%). Fonte: elaborazione su banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE e Istat (censimento 2001). Sul lato della multinazionalizzazione attiva, l’incidenza dei dipendenti all’estero rispetto al totale dei dipendenti delle imprese toscane non controllate dall’estero è pari al 10,2%, un valore notevolmente inferiore alla media nazionale (16,7%). Ciò significa che le imprese toscane non controllate da investitori all’estero contano in media poco più di 10 addetti in imprese partecipate all’estero (9, se si considerano le sole partecipazioni di controllo) ogni 100 dipendenti occupati in Italia. Il profilo della proiezione multinazionale delle imprese toscane è simile a quello complessivo del Paese: i settori a più elevata multinazionalizzazione sono di gran lunga l’industria, estrattiva e manifatturiera, il commercio all’ingrosso 6 e le utilities, mentre alquanto inferiore è la proiezione multinazionale delle costruzioni e degli altri settori terziari. Si noti come il grado di internazionalizzazione attiva della Toscana si attesti costantemente su livelli inferiori alla media nazionale, con l’unica eccezione dei servizi di logistica e trasporto. In particolare, nell’industria manifatturiera l’indicatore registra per la Toscana un valore che rappresenta poco più della metà della media nazionale (12,7% contro 25%) Il grado di multinazionalizzazione passiva si attesta per la Toscana su un valore di poco superiore alla metà della media nazionale (6% contro 11,5%). Anche nel caso degli investimenti esteri in entrata, il grado di multinazionalizzazione della Toscana, calcolato considerando come base dell’indice il numero di dipendenti delle imprese localizzate nel paese - a controllo sia italiano sia estero 7 - è significativamente inferiore alla media nazionale sia nel complesso (6,9% F F F F 6 Per questo settore, è opportuno richiamare l’attenzione sul diverso significato dell’indice. Mentre in generale, le partecipazioni all’estero di un settore competono per la gran parte dei casi a imprese che operano nello stesso settore (soprattutto nel caso di macroaggregazioni come quelle in corso di commento), nel caso del commercio all’ingrosso, le partecipazioni corrispondono prevalentemente a filiali commerciali di imprese di altri settori (soprattutto manifatturieri) e dunque l’indice non misura la proiezione all’estero delle imprese che compongono il settore medesimo. 7 È opportuno enfatizzare la differenza a denominatore tra multinazionalizzazione in uscita e in entrata: nel primo caso, sono esclusi gli occupati presso le imprese a controllo estero, nel secondo no. La ragione risiede nella considerazione che le imprese a controllo estero insediate in Italia non partecipano al processo di multinazionalizzazione attiva. Nel caso esse controllino attività all’estero, ciò è generalmente il frutto di scelte proprietarie e organizzative delle IMN cui appartengono e sarebbe fuorviante attribuire contabilmente il controllo dei loro assets al nostro paese. 9 contro 10,7%), sia nella quasi totalità dei settori aggregati; fanno eccezione l’industria estrattiva (caso peraltro poco significativo, data la limitata entità dei valori assoluti in gioco) e le utilities (produzione e generazione di energia elettrica, gas e acqua), che presentano per la Toscana il valore più elevato dell’indice considerato (14,4%). Nel comparto manifatturiero il grado di multinazionalizzazione passiva si ferma per la Toscana al 9,1%, contro il 13,7% nazionale. La tab. 4 confronta le performance di multinazionalizzazione attiva e passiva della Toscana con quella delle altre regioni italiane. Sul lato dell’uscita, le performance della regione appaiono modeste a confronto con quelle delle altre principali regioni del Centro-Nord; in particolare, significativo è il confronto con Veneto e Marche, regioni caratterizzate da una struttura industriale per molti versi simile a quella della Toscana (in particolare, per quello che riguarda il ruolo della piccola impresa e dei settori tradizionali del made in Italy). Tabella 4 – Grado di multinazionalizzazione attiva e passiva delle regioni italiane, al 1 gennaio 2007 (%) Grado di multinazionalizzazione attiva (a) Totale partecipazioni Partecipazioni di controllo Industria manifatt. Settori Reprint Nord-Ovest Valle d'Aosta Piemonte Lombardia Liguria 37,6 2,9 47,7 35,0 7,3 26,0 3,2 34,1 24,5 6,3 26,9 2,3 38,1 23,3 5,3 19,1 3,0 27,4 17,1 4,4 Nord-Est Veneto Trentino-Alto Adige Friuli-Venezia Giulia Emilia-Romagna 20,3 19,2 15,1 10,2 24,8 15,3 15,8 9,8 9,2 17,2 16,4 14,9 12,5 7,9 20,9 Centro Toscana Umbria Marche Lazio 20,5 12,7 7,0 25,5 34,5 13,7 10,2 4,3 19,8 15,0 5,0 6,9 7,2 5,5 6,4 2,7 2,4 1,7 0,9 25,0 Sud e Isole Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Italia Totale partecipazioni Industria manifatt. Settori Reprint 18,0 23,5 16,9 18,6 17,0 17,5 24,7 13,7 19,0 14,5 16,4 20,6 15,7 16,9 13,7 16,2 23,7 12,8 17,7 11,2 12,7 12,9 8,4 7,2 14,6 8,2 5,6 17,4 12,7 9,1 6,3 4,9 10,9 9,4 6,2 7,8 5,2 16,7 12,4 8,6 5,8 4,5 10,4 8,5 5,8 14,7 11,1 4,4 22,6 15,7 9,7 9,0 2,8 17,6 8,7 11,3 9,1 9,4 2,1 24,4 7,6 6,9 6,0 1,8 9,7 10,3 7,6 9,2 1,9 23,3 6,8 5,7 5,8 1,7 8,9 3,1 4,8 4,5 4,6 3,4 1,4 0,8 0,9 2,3 3,6 4,1 6,5 3,9 5,5 2,5 1,1 0,9 0,6 2,4 3,0 3,9 3,5 3,0 1,3 0,4 0,4 2,1 7,4 21,9 1,7 4,7 4,3 5,2 1,1 1,8 10,2 3,9 14,0 0,9 2,8 2,5 2,6 2,0 1,2 5,4 5,4 13,4 1,7 3,5 4,3 5,1 1,1 0,5 10,2 3,0 8,7 0,9 2,2 2,5 2,5 1,9 0,6 5,3 16,8 18,5 12,6 12,7 10,5 11,5 9,6 (b) Grado di multinazionalizzazione passiva = % Industria manifatt. Partecipazioni di controllo Settori Reprint (a) Grado di multinazionalizzazione attiva = % Industria Settori manifatt. Reprint Grado di multinazionalizzazione passiva (b) Numero di dipendenti delle imprese partecipate all'estero Numero di dipendenti interni delle imprese non controllate dall'estero Numero di dipendenti delle imprese a partecipazione estera Numero di dipendenti interni delle imprese residenti Fonte: elaborazione su banca dati Reprint, Politecnico di Milano – R&P – ICE e Istat (censimento 2001). 10 Sul lato dell’entrata, il confronto è meno sfavorevole. Il grado di multinazionalizzazione passiva della Toscana è notevolmente inferiore a quello delle regioni del Nord-Ovest, del Lazio e delle regioni di confine del Nord-Est (Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia), ma è paragonabile o superiore a quello di Veneto, Emilia-Romagna, Umbria e Marche. Queste evidenze inducono ad approfondire l’analisi dei caratteri strutturali e dell’evoluzione temporale di breve e medio periodo delle partecipazioni all’estero delle imprese toscane. A tale approfondimento è dedicato il prossimo paragrafo. Nel quarto ed ultimo paragrafo, a conclusione del rapporto, verranno analizzate le principali iniziative annunciate e/o concretizzatesi in data successiva alla rilevazione su cui si basano le analisi fino a quel punto svolte, ovvero dall’inizio del 2007 ad oggi. È tuttavia opportuno segnalare sin d’ora come tali iniziative non abbiano portata tale da modificare in misura sostanziale il quadro d’insieme precedentemente delineato. 3. 2B CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA MULTINAZIONALIZZAZIONE ATTIVA DELLE IMPRESE TOSCANE 3.1 La dinamica di breve e di medio periodo Le tabelle 5 e 6 illustrano la dinamica dell’internazionalizzazione attiva delle imprese toscane. In particolare, la tabella 5 mostra l’evoluzione delle partecipazioni all’estero in tutti i settori aggregati negli anni più recenti; la tabella 6 riguarda invece la sola industria manifatturiera che, come già ricordato, rappresenta la parte più consistente del fenomeno osservato e per la quale la serie storica disponibile parte addirittura dalla metà degli anni ottanta. 4B Tabella 5 - Evoluzione delle partecipazioni toscane all'estero nel periodo 1.1.2001 - 1.1.2007, per settore Imprese estere partecipate (N.) Industria estrattiva Industria manifatturiera Energia, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di telecom. e informatica Altri servizi professionali Totale Dipendenti delle imprese estere partecipate (N.) Al 1.1. 2001 Al 1.1. 2007 Var. % Var. % Italia 6 238 104 11 415 134 18 16 942 9 317 130 13 538 180 34 21 1.242 50,0 33,2 25,0 18,2 29,6 34,3 88,9 31,3 31,8 -0,5 21,1 46,8 22,3 28,3 36,6 22,0 22,5 25,8 Al 1.1. 2001 Al 1.1. 2007 217 29.191 494 187 5.286 1.208 475 90 37.148 368 32.349 554 200 9.799 1.578 661 111 45.620 Var. % Var. % Italia 69,6 10,8 12,1 7,0 85,4 30,6 39,2 23,3 22,8 26,8 2,9 182,2 16,2 31,5 64,3 -55,9 14,0 4,6 Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. Nei primi anni duemila la Toscana evidenzia una crescita aggregata del numero di partecipazioni all’estero (+31,8%) e della loro consistenza economica, misurata tramite il numero di dipendenti delle imprese partecipate (+22,8%) superiori alla media nazionale (+25,8% e +4,6%, rispettivamente). La crescita delle partecipazioni all’estero interessa per la Toscana tutti i settori considerati. Approfondendo l’analisi a livello dei diversi comparti, va sottolineata la crescita degli indicatori relativi sia alla manifattura, sia al commercio all’ingrosso, segnale di una crescente propensione delle imprese manifatturiere toscane a presidiare i principali mercati 11 internazionali di sbocco con la presenza diretta. Tassi di crescita elevati si rilevano anche nel comparto terziario, grazie peraltro ai modesti livelli di partenza. Particolarmente interessante appare l’analisi di lungo periodo, sia pure riferita alla sola industria manifatturiera (tab. 6). È opportuno sottolineare come anche in questo caso la crescita degli indicatori di consistenza delle partecipazioni all’estero delle imprese toscane superi la media italiana, come si desume dalla crescita dell’incidenza della regione sul totale nazionale: dal 4,9% del 1986 al 5,1% del 2007 con riferimento ai dipendenti delle imprese partecipate e dallo 1,6% al 3,6% con riferimento al loro fatturato. Viceversa, meno vivace della media nazionale è la crescita del numero di soggetti investitori, in relazione ai quali la quota della regione scende dallo 8,2% del 1986 al 5,9% del 2007. Questi riscontri sembrano dunque suggerire che le PMI toscane abbiano partecipato in misura inferiore rispetto alle imprese di simili dimensioni delle altre regioni del Paese all’allargamento della base investitrice, mentre segnali positivi provengono dalle medie e medio-grandi imprese toscane, che hanno accresciuto la loro presenza produttiva all’estero negli utimi due decenni. Tabella 6 - Evoluzione delle partecipazioni delle imprese toscane in attività manifatturiere all'estero, 1.1.1986 – 1.1.2007 Imprese estere partecipate (N.) Imprese investitrici (N.) – al 1.1.1986 – al 1.1.1991 – al 1.1.1996 – al 1.1.2001 – al 1.1.2002 – al 1.1.2003 – al 1.1.2004 – al 1.1.2005 – al 1.1.2006 – al 1.1.2007 N. % su Italia N. % su Italia 23 32 80 143 153 162 164 171 174 170 8,2 6,7 6,5 6,0 6,1 6,2 6,1 6,2 6,1 5,9 34 76 147 238 262 279 293 313 314 317 4,9 5,9 5,2 4,7 4,7 5,0 5,1 5,2 5,2 5,1 Dipendenti delle imprese estere partecipate (N.) N. 3.910 21.072 24.072 29.191 30.728 31.812 32.403 32.679 32.445 32.349 % su Italia 1,6 4,1 3,7 3,3 3,3 3,4 3,5 3,6 3,6 3,6 Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano -ICE. 3.2 5B La struttura settoriale delle partecipazioni all’estero La tabella 7 approfondisce la struttura settoriale delle partecipazioni all’estero, offrendo un certo livello di dettaglio sull’industria manifatturiera, comparto che raccoglie oltre i due terzi dei dipendenti delle imprese estere partecipate da imprese toscane. A questo proposito, le imprese estere partecipate da imprese toscane che svolgono un’attività manifatturiera 8 sono 317; esse occupano oltre 32.300 dipendenti e nel 2006 hanno fatturato circa 6,5 miliardi di euro. In particolare, le partecipazioni estere assumono particolare rilevanza in alcuni specifici settori: F F 8 È bene sottolineare come il settore di attività sia definito sulla base dell’attività svolta dall’impresa estera partecipata e non dell’impresa investitrice. 12 Tabella 7 - Imprese estere partecipate da imprese toscane al 1.1.2007, loro dipendenti e fatturato, per settore Imprese N. Industria estrattiva Industria manifatturiera Prodotti alimentari e bevande Industria del tabacco Tessili e maglieria Abbigliamento Pelli, cuoio, calzature e pelletteria Legno e prodotti in legno Carta e prodotti in carta Editoria e stampa Derivati del petrolio e altri combustibili Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali Articoli in gomma e materie plastiche Prodotti dei minerali non metalliferi Produzione di metalli e loro leghe Prodotti in metallo Macchine e apparecchi meccanici Macchine per ufficio e sistemi informatici Macchine e apparecchi elettrici Elettronica e telecomunicazioni Strumentazione e ottica Autoveicoli Altri mezzi di trasporto Mobili e altre industrie manifatturiere Energia, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di telecomunicazione e informatica Altri servizi professionali Totale (a) I.S. (indice di specializzazione) = Dipendenti % N. Fatturato % Mn. Euro % 9 317 23 0 43 44 33 6 18 10 0 31 18 24 7 5 13 1 10 4 2 2 9 14 130 13 538 180 34 21 0,7 25,5 1,9 0,0 3,5 3,5 2,7 0,5 1,4 0,8 0,0 2,5 1,4 1,9 0,6 0,4 1,0 0,1 0,8 0,3 0,2 0,2 0,7 1,1 10,5 1,0 43,3 14,5 2,7 1,7 368 32.349 851 0 3.880 4.899 2.093 833 2.164 159 0 6.066 617 2.126 4.623 724 425 10 482 175 57 30 1.316 819 554 200 9.799 1.578 661 111 0,8 70,9 1,9 0,0 8,5 10,7 4,6 1,8 4,7 0,3 0,0 13,3 1,4 4,7 10,1 1,6 0,9 0,0 1,1 0,4 0,1 0,1 2,9 1,8 1,2 0,4 21,5 3,5 1,4 0,2 52 6.476 80 0 153 169 141 26 673 12 0 1.188 65 479 2.832 57 79 1 130 43 2 5 320 21 356 18 4.543 566 86 20 0,4 53,4 0,7 0,0 1,3 1,4 1,2 0,2 5,6 0,1 0,0 9,8 0,5 4,0 23,4 0,5 0,7 0,0 1,1 0,4 0,0 0,0 2,6 0,2 2,9 0,1 37,5 4,7 0,7 0,2 1.242 100,0 45.620 100,0 12.117 100,0 Incidenza % della Toscana sul totale nazionale nel settore j Incidenza della Toscana sul totale nazionale in tutti i settori. Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. – – – la filiera chimico-farmaceutica conta oltre 6mila dipendenti in 31 imprese industriali partecipate all’estero, le quali nel 2006 hanno fatturato circa 1,2 miliardi di euro; il principale investitore è Menarini, che rappresenta la maggiore multinazionale italiana del settore farmaceutico; il settore della lavorazione dei metalli, grazie essenzialmente a KME-Europa Metalli, vanta oltre 4.600 dipendenti in 7 imprese produttive all’estero, che nel 2006 hanno realizzato un fatturato di circa 2,8 miliardi di euro; l’abbigliamento conta 44 imprese all’estero, con circa 4.900 dipendenti e un fatturato di 169 milioni di euro; 43 imprese, con quasi 3.900 dipendenti e fatturato di oltre 150 milioni di euro, operano nel settore tessile, mentre altre 33 imprese, circa 2.100 dipendenti e oltre 140 milioni di euro di fatturato, sono attive nel settore cuoio, pelletteria e calzature. In questi tre 13 settori manifatturieri le imprese partecipate all’estero delle imprese toscane rappresentano poco meno del 10% di tutte le partecipate estere delle imprese italiane. L’analisi degli investitori evidenzia una molteplicità di imprese di piccole e medie dimensioni, perlopiù presenti all’estero con un’unica attività produttiva localizzata in paesi a basso costo del lavoro, con l’obiettivo di contenere i costi di produzione. Altri due settori dell’industria toscana possono vantare all’inizio del 2007 oltre 2mila addetti all’estero: si tratta della lavorazione dei minerali non metalliferi (materiali per l’edilizia, vetro e ceramica) e della carta; in quest’ultimo settore, tuttavia, la consistenza delle attività estere si è successivamente ridotta a causa della crisi della lucchese Kartogroup e della sua acquisizione nel corso del 2008 da parte di un gruppo tedesco, che di fatto ne comporta la cancellazione dal novero delle multinazionali italiane. È destinata ad un sostanziale ridimensionamento anche la consistenza delle partecipazioni estere nel settore delle utilities: le attività censite ad inizio 2007 si riferiscono nella quasi totalità a partecipazioni del gruppo Enel nel settore delle energie rinnovabili, temporaneamente conferite ad un’impresa domiciliata in Toscana che nel corso del 2007 ha cambiato sede, tornando nel Lazio. La composizione settoriale potrebbe peraltro avere un ruolo nello spiegare le non pienamente soddisfacenti performance di internazionalizzazione delle imprese della regione. In generale, le differenze nel grado di internazionalizzazione di un territorio rispetto alla media nazionale possono infatti essere spiegate, ai due estremi, o da una diversa composizione delle attività economiche – le quali possono essere sbilanciate verso settori intrinsecamente più propensi o, per converso, meno propensi all’internazionalizzazione produttiva via investimenti diretti – o, a parità di composizione settoriale, da una maggiore propensione all’internazionalizzazione produttiva delle imprese operanti sul territorio appartenenti ai diversi settori di attività rispetto a quelle con analoga specializzazione settoriale che popolano il paese. Peraltro, queste spiegazioni possono combinarsi in vario modo determinando specifiche realtà fattuali. Per chiarire questi aspetti, in primo luogo, la tabella 8 raccoglie e compara, per ciascun settore di attività, il grado di multinazionalizzazione attiva delle imprese toscane, ponendolo a confronto con la media nazionale, nonché il grado di specializzazione settoriale della regione e del suo capoluogo, misurato da un semplice indicatore (si veda la legenda in tabella), che assume valore tanto maggiore (minore) rispetto all’unità, quanto più il singolo settore è sovrarappresentato (sottorappresentato) nella struttura economica regionale rispetto alla media nazionale. Dall’esame comparato dei dati, sembra potersi ipotizzare che la performance aggregata di internazionalizzazione in uscita della Toscana sia prevalentemente da ascrivere alla modesta performance delle sue imprese, piuttosto che ad una composizione settoriale sfavorevole. Da un lato, la regione ha effettivamente scarse presenze in alcuni settori ad alta vocazione di multinazionalizzazione, quali i prodotti elettrici ed elettronici, gli autoveicoli, i derivati del petrolio, i servizi di telecomunicazioni e di informatica; tuttavia, si può facilmente verificare come nella maggior parte dei settori di specializzazione della regione il grado di multinazionalizzazione delle imprese italiane sia superiore alla media nazionale. Di converso, altrettanto evidente è che il grado di multinazionalizzazione delle imprese toscane risulta inferiore alla media nazionale nella quasi totalità dei settori considerati: tra le poche eccezioni, la chimica (o meglio, la farmaceutica) e la lavorazione dei metalli in ambito manifatturiero e la logistica nel comparto terziario. I differenziali settoriali di performance tra le imprese della regione e la media nazionale sembrerebbo dunque giocare un ruolo importante nel plasmare l’esito aggregato dell’internazionalizzazione passiva della regione. Peraltro, questo ruolo potrebbe essere, come detto, rafforzato o controbilanciato dalle differenze di struttura settoriale o da aspetti specifici di contesto. Il ruolo delle diverse componenti nello spiegare la performance delle imprese toscane può essere verificato con l’analisi shift-share, che consente di scomporre il differenziale tra il grado di multinazionalizzazione della regione e la media nazionale in tre distinte componenti. 14 Tabella 8 - Grado di internazionalizzazione attiva e specializzazione della Toscana, per settore, al 1.1.2007 Grado di internazionalizzazione attiva (a) (%) Toscana Industria estrattiva Industria manifatturiera Prodotti alimentari e bevande Industria del tabacco Tessili e maglieria Abbigliamento Pelli, cuoio, calzature e pelletteria Legno e prodotti in legno Carta e prodotti in carta Editoria e stampa Derivati del petrolio e altri combustibili Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali Articoli in gomma e materie plastiche Prodotti dei minerali non metalliferi Produzione di metalli e loro leghe Prodotti in metallo Macchine e apparecchi meccanici Macchine per ufficio e sistemi informatici Macchine e apparecchi elettrici Elettronica e telecomunicazioni Strumentazione e ottica Autoveicoli Altri mezzi di trasporto Mobili e altre industrie manifatturiere Energia, gas e acqua Costruzioni Commercio all'ingrosso Logistica e trasporti Servizi di telecomunicazione e informatica Altri servizi professionali Totale (a) = % (b) = Italia Indice di specializzazione della Toscana (d) 16,3 12,7 5,6 0,0 10,0 24,9 5,3 11,5 29,1 2,5 0,0 80,5 7,4 13,7 101,4 3,3 2,6 1,3 8,8 6,6 1,6 1,9 17,3 3,5 12,0 0,4 19,2 4,8 6,7 0,3 54,4 25,0 26,6 0,0 24,3 26,3 22,9 13,8 32,2 9,4 59,4 26,7 31,0 34,3 36,4 6,7 25,5 11,6 26,5 87,1 26,9 69,3 21,7 9,0 18,0 5,5 21,9 3,1 11,9 3,3 1,30 1,09 1,38 2,62 1,26 2,15 0,43 1,60 1,21 1,10 0,05 0,48 0,50 2,35 2,67 1,20 0,60 0,30 0,57 0,47 0,38 0,43 0,62 1,14 1,33 1,45 1,03 0,57 0,39 0,78 10,2 16,7 1,00 Dipendenti delle imprese partecipate all’estero Dipendenti delle imprese domestiche non controllate dall’estero Dipendenti delle imprese toscane nel settore j / Dipendenti delle imprese toscane in tutti i settori Dipendenti delle imprese italiane nel settore j / Dipendenti delle imprese italiane in tutti i settori Fonte: elaborazione su dati Istat e banca dati REPRINT, Politecnico di Milano - ICE La prima componente (strutturale o mix-settoriale) misura la variazione dovuta alla specifica composizione settoriale della regione rispetto a quella nazionale. La seconda componente (differenziale) misura la variazione dovuta alle differenze, settore per settore, tra il grado di multinazionalizzazione della regione e quello nazionale, sotto l’ipotesi di uguale composizione settoriale; essa evidenzia dunque le differenti capacità e attitudini delle imprese e del contesto locale ad investire all’estero, a parità di tipologia di attività industriale. Infine, la terza componente (allocativa) è determinata dall’interazione tra le due precedenti componenti e assume valori tanto più positivi quanto più la regione è specializzata in settori in cui presenta contestual- 15 mente una propensione all’internazionalizzazione maggiore di quella nazionale (o despecializzata nei settori in cui tale propensione è inferiore a quella nazionale); in altri termini, questa componente misura con quanta efficacia, su scala locale e dal punto di vista della performance di internazionalizzazione, risultano allocate le risorse, ove l’efficacia corrisponde, appunto, al rendere coerenti tra loro specializzazione e grado di internazionalizzazione nei diversi settori di attività. I risultati dell’analisi shift-share, condotta con riferimento al differenziale di internazionalizzazione attiva tra la Toscana e l’Italia per l’insieme dei settori e per la sola industria manifatturiera, ovvero il settore largamente dominante nei processi qui studiati, sono raccolti in tabella 9. Tabella 9 - Analisi shift-share sul grado di multinazionalizzazione attiva della Toscana Totale Industria manifatturiera Grado di multinazionalizzazione attiva (a) della Toscana Grado di multinazionalizzazione attiva (a) dell'Italia 10,2 16,7 12,7 25,0 Differenziale (Toscana – Italia) Componente mix-settoriale o strutturale Componente differenziale Componente allocativa -6,6 0,7 -7,4 0,1 -12,3 -1,9 -12,0 1,6 (a) = % Numero di dipendenti delle imprese estere partecipate da imprese con sede nel territorio Numero di dipendenti delle imprese con sede nel territorio Fonte: elaborazione su dati Istat (Censimento 2001) e banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. Tali risultati confermano con chiarezza la netta prevalenza della componente differenziale nello spiegare la modesta performance di internazionalizzazione attiva della Toscana. La sola componente differenziale determinerebbe addirittura un divario di multinazionalizzazione ancora più elevato (-7,4 punti percentuali, anziché 6,7) se non intervenisse l’apporto favorevole dalla componente strutturale, che vale 0,7 punti percentuali. Se si considera la sola industria manifatturiera, la componente strutturale agisce invece negativamente (-1,9 punti percentuali), ma è quasi interamente controbilanciata (+1,6 punti) dalla componente allocativa, la quale indica in un certo senso la “coerenza” con cui risultano allocate le risorse nella regione, con livelli di multinazionalizzazione attiva in genere assai modesti e notevolmente inferiori alla media nazionale nei settori di despecializzazione relativa, la quale viene come detto superata solo in alcuni settori di forte specializzazione regionale (come la chimica-farmaceutica e la lavorazione dei metalli). Il quadro analitico è dunque abbastanza chiaro. La minore internazionalizzazione regionale rispetto alla media nazionale è frutto di debolezze di impresa e di contesto, che appaiono di natura sostanzialmente traversale all’intero spettro delle attività produttive e di servizio. Riguardo ai fattori di strategia-struttura delle imprese che possono spiegare il differenziale, l’ipotesi più robusta è che il profilo dimensionale delle imprese locali abbia un ruolo rilevante nello spiegare il gap di internazionalizzazione attiva della Toscana rispetto alla media nazionale. Una conferma, pur indiretta, si ha esaminando i contributi dei singoli settori alla determinazione del valore della componente differenziale calcolata per il comparto manifatturiero (-12,3 punti): 10 punti percentuali negativi sono dovuti a cinque soli settori, che, a livello nazionale, debbono una quota assai elevata dei dipendenti totali delle partecipate estere alla presenza di grandi imprese: prodotti alimentari e bevande, prodotti dei minerali non metalliferi, meccanica, elettroni- 16 ca, autoveicoli e relativi componenti 9 . Il sistema industriale toscano, caratterizzato da una popolazione di PMI e dalla penuria di grandi imprese autoctone, comporta un’oggettiva difficoltà alla crescita internazionale, sia per limiti nella dotazione di risorse finanziarie e manageriali, sia per l’associata minore capacità di visione strategica, che si traduce nella perdita di potenziali opportunità di investimento all’estero o in investimenti sub-ottimali 10 . F F F 3.3 6B F Le destinazioni geografiche La tabella 10 illustra la ripartizione geografica delle attività partecipate all’estero, riportando anche un indicatore della specializzazione geografica delle partecipazioni estere delle imprese toscane in ambito nazionale, misurato da un semplice indicatore (si veda la legenda in tabella) che assume valore tanto maggiore (minore) rispetto all’unità, quanto più quota spettante alla singola area geografica o al singolo paese in relazione al numero di dipendenti delle imprese estere partecipate è per la Toscana maggiore (minore) rispetto alla media nazionale. Si evidenzia la forte concentrazione delle partecipazioni estere delle imprese toscane in Europa (tabella 10): poco meno dei tre quarti dei dipendenti delle partecipate estere operano nel Vecchio continente, con i paesi UE-15 da soli a pesare per il 46,4% del totale (indice di specializzazione 1,23). Riguardo ai principali paesi dell’Europa occidentale, cresce per la Toscana rispetto alla media nazionale il peso di Germania, Regno Unito e Spagna, mentre si riduce quello della Francia. Le partecipazioni toscane mostrano una certa specializzazione anche verso i paesi dell’ Europa centro-orientale (indice di specializzazione 1,06), con una evidente preferenza per la direttrice Romania-Ucraina-Bulgaria, a scapito soprattutto di quella più settentrionale verso Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Russia, a segnalare un maggiore interesse nell’area verso i paesi a più basso costo del lavoro rispetto a quelli con più significative opportunità prospettiche di sbocchi di mercato. Superiore alla media nazionale la quota del nord Africa (indice di specializzazione 1,66) e segnatamente della Tunisia, dove sono state delocalizzate alcune attività prevalentemente del tessile-abbigliamento. Nel complesso assai modesta è invece la consistenza delle attività delle imprese toscane in Asia e nelle Americhe, per lo più presidiate attraverso filiali commerciali e non con attività produttive. Nel complesso, il profilo geografico delle attività estere appare coerente con la forte specializzazione dell’economia toscana nei settori tradizionali (in particolare tessile, abbigliamento, cuoio e calzature), per loro stessa natura più propensi di altri a combinare le caratteristiche di stile e design tipiche del made in Italy con la inevitabile ricerca di vantaggi di costo all’estero per rimanere competitivi di fronte alla concorrenza dei paesi emergenti. 9 Si ricorda che, in ambito nazionale, circa un terzo degli addetti totali all’estero opera in imprese partecipate da gruppi industriali con almeno 5mila addetti in Italia. Cfr. Mariotti S. e Mutinelli M., op.cit., 2009. 10 Riguardo ai limiti ed ai modelli di comportamento delle PMI nei processi di internazionalizzazione si rinvia a Mariotti S. e Mutinelli M., La crescita internazionale per le PMI. Strumenti, modelli e strategie per conquistare i mercati, Il Sole 24 Ore, Milano, 2003. 17 Tabella 10 - Imprese estere partecipate da imprese toscane al 1.1.2007, loro dipendenti e fatturato, per area geografica e principali nazioni Imprese Paesi UE-15 Francia Germania Regno Unito Spagna Europa Centro-Orientale Polonia Romania Altri paesi europei Africa settentrionale Tunisia Altri paesi africani America settentrionale USA America Latina Brasile Medio Oriente Asia centrale Asia orientale Cina Oceania Totale (a) = Dipendenti N. % N. % 385 81 59 68 74 217 26 75 47 59 49 16 241 228 106 31 14 17 128 50 12 31,0 6,5 4,8 5,5 6,0 17,5 2,1 6,0 3,8 4,8 3,9 1,3 19,4 18,4 8,5 2,5 1,1 1,4 10,3 4,0 1,0 21.176 4.403 7.152 4.325 3.693 10.535 1.305 6.081 1.418 3.941 2.801 188 2.091 2.000 2.224 1.254 102 681 3.132 1.638 132 46,4 9,7 15,7 9,5 8,1 23,1 2,9 13,3 3,1 8,6 6,1 0,4 4,6 4,4 4,9 2,7 0,2 1,5 6,9 3,6 0,3 1.242 100,0 45.620 100,0 % Indice di specializzazione della Toscana (a) 9.127 2.199 2.868 1.483 1.220 657 215 186 212 180 142 57 742 691 598 188 26 23 469 120 27 75,3 18,1 23,7 12,2 10,1 5,4 1,8 1,5 1,7 1,5 1,2 0,5 6,1 5,7 4,9 1,6 0,2 0,2 3,9 1,0 0,2 1,23 0,82 2,03 1,42 1,72 1,06 0,75 2,01 0,79 1,66 1,85 0,22 0,68 0,75 0,45 0,51 0,39 0,74 0,81 0,72 0,39 12.117 100,0 1,00 Fatturato Mn. Euro Quota (in base ai dipendenti) dell'area geografica (paese) j sulle partecipazioni estere delle imprese toscane Quota (in base ai dipendenti) dell'area geografica (paese) j sulle partecipazioni estere delle imprese italiane Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. Più che il riscontro dell’esistenza di fenomeni di delocalizzazione produttiva, che peraltro assumono entità complessivamente limitata anche perché spesso seguono percorsi diversi da quello della multinazionalizzazione tramite investimenti diretti esteri, preoccupa piuttosto la mancanza di globalità che caratterizza le partecipazioni all’estero delle imprese toscane, le cui attività multinazionali sono quasi esclusivamente circoscritte all’Europa e al bacino del Mediterraneo. 18 3.4 7B La ripartizione per provincia La tab. 11 evidenzia la distribuzione delle partecipazioni toscane all’estero per provincia dell’impresa investitrice. Tabella 11 - Le imprese multinazionali toscane e le loro partecipazioni estere al 1.1.2007, per provincia Imprese investitrici (N.) Firenze Arezzo Grosseto Livorno Lucca Massa-Carrara Pisa Pistoia Prato Siena Totale (a) = % 149 48 5 20 44 32 27 23 48 16 412 Imprese estere partecipate (N.) Dipendenti delle imprese estere partecipate (N.) Fatturato delle imprese estere partecipate (Mn. euro) Grado di multinazionalizzazione (a) (%) 26.254 2.379 47 243 4.513 735 2.865 4.270 3.370 944 45.620 7.496 231 13 43 1.888 221 1.030 386 497 312 12.117 20,6 4,6 0,4 0,9 10,8 4,5 5,3 14,4 7,8 3,5 10,5 485 85 6 30 112 60 174 62 171 57 1.242 Dipendenti delle imprese partecipate all’estero Dipendenti delle imprese domestiche non controllate dall’estero Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE. Con 149 imprese investitrici e 485 imprese partecipate all’estero, che contano oltre 26mila dipendenti e un fatturato estero di 7,5 miliardi di euro, Firenze è di gran lunga la provincia toscana maggiormente internazionalizzata, con un grado di multinazionalizzazione attiva quasi doppio rispetto alla media regionale (tab. 11). In seconda posizione per numerosità delle iniziative si colloca Prato, con 48 investitori e 171 imprese partecipate all’estero; in termini di consistenza delle partecipazioni all’estero emerge invece tra le altre province toscane Lucca (oltre 3.400 dipendenti e quasi 1,9 miliardi di euro di fatturato all’estero), grazie in particolare ai principali gruppi del settore cartario. Oltre che a Firenze, il grado di multinazionalizzazione attiva supera la soglia del 10% sono a Pistoia (14,4%) e Lucca (10,5); particolarmente limitata la multinazionalizzazione di Livorno e Grosseto, le cui imprese contano meno di un dipendente all’estero ogni cento domestici. Nel corso degli anni Duemila tutte le province toscane hanno visto crescere la proiezione multinazionale delle proprie imprese; particolarmente significativi i tassi di crescita registrati da Pisa (grazie segnatamente a Piaggio), Lucca, Prato e Siena. 19 4. 3B LE TENDENZE RECENTI DELLA MULTINAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE TOSCANE A conclusione del rapporto appare opportuno gettare uno sguardo su quanto è successo in epoca successiva alla rilevazione su cui si basano le analisi finora svolta, ovvero dall’inizio del 2007 ad oggi. Come già sottolineato in precedenza, gli eventi recenti non hanno portata tale da modificare in misura sostanziale le analisi sin qui condotte; nondimeno, appare utile sottolineare le iniziative principali. Sul lato degli investimenti in entrata, spiccano su tutte due acquisizioni: - nel 2007, la statunitense Boeing ha rilevato il controllo della viareggina C-Map, specializzata nella produzione di sistemi di cartografia elettronica per il settore navale; - nel 2008, la tedesca Wepa ha rilevato gli asset della lucchese Kartogroup, caduta in una pesante crisi finanziaria. Sul lato degli investimenti diretti delle imprese toscane all’estero, in aggiunta alla inevitabile cancellazione di C-Map e di Kartogroup dal novero delle IMN a capitale italiano, si segnalano le iniziative di alcuni gruppi di media taglia, come Pramac, Targetti Sankey, El.En, Dada ed Eutelia, che hanno rafforzato la propria posizione competitiva sui mercati internazionali. Si segnalano in particolare Targetti Sankey, che con l’acquisizione del gruppo danese Louis Poulsen Lighting è diventata uno dei leader europei nel segmento dell’illuminazione architettonica di lusso, e la fiorentina Seves, che ha nel 2007 ha acquisito in rapida successione la brasiliana Insuladores Santana e l’austriaca PPC Insulators e nel 2008 ha inaugurato due nuove unità produttive in Cina. 20