Università di Brescia e MIP - Politecnico di

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Università di Brescia e MIP - Politecnico di
AGENZIA DI PROMOZIONE ECONOMICA DELLA TOSCANA
LA MULTINAZIONALIZZAZIONE
DELLE IMPRESE TOSCANE
MARCO MUTINELLI
Università di Brescia e MIP-Politecnico di Milano
Aprile 2009
INTRODUZIONE
Il presente rapporto si propone di analizzare lo stato della multinazionalizzazione tramite
investimenti diretti esteri delle imprese toscane, sia sul lato della multinazionalizzazione attiva,
o in uscita (ovvero, con riferimento alle imprese toscane con partecipazioni in imprese estere),
sia sul lato della multinazionalizzazione passiva, o in entrata (cioè, con riferimento alle imprese
toscane partecipate dall’estero), dedicando uno specifico approfondimento alle principali
caratteristiche strutturali ed evolutive della multinazionalizzazione attiva. Le analisi si basano
sulle informazioni contenute nella banca dati REPRINT, realizzata presso il Politecnico di Milano
nell’ambito delle ricerche sull’internazionalizzazione delle imprese italiane promosse dall’ICE,
la quale censisce le partecipazioni delle imprese italiane all’estero e delle multinazionali estere
in Italia, consentendo di misurarne la numerosità e di analizzarne consistenza economica e
orientamenti geografici e settoriali. In particolare, il rapporto si avvale dell’aggiornamento della
banca dati che fotografa la consistenza delle partecipazioni italiane all’estero ed estere in Italia
all’inizio del 2007, su cui si basa il rapporto “Italia Multinazionale 2008” 1 .
Prima di entrare nel merito, appaiono utili alcune brevi note circa l’ambito di indagine e la
metodologia di ricerca alla base della banca dati REPRINT. Il campo di indagine si estende
all’intero sistema delle imprese industriali e all’insieme dei servizi che ne supportano le attività.
In modo puntuale, settori considerati sono: industria estrattiva e manifatturiera; energia, gas,
acqua; costruzioni; commercio all’ingrosso; logistica e trasporti; servizi di telecomunicazione;
software e servizi di informatica; altri servizi professionali 2 . In particolare, per ciascuna impresa
– casamadre e partecipata – coinvolta nei processi considerati, vengono reperiti i dati economici
essenziali (fatturato, dipendenti, valore aggiunto, tipologia produttiva, localizzazione delle
attività, struttura proprietaria, ecc.), con riguardo a tutti gli asset che definiscono la sua dimensione multinazionale, siano essi relativi ad attività produttive, commerciali, di ricerca e di
servizio. Per implicita differenza da quanto sopra indicato, sono quindi esclusi dall’analisi sia
taluni settori che pure si intrecciano in misura rilevante con le attività censite, quali l’intero
comparto finanziario (banche, assicurazioni, servizi finanziari, holding), sia altri settori,
importanti, ma con minore grado di interazione con il fulcro della presente analisi: agricoltura,
servizi immobiliari, distribuzione al dettaglio, turismo, servizi sociali e alle persone. Nel primo
caso, l’esclusione è in parte motivata dall’impossibilità di usare variabili economiche omogenee
per misurare consistenza e qualità delle attività internazionali coinvolte.
La rilevazione riguarda le modalità di internazionalizzazione di natura equity, includendo
partecipazioni azionarie di maggioranza e di minoranza in sussidiarie, filiali, affiliate, joint
venture, incroci azionari a supporto di alleanze strategiche. Al riguardo è bene sottolineare come
in tal modo essa non si limiti alle sole iniziative che determinano flussi di investimenti diretti
esteri (IDE), poiché, come noto, solo una parte, ancorché rilevante, delle suddette operazioni
internazionali si finanziano tramite movimenti registrati nelle bilance dei pagamenti, essendo
possibile reperire risorse finanziarie complementari sui mercati locali di insediamento.
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1
Il rapporto è pubblicato in Mariotti S. e Mutinelli M., Italia multinazionale 2008. Le partecipazioni italiane all’estero e estere in
Italia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2009, cui si rimanda per un’esaustiva descrizione della metodologia seguita nella costruzione
ed aggiornamento della banca dati. Al momento del completamento del presente rapporto (aprile 2009) è in corso l’aggiornamento
della banca dati al 1.1.2008, che sarà terminato entro la tarda primavera del 2009. Giocoforza le analisi svolte nel presente rapporto
si riferiscono all’aggiornamento al 1.1.2007, mentre sugli eventi più recenti verranno svolte osservazioni di tipo qualitativo. Si
consideri che molte delle informazioni necessarie per la costruzione e l’aggiornamento della banca dati provengono dai bilanci delle
imprese, che sono resi disponibili un lag temporale di 6-12 mesi dalla data di bilancio. Le informazioni tratte dai bilanci debbono
successivamente essere verificate, controllate ed inserite nella banca dati, per cui l’aggiornamento di REPRINT non può essere
rilasciato meno di 15-18 mesi dopo la data a cui esso si riferisce.
2
Corrispondenti ai seguenti codici della classificazione Ateco: 11-37, 40-41, 45, 50-51, 60-63 (escluso 63.3), 64.2, 71-74. La banca
dati assume una soglia dimensionale minima per la rilevazione delle imprese partecipate, pari a un giro d’affari all’estero (e in Italia
per le partecipate delle IMN estere) di 2,5 milioni di euro. Tale soglia delimita il campo di indagine per il quale la rilevazione si
pone l’obiettivo di raggiungere la copertura dell’universo; essa non è quindi utilizzata per escludere dall’analisi le partecipazioni di
taglia a essa inferiore di cui si viene a conoscenza, le quali sono invece a pieno titolo considerate. Più semplicemente, al di sotto di
tale soglia, l’indagine non è in grado di identificare la totalità delle iniziative.
2
Dall’indagine sono escluse le forme “leggere” di internazionalizzazione, corrispondenti a
quell’enorme varietà di accordi non equity con cui le imprese danno impulso al proprio coinvolgimento estero. La dimensione e la complessità di questi fenomeni sono tali che, all’attuale
stato dell’arte non esistono né in Italia, né in altri paesi, banche dati in grado di censire l’universo delle iniziative. Come si desume da fonti pur frammentarie e talvolta impressionistiche, le
imprese italiane che hanno sperimentato in questi anni accordi di cooperazione con partner
esteri sono certamente dell’ordine di qualche decina di migliaia. Parallelamente, anche le imprese estere sono variamente coinvolte in accordi che hanno per oggetto attività nel nostro paese.
Dare un nome a ciascuna delle imprese e rendere conto delle loro iniziative internazionali è
un’opera che travalica le capacità dei singoli centri di ricerca e che potrebbe essere affrontata
solo attraverso un progetto di ampio respiro che coordini le risorse e gli sforzi di più istituzioni,
a vario titolo impegnate su questo terreno.
Infine, è bene ricordare che la banca dati non censisce – coerentemente con la definizione di
“impresa multinazionale” (IMN) le forme di imprenditorialità all’estero, ovverosia la nascita di
imprese a opera di imprenditori di origine diversa da quella del paese di insediamento.
Soprattutto nel passato, il nostro Paese è stato oggetto di attenzione da parte di imprenditori
esteri che hanno dato origine a imprese che non sono divenute parte di IMN, ovvero che non
hanno stabilito legami proprietari con imprese localizzate nel paese di origine dell’imprenditore:
nomi come Sutter, Niggeler & Kupfer, Hoepli evocano tale processo storico. Anche oggi, le
numerose piccole imprese artigiane avviate da immigrati nel nostro Paese fanno parte del fenomeno: per la Toscana, si pensi alle imprese avviate da cittadini cinesi a Prato. Tuttavia, l’aspetto
attualmente più rilevante risiede nel diffuso formarsi di una imprenditorialità italiana all’estero,
particolarmente nei paesi del bacino del Mediterraneo e dell’Europa centrale e orientale,
soprattutto nel campo delle attività di tradizionale competitività dell’industria nazionale. I protagonisti di tale processo sono molteplici: soggetti che non hanno mai avuto o hanno abbandonato
precedenti attività in Italia, ma anche familiari e collaboratori di imprenditori operativi nel
Paese. Si viene dunque a formare una “area grigia” che si allarga nel tempo, attraverso iniziative
sempre più numerose che esprimono legami cooperativi formali e informali tra nuovi imprenditori
e imprese italiane che delocalizzano fasi e prodotti, che fanno leva sul traffico di perfezionamento
passivo, che costruiscono una rete di collaborazioni produttive internazionali. Si tratta in alcuni
casi di processi altamente pervasivi, ma che, salvo eccezioni rilevate, non configurano la nascita di
IMN, sia perché spesso mancano strutture proprietarie formali che integrino le attività, sia perché
talvolta le relazioni di proprietà sono sostituite da legami familiari.
All’interno dei confini così delimitati, l’indagine si avvale di un metodo consolidato e dell’esperienza accumulata in quasi venti anni di ininterrotta osservazione dei processi di internazionalizzazione del Paese. La banca dati REPRINT, così costituita, è in grado di offrire un censimento pressoché esaustivo, le cui lacune sono, dal punto di vista della rilevanza economica dei
fenomeni, di natura marginale.
1.
0B
IL CONTESTO INTERNAZIONALE E LA POSIZIONE DELL’ITALIA
Dopo il lungo ciclo espansivo che ha caratterizzato quasi ininterrottamente negli ultimi tre
lustri dello scorso secolo, con la sola eccezione del 1991, l’andamento dei flussi mondiali di
investimenti diretti esteri (IDE), i primi anni Duemila si caratterizzano per il rapido succedersi
di forti cambiamenti di tendenza. Dopo aver raggiunto nell’anno 2000 il valore record di 1.400
miliardi di dollari, nel 2001 i flussi mondiali di IDE sono quasi dimezzati, complici lo scoppio
della bolla della new economy e la crisi economica mondiale. La tendenza negativa è proseguita
anche nei due anni successivi, fino a toccare quota 630 miliardi di dollari nel 2003. Nel 2004 è
partito un nuovo ciclo espansivo, in coincidenza con la forte crescita del PIL mondiale
determinata dall’effervescente sviluppo dei paesi emergenti, che ha portato i flussi mondiali di
IDE a raggiungere un nuovo record nel 2007 oltre quota 1.800 miliardi di dollari. Una nuova,
netta inversione di tendenza si ha nuovamente nel 2008, a fronte dei primi, pesanti effetti della
3
epocale crisi finanziaria ed economica che si è abbattuta sull’economia mondiale: secondo le
stime preliminari dell’UNCTAD, a consuntivo i flussi mondiali di IDE dovrebbero registrare nel
2008 una riduzione di oltre il 20% rispetto al 2007 e un ulteriore e probabilmente ancor più forte
calo è atteso per il 2009.
La forte riduzione dei flussi di investimenti transnazionali si spiega facilmente come effetto
di due concomitanti fenomeni. Da un lato, la capacità di investimento delle imprese è stata
fortemente intaccata dalla riduzione delle risorse finanziarie disponibili sia internamente, per la
contrazione degli utili, sia esternamente, a causa delle difficoltà di accesso al credito e
dell’incremento dei relativi costi. Dall’altro lato, le prospettive economiche fortemente negative
e l’elevata incertezza hanno fortemente ridimensionato anche la stessa propensione delle
imprese ad investire, soprattutto nei paesi avanzati, colpiti da una severa recessione.
In particolare, la componente che più si sta contraendo è quella delle fusioni e acquisizioni
(M&As), all’interno delle quali una parte significativa è collegata a processi di disinvestimento e
di ristrutturazione. Gli investimenti greenfield hanno sinora risentito meno della crisi, ma è
probabile che questa componente ne subirà più duramente gli effetti nel corso del 2009, man
mano che le imprese saranno costrette a cancellare o a posticipare i progetti di investimento.
Riguardo alla destinazione dei flussi, i paesi avanzati sono come detto quelli più colpiti, a
causa delle pessime prospettive congiunturali di mercato. I flussi diretti verso i paesi emergenti
sono invece cresciuti anche nel corso del 2008, sebbene ad un tasso di crescita inferiore rispetto
a quello del 2007; le previsioni per il 2009 sono incerte, perché gli effetti della crisi potrebbero
essere compensati da investimenti aggiuntivi finalizzati alla ricerca della riduzione dei costi,
all’accesso di risorse da esportare nelle economie avanzate e/o di mercati con prospettive di
crescita ancora positive e comunque migliori di quelle dei paesi avanzati.
Qualsiasi previsione di medio termine appare oggi azzardata, date le inedite caratteristiche
della crisi in atto e degli imprevedibili cambiamenti strutturali che essa potrebbe determinare
nell’economia mondiale. Un recente rapporto dell’UNCTAD delinea tre possibili scenari che
prevedono in alternativa un veloce recupero dei flussi già a partire dal 2010, una lenta ripresa
con inizio nel 2011 oppure nessun segnale di ripresa fino al 2012. In ogni caso, è evidente che le
politiche pubbliche potranno svolgere un ruolo importante nel determinare condizioni favorevoli ad una rapida ripresa dei flussi degli IDE. In particolare, potrebbero giovare in tal senso
riforme strutturali volte a garantire una maggiore stabilità nel sistema finanziario mondiale, un
rinnovato impegno a mantenere un ambiente favorevole agli investimenti cross-border e il
rilancio di politiche industriali a sostegno degli investimenti e dell’innovazione.
In questo complesso scenario, come si colloca il nostro Paese? Di certo, nei primi anni del
nuovo millennio l’Italia ha continuato ad evidenziare palesi difficoltà nei processi di integrazione internazionale, con un profilo debole comparativamente ad un’area – l’Europa occidentale – il cui ruolo appare in via di ridimensionamento nei nuovi equilibri economici globali.
Una comparazione tra l’Italia e gli altri paesi europei può essere condotta a partire dalle informazioni desumibili dal database FDI MarketsTM, predisposto dal Financial Times, il quale
censisce per tutti i settori economici le iniziative di investimento diretto estero per nuove attività
o per ampliamenti di quelle esistenti, sia annunciate che realizzate. 3 Come noto, la categoria
degli IDE include gli investimenti greenfield, gli ampliamenti di attività esistenti e le fusioni ed
acquisizioni (M&As). Pur rappresentando queste ultime la forma prevalente con cui gli IDE si
manifestano nei paesi avanzati, l’analisi circoscritta ai nuovi investimenti esteri (ampliamenti e
greenfield) appare la più adatta a misurare l’attrattività delle diverse aree territoriale, in quanto
in questo caso le variabili localizzative giocano un ruolo decisivo nel processo decisionale che
conduce alla scelta dello specifico insediamento, mentre nel caso delle fusioni ed acquisizioni
entrano in giuoco anche le variabili di natura più strettamente firm-specific legate all’impresa
che costituisce il target dell’investimento. Nel caso degli investimenti in uscita, l’analisi degli
F
3
F
Nonostante alcuni limiti nelle informazioni disponibili, il database, in precedenza denominato LocomonitorTM, è tra i più completi
e affidabili ed è stato utilizzato dall’UNCTAD nell’ambito degli ultimi “World Investment Reports” pubblicati.
4
ampliamenti e degli investimenti greenfield consente di analizzare con precisione le direttrici
emergenti degli investimenti internazionali. L’analisi circoscritta alle iniziative che addizionano
nuovi asset alla dotazione corrente assume dunque indubbiamente grande interesse.
Nel periodo compreso tra il gennaio 2003 e il settembre 2008, che in sostanza comprende
l’intera fase espansiva appena terminata, la numerosità delle iniziative attivate dalle imprese
italiane all’estero è risultata inferiore alla metà di quelle delle imprese francesi e a circa un terzo
di quelle di Germania e Regno Unito, con una taglia media degli investimenti significativamente inferiore rispetto a questi paesi. La situazione è ancora peggiore sul lato dell’attrattività:
il divario in termini di numerosità delle iniziative in entrata nel paese si amplifica rispetto a tutti
i paesi, soprattutto se si guarda alle attività manifatturiere, e non basta la taglia media maggiore
dell’investimento a mitigare il giudizio. In particolare, il confronto con la Spagna è impietoso:
questo paese accoglie il doppio dei progetti dell’Italia e più del triplo nel caso della sola
manifattura, sia pure con una dimensione degli investimenti inferiore a quella dell’Italia.
Con riferimento agli investimenti in uscita, nelle dinamiche di investimento estero più recenti è tuttavia possibile rintracciare importanti segnali di cambiamento. Il primo segnale è di
dimensione prettamente quantitativa ed è evidenziato nella bilancia dei pagamenti, che nel 2007
– ultimo dato disponibile – registra un valore degli investimenti diretti all’estero doppio rispetto
a quelli dei due anni precedenti e addirittura pari a 8 volte quelli del 2003. A questo balzo nella
dimensione delle iniziative, che presuppone giocoforza un mutamento nella composizione dei
soggetti investitori, con il ritorno sulla scena delle imprese maggiori, corrisponde anche un
cambiamento nella qualità degli investimenti, per tipologia settoriale e destinazioni geografiche,
con alcuni importanti elementi di novità che possono essere così sintetizzati 4 :
–
la prima novità, già enucleata, concerne il rinnovato attivismo internazionale delle grandi
imprese: nel biennio 2007-2008 sono una ventina i deal messi a segno da imprese italiane
che comportano investimenti complessivi di taglia superiore al miliardo di euro, tra i quali
spicca l’acquisizione da parte di Enel del gruppo Endesa;
–
a questo aspetto si collega l’allargamento del “club delle multinazionali” italiane nel settore dei servizi: gruppi come Generali, Unicredit, Intesa San Paolo, Mediaset, RCS
Mediagroup, De Agostini sono stati capaci di crescere all’estero tramite acquisizioni di
largo respiro e di guadagnare posizioni di rilievo nei rispettivi oligopoli continentali o
mondiali;
–
si assiste alla “riscoperta” del mercato nordamericano, dal quale le imprese italiane si
erano ritirate negli anni passati: il numero delle operazioni italiane negli USA e in Canada
è significativamente cresciuto soprattutto nel comparto manifatturiero, con una accelerazione favorita dall’andamento dei tassi di cambio; protagoniste le imprese maggiori
(quali ENI, Luxottica, Finmeccanica), ma con la partecipazione di numerosi gruppi di
media taglia, in uno spettro assai ampio di attività industriali;
–
un segnale positivo proviene anche dai settori dell’alta tecnologia, nei quali agli investimenti esteri di Finmeccanica e di Stmicroelectronics si affiancano le iniziative di alcune
imprese di media taglia internazionale, che hanno saputo mettere a segno acquisizioni di
un certo rilievo, soprattutto nell’area della Triade, consolidando la loro competitività
internazionale;
–
infine, le iniziative intraprese nei maggiori Paesi emergenti (Cina e India in primis)
evidenziano maggiore consapevolezza e impegno strategico nell’approccio a questi
mercati, rispetto a quanto avvenuto negli anni passati.
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F
4
Per un approfondimento si rimanda a Mariotti S. e Mutinelli M., “Nuove tendenze nell’internazionalizzazione delle imprese italiane”, Economia e Politica Industriale, Vol. XXXV, n. 1., 2008.
5
2.
LA MULTINAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE TOSCANE: IL QUADRO DI SINTESI
1B
Con riferimento a tutte e sole le attività che compongono il campo di indagine, l’aggiornamento
della banca dati REPRINT all’inizio del 2007 consente di delineare per la Toscana il quadro
generale illustrato in tab. 1.
Sul lato degli investimenti toscani all’estero, le imprese toscane che hanno dimensione
multinazionale (ovvero, le imprese che vantano almeno una impresa partecipata all’estero) sono
412. 5 Le imprese da esse partecipate all’estero (considerando sia le partecipazioni di controllo,
sia le partecipazioni paritarie e di minoranza) sono in tutto 1.242, per un’occupazione all’estero
di 45.620 dipendenti e un fatturato di oltre 12,2 miliardi di euro. Le partecipazioni di controllo
riguardano il 78,8% delle imprese partecipate, l’89% dei dipendenti e il 95,1% del fatturato
totale.
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F
Tabella 1 - Le partecipazioni delle imprese toscane all’estero ed estere in Toscana al 1.1.2007
Multinazionalizzazione attiva
(partecipazioni all'estero)
% su
Valore (a)
%
Italia
Multinazionalizzazione passiva
(partecipazioni dall'estero)
% su
Valore (b)
%
Italia
(a)/(b)
Totale
Imprese investitrici (N.)
Imprese partecipate (N.)
Dipendenti (N.)
Fatturato (milioni euro)
412
1.242
45.620
12.117
100,0
100,0
100,0
100,0
6,6
5,9
3,7
3,0
255
317
32.677
13.719
100,0
100,0
100,0
100,0
6,4
4,4
3,8
3,2
1,62
3,92
1,40
0,88
6,1
4,2
3,5
3,3
1,58
3,52
1,48
0,92
9,4
6,9
7,1
2,5
1,53
6,74
0,94
0,50
Partecipazioni di controllo
Imprese investitrici (N.)
Imprese partecipate (N.)
Dipendenti (N.)
Fatturato (milioni euro)
362
979
40.582
11.528
87,9
78,8
89,0
95,1
6,5
5,9
4,4
3,8
229
278
27.336
12.546
88,9
86,0
93,7
93,2
Partecipazioni paritarie e minoritarie
Imprese investitrici (N.)
Imprese partecipate (N.)
Dipendenti (N.)
Fatturato (milioni euro)
55
263
5.038
589
13,3
21,2
11,0
4,9
2,9
5,9
1,7
0,6
36
39
5.341
1.173
11,1
14,0
6,3
6,8
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
La consistenza economica del fenomeno per la Toscana può essere meglio qualificata
rapportando tali dati a quelli nazionali. L’incidenza della Toscana sul totale nazionale risulta
pari per l’insieme delle partecipazioni al 6,6% dei soggetti investitori, al 5,9% delle imprese
partecipate all’estero, al 4,4% dei dipendenti delle imprese partecipate e al 3,8% del loro
fatturato. Questi dati evidenziano per la Toscana e per la provincia del suo capoluogo un minore
numero medio di imprese partecipate per investitore e una inferiore dimensione media delle
imprese partecipate, che riflette il limitato numero di grandi imprese attive nel territorio
provinciale e regionale.
5
Giova ricordare che in questa sede vengono considerate “toscane” le imprese che in Toscana hanno la principale sede operativa (in
linea di massima viene considerata tale la sede che ospita la direzione generale e amministrativa della società, indipendentemente
dalla localizzazione della sede legale dell’impresa stessa). Si sottolinea inoltre che dal computo delle partecipazioni estere delle
imprese toscane sono escluse le partecipazioni detenute da imprese controllate da investitori esteri.
6
Sul fronte della multinazionalizzazione passiva, all’inizio del 2008 le imprese toscane partecipate da imprese estere sono in tutto 317; esse occupano quasi 32.700 dipendenti e nel 2006
hanno realizzato un fatturato di oltre 13,7 miliardi di euro. Rispetto alla consistenza complessiva
delle partecipazioni estere in Italia, il peso della Toscana è pari al 4,4% delle imprese partecipate, al 3,8% dei dipendenti e al 3,2% del fatturato. Anche in questo caso, si rileva per le imprese
partecipate una dimensione inferiore alla media nazionale.
Per valutare compiutamente la consistenza delle partecipazioni estere in Toscana sarebbe tuttavia necessario includere nell’analisi componenti non considerate nel bilancio appena tracciato,
ovvero la presenza sul suo territorio di: (i) unità locali di imprese a partecipazione estera con
sede in altre regioni italiane, (ii) reciprocamente, unità locali di imprese a partecipazione estera
con sede in Toscana che risultano invece localizzate in altre regioni. Purtroppo, i dati relativi al
numero di dipendenti ed al fatturato sono dati disponibili solo a livello di impresa; per tale
motivo, nella banca dati REPRINT gli addetti e il fatturato delle imprese partecipate vengono
interamente e necessariamente attribuiti alla provincia ed alla regione ove risulta localizzata la
sede amministrativa dell’impresa, a prescindere dalla loro effettiva distribuzione sul territorio
multinazionale. Data la presenza nell’insieme delle imprese a partecipazione estera di numerose
imprese plurilocalizzate, ciò comporta qualche inevitabile distorsione nel confrontare dati provinciali e regionali. Ad esempio alla Toscana sono attribuiti tutti gli occupati delle imprese che
in regione hanno localizzato la loro sede principale, ivi inclusi quelli appartenenti alle sedi
produttive e commerciali dislocate in altre province italiane; reciprocamente, non sono invece
computati gli addetti ed il fatturato delle imprese che hanno sede principale in altre regioni e
sono presenti in Toscana con proprie unità locali e stabilimenti.
Un’idea delle dimensioni di tale distorsione si ha analizzando la distribuzione territoriale
delle unità produttive delle imprese partecipate da IMN estere. All’inizio del 2007 erano attive
in Toscana 221 unità produttive di imprese a partecipazione estera, pari al 6,8% del totale
nazionale. Di queste 221 unità, 154 dipendevano da imprese con sede principale in Toscana,
mentre le altre 67 dipendevano da imprese con sede principale in altre regioni. Peraltro, le
imprese manifatturiere con sede in Toscana disponevano complessivamente di 180 unità
produttive, 154 delle quali all’interno della stessa regione e 26 in altre regioni. Non è purtroppo
possibile realizzare analisi analoghe per le attività commerciali e di servizio; sulla base delle
informazioni disponibili, si può tuttavia ritenere con ragionevole certezza che, in tali settori, la
presenza in Toscana di dipendenti di imprese a partecipazione estera con sede in altre province
abbia dimensioni relativamente modeste e assolutamente non comparabili a quelle rilevate per
l’industria manifatturiera. In sintesi, con tutta probabilità i dati relativi al numero di dipendenti e
al fatturato delle imprese a partecipazione estera forniscono dunque una sottostima della reale
consistenza dell’attività svolta in regione dalle IMN estere; tale situazione è peraltro comune
con la maggior parte delle regioni italiane, escluse Lombardia, Piemonte e Lazio, dove spesso
hanno sede le imprese a partecipazione estera di maggiori dimensioni e plurilocalizzate.
Il bilancio tra partecipazioni estere in uscita e in entrata per la Toscana risulta assai simile a
quello che si registra per l’intero Paese: alla ormai netta prevalenza delle partecipazioni in uscita
in termini di numerosità e occupazione delle imprese partecipate si contrappone un maggiore
spessore “strategico” delle partecipazioni in entrata: in entrambi i casi, infatti, il confronto
basato sul numero dei dipendenti collegati a tutte le partecipazioni estere in entrata e in uscita
premia il lato dell’uscita (quoziente 1,48 per la Toscana e 1,44 per l’Italia), ma in termini di
fatturato, data la presenza di una significativa componente di partecipazioni in paesi con
funzione di produzione polarizzata su tecnologie utilizzatrici di lavoro; in termini di fatturato, la
consistenza delle partecipazioni in entrata sopravanza ancora quella delle partecipazioni in
uscita, anche se negli ultimi anni i due valori si sono fortemente avvicinati (quoziente 0,88 per
la Toscana e 0,94 per l’Italia).
La composizione settoriale, sia in uscita che in entrata, vede confermata anche per la
Toscana la preminenza, pure evidente in ambito nazionale, dell’industria manifatturiera (Tab.
2): con riferimento al numero di dipendenti delle imprese partecipate, la quota di tale comparto
7
sul totale raggiunge il 70,9% del totale in uscita e il 76,4% in entrata, contro medie italiane
rispettivamente del 73,6% e del 60,9%.
Tabella 2 - Le partecipazioni delle imprese toscane all’estero ed estere in Toscana al 1.1.2007, per settore
Multinazionalizzazione attiva
(partecipazioni all'estero)
Imprese
Dipendenti
Multinazionalizzazione passiva
(partecipazioni dall'estero)
Fatturato
(mn. euro)
Imprese
Dipendenti
Fatturato
(mn. euro)
Totale (valori assoluti)
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Energia elettrica, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di informatica e telecom.
Altri servizi professionali
Totale
9
317
130
13
538
180
34
21
1.242
368
32.349
554
200
9.799
1.578
661
111
45.620
52
6.476
356
18
4.543
566
86
20
12.117
3
130
6
11
111
24
11
21
317
156
24.967
707
265
3.224
966
848
1.544
32.677
70
9.849
465
43
2.053
335
72
833
13.719
0,5
76,4
2,2
0,8
9,9
3,0
2,6
4,7
100,0
0,5
71,8
3,4
0,3
15,0
2,4
0,5
6,1
100,0
12,3
4,8
6,6
3,0
3,0
1,8
1,1
2,1
3,8
7,1
5,0
1,4
2,0
1,6
1,9
0,2
3,9
3,2
Ripartizione %
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Energia elettrica, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di informatica e telecom.
Altri servizi professionali
Totale
0,7
25,5
10,5
1,0
43,3
14,5
2,7
1,7
100,0
0,8
70,9
1,2
0,4
21,5
3,5
1,4
0,2
100,0
0,4
53,4
2,9
0,1
37,5
4,7
0,7
0,2
100,0
0,9
41,0
1,9
3,5
35,0
7,6
3,5
6,6
100,0
Incidenza % su totale Italia
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Energia elettrica, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di informatica e telecom.
Altri servizi professionali
Totale
4,2
5,1
33,4
1,3
5,2
13,7
6,7
2,0
5,9
2,3
3,6
2,3
0,4
6,7
5,8
1,8
0,4
3,7
0,2
3,2
2,9
0,2
4,0
4,7
0,5
0,2
3,0
11,5
5,4
3,8
9,7
4,0
6,2
2,5
2,6
4,4
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
L’analisi settoriale evidenzia la prevalenza delle partecipazioni in uscita nell’industria estrattiva e manifatturiera, nel commercio all’ingrosso e nella logistica, mentre le partecipazioni in
entrata prevalgono nei settori delle utilities, delle costruzioni e dei servizi alle imprese (ICT e
professionali), a fronte di una presenza del tutto modesta delle imprese toscane all’estero.
Più puntuali valutazioni di merito possono essere date esaminando, sempre comparativamente all’Italia, il grado di multinazionalizzazione attiva e passiva della regione, con riferimento all’insieme delle attività e per i singoli settori (Tab. 3).
8
Tabella 3 - Grado di multinazionalizzazione attiva e passiva per la Toscana e l'Italia, al 1 gennaio 2007
Grado di multinazionalizzazione
attiva (a)
Grado di multinazionalizzazione
passiva (b)
Partecipazioni
di controllo
Totale
Partecipazioni
di controllo
Totale
Toscana
Italia
Toscana
Italia
Toscana
Italia
Toscana
Italia
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Energia, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di tlc e di informatica
Altri servizi professionali
16,3
12,7
12,0
0,4
19,2
4,8
6,7
0,3
54,4
25,0
18,0
5,5
21,9
3,1
11,9
3,3
15,5
11,1
11,5
0,3
18,1
4,1
5,5
0,2
41,2
18,5
13,9
4,3
19,4
2,1
6,1
2,8
6,5
9,1
14,4
0,5
6,0
2,9
7,9
3,6
4,7
13,7
7,5
1,2
13,6
5,2
19,2
6,6
6,5
7,6
6,2
0,5
5,8
0,7
7,8
3,6
4,6
11,6
2,8
1,1
13,1
4,4
17,8
6,2
Totale
10,2
16,7
9,0
12,6
6,9
10,7
5,7
9,3
(a)
Grado di multinazionalizzazione attiva = Numero di dipendenti delle imprese estere partecipate / Numero di
dipendenti interni delle imprese non controllate dall'estero (%).
(b)
Grado di multinazionalizzazione passiva = Numero di dipendenti delle imprese a partecipazione estera / Numero
di dipendenti interni delle imprese (%).
Fonte: elaborazione su banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE e Istat (censimento 2001).
Sul lato della multinazionalizzazione attiva, l’incidenza dei dipendenti all’estero rispetto al
totale dei dipendenti delle imprese toscane non controllate dall’estero è pari al 10,2%, un valore
notevolmente inferiore alla media nazionale (16,7%). Ciò significa che le imprese toscane non
controllate da investitori all’estero contano in media poco più di 10 addetti in imprese
partecipate all’estero (9, se si considerano le sole partecipazioni di controllo) ogni 100
dipendenti occupati in Italia. Il profilo della proiezione multinazionale delle imprese toscane è
simile a quello complessivo del Paese: i settori a più elevata multinazionalizzazione sono di
gran lunga l’industria, estrattiva e manifatturiera, il commercio all’ingrosso 6 e le utilities,
mentre alquanto inferiore è la proiezione multinazionale delle costruzioni e degli altri settori
terziari. Si noti come il grado di internazionalizzazione attiva della Toscana si attesti
costantemente su livelli inferiori alla media nazionale, con l’unica eccezione dei servizi di
logistica e trasporto. In particolare, nell’industria manifatturiera l’indicatore registra per la
Toscana un valore che rappresenta poco più della metà della media nazionale (12,7% contro
25%)
Il grado di multinazionalizzazione passiva si attesta per la Toscana su un valore di poco
superiore alla metà della media nazionale (6% contro 11,5%). Anche nel caso degli investimenti
esteri in entrata, il grado di multinazionalizzazione della Toscana, calcolato considerando come
base dell’indice il numero di dipendenti delle imprese localizzate nel paese - a controllo sia
italiano sia estero 7 - è significativamente inferiore alla media nazionale sia nel complesso (6,9%
F
F
F
F
6
Per questo settore, è opportuno richiamare l’attenzione sul diverso significato dell’indice. Mentre in generale, le partecipazioni
all’estero di un settore competono per la gran parte dei casi a imprese che operano nello stesso settore (soprattutto nel caso di macroaggregazioni come quelle in corso di commento), nel caso del commercio all’ingrosso, le partecipazioni corrispondono prevalentemente a filiali commerciali di imprese di altri settori (soprattutto manifatturieri) e dunque l’indice non misura la proiezione all’estero
delle imprese che compongono il settore medesimo.
7
È opportuno enfatizzare la differenza a denominatore tra multinazionalizzazione in uscita e in entrata: nel primo caso, sono esclusi
gli occupati presso le imprese a controllo estero, nel secondo no. La ragione risiede nella considerazione che le imprese a controllo
estero insediate in Italia non partecipano al processo di multinazionalizzazione attiva. Nel caso esse controllino attività all’estero,
ciò è generalmente il frutto di scelte proprietarie e organizzative delle IMN cui appartengono e sarebbe fuorviante attribuire
contabilmente il controllo dei loro assets al nostro paese.
9
contro 10,7%), sia nella quasi totalità dei settori aggregati; fanno eccezione l’industria estrattiva
(caso peraltro poco significativo, data la limitata entità dei valori assoluti in gioco) e le utilities
(produzione e generazione di energia elettrica, gas e acqua), che presentano per la Toscana il
valore più elevato dell’indice considerato (14,4%). Nel comparto manifatturiero il grado di multinazionalizzazione passiva si ferma per la Toscana al 9,1%, contro il 13,7% nazionale.
La tab. 4 confronta le performance di multinazionalizzazione attiva e passiva della Toscana
con quella delle altre regioni italiane. Sul lato dell’uscita, le performance della regione appaiono
modeste a confronto con quelle delle altre principali regioni del Centro-Nord; in particolare,
significativo è il confronto con Veneto e Marche, regioni caratterizzate da una struttura industriale per molti versi simile a quella della Toscana (in particolare, per quello che riguarda il
ruolo della piccola impresa e dei settori tradizionali del made in Italy).
Tabella 4 – Grado di multinazionalizzazione attiva e passiva delle regioni italiane, al 1 gennaio 2007 (%)
Grado di multinazionalizzazione attiva (a)
Totale
partecipazioni
Partecipazioni
di controllo
Industria
manifatt.
Settori
Reprint
Nord-Ovest
Valle d'Aosta
Piemonte
Lombardia
Liguria
37,6
2,9
47,7
35,0
7,3
26,0
3,2
34,1
24,5
6,3
26,9
2,3
38,1
23,3
5,3
19,1
3,0
27,4
17,1
4,4
Nord-Est
Veneto
Trentino-Alto Adige
Friuli-Venezia Giulia
Emilia-Romagna
20,3
19,2
15,1
10,2
24,8
15,3
15,8
9,8
9,2
17,2
16,4
14,9
12,5
7,9
20,9
Centro
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
20,5
12,7
7,0
25,5
34,5
13,7
10,2
4,3
19,8
15,0
5,0
6,9
7,2
5,5
6,4
2,7
2,4
1,7
0,9
25,0
Sud e Isole
Abruzzo
Molise
Campania
Puglia
Basilicata
Calabria
Sicilia
Sardegna
Italia
Totale
partecipazioni
Industria
manifatt.
Settori
Reprint
18,0
23,5
16,9
18,6
17,0
17,5
24,7
13,7
19,0
14,5
16,4
20,6
15,7
16,9
13,7
16,2
23,7
12,8
17,7
11,2
12,7
12,9
8,4
7,2
14,6
8,2
5,6
17,4
12,7
9,1
6,3
4,9
10,9
9,4
6,2
7,8
5,2
16,7
12,4
8,6
5,8
4,5
10,4
8,5
5,8
14,7
11,1
4,4
22,6
15,7
9,7
9,0
2,8
17,6
8,7
11,3
9,1
9,4
2,1
24,4
7,6
6,9
6,0
1,8
9,7
10,3
7,6
9,2
1,9
23,3
6,8
5,7
5,8
1,7
8,9
3,1
4,8
4,5
4,6
3,4
1,4
0,8
0,9
2,3
3,6
4,1
6,5
3,9
5,5
2,5
1,1
0,9
0,6
2,4
3,0
3,9
3,5
3,0
1,3
0,4
0,4
2,1
7,4
21,9
1,7
4,7
4,3
5,2
1,1
1,8
10,2
3,9
14,0
0,9
2,8
2,5
2,6
2,0
1,2
5,4
5,4
13,4
1,7
3,5
4,3
5,1
1,1
0,5
10,2
3,0
8,7
0,9
2,2
2,5
2,5
1,9
0,6
5,3
16,8
18,5
12,6
12,7
10,5
11,5
9,6
(b) Grado di multinazionalizzazione passiva = %
Industria
manifatt.
Partecipazioni
di controllo
Settori
Reprint
(a) Grado di multinazionalizzazione attiva = %
Industria Settori
manifatt. Reprint
Grado di multinazionalizzazione passiva (b)
Numero di dipendenti delle imprese partecipate all'estero
Numero di dipendenti interni delle imprese non controllate dall'estero
Numero di dipendenti delle imprese a partecipazione estera
Numero di dipendenti interni delle imprese residenti
Fonte: elaborazione su banca dati Reprint, Politecnico di Milano – R&P – ICE e Istat (censimento 2001).
10
Sul lato dell’entrata, il confronto è meno sfavorevole. Il grado di multinazionalizzazione
passiva della Toscana è notevolmente inferiore a quello delle regioni del Nord-Ovest, del Lazio
e delle regioni di confine del Nord-Est (Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia), ma è
paragonabile o superiore a quello di Veneto, Emilia-Romagna, Umbria e Marche.
Queste evidenze inducono ad approfondire l’analisi dei caratteri strutturali e dell’evoluzione
temporale di breve e medio periodo delle partecipazioni all’estero delle imprese toscane. A tale
approfondimento è dedicato il prossimo paragrafo. Nel quarto ed ultimo paragrafo, a conclusione
del rapporto, verranno analizzate le principali iniziative annunciate e/o concretizzatesi in data
successiva alla rilevazione su cui si basano le analisi fino a quel punto svolte, ovvero dall’inizio
del 2007 ad oggi. È tuttavia opportuno segnalare sin d’ora come tali iniziative non abbiano
portata tale da modificare in misura sostanziale il quadro d’insieme precedentemente delineato.
3.
2B
CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELLA MULTINAZIONALIZZAZIONE ATTIVA
DELLE IMPRESE TOSCANE
3.1 La dinamica di breve e di medio periodo
Le tabelle 5 e 6 illustrano la dinamica dell’internazionalizzazione attiva delle imprese toscane.
In particolare, la tabella 5 mostra l’evoluzione delle partecipazioni all’estero in tutti i settori
aggregati negli anni più recenti; la tabella 6 riguarda invece la sola industria manifatturiera che,
come già ricordato, rappresenta la parte più consistente del fenomeno osservato e per la quale la
serie storica disponibile parte addirittura dalla metà degli anni ottanta.
4B
Tabella 5 - Evoluzione delle partecipazioni toscane all'estero nel periodo 1.1.2001 - 1.1.2007, per settore
Imprese estere
partecipate (N.)
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Energia, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di telecom. e informatica
Altri servizi professionali
Totale
Dipendenti delle imprese
estere partecipate (N.)
Al 1.1.
2001
Al 1.1.
2007
Var. %
Var. %
Italia
6
238
104
11
415
134
18
16
942
9
317
130
13
538
180
34
21
1.242
50,0
33,2
25,0
18,2
29,6
34,3
88,9
31,3
31,8
-0,5
21,1
46,8
22,3
28,3
36,6
22,0
22,5
25,8
Al 1.1.
2001
Al 1.1.
2007
217
29.191
494
187
5.286
1.208
475
90
37.148
368
32.349
554
200
9.799
1.578
661
111
45.620
Var. %
Var. %
Italia
69,6
10,8
12,1
7,0
85,4
30,6
39,2
23,3
22,8
26,8
2,9
182,2
16,2
31,5
64,3
-55,9
14,0
4,6
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
Nei primi anni duemila la Toscana evidenzia una crescita aggregata del numero di partecipazioni all’estero (+31,8%) e della loro consistenza economica, misurata tramite il numero di
dipendenti delle imprese partecipate (+22,8%) superiori alla media nazionale (+25,8% e +4,6%,
rispettivamente). La crescita delle partecipazioni all’estero interessa per la Toscana tutti i settori
considerati. Approfondendo l’analisi a livello dei diversi comparti, va sottolineata la crescita
degli indicatori relativi sia alla manifattura, sia al commercio all’ingrosso, segnale di una
crescente propensione delle imprese manifatturiere toscane a presidiare i principali mercati
11
internazionali di sbocco con la presenza diretta. Tassi di crescita elevati si rilevano anche nel
comparto terziario, grazie peraltro ai modesti livelli di partenza.
Particolarmente interessante appare l’analisi di lungo periodo, sia pure riferita alla sola
industria manifatturiera (tab. 6). È opportuno sottolineare come anche in questo caso la crescita
degli indicatori di consistenza delle partecipazioni all’estero delle imprese toscane superi la
media italiana, come si desume dalla crescita dell’incidenza della regione sul totale nazionale:
dal 4,9% del 1986 al 5,1% del 2007 con riferimento ai dipendenti delle imprese partecipate e
dallo 1,6% al 3,6% con riferimento al loro fatturato. Viceversa, meno vivace della media
nazionale è la crescita del numero di soggetti investitori, in relazione ai quali la quota della
regione scende dallo 8,2% del 1986 al 5,9% del 2007. Questi riscontri sembrano dunque
suggerire che le PMI toscane abbiano partecipato in misura inferiore rispetto alle imprese di
simili dimensioni delle altre regioni del Paese all’allargamento della base investitrice, mentre
segnali positivi provengono dalle medie e medio-grandi imprese toscane, che hanno accresciuto
la loro presenza produttiva all’estero negli utimi due decenni.
Tabella 6 - Evoluzione delle partecipazioni delle imprese toscane in attività manifatturiere all'estero, 1.1.1986 – 1.1.2007
Imprese estere
partecipate (N.)
Imprese investitrici (N.)
– al 1.1.1986
– al 1.1.1991
– al 1.1.1996
– al 1.1.2001
– al 1.1.2002
– al 1.1.2003
– al 1.1.2004
– al 1.1.2005
– al 1.1.2006
– al 1.1.2007
N.
% su Italia
N.
% su Italia
23
32
80
143
153
162
164
171
174
170
8,2
6,7
6,5
6,0
6,1
6,2
6,1
6,2
6,1
5,9
34
76
147
238
262
279
293
313
314
317
4,9
5,9
5,2
4,7
4,7
5,0
5,1
5,2
5,2
5,1
Dipendenti delle imprese
estere partecipate (N.)
N.
3.910
21.072
24.072
29.191
30.728
31.812
32.403
32.679
32.445
32.349
% su Italia
1,6
4,1
3,7
3,3
3,3
3,4
3,5
3,6
3,6
3,6
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano -ICE.
3.2
5B
La struttura settoriale delle partecipazioni all’estero
La tabella 7 approfondisce la struttura settoriale delle partecipazioni all’estero, offrendo un
certo livello di dettaglio sull’industria manifatturiera, comparto che raccoglie oltre i due terzi dei
dipendenti delle imprese estere partecipate da imprese toscane.
A questo proposito, le imprese estere partecipate da imprese toscane che svolgono un’attività
manifatturiera 8 sono 317; esse occupano oltre 32.300 dipendenti e nel 2006 hanno fatturato circa
6,5 miliardi di euro. In particolare, le partecipazioni estere assumono particolare rilevanza in
alcuni specifici settori:
F
F
8
È bene sottolineare come il settore di attività sia definito sulla base dell’attività svolta dall’impresa estera partecipata e non
dell’impresa investitrice.
12
Tabella 7 - Imprese estere partecipate da imprese toscane al 1.1.2007, loro dipendenti e fatturato, per settore
Imprese
N.
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Prodotti alimentari e bevande
Industria del tabacco
Tessili e maglieria
Abbigliamento
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria
Legno e prodotti in legno
Carta e prodotti in carta
Editoria e stampa
Derivati del petrolio e altri combustibili
Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali
Articoli in gomma e materie plastiche
Prodotti dei minerali non metalliferi
Produzione di metalli e loro leghe
Prodotti in metallo
Macchine e apparecchi meccanici
Macchine per ufficio e sistemi informatici
Macchine e apparecchi elettrici
Elettronica e telecomunicazioni
Strumentazione e ottica
Autoveicoli
Altri mezzi di trasporto
Mobili e altre industrie manifatturiere
Energia, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di telecomunicazione e informatica
Altri servizi professionali
Totale
(a) I.S. (indice di specializzazione) =
Dipendenti
%
N.
Fatturato
%
Mn. Euro
%
9
317
23
0
43
44
33
6
18
10
0
31
18
24
7
5
13
1
10
4
2
2
9
14
130
13
538
180
34
21
0,7
25,5
1,9
0,0
3,5
3,5
2,7
0,5
1,4
0,8
0,0
2,5
1,4
1,9
0,6
0,4
1,0
0,1
0,8
0,3
0,2
0,2
0,7
1,1
10,5
1,0
43,3
14,5
2,7
1,7
368
32.349
851
0
3.880
4.899
2.093
833
2.164
159
0
6.066
617
2.126
4.623
724
425
10
482
175
57
30
1.316
819
554
200
9.799
1.578
661
111
0,8
70,9
1,9
0,0
8,5
10,7
4,6
1,8
4,7
0,3
0,0
13,3
1,4
4,7
10,1
1,6
0,9
0,0
1,1
0,4
0,1
0,1
2,9
1,8
1,2
0,4
21,5
3,5
1,4
0,2
52
6.476
80
0
153
169
141
26
673
12
0
1.188
65
479
2.832
57
79
1
130
43
2
5
320
21
356
18
4.543
566
86
20
0,4
53,4
0,7
0,0
1,3
1,4
1,2
0,2
5,6
0,1
0,0
9,8
0,5
4,0
23,4
0,5
0,7
0,0
1,1
0,4
0,0
0,0
2,6
0,2
2,9
0,1
37,5
4,7
0,7
0,2
1.242
100,0
45.620
100,0
12.117
100,0
Incidenza % della Toscana sul totale nazionale nel settore j
Incidenza della Toscana sul totale nazionale in tutti i settori.
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
–
–
–
la filiera chimico-farmaceutica conta oltre 6mila dipendenti in 31 imprese industriali partecipate all’estero, le quali nel 2006 hanno fatturato circa 1,2 miliardi di euro; il principale
investitore è Menarini, che rappresenta la maggiore multinazionale italiana del settore
farmaceutico;
il settore della lavorazione dei metalli, grazie essenzialmente a KME-Europa Metalli, vanta
oltre 4.600 dipendenti in 7 imprese produttive all’estero, che nel 2006 hanno realizzato un
fatturato di circa 2,8 miliardi di euro;
l’abbigliamento conta 44 imprese all’estero, con circa 4.900 dipendenti e un fatturato di 169
milioni di euro; 43 imprese, con quasi 3.900 dipendenti e fatturato di oltre 150 milioni di
euro, operano nel settore tessile, mentre altre 33 imprese, circa 2.100 dipendenti e oltre 140
milioni di euro di fatturato, sono attive nel settore cuoio, pelletteria e calzature. In questi tre
13
settori manifatturieri le imprese partecipate all’estero delle imprese toscane rappresentano
poco meno del 10% di tutte le partecipate estere delle imprese italiane. L’analisi degli
investitori evidenzia una molteplicità di imprese di piccole e medie dimensioni, perlopiù
presenti all’estero con un’unica attività produttiva localizzata in paesi a basso costo del
lavoro, con l’obiettivo di contenere i costi di produzione.
Altri due settori dell’industria toscana possono vantare all’inizio del 2007 oltre 2mila addetti
all’estero: si tratta della lavorazione dei minerali non metalliferi (materiali per l’edilizia, vetro e
ceramica) e della carta; in quest’ultimo settore, tuttavia, la consistenza delle attività estere si è
successivamente ridotta a causa della crisi della lucchese Kartogroup e della sua acquisizione
nel corso del 2008 da parte di un gruppo tedesco, che di fatto ne comporta la cancellazione dal
novero delle multinazionali italiane. È destinata ad un sostanziale ridimensionamento anche la
consistenza delle partecipazioni estere nel settore delle utilities: le attività censite ad inizio 2007
si riferiscono nella quasi totalità a partecipazioni del gruppo Enel nel settore delle energie rinnovabili, temporaneamente conferite ad un’impresa domiciliata in Toscana che nel corso del 2007
ha cambiato sede, tornando nel Lazio.
La composizione settoriale potrebbe peraltro avere un ruolo nello spiegare le non pienamente
soddisfacenti performance di internazionalizzazione delle imprese della regione. In generale, le
differenze nel grado di internazionalizzazione di un territorio rispetto alla media nazionale
possono infatti essere spiegate, ai due estremi, o da una diversa composizione delle attività
economiche – le quali possono essere sbilanciate verso settori intrinsecamente più propensi o,
per converso, meno propensi all’internazionalizzazione produttiva via investimenti diretti – o, a
parità di composizione settoriale, da una maggiore propensione all’internazionalizzazione
produttiva delle imprese operanti sul territorio appartenenti ai diversi settori di attività rispetto a
quelle con analoga specializzazione settoriale che popolano il paese. Peraltro, queste spiegazioni
possono combinarsi in vario modo determinando specifiche realtà fattuali.
Per chiarire questi aspetti, in primo luogo, la tabella 8 raccoglie e compara, per ciascun settore di attività, il grado di multinazionalizzazione attiva delle imprese toscane, ponendolo a
confronto con la media nazionale, nonché il grado di specializzazione settoriale della regione e
del suo capoluogo, misurato da un semplice indicatore (si veda la legenda in tabella), che
assume valore tanto maggiore (minore) rispetto all’unità, quanto più il singolo settore è sovrarappresentato (sottorappresentato) nella struttura economica regionale rispetto alla media
nazionale.
Dall’esame comparato dei dati, sembra potersi ipotizzare che la performance aggregata di
internazionalizzazione in uscita della Toscana sia prevalentemente da ascrivere alla modesta
performance delle sue imprese, piuttosto che ad una composizione settoriale sfavorevole. Da un
lato, la regione ha effettivamente scarse presenze in alcuni settori ad alta vocazione di multinazionalizzazione, quali i prodotti elettrici ed elettronici, gli autoveicoli, i derivati del petrolio, i
servizi di telecomunicazioni e di informatica; tuttavia, si può facilmente verificare come nella
maggior parte dei settori di specializzazione della regione il grado di multinazionalizzazione
delle imprese italiane sia superiore alla media nazionale. Di converso, altrettanto evidente è che
il grado di multinazionalizzazione delle imprese toscane risulta inferiore alla media nazionale
nella quasi totalità dei settori considerati: tra le poche eccezioni, la chimica (o meglio, la farmaceutica) e la lavorazione dei metalli in ambito manifatturiero e la logistica nel comparto
terziario.
I differenziali settoriali di performance tra le imprese della regione e la media nazionale sembrerebbo dunque giocare un ruolo importante nel plasmare l’esito aggregato dell’internazionalizzazione passiva della regione. Peraltro, questo ruolo potrebbe essere, come detto, rafforzato o
controbilanciato dalle differenze di struttura settoriale o da aspetti specifici di contesto.
Il ruolo delle diverse componenti nello spiegare la performance delle imprese toscane può
essere verificato con l’analisi shift-share, che consente di scomporre il differenziale tra il grado
di multinazionalizzazione della regione e la media nazionale in tre distinte componenti.
14
Tabella 8 - Grado di internazionalizzazione attiva e specializzazione della Toscana, per settore, al 1.1.2007
Grado di internazionalizzazione
attiva (a) (%)
Toscana
Industria estrattiva
Industria manifatturiera
Prodotti alimentari e bevande
Industria del tabacco
Tessili e maglieria
Abbigliamento
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria
Legno e prodotti in legno
Carta e prodotti in carta
Editoria e stampa
Derivati del petrolio e altri combustibili
Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali
Articoli in gomma e materie plastiche
Prodotti dei minerali non metalliferi
Produzione di metalli e loro leghe
Prodotti in metallo
Macchine e apparecchi meccanici
Macchine per ufficio e sistemi informatici
Macchine e apparecchi elettrici
Elettronica e telecomunicazioni
Strumentazione e ottica
Autoveicoli
Altri mezzi di trasporto
Mobili e altre industrie manifatturiere
Energia, gas e acqua
Costruzioni
Commercio all'ingrosso
Logistica e trasporti
Servizi di telecomunicazione e informatica
Altri servizi professionali
Totale
(a) = %
(b) =
Italia
Indice di
specializzazione
della Toscana (d)
16,3
12,7
5,6
0,0
10,0
24,9
5,3
11,5
29,1
2,5
0,0
80,5
7,4
13,7
101,4
3,3
2,6
1,3
8,8
6,6
1,6
1,9
17,3
3,5
12,0
0,4
19,2
4,8
6,7
0,3
54,4
25,0
26,6
0,0
24,3
26,3
22,9
13,8
32,2
9,4
59,4
26,7
31,0
34,3
36,4
6,7
25,5
11,6
26,5
87,1
26,9
69,3
21,7
9,0
18,0
5,5
21,9
3,1
11,9
3,3
1,30
1,09
1,38
2,62
1,26
2,15
0,43
1,60
1,21
1,10
0,05
0,48
0,50
2,35
2,67
1,20
0,60
0,30
0,57
0,47
0,38
0,43
0,62
1,14
1,33
1,45
1,03
0,57
0,39
0,78
10,2
16,7
1,00
Dipendenti delle imprese partecipate all’estero
Dipendenti delle imprese domestiche non controllate dall’estero
Dipendenti delle imprese toscane nel settore j / Dipendenti delle imprese toscane in tutti i settori
Dipendenti delle imprese italiane nel settore j / Dipendenti delle imprese italiane in tutti i settori
Fonte: elaborazione su dati Istat e banca dati REPRINT, Politecnico di Milano - ICE
La prima componente (strutturale o mix-settoriale) misura la variazione dovuta alla specifica
composizione settoriale della regione rispetto a quella nazionale. La seconda componente
(differenziale) misura la variazione dovuta alle differenze, settore per settore, tra il grado di
multinazionalizzazione della regione e quello nazionale, sotto l’ipotesi di uguale composizione
settoriale; essa evidenzia dunque le differenti capacità e attitudini delle imprese e del contesto
locale ad investire all’estero, a parità di tipologia di attività industriale. Infine, la terza componente (allocativa) è determinata dall’interazione tra le due precedenti componenti e assume
valori tanto più positivi quanto più la regione è specializzata in settori in cui presenta contestual-
15
mente una propensione all’internazionalizzazione maggiore di quella nazionale (o despecializzata nei settori in cui tale propensione è inferiore a quella nazionale); in altri termini, questa
componente misura con quanta efficacia, su scala locale e dal punto di vista della performance
di internazionalizzazione, risultano allocate le risorse, ove l’efficacia corrisponde, appunto, al
rendere coerenti tra loro specializzazione e grado di internazionalizzazione nei diversi settori di
attività.
I risultati dell’analisi shift-share, condotta con riferimento al differenziale di internazionalizzazione attiva tra la Toscana e l’Italia per l’insieme dei settori e per la sola industria manifatturiera, ovvero il settore largamente dominante nei processi qui studiati, sono raccolti in tabella 9.
Tabella 9 - Analisi shift-share sul grado di multinazionalizzazione attiva della Toscana
Totale
Industria
manifatturiera
Grado di multinazionalizzazione attiva (a) della Toscana
Grado di multinazionalizzazione attiva (a) dell'Italia
10,2
16,7
12,7
25,0
Differenziale (Toscana – Italia)
Componente mix-settoriale o strutturale
Componente differenziale
Componente allocativa
-6,6
0,7
-7,4
0,1
-12,3
-1,9
-12,0
1,6
(a) = %
Numero di dipendenti delle imprese estere partecipate da imprese con sede nel territorio
Numero di dipendenti delle imprese con sede nel territorio
Fonte: elaborazione su dati Istat (Censimento 2001) e banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
Tali risultati confermano con chiarezza la netta prevalenza della componente differenziale
nello spiegare la modesta performance di internazionalizzazione attiva della Toscana. La sola
componente differenziale determinerebbe addirittura un divario di multinazionalizzazione
ancora più elevato (-7,4 punti percentuali, anziché 6,7) se non intervenisse l’apporto favorevole
dalla componente strutturale, che vale 0,7 punti percentuali. Se si considera la sola industria
manifatturiera, la componente strutturale agisce invece negativamente (-1,9 punti percentuali),
ma è quasi interamente controbilanciata (+1,6 punti) dalla componente allocativa, la quale
indica in un certo senso la “coerenza” con cui risultano allocate le risorse nella regione, con
livelli di multinazionalizzazione attiva in genere assai modesti e notevolmente inferiori alla
media nazionale nei settori di despecializzazione relativa, la quale viene come detto superata
solo in alcuni settori di forte specializzazione regionale (come la chimica-farmaceutica e la
lavorazione dei metalli).
Il quadro analitico è dunque abbastanza chiaro. La minore internazionalizzazione regionale
rispetto alla media nazionale è frutto di debolezze di impresa e di contesto, che appaiono di
natura sostanzialmente traversale all’intero spettro delle attività produttive e di servizio.
Riguardo ai fattori di strategia-struttura delle imprese che possono spiegare il differenziale,
l’ipotesi più robusta è che il profilo dimensionale delle imprese locali abbia un ruolo rilevante
nello spiegare il gap di internazionalizzazione attiva della Toscana rispetto alla media nazionale.
Una conferma, pur indiretta, si ha esaminando i contributi dei singoli settori alla determinazione
del valore della componente differenziale calcolata per il comparto manifatturiero (-12,3 punti):
10 punti percentuali negativi sono dovuti a cinque soli settori, che, a livello nazionale, debbono
una quota assai elevata dei dipendenti totali delle partecipate estere alla presenza di grandi imprese: prodotti alimentari e bevande, prodotti dei minerali non metalliferi, meccanica, elettroni-
16
ca, autoveicoli e relativi componenti 9 . Il sistema industriale toscano, caratterizzato da una popolazione di PMI e dalla penuria di grandi imprese autoctone, comporta un’oggettiva difficoltà
alla crescita internazionale, sia per limiti nella dotazione di risorse finanziarie e manageriali, sia
per l’associata minore capacità di visione strategica, che si traduce nella perdita di potenziali
opportunità di investimento all’estero o in investimenti sub-ottimali 10 .
F
F
F
3.3
6B
F
Le destinazioni geografiche
La tabella 10 illustra la ripartizione geografica delle attività partecipate all’estero, riportando
anche un indicatore della specializzazione geografica delle partecipazioni estere delle imprese
toscane in ambito nazionale, misurato da un semplice indicatore (si veda la legenda in tabella)
che assume valore tanto maggiore (minore) rispetto all’unità, quanto più quota spettante alla
singola area geografica o al singolo paese in relazione al numero di dipendenti delle imprese
estere partecipate è per la Toscana maggiore (minore) rispetto alla media nazionale.
Si evidenzia la forte concentrazione delle partecipazioni estere delle imprese toscane in
Europa (tabella 10): poco meno dei tre quarti dei dipendenti delle partecipate estere operano nel
Vecchio continente, con i paesi UE-15 da soli a pesare per il 46,4% del totale (indice di specializzazione 1,23). Riguardo ai principali paesi dell’Europa occidentale, cresce per la Toscana
rispetto alla media nazionale il peso di Germania, Regno Unito e Spagna, mentre si riduce
quello della Francia.
Le partecipazioni toscane mostrano una certa specializzazione anche verso i paesi dell’
Europa centro-orientale (indice di specializzazione 1,06), con una evidente preferenza per la
direttrice Romania-Ucraina-Bulgaria, a scapito soprattutto di quella più settentrionale verso
Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Russia, a segnalare un maggiore interesse nell’area verso
i paesi a più basso costo del lavoro rispetto a quelli con più significative opportunità prospettiche di sbocchi di mercato.
Superiore alla media nazionale la quota del nord Africa (indice di specializzazione 1,66) e
segnatamente della Tunisia, dove sono state delocalizzate alcune attività prevalentemente del
tessile-abbigliamento. Nel complesso assai modesta è invece la consistenza delle attività delle
imprese toscane in Asia e nelle Americhe, per lo più presidiate attraverso filiali commerciali e
non con attività produttive.
Nel complesso, il profilo geografico delle attività estere appare coerente con la forte
specializzazione dell’economia toscana nei settori tradizionali (in particolare tessile, abbigliamento, cuoio e calzature), per loro stessa natura più propensi di altri a combinare le caratteristiche di stile e design tipiche del made in Italy con la inevitabile ricerca di vantaggi di costo
all’estero per rimanere competitivi di fronte alla concorrenza dei paesi emergenti.
9
Si ricorda che, in ambito nazionale, circa un terzo degli addetti totali all’estero opera in imprese partecipate da gruppi industriali
con almeno 5mila addetti in Italia. Cfr. Mariotti S. e Mutinelli M., op.cit., 2009.
10
Riguardo ai limiti ed ai modelli di comportamento delle PMI nei processi di internazionalizzazione si rinvia a Mariotti S. e
Mutinelli M., La crescita internazionale per le PMI. Strumenti, modelli e strategie per conquistare i mercati, Il Sole 24 Ore,
Milano, 2003.
17
Tabella 10 - Imprese estere partecipate da imprese toscane al 1.1.2007, loro dipendenti e fatturato, per area geografica
e principali nazioni
Imprese
Paesi UE-15
Francia
Germania
Regno Unito
Spagna
Europa Centro-Orientale
Polonia
Romania
Altri paesi europei
Africa settentrionale
Tunisia
Altri paesi africani
America settentrionale
USA
America Latina
Brasile
Medio Oriente
Asia centrale
Asia orientale
Cina
Oceania
Totale
(a) =
Dipendenti
N.
%
N.
%
385
81
59
68
74
217
26
75
47
59
49
16
241
228
106
31
14
17
128
50
12
31,0
6,5
4,8
5,5
6,0
17,5
2,1
6,0
3,8
4,8
3,9
1,3
19,4
18,4
8,5
2,5
1,1
1,4
10,3
4,0
1,0
21.176
4.403
7.152
4.325
3.693
10.535
1.305
6.081
1.418
3.941
2.801
188
2.091
2.000
2.224
1.254
102
681
3.132
1.638
132
46,4
9,7
15,7
9,5
8,1
23,1
2,9
13,3
3,1
8,6
6,1
0,4
4,6
4,4
4,9
2,7
0,2
1,5
6,9
3,6
0,3
1.242
100,0
45.620
100,0
%
Indice di specializzazione della
Toscana (a)
9.127
2.199
2.868
1.483
1.220
657
215
186
212
180
142
57
742
691
598
188
26
23
469
120
27
75,3
18,1
23,7
12,2
10,1
5,4
1,8
1,5
1,7
1,5
1,2
0,5
6,1
5,7
4,9
1,6
0,2
0,2
3,9
1,0
0,2
1,23
0,82
2,03
1,42
1,72
1,06
0,75
2,01
0,79
1,66
1,85
0,22
0,68
0,75
0,45
0,51
0,39
0,74
0,81
0,72
0,39
12.117
100,0
1,00
Fatturato
Mn. Euro
Quota (in base ai dipendenti) dell'area geografica (paese) j sulle partecipazioni estere delle imprese toscane
Quota (in base ai dipendenti) dell'area geografica (paese) j sulle partecipazioni estere delle imprese italiane
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
Più che il riscontro dell’esistenza di fenomeni di delocalizzazione produttiva, che peraltro
assumono entità complessivamente limitata anche perché spesso seguono percorsi diversi da
quello della multinazionalizzazione tramite investimenti diretti esteri, preoccupa piuttosto la
mancanza di globalità che caratterizza le partecipazioni all’estero delle imprese toscane, le cui
attività multinazionali sono quasi esclusivamente circoscritte all’Europa e al bacino del
Mediterraneo.
18
3.4
7B
La ripartizione per provincia
La tab. 11 evidenzia la distribuzione delle partecipazioni toscane all’estero per provincia
dell’impresa investitrice.
Tabella 11 - Le imprese multinazionali toscane e le loro partecipazioni estere al 1.1.2007, per provincia
Imprese
investitrici
(N.)
Firenze
Arezzo
Grosseto
Livorno
Lucca
Massa-Carrara
Pisa
Pistoia
Prato
Siena
Totale
(a) = %
149
48
5
20
44
32
27
23
48
16
412
Imprese
estere
partecipate
(N.)
Dipendenti delle
imprese estere
partecipate (N.)
Fatturato delle
imprese estere
partecipate (Mn. euro)
Grado di multinazionalizzazione
(a) (%)
26.254
2.379
47
243
4.513
735
2.865
4.270
3.370
944
45.620
7.496
231
13
43
1.888
221
1.030
386
497
312
12.117
20,6
4,6
0,4
0,9
10,8
4,5
5,3
14,4
7,8
3,5
10,5
485
85
6
30
112
60
174
62
171
57
1.242
Dipendenti delle imprese partecipate all’estero
Dipendenti delle imprese domestiche non controllate dall’estero
Fonte: banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE.
Con 149 imprese investitrici e 485 imprese partecipate all’estero, che contano oltre 26mila
dipendenti e un fatturato estero di 7,5 miliardi di euro, Firenze è di gran lunga la provincia
toscana maggiormente internazionalizzata, con un grado di multinazionalizzazione attiva quasi
doppio rispetto alla media regionale (tab. 11). In seconda posizione per numerosità delle
iniziative si colloca Prato, con 48 investitori e 171 imprese partecipate all’estero; in termini di
consistenza delle partecipazioni all’estero emerge invece tra le altre province toscane Lucca
(oltre 3.400 dipendenti e quasi 1,9 miliardi di euro di fatturato all’estero), grazie in particolare ai
principali gruppi del settore cartario. Oltre che a Firenze, il grado di multinazionalizzazione
attiva supera la soglia del 10% sono a Pistoia (14,4%) e Lucca (10,5); particolarmente limitata
la multinazionalizzazione di Livorno e Grosseto, le cui imprese contano meno di un dipendente
all’estero ogni cento domestici.
Nel corso degli anni Duemila tutte le province toscane hanno visto crescere la proiezione
multinazionale delle proprie imprese; particolarmente significativi i tassi di crescita registrati da
Pisa (grazie segnatamente a Piaggio), Lucca, Prato e Siena.
19
4.
3B
LE TENDENZE RECENTI DELLA MULTINAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE
TOSCANE
A conclusione del rapporto appare opportuno gettare uno sguardo su quanto è successo in
epoca successiva alla rilevazione su cui si basano le analisi finora svolta, ovvero dall’inizio del
2007 ad oggi. Come già sottolineato in precedenza, gli eventi recenti non hanno portata tale da
modificare in misura sostanziale le analisi sin qui condotte; nondimeno, appare utile sottolineare
le iniziative principali.
Sul lato degli investimenti in entrata, spiccano su tutte due acquisizioni:
- nel 2007, la statunitense Boeing ha rilevato il controllo della viareggina C-Map, specializzata
nella produzione di sistemi di cartografia elettronica per il settore navale;
- nel 2008, la tedesca Wepa ha rilevato gli asset della lucchese Kartogroup, caduta in una
pesante crisi finanziaria.
Sul lato degli investimenti diretti delle imprese toscane all’estero, in aggiunta alla inevitabile
cancellazione di C-Map e di Kartogroup dal novero delle IMN a capitale italiano, si segnalano
le iniziative di alcuni gruppi di media taglia, come Pramac, Targetti Sankey, El.En, Dada ed
Eutelia, che hanno rafforzato la propria posizione competitiva sui mercati internazionali. Si
segnalano in particolare Targetti Sankey, che con l’acquisizione del gruppo danese Louis
Poulsen Lighting è diventata uno dei leader europei nel segmento dell’illuminazione architettonica di lusso, e la fiorentina Seves, che ha nel 2007 ha acquisito in rapida successione la
brasiliana Insuladores Santana e l’austriaca PPC Insulators e nel 2008 ha inaugurato due nuove
unità produttive in Cina.
20