Corte di Cassazione Sentenza 20 marzo 2007, n. 6618

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Corte di Cassazione Sentenza 20 marzo 2007, n. 6618
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile
Sentenza 20 marzo 2007, n. 6618
Accertamenti sanitari - controlli di malattia - assenza del lavoratore durante le fasce
orarie di reperibilità, dovuta all'effettuazione di una visita specialistica, o di un
trattamento terapeutico - omessa comunicazione al datore di lavoro circa l'urgenza e
l'indifferibilità delle cause giustificatrici l'assenza alla visita medica domiciliare violazione dei doveri di correttezza e buona fede, ex art. 1375 c.c. - configurabilità sussistenza - conseguente intimazione del licenziamento per "giusta causa" - legittimità
- sussistenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Ettore MERCURIO - Presidente
Dott. Federico ROSELLI - Consigliere
Dott. Gabriella COLETTI DE CESARE - Rel. Consigliere
Dott. Maura LA TERZA - Consigliere
Dott. Ulpiano MORCAVALLO - Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Am.Ed., elettivamente domiciliato in Ro. Viale So. (...), presso lo studio dell'avvocato
Gh.Gi., rappresentato e difeso dall'avvocato De.Sa.It., giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
Ac. & Te.Fi. SPA in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Ro. Via Ar. (...), presso lo studio dell'avvocato Ma.Se., che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente avverso la sentenza n. 4115/03 della Corte d'Appello di Roma, depositata il 15/10/03 R.G.N. 539/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/10/06 dal Consigliere
Dott. Gabriella COLETTI DE CESARE;
udito l'Avvocato Gi. De Sa. per delega It.De.Sa.;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Riccardo FUZIO che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Ed.Am., dipendente della società Ac. e Te. di Fi. s.p.a., con mansioni di responsabile del
CED, adiva il tribunale di Frosinone per sentir dichiarare l'invalidità sia del licenziamento
per giusta causa intimatogli in data 5.7.1999, sia delle quattro sanzioni conservative (tutte
consistenti nella sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per tre giorni) in precedenza
irrogategli, con le conseguenti pronunce reintegratone e risarcitone a carico della società
datrice di lavoro.
Il Tribunale rigettava il ricorso con sentenza che è stata confermata in sede di gravame
dalla Corte d'appello di Roma.
La Corte osservava che il lavoratore non aveva impugnato le singole sanzioni
conservative, esprimendo con tale comportamento una sorta di acquiescenza in ordine alla
loro adeguatezza e proporzionalità; in ogni caso, i suddetti requisiti sussistevano
entrambi, dal momento che le prime due sanzioni, comminate nella seconda metà
dell'anno 1998, riguardavano assenze (anche protratte per alcuni giorni) che l'azienda non
aveva autorizzato, mentre le giustificazioni fornite dal lavoratore, nel senso cioè che si
trattava di giornate di ferie autoassegnatesi nella sua qualità di responsabile del CED,
erano rimaste sfornite di qualunque dimostrazione, non risultando l'esistenza di un suo
diritto in tal senso; a loro volta, le successive sanzioni censuravano il comportamento del
lavoratore, perché risultato assente dal domicilio al momento delle visite di controllo dello
stato di malattia, disposte dall'azienda nei giorni 23 e 24 aprile 1999, senza che l'Am.
avesse fornito prova adeguata della esistenza di un giustificato motivo di esonero
dall'obbligo di reperibilità nelle previste fasce orarie.
Quanto al licenziamento, intimato all'Am. per essersi sottratto alla visita medica di
controllo eseguita nella mattinata del 18 maggio 1999, il giudice di appello riteneva
sussistente la giusta causa di recesso, ex art. 2119 c.c., e proporzionata la sanzione
espulsiva, dando a tal fine rilievo - oltre che alla mancata dimostrazione dell'impedimento
addotto dal lavoratore e alla violazione, da parte del medesimo, dell'obbligo, previsto dal
contratto collettivo, di comunicare all'azienda l'allontanamento dal domicilio durante le
ore di reperibilità - alla reiterazione nel tempo di comportamenti che, indipendentemente
dalla previsione contrattuale collettiva sulla recidiva, apparivano lesivi di interessi di
rilevanza anche pubblicistica e indicativi di un atteggiamento di assoluta noncuranza degli
obblighi legali e contrattuali connessi al rapporto di lavoro.
Per la cassazione di questa sentenza Ed.Am. ha proposto ricorso fondato su tre motivi. La
s.p.a. Ac. e Te.Fi. in liquidazione resiste con controricorso. Le parti hanno - depositato
memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per vizi di motivazione
su punti decisivi, in particolare sulla questione della nullità dei provvedimenti disciplinari
conservativi e della violazione del principio di gradualità e di proporzionalità nella
irrogazione delle sanzioni disciplinari.
Il secondo motivo denuncia ancora vizi di motivazione nonché carenza di indagine in
merito alla intenzionalità della condotta del lavoratore, alla proporzionalità del
licenziamento rispetto alla infrazione commessa, alla effettiva ricorrenza dei dati fattuali
posti a fondamento del provvedimento espulsivo.
Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2119 c.c., degli artt. 1, 3 e 5
della legge n. 604 del 1966 dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, degli artt. 1 e 2 della legge
n. 108 del 1990, dell'art. 2121 c.c.
Trattando unitariamente le varie questioni, sostiene, in primo luogo, che il giudice
d'appello ha individuato nella non immediata impugnazione delle singole sanzioni
conservative una sorta di acquiescenza alla loro adeguatezza e proporzionalità, senza
indagare, come doveroso, sulla ricorrenza di tali requisiti in rapporto ai concreti
comportamenti del lavoratore e, principalmente, in rapporto all'elemento intenzionale.
Identiche omissioni vengono evidenziate con riferimento al licenziamento, essendosi
limitato il giudice di merito a verificare la mera corrispondenza formale del fatto
addebitato (assenza a visita di controllo) con l'ipotesi pattizia del provvedimento
espulsivo, mentre avrebbe dovuto in ogni caso valutare la gravità del comportamento
dell'Am., anche in questo caso con preminente riguardo all'elemento intenzionale, peraltro
significativamente assunto dalla società datrice di lavoro quale parametro qualificante
delle infrazioni disciplinari. Aggiunge il ricorrente che l'assenza a visita di controllo del
lavoratore in malattia, per rilevare sul piano disciplinare, deve compromettere uno
specifico interesse aziendale, la cui lesione deve essere enunciata nella contestazione e
deve in concreto essere dimostrata dal datore di lavoro; il che non è avvenuto nella
fattispecie. Infine nessuna motivazione è stata data dal giudice di appello dell'implicito
rigetto della domanda (subordinata) di derubricazione del licenziamento per giusta causa
a licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
I motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente, così come trattati dal ricorrente, non
sono fondati.
Quanto alle censure relative alle quattro sanzioni disciplinari conservative, osserva la
Corte che il giudice di appello, indipendentemente dalle considerazioni svolte a proposito
della loro non immediata impugnazione, non si è sottratto all'obbligo di verificare la
ricorrènza in concreto dei requisiti di proporzionalità e adeguatezza con riferimento a
ciascuno dei provvedimenti sanzionatoli, rispetto ai quali il giudizio di correttezza del
comportamento aziendale conclusivamente formulato si fonda, prioritariamente, proprio
sulla valutazione dell'elemento soggettivo che ebbe a caratterizzare la condotta del
lavoratore, così come risultante dalle prove che la sentenza impugnata dice acquisite e i
cui risultati non sono decisivamente posti in dubbio dal ricorrente, il quale, nel criticare
l'apprezzamento fattone dal giudice a quo, non indica, come trascurati o non
correttamente valutati, elementi e circostanze di rilievo tale da apparire determinanti nella
prospettiva di una diversa decisione.
Non adeguatamente smentita è, invero, l'affermazione della Corte territoriale secondo cui,
in relazione all'assenza dal lavoro protrattasi per il periodo 21 agosto - 3 settembre 1998 e,
soprattutto, con riguardo alla successiva assenza nella giornata del 4 novembre 1998
(entrambe sanzionate per mancanza della necessaria autorizzazione aziendale), doveva
escludersi del tutto la buona fede del lavoratore, non avendo trovato riscontro nelle
risultanze istruttorie la tesi che si trattava del godimento di giornate di ferie che, quale
responsabile del CED, aveva diritto di "autoassegnarsi" in base all'ordine dì servizio del
22.5.97 (la interpretazione del documento, opposta a quella datane dal ricorrente, non ha
formato oggetto di alcuna specifica critica), come pure la tesi secondo cui avrebbe
comunque provveduto a compilare, per le suddette giornate, due permessi di ferie,
entrambi inviati alla Direzione Tecnica. Del pari, supportato da motivazione adeguata e
giuridicamente corretta è il giudizio relativo all'adeguatezza delle sanzioni irrogate in
relazione ai contestati comportamenti, che la Corte territoriale giustifica con il richiamo di
specifiche previsioni del contratto collettivo (addirittura sanzionanti con il licenziamento
l'assenza ingiustificata per tre giorni consecutivi) e, decisivamente, con riferimento agli
obblighi propri del rapporto di lavoro, i quali sicuramente non consentono al lavoratore di
collocarsi in ferie senza autorizzazione del datore di lavoro.
Considerazioni analoghe valgono per la valutazione di adeguatezza e proporzionalità
espressa a proposito delle misure disciplinari conservative adottate dall'azienda in
relazione agli episodi di assenza alle visite domiciliari di controllo effettuate nella fascia
pomeridiana del 23 aprile 1999 e nella fascia antimeridiana del giorno successivo (24 aprile
1999). La sentenza impugnata muove, infatti, dalla constatazione che il contratto collettivo
(art. 42, comma 5) consentiva al datore di lavoro di sanzionare disciplinarmente
l'ingiustificata inosservanza, da parte del lavoratore assente per malattia, dell'obbligo di
rispettare le fasce orarie di reperibilità e, fatta questa premessa, considera una precisa
scelta dell'Am. - non già esigenza indifferibile - l'essersi recato ad un pronto soccorso in
coincidenza con l'orario di reperibilità per eseguire un trattamento terapeutico che dal
materiale probatorio in atti era risultato non indispensabile, come pure l'aver ritirato il
certificato medico il giorno successivo sempre in coincidenza con le fasce orarie.
Trattasi di motivazione (peraltro solo genericamente contestata dal ricorrente, che si limita
a dare una propria, diversa valutazione delle risultanze istruttorie) che applica principi
costantemente espressi da questa Corte, il cui insegnamento è nel senso che la reperibilità
del lavoratore ammalato nel domicilio durante le prestabilite ore della giornata costituisce
un onere all'interno del rapporto assicurativo con l'ente previdenziale ed un obbligo
accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, la cui violazione assume
rilievo disciplinare all'interno del rapporto stesso, salva la prova, da parte del lavoratore,
dell'esistenza di un ragionevole impedimento all'osservanza del comportamento dovuto
(cfr., fra tante, Cass. 24 luglio 2000 n. 9709, 17 novembre 1993 n. 1358). Per il caso poi che,
come nella specie, il contratto collettivo imponga espressamente l'obbligo dì reperibilità e
quello di dare comunicazione all'azienda della impossibilità di osservare le previste fasce
orarie, variamente sanzionandone il mancato rispetto, il principio in più occasioni
enunciato è che il dipendente non può limitarsi a produrre il certificato medico attestante
effettuazione di una visita specialistica o di un trattamento terapeutico durante l'orario di
reperibilità, ma deve dare dimostrazione della loro urgenza e indifferibilità, e cioè di una
necessità di effettuarli sorta durante le ore della possibile visita di controllo (vedi Cass. 1
marzo 2004 n. 4163, 9 marzo 1995 n. 2756, 28 dicembre 1991 n. 13982).
Immune da censura deve, infine, ritenersi la sentenza impugnata, con riferimento alla
ravvisata sussistenza della giusta causa rispetto al licenziamento intimato all'Am. a
seguito della constatata ulteriore assenza alla visita medica domiciliare, disposta dalla
società datrice di lavoro nella mattinata del 18 maggio 1999.
Al riguardo si osserva che il non consentire al datore di lavoro il controllo sullo stato di
malattia senza dar prova di un'adeguata ragione di impedimento integra, secondo la
giurisprudenza della Corte, giusta causa di licenziamento quando la condotta del
lavoratore, già di per sé concretante inadempimento a un'obbligazione fondamentale del
rapporto di lavoro, denoti, per le modalità che la caratterizzano, un atteggiamento
confliggente anche con i più generali doveri di correttezza e buona fede imposti dall'art.
1375 cod. civ., l'osservanza dei quali è indispensabile per assicurare la corretta esecuzione
del rapporto stesso (cfr. Cass. 5 aprile 1990 n. 2818, 14 luglio 1994 n. 6597, 27 aprile 1996 n.
3915, 24 luglio 2000 n. 9709).
Naturalmente, il relativo giudizio appartiene alla competenza esclusiva del giudice di
merito, al quale, con il solo limite di una logica e adeguata motivazione, spetta di valutare,
in relazione a tutte le caratteristiche del caso concreto, se la condotta inadempiente del
lavoratore si traduca in negazione degli elementi essenziali del rapporto, e in particolare di
quello fiduciario, nel senso che la situazione oggettiva determinatasi sia tale da non
rendere più possibile, neppure in via provvisoria, la prosecuzione del rapporto stesso.
Alla stregua degli esposti principi non appaiono censurabili le conclusioni raggiunte dalla
sentenza impugnata in esito a una valutazione delle giustificazioni addotte dal lavoratore
(consistenti nella necessità di accompagnare in ambulatorio la nonna, affetta da crisi
ipertensiva) come non confortate dalle risultanze probatorie, nonché sulla base di un
motivato giudizio riguardante il complessivo comportamento dell'Am., ritenuto rivelatore,
nel ripetersi di episodi di ingiustificata sottrazione al controllo della malattia, come pure
all'obbligo di comunicare all'azienda la impossibilità di rispettare la fascia oraria di
reperibilità, un atteggiamento di assoluta noncuranza delle regole, legali e contrattuali, del
rapporto e dei doveri di correttezza e buona fede allo stesso inerenti.
Né possono definirsi errori e vizi di motivazione quelli denunciati dall'odierno ricorrente,
posto che le prove che si dicono non correttamente valutate (la testimonianza della nonna
e il certificato medico ad essa relativo), non offrono - almeno nelle parti di cui si riferisce in
ricorso - elementi di rilievo tale da comportare il superamento della valutazione che ne è
stata data dal giudice d'appello; in particolare, quanto alla prova testimoniale, il giudizio
concernente la sua avvenuta deduzione in forma del tutto generica e perciò inidonea a
consentire un qualsiasi riscontro obiettivo delle giustificazioni offerte dal lavoratore e,
quanto al certificato medico, l'apprezzamento del medesimo come non comprovante la
presenza (anche) dell'Am. nell'ambulatorio medico al momento della visita eseguita sulla
propria nonna.
Da ultimo, non può non rilevarsi come nel giudizio della Corte territoriale relativo alla
sussistenza di una giusta causa di licenziamento sia implicito il rigetto della domanda formulata dal ricorrente in via subordinata di riconduzione del recesso alla (più
favorevole) ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto, con condanna del ricorrente alla rifusione, in
favore della società resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società
resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 33.00, per esborsi e in euro
2.000,00 (duemila) per onorari, oltre spese generali, IVA e CAP.