contro per l`annullamento
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contro per l`annullamento
N. 00185/2014 REG.PROV.COLL. N. 00460/1998 REG.RIC. R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 460 del 1998, proposto da: Catalano Matteo e Volo Salvatrice Angela, rappresentati e difesi dall'avv. Pier Giuseppe Sozzi, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Firenze, borgo Pinti 80; contro Comune di Firenze, rappresentato e difeso dagli avv.ti Annalisa Minucci e Francesca De Santis, ed elettivamente domiciliato presso la sede dell’Avvocatura comunale in Firenze, Palazzo Vecchio – piazza della Signoria 1; per l'annullamento del provvedimento della Direzione Urbanistica prot. n. 40206/97 in data 12.11.97, e pervenuto ai ricorrenti a mezzo racc. a.r. il 15.11.97, a firma del Dirigente del Servizio Edilizia Privata, con il quale a seguito di richiesta di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 13 legge n. 47/85, è stato "negato il rilascio della concessione in sanatoria" per il completamento della chiusura, con struttura in alluminio anodizzato e vetro, della terrazza tergale dell'appartamento di abitazione posto in Firenze, Viale Benedetto Croce n. 20, nonché per l'annullamento di ogni atto presupposto, connesso e conseguente ed in particolare del parere, di contenuto incognito, della C.E. n. 1408 del 5.10.1997. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Firenze; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2013 il dott. Pierpaolo Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, i sig.ri Matteo Catalano e Salvatrice Angela Volo proponevano impugnazione avverso il provvedimento del 12 novembre 1997, in epigrafe, mediante il quale il Comune di Firenze aveva negato loro il rilascio della concessione in sanatoria relativamente all’intervento edilizio di chiusura, con struttura in alluminio anodizzato e vetro, della terrazza tergale dell’appartamento di loro proprietà sito in Firenze al viale Benedetto Croce 20, perché costituente aumento di superficie e volume non consentito; e, sulla scorta di quattro motivi in diritto, ne chiedevano l’annullamento. Costituitosi in giudizio il Comune di Firenze per resistere al gravame, a seguito dell’avviso di perenzione ex art. 9 co. 2 della legge n. 205/2000, con atto del 30 ottobre 2009 i ricorrenti dichiaravano di avere ancora interesse alla definizione del contenzioso e chiedevano pertanto fissarsi l’udienza di discussione, reiterando quindi l’istanza il 15 marzo 2011 a norma dell’art. 1 All. 3 D.Lgs. n. 104/2010. Successivamente, con nuova istanza dell’8 novembre 2013, il difensore dei ricorrenti chiedeva invece il rinvio dell’udienza di discussione già fissata, ovvero la cancellazione della causa dal ruolo, affermando di non aver avuto riscontro dai ricorrenti circa la persistenza dell’interesse alla decisione. La controversia veniva discussa e trattenuta per la decisione nell’udienza straordinaria dell’11 dicembre 2013, nell’ambito del programma di smaltimento dell’arretrato approvato dal C.P.G.A. per l’anno 2013. 2. Al pari di quello civile, anche il processo amministrativo è retto dal principio dispositivo, in virtù del quale sono le parti a rivestire un ruolo determinante non soltanto nel definire il thema decidendum et probandum, ma anche nell’imprimere al contenzioso l’impulso occorrente affinché il giudizio pervenga alla decisione finale. Tale principio non ha, peraltro, una portata esclusiva e deve essere coordinato con i poteri officiosi del giudice, a loro volta finalizzati al sollecito ed efficace svolgimento del processo anche in attuazione della regola costituzionale della ragionevole durata del processo. In questa prospettiva, la giurisprudenza è ferma nel riconoscere alla parte interessata la facoltà di illustrare al giudice le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell’udienza di discussione già fissata, ovvero la cancellazione della causa dal ruolo, senza che tale riconoscimento implichi tuttavia l’esistenza di una norma giuridica o di un principio di diritto che attribuisca alle parti un corrispondente diritto: la decisione finale in ordine ai concreti tempi della discussione spetta infatti al giudice, il quale solo in presenza di particolari situazioni, direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti, è tenuto a concedere il rinvio o la cancellazione dal ruolo (questo accade, ad esempio, nel caso di impedimenti personali del difensore o della parte, nonché nei casi in cui, per effetto delle produzioni documentali effettuate dall'amministrazione, occorra riconoscere alla parte che ne faccia richiesta il termine per la proposizione dei motivi aggiunti: cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1032; id., 7 ottobre 2008, n. 4889). 2.1. Tanto premesso, nessuna situazione particolare giustifica, nella specie, l’accoglimento dell’istanza di cancellazione dal ruolo o di rinvio presentata dal difensore dei ricorrenti posto che la persistenza dell’interesse – doppiamente ribadita dai ricorrenti medesimi – deve essere presunta fino a prova certa del contrario. 3. Nel merito. 3.1. Con il primo motivo di gravame è dedotta l’erroneità dell’iter logico di formazione del provvedimento impugnato, giacché alla stregua della stessa normativa invocata dall’amministrazione procedente – l’ordinanza sindacale n. 1194/1993 e l’art. 7 N.T.A. del P.R.G. adottato – la terrazza di proprietà dei ricorrenti dovrebbe essere più correttamente qualificata come “loggia”, insuscettibile perciò di dare luogo ad aumenti di volume. In virtù delle sue caratteristiche strutturali, del resto, detta loggia sarebbe già stata computata nella volumetria dello stabile condominiale di viale Benedetto Croce 18 – 24 al momento dell’approvazione del progetto e del rilascio della relativa licenza edilizia; e, comunque, il Comune avrebbe anche errato nel non richiedere i necessari chiarimenti agli interessati prima di pronunciarsi negativamente sull’istanza di rilascio della concessione. 3.1. Con il secondo motivo, viene censurata la motivazione del diniego, la quale non consentirebbe di comprenderne le ragioni con riguardo agli specifici profili di contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia richiamata dal Comune. 3.2. Con il terzo motivo, è fatta valere l’assentibilità dell’intervento edilizio in questione, trattandosi di loggia adibita ad alloggiamento del bruciatore dell’impianto di riscaldamento a servizio dell’abitazione, in rapporto pertinenziale con quest’ultima e priva di autonomia funzionale, di talché ai fini della sanatoria avrebbe dovuto reputarsi sufficiente il parere favorevole della commissione edilizia integrata. 3.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti evidenziano come la generalità dei condomini dello stabile di viale Benedetto Croce 18 – 24 abbia provveduto alla chiusura delle terrazze tergali dei propri appartamenti, tutti adottando la medesima soluzione tecnica per garantire il decoro dell’edificio. Per alcuni degli interventi sarebbe peraltro in corso il rilascio del condono edilizio, di modo che il diniego di sanatoria pronunciato nei loro confronti porterebbe all’illogico risultato di una demolizione solo parziale delle opere realizzate sull’edificio, con ogni immaginabile conseguenza sul piano estetico-ambientale. 4. Le censure, che saranno esaminate congiuntamente, sono infondate. 4.1. L’impugnato diniego di rilascio della concessione in sanatoria è motivato dal Comune avuto riguardo al contrasto dell’intervento edilizio con gli artt. 16 e 41 N.T.A. del P.R.G., “in quanto costituente aumento di superficie e volume ai sensi dell’ordinanza 1194/93”. Ora, i predetti artt. 16 e 41 dettano la disciplina, rispettivamente, delle zone di espansione residenziale e delle zone B1 (edificate sature), prevedendo la riconduzione a queste ultime delle aree a prevalente destinazione residenziale in cui si considera esaurita la capacità edificatoria, di modo che il P.R.G. vi si attua attraverso interventi che non prevedano incrementi volumetrici e di altezza massima dell’esistente. Ne discende che, a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, la qualificazione dell’intervento in questione come implicante aumento di volume, oltre che di superficie, rende chiaramente apprezzabili le ragioni del diniego, che si fonda sulla radicale incompatibilità di qualsivoglia aumento volumetrico con la disciplina urbanistica della zona in cui il fabbricato di viale Croce 18 – 24 ricade; ed è noto che la condizione per il rilascio della concessione in sanatoria, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/1985, è che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della sua realizzazione che della presentazione dell’istanza di sanatoria (c.d. “doppia conformità”). 4.2. Ciò posto, che la chiusura della terrazza di proprietà dei ricorrenti abbia comportato un incremento di volumetria è espressamente riconosciuto nello stesso progetto allegato all’istanza di concessione in sanatoria, sottoscritto dagli interessati e dal loro tecnico, ed è quantificato in 8,34 metri cubi. Il medesimo progetto descrive come “terrazza tergale a sbalzo” il manufatto oggetto dell’intervento, né ricorrono i presupposti per una diversa qualificazione ai sensi dell’ordinanza comunale n. 1194/93: le caratteristiche obiettive del manufatto, aggettante su tre lati, non consentono infatti di fare applicazione della previsione dettata dall’ordinanza predetta in materia di logge, per tali dovendosi intendere solo quelle “coperte ed incassate almeno da due lati”. Per altro verso, i ricorrenti non hanno fornito alcuna prova – che pure sarebbe stata nella loro disponibilità – dell’affermazione secondo cui le terrazze tergali sarebbero state a suo tempo considerate nel computo volumetrico dell’edificio, affermazione che risulta anzi smentita dalla già vista attestazione, ad opera dei ricorrenti, dell’esistenza di un aumento di volume a seguito dell’intervento realizzato. 4.3. Insussistente è poi la violazione di legge dedotta sotto il profilo della natura pertinenziale dell’opera edilizia eseguita. È pacifico in giurisprudenza che la trasformazione di un balcone o di un terrazzino in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precaria, né costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera di ristrutturazione soggetta a concessione edilizia (oggi a permesso di costruire: per tutte cfr. Cass. pen., sez. III, 23 marzo 2011, n. 18507; T.A.R. Lombardia – Milano, sez. II, 6 settembre 2007, n. 5768). L’acclarata difformità dalla disciplina urbanistica di zona preclude altresì in radice l’applicabilità dell’art. 7 del D.L. n. 9/1982, convertito in legge n. 94/1982, che anche per le opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti esige il rispetto alle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, oltre all’autorizzazione sindacale. 4.4. Quanto alla presunta illogicità degli esiti del diniego, basti osservare che, ammesso che per altri interventi analoghi sul medesimo stabile sia sopravvenuto il condono edilizio, non possono imputarsi all’amministrazione procedente le conseguenze della scelta dei ricorrenti di avvalersi dell’istituto dell’accertamento di conformità piuttosto che del condono, tale scelta implicando fisiologicamente la possibilità di conclusioni non uniformi di procedimenti che conducono alla sanatoria dell’abuso edilizio sulla base di presupposti non coincidenti. 4.5. Infine, alla luce della natura dell’opera realizzata e dell’aumento volumetrico che ne è conseguito, il diniego di rilascio della concessione costituisce atto vincolato, ciò che rende irrilevanti ai fini dell’annullamento giurisdizionale le denunciate violazioni procedimentali (mancata richiesta di chiarimenti agli interessati da parte del Comune). 5. In forza di tutte le considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare accoglimento e va respinto. Le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso e condanna i ricorrenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre agli accessori di legge. definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati: Carlo Testori, Presidente Alessandro Cacciari, Consigliere Pierpaolo Grauso, Consigliere, Estensore L'ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 30/01/2014 IL SEGRETARIO (Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)