D. CAVAION, Del Petrarca e dell`Africa in Russia, 34
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D. CAVAION, Del Petrarca e dell`Africa in Russia, 34
DANILO CAVAION DEL PETRARCA E DELL’AFRICA IN RUSSIA Il mondo russo ha riservato un’attenzione via via crescente al Petrarca e all’età dell’Umanesimo italiano1. La prima testimonianza certa della conoscenza del Petrarca in Russia risale a Georgij Drogobyπ, che nella Russia Galiziana costituì nella seconda metà del Quattrocento una grande biblioteca, dove erano presenti anche opere petrarchesche. Più copiose testimonianze della fattiva presenza ed influenza del Petrarca nella Russia Occidentale sono state registrate per il XVI secolo2. Un fruttuoso avvicinamento della Russia al Petrarca e all’Umanesimo italiano ebbe luogo nella prima metà del Cinquecento per opera di Maksim Grek. Va tenuto ben presente che uno studioso francese ha appurato come quel Maksim Grek, per decenni grande e instancabile operatore culturale nel principato di Moscovia, fosse noto in Occidente con il nome di Michele Trivolis3. Trivolis giunse dalla Grecia in Italia nel 1492 e qui arricchì la sua solida preparazione classicistica con le novità del nostro Umanesimo: molte idee del Petrarca in fatto di morale, di religione e di filosofia (Platone) si rivelano essere molto vicine a quelle espresse da Maksim Grek. 1 S. GARZONIO, che ha già pubblicato sul tema del Petrarca in Russia una pregevole ricerca in italiano, Petrarca nelle traduzioni russe del XVIII secolo, “Le lingue del mondo”, LIII, 6, 1988, e una in russo, Maloizvestnye russkie perevody Petrarki v XVIII veke, “Studia Slavica Hung.”, 35, 1-2, 1989, mi ha molto cortesemente permesso di vedere le bozze di stampa di un suo nuovo lavoro, Il Petrarca russo. Note ad una storia del Petrarchismo in Russia (secoli XVIII-XIX), da cui ho tratto alcune importanti notizie. La Slavistica ha dedicato al medesimo argomento due congressi mondiali: uno, “Il Petrarca e il Petrarchismo”, ha avuto luogo a Dubrovnik nel 1974, l’altro, “Mondo slavo e cultura italiana”, si è svolto a Kiev nel 1983. 2 Cfr. JU. FURMAN, Franπesko Petrarka. Posmertnaja sud’ba, Char’kiv 2000, p. 44. 3 Vedi E. DENISSOFF, Maxime le Grec et l’Occident, Paris 1943, pp. 68-72. 167 Passato poi, nel 1518, in Russia egli s’impegnò in un intenso lavoro di revisione e di traduzione dal greco di varie opere, soprattutto di quelle a contenuto religioso; in un suo scritto, Discorso molto utile a chi lo ascolterà attentamente (Slovo du∫epoleåno zelo vnimaju∫πim emu) gli studiosi hanno individuato l’influenza morale e ideologica del Savonarola e quella letteraria del De remediis del Petrarca4. La prima approfondita considerazione del Petrarca in Russia avvenne nel 1762, quando in una rivista letteraria venne pubblicato il saggio anonimo L’arte poetica; il suo autore, nel tracciare un profilo di storia della poesia mondiale, si soffermava sulla nostra poesia in volgare: le pagine dedicate al Petrarca erano in sostanza la ripresa di quanto esposto da Voltaire nel suo Essai sur les moeurs. Dopo alcuni parziali tentativi di tradurre in russo la poesia petrarchesca in volgare, compaiono i primi saggi di matura versione a opera di Deråavin e del suo gruppo. I versi del Petrarca vennero letti e sentiti come affini ai modi del Sentimentalismo e del Preromanticismo, che si stavano imponendo allora nel grande paese slavo. Al circolo di Deråavin apparteneva anche Nikolaj L’vov, persona di ampia cultura, buon conoscitore dell’italiano, traduttore del Petrarca e autore della resa interlineare di alcune poesie dello stesso, di cui si servì poi Deråavin per le proprie versioni. Nell’ultimo decennio del Settecento il nome del Petrarca sembra ormai familiare al mondo letterario russo. Due riviste in particolare, “Il passatempo utile e piacevole” e “La Musa”, pubblicano la traduzione di varie poesie del Canzoniere. Contemporaneamente, e per via autonoma, comparvero due traduzioni-rielaborazioni del poeta di Laura: la Imitazione del Petrarca di I. Dimitriev e il Sonetto a Nina di Ivan Krylov. Versioni particolarmente riuscite vengono in seguito prodotte da due noti nomi della poesia russa: Åukovskij e Batju∫kov. Batju∫kov nel 1815 pubblica l’articolo Petrarka, dove sostiene l’intraducibilità del nostro poeta, perché “nessuna lingua può rendere la costante dolcezza del toscano”; malgrado tale convinzione, egli procede poi a realizzare delle mirabili versioni russe di alcune parti del Canzoniere. 4 Cfr. G. BROGI BERCOFF, Maksim Grek, in Storia della civiltà letteraria russa, diretta da M. COLUCCI e R. PICCHIO, Torino 1997, vol. I, p. 156. 168 Nel corso di tutto l’Ottocento, e ancor più e meglio nel primo Novecento, hanno luogo nuove e convincenti rese in versi del Petrarca, fatte da poeti come Mereåkovskij, Gippius, Gumilev, Kuzmin, Vjaπeslav Ivanov, Mandel’∫tam. Nel secondo dopoguerra, appaiono gli eccellenti esiti dell’impegno di Evgenij Solonoviπ, realizzazioni che hanno ottenuto tanti riconoscimenti nel nostro paese e in particolare al Premio “Città di Monselice”. Nel settore storico-critico sono stati pubblicati in Russia alcuni validi lavori sul Petrarca e sulla sua presenza nella cultura russa: va ricordato in particolare il fondamentale Indice bibliografico, da V.T. Danπenko dedicato alla fortuna dell’opera del nostro poeta in terra russa5, e il saggio, apparso l’anno scorso, Batju∫kov e la letteratura d’Italia di I. Pil’∫πikov6. Passando alla produzione latina del Petrarca e alla sua penetrazione in terra russa, è opportuno prioritariamente ricordare la particolarità del rapporto storico di questo paese con il latino e con la sua cultura. La secolare, frontale ostilità dei russi per il cattolicesimo si tradusse in una forte avversione per la latinità. Il latino è la lingua della chiesa cattolica, la quale trova molta parte della sua cultura fondata sul patrimonio del passato romano; per tale ragione il possibile interesse per questa eredità viene sentito in Russia quasi come una disponibilità all’eresia. Nello stesso tempo, però, sussiste la consapevolezza che la cultura nazionale scritta ha la sua fonte in Bisanzio e Bisanzio rappresenta la proiezione diretta della Romanità; questo induce una parte dell’intellettualità laica russa, unitamente a frange robuste di quella ecclesiastica, a fare in qualche modo i conti con quel mondo così osteggiato dai circoli ufficiali. A tale avvicinamento contribuirono anche i fatti della storia: nel Seicento, l’Umanesimo ruteno nasce e cresce per merito delle grandi Accademie, le cui materie fondamentali di studio sono il ruteno, il polacco e il latino. Il successivo incorporamento dell’Ucraina nell’impero russo comportò anche il trasferimento nelle grandi città russe di numerosi insegnanti delle scuole rutene: il lievito della fioritura culturale del secolo seguente. 5 Franπesko Petrarka (Bibliografiπeskij ukazatel’ russkich perevodov i kritiπeskoj literatury na russkom jazyke), sostavitel’ V.T. DAN∏ENKO, Moskva 1986. 6 I.A. PIL’μ∏IKOV, Batju∫kov i literatura Italii. Filologiπeskie razyskanija, Moskva 2003. 169 In precedenza, quando, agli inizi del Seicento, la cultura russoslava cerca di darsi strutture poetiche, assenti nella sua tradizione colta, uno degli intellettuali di punta, Meletij Smotrickij, pubblica una Grammatika, in cui propone di distinguere i suoni vocalici della lingua slava in lunghi, brevi e comuni, una divisione del tutto arbitraria, senza alcuna possibilità di applicazione, ma rivelatrice della coscienza a che cosa ci si doveva rivolgere per trovare le risposte giuste ai problemi posti dalla cultura moderna. Aleksandr Radi∫πev, che per numerosi anni aveva studiato il latino a Lipsia, tornato in patria, nel 1783 pubblicò la Vita di U∫akov, scritta in un russo caratterizzato da strutture sintattiche topiche del latino. Nell’Ottocento russo è abbastanza facile incontrare grandi studiosi, profondi conoscitori della latinità. Nella cosiddetta Età d’argento, fine Ottocento-inizio Novecento, Vjaπeslav Ivanov riprende con successo la struttura del distico elegiaco per comporre i suoi Distici in russo. Tornando al Petrarca si può constatare che, a differenza di quanto avviene per il Canzoniere, la sua produzione latina trovò solo tardi dei traduttori: l’Africa conobbe appena nel 1905 la prima versione, e in prosa, di un suo breve frammento. Modesti passi della stessa opera vennero ancora resi in russo negli anni precedenti la Prima Guerra mondiale, e altri negli anni Sessanta. In questo stesso decennio, per opera di S. Apt, venne fatta una traduzione versificata abbastanza ampia del poema e negli anni Ottanta altri suoi brani vennero trasferiti in versi da V.V. Bibichin. La prima traduzione completa dell’Africa, realizzata da E.G. Rabinoviπ e Michail L. Gasparov, è stata pubblicata nel 19927. Michail Gasparov, il maggior metrologo russo contemporaneo, noto in Italia per la sua Storia del verso europeo, dispone di un’eccezionale conoscenza del mondo classico. La stessa forte preparazione di classicista è palesata anche dalla Rabinoviπ. I due specialisti si sono così divisi il lavoro di questa versione: il Gasparov s’è impegnato nell’ottavo libro, la Rabinoviπ nei primi cinque e nel nono; frutto dell’impegno comune è la versione del sesto e del settimo. 7 FRAN∏ESKO PETRARKA, Afrika, izdanie podgotovili E.G. RABINOVI∏, M.L. GASPAROV, Moskva 1992. 170 La traduzione del capolavoro latino del Petrarca è accompagnata dalle prove fatte da S. Apt, dalla traduzione di importanti opere direttamente connesse con la sua composizione (versi del Boccaccio, di Coluccio Pieri, lettere del Petrarca, di Coluccio Salutati), da un denso saggio sull’Africa, firmato dalla Rabinoviπ e, quindi, da un ricco apparato di note, che rendono agevole al lettore russo l’accostamento all’opera. L’esame di questa traduzione evidenzia lo sforzo fatto dai due autori perché il testo prodotto fosse quanto più possibile vicino allo spirito e, fatto da sottolineare, alla forma dell’originale. Tale risultato è stato felicemente conseguito grazie all’individuazione degli elementi formali, che stanno alla base dell’opera e al loro adeguamento alla lingua russa, in particolare con: a) uso di un esametro, fondato sulle caratteristiche dell’originale (maggioranza dei versi con cesura pentemimera maschile, la quasi totalità dei rimanenti, con cesura pentemimera femminile o tritemimera maschile): Vot moj Senatu Zakaz: / gorodite ba∫ny i steny, “Ecco al Senato il mio ordine: / munite le torri e le pareti” (I, 389); Rim ne bro∫u v bede, / ne ujdu iz Italii skorbnoj, “Roma non abbandonerò nella sventura, / non me ne andrò dall’Italia afflitta” (IV, 226); Da on ljubov’ prostit, / edva tvoi slezy zavidit, “Ed egli l’amore perdonerà, / appena le tue lacrime vedrà” (V, 239); Lelij privozit poslov, / kotorye byli v senate, “Lelio accompagna gli ambasciatori, / ch’erano stati in Senato” (VI, 818); A poeliku sud’ba / uåe toropila kru∫en’e, “In quanto il destino / affrettava ormai la sventura” (VII, 130); Vetich i schoåich reπach / prochodit bessonnoe vremja, “In questi e consimili discorsi / trascorre l’insonne tempo” (VIII, 233); strogie oπi podnjal / pevec i sobralsja otvetit’, “gli occhi severi levò / il cantore e s’accinse a rispondere” (IX, 285) ecc.; b) ricorso a un registro linguistico alto, con frequente uso di termini lessicali della lingua libresca e non eccezionalmente anche di slavismi: i groznogo v branjach, “e minaccioso negli agoni” (I, 1); ∫irokie stogny, “gli ampi fori” (I, 63); otπe, “padre” (II, 13); chot’ drevo, “sebbene l’arbore” (II, 142); tolikich staranij, “di cotali fatiche” (II, 351); chladnomu starcu, “all’algido vecchio” (III, 98); plodovitoe πrevo, “il grembo fecondo” (III, 239); voistinu, “invero” (IV, 103); ot Efionskich bregov, “dalle ripe Etiopi” (IV, 296); esli by kto uzrel, “se qualcuno avesse mirato” (V, 308); zdes’ ne bracajut 171 meπi, “qui non risuonano le spade” (VI, 43); mstiteli rodiny! “o vindici della patria!” (VI, 148); on sie izrek proricanie, “egli favellò cotal vaticinio” (VII, 81); molvil v otvet Scipion, “proferì a risposta Scipione” (VIII, 79); ot maloj im skorbi, “dall’onta a lui piccola” (VIII, 149); o boåego roda vernyj oplot, “o della stirpe divina vero tallone” (IX, 24); bditel’no bodrstvoval ja, “accortamente vegliavo” (IX, 160) ecc.; c) frequente ricorso dell’iperbato. Questa figura non è estranea alla poesia originale russa, che la usa in genere con moderazione: Slezy prime∫’ moi, “le lacrime accogli mie” (I, 17); ty skvoz’ godov ...mosti∫’ πeredu, “tu attraverso degli anni le vicende... lastrichi” (I, 27); v Stigijskie preåde bolota / zdvezdy padut, “nelle paludi dello Stige prima / cadono le stelle” (II, 283-284); i t’mu pobeådaet noπnuju, “e la notturna vince tenebra” (III, 104); πe∫ueju pokrytoe skol’zkoj, “di scaglia coperto mucosa” (III, 164); ot vernoj vyzvalis’ smerti, “da certa salvarono morte” (IV, 241); veliπavoj grjadet pobeditel’, “maestoso s’approssima vincitore” (V, 1); nekij javilsja Bog, “un certo apparve Iddio” (VII, 576); no zato kakoj v Karfagene / uåas, “ma per questo quale a Cartagine / spavento” (VIII, 248249); vdrug vo t’me primeπaju glubokoj, “d’improvviso nella tenebra noto profonda” (IX, 205) ecc.; d) una forte frequenza delle parole composte. Richiamandosi ad Aristotele, lo Janssen indica i composti come uno degli elementi caratterizzanti della lingua poetica alta della classicità: Zlosπastnoj gordyne, “alla malagurata superbia” (I, 86); tebja licezreja, “te voltomirando” (II, 339); belosneånych, “dei bianconevosi” (III, 87); mnogozvezdnyj, “multistellare” (III, 92); v odnoπas’e, “in un solo momento” (IV, 243); gladkolo∫πennych nogtej, “delle dolcelaccate unghie” (V, 54); s verolomnoj suprugoj, “con la moglie fedigrafa” (V, 430); lavrovenπannych, “dei laurocoronati” (VI, 182); grebcy mnogoopytny, “rematori pluriesperti” (VI, 581); dolgogrivyj, “granzazzeruto” (VII, 743); zemljapa∫ec, “l’araterra” (VIII, 318); vredonosnaja πern’, “plebe portaguai” (VIII, 773); o voåatyj dostoljubeznyj, “o guida giustamata” (IX, 217); morechodnyj put’, “via intromarina” (IX, 290) ecc.; e) l’insistenza delle iterazioni, sia orizzontali, interne al verso, sia verticali, come anafore o richiamo di singole parole o di sintagmi, 172 presenti in versi contigui: Vy - slovno ten’, slovno prach, slovno dym, “voi siete simili ad ombre, simili a cenere, simili a fumo” (II, 349); pervoe znat’ choπu, vozmoåno li-esli vozmoåno?, “per primo voglio sapere, è possibile se è possibile?” (III, 68); nikuda nevozmoåno / kinut’sja i nevozmoåno stojat’, “in nessun luogo è possibile / lanciarsi o star fermo” (IV, 305-306); tak pobeådennoj åene pobeditel’ pokorstvuet gordyj, “così dalla donna vinta è sottomesso l’altero vincitore” (V, 74); odolevaja ljubov’ju ljubov’ i åelan’em åelan’e, “superando con l’amore l’amore e con il desiderio il desiderio” (VI, 202); i slovno su∫πij volchv, on su∫πee vedal!, “e come un vero stregone, egli il vero conosceva!” (VII, 64); sravni∫’ li nravami nravy?, “paragonerai con i costumi i costumi? (VIII, 114); dnja ja ne åil bez nego / bez nego ja noπi ne proåil, “un giorno non sono vissuto senza di lui, / senza di lui non sono vissuto una notte” (IX, 152) ecc.; f) la pratica della mimesi sintattica, soprattutto con il ricorso a proposizioni participiali circostanziali (ablativo assoluto): Vse i vdrug razgljadi, oπi dolu zorko ustaviv!, “Guarda tutto e d’un colpo, dopo aver volto attentamente gli occhi alla valle!” (II, 368); greki / pristupom vzjali, deråav v osade dva pjatilet’ja, “i greci / la presero d’assalto, dopo averla assediata per due quinquenni” (III, 493-494); brosiv meπ, vzmolilsja vrag o po∫πade, “buttata la spada, il nemico implorò pietà” (IV, 314); supruga predav, verolomnaja skrylas’ carica, “tradito il consorte, la fedigrafa imperatrice se n’andò” (V, 11); prinjav blagosklonno poslancev, / on govorit..., “accolti benevolmente i messi, / egli dice...” (VI, 822-823); skazav takoe surovoe slovo, / on zamolπal, “detta tale severa parola, / egli tacque” (VII, 366-367); povelevaet vernut’ [...] / platy ne vzjav nikakoj, “ordina di far ritorno [...] / senza aver preso alcuna ricompensa” (VIII, 987-988); ostaviv daleko / breg Afrikanskij, dobrjatsja plovcy, “lasciata lontano / la riva Africana, si fanno animo i nuotatori” (IX, 7-8) ecc.; g) nei limiti concessi dalle esigenze delle strutture versuali, la tendenza a conferire alla proposizione russa l’ordine delle parole proprio del latino: Poeta znatnoe zvan’e / nyne tebja molju, “Del poeta l’illustre titolo / ora te imploro” (I, 23-24); v puπinach morskich sozvezdij tonut, “negli abissi delle costellazioni marine affogano” 173 (II, 143); spokojnoju postup’ju v krepost’ / put’ pobeditel’ deråal, “con tranquilla andatura nella fortezza / il vincitore il cammino moveva” (IV, 320-321); ne takoj konec muåam podobaet, “non una tale fine agli uomini s’addice” (V, 473); blizost’ etogo dnja nikogda lgu∫πie sud’by / mne obe∫πali, “l’approssimarsi di questo giorno mai i destini menzogneri / m’avevano promesso” (VI, 185-186); k Vostoku / tak razoritel’ Italii plyl, “verso Oriente / così il distruttore d’Italia navigò” (VIII, 352); Cirtu i vse byloe carstvo Sifaka / , on Massinisse daet, “la Sirte e tutto l’ex impero di Siface / egli a Massinissa dà” (VIII, 1015-1016) ecc. I due studiosi russi hanno così cercato, senza scadere in forzature, di avvicinare il sistema della lingua poetica russa a quella originale latina e hanno dato vita a una versione che difficilmente troverà qualcuno capace di superarla. 174