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Settembre 2013 - numero speciale Papa Francesco LETTERA A FRANCESCO C Grazie, Papa Francesco Ci siamo rivolti a Lei perchè a quel suo “non fatevi rubare la speranza” ci siamo aggrappati per sentirci meno soli nel nostro lavoro. Lei ci ha commosso con la sua attenzione e le sue parole. Ora proviamo a guardare dove Lei guarda e a camminare con Lei, seguendo il suo giusto passo di Riccardo Bonacina arissimo Padre, ci permetta di chiamarla così come si chiama in una casa una persona cara, anzi carissima, una persona da ascoltare e a cui guardare in cerca di un sorriso di incoraggiamento o di un rimbrotto. Ci siamo rivolti a Lei perché a quel suo reiterato invito, “non fatevi rubare la speranza”, ci siamo aggrappati nel nostro lavoro di informazione e educativo sentendoci meno soli nel tentativo di combattere, o almeno, arginare la progressione di una vera malattia, perché intacca e svuota l’anima delle persone e dei luoghi, come il gioco d’azzardo di massa promosso e tutelato dallo stesso Stato. L’azzardo viene venduto ovunque, in tutte le forme: slot machine in bar e ristoranti, sale giochi con new-slot e videolottery, carte prepagate e coupon alle casse dei supermercati e nelle tabaccherie per ricaricare il “conto gioco” on-line, su internet dove giornalmente nascono nuovi siti dedicati, sugli smartphone dove sono già centinaia le applicazioni per giocare e scommettere . L’azzardo viene propagandato ovunque e senza alcun limite, sui campi di calcio, in tv, sul web, sui social network inducendo tutti e, soprattutto, i più giovani e i più fragili, ad entrare nel “campo dei miracoli” dove il denaro cresce sugli alberi e non è più frutto del lavoro. La cultura del gioco d'azzardo mina alle radici il valore del lavoro; è l’esatto opposto del principio che chiama ogni uomo a costruire la propria fortuna con l’impegno costante e la fatica. In questa trappola indotta. propagandata e a portata di tutti sotto casa, cadono donne e uomini, giovani e anziani, italiani e migranti, e con loro i loro spazi, le loro possibilità - minime, ma non scontate - di dare corpo a tutte quelle speranze di vivere una vita piena che non possono ridursi a un puro invito a “attendere” giorni migliori o, peggio, a consegnarle al puro dispendio dell'azzardo. Carissimo Padre, davvero Padre Santo perché la sua attenzione, le parole che già ha pronunciato, il suo sorriso, il suo affidarsi alle nostre preghiere (ma lei faccia altrettanto), e la possibilità di incontrarla di persona, ci bene-dicono, ci dicono che la strada buona è quella del rischio della propria libertà nella ricerca del nostro vero volto, del nostro volto umano. E dicendolo a noi bene-dice i tanti che non hanno rinunciato a coltivare e a custodire la virtù della speranza e del bene. In questi quindici mesi di lavoro abbiamo incontrato tanti uomini e donne, tantissimi giovani, molte associazioni, sindaci, vescovi che non accettano che la speranza, che pur vive nel cuore di ciascuno, “venga rubata”, insieme a una quota del 4% del Pil di questo Paese. La benedizione che Le chiediamo è per tutti quelli che resistono sulla via della responsabilità opponendosi allo spreco e resistendo alla tentazione di affidarsi al nulla. Lei ha recentemente ricordato che «L'uomo è la via della Chiesa e che tale verità rimane valida anche e soprattutto nel nostro tempo in cui la Chiesa, in un mondo sempre più globalizzato e virtuale, in una società sempre più secolarizzata e priva di punti di riferimento stabili, è chiamata a riscoprire la propria missione». «L'uomo», ha continuato «rimane un mistero, irriducibile a qualsivoglia immagine che di esso si formi nella società e il potere mondano cerchi di imporre. Mistero di libertà e di grazia, di povertà e di grandezza. (...) L'uomo è via della Chiesa perché è la via percorsa da Dio stesso. Fin dagli albori dell'umanità, dopo il peccato originale, Dio si pone alla ricerca dell'uomo. “Dove sei?”, chiede ad Adamo che si nasconde nel giardino». E ha concluso «Il potere teme gli uomini che sono in dialogo con Dio poiché ciò rende liberi e non assimilabili». Ecco, il passo che ci sta indicando è quello della libertà e della speranza che stanno incise nel nostro essere creature. Grazie Papa Francesco, continueremo a guardarla per provare a guardare ciò che lei guarda per camminare con Lei, con il suo “Giusto passo”. Accetti come regalo questo numero speciale di VITA frutto del nostro lavoro. Numero unico - Speciale Papa Francesco settembre 2013 Vita società editoriale s.p.a. Via Marco d’Agrate, 43 - 20139 Milano Registrazione al Tribunale di Milano n. 397 dell’8/7/1994 Iscrizione al roc n. 3275 issn 1123-6760 Direttore responsabile Riccardo Bonacina ([email protected]) Direttore Giuseppe Frangi ([email protected]) Collaboratori Lorenzo Maria Alvaro; Marco Dotti; Daniele Biella Commentatori & Rubriche Luigino Bruni; Simone Feder; Giacomo Poretti; Silvano Petrosino Progetto grafico Matteo Riva Stampa Arti Grafiche Fiorin - Via del Tecchione, 36, San Giuliano milanese Milano SOMMARIO Settembre 2013 - numero speciale Papa Francesco Settembre 2013 SPECIALE PAPA FRANCESCO IL GIUSTO PASSO un anno di inchieste, di storie e di mobilitazione COVER ART: Francesco Poroli SERVIZI Oltre un anno di movimento No Slot, quindici mesi di impegno e giornalismo sociale da parte di Vita. Le esperienze, le storie, le passioni di chi non è più disposto a farsi rubare la speranza. La rivolta di Slot City - luglio 2012 4 Dal pane alle slot, azzardo mangiatutto - ottobre 2012 8 L'esercito No Slot - dicembre 2012 12 Questo circolo non è una bisca - gennaio 2013 18 Il signore delle slot - giugno 2013 22 Babele 2013, l'uomo giù dalla torre - giugno 2013 28 RUBRICHE Semplicemente di Giacomo Poretti 7 Ex Cathedra di Luigino Bruni 11 VITA.IT Storie di Marco Dotti 21 Luoghi di Lorenzo Maria Alvaro 30 Educazione di Simone Feder 31 Patroni di Marco Dotti 32 VITA - LUGLIO 2012 LA RIVOLTA DI SLOT CITY ºPavia è la città con la più alta densità di macchinette sul territorio 4 nazionale. Qui c’è il record di somme giocate rispetto al reddito. Ma ora qualcuno ha alzato la testa e ha detto basta. Scendendo anche in piazza. E convincendo molti locali a rinunciare alle slot di Marco Dotti P avia, 35 km a sud di Milano, università e ospedali di der, psicologo della Casa del Giovane, che da anni lavora al prestigio, 71.207 abitanti dalla vita tranquilla, e un recupero dei giocatori patologici e ha da poco concluso una reddito pro-capite che, secondo le stime del ministero ricerca nelle scuole della città. Su un campione di 1.864 studelle Finanze, al 2010 si attestava ancora su invidiabili denti dall’età media di 15 anni, osserva Feder, il 15% dichia25.000 euro l’anno. Oggi anche le statistiche sono in caduta ra di giocare con slot e videolottery, il 7% di loro gioca ogni libera, per questo ci si guarda bene dall’aggiornarle, anche giorno e il 40% punta più di 50 euro. I ragazzi spesso si gioperché in un’Italia oramai prostrata oltre ogni immaginaziocano i soldi del biglietto o dell’abbonamento dell’autobus, ne o misura, un solo mercato non conosce flessione. È quelcreano piccoli gruppi per tentare collettivamente la fortuna lo del gioco d’azzardo, che per definizione e comunque sono ben più che propensi a e storia cresce in maniera direttamente sfidare la sorte. Anche l’amministrazione Non solo Pavia, certo, proporzionale all’aggravarsi della crisi e si si sta muovendo, nel limite dei anche Vicenza, Trento, comunale espande in una zona grigia dove l’econoregolamenti e di una normativa di legge Brescia, Verbania mia si innesta, senza mediazione, nella vita quanto mai intricata, ma l’attenzione è e la travolge. alta. Un regolamento per limitare la pubQuesta zona grigia e questo mercato sembrano trovare a blicità e imporre una distanza minima delle sale gioco da Pavia uno snodo materiale e simbolico determinante, sia dal luoghi “sensibili” (scuole e ospedali su tutti) avrebbe dovupunto di vista della densità numerica di apparecchi e giocato essere approvato il 25 giugno scorso, ma la mancanza di tori rapportati a km quadrato e abitante, sia perché proprio numero legale ha bloccato tutto. Si consideri che, a Pavia, qui operano alcuni tra i principali installatori e distributori una grande sala giochi è stata aperta proprio di fronte allo di “macchinette”, sia perché le strategie di resistenza offerte sportello “fragilità” dell’Asl. Ironia della sorte o cinismo dedal territorio all’avanzata di questa economia dell’azzardo gli uomini, difficile dirlo. possono offrire un modello esemplare, ancorché imperfetto per tentare con una prima risposta, anche una prima, anche Non solo Pavia, certo, anche Vicenza, Trento, Brescia, Verse tardiva definizione del problema in termini di etica pubbania, ovunque gli amministratori si trovino dinanzi al disablica. stro di spazi urbani e locali completamente trasformati dalla piaga del gioco tentano di porre un argine, scontrandosi con Pavia è dunque uno dei punti concreti, “geolocalizzati” si procedure e competenze. Eppure, benché meritoria, questa direbbe in gergo, di osservazione da cui partire per una riattenzione non può limitarsi al “possibile” di regolamenti flessione su quello che sta diventando un «sistema gioco» e competenze, che devono rappresentare un primo passo, totale, da cui sarà difficile uscire se non ci si muove subito, non un alibi. Non dobbiamo dimenticarci, rimarca Feder, con proposte chiare e di rottura. Ne è convinto Simone Feche siamo dinanzi a un processo, non a una semplice deriva LA RIVOLTA DI SLOT CITY 5 del sistema e «la battaglia va combattuta sul piano culturale. › Nel tunnel. C’è una controcultura del gioco che mette a rischio i nostri Il ponte coperto sul Ticino, a Pavia ragazzi, e non solo loro. Dobbiamo proporre altri modelli critici, contrastando la controcultura con una cultura e un’etica della responsabilità condivisa». d’azzardo legalizzato poco e male, che da questi dati emerga «Think global, act local», diceva il vecchio Jacques Ellul, che sarebbero stati ridistribuiti in vincite ben 3 miliardi e 355 e mai come oggi il pensiero di questo profeta inascoltato apmilioni di euro, poiché «tutti sanno, da che il gioco è gioco, pare attuale. Pavia forse non sarà quella Gomorra del gioco che nessun giocatore si limiterà a passare all’incasso, ma ridi cui con carsica alternanza danno conto i butterà nel sistema ciò che vince». giornali, ma di certo, nella città che ospita Feder non si è fermato allo studio del Il controllo criminale la tomba di Sant’Agostino, guarda caso uno problema, ma ha rilanciato. Con i suoi non segue la via del fra i primi e più duri autori cristiani a scacollaboratori ha contato, locale per locale, “pizzo” ma delle slot gliarsi contro l’azzardo, le contraddizioni le slot installate, rilevandone 522 solo in sono evidenti. Forse più evidenti che altrocentro città (nell’hinterland le sale giochi ve se già nel 2003, senza mezzi termini, nel suo rapporto la sono oramai tantissime) e ha invitato i commercianti virtuoCommissione antimafia scriveva che «a Pavia il controllo crisi che, per ragioni etiche, di sicurezza (un locale che ospita minale del territorio non segue la via del “pizzo” ma quella slot machine, di fatto è un bancomat a cielo aperto, esposto del videopoker». Nel 2003 eravamo però agli albori di quella al rischio di rapina o scasso) o semplicemente per decenza, che, oggi, è diventata forse la più fiorente tra le industrie del perché speculare sulla miseria altrui non è certamente cosa Paese. gradita a tutti, non vogliono “macchinette” nel loro locale a esporre un adesivo, semplice e chiaro: “No slot”. Stando ai dati comparativi dell’Agenzia Autonoma dei MoLa provocazione è forte, perché alcuni anni fa proprio nopoli di Stato (Aams) che regola il comparto del gioco publ’Aams propose agli esercenti di esporre un adesivo simile blico in Italia, nel solo mese di maggio gli “apparecchi”, ovnella forma, con l’indicazione che, in quel locale, il gioco era vero slot machine e videolottery hanno raccolto la bellezza “pulito”, ossia le macchinette tarate e collegate alla rete Sodi 4 miliardi e 150 milioni di euro, contro i 556 milioni del gei, gestita da Telecom, una banca dati alla quale possono Lotto. Solo in Lombardia, sempre da dati ufficiali dell’Aams, attingere sia le forze di polizia, la stessa che usa Aams per gli apparecchi da intrattenimento, come vengono eufemisticontrollare importo e regolarità del fatturato di ogni slot. camente chiamati nel settore, hanno incassato 896 milioni di Qui siamo su un piano diverso, perché la provocazione euro. Poco importa, ci ricorda il sindaco di Verbania, Marco vorrebbe diventare sfida per un legame nuovo. «Io ho adeZacchera, da anni impegnato in una battaglia contro il gioco rito», ci spiega una ragazza, che da alcuni anni gestisce VITA - LUGLIO 2012 › Simboli. Il logo disegnato per la campagna CHI GIOCA DI PIÙ Le spese per l’azzardo nelle province italiane. Escluso il mercato online. u Pavia Giocati: 1.156.630.123 € Pro capite: 2.125 € (7,89% Pil) v Como 6 Giocati: 828.863.561 € Pro capite: 1.504 € (5,63% Pil) w Rimini Giocati: 419.350.422 € Pro capite: 1.490 € (4,77% Pil) x Teramo Giocati: 418.417.770 € Pro capite: 1.425 € (6,80% Pil) y Savona Giocati: 391.615.513 € Pro capite: 1.402 € (5,12 % Pil) zLatina getty images Giocati: 695.449.629 € Pro capite: 1.358 € (5,81% Pil) { Terni Giocati: 297.510.543 € Pro capite: 1.329 € (5,75% Pil) |Pescara via, con il Vescovo in prima fila, commercianti, ragazzi. La sensazione è che qualcosa di grande possa partire da gesti piccoli, ma concreti come questo. Trecento e passa persone che, con striscioni colorati, hanno ricordato che a Pavia c’è chi dice no, ma non si limita alla protesta: vuole riprendersi gli spazi, i luoghi, renderli umanamente abitabili, proponendo un modello semplice ma - al punto di rottura a cui siamo arrivati - quasi eversivo di convivenza. «Noi chiediamo una vita buona, pulita. Chiediamoci come stiamo vivendo, come vivono quelli accanto a noi, questo è il primo passo per sconfiggere la diseconomia dell’azzardo e provare a riappropriarsi delle nostre città, per noi e per i nostri figli», conclude Feder. ¢ › Slot machine. Particolare di una macchinetta Giocati: 397.943.010 € Pro capite: 1.307 € (5,98% PIl) } Reggio Emilia Giocati: 602.155.222 € Pro capite: 1.276 euro (4,95% Pil) ~Frosinone Giocati: 603.836.741 € Pro capite: 1.238 € (5,28% Pil) Elaborazione di Maurizio Fiasco su dati Mef, Aams e Agicos SEMPLICEMENTE GIACOMO PORETTI C A strasciacamisa nessuno restava in mutande Quelle partite a carte nel bar dei miei genitori a confronto con la mania delle slot di oggi di Giacomo Poretti onfesso che è dura per uno che è cresciuto a briscola e scopa d’assi esprimere un giudizio equilibrato sul fenomeno del gioco con le slot machine, che dilaga nei locali pubblici e porta alla rovina troppe persone. Ma io vengo da lì, quello è il mio riferimento: attorno a quei tavoli, dove si giocava con le carte lombarde, e poi, a furia di immigrazioni meridionali, con le coppe e bastoni; lì in quel bar gestito dai miei genitori ho assistito ad interi sabati e domenica pomeriggi (negli anni 60 non era stato ancora inventato il week end come lo intendiamo noi post moderni, quindi , i maschi del paese stavano un po’ in famiglia ma soprattutto al bar a giocare a carte) a dispute a briscola come se fossero le battaglie di Salamina o Waterloo: alla fine di ogni mano la coppia che perdeva immancabilmente litigava furiosamente rinfacciandosi l’uno con l’altro errori gravissimi. Poi, dopo le urla e gli strepiti, il silenzio ritornava quando venivano ridistribuite le carte. Tra una partita e l’altra, a scopa si andava ai 21, a briscola fino ai 10, si chiacchierava dei figli, del divano di casa che andava sostituito, della malattia del nonno, del nuovo capo reparto in fabbrica, di Mazzola e Rivera, ma la discussione si accalorava maggiormente quando si parlava di politica: il sabato diventava critico quando si scontravano una coppia di democristiani contro una di socialisti. Ma niente era peggio che buttare un asso sbagliato o andare liscio anzichè giocare un carico! Altro che Fanfani o Saragat! I tavoli si popolavano intorno alle 14.30 e si svuotavano verso le 19, dopo aver giocato e urlato per più di 4 ore, la coppia sconfitta doveva accollarsi la posta economica che consisteva nel pagare quello che si era bevuto e mangiato a quel tavolo: immancabilmente 4 panini con gorgonzola e acciughe e diversi mezzi litri di vino rosso sfuso. Nel bar c’erano una quindicina di tavoli ma in nessuno ci si sognava nemmeno di giocare a denaro: i soldi servivano per il divano nuovo o per il nonno che si ammalava. Noi ragazzi intanto ci si allenava per sedersi un giorno su quei tavoli e facevamo il nostro apprendistato giocando a rubamazzetto o a strasciacamisa: gioco meraviglioso che suscitava l’ilarità di tutti i bambini perché chi perdeva doveva privarsi di un indumento via via fino ai pantaloni. E rieccoci all’oggi. Domina un concetto di Libertà molto post post moderno, che provo a sintetizzare rozzamente così: “se un individuo prova un desiderio o impulso, niente e nessuno deve permettersi di ostacolare la propria soddisfazione”. Così diventa difficile dialogare, e le cose descritte sopra non possono che apparire moralisticamente antiche. Ma forse avere una storia ci aiuta, avere delle regole anche ingombranti ci sostiene nei momenti di difficoltà; avere nei ricordi, che diventano struttura del nostro dna culturale, pomeriggi interi dove si stava con i propri amici a condividere un gioco senza alcun scopo di lucro e le proprie tribolazioni, forse potrebbe venire in soccorso quando si varcano quei vetri oscurati delle sale dove stanno le slot machine: è evidente che lì si va soli con le nostre tentazioni e le nostre fragilità, e con quell’orribile concetto di libertà che non vuole essere intralciato da nessuno. Come diceva quel cantastorie “Libertà è partecipazione”, nel senso che ha senso solo fare cose insieme, altrimenti che senso ha? È attorno al concetto di partecipazione e di regola che il mondo si salva. Lo sapevamo benissimo noi ragazzini quando giocavamo a “strasciacamisa”: si rideva a crepapelle, ma poi quando qualcuno si perdeva le mutande, col piffero che se le toglieva! 7 VITA - OTTOBRE 2012 8 DAL PANE ALLE SLOT, AZZARDO MANGIATUTTO ºNella sola Lombardia, in un anno, i locali in cui è possibile giocare sono aumentati del 40,2%. Molto di più della media nazionale. Intanto in tutta italia chiudono centinaia di negozi tradizionali. Ma anche per i locali si prevedono tempi grami:a dicembre è partita la rivoluzione 3.0 che ha portato le macchinette direttamente sugli schermi dei cellulari… di Marco Dotti U n’impresa su otto. Se, come ci si ostina a ribadire e sulle pratiche del lavoro, sulle abitudini del consumo, sulle non senza ragioni, la Lombardia è ancora il motore dinamiche del produrre e, inevitabilmente, sulle forme steseconomico del Paese, a uno sguardo minimamente se del nostro vivere in spazi e luoghi e tempi che vorremmo o attento non dovrebbe però sfuggire questa semplice semplicemente dovremmo considerare “comuni”. proporzione, con tutto ciò che ne consegue. Secondo una L’altra economia del gioco, perfettamente lecita e legale elaborazione della Camera di Commercio di Milano, è infatti sia chiaro, è “altra” solo se non la si osserva con uno sguardo “made in Lombardia” un’impresa su otto, poco attento. Questa economia è sempliovvero il 12,8% delle specializzate che comIl 12,8% del "gioco cemente l’economia, non ciò che ne riplessivamente operano nel settore del “giomane. È oramai diventata sistema e come a gettoni” italiano è co a gettoni” e delle scommesse in Italia. tale andrebbe trattata, osservandone le made in Lombardia Un dato esemplare, allarmante si dirà, ascese nel lecito, non solo ricadute – che se non che gli allarmi arrivati fuori tempo chiaramente ci sono – nella sfera dell’illemassimo servono a poco. È formalmente dal 2008, ovvero cito. Questa economia non è un residuo, ma il motore tutt’aldall’inizio della “grande contrazione” per dirla con Mauro tro che sommerso di qualcosa che avanza, cresce, guadagna Magatti, che il gioco, legato soprattutto a scommesse e slota sé spazi fisici riconvertiti alla bell’e meglio – basterebbe machine, ha iniziato la sua corsa espansiva, con un impatto fare un giro in Brianza, per osservare il deserto di ex stabilirilevantissimo sui luoghi, sulle imprese, sul risparmio e non menti trasformati in immense sale da gioco – conquistando da ultimo sul Pil nazionale e provinciale. consensi e fette di mercato sempre più grandi. In attesa di Un dato che comunque fotografa un comparto in contiquella che, come dichiara a Vita un importante manager del nua crescita, con chiare, ma non a tutti evidenti, ricadute settore, «sarà la rivoluzione 3.0 dell’azzardo e frutterà centi- DAL PANE ALLE SLOT, AZZARDO MANGIATUTTO rEnalotto e Totocalcio, con un incremento del 167,3%, oltre naia di milioni di euro, abbattendo le spese fisse che ancora agli esercizi che hanno come attività principale o connessa abbiamo per dipendenti e locali»: quella delle slot machine la gestione di apparecchiatura con vincite in moneta, le coonline, che partiranno il prossimo 3 dicembre e saranno opesiddette slot machine. In questo caso, comparandolo con i rative sui cellulari e sugli smartphone che già iniziano a essedati del registro delle imprese del 2010 e del 2011, l’aumento re venduti con l’applicazione di serie. In sostanza, molti dei è stato del 55%. Altre cifre non indifferenti: a Milano è premodelli già posti in vendita – ne abbiamo testati a campione sente il 5,3% degli esercizi nazionali e la spesa complessiva tre di fascia media – hanno preinstallata la “app” per giocare annua in città – relativamente al 2011 – è stata di 77,5 milioni 24 ore su 24, puntando soldi veri, direttamente dallo scherdi euro all’anno, pari a quasi il 4% del Pil mo del proprio cellulare. Per ora l’app c’è, è Sarà la rivoluzione 3.0 procapite giocato. Questi i numeri, tra i in “stand by”, in attesa che un’autorizzaziopochi a potersi permettere il segno “più”, ne dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di dell'azzardo e frutterà in un’economia a vocazione negativa. Stato faccia il suo corso, confermando nella centinaia di milioni Eppure, anche qui, qualcosa non torna. norma, uno stato di fatto. In attesa che la Recentemente, il Siipac (la Società italianuova frontiera “3.0” avanzi, torniamo ai na d’Intervento sulle patologie compulsive), ha rilevato che nostri dati, molto empirici e molto materiali, ma non meno il giocatore compulsivo è prevalentemente di sesso maschile rilevanti. Tra le province lombarde, Milano detiene il pri(72%), sposato o convivente (68%) e lavoratore dipendente mato con 353 attività, il 41,3% del totale regionale, seguita (51%) di età compresa tra i 30 e i 50 anni (32%), diplomato da Bergamo, la sopravvissuta o sopravvivente provincia di (69%). Il 33% dei giocatori compulsivi risiede al Nord e l’OrMonza e Brianza e Brescia, che ha il 9,1% delle attività, ma ganizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che, in Italia, una percentuale di crescita del 50%. circa un milione e mezzo di persone, ovvero il 6% dei giocaPochi numeri basterebbero per rendersi conto che il comtori, possa rientrare tranquillamente nella categoria. parto del gioco cresce in maniera direttamente proporzioPur non essendo “compulsivi” o “patologici”, si valuta nale alla crisi di commercio, industria e servizi, trascinando che siano 35 milioni gli italiani abitualmente dediti al gioinvestimenti e “allocando” risorse sempre più imponenti. co, con un spesa che negli ultimi sei anni è stata di oltre 200 Con le inevitabili “esternalità”, come si dice in gergo: ossia la miliardi di euro, pari al debito pubblico accumulato, nello classica socializzazione delle perdite e dei disagi e la radicale stesso periodo, dalla Grecia. Anche qui, c’è da chiedersi: chi privatizzazione dei profitti. ci guadagna? Non le città, che vedono sempre più assottiSolo che non è chiaro, qui, di chi siano i guadagni, mengliarsi quei luoghi di incontro e di scambio, e non di mero tre chiarissimo è chi sopporti le perdite. Crollano i consumi consumo, che erano negozi e persino alimentari, ogni giorno nel capoluogo lomLa microeconomia centri commerciali di tipo tradizionale. bardo chiudono trenta negozi, è sempre più Non lo Stato che, oltre a farsi carico della difficile per esercenti e commercianti accedelle slot sfugge alla spesa per la cura dei giocatori patologici dere a qualsiasi forma di credito, le impoferrea legge dei numeri (a dispetto della spending review che ha ste fisse crescono, gli aumenti pure... In tre tagliato su tutto, ma si propone di aprianni, oltre cinquecento negozi, soprattutto re le porte al trattamento delle “ludopatie”), nei primi sette panettieri e piccoli esercizi di commercio, hanno chiuso nel mesi del 2012 ha visto ridursi le entrate derivanti dal gioco centro della città. Ma quasi il doppio sono quelli che, norme del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2011 (siamo a meno permettendo, si sono riconvertiti in ricevitorie o hanno fatto 516 milioni di euro di entrate), anche a fronte di un increspazio a slot machine e sale scommesse, magari affiancanmento della spesa pro capite per l’azzardo (è cresciuto infatti dole a forniture di servizi di acquisto o vendita on line. Anil gioco online su piattaforme estere, aggirando i blocchi). che per loro, però, gli affari non vanno a gonfie vele. Non gli esercenti, se è vero quanto ci hanno raccontato A dispetto della macroeconomia dell’azzardo, c’è una tutti quelli intervistati nella sola Milano. microeconomia che come sempre sfugge alla ferrea legge di Chi ci guadagna, allora? Di sicuro, ci guadagnano i giochi numeri e cifre. «Troppe macchinette in circolazione», ci raconline che,con la liberalizzazione sulle slot, poker e rouletconta Giulia, titolare di un locale in zona Corvetto. «Però se te hanno registrato un incremento del 1.746,5% nel 2012. non avessi quelle macchinette, non riuscirei a sopravvivere. Un mercato "immateriale" potenzialmente senza freno, che Troppe tasse e con i caffè non ci campi. Alla fine, a me rimasatura il tempo, dopo aver consumato ogni spazio olonizne ben poco. Oltre al rischio che mi assumo». Accanto alle zando l'immaginario ludico. L’antropologo David Le Breton, slot, infatti, è solitamente presente un “cambiabanconote”, professore all’Università di Strasburgo, che da anni studia il che, dichiara a Vita Rodolfo, gestore di un bar nel quartiere il fenomeno del gioco, è convinto che a milanese dell’Isola, «rende più appetibile il perderci siano tutti gli attori che entrano mio locale di un bancomat. Nelle macchiDietro al "gioco” nel processo. «Dietro il termine “gioco” nette e nel “cambiavaluta” a fine serata ci si nasconde la guerra si nasconde qualcosa che è più simile a sono sempre migliaia di euro, da cui va detdel tutti con tutti una guerra di tutti contro tutti. In queto io ricavo solo una minima percentuale di legge. Ho subito tre rapine in un anno e alla sta guerra, le ineguaglianze sociali sono fine mi sono ritrovato a guardare ogni cliente con sospetto, confermate o inasprite, ma proprio per questo inducono una come se fosse un ladro potenziale. Non so quanto resisterò risposta di tipo “messianico”. Il gioco, questo gioco, non ha ancora». né opere, né giorni. Non investe sul futuro, lo consuma. Ma se Rodolfo chiude, altri saranno pronti a subentrargli. Consuma i nostri luoghi, le nostre città. Dobbiamo comBasta guardare ancora una volta i dati. Nel 2012, la sola città prenderlo, recuperando il senso dei luoghi, gli spazi delle Milano ha registrato un aumento del 42,3% di imprese del nostre città, ragionando sulle solidarietà orizzontali, non settore. A crescere, nel capoluogo lombardo, è stato sopratsolo sui grandi sistemi. Ripartire dai luoghi e dagli uomini, tutto il numero di ricevitorie specializzate in Lotto, Supea dispetto dei numeri». ¢ 9 VITA - OTTOBRE 2012 MASCHIO DIPLOMATO CONVIVENTE DIPENDENTE NORD n. % sul totale dei giocatori SESSO STATO CIVILE LAVORO 10 ETÀ ISTRUZIONE LOCAZIONE MILANO 353 IMPRESE 248 IMPRESE 2010 2011 % crescita BERGAMO MONZA E BRIANZA BRESCIA COMO +39,7% +50% +41,2% CREMONA LECCO +27,8% +41,2% LODI +11,1% MANTOVA VARESE PAVIA SONDRIO +20% +42,3% +52,9% +45,2%+ +62,5% ºNUMERI L'azzardo italiano, l'identikit del giocatore e la crescita delle province lombarde Dati Camera di Commercio 23,1% Arci, no slot. I CIRCOLI DI EMPOLI DANNO LA LINEA › Daniele Biella «Fino a pochi anni fa ben 28 dei 76 circoli Arci del nostro territorio erano invasi da videopoker e slot machine. Ora, finalmente, ce ne siamo liberati». È stata poco meno di una battaglia campale quella che ha condotto Sergio Marzocchi, presidente di Arci Empolese e Val d’Elsa, per riconvertire in luoghi di pura e sana aggregazione quegli spazi in cui troneggiavano le macchinette mangiasoldi, il cui ricavo, per alcuni circoli, arrivava anche al 40% del fatturato annuale. Il punto di partenza è stato il bilancio sociale: «Nel 2003 abbiamo avviato un percorso di riflessione sul valore etico della nostra associazione: tra i motivi del nostro modo di fare volontariato e promozione sociale c’è anche la lotta all’azzardo», racconta Marzocchi. «Così, per i cinque anni successivi, siamo andati di circolo in circolo per trovare una posizione comune, fino a quando in assemblea abbiamo stabilito che tali macchine andavano bandite. Solo tre dei 76 circoli non ci sono stati, e sono usciti, purtroppo, dall’Arci». Nessuno dei circoli rimasti senza i guadagni facili delle slot è andato in rosso, grazie a solidarietà e lungimiranza. «Prima sono stati aiutati con un fondo comune, poi si è stabilito un piano di rilancio che ha potenziato le attività aggregative, come ballo liscio, cene sociali, gite», spiega Marzocchi, un presidente che può contare su 14mila soci e 800 volontari in un territorio di 160mila abitanti. L’esempio di Empoli e Val d’Elsa è stato preso a modello di recente da molti circoli di Genova e provincia, dove l’azzardo, presente in più del 50% dei 160 circoli, sta vivendo un boom inaspettato, che una raccolta firme di 200 volontari Arci (in primis il presidente provinciale) vuole arginare. Opposta, invece, la situazione in Emilia Romagna, cuore storico dell’ente, dove molti presidenti di circolo rivendicano la loro scelta di mantenere le macchinette. «Io sono contrario alla loro presenza, ma nella nostra associazione non esistono diktat, piuttosto ci stiamo interrogando seriamente sul tema», spiega Paolo Beni, presidente nazionale Arci. Proprio Beni però rivela che nella Carta di impegno dei circoli (la prima del suo genere, in via di pubblicazione) è inserito «uno specifico riferimento alle slot. Si dice infatti che una buona ricreazione deve stabilire paletti per prevenire gli abusi, le dipendenze e la solitudine delle persone». Beni non si nasconde, sa bene che si parla di «una fonte di proventi economici importanti», ma sentenzia: «Vale di più la coerenza. Naturalmente senza divieti, piuttosto con un percorso di consapevolezza e ricerca delle alternative al gioco d’azzardo». Tutti a studiare nell’empolese, allora. EX-CATHEDRA LUIGINO BRUNI È No slot, perché la virtù batte la fortuna La cultura del gioco d’azzardo mette in crisi uno dei pilastri dell’umanesimo dell’Occidente di Luigino Bruni necessario reagire con forza contro la cultura dell’azzardo, anche perché mette in crisi uno dei pilastri dell’umanesimo dell’Occidente: virtù batte fortuna. Nel mondo antico la felicità era, infatti, legata alla fortuna, quasi un suo sinonimo, tanto che l’etimologia arcaica della parola greca felicità, cioè eudaimonia, associa la felicità al buon (eu) demone (daimon). Il daimon prima di Socrate era una realtà esterna all’uomo che determinava la sua felicità: se gli veniva assegnato dal destino (o dagli dei) un buon daimon era felice, e infelice nel caso di un cattivo daimon. Quella felicità è dunque statica, data per sempre: non si può diventar felice. Con Socrate il concetto di daimon cambia radicalmente, e diventa la parte spirituale della persona, la sua parte migliore: la felicità consiste nel far emergere quel daimon tramite la pratica delle virtù. Si può finalmente diventar felici, e la felicità diventa anche un progetto di vita, una scelta intelligente: puntare sulle virtù. Ed essere fortunati (es. ricchi) ma non virtuosi non porterà mai felicità – lo vediamo anche oggi con i dati sui vincitori di lotterie, che dopo pochi mesi tornano infelici come, e più, prima della vincita. Le lingue anglosassoni conservano ancora questa antica radice presocratica della felicità. Happiness, ad esempio, proviene da “to happen”, cioè capita, succede: quindi la fortuna, il destino. La felicitas latina invece custodisce tutta un’altra storia, ed è molto vicina alla Socratica eudaimonia. La felicitas a Roma era normalmente associata a publica, e il termine rimandava alla generatività della vita e alla coltivazione delle virtù. Il prefisso fe è infatti lo stesso di fecundus, ferax, fetus, femina. Gli alberi erano chiamati infelix (sterili) e felix. E il verbo latino feo significa proprio produrre. Non è un caso che le immagini latine della felicitas publica rimandassero ai bambini, alle donne (spesso incinte) e all’agricoltura. La Campania felix era felice per l’abbondanza delle sue campagne e per la fertilità della terra. Felicità è fioritura umana. I greci e poi un’anima fondamentale della cultura romana, capirono che stava iniziando “l’era degli uomini”, che potevano essere finalmente liberati dalla dea bendata, dalla sorte, e da tutta quella magia che domina sempre nelle culture basate sulla fortuna. Lo strumento di questa liberazione fu proprio la virtù (areté), poiché solo l’uomo virtuoso può diventare felice coltivando le virtù, anche contro la cattiva sorte. È qui che inizia la nostra responsabilità, perché si inizia a poter dire che il principale protagonista della mia felicità (e infelicità) sono proprio io, e non gli eventi esterni, che certamente hanno un peso nel mio benessere, ma che non sono mai decisivi nel determinare la felicità. La virtù batte la fortuna, una tesi che ritroviamo alla radice nella nostra età, ma che oggi è fortemente sfidata da una cultura che parla sempre più di fortuna, di lotterie, gratta e vinci, magie e oroscopi, giochi d’azzardo. Combatterla significa salvare un’eredità enorme della nostra civiltà, ricordando che, ieri come oggi, la virtù civile più importante è il lavoro. Noi oggi sappiamo che non c’è fioritura umana senza lavoro, neanche quando il denaro per vivere ci arrivasse dallo stato o dalle rendite. Non si deve invidiare chi vive di rendita senza lavorare, proprio perché gli manca una dimensione fondamentale della felicità, della fioritura umana. Creare lavoro oggi significa riportare l’asse della nostra storia sulla virtù e sulla felicitas publica, le grandi assenti da una cultura capitalistica dominata dalla fortuna delle slot machine e della finanza speculativa, e di una ricerca di un piacere privato, che non fa fiorire la vita. 11 VITA - DICEMBRE 2012 GLI U0MINI NO SLOT SINDACI, GOVERNATORI, NON PROFIT. ECCO CHI CI DIFENDE DAL MAL DI GIOCO 12 ºIncontri in tutt'Italia, tv e giornali finalmente mobilitati sul problema. La campagna no slot lanciata da Vita con la Casa del Giovane di Pavia sta provocando un vero e proprio terremoto. Il diario di un mese vissuto in prima linea di Marco Dotti Venerdì 2 novembre È un giorno strano per cominciare, ma è proprio oggi che tutto comincia. Terrò un diario, io che non ho mai avuto nemmeno un’agenda. Mi ritroverò costretto ad appuntarmi tutto di questo mese vissuto dentro e fuori il mondo delle slot machine: le date, chi mi chiamerà, chi dovrò richiamare e chi no. Difficile, altrimenti, tenerne il conto. Sarà un effetto domino, le tessere arriveranno e cadranno una dopo l’altra. Il gioco d’azzardo di massa è una tessera molto pesante, trovato il modo di farla cadere farà molto rumore e trascinerà molte cose con sé. Sabato 3 novembre Con gli amici della Casa del Giovane di Pavia abbiamo lanciato il Manifesto No Slot, parlato con centinaia di persone, coinvolto sindaci e parrocchie, volontari e insegnanti. L’idea è che a muovere tutto siano le cose, senza paternità, senza presunzioni o copyright: è un problema che tocca tutti, allora parliamo tutti del problema. Non dobbiamo mettere il cappello su niente, ne raccogliere consenso, semmai generare un piccolo movimento. Alla fine, il movimento è arrivato e a muoversi per prime sono state loro: le madri e le mogli dei giocatori. Lo hanno fatto quasi in silenzio. Hanno inscenato un corteo, volevano una cosa sola, una cosa che vogliamo tutti: basta slot machine nei bar, nei luoghi di aggregazione, nei cinema, fuori dalle scuole e dagli ospedali. Oramai la tessera è caduta. Qualche giorno di tregua, poi diventerà sempre più difficile scappare. Martedì 6 novembre Alla fine, l’articolo è uscito: Corriere della Sera, prima pagina, titolo chiaro: “La carica delle mogli per fermare i mariti che giocano d’azzardo”. Simone Feder, l’anima della Casa del Giovane di Pavia, mi chiama alle 6 del mattino, siamo entrambi svegli. Prima differenza: lui ama i telefoni, io li detesto. Seconda differenza: lui è già in macchina e non beve caffè. Io sono in treno e ho appena preso congedo dal mio terzo caffè. Mi legge il pezzo. Nell’articolo si dà conto di tutto: le donne che a Pavia si sono mobilitate e chiedono ai giudici un provvedimento di interdizione, affinché si possano bloccare i conti correnti di familiari coinvolti nella piaga del gioco, il Manifesto NoSlot. «Abbiamo suscitato un bel casino, adesso non possiamo mollare», mi dice. Il problema deve diventare autoevidente in tutto il suo dramma, di modo che una non risposta delle istituzioni corrisponda a una implicità corresponsabilità nel disastro. A Pavia c’è una slot machine ogni 136 abitanti e il denaro giocato è pari 2.125 euro all’anno pro capite. Milano o Napoli non sono da meno. Ma i numeri non dicono nulla, anche se i giornalisti li amano. Dietro i numeri è facile nascondere l’incapacità di tutti di osservare il disastro partendo dai piccoli cedimenti, quelli che nessun sismografo registra. Eppure è sempre così che si comincia, con i numeri. Giovedì 8 novembre Il mezzo sorrisetto che liquidava al volo i nostri discorsi sul gioco oggi si è magicamente mutato nella fretta sproporzionata di sapere. Come se bastasse corre- GLI UOMINI NO SLOT QUI REGGIO EMILIA getty images › Graziano Del Rio Sindaco e Presidente Anci › Cina. Una discarica di slot machine re, e non guardare, per sapere. Rispetto a un problema per nulla estemporaneo, l’attenzione dei media è "carsica": emerge e riemerge a seconda del clima umorale, delle stagioni, dell’assenza di altre notizie. Sta di fatto che oggi, improvvisamente, tutti si ricordano di noi. Oggi, Chi, Canale 5, la Rai... Sono decine le chiamate. C’è chi vuole capire e chi vuole informazioni in dettaglio, ma c’è pure chi è alla ricerca di casi umani all’ingrosso da piazzare davanti a una telecamera alla voce “testimonianza“. Sabato 10 novembre «Sono tutte uguali». Giovanna ha 16 anni, piange e lo confessa a un’amica che la sta abbracciando. Figlia di conoscenti, credevo di conoscere anche lei, ma mi sbagliavo. Non conosciamo nessuno tanto a fondo da poterci sentire immuni dalla sorpresa. Giovanna la trovo in un bar. «Tutte uguali». Tutte, chi? Con la sua amica è seduta a un tavolo della stanzetta interna. Non mi ha visto, è troppo intenta a piangere. Io vedo però la sua borsa appoggiata alla sedia davanti alla slot. Domenica 11 novembre Non ci ho dormito la notte, anche se mail e telefonate non c’entrano. Giovanna era là per giocare con un’amica. Sono due mesi che salta la scuola, prima solo il mercoledì, ora anche il sabato. Con Anna, stessa età, stesso sguardo triste, passa due mattine la settimana giocando a quella macchinetta. Gli altri giorni, si accontentano di tentare la sorte sul telefonino. Stando a quanto mi dicono, in due spendono circa 100-150 euro a settimana. Fanno la cresta su tutto, parrucchiere, abbonamento mensile dell’autobus. Altre cose non me le dicono, ma mi fanno capire che loro, almeno, sono "pulite". Altre ragazze, pur di giocare, hanno cominciato a vendersi ai padroni di alcune sale gioco. C’è da rabbrividire, altro che numeri. Giovedì 15 novembre Oggi parlo di minori e gioco d’azzardo in tv. Sempre la solita storia sui numeri. Andiamo a campione. Nelle città del (un tempo) ricco Nordest, il il 45% dei ragazzi in età scolare gioca d’azzardo. Il 5% di «Vorremmo fare di più, ma non c’è certezza sulle nostre competenze. Anzi, spesso rischiamo multe salatissime quando prendiamo posizione sul tema del gioco d’azzardo». Graziano Del Rio, sindaco di Reggio Emilia e presidente dell’Anci, l’Associazione nazionale comuni italiani, sa che la battaglia fatta dal basso, dai sindaci e dai presidenti di provincia e dai governatori regionali, per la regolamentazione delle sale giochi è un argomento più che delicato: le ordinanze di sindaci di tutta Italia in materia, volte a limitare la diffusione del fenomeno, sono la maggior parte delle volte vittime di ricorsi affettuati dalle aziende del gioco che ne annullano l’efficacia ed espongono il Comune al risarcimento verso il privato che è ricorso al Tar. A Reggio Emilia il Consiglio comunale ha adottato da poche settimane una nuova strategia: il 19 novembre 2012 è stata approvata una variante al Rue, il Regolamento urbanistico edilizio, che vieta l’installazione di nuove sale giochi nel centro storico e in generale in prossimità dei quartieri residenziali. «D’ora in avanti chi vuole giocare dovrà andare apposta in quei luoghi, e non se li troverà più all’angolo della strada mentre cammina, o mentre porta a spasso il cane», spiega Del Rio. Diminuisce la tentazione e il rischio di dipendenza e disagio sociale per le famiglie: «La modifica al piano urbanistico arriva dopo tre mesi di confronto con la Questura, mentre dal punto di vista sociale è da anni che collaboriamo con l’associazionismo locale per arginare gli effetti della ludopatia, soprattutto nella tutela dei minori», continua il sindaco. «Per esempio, l’attività che stiamo svolgendo con la cooperativa sociale Papa Giovanni XXIII, uno dei punti di riferimento nazionali sul tema». I controlli della Polizia locale alle sale attive in città «sono all’ordine del giorno e sono necessari. Più che alle multe ai gestori, però, vogliamo far capire alla popolazione i rischi del gioco patologico». Come presidente Anci, Del Rio reputa che il confronto con altri Comuni sia «indispensabile, anche perché dobbiamo cavarcela tra amministratori locali: da chi governa a livello nazionale non arriva nessun aiuto, anzi nell’ultimo anno, nonostante la ludopatia sia stata inserita nei Lea, Livelli essenziali di assistenza, la situazione sembra peggiorata». Il sindaco reggiano si riferisce «alla riduzione dal 30% al 10% delle tasse per le attività delle sale giochi: è un provvedimento scandaloso, che ha sottratto risorse allo 13 VITA - DICEMBRE 2012 Stato anziché recuperarle per ridurre le manovre finanziarie». Del Rio non le manda a dire al governo Monti: «È un tema molto sentito quello della lotta alla proliferazione delle slot, peccato che in un anno di mandato l’attuale esecutivo non sia stato in grado di affrontarlo in modo efficace. Dal prossimo governo ci aspettiamo un deciso cambio di rotta». QUI SICILIA Antonio Mola › Rosario Crocetta Governatore › Simone Feder 14 questi gioca con frequenza giornaliera, ma in tutti i casi – ripetiamolo 45 ragazzi su 100 – non percepiscono la loro attività come attinente a un comportamento di rischio. Circa il 36% di questi ragazzi afferma che a spingerlo al gioco è la ricerca di un vago "benessere psicologico", non la speranza di guadagno. Manco a dirlo, accanto al Gratta e Vinci (36,9%) e all’online (19,8%), sono le famigerate slot machine a prendersi il mercato dei giovani. E questo a dispetto di ogni regolamento e norma che vieti il gioco tra i minori. Lunedì 19 novembre Oramai il diario è pieno. Pieno di numeri, di scarabocchi fatti ascoltando la solita domanda, ma anche di una tipologia. Ho diviso i giornalisti in quattro categorie, per comportamento e disposizione: c’è quello sereno e c’è quello agitato; c’è quello che vuole capire e far capire e quello che di capire o far capire non ha la minima intenzione. Alla fine, dopo attenta meditazione, ho deciso di liberarmi degli agitati. Quelli che non vogliono capire possono restare, ma in fondo alla lista. Primo obiettivo raggiunto dal Manifesto e dal Movimento No Slot: porre il problema sotto le luci di scena. Poco importa se il teatro è fatiscente, l’importante è che il problema si veda, sia chiaro, evidente. Oggi sono a Canale 5, da Paolo Del Debbio. La trasmissione ha ottimi ascolti, il dado è tratto. Martedì 6 novembre Alla stazione di Treviglio sale Patrizia. Mi riconosce, la riconosco. Ci siamo visti un mese prima alla Consulta delle Donne. Il tema, anche allora, era il gio- co d’azzardo. Patrizia fa l’insegnante e mi spiega perché, secondo lei, proprio le donne sono le più sensibili al problema. Su un totale di circa due milioni di giocatori patologici, le donne sono quasi un terzo, ma il trend è in crescita. Resta un dato sommerso: anche se non giocatrici, come mogli e come madri, le donne sono esposte più di altri a questa piaga. Piaga che non colpisce mai il singolo, ma il suo intero orizzonte affettivo. «C’è un nesso tra la lacerazione di questo orizzonte e la violenza. Le donne lo intuiscono, per questo sono le più esposte, non solo come vittime dirette, per questo si muovono», mi spiega Patrizia. Domenica 25 novembre All’ingresso dell’autogrill di Brescia Ovest, sull’A4, in direzione Venezia, due slot machine fanno bella mostra di sé. Entro fingendo di ignorarle. Faccio il mio giro dopo il solito caffè e, nel reparto giocattoli, accanto a due bambole vedo un gioco per "bambini dai 5 agli 8 anni". È l’armamentario per giocare a poker, nella variante semplificata oramai nota al grosso pubblico del Texas Holdem: 29 euro per insegnare al tuo bambino a rovinarsi. Le slot machine che reincontro all’uscita sono impostate sullo stesso gioco. C’è qualcosa di atroce in questo circolo perverso. Nessun luogo è sicuro, nemmeno l’infanzia. Terribile. Mercoledì 28 novembre Uno dei racconti più belli che mi sia capitato di leggere porta la firma di Marcel Jouhandeau. Per generazioni di francesi, Jouhandeau ha significato provincia, scandalo, ma anche assoluta adesione a ciò che è comune a tutti: la fragilità. Se ne parla ancora poco, ma lo tsunami delle slot machine (e patologie collegate) è ormai sbarcato anche in Sicilia, destando un’evidente preoccupazione non solo tra le organizzazioni del Terzo settore ma genericamente tra tutte le persone di “buon senso”. Fra le quale si annovera anche il neo presidente della Regione Rosario Crocetta. Venuto a conoscenza del Manifesto No Slot promosso da Vita ha espresso la piena condivisione ai principi e alle motivazioni che hanno ispirato questa iniziativa definendola «un’ottima idea». «Da parlamentare europeo», ha proseguito Crocetta, «mi sono opposto in modo molto deciso alle leggi che permettevano l’apertura di sale d’azzardo “mascherate”; mi preoccupa particolarmente questo fenomeno che in molti casi porta alla rovina le famiglie e crea stati di dipendenza». Insomma un endorsement senza se e senza ma che dà sponda al sud a questa battaglia. Oltre ad apprezzare il Manifesto, Crocetta si è anche reso ufficialmente disponibile «ad accompagnare i promotori della mobilitazione in un’interlocuzione diretta con la Giunta, appena verrà nominata e inizierà i lavori», passaggio fondamentale perché il Manifesto No Slot si traduca in interventi concreti. Noi naturalmente lo prendiamo in parola. Il QUI PAVIA › Alessandro Cattaneo Sindaco È stato tra i primi a firmare il Manifesto No Slot lanciato da Vita: Alessandro Cattaneo dal 2009 è sindaco della città record di giocate in videoloterrie. Un triste primato. «La battaglia di Vita è la nostra battaglia, e quella dei cittadini di Pavia: è ascoltandoli che ci accorgiamo di cose che dall’alto è difficile vedere, come il problema della dipendenza da slot e videolotterie», spiega Cattaneo, «noi amministratori non voltiamo lo sguardo dall’altra parte, e cerchiamo di GLI UOMINI NO SLOT arginare il fenomeno ognuno con i mezzi che ha a disposizione: io per esempio ho emanato un regolamento di Polizia urbana», che oltre a prevedere per le sale giochi una distanza minima da luoghi come scuole, ospedali, oratori e altri centri aggregativi, obbliga le stesse a dotarsi di telecamere per evitare che vi giochino minorenni. «Ora però è venuto il momento di insistere sulla necessità di elaborare strategie condivise a livello più alto, perché il problema è serissimo e procedere a tentoni ogni Comune per conto proprio non basta più», ragiona il sindaco di Pavia. «Per questo propongo una presa di coscienza comune, indipendentemente dall’appartenenza partitica. La politica è questo mettersi in mezzo, mediare, ma anche ricondurre a ragionevolezza cose che rischiano di produrre una vera e propria febbre sociale». QUI BOLZANO › Mauro Randi Assessore alle Politiche sociali A Bolzano sono stati i primi a muoversi come publica amministrazione locale nella guerra alle slot. Era l’ottobre 2010: a pochi mesi dall’insediamento del nuovo Consiglio comunale, venne attivata dal Comune, in particolare dall’assessore alle Politiche sociali e ai giovani Mauro Randi, una task force con la partecipazione delle associazioni locali per far fronte al dilagare della ludopatia, la dipendenza dal gioco d’azzardo. Due anni dopo l’avvio di questo meccanismo, gli abitanti di Bolzano e provincia possono considerarsi oggi gli unici ad avere una normativa ufficiale che prevede il blocco totale di nuove licenze per aprire sale giochi a meno di 300 metri da luoghi sensibili (scuole, chiese, centri aggregativi), e non solo: entro il 15 dicembre 2012 dai bar di Bolzano dovranno sparire le slot machine. Il primo obiettivo è stato ragiunto grazie a un provvedimento della Provincia autonoma varato a ottobre 2012, il secondo risponde invece a un’ordinanza emessa dal sindaco di Bolzano poche settimane più tardi. «Si è dovuti arrivare a una legge provinciale: quando ci avevamo provato noi direttamente, come Comune, non ci siamo riusciti, perché il governo aveva dichiarato l’atto legislativo illegittimo. Ci voleva una legge di portata più ampia, e così è stato», spiega Randi, che prima dell’elezione ad assessore era il direttore della Caritas cittadina. «L’importante non è demonizzare chi, come gli esercenti, ha le macchinette nel proprio locale, né mettere in atto una crociata proibizionista contro l’uso del gioco d’azzardo; piuttosto, bisogna contrastare con armi efficaci l’abuso, perché provoca un disastro sociale», sottolinea Randi. A Bolzano, che conta 104mila abitanti, sono 21 le sale attive, e 50 i bar-tabacchi che hanno slot al proprio interno, «in aumento esponenziale negli ultimi anni». Ma anche i dati sulla ludopatia sono in crescita: «I Sert (acronimo di Servizi per le tossicodipendenze, luoghi in cui si trattano utenti con dipendenza anche da alcol o gioco, ndr) della zona ci hanno comunicato che dal 2010 al 2011 le persone che si sono rivolte a loro sono aumentate del 30% a livello provinciale e del 40% nella città di Bolzano», illustra l’assessore. Il Comune, oltre ad aver pensato di “premiare” i commercianti virtuosi («avevamo proposto di mettere sul sito del Comuni gli esercenti che avessero tolto le slot dal proprio locale, ma l’appello è caduto nel vuoto con due sole eccezioni»), si è messo in rete con il vicino municipio di Trento e si sta attivando da tempo per promuovere a livello socio-culturale l’informazione sul tema: «Nel solo mese di ottobre abbiamo organizzato tre incontri pubblici molto apprezzati, uno dei quali con i circoli cittadini di anziani», prosegue Randi. «Inoltre abbiamo promosso un corso di prevenzione alla dipendenza dal gioco ai gestori delle sale slot, che hanno frequentato in modo assiduo». QUI VERONA Il consiglio comunale all’unanimità “Azioni di autotutela del Comune di Verona contro i rischi comportati dalla diffusione del gioco d'azzardo”. Questo l’ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio comunale di Verona lo scorso 15 novembre 2012, con il quale l’amministrazione di Flavio Tosi (sindaco che però non ha sottoscritto il Manifesto no-slot) entra a far parte degli enti locali impegnati pubblicamente contro il proliferare di macchinette. D’ora in avanti “nelle strutture comunali date in concessione (associazioni, circoli ricreativi, esercizi affini) è vietato collocare macchine per il gioco d’azzardo elettronico”, recita l’Odg, e il Consiglio si appella “al Parlamento perché intervenga con opportune norme di legge volte a limitare la pubblicità relativa all’azzardo, nonché contenerne la diffusione”. L’Odg, che mira anche a “promuovere ogni forma di informazione che metta in rilievo i rischi comportati dall’abuso del gioco d’azzardo”, dovrebbe così sgombrare ogni dubbio sulla volontà del Comune, sindaco in primis, di arginare il fenomeno: è di poco tempo fa la discussione tra Tosi e il consigliere Udc Stefano Valdegamberi, che aveva criticato la scelta - discutibile - del primo cittadino di regalare gratta e vinci della lotteria Win for life a chi decide di sposarsi con rito civile nei luoghi storici comunali della città scaligera... QUI PIEMONTE › Roberto Cota Governatore del Piemonte, è stato il primo presidente di Regione a sottoscrivere il Manifesto No slot di Vita (l’ha poi seguito il neo-eletto Crocetta, in Sicilia) Quella contro le slot è una battaglia che vede coinvolti in primo luogo i sindaci, che però hanno pochi e insufficienti strumenti. L’adesione di un Governatore alza il livello. Cosa può fare, dalla sua poltrona, per tutelare i cittadini dalla piaga-slot? Noi come Regione Piemonte lanceremo nel 2013 una massiccia campagna di sensibilizzazione nelle scuole piemontesi per informare i giovani e combattere il gioco patologico. Un’azione che punta a far comprendere le conseguenze del gioco compulsivo, ma anche una semplice verità: il banco non perde mai e con l’aiuto della matematica è possibile dimostrarlo in modo divertente e interattivo. Se si riesce ad inculcare questo banale dato oggettivo nei ragazzi, facciamo già un grande passo in avanti. Perché c’è ancora così tanta prudenza da parte degli amministratori pubblici a prendere posizione su questo tema? Forse anche per la difficoltà a comprendere la portata del fenomeno e delle cifre che fa registrare. Va detto prima di tutto che esiste una normativa nazionale del settore, su cui l’amministratore locale non ha grossi margini d’intervento. Siamo un po’ alle solite: a Roma si varano provvedimenti che poi sul territorio danno luogo a una serie di problemi su cui sindaci, presidenti di Provincia e Governatori non hanno margine di manovra né competenze. Il decreto Balduzzi sul tema slot e patologie da gioco introduce provvedimenti molto soft. Come fare per far entrare davvero questo tema nell’agenda della politica? Ribadisco, l’amministratore locale può arrivare fino a un certo punto. E il nostro impegno per la campagna informativa comporta davvero un grosso sforzo per offrire alle nuove generazioni tutti gli strumenti necessari per essere consapevoli dei rischi del gioco d’azzardo. Naturalmente da soli non possiamo cambiare il mondo, ma siamo consapevoli di star lavorando nella giusta direzione. L’opinione pubblica sta capendo la 15 VITA - DICEMBRE 2012 ºNUMERI Sembra la cartella di una lotteria, e invece sono i numeri, clamorosi, del boom che il gioco nelle sue varie forme - dalle videoslot al più tradizionale Lotto - ha fatto registrare in Italia nell’ultimo anno. Oltre all’ammontare totale del giocato (saranno 80 miliardi di euro a fine 2012) colpisce la crescita di sale gioco, una vera epidemia. 16 1,1 MLD 8 MLD 167% 80 MLD 385mila 24,6 MLD 72% 32 MLN La spesa degli italiani in gioco d'azzardo prevista nel 2012. Nei primi 9 mesisono stati Le slot machine installate in esercizi commerciali (soprattutto bar) in Italia Milioni di euro giocati nel 2011 nella sola Pavia (record italiano per spesa azzardo) Gli euro spesi in un anno solamente in new slot e videolotterie La previsione di entrate erariali che lo Stato incassa da videolotterie e Slot nel 2012 dei giocatori compulsivi sono maschi, residenti nelle regioni del Nord Italia La crescita rispetto al 2011 a Milano di esercizi commerciali che hanno come attività principale la gestione di apparecchiature da gioco gli italiani abitualmente dediti al gioco (e che non ricadono in patologie da gioco compulsivo. Di questi 1,7 mln sono patologici) Le ricevitorie autorizzate per il gioco del Lotto, Superenalotto, Totocalcio, ecc... Quanto rende in media al mese una slot all'esercente che la installa nel proprio locale 2.418 1.500 L'ESERCITO NO SLOT Marco Dal Maso verso un governo «che, mosso dalle lobby del gioco e dal fatto che incassa guadagni ci ha lasciati soli a tutelare i valori educativi». Dall’altro, è sceso in campo con strumenti legislativi: «Il Consiglio comunale ha approvato un regolamento urbanistico che vieta l’apertura di sale giochi a 500 metri dai luoghi sensibili», spiega. Nel successivo ricorso dei gestori, il Tar ha dato torto al Comune, «ma solo sul piano formale: aspettiamo la sentenza di merito, che sarà emessa a inizio 2013, speriamo...». In quel caso, «la battaglia di Vicenza farà scuola in tutta Italia, perché ci sono parecchi Comuni minori che aspettano di vedere cosa succede da noi per portare avanti azioni simili». I vicentini seguono il loro sindaco: «Più volte sono scesi in strada per dire di “no” al gioco d’azzardo», prosegue Variati, «e delle tante lettere che ricevo sul tema, tutte ci incoraggiano ad andare avanti su questa strada». QUI VERBANIA › Gambling. Il gioco segna le esistenze Il racconto che mi torna in mente, ora, mentre sto uscendo dagli studi di Mattino 5, ha un titolo italiano: Pietà. Racconta di una madre trovata morta in una sacrestia, con il figlioletto tra le braccia. Jouhandeau non lascia spazio all’immaginazione: a ucciderla è stata la vergogna per una miseria che i concittadini – la scena si svolge in un tempo mitico e incerto nella provincia francese – non hanno voluto vedere. Eppure, dinanzi a quella donna, col figlio tra le braccia, qualcosa cambia, lo strazio di tutti si muta in attenzione, il panico diventa speranza e quella donna e suo figlio stesso rivivono, ridando corpo e forma a una posa che richiama quella del Cristo e di sua madre. Dinanzi a quell’immagine, scrive Jouhandeau, dinanzi al dolore non più dell’altro, ma di tutti, può nascere forse qualcosa di comune. I giocatori sono così: vanno capiti, aiutati. Criminalizzarli o “patologizzarli” li fa scappare, li confina in una sacrestia, preda di vergogna e sgomento. Cerco di ricostruire i pezzi del racconto nella memoria, annoto “rileggere” sul diario, le mie giornate scorrono così, tra auto e treno e oggi mi avvio all’aeroporto. Domani è la volta di Cosenza, anche lì a discutere di gioco d’azzardo e a presentare il Manifesto No Slot. Altri frammenti, altro dolore, altre storie. Ma forse anche altra, inaspettata comunità. ¢ delicatezza della questione della dipendenza dal gioco d’azzardo? La sensibilizzazione deve arrivare solo dalle istituzioni o anche il non profit e la società civile possono avere un ruolo? In Piemonte, negli ultimi anni, i pazienti affetti in forma grave da questo tipo di disturbo sono cresciuti di oltre il 500%. Penso che su questa piaga i mezzi di informazione stiano facendo il loro lavoro, denunciando anche le storie di vita più dure come esempi da non seguire. La dipendenza dal gioco d’azzardo è una patologia grave e pericolosa esattamente come le tossicodipendenze. Per cui occorre affiancare, come stiamo facendo in Piemonte, il prezioso lavoro del Servizio sanitario regionale a quello di carattere culturale e di prevenzione nelle scuole anche da parte dell’associazionismo. QUI VICENZA › Achille Variati Sindaco «È ora delle pubblicità civiche: lo slogan sarà “il banco vince sempre”, così che tutti capiranno che giocare d’azzardo non è mai un guadagno». Achille Variati è in queste settimane più che mai in trincea contro le slot. Da un lato non nasconde il suo malessere per il poco potere che hanno i sindaci «nonostante l’articolo 117 della Costituzione, che per temi come questo rimanda agli enti locali», e la delusione › Marco Zacchera Sindaco Un anno dopo essere finito su tutti i giornali come baluardo della lotta all’azzardo, oggi Zacchera è in attesa. Perché nonostante sia stato uno dei primi Comuni a emettere un’ordinanza anti-slot, oggi per la causa intentata da una ditta produttrice di slot, alla quale il Tar ha dato ragione, pende sul Comune una scure di 1,3 milioni di euro di danni da pagare, «ma per ora non li hanno ancora chiesti, anche perché noi manderemmo i controlli per vedere quanto hanno dichiarato l’ultimo anno», ribatte il sindaco. Il quale chiede ora aiuto alla Regione Piemonte, il cui eventuale provvedimento per arginare l’azzardo darebbe carta bianca ai Comuni. Cota è tra i firmatari del Manifesto, la strada si fa in discesa? «Speriamo, nel frattempo continuiamo la nostra battaglia sul versante culturale», racconta Zacchera, «organizziamo serate di divulgazione con gli enti non profit del territorio, come l’associazione Contorno viola e la sezione locale di Libera, e da inizio 2012 abbiamo attivato dei corsi parauniversitari di studio della ludopatia». L’obiettivo è preparare docenti, studenti e in generale i cittadini a riconoscere e contrastare la dipendenza dall’azzardo, «che non si manifesta solo nelle sale giochi o nei bar, ma anche attraverso l’acquisto smisurato dei gratta e vinci e, ultimamente, il gioco online». 17 VITA - GENNAIO 2013 QUESTO CIRCOLO NON È UNA BISCA ºBaristi di tutta Italia, attenzione: liberarsi dalle slot è possibile. 18 e non per questo il vostro bar va in rovina. l’ha dimostrato il Circolo Arci di Empoli-Valdelsa, il primo in Italia ad aver detto no alle macchinette. Come? seguendo 5 regole pratiche (e tanto buon senso) di Marco Dotti A Empoli ci hanno pensato per tempo. Nel 2003, quando per gran parte dell’opinione pubblica slot machine e videopoker rappresentavano un dettaglio sconosciuto rispetto a un’economia che tutto sembrava, fuorché in crisi, su 80 circoli ben 22 avevano installato le famigerate “macchinette mangia soldi”. È da allora che qui, nel circondario dell’Empolese-Valdelsa (undici comuni, 167.720 abitanti), qualcuno ha preso coscienza di un problema, tanto elementare nei suoi presupposti, quanto radicale nelle sue conseguenze. «Se avessimo lasciato correre», spiega Valeria, «oggi ci ritroveremmo con una slot ogni 8-9 abitanti». Oggi slot machine sparse su questo territorio sono circa 700, una ogni 200 abitanti. Un buon obiettivo, ottenuto grazie a un paziente e sapiente lavoro sul territorio. Come è stato possibile? Dieci anni fa, il comitato territoriale dell’Arci ha semplicemente detto no, innestando un processo di presa di coscienza che, oggi, a ragione può essere guardato come uno dei migliori esempi virtuosi per uscire da un’impasse che ci vorrebbe tutti, dai sindaci ai comitati di quartiere, dalle forze dell’ordine ai parroci, impotenti dinanzi allo strapotere delle slot. La conversione di Mario «Si sono insinuate poco per volta, senza che ce ne accorgessimo. Siamo passati dai videogiochi anni Ottanta e Novanta ai videopoker del decennio successivi fino alle slot con vincita in denaro, ma non abbiamo fatto caso al passaggio. I noleggiatori erano quasi sempre gli stessi che ci portavano biliardini e biliardi, medesimi anche i rapporti di fiducia... E poi...». E poi il problema è esploso. Il barista della piazza di Empoli me lo racconta senza problemi, anche perché questi problemi, adesso, se li è lasciati alle spalle. È riuscito ripagare il suo debito e poi via. «Mi dissero: ti anticipiamo i soldi per rifare il locale, in un anno con l’incasso di tre slot ce li restituisci abbondantemente. Non ci ho messo molto a capire, molto più per liberarmi di un noleggio che, sulla carta, risultava a titolo gratuito...». Mario mi mostra una brochure un po’ artigianale che ha conservato tra scontrini e ricevute, gliela consegnarono i suoi installatori e, tra i vantaggi indicati dal fatto di ospitare slot machine nel locale, è indicato questo: «Il gioco è l’unico settore del nostro commercio in forte e continua crescita e gode di una pubblicità sempre più ampia sui media nazionali. Calciatori, cantanti e modelle sono impegnate nella promozione e nel- la diffusione dell'immagine del gioco in Italia». Unito al noleggio gratuito e alla ristrutturazione del locale, un ottimo biglietto da visita. Ma perché tanti “vantaggi” se poi, a detta dei concessionari, i soldi raccolti vengono ridistribuiti in vincite all’85%? «Ad ascoltare le dichiarazioni di facciata», mi racconta un avventore del bar - “ex giocatore occasionale” dice lui, ridendo - «gli unici a guadagnarci sarebbero i giocatori. Peccato, poi, che quando ti propongano le macchinette ti dicano che a guadagnarci sei tu, ma anche in questo caso mentono». Non ci guadagnano i giocatori, non ci guadagnano i bar, forse non ci guadagnano nemmeno i noleggiatori e, a conti fatti, nemmeno lo Stato. Sta di fatto che il business è immenso ed è sempre in crescita, soprattutto dopo l’entrata in vigore delle slot machine online. Mi racconta un noleggiatore che, oramai, quando non lavora, frequenta il “bar no-slot” di Mario: «Installando un terminale, è possibile giocare anche dal bar, aggirando i divieti che impongono un numero massimo di slot fisiche ogni tanti metri di locale. Io metto due postazioni internet e quelli giocano, tanto chi ci controlla più? Vedrai come saranno affollati di vecchietti i call center, fra un po’». QUESTO CIRCOLO NON È UNA BISCA QUI ACLI All’Arci, meglio ballare Oggi devo partecipare a un incontro, promosso dall’Arci Empolese-Valdelsa, che nel suo circondario può a buon rigore affermare di essere “no slot”. È una realtà unica, in Italia. Molti circoli, molti iscritti, nessuna slot-machine. «Ma è stata dura, anche se adesso la gente ci segue e abbiamo visto ripagati tanti sforzi», mi racconta Sergio. Da molti anni quest’Arci, presieduta da Sergio Marzocchi, conduce una battaglia articolata ed efficace contro la piaga dell’azzardo e delle slot machine in particolare. Che cosa ci faccia un apparecchio mangia soldi in un circolo ricreativo dove si discute, si mangia, si balla e si dovrebbe giocare per socializzare - a tombola, carte o biliardo - non certo per alienarsi dal mondo, è una domanda tanto chiara e scontata che nemmeno avrebbe bisogno di risposte. La risposta è pratica ed etica al tempo stesso, ha ribadito e ancora mi ripete Valeria Bertoncini, dell’Arci Empolese Valdelsa. Etica nei presupposti primi e ultimi, pratica nella sua attuazione. Le slot machine vanno tolte, ma come? Valeria precisa che la loro «è una battaglia che va avanti da diversi anni, ma non si ferma qui. Per adesso siamo l’unica Arci in Italia ad aver assunto questo tipo di decisione, ma non vogliamo rimanere soli ancora a lungo». Dal 2004, quando sono state legalizzate, circa 420.000 slot machine in gran parte costruite nei paesi dell’Est Europa o in Asia e assemblate in Italia sono entrate in circolazione. Arrivando fin dentro dentro i luoghi più impensati. Un circolo ricreativo, ad esempio. E lo Stato piange pure... Viene da chiedersi quale vuoto di cuore e di pensiero riempiano le cifre dinanzi a un problema che è di vite e non di numeri. Nel 2012, da rilevazioni dell’Aams, la somma delle giocate è cresciuta del 7%, passando dai 79,9 miliardi del 2011, agli attuali 85,7. Eppure tutti si lamentano. L’Erario incassa meno, il lotto è in crisi, i tornei di poeker sportivo sono in caduta libera (-45%!)... La spesa dei giocatori sembrerebba calata del 4%, anche se in termini assoluti fa paura (si attesterebbe – ma il condizionale, per difetto, è d'obbligo - a 17,7 miliardi di euro) ma soprattutto si sposta nel settore delle slot machine (+6%) e sull’online. Mentre crescono cori e coretti contro lo StatoBisca, si scopre che nemmeno lo Stato ci guadagna più. La contrazione del gettito erariale è del 5,7%, passata da 8,7 a 8,2 miliardi circa. In termini assoluti, la regione in cui si è giocato di più è la Lom- bardia con i suoi 15,9 miliardi, seguita da Lazio e Campania rispettivamente con 9,8 e 8,4. La spesa media nazionale procapite, bambini e anziani compresi, si attesta sui 1417 euro aunni, in crescita rispetto ai 1.325 euro del 2011. Via le slot in 5 mosse Ma quindi come ci si libera di queste macchinette? 1) Per prima cosa, mi spiegano all’Arci di Empoli, bisogna prendere coscienza del problema, «di chi siamo e di cosa vogliamo, e dove vogliamo arrivare». Sembra facile, ma proprio perché si sono insinuate a poco a poco, le slot machine hanno finito per rappresentare quasi un elemento naturale, più che un’eventualità accessoria dell’ambiente di lavoro. «Bisogna capire come sono arrivate, chi ce le ha portate, come e perché le abbiamo accettate. Senza criminalizzare nessuno, sia chiaro». 2) Il secondo passo, dopo aver preso atto della situazione, è quello di rendere i soci dei circoli e i gestori parte attiva del processo virtuoso, facendo capire che un circolo ricreativo e culturale non è una bisca. Spaccare tutto subito, dividendo preventivamente tra buoni e cattivi non serve, anzi rischia di avere solamente un impatto retorico e non pratico sul problema. 3) Un terzo passo consiste proprio nel calarsi nella dimensione concreta della questione, affrontando i singoli casi. Non è sempre facile liberarsi di queste slot machine, non basta staccare la spina alla macchina, anche perché in alcuni casi ci sarebbero delle penali da pagare. Ma ogni difficoltà, anche la difficoltà economica, va affrontata e superata. In questo caso, partendo dal caso concretro, si deve far gruppo nella ricerca delle soluzioni. 4) Quarto. Poiché nei circoli si gioca, va promossa fattivamente una cultura del gioco. Sarà facile per tutti comprendere come le illusioni di una slot machine non sono gioco e nulla hanno a che vedere con i principi costitutivi di un’associazione che ha cultura e socialità fra i suoi presupposti. 5) L’ultimo passo è quello della scelta. Alla fine del processo, dopo aver capito ed essere diventati parte attiva della questione, la decisione va presa. La scelta è etica, o si sta da una parte o dall’altra. contro le slot, allenza con l’arci Collaborazione virtuosa in Toscana «La dipendenza dal gioco d’azzardo è un fenomeno che occorre arginare al più presto. Se prima non avevamo previsto che diventasse un problema sociale di così ampia portata, adesso è ora di correre ai ripari». Così Antonio Russo, responsabile nazionale dell’Area legalità delle Acli, conferma la discesa in campo della sua organizzazione per contrastare «la selvaggia diffusione di slot machine, videopoker e quant’altro provochi la rovina di persone e famiglie che giungono a chiedere aiuto ai Circoli e ai servizi delle Acli». I costi sociosanitari di una situazione sempre più preoccupante sono troppo alti per un sistema già in estrema difficoltà in tempi di crisi. «Bisogna partire con una grande campagna informativa e di prevenzione, che spieghi alla gente che il gioco sano è tutt’altra cosa», sottolinea Russo. Le Acli sono già partite: «Siamo pronti a iniziare un percorso anche all’interno dell’Associazione per trovare alternative ludico-ricreative a quei video giochi sotto accusa, perché alienanti e rischiosi. Si tratta di spiegare ai cittadini di tutte le fasce di età che ci sono altri modi per divertirsi, magari riguadagnando il gusto di giocare con gli altri. Tutto ciò presuppone un cammino non privo di difficoltà, per il quale ci uniremo ad altre realtà associative come sta già succedendo in Toscana con l’Arci». La situazione all’interno dei Circoli Acli non è finora preoccupante, «ma c’è da vigilare. È inutile nascondere che i gestori possono formulare proposte allettanti a chi, anche nel sociale, è disposto a ospitare i videogiochi. In strutture sociali che si reggono sul solo contributo degli associati, quelle stesse proposte possono rappresentare una forma di sostentamento». Per Russo c’è da effettuare un cambio di rotta soprattutto a livello politico: «È necessario avviare un dibattito che coinvolga tutti gli attori politici, per un nuovo quadro normativo che ordini la materia delle autorizzazioni ai giochi e della pubblicità e assicuri le dovute coperture di bilancio nei Lea in relazione ai danni prodotti dal gioco d’azzardo. Si apre insomma una fase di presidio anche in Parlamento dove le lobbies, nell’occasione ultima del decreto sanità, hanno fatto sentire la loro forza». In una dimensione territoriale, invece, «è opportuno riconoscere ai sindaci il potere di intervento. Insieme cittadini e istituzioni possono dare un colpo decisivo anche al diffondersi di quell’azzardo che finisce per favorire le casse della malavita», continua 19 VITA - GENNAIO 2013 Russo, che in vista delle prossime elezioni politiche lancia una proposta: «Chiediamo ai candidati di assumere impegni certi in materia di contrasto del gioco d’azzardo. Così i cittadini nelle urne potranno scegliere con cognizione i nomi di coloro che hanno l’esatta dimensione del problema». [Daniele Biella] Andrea Frazzetta QUI FORUM FAMIGLIE 20 «Nonostante sembrasse improba, l’impresa è riuscita. Siamo andati tutti al di là del guado e», mi raccontano dall’Arci empolese, «ora possiamo dire di aver perso pochissimi dei nostri aderenti, trovando molto consenso e adesioni. Al di là di numeri e cifre, a noi interessa la persona. Non possiamo accettare che nemmeno una sola persona si rovini per colpa di queste macchine infernali». La morale della “favola” Sembra solo una bella storia. E invece è un ottimo esempio di come non serva spaccare tutto a parole, lasciando poi che i fatti vadano per la loro strada. Il primo apparecchio ludico con vincita in denaro, la Eureka Box, venne installata nel 1888 a San Francisco, guarda caso in una drogheria. Sfoglio un vecchio libro sul tema. Ci sono alcune immagini sbiadite, ma eloquenti: accanto a spezie, latte e salumi o accanto al bancone di un bar, in quella fine secolo che, non fosse per gli abiti e il bianco e nero, sembra oggi eccole. le slot machine e i loro giocatori. Poi i luoghi vennero liberati, le slot messe fuori legge, ma solo dopo una forte mobilitazione di famiglie e gestori di locali, preoccupati per la crescita esponenziale di miserie e crimini legati al “microcosmo” dell’azzardo. A Empoli hanno fatto lo stesso. Senza iniziare crociate, senza bandiere, senza moralismi, senza giri di parole, ma facendo comunità, istituento legami e, alla fine, assumendosi tutto il carico di una decisione che in molti, qui, stanno già seguendo. ¢ › Ludopatico. Un giocatore di fronte alla slot machine ›IL BLITZ E il Senato si giocò il poker... «Fatevi guardare in faccia. Abbiamo il diritto di conoscere chi progetta Bisca Italia. E chi ci si arricchisce». Lo sfogo del ministro della Sanità Renato Balduzzi è arrivato dopo l’ennesimo “colpo di mano” delle lobby del gioco. Un subemendamento notturno alla legge di stabilità approvato in Commissione al Senato - firmato da due esponenti Pdl - accelera i tempi del "poker live", quello che si potrà giocare "dal vivo", l’uno contro l’altro, seduti ad un tavolo: mille sale in arrivo in tempi brevissimi. Nel clima concitato di fine legislatura, il Governo è intervenuto, con Grilli che ventilava la possibilità di un’abrogazione in toto di questa nuova forma di azzardo. Comunque vada a finire, è l’ennesima conferma del potere di “Bisca Italia”. Il gioco d’azzardo ha cessato di essere un problema per diventare un vero dramma sociale. Un fenomeno che in dieci anni è arrivato a creare 700mila giocatori compulsivi non può che essere considerato e trattato come una dipendenza. La ludopatia, come tutte le tossicodipendenze, crea un “indotto” di sofferenza: per ognuno di quei giocatori ci sono almeno sei familiari che soffrono economicamente o psicologicamente. Accanto ai giocatori conclamati ce ne sono poi almeno tre volte tanti che affollano la soglia della porta della dipendenza. È un popolo che pesa sulla società con costi umani ed economici incalcolabili. Come associazioni familiari non cesseremo mai di denunciarlo e di denunciare la connivenza dello Stato. Già, perché questo dramma è reso ancor più odioso dal fatto che lo Stato faccia, senza alcun pudore, bottino con i suoi proventi. O, peggio ancora, ne sia promotore o gestore. Una volta c’erano il Lotto e il Totocalcio, ora l’azzardo segue mille rivoli. E da ognuno di questi affluisce un fiume di soldi nelle casse dello Stato. Un fiume sempre più ricco e promettente al quale è difficile dire di no in tempi di magra. Se solo nei primi dieci mesi di quest’anno le entrate tributarie da Lotto, lotterie e slot hanno superato i 10 miliardi di euro si capisce come lo Stato non voglia rinunciare a una vera e propria miniera d’oro. Siamo all’escalation: una dipendenza conclamata viene prima tollerata; poi se ne fa una delle principali leve tributarie; infine, la si tassa meno di quanto si tassa il pane… si tassa il pane… È per questo che il Forum aderisce alla mobilitazione “no slot” lanciata da Vita e che coinvolge già singoli cittadini, famiglie, associazioni, amministratori pubblici che richiedono norme e controlli sul settore ed ipotizzano il ricorso allo strumento della proposta di legge di iniziativa popolare per frenare l’espansione del gioco on line e su cellulare. Le famiglie e le associazioni che le riuniscono e le rappresentano ci sono e ci saranno. [Francesco Belletti] OPINIONI VITA.IT LIBERTÀ? AZZARDO CHE UCCIDE di Marco Dotti 21 È un gioco, ci dicono, da giocare “responsabilmente”. ma esporsi non significa assumere deliberatamente su di sé Un gioco che non fa vittime, se lo sai prendere per il qualsiasi rischio. verso giusto. È tutto facile sulla carta. È tutto bello e Ci sono rischi che ragionevolmente non possiamo, né pulito, come le voci e i volti (anche noti) che ci sorridobbiamo correre, non solo per moderazione o per logica: dono negli spot. Poi c’è chi non sa proprio prenderla sono i rischi le cui negatività ricadrebberro unicamente super il verso giusto – ci raccontano altri – e magari non gli altri (familiari, amici, comunità), travolgendo con noi sa nemmeno che al gioco si può vincere o perdere, ma cochi non ha chiesto, né scelto quel livello di esposizione. Ma munque si impara una fondamentale lezione di libertà e di ci sono anche rischi che di per sé non esisterebbero, senza vita. Ben strana lezione, viene da rispondere, se questa “lila nostra volontà di correrli e, quindi, di crearli. Azzardo è bertà” si conquista al prezzo della dipendenza possessione e come ogni possessione che si rie se questa “vita” si paga a un contro-prezzo spetti, anche in quella dell’azzardo il giocatore Il gioco, non il che finisce per coincidere con il suo contrario: un sottile e ambivalente piacere. Qualgiocatore, è il vero trova ossia con un asservimento a una ripetitività cosa che già ai primi del Novecento gli analipadrone del gioco da automi che può condurre fino a un punto sti tedeschi chiamavano Angstlust, piacere (in estremo noi che automi non siamo. tedesco Lust) misto a angoscia (Angst). Ecco cosa scriveva Baudelaire, con parole che oggi vorremmo deÈ notizia del 4 luglio scorso il ritrovamento di un ragazzo, dicare non certo alle vittime, ma ai tanti commentatori che a gettatosi sugli scogli di Ischia. Non aveva nemmeno vent’anforza di elogiare questa non-libertà ne sono diventati schiani e in tasca i pescatori gli hanno trovato un biglietto di vi: “Pensavate davvero di potervi burlare, / ipocriti confusi, scuse. Si scusava con i genitori per “aver perso” tutti i suoi del padrone, /e di barare al gioco – e che fosse normale /aver risparmi scommettendo su internet. Tempo e speranze dedue premi insieme, il Cielo e la ricchezza?”. turpate dall’azzardo. Vita mercificata in nome del gioco. Ma Non vi piace Baudelaire? Roba da intellettuali? Beh, ecco non voglio fare commenti. Lasceremo questa notizia sullo come si esprimeva il Vescovo di Rimini il 30 maggio scorso. sfondo. Con tutto il carico di dolore e impotenza che ci porParole durissime ma necessarie: “il gioco d’azzardo – fetiamo addosso. Ma una cosa la vorrei dire. Serve molta ingenomeno devastante – è violenza perché crea dipendenza e nuità o molta malafede per credere che questo azzardo altro schiavitù. non sia che una declinazione della libertà. Lotto, superenalotto, lotterie, gratta e vinci, slot machiL’azzardo è un idolo, scriveva Baudelaire. Proprio quannes: un fenomeno globalmente in crescita preoccupante in do crediamo di dominarlo – anche noi, qui, che scriviamo o tutto il territorio nazionale e anche nel riminese, con una leggiamo – ci rivela il suo vero volto: il gioco, non il giocatorete fittissima di punti di gioco, e volumi di denaro impresre, è il vero padrone del gioco. Come vi hanno dominati? – si sionanti. Vengono così illusi spesso proprio i più poveri con legge nella Leggenda del Grande Inquisitore di Fëdor Dostola promessa di una facile fortuna, promuovendo la cultura evski. Come? Col gioco e con le lusinghe, ecco come. Non c’è fallace di un guadagno facile, conseguito senza lavoro e senrischio vero, in questo azzardo. Rischiare significa esporsi, za fatica”. Possiamo non dirci d’accordo con lui? ¢ IL SIGNORE DELLE SLOT VITA - GIUGNO 2013 ºLa filiera del gioco raccontata da uno dei principali imprenditori del settore, Fabio Schiavolin. Che svela i punti di forza (e di debolezza) del sistema di controlli che regola new slot e videolottery. Mentre cresce in tutta Italia il movimento di opposizione al gioco. E arrivano le leggi... 22 di Marco Dotti C he cosa sono, per esempio, queste slot machine di cui parliamo? Chi le produce? Chi le commercia? Il mondo della produzione di apparecchi da intrattenimento rappresenta un’importante filiera industriale. Una filiera di cui sappiamo poco o nulla e che, al di là delle prese di posizione etiche sul tema, «richiede grande attenzione», come sottolinea Fabio Schiavolin. Schiavolin è membro della Giunta esecutiva di Sistema Gioco Italia e amministratore delegato di Cogetech, uno dei colossi del settore. Fondata nel 2004, Cogetech spa è oggi uno dei più importanti concessionari italiani nel settore della gestione di rete di apparecchi da intrattenimento, con 39 mila apparecchi installati in circa 15mila esercizi pubblici e nella gestione di videlotteries con 5.200 terminali. È lui la persona giusta per illustrarci con franchezza i percorsi che portano un apparecchio (new slot o videolottery) dal produttore fino al bar: quali sono i sistemi di controllo, quali i controlli di qualità e di sicurezza, quali le garanzie per concessionari, cittadini e fisco che scandiscono i diversi passaggi di tutta questa filiera. A parte gli episodi di cronaca, conosciamo ben poco del comparto imprenditoriale legato agli apparecchi da intrattenimento. Chi sono gli imprenditori e gli operatori del settore? Innanzitutto contestualizzerei il comparto delle cosiddette “macchine da intrattenimento”. In Italia ci sono 420mila apparecchi da gioco con vincita in denaro, quindi da “intrattenimento”. Di questi apparecchi, circa 380mila sono le slot machine che vediamo nei bar (le cosiddette “new slot”). Mentre 45mila solo le “videolottery” o “Vlt”, introdotte in Italia col decreto Abruzzo nel 2009. Per quanto riguarda le “new slot”, su circa 1000 aziende totali del settore solo il 5% di queste aziende si occupa di importare apparecchi da intrattenimento. Il 95% delle aziende che producono e commercializzano new slot sono quindi interamente italiane. Nell’ambito delle videolottery, invece, il discorso è completamente rovesciato. Le videolottery (Vlt) sono figlie di una tecnologia diversa, sono più sofisticate e hanno sistemi di trasmissione del gioco completamente on-line (nel senso che non solo i dati del gioco, ma il gioco stesso si svolge completamente on line). La totalità di queste videolottery è distribuita da multinazionali estere. Banalmente, sono le stesse aziende che forniscono gli apparecchi da gioco ai casinò, poiché la tecnologia è la medesima. Concentriamoci però sulla parte italiana. Italiana, se non ho capito male, non solo per quanto riguarda la filiera distributiva, ma la produzione stessa... Il legislatore ha previsto regole ben precise e determinate per la costruzione dell’apparecchio “new slot”. Per la costruzione dell’apparecchio di intrattenimeno, il produttore si attiene allo schema di controllo previsto dal legislatore. Prima di poter porre in circolazione la macchina, la macchina stessa deve superare un iter di certificazione e ottenere un documento di conformità legato sia all’hardware sia al software. Soltanto una volta ottenuto questo certificato di conformità, il costruttore può mettere in commercio l’apparecchio con una specie di patentino – il cosiddetto “Nulla osta di distribuzione” – che autorizza produttori e distributori a commercializzarlo. A questo punto cosa succede? Chi lo acquista? L’apparecchio a questo punto viene acquistato da quelle aziende che comunemente chiamiamo “gestori di apparecchi da intrattenimento”. Una volta acquisiti gli apparecchi, l’attività dei gestori consiste nell’individuare la rete di distribuzione (i bar) in cui installare gli apparecchi. Prima dell’installazione, però, devono andare da uno dei 12 concessionari di rete individuati dallo Stato e ottenere il “Nulla osta di messa in esercizio” che viene conferito dagli uffici regionali dei Monopoli dello Stato IL SIGNORE DELLE SLOT Fabio Schiavolin. Membro della Giunta esecutiva di Sistema Gioco Italia e Ad di Cogetech Imagoeconomica Sì. Una rete del genere, ad esempio, in Spagna non c’è. Il certificato di conformità che viene fatto ogni volta che il produttore omologa il proprio modello non è così rigoroso e, soprattutto, non c’è la rete. su presentazione del “Nulla osta di distribuzione”. In poche parole: abbiamo un prodotto certificato; questo prodotto viene acquistato dal gestore; il gestore lo colloca nei bar. Questo prodotto certificato, però, per funzionare deve essere collegato alla rete telematica dell’amministrazione finanziaria dello Stato, la Sogei. Per essere collegato alla rete telematica di Sogei deve passare per uno dei 12 concessionari che, di fatto, svolgono due funzioni: la prima consiste nel dare il “Nulla osta di messa in esercizio”, attraverso la richiesta fatta ai Monopoli di Stato; la seconda controllare la liceità del flusso di informazioni (che la percentuale di vincita non scenda sotto il 75% e via discorrendo). Il concessionario è responsabile anche della fiscalità? Sì, spetta al concessionario raccogliere il prelievo erariale prodotto dalla macchina. Periodicamente vengono effettuati dei calcoli che chiudono il periodo contabile e il concessionario è responsabile del trasferimento all’amministrazione, quindi allo Stato, del prelievo. Lei ritiene che questi controlli funzionino? È un dato di fatto che la filiera così composta e la rete così organizzata siano un esempio di eccellenza. Non esiste al mondo un Paese in cui il controllo si svolga così capillarmente su ogni punto della filiera. In Germania, in Francia, nel Regno Unito la certificazione esiste, ma il controllo è fatto ex-post. Non esiste un percorso di certificazione integrale della filiera e nemmeno un controllo just in time come in Italia. Le famose interruzioni nel flusso dei dati della “macchinetta”, interrompendo la filiera del controllo, si configurerebbero quindi come illeciti… Non c’è dubbio. La macchina continua a maturare un imponibile forfettario anche nel periodo in cui, eventualmente, venisse scollegata dalla rete. Funziona come un registratore di cassa: se la macchina viene scollegata dispone di una memoria hardware interna di 5-6 giorni, poi si spegne automaticamente. Ma in quei giorni matura un imponibile forfaittario non appena si ricollega alla rete. Dal punto di vista erariale il sistema non ammette infrazioni, a meno che non esistano comportamenti del tutto illegali come installare un apparecchio in un bar e non collegarlo mai, fin dall’inizio. Ma questo configura un illecito ed è materia di pubblica sicurezza e di gioco d’azzardo. Da questo punto di vista, non ci sono Paesi con una rete estesa quanto la nostra sugli apparecchi da intrattenimento installati nei bar. Lei si riferisce sempre alla rete Sogei? I controlli come avvengono? In Spagna a campione. Ma sono controlli soprattutto di contingentamento, si controlla il numero di apparecchi per punto vendita. Controllano la matricola, controllano i collaudi periodici e poi di tanto in tanto si verificano i software. In Germania avviene la stessa cosa. L’Italia è il primo Paese che controlla anche le vincite. La legge italiana prevede che un apparecchio da intrattenimento di questo tipo restituisca in vincite il 75% di quanto incassa, ma questo lo si può fare solo se il controllo è continuativo. Il sistema di controllo è rigoroso e nessuna persona di buon senso avrà mai interesse a infrangerne la linearità. Evidentemente, però, là dove già in origine non c’è controllo, dove non c’è limitazione per l’antiriciclaggio, dove non c’è limitazione allora è più facile. Pertanto, dal mio punto di vista, il sistema italiano di controllo si pone come eccellenza, rispetto a quello di altri Paesi europei. La filiera è lunga anche dal punto di vista industriale? Limitandoci all’ambito della costruzione, sono circa 25mila le persone che vi lavorano. È un ambito molto importante, sia dal punto di vista occupazionale sia del profilo di specializzazione tecnologica delle aziende. L’investimento in ricerca, in questo settore, è tutt’altro che indifferente. Sono piccole e medie aziende? Sono piccole e medie aziende. La 23 VITA - GIUGNO 2013 QUI LOMBARDIA complessità della loro produzione di apparecchi è abbastanza elevata. Le aziende che si occupano di apparecchi da intrattenimento solitamente fanno solo quelli. Le aziende che si occupano di periferiche da gioco – le gettoniere, i cambiamonete – solitamente fanno anche altro e sono trasversali. In questo secondo caso si tratta di aziende che fanno automazione e non si limitano al settore del gioco. Almeno un paio di queste sono importanti anche sul piano internazionale. Un problema è stato quello del rapporto con le comunità e i territori. Non crede sia arrivato il momento di avviare un confronto, proprio su questo tema? Al di là del discorso sul gioco patologico, è sulla “normalità” che ci dovremmo concentrare…Il mercato dei giochi è ormai maturo, almeno dal punto di vista dell’offerta di prodotti. Ora va fatta una riflessione per la razionalizzazione della presenza dei giochi sul territorio. Come Confindustria-Sistema Gioco Italia, ci stiamo facendo parte diligente con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, regolatore del mercato dei giochi, presentando proposte concrete in tal senso. Le comunità e gli operatori dovrebbero iniziare a dialogare, nel rispetto dei cittadini e nel rispetto di un’attività imprenditoriale lecita. Nessuno ha interesse ad arrivare ad uno scontro con le comunità nelle quali opera. Questo è fondamentale. ›DA SAPERE 24 1. Esiste una tabella dei giochi proibiti. È un elenco dei giochi d'azzardo che secondo la legge italiana (il riferimento è ancora il Regio Decreto 773 del 1934) non possono essere praticati nei luoghi pubblici. La Tabella, che deve essere obbligatoriamente esposta nei locali pubblici e nei circoli privati, è continuamente aggiornata dalle questure e riguarda anche un’infinità di giochi oramai sconosciuti, come la «bella birinca» o la «zecchinetta». 2. La prima slot machine è made in Usa. Sono state attivate a San Francisco nel 1897, con il venir meno del mito della “corsa all’oro”. Erano in realtà poker-machine, e la vincita consisteva spesso in tabacco e sigari. Le macchinette si trovavano ovunque, dai saloon ai negozi di alimentari. In Italia, in base al Testo Unico di Pubblica Sicurezza non sono ammessi apparecchi e congegni automatici che mirino a «riprodurre il gioco del poker o comunque anche in parte le sue regole fondamentali». 3. Gli usa poi le vietarono. L’età dell’oro delle slot machine finì quando, nel 1951, il Congresso americano approvò il Johnson Act che vietava produzione, revisione, vendita o trasporto delle slot machine e di qualsiasi congegno atto al giogo d’azzardo. La pena prevista per i trasgressori era severissima: 5 milioni di dollari e due anni di detenzione. Le “macchinette” sparirono ovunque, tranne che in Nevada, dove nel 1946 il gangster Bugsy Siegel aveva aperto il fa- moso Flamingo Hotel, il primo casinò di Las Vegas. 4. Il fisco risparmia il gioco online La benzina è tassata al 49%, il pane al 4%, il gioco online - nuova frontiera dell'azzardo - è tassato dello 0,6%. 5. Il gioco è questione da filologi L’Accademia della Crusca, massima istituzione linguistica italiana, sconsiglia l'uso del termine "ludopatia", passato ormai dalla vulgata giornalistica. Più attinente, scrivono gli esperti linguisti, "gioco d'azzardo patologico". Il «lessema gioco d’azzardo patologico» infatti «è stato scelto come termine tecnico della lingua medica italiana per tradurre il corrispettivo inglese pathological gambling in maniera esatta (gambling = “gioco d’azzardo” vs play e game). Ludopatia è invece il traducente adottato in lingua spagnola: ha il vantaggio di essere più breve, trattandosi di una parola sola, ma è meno preciso dal momento che si perde il riferimento specifico alla componente dell’azzardo». 6. Gli italiani giocano (quasi) come mangiano. Il 12% della spesa per consumi degli italiani (dati riferiti al 2012) finisce in giochi e scommesse. Una percentuale cresciuta esponenzialmente negli ultimi tre anni, e impressionante se si pensa che la spesa per consumi alimentari si aggira di media intorno al 20% Se i sindaci hanno le mani legate e il Parlamento almeno per ora non decide, a muoversi sul fronte della regolamentazione del fenomeno slot sono le regioni. La prima a impegnarsi con efficacia sul tema del gioco d’azzardo è stata la Liguria. L’approvazione delle Leggi regionali n. 17 e 18/2012 risalgono all’aprile dell’anno scorso, titolate rispettivamente “Disciplina delle sale da gioco” e “Norme per la prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo patologico”. Le due leggi rappresentano una svolta e un punto di partenza importante. Non fosse altro perché, nel frattempo, il 13 maggio scorso per la prima volta un Tribunale Amministrativo Regionale ha respinto il ricorso del titolare di una tabaccheria contro il rifiuto del Comune di Genova di rilasciare l’autorizzazione per l’installazione di quattro slot machine. A garantire la correttezza del comportamento dell’amministrazione comunale è stata proprio la legge n. 17/2012, che è stata dal Tar confermata nella sua legittimità. Da questa normativa, dai suoi aspetti positivi e di contrasto a un fenomeno che il suo governatore non ha esitato a definire «grave», partirà anche un’altra regione, la Lombardia. Roberto Maroni ha promesso a inizio maggio la promulgazione di una legge e già circola una bozza con aspetti molto innovativi (sconto Irap per negozi no slot e tassa sulle macchinette). Una legge, come sottolinea Angelo Coccia, presidente della Commissione Attività Produttive della regione – dove una delegazione di Vita è stata ascoltata e invitata ad avanzare una proposta – che valorizzerà il rapporto tra luoghi, comunità e territori, promuovendo incentivi per tutti quei locali che decidono di non installare o di dismettere le apparecchiature già esistenti. Il problema è sociale ed economico, con ricadute spesso tragiche nel patologico e nella devianza. Per evitare queste ricadute e arginare i disvalori già prodotti – rappresentati da costi sociali altissimi, per la sola Lombardia si parla di 9 miliardi di euro, in termini di costi affettivi e sanitari previsti – è necessario un salto di qualità nella proposta. In tutti e tre i casi – Liguria, Lombardia, Emilia Romagna – le priorità sembrano chiare: ridurre l’impatto sulle comunità del gioco, vietare la pubblicità, contrastare e prevenire la dipendenza patologica con una regolamentazione che coinvolga in prima linea e responsabilizzi gli enti locali. IL SIGNORE DELLE SLOT BILANCIO: UN ANNO NO SLOT UNA SFIDA PARTITA DA PAVIA, E CHE HA CONTAGIATO L’ITALIA 25 P avia si attesta sui 2.123 euro annui spesi in gioco d’az“qualcosa” che ci aveva sommariamente uniti è diventazardo, pari al 7,89% del Pil provinciale. Ma Pavia non to più forte e, grazie al sostegno incondizionato di Vita, ha è solo questa “cifra nera”, è anche la città simbolo preso forma diventando prima un manifesto firmato da midel tentativo di riattivare un rapporto virtuoso tra i gliaia di cittadini, associazioni e sindaci, poi un movimento luoghi e i suoi abitanti, le istituzioni e le nuove forme di opinione diffuso in tutto il Paese e infine un network di di rappresentanza che chiedono voce e possono, se sensibilizzazione e lavoro che, pur nelle differenze di idee, raccolte attorno a un obiettivo chiaro e condiviso, dar vita a convergesse su un nodo problematico unico: bisogna fare nuove alleanze e rappresentanze di scopo. Il 9 giugno dello qualcosa. Nodo che oramai sta esplodendo e non può essere scorso anno, con gli amici della Casa del sciolto senza prima essere capito e condiGiovane abbiamo pensato che fosse veUn anno dopo, sono viso nel suo essere problema di tutti, non nuto il momento di gridare “No Slot”, per solo dei giocatori – più o meno patologici già 1500 gli esercenti porre all’attenzione di tutti una domanda – e delle loro famiglie. ad aver detto no slot semplice, chiara ma evidentemente non Con Simone e gli amici della comunità scontata: che cosa sta succedendo alle nofondata nel 1971 da don Enzo Boschetti stre comunità, sui nostri territori, nelle nostre città? Che cosa abbiamo capito che Pavia poteva essere il luogo giusto per sta trasformando circoli, bar, edicole, negozi, da luoghi di inlanciare un allarme e, contestualmente, tentare nuove alcontro in qualcosa di profondamente diverso che nessuno leanze e avviare buone pratiche che mirassero a uno scopo sembra volere ma nessuno ha la forza di contenere o respinsemplice, ma preciso. Un anno e mezzo dopo possiamo dire gere? I sindaci non hanno strumenti, i cittadini nemmeno, che la maggior parte dei problemi rimangono, acuiti anche il Parlamento – per ora – latita. Eppure qualcosa si muove. da una crisi che rischia di travolgere tutto. Ma, al tempo stesso, possiamo dire che molte cose sono state fatte: abbiamo Siamo partiti da Pavia, sollecitati da Simone Feder e dalla creato una rete di sensibilità nuove, cercato strade giuridiCasa del Giovane realtà tra le più attive su quel territorio, ma camente percorribili per arginare il fenomeno e valorizzare in un anno e mezzo di percorso non ci siamo fermati a Paquegli esercizi che non abbiamo coinvolto cittadini e sindavia. Milano, Palermo, Novara, Roma, Voghera e tanti di quei ci, governatori e deputati, associazioni e scuole. Tutti hanpiccoli paesi che hanno risposto, mostrano che le «virtù civino capito che bisogna agire, agire assieme e non disperdere che» di cui già parlava Gioberti non sono morte sotto il mare le proprie iniziative in mille rivoli che non portano a nulla. di carte e burocrazia che sovrasta le vite di tutti. Non sono Serve una nuova coscienza civica e servono nuovi patti di morte, anzi. A Pavia noi di Vita siamo tornati con vecchi e territorio. Senza demonizzare nessuno, ma per fare. E per nuovi compagni di percorso, il 10 e il 18 maggio di quest’an“fare” occorre “capire”, dialogare e poi dividersi quando cerno, con due marce: una con gli studenti, un’altra con cittaditi principi non sono negoziabili. ni e associazioni. Manifestazioni che, dopo un anno e mezzo E il tempo ci sta dando ragione se è vero che già 1500 esercenti hanno detto “no slot”. ¢ di Movimento No Slot, attestassero che nel frattempo quel VITA - GIUGNO 2013 UMBERTO RAPETTO «TAROCCARE UNA SLOT? NIENTE DI PIÙ SEMPLICE PER FARE BUSINESS IN NERO» di Marco Dotti 26 F ondatore e per undici anni direttore del GAT, il Gruppo anticrimine Tecnologico della Guardia di Finanza, Umberto Rapetto è tra le massime autorità in tema di cybercrime e guerra informatica. Lasciata la divisa, Umberto Rapetto oggi è consulente strategico di Telecom, oltre che docente in numerosi atenei italiani e europei. sono state montate. Ovviamente quasi nessuno sarebbe in grado di fare un controllo che ne determini il funzionamento solo sulla scheda omologata. Lo sforzo di natura investigativa e di controllo va dunque a confliggere con una impossibilità di fatto... Ci troviamo di fronte a qualcosa che è più grande delle risorse impiegabili. Di fronte a notizie di continue frodi e evasioni cittadino normale, quello che non gioca e non è interessato a giocare, si chiede come sia possibile che nessuno intervenga per capire se una slot machine sia davvero collegata con la rete fiscale telematica di controllo... Non è facile. Grazie alla miniaturizzazione, la tecnologia consente a uno strumento di ridottissimo ingombro di svolgere la funzione di dieci cose più grandi, tutte esistenti all’interno di un medesimo contenitore. Questo significa che se all’interno di un dispositivo capace di intrattenere e far scommettere mettiamo una scheda lecita e omologata, nessuno però impedisce a chi predispone quell’oggetto – omologato per esemplare unico, non vengono passati al controllo uno a uno – di inserirvi altro. La macchina non può essere sigillata, perché necessiterà certamente di manutenzione. Il fatto che siano oggetto di manutenzione, fa sì che se le schede interne consentono un’espansione funzionale – vale a dire si possono agganciare a altri dispositivi poco ingombranti, come una pendrive – basta inserire un piccolo dispositivo che con un telecomando nelle mani del gestore dell’esercizio pubblico, che è l’ultimo anello della catena, fa sì che il dispositivo può essere “switchato”, ossia girato dal funzionamento lecito al funzionamento illecito. Abbiamo parlato delle slot machine “fisiche”, quelle dei bar, ma nel frattempo avanza il settore dell’on-line… Non solo, oltre al “legale” esiste tutto un alveo di possibilità di bucare il sistema che ha dell’incredibile. Anche qui chi vuole esercitare il controllo si trova di fronte una barriera digitale che non gli consente di sapere cosa avviene all’interno di quel sito. Ai fini investigativi, però, questo tipo di gioco ha un punto di riferimento: l’uso delle carte di credito. Questo che cosa comporta? Comporta che la scheda originaria continua a dialogare e risulta che la macchina non è impiegata, eppure sta funzionando e continua a giocare. Nella perversione, se vogliamo e magari non è lontano dal vero, che ci possa essere la possibilità di regolare la possibilità di vincita... È un problema di flussi? Esatto. Il fatto che esistano soggetti che aprono conti con documenti falsi, ma anche carte di credito non riconducibili a conti e persino, entro certi limiti, carte di credito anonime permette di aggirare i controlli tradizionali e cavalcare l’onda di questi flussi, tanto nella finanza quanto nell’azzardo. Per agire dobbiamo capire queste dinamiche e capire richiede uno sforzo continuo di intelligenza e scaltrezza. Ma non abbiamo scelte: dobbiamo essere all’altezza della sfida che ci si presenta davanti. ¢ Questo nel momento in cui la macchina è offline e quindi non mostra i propri movimenti alla rete di controllo... Esatto, perché sta girando su una delle schede parallele che Qual è dunque a suo avviso il vero problema? Il problema è che esistono carte di credito e di gioco anonime. Per quanto limitate rispetto all'ammontare complessivo, definiscono il campo di una complessità tutt'altro che virtuosa. La moneta legata al gioco d’azzardo e la moneta elettronica legata al gioco d’azzardo hanno avuto una pervasività incredibile. I flussi monetari sono oramai totalmente internazionalizzati. Io posso immettere denaro sporco in un Paese, tramutarlo in forme di credito nei confronti di qualunque organizzazione mi offra un servizio in un altro Paese e poi farlo circolare su carte di credito aperte all’estero. Denaro che ha provenienza discutibile, una volta immesso nel sistema diventa denaro a tutti gli effetti e quindi difficilmente riconducibile a attività illecite. IL SIGNORE DELLE SLOT LORENZO BASSO «CHIEDO UNA LEGGE NAZIONALE CHE DIA POTERE AI SINDACI» di Lorenzo Maria Alvaro I nformatico, esperto di business intelligence, genovese trentasettenne, Lorenzo Basso, segretario regionale del Partito Democratico della Liguria e oggi deputato è stato tra i promotori della prima legge Regionale contro le slot machine, la legge ligure n. 17 dell’aprile 2012. lo Stato. Perché il tema fondamentale è che senza condannarlo il comparto dei giochi va regolato e controllato. Urge una profonda modifica culturale che passa dal disincentivo al gioco, soprattutto per quello che riguarda l’azzardo patologico. È il livello Regionale il terreno giusto per la regolazione? Esistono due ordini di problemi. Da una parte esiste, senza ombra di dubbio, la necessità di non andare verso il proibizionismo, perché sappiamo che esiste un mercato illecito del gioco controllato dalla criminalità organizzata. Non dobbiamo permettere che incrementi questo fenomeno. Dall’altra però non possiamo neanche permettere che lo Stato incentivi il gioco d’azzardo legalizzato. Per farlo bisogna combattere su più livelli partendo dal territorio. Dare forza e voce ai sindaci. A questo è servito l’impegno regionale, a dare un segnale di sostegno. Per questo lei si è impegnato anche per una legge nazionale. Come mai la Proposta di legge n. 574 depositata il 27 marzo scorso non fa riferimento agli aspetti sanitari e della cura delle ludopatie? Abbiamo articolato diversamente l’approccio. Esistevano già in passato alcune proposte che hanno trovato difficoltà nell’approvazione per la copertura finanziaria rispetto alla questione attinente alla materia sociale e sanitaria. Così abbiamo diviso le cose. La prima parte della proposta di legge, a mia firma, vieta la pubblicità e mira a cambiare il Testo Unico di Pubblica sicurezza. Una legge che serve a dare un segnale netto dal punto di vista culturale e uno strumento utile ed efficace per i sindaci. L’abbiamo isolata perché essendo a costo zero non dovrebbe incontrare difficoltà nell’approvazione, aggirando lo scoglio della copertura economica. Ho sentito dire che disincentivare il gioco porterebbe un danno all’erario: questa affermazione non è vera. Le slot machine sono in realtà un mancato investimento di risorse nell’economia reale, come Iva, lavoro e Irpef. La nostra è dunque una legge che può e deve passare velocemente. Poi si sta lavorando ad un Testo Unico, che comprende la materia socio sanitaria e vuole essere una legge quadro strutturata che richiederà più tempo. Lei in Regione Liguria ha lavorato alla stesura delle legge n. 17 sulla "disciplina delle sale da gioco”. Come mai si è posto questo obiettivo? Non è merito solo mio. Il sistema del gioco sul nostro territorio stava distruggendo il tessuto sociale a partire dalle famiglie. Abbiamo assistito impotenti al moltiplicarsi delle richieste ai centri antiusura, al moltiplicarsi di sale gioco in zone di confine. Addirittura una nostra consigliera ad Imperia ha denunciato l’apertura di sale giochi nel Comune di Bordighera e si è trovata con minacce fatte attraverso santini bruciati da parte di un clan. Il processo è ancora in corso. Abbiamo dovuto intervenire. E lo avete fatto dando vita a quello che oggi è visto come modello da seguire. Si, perché sembra funzionare. Il 13 maggio scorso per la prima volta nel nostro Paese un Tar, con sentenza, ha dato ragione al Comune di Genova appellandosi proprio alla legge regionale. Sino ad oggi, in assenza di legislazione nazionale e locale ogni iniziativa dei sindaci veniva bocciata... Esatto. Ma serve un cambio di paradigma anche da parte del- Dopo il servizio delle Iene sul rapporto tra parlamentari e lobby però non è detto che la sua legge passi. Si è posto il problema? Proprio per come abbiamo pensato la legge, sottoscritta per altro in modo trasversale da tutte le forze partitiche, non abbiamo lasciato alibi cui appellarsi. Un testo semplice che affronta due soli temi: potere ai sindaci e divieto di pubblicità. Tutto qui. Chi non la dovesse votare lo dovrebbe fare allo scoperto perchè dovrebbe spiegare la sua posizione. Se ci saranno lobby che fanno pressione questa volta lo dovranno fare a carte scoperte. ¢ 27 BABELE 2013 L'UOMO GIÙ DALLA TORRE VITA - GIUGNO 2013 28 º Per ben quattro volte Papa Francesco è tornato a riproporre il racconto della Torre di Babele, secondo l’interpretazione contenuta nel Midrash: i costruttori della Torre erano così accecati dalla loro impresa che si preccupavano più dei mattoni che non degli uomini. «Questa è la crisi che stiamo vivendo», ha spiegato il Papa. di Silvano Petrosino S emplice ma, al tempo stesso, rivoluzionario: è il “metodo Bergoglio” per combattere la povertà». Nel racconto del Midrash la terra viene descritta come un immenso cantiere dove, distolti da ogni interrogativo sul significato e lo scopo del loro agire, gli uomini si affaticano per far progredire la loro costruzione. Dio non dà retta alle potestà angeliche inorridite dalla stoltezza degli uomini e, anzi, lascia fare «per affrettare il momento della comprensione». Quando poi il formicaio diventa moto perpetuo e «l’unica pausa aveva luogo in cima alla torre, dove prima di attaccare la discesa i portatori di mattoni si fermavano a cementarli con la calce e a lanciare nugoli di frecce contro il cielo, facendo bene attenzione a non guardare mai verso terra per paura delle vertigini», ecco che gli angeli al cospetto del Creatore esclamano: «Guardali! Sono arrivati tanto in alto che non ce la fanno a guardare il panorama!». Si racconta che Dio non abbia distrutto del tutto la Torre di Babele ma ne abbia lasciato alcune rovine a monito per le generazioni future. «Il Talmud - scrive Zumthor in un suo magnifico saggio - ricorda che la Torre non è scomparsa del tutto, e presume che un terzo resti ancora visibile ai viaggiatori» (Babele, il Mulino 1998, p. 187). Un monito dunque, o un monumento, ma per ricordare che cosa, e per ricordarlo a chi? Costuire non è un male Vale sempre la pensa ritornare su questi sorprendenti nove versetti (Genesi, 11, 1-9). Dio aveva invitato gli uomini a «coltivare e custodire» il giardino dell'Eden (Genesi, 2,15), e la costruzione della Torre deve essere interpretata proprio come la libera risposta degli uomini a una simile sollecitazione. Gli uomini si sono riuniti tutti insieme nella piana di Sennaar e tutti insieme hanno deciso di costruire una città, una Torre, facendosi così un nome e diventando famosi. In tutto questo non c'è nulla di male. Tuttavia nel loro costruire i babelici hanno finito come per distrarsi o per eccitarsi: presi dal «coltivare» («costruire») si sono dimenticati del «custodire», hanno puntato tutto il loro cuore e la loro intelligenza solo sulla costruzione dell'unità misconoscendo il valore di ogni singolo uomo. All'interno di una tale separazione, quella tra il «coltivare» ed il «custodire», il «costruire», che è un bene (prendere l'iniziativa, agire per dare vita a qualcosa di inedito), si è trasformato in una vera e propria hybris, in BABELE 2013, L'UOMO GIÙ DALLA TORRE › Torre dei Babele. Miniatura che raffigura la celebre torre biblica quell''attività parossistica, «macchinale» per riprendere un termine nietzscheano, che non si ferma più di fronte a niente e soprattutto a nessuno. In tal senso, ecco il punto che non bisogna assolutamente perdere di vista, i versetti biblici relativi alla costruzione della Torre di Babele descrivono perfettamente quel capovolgimento essenziale al termine del quale la costruzione, fosse anche, lo ripeto, di quel valore positivo che è l’unità, il vivere e il trovarsi insieme, arriva a prendere il sopravvento sui costruttori, su tutti i singoli costruttori. Babele mette così in scena una «comunanza» che non è affatto «comunione», e la prima non è la seconda proprio perché in essa l'unio- ne tra i molti, fosse anche per cercare il bene e garantire la pace, finisce per sottovalutare, oscurare e talvolta perfino distruggere l’unicità del singolo (quel singolo ancor «più singolo/solo», se così posso esprimermi, che la Bibbia identifica ne «l’orfano, la vedova, il povero e lo straniero»). Ecco il monito che le rovine di Babele continuano a ricordare: c’è un costruire che in realtà distrugge, e il costruire distrugge quando il costruttore dimentica che deve anche custodire, quando dimentica che c'è dell'incostruibile, proprio in ciò ch’egli è chiamato a custodire (l’Eden è dell'uomo, è destinato all’uomo, ma mai come una sua proprietà: egli vi abita come in affitto). Distrugge chi dimentica il vero bene Chi sono i viaggiatori di cui parla il Talmud? A chi è rivolto il monito delle ro- vine della Torre? Non ci sono dubbi: a noi come ricorda Papa Francesco. Oggi, ma forse come in ogni altra epoca, l’antico grido risuona nuovamente: venite! Raccogliamoci, non disperdiamoci! Venite a costruire un’esistenza perfetta e autosufficiente, diffondere il benessere, garantire la sicurezza, imporre a tutti la democrazia e la pace. Come allora, questo grido risuona contemporaneamente in modo maestoso e tragico, esso si alza come un magnifico invito e come una terribile minaccia. Come accadde anche allora, al di là delle stesse buone intenzioni dei costruttori, è solo durante la costruzione della Torre che l’impresa finisce, inesorabilmente, per rivelare il suo vero volto (il distruggere). Ed è proprio a questo livello che gli effetti del progetto, i quali non si sono certo fatti attendere, sembrano essere inquietantemente proprio gli stessi di allora: anche oggi ciò che si presenta come la ricerca dell'unica lingua in verità appare sempre più come l’universalizzazione del dialetto più potente, così come la cosiddetta «difesa della civiltà» appare sempre più come l’imposizione di un certo stile di vita. In questo modo la nuova parole d’ordine, «Consumate! Tutti devono consumare!», sembra riproporre l'antica legge del dominio e dell’imposizione, anche senza dittatori e tiranni. «Non c’è alternativa», si continua a ripetere, bisogna salvaguardare la pace e la civiltà, ma per far questo è necessario imporre la ragione e la democrazia, garantire la sicurezza e sopratutto sviluppare l’economia. Ora - ecco la voce più forte di ogni altra voce che circola in quella piana di Sennaar che sono le nostre megalopoli - per aiutare l’economia bisogna incrementare i consumi, e a tale scopo è necessario trasformare il consumo in un autentico dovere morale: bisogna vendere tutto, bisogna vendere a tutti, ma soprattutto tutti devono consumare. Gli studiosi l’hanno sottolineato da tempo: le nuove cattedrali sono i centri commerciali, e questo, purtroppo, non è mai stato solo un modo di dire. Per fortuna anche la parola che il testo biblico relativo a Babele instancabilmente consegna è sempre la stessa: con assoluta fermezza, con la massima discrezione, senza alcuna condanna dell’azione umana, evitando soprattutto ogni maledizione dell’uomo e delle sue costruzioni, scendendo fino a terra, essa non si stanca di ripetere: vigilate, non fatevi distrarre, non abitate la terra in questo modo! Questa parola continua a risuonare come il Papa ricorda: chi vorrà ascoltarla? ¢ 29 VITA - LUGLIO 2012 VITA.IT LUOGHI SE IL VIRUS SLOT CI HA INFETTATI AL CUORE di Lorenzo Maria Alvaro 30 I l colore chiaro dei campi coltivati rompe il dominio dei boIl Tevere a Piosina schi verde cupo sulle colline. Ogni scorcio sembra un quaE a preoccupare è sopratutto il destino. Qui ci sono tre case dro con il cielo per cornice. L'orizzonte è quello tipico del storiche, due vie e due bar. Uno è quello commerciale che centro Italia. Il paese si chiama Piosina. Da qui tirando un vende anche le sigarette. L'altro è un Circolo Acli. Proprietà sasso a sud si colpiscono le finestre di Città di Castello in della parrocchia è gestito da ragazzi volontari. A fianco stanUmbria, a nord i pollai dei contadini toscani di San Sepolno costruendo una casa per ragazzi disabili. Un centro di ricro. Un luogo di frontiera. L'Italia in massima parte è costiabilitazione. Un altro di quei segni che ti fanno capire di star tuita da questi piccoli borghi. Siamo un Paese il cui tessuto è dentro un riassunto vivente del tuo Paese. In cui la gratuità composto da una miriade di piccoli mondi fatti da un pugno (in questo caso di una famiglia che ha avuto un figlio disadi case e un incrocio. Se si vuole comprenbile) è sempre stato il principale motore dere veramente quello che succede nello propulsivo. A Piosina due soli bar stivale è qui che bisogna guardare. Non alle E poi si resta atterriti. Ci sono due bar, ma che vantano ben metropoli, Non a Roma, Milano o Firenze. dicevamo. Già, ma sette slot machine. sette slot machine Piosina però, oltre a rispondere magniCinque nel bar commerciale, sul retro. Ma ficamente al compendio del piccolo borgo quel che è peggio, due nel Circolo Acli, nei italico, con il suo pugno di case e il suo incrocio, va oltre. Sì, locali della parrocchia. Perché anche lì dove il volontariato perché è un po' l'ombelico italiano. È proprio nel mezzo del è la regola, dove dei ragazzi, per non vedere perso il luogo Bel Paese. Al centro. Sul confine, come si è detto, tra Umpiù caro hanno deciso di ristrutturare e prendere in gestione bria e Toscana, in un crogiuolo di dialetti che qui perdono un il locale, le macchinette la fanno da padrone. Sia nel bilanconfine preciso. Ci sono reminescenze di umbro, quello con cio dell'esercizio che nel tempo delle persone. "Senza, non la "u" tipica di Foligno, c'è l'emiliano che va a braccetto con riusciremmo a tirare avanti", dice il barista con un sorriso la cadenza romana ma con influenza pugliesi (in particolare mesto. lo scambio delle a con le e). Piosina poi, senza pubblicizzarlo, senza dire nulla a nesIl circolo Acli di Piosina suno, bagna i propri piedi nel Tevere. Qui è ancora un piccolo Sul retro del Circolo, chiuse e abbandonate riposano due mafiumiciattolo. Deve ancora prendere coraggio per diventare gnifiche piste di bocce. Polverose guardano dritte negli occhi Il Tevere. Ma è comunque lui, il fiume da cui prende battesile slot machine luccicanti. La domanda viene spontanea: mo e gloria l'Italia. In una parola Piosina riassume in sè tutto ma perché non le riaprite, le valorizzate? A Milano, dico, nel di noi e della nostra storia. Anche sui temi più attuali a Piosiquartiere Ortica c'è chi così ci ha fatto pure i soldi. "Se qui na sono al passo coi tempi. Il prete è rumeno, serve altre tre hai 5 euro non prendi il gelato e non giochi a bocce. Tenti la parrocchie, fa da segretario al vescovo. "Viene solo il sabato. fortuna e torni a casa", risponde il barista. La Chiesa è sempre chiusa. La mancanza di vocazioni si senÈ da Piosina che si deve continuare la battaglia no slot. te anche qui”, dicono in paese. È un posto, insomma, in cui Dal cuore del nostro Paese. Perché il virus ha attaccato il cuosi incontrano storia e destino. re. E desertifica pian piano. ¢ VITA.IT EDUCAZIONE #NOSLOT: UN MOVIMENTO NATO DALLA GENTE di Simone Feder 31 E ra il 2004 quando accoglievo Fabio, un ragazzo di 15 anni che chiedeva un consiglio per aiutare suo padre, caduto da alcuni mesi in una rete sconosciuta che catturava tutte le sue attenzioni, il suo tempo e i risparmi di una vita. Subito dopo fu il turno di una ragazza arrivata in ufficio accompagnata dalla mamma, la stessa rete aveva catturato anche il suo papà. Per controllarlo e sapere dove andare a recuperarlo aveva installato un localizzatore satellitare nella sua macchina… questo gli permetteva di monitorare i suoi spostamenti e andare a recuperarlo… Erano solo le prime avvisaglie, di una battaglia che si sarebbe rivelata più difficile del previsto, piena di insidie e contro un nemico in continua, ma nascosta, espansione. Stava succedendo qualcosa di strano…. Una battaglia che sovverte ogni regola educativa, che chiede ai figli di occuparsi dei padri, controllare le loro uscite e chiedere aiuto per loro. Poi fu il momento delle venti donne disperate che cercavano un modo di fermare i loro mariti, impedir loro l’accesso al patrimonio familiare che avrebbe portato alla loro totale rovina. Questo è stato l’inizio della nostra lotta contro le malefiche macchinette, la nascita di un movimento nato dalla gente, dalle persone che per prime hanno incontrato la sofferenza dei loro cari e del loro territorio e hanno deciso di farsene carico. Il Movimento No Slot è iniziato in questo modo. Dall’esigenza di associazioni, gruppi, cittadini che hanno sentito come urgente e minaccioso il problema ormai sempre più diffuso dell’azzardo. Insieme abbiamo organizzato incontri e conferenze in diverse parti d’Italia, ci sono state manifestazioni, non ultima la prima nazionale contro l’azzardo e siamo riusciti a stendere insieme alla rivista Vita un manifesto contro questa piaga che ha girato il paese raccogliendo firme e consensi. Il movimento No Slot continua a portare avanti la sua battaglia, senza bandiere o schieramenti politici, cercando il sostegno e l’apporto della classe dirigente senza la cui collaborazione è difficile prendere in mano le cose in modo serio ed efficiente. Fondamentale è stato trovare la giusta sensibilità anche in alcuni esponenti politici, che ci hanno supportato, sostenuto e incoraggiato nel nostro cammino, convocandoci in audizione (come in Regione Lombardia) per mettere le basi per una legislazione che sappia dire un deciso ‘No’ a tutto questo. Perché l’azzardo è un problema che non richiede una cura… non si risolve con la sanitarizzazione della situazione, ma … richiede una messa in campo di forze che sappiano, e vogliano, stravolgere il sistema a livello culturale. Perché l’uomo non può essere schiacciato da queste logiche di potere che sottilmente riescono ad entrare e stravolgere l’intera scala di valori, senza che la stessa società se ne renda conto, colpendo l’intero sistema economico del paese, alterando le logiche del mercato e impoverendo un sistema già colpito dalla crisi. Questo è il frutto di una cultura malata, che affida il successo alla sorte, al caso, alla spasmodica voglia di arricchimento. Chi è in grado di quantificare i costi di questa tragedia in corso? Quanta gente è disperata perché sente di aver perso un familiare? Quanto tempo, passione, attenzione tolti ai propri affetti e dedicati alle macchinette? Chi riconsegnerà a questi figli la loro famiglia, i loro genitori, la serenità di cui hanno diritto? In questi anni siamo entrati nelle scuole, abbiamo incontrato giovani che per primi ci raccontano che ormai questa cultura fa parte della loro normalità, già sfidano quotidianamente la sorte, incuranti delle logiche sottostanti a quella loro grattata sul biglietto del gratta e vinci. ¢ VITA - LUGLIO 2012 VITA.IT PATRONI LA VIA DEL FUOCO: BERNARDINO DA SIENA CONTRO L'AZZARDO di Marco Dotti 32 B ologna, 1423, giorno di Quaresima. Davanti alla chiesa di San Petronio si accese un falò dentro il quale finirono carte, dadi, tavole: gli strumenti dell’azzardo. Tra l’ira e la gioia, la popolazione - anche quella parte che vi traeva lucro e non perdita - li scagliò tra le fiamme. Con un misto di ammirazione e sgomento, le cronache ricordano che ad accendere gli animi della ricca e opulenta popolazione fu una predica. L’oratore ha un nome anch’esso ammirato e temuto, celebrato dal calendario liturgico il 20 maggio di ogni anno: Bernardino da Siena. Alla fine dei quaresimali era consuetudine accendere fuochi – i cosiddetti falò delle vanità – e buttarvi dentro gli arnesi del diavolo e di quello che a ragione veniva considerato un “turpe lucrum”. L’azzardo, andava predicando frate Bernardino, induce al peccato mortale. L’azzardo attiva controdesideri nefasti che conducono a un’ancor più nefasta rovina. Quali? Ecco le parole di Bernardino: «il primo è il desiderio di lucro, il secondo è la volontà di predare, il terzo è l’usura al massimo grado, il quarto è la moltitudine dei bugiardi, il quinto è la fonte di blasfemia e di spergiuro. Se ne aggiungono altre cinque: il primo è la corruzione e deviazione della gioventù, il secondo è lo scandalo degli uomini giusti, il terzo è il disprezzo per la proibizione ecclesiastica, il quarto è la perdita di tempo, il quinto sono le frodi e le truffe. Ancora cinque vi si sovrappongono. Il primo è l’ira e le risse, il secondo la disperazione insana, il terzo l’adorazione stolida, il quarto è il nutrimento dell’ozio, il quinta la vita turpe e infame». L’azzardo è un idolo: se interrogato, un idolo risponde sempre, non si cela nel silenzio o nel mistero. Risponde sempre, ma mente. Per questo richiede “adorazione stolida”. Oggi ci arrivano voci di persone che si danno fuoco – l’ultima notizia in cronaca, proprio nel giorno in cui si celebra il Santo. Uomini che si danno fuoco davanti ai parlamenti, giocatori che, come è successo a Vicenza, si tagliano braccia e mani pur di resistere alla tentazione dell'azzardo. Succede ora, nella nostra modernità ipertecnica, non in qualche lontano medioevo. Eppure, come ai tempi di frate Bernardino, non sarebbe meglio bruciare le cose? Impresa non semplice e non priva di rischi. Benché avesse licenza del Vescovo per appiccare il fuoco, più per invidia che per sostanza su Bernardino cominciarono infatti a circolare voci di eresia. Ma il santo non dovette perdersi d’animo se quattro anni dopo lo ritroviamo a Siena, animato dallo stesso furore. Nel 1427, nel Quaresimale di Siena, Bernardino rincarò infatti la dose: «O così anco colui che dice: “Oh che bisognava ardere i tavolieri? Elli bastava a levar via il gioco senza ardarli, e conduciare che chi giocava, si rimanesse [astenesse] di quello e d’ogni suo malfare”. Tu dici: – Oh si giuoca in segreto! – Io ti domando se tu ha’ memoria di quello che io ti dissi. Io so’ bene ch’io non t’ho detto che tu arda e’ tavolieri, e poi giochi; so’ io ch’io ti dissi, che tu ti rimanesse del gioco, che non n’è boccone di buono; e perché non te ne venisse voglia, che tu ardesse e’ tavolieri e l’altre cose che ti davano cagione di giocare». Non serve limitare il gioco – suggerisce il Santo – bisogna “levar via” gli strumenti del gioco. Ne va della salute di tutti, di un’intera società – anche dei non giocatori – non della “malattia” di pochi… ¢ L’IMPEGNO DI VITA CONTINUA DAL 15 SETTEMBRE IL NUOVO SITO WWW.NOSLOT.IT L’anteprima: www.noslot.it ...per continuare a costruire comunità C iascuno di noi può pensare, in silenzio, alle persone che vivono senza speranza, e sono immerse in una profonda tristezza da cui cercano di uscire credendo di trovare la felicità nell’alcol, nella droga, nel gioco d’azzardo, nel potere del denaro, nella sessualità senza regole… Ma si ritrovano ancora più delusi e talvolta sfogano la loro rabbia verso la vita con comportamenti violenti e indegni dell’uomo. Quante persone tristi, quante persone tristi, senza speranza! Pensate anche a tanti giovani che, dopo aver sperimentato tante cose, non trovano senso alla vita e cercano il suicidio, come soluzione. Voi sapete quanti suicidi di giovani ci sono oggi nel mondo? La cifra è alta! Perché? Non hanno speranza. Hanno provato tante cose e la società, che è crudele – è crudele! – non ti può dare speranza. La speranza è come la grazia: non si può comprare, è un dono di Dio. Papa Francesco Lunedì, 17 giugno 2013