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Settembre 2013 - numero speciale Papa Francesco
LETTERA A FRANCESCO
C
Grazie,
Papa Francesco
Ci siamo rivolti a Lei
perchè a quel suo
“non fatevi rubare la
speranza” ci siamo
aggrappati per sentirci
meno soli nel nostro
lavoro. Lei ci ha
commosso con la sua
attenzione e le sue
parole. Ora proviamo
a guardare dove Lei
guarda e a camminare
con Lei, seguendo
il suo giusto passo
di Riccardo Bonacina
arissimo Padre, ci
permetta di chiamarla
così come si chiama
in una casa una
persona cara, anzi
carissima, una persona
da ascoltare e a cui
guardare in cerca di un
sorriso di incoraggiamento o di un
rimbrotto. Ci siamo rivolti a Lei
perché a quel suo reiterato invito,
“non fatevi rubare la speranza”,
ci siamo aggrappati nel nostro
lavoro di informazione e educativo
sentendoci meno soli nel tentativo
di combattere, o almeno, arginare la
progressione di una vera malattia,
perché intacca e svuota l’anima
delle persone e dei luoghi, come il
gioco d’azzardo di massa promosso
e tutelato dallo stesso Stato.
L’azzardo viene venduto ovunque,
in tutte le forme: slot machine in bar
e ristoranti, sale giochi con new-slot
e videolottery, carte prepagate e
coupon alle casse dei supermercati
e nelle tabaccherie per ricaricare il
“conto gioco” on-line, su internet
dove giornalmente nascono nuovi
siti dedicati, sugli smartphone dove
sono già centinaia le applicazioni
per giocare e scommettere .
L’azzardo viene propagandato
ovunque e senza alcun limite, sui
campi di calcio, in tv, sul web, sui
social network inducendo tutti
e, soprattutto, i più giovani e i più
fragili, ad entrare nel “campo dei
miracoli” dove il denaro cresce
sugli alberi e non è più frutto
del lavoro. La cultura del gioco
d'azzardo mina alle radici il valore
del lavoro; è l’esatto opposto del
principio che chiama ogni uomo
a costruire la propria fortuna con
l’impegno costante e la fatica.
In questa trappola indotta.
propagandata e a portata di
tutti sotto casa, cadono donne e
uomini, giovani e anziani, italiani
e migranti, e con loro i loro spazi,
le loro possibilità - minime, ma
non scontate - di dare corpo a tutte
quelle speranze di vivere una vita
piena che non possono ridursi a
un puro invito a “attendere” giorni
migliori o, peggio, a consegnarle
al puro dispendio dell'azzardo.
Carissimo Padre, davvero Padre
Santo perché la sua attenzione, le
parole che già ha pronunciato, il suo
sorriso, il suo affidarsi alle nostre
preghiere (ma lei faccia altrettanto),
e la possibilità di incontrarla di
persona, ci bene-dicono, ci dicono
che la strada buona è quella del
rischio della propria libertà nella
ricerca del nostro vero volto, del
nostro volto umano. E dicendolo a
noi bene-dice i tanti che non hanno
rinunciato a coltivare e a custodire
la virtù della speranza e del bene.
In questi quindici mesi di lavoro
abbiamo incontrato tanti uomini
e donne, tantissimi giovani, molte
associazioni, sindaci, vescovi che
non accettano che la speranza,
che pur vive nel cuore di ciascuno,
“venga rubata”, insieme a una
quota del 4% del Pil di questo Paese.
La benedizione che Le
chiediamo è per tutti quelli
che resistono sulla via della
responsabilità opponendosi
allo spreco e resistendo alla
tentazione di affidarsi al nulla.
Lei ha recentemente ricordato che
«L'uomo è la via della Chiesa e che
tale verità rimane valida anche e
soprattutto nel nostro tempo in
cui la Chiesa, in un mondo sempre
più globalizzato e virtuale, in una
società sempre più secolarizzata
e priva di punti di riferimento
stabili, è chiamata a riscoprire la
propria missione». «L'uomo», ha
continuato «rimane un mistero,
irriducibile a qualsivoglia immagine
che di esso si formi nella società e il
potere mondano cerchi di imporre.
Mistero di libertà e di grazia,
di povertà e di grandezza. (...)
L'uomo è via della Chiesa perché
è la via percorsa da Dio stesso. Fin
dagli albori dell'umanità, dopo il
peccato originale, Dio si pone alla
ricerca dell'uomo. “Dove sei?”,
chiede ad Adamo che si nasconde
nel giardino». E ha concluso «Il
potere teme gli uomini che sono
in dialogo con Dio poiché ciò
rende liberi e non assimilabili».
Ecco, il passo che ci sta indicando
è quello della libertà e della
speranza che stanno incise
nel nostro essere creature.
Grazie Papa Francesco,
continueremo a guardarla per
provare a guardare ciò che lei
guarda per camminare con Lei,
con il suo “Giusto passo”.
Accetti come regalo questo
numero speciale di VITA
frutto del nostro lavoro.
Numero unico - Speciale Papa Francesco
settembre 2013
Vita società editoriale s.p.a.
Via Marco d’Agrate, 43 - 20139 Milano
Registrazione al Tribunale di Milano n. 397 dell’8/7/1994
Iscrizione al roc n. 3275
issn 1123-6760
Direttore responsabile
Riccardo Bonacina ([email protected])
Direttore
Giuseppe Frangi ([email protected])
Collaboratori
Lorenzo Maria Alvaro; Marco Dotti; Daniele Biella
Commentatori & Rubriche
Luigino Bruni; Simone Feder; Giacomo Poretti; Silvano Petrosino
Progetto grafico
Matteo Riva
Stampa
Arti Grafiche Fiorin - Via del Tecchione, 36, San Giuliano milanese Milano
SOMMARIO
Settembre 2013 - numero speciale Papa Francesco
Settembre 2013
SPECIALE
PAPA
FRANCESCO
IL GIUSTO PASSO
un anno di inchieste, di storie e di mobilitazione
COVER ART: Francesco Poroli
SERVIZI
Oltre un anno di
movimento No Slot,
quindici mesi di
impegno e giornalismo
sociale da parte di Vita.
Le esperienze,
le storie, le passioni
di chi non è più
disposto a farsi
rubare la speranza.
La rivolta di Slot City - luglio 2012
4
Dal pane alle slot, azzardo mangiatutto - ottobre 2012
8
L'esercito No Slot - dicembre 2012
12
Questo circolo non è una bisca - gennaio 2013
18
Il signore delle slot - giugno 2013
22
Babele 2013, l'uomo giù dalla torre - giugno 2013
28
RUBRICHE
Semplicemente di Giacomo Poretti
7
Ex Cathedra di Luigino Bruni
11
VITA.IT
Storie di Marco Dotti
21
Luoghi di Lorenzo Maria Alvaro
30
Educazione di Simone Feder
31
Patroni di Marco Dotti
32
VITA - LUGLIO 2012
LA RIVOLTA
DI SLOT CITY
ºPavia è la città con la più alta densità di macchinette sul territorio
4
nazionale. Qui c’è il record di somme giocate rispetto al reddito.
Ma ora qualcuno ha alzato la testa e ha detto basta. Scendendo
anche in piazza. E convincendo molti locali a rinunciare alle slot
di Marco Dotti
P
avia, 35 km a sud di Milano, università e ospedali di
der, psicologo della Casa del Giovane, che da anni lavora al
prestigio, 71.207 abitanti dalla vita tranquilla, e un
recupero dei giocatori patologici e ha da poco concluso una
reddito pro-capite che, secondo le stime del ministero
ricerca nelle scuole della città. Su un campione di 1.864 studelle Finanze, al 2010 si attestava ancora su invidiabili
denti dall’età media di 15 anni, osserva Feder, il 15% dichia25.000 euro l’anno. Oggi anche le statistiche sono in caduta
ra di giocare con slot e videolottery, il 7% di loro gioca ogni
libera, per questo ci si guarda bene dall’aggiornarle, anche
giorno e il 40% punta più di 50 euro. I ragazzi spesso si gioperché in un’Italia oramai prostrata oltre ogni immaginaziocano i soldi del biglietto o dell’abbonamento dell’autobus,
ne o misura, un solo mercato non conosce flessione. È quelcreano piccoli gruppi per tentare collettivamente la fortuna
lo del gioco d’azzardo, che per definizione
e comunque sono ben più che propensi a
e storia cresce in maniera direttamente
sfidare la sorte. Anche l’amministrazione
Non solo Pavia, certo,
proporzionale all’aggravarsi della crisi e si
si sta muovendo, nel limite dei
anche Vicenza, Trento, comunale
espande in una zona grigia dove l’econoregolamenti e di una normativa di legge
Brescia, Verbania
mia si innesta, senza mediazione, nella vita
quanto mai intricata, ma l’attenzione è
e la travolge.
alta. Un regolamento per limitare la pubQuesta zona grigia e questo mercato sembrano trovare a
blicità e imporre una distanza minima delle sale gioco da
Pavia uno snodo materiale e simbolico determinante, sia dal
luoghi “sensibili” (scuole e ospedali su tutti) avrebbe dovupunto di vista della densità numerica di apparecchi e giocato essere approvato il 25 giugno scorso, ma la mancanza di
tori rapportati a km quadrato e abitante, sia perché proprio
numero legale ha bloccato tutto. Si consideri che, a Pavia,
qui operano alcuni tra i principali installatori e distributori
una grande sala giochi è stata aperta proprio di fronte allo
di “macchinette”, sia perché le strategie di resistenza offerte
sportello “fragilità” dell’Asl. Ironia della sorte o cinismo dedal territorio all’avanzata di questa economia dell’azzardo
gli uomini, difficile dirlo.
possono offrire un modello esemplare, ancorché imperfetto
per tentare con una prima risposta, anche una prima, anche
Non solo Pavia, certo, anche Vicenza, Trento, Brescia, Verse tardiva definizione del problema in termini di etica pubbania, ovunque gli amministratori si trovino dinanzi al disablica.
stro di spazi urbani e locali completamente trasformati dalla
piaga del gioco tentano di porre un argine, scontrandosi con
Pavia è dunque uno dei punti concreti, “geolocalizzati” si
procedure e competenze. Eppure, benché meritoria, questa
direbbe in gergo, di osservazione da cui partire per una riattenzione non può limitarsi al “possibile” di regolamenti
flessione su quello che sta diventando un «sistema gioco»
e competenze, che devono rappresentare un primo passo,
totale, da cui sarà difficile uscire se non ci si muove subito,
non un alibi. Non dobbiamo dimenticarci, rimarca Feder,
con proposte chiare e di rottura. Ne è convinto Simone Feche siamo dinanzi a un processo, non a una semplice deriva
LA RIVOLTA DI SLOT CITY
5
del sistema e «la battaglia va combattuta sul piano culturale.
› Nel tunnel.
C’è una controcultura del gioco che mette a rischio i nostri
Il ponte coperto sul Ticino, a Pavia
ragazzi, e non solo loro. Dobbiamo proporre altri modelli critici, contrastando la controcultura con una cultura e un’etica
della responsabilità condivisa».
d’azzardo legalizzato poco e male, che da questi dati emerga
«Think global, act local», diceva il vecchio Jacques Ellul,
che sarebbero stati ridistribuiti in vincite ben 3 miliardi e 355
e mai come oggi il pensiero di questo profeta inascoltato apmilioni di euro, poiché «tutti sanno, da che il gioco è gioco,
pare attuale. Pavia forse non sarà quella Gomorra del gioco
che nessun giocatore si limiterà a passare all’incasso, ma ridi cui con carsica alternanza danno conto i
butterà nel sistema ciò che vince».
giornali, ma di certo, nella città che ospita
Feder non si è fermato allo studio del
Il controllo criminale
la tomba di Sant’Agostino, guarda caso uno
problema, ma ha rilanciato. Con i suoi
non segue la via del
fra i primi e più duri autori cristiani a scacollaboratori ha contato, locale per locale,
“pizzo” ma delle slot
gliarsi contro l’azzardo, le contraddizioni
le slot installate, rilevandone 522 solo in
sono evidenti. Forse più evidenti che altrocentro città (nell’hinterland le sale giochi
ve se già nel 2003, senza mezzi termini, nel suo rapporto la
sono oramai tantissime) e ha invitato i commercianti virtuoCommissione antimafia scriveva che «a Pavia il controllo crisi che, per ragioni etiche, di sicurezza (un locale che ospita
minale del territorio non segue la via del “pizzo” ma quella
slot machine, di fatto è un bancomat a cielo aperto, esposto
del videopoker». Nel 2003 eravamo però agli albori di quella
al rischio di rapina o scasso) o semplicemente per decenza,
che, oggi, è diventata forse la più fiorente tra le industrie del
perché speculare sulla miseria altrui non è certamente cosa
Paese.
gradita a tutti, non vogliono “macchinette” nel loro locale a
esporre un adesivo, semplice e chiaro: “No slot”.
Stando ai dati comparativi dell’Agenzia Autonoma dei MoLa provocazione è forte, perché alcuni anni fa proprio
nopoli di Stato (Aams) che regola il comparto del gioco publ’Aams propose agli esercenti di esporre un adesivo simile
blico in Italia, nel solo mese di maggio gli “apparecchi”, ovnella forma, con l’indicazione che, in quel locale, il gioco era
vero slot machine e videolottery hanno raccolto la bellezza
“pulito”, ossia le macchinette tarate e collegate alla rete Sodi 4 miliardi e 150 milioni di euro, contro i 556 milioni del
gei, gestita da Telecom, una banca dati alla quale possono
Lotto. Solo in Lombardia, sempre da dati ufficiali dell’Aams,
attingere sia le forze di polizia, la stessa che usa Aams per
gli apparecchi da intrattenimento, come vengono eufemisticontrollare importo e regolarità del fatturato di ogni slot.
camente chiamati nel settore, hanno incassato 896 milioni di
Qui siamo su un piano diverso, perché la provocazione
euro. Poco importa, ci ricorda il sindaco di Verbania, Marco
vorrebbe diventare sfida per un legame nuovo. «Io ho adeZacchera, da anni impegnato in una battaglia contro il gioco
rito», ci spiega una ragazza, che da alcuni anni gestisce
VITA - LUGLIO 2012
› Simboli.
Il logo disegnato per la campagna
CHI GIOCA DI PIÙ
Le spese per l’azzardo nelle
province italiane.
Escluso il mercato online.
u Pavia
Giocati: 1.156.630.123 €
Pro capite: 2.125 € (7,89% Pil)
v Como
6
Giocati: 828.863.561 €
Pro capite: 1.504 € (5,63% Pil)
w Rimini
Giocati: 419.350.422 €
Pro capite: 1.490 € (4,77% Pil)
x Teramo
Giocati: 418.417.770 €
Pro capite: 1.425 € (6,80% Pil)
y Savona
Giocati: 391.615.513 €
Pro capite: 1.402 € (5,12 % Pil)
zLatina
getty images
Giocati: 695.449.629 €
Pro capite: 1.358 € (5,81% Pil)
{ Terni
Giocati: 297.510.543 €
Pro capite: 1.329 € (5,75% Pil)
|Pescara
via, con il Vescovo in prima fila, commercianti, ragazzi. La
sensazione è che qualcosa di grande possa partire da gesti
piccoli, ma concreti come questo.
Trecento e passa persone che, con striscioni colorati,
hanno ricordato che a Pavia c’è chi dice no, ma non si limita alla protesta: vuole riprendersi gli spazi, i luoghi, renderli
umanamente abitabili, proponendo un modello semplice
ma - al punto di rottura a cui siamo arrivati - quasi eversivo
di convivenza. «Noi chiediamo una vita buona, pulita. Chiediamoci come stiamo vivendo, come vivono quelli accanto a
noi, questo è il primo passo per sconfiggere la diseconomia
dell’azzardo e provare a riappropriarsi delle nostre città, per
noi e per i nostri figli», conclude Feder.
¢
› Slot machine.
Particolare di una
macchinetta
Giocati: 397.943.010 €
Pro capite: 1.307 € (5,98% PIl)
} Reggio Emilia
Giocati: 602.155.222 €
Pro capite: 1.276 euro (4,95% Pil)
~Frosinone
Giocati: 603.836.741 €
Pro capite: 1.238 € (5,28% Pil)
Elaborazione di Maurizio Fiasco
su dati Mef, Aams e Agicos
SEMPLICEMENTE GIACOMO PORETTI
C
A strasciacamisa
nessuno restava
in mutande
Quelle partite a carte
nel bar dei miei
genitori a confronto
con la mania delle
slot di oggi
di Giacomo Poretti
onfesso che è dura per
uno che è cresciuto a
briscola e scopa d’assi
esprimere un giudizio
equilibrato sul fenomeno
del gioco con le slot
machine, che dilaga
nei locali pubblici e
porta alla rovina troppe persone.
Ma io vengo da lì, quello è il
mio riferimento: attorno a quei
tavoli, dove si giocava con le
carte lombarde, e poi, a furia di
immigrazioni meridionali, con le
coppe e bastoni; lì in quel bar gestito
dai miei genitori ho assistito ad
interi sabati e domenica pomeriggi
(negli anni 60 non era stato ancora
inventato il week end come lo
intendiamo noi post moderni,
quindi , i maschi del paese stavano
un po’ in famiglia ma soprattutto
al bar a giocare a carte) a dispute
a briscola come se fossero le
battaglie di Salamina o Waterloo:
alla fine di ogni mano la coppia
che perdeva immancabilmente
litigava furiosamente rinfacciandosi
l’uno con l’altro errori gravissimi.
Poi, dopo le urla e gli strepiti,
il silenzio ritornava quando
venivano ridistribuite le carte.
Tra una partita e l’altra, a scopa
si andava ai 21, a briscola fino
ai 10, si chiacchierava dei figli,
del divano di casa che andava
sostituito, della malattia del
nonno, del nuovo capo reparto
in fabbrica, di Mazzola e Rivera,
ma la discussione si accalorava
maggiormente quando si parlava
di politica: il sabato diventava
critico quando si scontravano una
coppia di democristiani contro una
di socialisti. Ma niente era peggio
che buttare un asso sbagliato o
andare liscio anzichè giocare un
carico! Altro che Fanfani o Saragat!
I tavoli si popolavano intorno alle
14.30 e si svuotavano verso le 19,
dopo aver giocato e urlato per più
di 4 ore, la coppia sconfitta doveva
accollarsi la posta economica che
consisteva nel pagare quello che
si era bevuto e mangiato a quel
tavolo: immancabilmente 4 panini
con gorgonzola e acciughe e diversi
mezzi litri di vino rosso sfuso.
Nel bar c’erano una quindicina di
tavoli ma in nessuno ci si sognava
nemmeno di giocare a denaro: i
soldi servivano per il divano nuovo
o per il nonno che si ammalava.
Noi ragazzi intanto ci si allenava
per sedersi un giorno su quei tavoli
e facevamo il nostro apprendistato
giocando a rubamazzetto o a
strasciacamisa: gioco meraviglioso
che suscitava l’ilarità di tutti
i bambini perché chi perdeva
doveva privarsi di un indumento
via via fino ai pantaloni.
E rieccoci all’oggi. Domina un
concetto di Libertà molto post
post moderno, che provo a
sintetizzare rozzamente così: “se
un individuo prova un desiderio
o impulso, niente e nessuno
deve permettersi di ostacolare
la propria soddisfazione”. Così
diventa difficile dialogare, e le cose
descritte sopra non possono che
apparire moralisticamente antiche.
Ma forse avere una storia ci
aiuta, avere delle regole anche
ingombranti ci sostiene nei
momenti di difficoltà; avere nei
ricordi, che diventano struttura del
nostro dna culturale, pomeriggi
interi dove si stava con i propri
amici a condividere un gioco senza
alcun scopo di lucro e le proprie
tribolazioni, forse potrebbe venire
in soccorso quando si varcano quei
vetri oscurati delle sale dove stanno
le slot machine: è evidente che lì si
va soli con le nostre tentazioni e le
nostre fragilità, e con quell’orribile
concetto di libertà che non vuole
essere intralciato da nessuno.
Come diceva quel cantastorie
“Libertà è partecipazione”, nel
senso che ha senso solo fare cose
insieme, altrimenti che senso ha?
È attorno al concetto di
partecipazione e di regola che
il mondo si salva. Lo sapevamo
benissimo noi ragazzini quando
giocavamo a “strasciacamisa”: si
rideva a crepapelle, ma poi quando
qualcuno si perdeva le mutande,
col piffero che se le toglieva!
7
VITA - OTTOBRE 2012
8
DAL PANE ALLE
SLOT, AZZARDO
MANGIATUTTO
ºNella sola Lombardia, in un anno, i locali in cui è possibile giocare
sono aumentati del 40,2%. Molto di più della media nazionale. Intanto
in tutta italia chiudono centinaia di negozi tradizionali. Ma anche per i
locali si prevedono tempi grami:a dicembre è partita la rivoluzione 3.0
che ha portato le macchinette direttamente sugli schermi dei cellulari…
di Marco Dotti
U
n’impresa su otto. Se, come ci si ostina a ribadire e
sulle pratiche del lavoro, sulle abitudini del consumo, sulle
non senza ragioni, la Lombardia è ancora il motore
dinamiche del produrre e, inevitabilmente, sulle forme steseconomico del Paese, a uno sguardo minimamente
se del nostro vivere in spazi e luoghi e tempi che vorremmo o
attento non dovrebbe però sfuggire questa semplice
semplicemente dovremmo considerare “comuni”.
proporzione, con tutto ciò che ne consegue. Secondo una
L’altra economia del gioco, perfettamente lecita e legale
elaborazione della Camera di Commercio di Milano, è infatti
sia chiaro, è “altra” solo se non la si osserva con uno sguardo
“made in Lombardia” un’impresa su otto,
poco attento. Questa economia è sempliovvero il 12,8% delle specializzate che comIl 12,8% del "gioco
cemente l’economia, non ciò che ne riplessivamente operano nel settore del “giomane. È oramai diventata sistema e come
a gettoni” italiano è
co a gettoni” e delle scommesse in Italia.
tale andrebbe trattata, osservandone le
made in Lombardia
Un dato esemplare, allarmante si dirà,
ascese nel lecito, non solo ricadute – che
se non che gli allarmi arrivati fuori tempo
chiaramente ci sono – nella sfera dell’illemassimo servono a poco. È formalmente dal 2008, ovvero
cito. Questa economia non è un residuo, ma il motore tutt’aldall’inizio della “grande contrazione” per dirla con Mauro
tro che sommerso di qualcosa che avanza, cresce, guadagna
Magatti, che il gioco, legato soprattutto a scommesse e slota sé spazi fisici riconvertiti alla bell’e meglio – basterebbe
machine, ha iniziato la sua corsa espansiva, con un impatto
fare un giro in Brianza, per osservare il deserto di ex stabilirilevantissimo sui luoghi, sulle imprese, sul risparmio e non
menti trasformati in immense sale da gioco – conquistando
da ultimo sul Pil nazionale e provinciale.
consensi e fette di mercato sempre più grandi. In attesa di
Un dato che comunque fotografa un comparto in contiquella che, come dichiara a Vita un importante manager del
nua crescita, con chiare, ma non a tutti evidenti, ricadute
settore, «sarà la rivoluzione 3.0 dell’azzardo e frutterà centi-
DAL PANE ALLE SLOT, AZZARDO MANGIATUTTO
rEnalotto e Totocalcio, con un incremento del 167,3%, oltre
naia di milioni di euro, abbattendo le spese fisse che ancora
agli esercizi che hanno come attività principale o connessa
abbiamo per dipendenti e locali»: quella delle slot machine
la gestione di apparecchiatura con vincite in moneta, le coonline, che partiranno il prossimo 3 dicembre e saranno opesiddette slot machine. In questo caso, comparandolo con i
rative sui cellulari e sugli smartphone che già iniziano a essedati del registro delle imprese del 2010 e del 2011, l’aumento
re venduti con l’applicazione di serie. In sostanza, molti dei
è stato del 55%. Altre cifre non indifferenti: a Milano è premodelli già posti in vendita – ne abbiamo testati a campione
sente il 5,3% degli esercizi nazionali e la spesa complessiva
tre di fascia media – hanno preinstallata la “app” per giocare
annua in città – relativamente al 2011 – è stata di 77,5 milioni
24 ore su 24, puntando soldi veri, direttamente dallo scherdi euro all’anno, pari a quasi il 4% del Pil
mo del proprio cellulare. Per ora l’app c’è, è
Sarà la rivoluzione 3.0
procapite giocato. Questi i numeri, tra i
in “stand by”, in attesa che un’autorizzaziopochi a potersi permettere il segno “più”,
ne dell’Azienda Autonoma dei Monopoli di
dell'azzardo e frutterà
in un’economia a vocazione negativa.
Stato faccia il suo corso, confermando nella
centinaia di milioni
Eppure, anche qui, qualcosa non torna.
norma, uno stato di fatto. In attesa che la
Recentemente, il Siipac (la Società italianuova frontiera “3.0” avanzi, torniamo ai
na d’Intervento sulle patologie compulsive), ha rilevato che
nostri dati, molto empirici e molto materiali, ma non meno
il giocatore compulsivo è prevalentemente di sesso maschile
rilevanti. Tra le province lombarde, Milano detiene il pri(72%), sposato o convivente (68%) e lavoratore dipendente
mato con 353 attività, il 41,3% del totale regionale, seguita
(51%) di età compresa tra i 30 e i 50 anni (32%), diplomato
da Bergamo, la sopravvissuta o sopravvivente provincia di
(69%). Il 33% dei giocatori compulsivi risiede al Nord e l’OrMonza e Brianza e Brescia, che ha il 9,1% delle attività, ma
ganizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che, in Italia,
una percentuale di crescita del 50%.
circa un milione e mezzo di persone, ovvero il 6% dei giocaPochi numeri basterebbero per rendersi conto che il comtori, possa rientrare tranquillamente nella categoria.
parto del gioco cresce in maniera direttamente proporzioPur non essendo “compulsivi” o “patologici”, si valuta
nale alla crisi di commercio, industria e servizi, trascinando
che siano 35 milioni gli italiani abitualmente dediti al gioinvestimenti e “allocando” risorse sempre più imponenti.
co, con un spesa che negli ultimi sei anni è stata di oltre 200
Con le inevitabili “esternalità”, come si dice in gergo: ossia la
miliardi di euro, pari al debito pubblico accumulato, nello
classica socializzazione delle perdite e dei disagi e la radicale
stesso periodo, dalla Grecia. Anche qui, c’è da chiedersi: chi
privatizzazione dei profitti.
ci guadagna? Non le città, che vedono sempre più assottiSolo che non è chiaro, qui, di chi siano i guadagni, mengliarsi quei luoghi di incontro e di scambio, e non di mero
tre chiarissimo è chi sopporti le perdite. Crollano i consumi
consumo, che erano negozi e persino
alimentari, ogni giorno nel capoluogo lomLa microeconomia
centri commerciali di tipo tradizionale.
bardo chiudono trenta negozi, è sempre più
Non lo Stato che, oltre a farsi carico della
difficile per esercenti e commercianti accedelle slot sfugge alla
spesa per la cura dei giocatori patologici
dere a qualsiasi forma di credito, le impoferrea legge dei numeri (a dispetto della spending review che ha
ste fisse crescono, gli aumenti pure... In tre
tagliato su tutto, ma si propone di aprianni, oltre cinquecento negozi, soprattutto
re le porte al trattamento delle “ludopatie”), nei primi sette
panettieri e piccoli esercizi di commercio, hanno chiuso nel
mesi del 2012 ha visto ridursi le entrate derivanti dal gioco
centro della città. Ma quasi il doppio sono quelli che, norme
del 9,9% rispetto allo stesso periodo del 2011 (siamo a meno
permettendo, si sono riconvertiti in ricevitorie o hanno fatto
516 milioni di euro di entrate), anche a fronte di un increspazio a slot machine e sale scommesse, magari affiancanmento della spesa pro capite per l’azzardo (è cresciuto infatti
dole a forniture di servizi di acquisto o vendita on line. Anil gioco online su piattaforme estere, aggirando i blocchi).
che per loro, però, gli affari non vanno a gonfie vele.
Non gli esercenti, se è vero quanto ci hanno raccontato
A dispetto della macroeconomia dell’azzardo, c’è una
tutti quelli intervistati nella sola Milano.
microeconomia che come sempre sfugge alla ferrea legge di
Chi ci guadagna, allora? Di sicuro, ci guadagnano i giochi
numeri e cifre. «Troppe macchinette in circolazione», ci raconline che,con la liberalizzazione sulle slot, poker e rouletconta Giulia, titolare di un locale in zona Corvetto. «Però se
te hanno registrato un incremento del 1.746,5% nel 2012.
non avessi quelle macchinette, non riuscirei a sopravvivere.
Un mercato "immateriale" potenzialmente senza freno, che
Troppe tasse e con i caffè non ci campi. Alla fine, a me rimasatura il tempo, dopo aver consumato ogni spazio olonizne ben poco. Oltre al rischio che mi assumo». Accanto alle
zando l'immaginario ludico. L’antropologo David Le Breton,
slot, infatti, è solitamente presente un “cambiabanconote”,
professore all’Università di Strasburgo, che da anni studia
il che, dichiara a Vita Rodolfo, gestore di un bar nel quartiere
il fenomeno del gioco, è convinto che a
milanese dell’Isola, «rende più appetibile il
perderci siano tutti gli attori che entrano
mio locale di un bancomat. Nelle macchiDietro al "gioco”
nel processo. «Dietro il termine “gioco”
nette e nel “cambiavaluta” a fine serata ci
si nasconde la guerra
si nasconde qualcosa che è più simile a
sono sempre migliaia di euro, da cui va detdel tutti con tutti
una guerra di tutti contro tutti. In queto io ricavo solo una minima percentuale di
legge. Ho subito tre rapine in un anno e alla
sta guerra, le ineguaglianze sociali sono
fine mi sono ritrovato a guardare ogni cliente con sospetto,
confermate o inasprite, ma proprio per questo inducono una
come se fosse un ladro potenziale. Non so quanto resisterò
risposta di tipo “messianico”. Il gioco, questo gioco, non ha
ancora».
né opere, né giorni. Non investe sul futuro, lo consuma.
Ma se Rodolfo chiude, altri saranno pronti a subentrargli.
Consuma i nostri luoghi, le nostre città. Dobbiamo comBasta guardare ancora una volta i dati. Nel 2012, la sola città
prenderlo, recuperando il senso dei luoghi, gli spazi delle
Milano ha registrato un aumento del 42,3% di imprese del
nostre città, ragionando sulle solidarietà orizzontali, non
settore. A crescere, nel capoluogo lombardo, è stato sopratsolo sui grandi sistemi. Ripartire dai luoghi e dagli uomini,
tutto il numero di ricevitorie specializzate in Lotto, Supea dispetto dei numeri». ¢
9
VITA - OTTOBRE 2012
MASCHIO
DIPLOMATO
CONVIVENTE
DIPENDENTE
NORD
n.
% sul totale dei giocatori
SESSO
STATO CIVILE
LAVORO
10
ETÀ
ISTRUZIONE
LOCAZIONE
MILANO
353 IMPRESE
248 IMPRESE
2010
2011
% crescita
BERGAMO
MONZA
E BRIANZA
BRESCIA
COMO
+39,7%
+50%
+41,2%
CREMONA
LECCO
+27,8%
+41,2%
LODI
+11,1%
MANTOVA
VARESE
PAVIA
SONDRIO
+20%
+42,3% +52,9% +45,2%+ +62,5%
ºNUMERI
L'azzardo italiano, l'identikit del giocatore
e la crescita delle province lombarde
Dati Camera di Commercio
23,1%
Arci, no slot.
I CIRCOLI DI EMPOLI
DANNO LA LINEA
› Daniele Biella
«Fino a pochi anni fa ben 28 dei 76 circoli
Arci del nostro territorio erano invasi da
videopoker e slot machine. Ora, finalmente,
ce ne siamo liberati». È stata poco meno
di una battaglia campale quella che ha
condotto Sergio Marzocchi, presidente di
Arci Empolese e Val d’Elsa, per riconvertire
in luoghi di pura e sana aggregazione quegli
spazi in cui troneggiavano le macchinette
mangiasoldi, il cui ricavo, per alcuni circoli,
arrivava anche al 40% del fatturato annuale.
Il punto di partenza è stato il bilancio sociale:
«Nel 2003 abbiamo avviato un percorso
di riflessione sul valore etico della nostra
associazione: tra i motivi del nostro modo di
fare volontariato e promozione sociale c’è
anche la lotta all’azzardo», racconta Marzocchi.
«Così, per i cinque anni successivi, siamo
andati di circolo in circolo per trovare una
posizione comune, fino a quando in assemblea
abbiamo stabilito che tali macchine andavano
bandite. Solo tre dei 76 circoli non ci sono
stati, e sono usciti, purtroppo, dall’Arci».
Nessuno dei circoli rimasti senza i guadagni
facili delle slot è andato in rosso, grazie a
solidarietà e lungimiranza. «Prima sono stati
aiutati con un fondo comune, poi si è stabilito
un piano di rilancio che ha potenziato le
attività aggregative, come ballo liscio, cene
sociali, gite», spiega Marzocchi, un presidente
che può contare su 14mila soci e 800
volontari in un territorio di 160mila abitanti.
L’esempio di Empoli e Val d’Elsa è stato
preso a modello di recente da molti circoli di
Genova e provincia, dove l’azzardo, presente
in più del 50% dei 160 circoli, sta vivendo
un boom inaspettato, che una raccolta firme
di 200 volontari Arci (in primis il presidente
provinciale) vuole arginare. Opposta, invece,
la situazione in Emilia Romagna, cuore storico
dell’ente, dove molti presidenti di circolo
rivendicano la loro scelta di mantenere le
macchinette. «Io sono contrario alla loro
presenza, ma nella nostra associazione
non esistono diktat, piuttosto ci stiamo
interrogando seriamente sul tema», spiega
Paolo Beni, presidente nazionale Arci.
Proprio Beni però rivela che nella Carta di
impegno dei circoli (la prima del suo genere,
in via di pubblicazione) è inserito «uno
specifico riferimento alle slot. Si dice infatti
che una buona ricreazione deve stabilire
paletti per prevenire gli abusi, le dipendenze
e la solitudine delle persone». Beni non
si nasconde, sa bene che si parla di «una
fonte di proventi economici importanti»,
ma sentenzia: «Vale di più la coerenza.
Naturalmente senza divieti, piuttosto con
un percorso di consapevolezza e ricerca
delle alternative al gioco d’azzardo».
Tutti a studiare nell’empolese, allora.
EX-CATHEDRA LUIGINO BRUNI
È
No slot, perché
la virtù batte
la fortuna
La cultura del gioco
d’azzardo mette in
crisi uno dei pilastri
dell’umanesimo
dell’Occidente
di Luigino Bruni
necessario reagire con
forza contro la cultura
dell’azzardo, anche perché
mette in crisi uno dei
pilastri dell’umanesimo
dell’Occidente: virtù
batte fortuna. Nel
mondo antico la felicità
era, infatti, legata alla fortuna,
quasi un suo sinonimo, tanto che
l’etimologia arcaica della parola
greca felicità, cioè eudaimonia,
associa la felicità al buon (eu)
demone (daimon). Il daimon prima
di Socrate era una realtà esterna
all’uomo che determinava la sua
felicità: se gli veniva assegnato
dal destino (o dagli dei) un buon
daimon era felice, e infelice nel
caso di un cattivo daimon. Quella
felicità è dunque statica, data per
sempre: non si può diventar felice.
Con Socrate il concetto di daimon
cambia radicalmente, e diventa la
parte spirituale della persona, la sua
parte migliore: la felicità consiste
nel far emergere quel daimon
tramite la pratica delle virtù. Si
può finalmente diventar felici, e la
felicità diventa anche un progetto di
vita, una scelta intelligente: puntare
sulle virtù. Ed essere fortunati (es.
ricchi) ma non virtuosi non porterà
mai felicità – lo vediamo anche oggi
con i dati sui vincitori di lotterie,
che dopo pochi mesi tornano infelici
come, e più, prima della vincita.
Le lingue anglosassoni conservano
ancora questa antica radice presocratica della felicità. Happiness,
ad esempio, proviene da “to
happen”, cioè capita, succede:
quindi la fortuna, il destino.
La felicitas latina invece custodisce
tutta un’altra storia, ed è molto
vicina alla Socratica eudaimonia.
La felicitas a Roma era normalmente
associata a publica, e il termine
rimandava alla generatività della
vita e alla coltivazione delle virtù.
Il prefisso fe è infatti lo stesso di
fecundus, ferax, fetus, femina.
Gli alberi erano chiamati infelix
(sterili) e felix. E il verbo latino feo
significa proprio produrre. Non è
un caso che le immagini latine della
felicitas publica rimandassero ai
bambini, alle donne (spesso incinte)
e all’agricoltura. La Campania felix
era felice per l’abbondanza delle
sue campagne e per la fertilità della
terra. Felicità è fioritura umana. I
greci e poi un’anima fondamentale
della cultura romana, capirono che
stava iniziando “l’era degli uomini”,
che potevano essere finalmente
liberati dalla dea bendata, dalla
sorte, e da tutta quella magia che
domina sempre nelle culture basate
sulla fortuna. Lo strumento di
questa liberazione fu proprio la virtù
(areté), poiché solo l’uomo virtuoso
può diventare felice coltivando le
virtù, anche contro la cattiva sorte.
È qui che inizia la nostra
responsabilità, perché si inizia
a poter dire che il principale
protagonista della mia felicità (e
infelicità) sono proprio io, e non
gli eventi esterni, che certamente
hanno un peso nel mio benessere,
ma che non sono mai decisivi nel
determinare la felicità. La virtù
batte la fortuna, una tesi che
ritroviamo alla radice nella nostra
età, ma che oggi è fortemente
sfidata da una cultura che parla
sempre più di fortuna, di lotterie,
gratta e vinci, magie e oroscopi,
giochi d’azzardo. Combatterla
significa salvare un’eredità enorme
della nostra civiltà, ricordando
che, ieri come oggi, la virtù civile
più importante è il lavoro.
Noi oggi sappiamo che non c’è
fioritura umana senza lavoro,
neanche quando il denaro per
vivere ci arrivasse dallo stato o
dalle rendite. Non si deve invidiare
chi vive di rendita senza lavorare,
proprio perché gli manca una
dimensione fondamentale della
felicità, della fioritura umana.
Creare lavoro oggi significa riportare
l’asse della nostra storia sulla virtù
e sulla felicitas publica, le grandi
assenti da una cultura capitalistica
dominata dalla fortuna delle slot
machine e della finanza speculativa,
e di una ricerca di un piacere
privato, che non fa fiorire la vita.
11
VITA - DICEMBRE 2012
GLI U0MINI
NO SLOT
SINDACI, GOVERNATORI, NON PROFIT. ECCO CHI CI DIFENDE DAL MAL DI GIOCO
12
ºIncontri in tutt'Italia, tv e giornali finalmente mobilitati
sul problema. La campagna no slot lanciata da Vita con la
Casa del Giovane di Pavia sta provocando un vero e proprio
terremoto. Il diario di un mese vissuto in prima linea
di Marco Dotti
ŠVenerdì 2 novembre
È un giorno strano per cominciare, ma è
proprio oggi che tutto comincia. Terrò un
diario, io che non ho mai avuto nemmeno un’agenda. Mi ritroverò costretto ad
appuntarmi tutto di questo mese vissuto
dentro e fuori il mondo delle slot machine: le date, chi mi chiamerà, chi dovrò
richiamare e chi no. Difficile, altrimenti,
tenerne il conto. Sarà un effetto domino,
le tessere arriveranno e cadranno una
dopo l’altra. Il gioco d’azzardo di massa
è una tessera molto pesante, trovato il
modo di farla cadere farà molto rumore
e trascinerà molte cose con sé.
ŠSabato 3 novembre
Con gli amici della Casa del Giovane di
Pavia abbiamo lanciato il Manifesto No
Slot, parlato con centinaia di persone,
coinvolto sindaci e parrocchie, volontari
e insegnanti. L’idea è che a muovere tutto siano le cose, senza paternità, senza
presunzioni o copyright: è un problema
che tocca tutti, allora parliamo tutti del
problema. Non dobbiamo mettere il cappello su niente, ne raccogliere consenso,
semmai generare un piccolo movimento. Alla fine, il movimento è arrivato e
a muoversi per prime sono state loro: le
madri e le mogli dei giocatori. Lo hanno
fatto quasi in silenzio. Hanno inscenato
un corteo, volevano una cosa sola, una
cosa che vogliamo tutti: basta slot machine nei bar, nei luoghi di aggregazione, nei cinema, fuori dalle scuole e dagli ospedali. Oramai la tessera è caduta.
Qualche giorno di tregua, poi diventerà
sempre più difficile scappare.
ŠMartedì 6 novembre
Alla fine, l’articolo è uscito: Corriere della Sera, prima pagina, titolo chiaro: “La
carica delle mogli per fermare i mariti
che giocano d’azzardo”. Simone Feder,
l’anima della Casa del Giovane di Pavia,
mi chiama alle 6 del mattino, siamo entrambi svegli. Prima differenza: lui ama
i telefoni, io li detesto. Seconda differenza: lui è già in macchina e non beve
caffè. Io sono in treno e ho appena preso
congedo dal mio terzo caffè. Mi legge il
pezzo. Nell’articolo si dà conto di tutto:
le donne che a Pavia si sono mobilitate
e chiedono ai giudici un provvedimento
di interdizione, affinché si possano bloccare i conti correnti di familiari coinvolti
nella piaga del gioco, il Manifesto NoSlot. «Abbiamo suscitato un bel casino,
adesso non possiamo mollare», mi dice.
Il problema deve diventare autoevidente
in tutto il suo dramma, di modo che una
non risposta delle istituzioni corrisponda a una implicità corresponsabilità nel
disastro. A Pavia c’è una slot machine
ogni 136 abitanti e il denaro giocato è pari
2.125 euro all’anno pro capite. Milano o
Napoli non sono da meno. Ma i numeri
non dicono nulla, anche se i giornalisti li
amano. Dietro i numeri è facile nascondere l’incapacità di tutti di osservare il
disastro partendo dai piccoli cedimenti,
quelli che nessun sismografo registra.
Eppure è sempre così che si comincia,
con i numeri.
ŠGiovedì 8 novembre
Il mezzo sorrisetto che liquidava al volo
i nostri discorsi sul gioco oggi si è magicamente mutato nella fretta sproporzionata di sapere. Come se bastasse corre-
GLI UOMINI NO SLOT
QUI REGGIO EMILIA
getty images
› Graziano Del Rio
Sindaco e Presidente Anci
› Cina. Una discarica di slot machine
re, e non guardare, per sapere. Rispetto
a un problema per nulla estemporaneo,
l’attenzione dei media è "carsica": emerge e riemerge a seconda del clima umorale, delle stagioni, dell’assenza di altre
notizie. Sta di fatto che oggi, improvvisamente, tutti si ricordano di noi. Oggi,
Chi, Canale 5, la Rai... Sono decine le
chiamate. C’è chi vuole capire e chi vuole informazioni in dettaglio, ma c’è pure
chi è alla ricerca di casi umani all’ingrosso da piazzare davanti a una telecamera
alla voce “testimonianza“.
ŠSabato 10 novembre
«Sono tutte uguali». Giovanna ha 16
anni, piange e lo confessa a un’amica che
la sta abbracciando. Figlia di conoscenti, credevo di conoscere anche lei, ma
mi sbagliavo. Non conosciamo nessuno
tanto a fondo da poterci sentire immuni
dalla sorpresa. Giovanna la trovo in un
bar. «Tutte uguali». Tutte, chi? Con la sua
amica è seduta a un tavolo della stanzetta interna. Non mi ha visto, è troppo intenta a piangere. Io vedo però la sua borsa appoggiata alla sedia davanti alla slot.
ŠDomenica 11 novembre
Non ci ho dormito la notte, anche se mail
e telefonate non c’entrano. Giovanna
era là per giocare con un’amica. Sono
due mesi che salta la scuola, prima solo
il mercoledì, ora anche il sabato. Con
Anna, stessa età, stesso sguardo triste,
passa due mattine la settimana giocando
a quella macchinetta. Gli altri giorni, si
accontentano di tentare la sorte sul telefonino. Stando a quanto mi dicono, in
due spendono circa 100-150 euro a settimana. Fanno la cresta su tutto, parrucchiere, abbonamento mensile dell’autobus. Altre cose non me le dicono, ma
mi fanno capire che loro, almeno, sono
"pulite". Altre ragazze, pur di giocare,
hanno cominciato a vendersi ai padroni
di alcune sale gioco. C’è da rabbrividire,
altro che numeri.
ŠGiovedì 15 novembre
Oggi parlo di minori e gioco d’azzardo
in tv. Sempre la solita storia sui numeri.
Andiamo a campione. Nelle città del (un
tempo) ricco Nordest, il il 45% dei ragazzi
in età scolare gioca d’azzardo. Il 5% di
«Vorremmo fare di più, ma non c’è
certezza sulle nostre competenze. Anzi,
spesso rischiamo multe salatissime
quando prendiamo posizione sul tema
del gioco d’azzardo». Graziano Del Rio,
sindaco di Reggio Emilia e presidente
dell’Anci, l’Associazione nazionale
comuni italiani, sa che la battaglia fatta
dal basso, dai sindaci e dai presidenti di
provincia e dai governatori regionali, per
la regolamentazione delle sale giochi è un
argomento più che delicato: le ordinanze
di sindaci di tutta Italia in materia, volte
a limitare la diffusione del fenomeno,
sono la maggior parte delle volte vittime
di ricorsi affettuati dalle aziende del
gioco che ne annullano l’efficacia ed
espongono il Comune al risarcimento
verso il privato che è ricorso al Tar.
A Reggio Emilia il Consiglio comunale
ha adottato da poche settimane una
nuova strategia: il 19 novembre 2012 è
stata approvata una variante al Rue, il
Regolamento urbanistico edilizio, che
vieta l’installazione di nuove sale giochi nel
centro storico e in generale in prossimità
dei quartieri residenziali. «D’ora in avanti
chi vuole giocare dovrà andare apposta
in quei luoghi, e non se li troverà più
all’angolo della strada mentre cammina, o
mentre porta a spasso il cane», spiega Del
Rio. Diminuisce la tentazione e il rischio
di dipendenza e disagio sociale per le
famiglie: «La modifica al piano urbanistico
arriva dopo tre mesi di confronto con
la Questura, mentre dal punto di vista
sociale è da anni che collaboriamo con
l’associazionismo locale per arginare gli
effetti della ludopatia, soprattutto nella
tutela dei minori», continua il sindaco. «Per
esempio, l’attività che stiamo svolgendo
con la cooperativa sociale Papa Giovanni
XXIII, uno dei punti di riferimento nazionali
sul tema». I controlli della Polizia locale
alle sale attive in città «sono all’ordine del
giorno e sono necessari. Più che alle multe
ai gestori, però, vogliamo far capire alla
popolazione i rischi del gioco patologico».
Come presidente Anci, Del Rio reputa
che il confronto con altri Comuni sia
«indispensabile, anche perché dobbiamo
cavarcela tra amministratori locali: da
chi governa a livello nazionale non arriva
nessun aiuto, anzi nell’ultimo anno,
nonostante la ludopatia sia stata inserita
nei Lea, Livelli essenziali di assistenza, la
situazione sembra peggiorata». Il sindaco
reggiano si riferisce «alla riduzione dal
30% al 10% delle tasse per le attività
delle sale giochi: è un provvedimento
scandaloso, che ha sottratto risorse allo
13
VITA - DICEMBRE 2012
Stato anziché recuperarle per ridurre
le manovre finanziarie». Del Rio non le
manda a dire al governo Monti: «È un
tema molto sentito quello della lotta alla
proliferazione delle slot, peccato che in
un anno di mandato l’attuale esecutivo
non sia stato in grado di affrontarlo in
modo efficace. Dal prossimo governo ci
aspettiamo un deciso cambio di rotta».
QUI SICILIA
Antonio Mola
› Rosario Crocetta
Governatore
› Simone Feder
14
questi gioca con frequenza giornaliera,
ma in tutti i casi – ripetiamolo 45 ragazzi
su 100 – non percepiscono la loro attività
come attinente a un comportamento di
rischio. Circa il 36% di questi ragazzi afferma che a spingerlo al gioco è la ricerca
di un vago "benessere psicologico", non
la speranza di guadagno. Manco a dirlo,
accanto al Gratta e Vinci (36,9%) e all’online (19,8%), sono le famigerate slot machine a prendersi il mercato dei giovani.
E questo a dispetto di ogni regolamento
e norma che vieti il gioco tra i minori.
ŠLunedì 19 novembre
Oramai il diario è pieno. Pieno di numeri, di scarabocchi fatti ascoltando la solita domanda, ma anche di una tipologia.
Ho diviso i giornalisti in quattro categorie, per comportamento e disposizione:
c’è quello sereno e c’è quello agitato;
c’è quello che vuole capire e far capire e
quello che di capire o far capire non ha la
minima intenzione.
Alla fine, dopo attenta meditazione, ho deciso di liberarmi degli agitati.
Quelli che non vogliono capire possono restare, ma in fondo alla lista. Primo
obiettivo raggiunto dal Manifesto e dal
Movimento No Slot: porre il problema
sotto le luci di scena. Poco importa se il
teatro è fatiscente, l’importante è che il
problema si veda, sia chiaro, evidente.
Oggi sono a Canale 5, da Paolo Del Debbio. La trasmissione ha ottimi ascolti, il
dado è tratto.
ŠMartedì 6 novembre
Alla stazione di Treviglio sale Patrizia.
Mi riconosce, la riconosco. Ci siamo visti un mese prima alla Consulta delle
Donne. Il tema, anche allora, era il gio-
co d’azzardo. Patrizia fa l’insegnante e
mi spiega perché, secondo lei, proprio
le donne sono le più sensibili al problema. Su un totale di circa due milioni di
giocatori patologici, le donne sono quasi
un terzo, ma il trend è in crescita. Resta
un dato sommerso: anche se non giocatrici, come mogli e come madri, le donne
sono esposte più di altri a questa piaga.
Piaga che non colpisce mai il singolo,
ma il suo intero orizzonte affettivo. «C’è
un nesso tra la lacerazione di questo
orizzonte e la violenza. Le donne lo intuiscono, per questo sono le più esposte,
non solo come vittime dirette, per questo si muovono», mi spiega Patrizia.
ŠDomenica 25 novembre
All’ingresso dell’autogrill di Brescia
Ovest, sull’A4, in direzione Venezia,
due slot machine fanno bella mostra di
sé. Entro fingendo di ignorarle. Faccio il
mio giro dopo il solito caffè e, nel reparto
giocattoli, accanto a due bambole vedo
un gioco per "bambini dai 5 agli 8 anni".
È l’armamentario per giocare a poker,
nella variante semplificata oramai nota
al grosso pubblico del Texas Holdem:
29 euro per insegnare al tuo bambino a
rovinarsi. Le slot machine che reincontro all’uscita sono impostate sullo stesso
gioco. C’è qualcosa di atroce in questo
circolo perverso. Nessun luogo è sicuro,
nemmeno l’infanzia. Terribile.
ŠMercoledì 28 novembre
Uno dei racconti più belli che mi sia capitato di leggere porta la firma di Marcel
Jouhandeau. Per generazioni di francesi, Jouhandeau ha significato provincia,
scandalo, ma anche assoluta adesione a
ciò che è comune a tutti: la fragilità.
Se ne parla ancora poco, ma lo tsunami
delle slot machine (e patologie collegate)
è ormai sbarcato anche in Sicilia, destando
un’evidente preoccupazione non solo
tra le organizzazioni del Terzo settore
ma genericamente tra tutte le persone
di “buon senso”. Fra le quale si annovera
anche il neo presidente della Regione
Rosario Crocetta. Venuto a conoscenza
del Manifesto No Slot promosso da Vita ha
espresso la piena condivisione ai principi e
alle motivazioni che hanno ispirato questa
iniziativa definendola «un’ottima idea».
«Da parlamentare europeo», ha proseguito
Crocetta, «mi sono opposto in modo
molto deciso alle leggi che permettevano
l’apertura di sale d’azzardo “mascherate”;
mi preoccupa particolarmente questo
fenomeno che in molti casi porta alla rovina
le famiglie e crea stati di dipendenza».
Insomma un endorsement senza se e
senza ma che dà sponda al sud a questa
battaglia. Oltre ad apprezzare il Manifesto,
Crocetta si è anche reso ufficialmente
disponibile «ad accompagnare i promotori
della mobilitazione in un’interlocuzione
diretta con la Giunta, appena verrà
nominata e inizierà i lavori», passaggio
fondamentale perché il Manifesto No
Slot si traduca in interventi concreti. Noi
naturalmente lo prendiamo in parola. Il
QUI PAVIA
› Alessandro Cattaneo
Sindaco
È stato tra i primi a firmare il Manifesto No
Slot lanciato da Vita: Alessandro Cattaneo
dal 2009 è sindaco della città record di
giocate in videoloterrie. Un triste primato.
«La battaglia di Vita è la nostra battaglia, e
quella dei cittadini di Pavia: è ascoltandoli
che ci accorgiamo di cose che dall’alto è
difficile vedere, come il problema della
dipendenza da slot e videolotterie», spiega
Cattaneo, «noi amministratori non voltiamo
lo sguardo dall’altra parte, e cerchiamo di
GLI UOMINI NO SLOT
arginare il fenomeno ognuno con i mezzi
che ha a disposizione: io per esempio
ho emanato un regolamento di Polizia
urbana», che oltre a prevedere per le sale
giochi una distanza minima da luoghi
come scuole, ospedali, oratori e altri centri
aggregativi, obbliga le stesse a dotarsi di
telecamere per evitare che vi giochino
minorenni. «Ora però è venuto il momento
di insistere sulla necessità di elaborare
strategie condivise a livello più alto, perché
il problema è serissimo e procedere a
tentoni ogni Comune per conto proprio
non basta più», ragiona il sindaco di
Pavia. «Per questo propongo una presa di
coscienza comune, indipendentemente
dall’appartenenza partitica. La politica
è questo mettersi in mezzo, mediare,
ma anche ricondurre a ragionevolezza
cose che rischiano di produrre una
vera e propria febbre sociale».
QUI BOLZANO
› Mauro Randi
Assessore alle Politiche sociali
A Bolzano sono stati i primi a muoversi
come publica amministrazione locale
nella guerra alle slot. Era l’ottobre 2010:
a pochi mesi dall’insediamento del nuovo
Consiglio comunale, venne attivata dal
Comune, in particolare dall’assessore alle
Politiche sociali e ai giovani Mauro Randi,
una task force con la partecipazione delle
associazioni locali per far fronte al dilagare
della ludopatia, la dipendenza dal gioco
d’azzardo. Due anni dopo l’avvio di questo
meccanismo, gli abitanti di Bolzano e
provincia possono considerarsi oggi gli
unici ad avere una normativa ufficiale che
prevede il blocco totale di nuove licenze
per aprire sale giochi a meno di 300
metri da luoghi sensibili (scuole, chiese,
centri aggregativi), e non solo: entro
il 15 dicembre 2012 dai bar di Bolzano
dovranno sparire le slot machine. Il primo
obiettivo è stato ragiunto grazie a un
provvedimento della Provincia autonoma
varato a ottobre 2012, il secondo risponde
invece a un’ordinanza emessa dal sindaco
di Bolzano poche settimane più tardi.
«Si è dovuti arrivare a una legge
provinciale: quando ci avevamo provato noi
direttamente, come Comune, non ci siamo
riusciti, perché il governo aveva dichiarato
l’atto legislativo illegittimo. Ci voleva una
legge di portata più ampia, e così è stato»,
spiega Randi, che prima dell’elezione ad
assessore era il direttore della Caritas
cittadina. «L’importante non è demonizzare
chi, come gli esercenti, ha le macchinette
nel proprio locale, né mettere in atto
una crociata proibizionista contro l’uso
del gioco d’azzardo; piuttosto, bisogna
contrastare con armi efficaci l’abuso,
perché provoca un disastro sociale»,
sottolinea Randi. A Bolzano, che conta
104mila abitanti, sono 21 le sale attive, e
50 i bar-tabacchi che hanno slot al proprio
interno, «in aumento esponenziale negli
ultimi anni». Ma anche i dati sulla ludopatia
sono in crescita: «I Sert (acronimo di Servizi
per le tossicodipendenze, luoghi in cui
si trattano utenti con dipendenza anche
da alcol o gioco, ndr) della zona ci hanno
comunicato che dal 2010 al 2011 le persone
che si sono rivolte a loro sono aumentate
del 30% a livello provinciale e del 40%
nella città di Bolzano», illustra l’assessore.
Il Comune, oltre ad aver pensato di
“premiare” i commercianti virtuosi
(«avevamo proposto di mettere sul sito
del Comuni gli esercenti che avessero tolto
le slot dal proprio locale, ma l’appello è
caduto nel vuoto con due sole eccezioni»),
si è messo in rete con il vicino municipio
di Trento e si sta attivando da tempo
per promuovere a livello socio-culturale
l’informazione sul tema: «Nel solo mese di
ottobre abbiamo organizzato tre incontri
pubblici molto apprezzati, uno dei quali
con i circoli cittadini di anziani», prosegue
Randi. «Inoltre abbiamo promosso un
corso di prevenzione alla dipendenza
dal gioco ai gestori delle sale slot, che
hanno frequentato in modo assiduo».
QUI VERONA
Il consiglio comunale all’unanimità
“Azioni di autotutela del Comune di
Verona contro i rischi comportati
dalla diffusione del gioco d'azzardo”.
Questo l’ordine del giorno approvato
all’unanimità dal Consiglio comunale di
Verona lo scorso 15 novembre 2012, con
il quale l’amministrazione di Flavio Tosi
(sindaco che però non ha sottoscritto il
Manifesto no-slot) entra a far parte degli
enti locali impegnati pubblicamente
contro il proliferare di macchinette.
D’ora in avanti “nelle strutture comunali
date in concessione (associazioni,
circoli ricreativi, esercizi affini) è vietato
collocare macchine per il gioco d’azzardo
elettronico”, recita l’Odg, e il Consiglio si
appella “al Parlamento perché intervenga
con opportune norme di legge volte a
limitare la pubblicità relativa all’azzardo,
nonché contenerne la diffusione”. L’Odg,
che mira anche a “promuovere ogni forma
di informazione che metta in rilievo i
rischi comportati dall’abuso del gioco
d’azzardo”, dovrebbe così sgombrare ogni
dubbio sulla volontà del Comune, sindaco
in primis, di arginare il fenomeno: è di
poco tempo fa la discussione tra Tosi e il
consigliere Udc Stefano Valdegamberi,
che aveva criticato la scelta - discutibile
- del primo cittadino di regalare gratta
e vinci della lotteria Win for life a chi
decide di sposarsi con rito civile nei luoghi
storici comunali della città scaligera...
QUI PIEMONTE
› Roberto Cota
Governatore del Piemonte, è stato il primo
presidente di Regione a sottoscrivere
il Manifesto No slot di Vita (l’ha poi
seguito il neo-eletto Crocetta, in Sicilia)
Quella contro le slot è una battaglia che
vede coinvolti in primo luogo i sindaci, che
però hanno pochi e insufficienti strumenti.
L’adesione di un Governatore alza il
livello. Cosa può fare, dalla sua poltrona,
per tutelare i cittadini dalla piaga-slot?
Noi come Regione Piemonte lanceremo
nel 2013 una massiccia campagna di
sensibilizzazione nelle scuole piemontesi
per informare i giovani e combattere il
gioco patologico. Un’azione che punta
a far comprendere le conseguenze
del gioco compulsivo, ma anche una
semplice verità: il banco non perde
mai e con l’aiuto della matematica è
possibile dimostrarlo in modo divertente
e interattivo. Se si riesce ad inculcare
questo banale dato oggettivo nei ragazzi,
facciamo già un grande passo in avanti.
Perché c’è ancora così tanta prudenza
da parte degli amministratori pubblici a
prendere posizione su questo tema?
Forse anche per la difficoltà a comprendere
la portata del fenomeno e delle cifre che
fa registrare. Va detto prima di tutto che
esiste una normativa nazionale del settore,
su cui l’amministratore locale non ha grossi
margini d’intervento. Siamo un po’ alle
solite: a Roma si varano provvedimenti
che poi sul territorio danno luogo a una
serie di problemi su cui sindaci, presidenti
di Provincia e Governatori non hanno
margine di manovra né competenze.
Il decreto Balduzzi sul tema slot e patologie
da gioco introduce provvedimenti molto
soft. Come fare per far entrare davvero
questo tema nell’agenda della politica?
Ribadisco, l’amministratore locale può
arrivare fino a un certo punto. E il nostro
impegno per la campagna informativa
comporta davvero un grosso sforzo
per offrire alle nuove generazioni tutti
gli strumenti necessari per essere
consapevoli dei rischi del gioco d’azzardo.
Naturalmente da soli non possiamo
cambiare il mondo, ma siamo consapevoli
di star lavorando nella giusta direzione.
L’opinione pubblica sta capendo la
15
VITA - DICEMBRE 2012
ºNUMERI
Sembra la cartella di una lotteria,
e invece sono i numeri, clamorosi,
del boom che il gioco nelle sue
varie forme - dalle videoslot al
più tradizionale Lotto - ha fatto
registrare in Italia nell’ultimo
anno. Oltre all’ammontare totale
del giocato (saranno 80 miliardi di
euro a fine 2012) colpisce la crescita
di sale gioco, una vera epidemia.
16
1,1 MLD
8 MLD
167%
80 MLD
385mila
24,6 MLD
72%
32 MLN
La spesa degli italiani in gioco d'azzardo
prevista nel 2012. Nei primi 9 mesisono stati
Le slot machine installate in esercizi
commerciali (soprattutto bar) in Italia
Milioni di euro giocati nel 2011 nella sola
Pavia (record italiano per spesa azzardo)
Gli euro spesi in un anno solamente
in new slot e videolotterie
La previsione di entrate erariali che lo Stato
incassa da videolotterie e Slot nel 2012
dei giocatori compulsivi sono maschi,
residenti nelle regioni del Nord Italia
La crescita rispetto al 2011 a Milano di esercizi
commerciali che hanno come attività principale
la gestione di apparecchiature da gioco
gli italiani abitualmente dediti al gioco
(e che non ricadono in patologie da gioco
compulsivo. Di questi 1,7 mln sono patologici)
Le ricevitorie autorizzate per il gioco
del Lotto, Superenalotto, Totocalcio, ecc...
Quanto rende in media al mese una slot
all'esercente che la installa nel proprio locale
2.418
1.500
L'ESERCITO NO SLOT
Marco Dal Maso
verso un governo «che, mosso dalle lobby
del gioco e dal fatto che incassa guadagni ci
ha lasciati soli a tutelare i valori educativi».
Dall’altro, è sceso in campo con strumenti
legislativi: «Il Consiglio comunale ha
approvato un regolamento urbanistico
che vieta l’apertura di sale giochi a 500
metri dai luoghi sensibili», spiega. Nel
successivo ricorso dei gestori, il Tar ha
dato torto al Comune, «ma solo sul piano
formale: aspettiamo la sentenza di merito,
che sarà emessa a inizio 2013, speriamo...».
In quel caso, «la battaglia di Vicenza
farà scuola in tutta Italia, perché ci sono
parecchi Comuni minori che aspettano di
vedere cosa succede da noi per portare
avanti azioni simili». I vicentini seguono
il loro sindaco: «Più volte sono scesi in
strada per dire di “no” al gioco d’azzardo»,
prosegue Variati, «e delle tante lettere
che ricevo sul tema, tutte ci incoraggiano
ad andare avanti su questa strada».
QUI VERBANIA
› Gambling. Il gioco segna le esistenze
Il racconto che mi torna in mente, ora,
mentre sto uscendo dagli studi di Mattino 5, ha un titolo italiano: Pietà. Racconta di una madre trovata morta in una
sacrestia, con il figlioletto tra le braccia.
Jouhandeau non lascia spazio all’immaginazione: a ucciderla è stata la vergogna
per una miseria che i concittadini – la
scena si svolge in un tempo mitico e incerto nella provincia francese – non hanno voluto vedere.
Eppure, dinanzi a quella donna, col
figlio tra le braccia, qualcosa cambia, lo
strazio di tutti si muta in attenzione, il
panico diventa speranza e quella donna e suo figlio stesso rivivono, ridando
corpo e forma a una posa che richiama
quella del Cristo e di sua madre. Dinanzi a quell’immagine, scrive Jouhandeau,
dinanzi al dolore non più dell’altro, ma
di tutti, può nascere forse qualcosa di
comune.
I giocatori sono così: vanno capiti,
aiutati. Criminalizzarli o “patologizzarli”
li fa scappare, li confina in una sacrestia,
preda di vergogna e sgomento. Cerco di
ricostruire i pezzi del racconto nella memoria, annoto “rileggere” sul diario, le
mie giornate scorrono così, tra auto e treno e oggi mi avvio all’aeroporto. Domani
è la volta di Cosenza, anche lì a discutere
di gioco d’azzardo e a presentare il Manifesto No Slot. Altri frammenti, altro
dolore, altre storie. Ma forse anche altra,
inaspettata comunità. ¢
delicatezza della questione della
dipendenza dal gioco d’azzardo? La
sensibilizzazione deve arrivare solo
dalle istituzioni o anche il non profit e la
società civile possono avere un ruolo?
In Piemonte, negli ultimi anni, i pazienti
affetti in forma grave da questo tipo di
disturbo sono cresciuti di oltre il 500%.
Penso che su questa piaga i mezzi di
informazione stiano facendo il loro lavoro,
denunciando anche le storie di vita
più dure come esempi da non seguire.
La dipendenza dal gioco d’azzardo
è una patologia grave e pericolosa
esattamente come le tossicodipendenze.
Per cui occorre affiancare, come stiamo
facendo in Piemonte, il prezioso
lavoro del Servizio sanitario regionale
a quello di carattere culturale e di
prevenzione nelle scuole anche da parte
dell’associazionismo.
QUI VICENZA
› Achille Variati
Sindaco
«È ora delle pubblicità civiche: lo slogan
sarà “il banco vince sempre”, così che tutti
capiranno che giocare d’azzardo non è mai
un guadagno». Achille Variati è in queste
settimane più che mai in trincea contro
le slot. Da un lato non nasconde il suo
malessere per il poco potere che hanno
i sindaci «nonostante l’articolo 117 della
Costituzione, che per temi come questo
rimanda agli enti locali», e la delusione
› Marco Zacchera
Sindaco
Un anno dopo essere finito su tutti i giornali
come baluardo della lotta all’azzardo, oggi
Zacchera è in attesa. Perché nonostante
sia stato uno dei primi Comuni a emettere
un’ordinanza anti-slot, oggi per la causa
intentata da una ditta produttrice di slot,
alla quale il Tar ha dato ragione, pende
sul Comune una scure di 1,3 milioni di
euro di danni da pagare, «ma per ora non
li hanno ancora chiesti, anche perché
noi manderemmo i controlli per vedere
quanto hanno dichiarato l’ultimo anno»,
ribatte il sindaco. Il quale chiede ora aiuto
alla Regione Piemonte, il cui eventuale
provvedimento per arginare l’azzardo
darebbe carta bianca ai Comuni. Cota è
tra i firmatari del Manifesto, la strada si
fa in discesa? «Speriamo, nel frattempo
continuiamo la nostra battaglia sul
versante culturale», racconta Zacchera,
«organizziamo serate di divulgazione
con gli enti non profit del territorio, come
l’associazione Contorno viola e la sezione
locale di Libera, e da inizio 2012 abbiamo
attivato dei corsi parauniversitari di studio
della ludopatia». L’obiettivo è preparare
docenti, studenti e in generale i cittadini
a riconoscere e contrastare la dipendenza
dall’azzardo, «che non si manifesta solo
nelle sale giochi o nei bar, ma anche
attraverso l’acquisto smisurato dei gratta
e vinci e, ultimamente, il gioco online».
17
VITA - GENNAIO 2013
QUESTO CIRCOLO
NON È UNA BISCA
ºBaristi di tutta Italia, attenzione: liberarsi dalle slot è possibile.
18
e non per questo il vostro bar va in rovina. l’ha dimostrato il Circolo
Arci di Empoli-Valdelsa, il primo in Italia ad aver detto no alle
macchinette. Come? seguendo 5 regole pratiche (e tanto buon senso)
di Marco Dotti
A
Empoli ci hanno pensato per tempo. Nel 2003, quando per gran
parte dell’opinione pubblica slot
machine e videopoker rappresentavano un dettaglio sconosciuto rispetto
a un’economia che tutto sembrava, fuorché in crisi, su 80 circoli ben 22 avevano
installato le famigerate “macchinette
mangia soldi”.
È da allora che qui, nel circondario
dell’Empolese-Valdelsa (undici comuni,
167.720 abitanti), qualcuno ha preso coscienza di un problema, tanto elementare nei suoi presupposti, quanto radicale
nelle sue conseguenze.
«Se avessimo lasciato correre», spiega Valeria, «oggi ci ritroveremmo con
una slot ogni 8-9 abitanti». Oggi slot
machine sparse su questo territorio
sono circa 700, una ogni 200 abitanti.
Un buon obiettivo, ottenuto grazie a un
paziente e sapiente lavoro sul territorio.
Come è stato possibile? Dieci anni fa, il
comitato territoriale dell’Arci ha semplicemente detto no, innestando un processo di presa di coscienza che, oggi, a
ragione può essere guardato come uno
dei migliori esempi virtuosi per uscire
da un’impasse che ci vorrebbe tutti, dai
sindaci ai comitati di quartiere, dalle
forze dell’ordine ai parroci, impotenti
dinanzi allo strapotere delle slot.
La conversione di Mario
«Si sono insinuate poco per volta, senza
che ce ne accorgessimo. Siamo passati
dai videogiochi anni Ottanta e Novanta
ai videopoker del decennio successivi
fino alle slot con vincita in denaro, ma
non abbiamo fatto caso al passaggio. I
noleggiatori erano quasi sempre gli stessi che ci portavano biliardini e biliardi,
medesimi anche i rapporti di fiducia...
E poi...». E poi il problema è esploso.
Il barista della piazza di Empoli me lo
racconta senza problemi, anche perché
questi problemi, adesso, se li è lasciati
alle spalle. È riuscito ripagare il suo debito e poi via. «Mi dissero: ti anticipiamo
i soldi per rifare il locale, in un anno con
l’incasso di tre slot ce li restituisci abbondantemente.
Non ci ho messo molto a capire, molto più per liberarmi di un noleggio che,
sulla carta, risultava a titolo gratuito...».
Mario mi mostra una brochure un po’
artigianale che ha conservato tra scontrini e ricevute, gliela consegnarono i
suoi installatori e, tra i vantaggi indicati dal fatto di ospitare slot machine
nel locale, è indicato questo: «Il gioco è
l’unico settore del nostro commercio in
forte e continua crescita e gode di una
pubblicità sempre più ampia sui media
nazionali. Calciatori, cantanti e modelle
sono impegnate nella promozione e nel-
la diffusione dell'immagine del gioco in
Italia». Unito al noleggio gratuito e alla
ristrutturazione del locale, un ottimo biglietto da visita.
Ma perché tanti “vantaggi” se poi, a
detta dei concessionari, i soldi raccolti
vengono ridistribuiti in vincite all’85%?
«Ad ascoltare le dichiarazioni di facciata», mi racconta un avventore del bar
- “ex giocatore occasionale” dice lui,
ridendo - «gli unici a guadagnarci sarebbero i giocatori.
Peccato, poi, che quando ti propongano le macchinette ti dicano che a guadagnarci sei tu, ma anche in questo caso
mentono». Non ci guadagnano i giocatori, non ci guadagnano i bar, forse non
ci guadagnano nemmeno i noleggiatori
e, a conti fatti, nemmeno lo Stato. Sta
di fatto che il business è immenso ed
è sempre in crescita, soprattutto dopo
l’entrata in vigore delle slot machine
online. Mi racconta un noleggiatore che,
oramai, quando non lavora, frequenta il
“bar no-slot” di Mario: «Installando un
terminale, è possibile giocare anche dal
bar, aggirando i divieti che impongono
un numero massimo di slot fisiche ogni
tanti metri di locale.
Io metto due postazioni internet e
quelli giocano, tanto chi ci controlla
più? Vedrai come saranno affollati di
vecchietti i call center, fra un po’».
QUESTO CIRCOLO NON È UNA BISCA
QUI ACLI
All’Arci, meglio ballare
Oggi devo partecipare a un incontro,
promosso dall’Arci Empolese-Valdelsa,
che nel suo circondario può a buon rigore affermare di essere “no slot”. È una
realtà unica, in Italia. Molti circoli, molti iscritti, nessuna slot-machine. «Ma
è stata dura, anche se adesso la gente
ci segue e abbiamo visto ripagati tanti sforzi», mi racconta Sergio. Da molti
anni quest’Arci, presieduta da Sergio
Marzocchi, conduce una battaglia articolata ed efficace contro la piaga dell’azzardo e delle slot machine in particolare.
Che cosa ci faccia un apparecchio mangia soldi in un circolo ricreativo dove si
discute, si mangia, si balla e si dovrebbe
giocare per socializzare - a tombola, carte o biliardo - non certo per alienarsi dal
mondo, è una domanda tanto chiara e
scontata che nemmeno avrebbe bisogno
di risposte. La risposta è pratica ed etica
al tempo stesso, ha ribadito e ancora mi
ripete Valeria Bertoncini, dell’Arci Empolese Valdelsa. Etica nei presupposti
primi e ultimi, pratica nella sua attuazione. Le slot machine vanno tolte, ma
come? Valeria precisa che la loro «è una
battaglia che va avanti da diversi anni,
ma non si ferma qui. Per adesso siamo
l’unica Arci in Italia ad aver assunto questo tipo di decisione, ma non vogliamo
rimanere soli ancora a lungo». Dal 2004,
quando sono state legalizzate, circa
420.000 slot machine in gran parte costruite nei paesi dell’Est Europa o in Asia
e assemblate in Italia sono entrate in circolazione. Arrivando fin dentro dentro i
luoghi più impensati. Un circolo ricreativo, ad esempio.
E lo Stato piange pure...
Viene da chiedersi quale vuoto di cuore
e di pensiero riempiano le cifre dinanzi
a un problema che è di vite e non di numeri. Nel 2012, da rilevazioni dell’Aams,
la somma delle giocate è cresciuta del
7%, passando dai 79,9 miliardi del 2011,
agli attuali 85,7. Eppure tutti si lamentano. L’Erario incassa meno, il lotto è in
crisi, i tornei di poeker sportivo sono in
caduta libera (-45%!)... La spesa dei giocatori sembrerebba calata del 4%, anche
se in termini assoluti fa paura (si attesterebbe – ma il condizionale, per difetto,
è d'obbligo - a 17,7 miliardi di euro) ma
soprattutto si sposta nel settore delle
slot machine (+6%) e sull’online. Mentre
crescono cori e coretti contro lo StatoBisca, si scopre che nemmeno lo Stato ci
guadagna più. La contrazione del gettito
erariale è del 5,7%, passata da 8,7 a 8,2
miliardi circa. In termini assoluti, la regione in cui si è giocato di più è la Lom-
bardia con i suoi 15,9 miliardi, seguita
da Lazio e Campania rispettivamente
con 9,8 e 8,4. La spesa media nazionale
procapite, bambini e anziani compresi,
si attesta sui 1417 euro aunni, in crescita
rispetto ai 1.325 euro del 2011.
Via le slot in 5 mosse
Ma quindi come ci si libera di queste
macchinette?
1) Per prima cosa, mi spiegano all’Arci
di Empoli, bisogna prendere coscienza
del problema, «di chi siamo e di cosa
vogliamo, e dove vogliamo arrivare».
Sembra facile, ma proprio perché si sono
insinuate a poco a poco, le slot machine
hanno finito per rappresentare quasi un
elemento naturale, più che un’eventualità accessoria dell’ambiente di lavoro.
«Bisogna capire come sono arrivate, chi
ce le ha portate, come e perché le abbiamo accettate. Senza criminalizzare nessuno, sia chiaro».
2) Il secondo passo, dopo aver preso atto
della situazione, è quello di rendere i
soci dei circoli e i gestori parte attiva del
processo virtuoso, facendo capire che
un circolo ricreativo e culturale non è
una bisca. Spaccare tutto subito, dividendo preventivamente tra buoni e cattivi non serve, anzi rischia di avere solamente un impatto retorico e non pratico
sul problema.
3) Un terzo passo consiste proprio nel
calarsi nella dimensione concreta della questione, affrontando i singoli casi.
Non è sempre facile liberarsi di queste
slot machine, non basta staccare la spina alla macchina, anche perché in alcuni
casi ci sarebbero delle penali da pagare.
Ma ogni difficoltà, anche la difficoltà
economica, va affrontata e superata. In
questo caso, partendo dal caso concretro, si deve far gruppo nella ricerca delle
soluzioni.
4) Quarto. Poiché nei circoli si gioca, va
promossa fattivamente una cultura del
gioco. Sarà facile per tutti comprendere come le illusioni di una slot machine
non sono gioco e nulla hanno a che vedere con i principi costitutivi di un’associazione che ha cultura e socialità fra
i suoi presupposti.
5) L’ultimo passo è quello della scelta. Alla fine del processo, dopo aver
capito ed essere diventati parte attiva
della questione, la decisione va presa.
La scelta è etica, o si sta da una parte o
dall’altra.
contro le slot, allenza con l’arci
Collaborazione virtuosa in Toscana
«La dipendenza dal gioco d’azzardo
è un fenomeno che occorre arginare
al più presto. Se prima non avevamo
previsto che diventasse un problema
sociale di così ampia portata, adesso
è ora di correre ai ripari». Così Antonio
Russo, responsabile nazionale dell’Area
legalità delle Acli, conferma la discesa
in campo della sua organizzazione per
contrastare «la selvaggia diffusione di
slot machine, videopoker e quant’altro
provochi la rovina di persone e famiglie
che giungono a chiedere aiuto ai
Circoli e ai servizi delle Acli». I costi
sociosanitari di una situazione sempre
più preoccupante sono troppo alti per un
sistema già in estrema difficoltà in tempi
di crisi. «Bisogna partire con una grande
campagna informativa e di prevenzione,
che spieghi alla gente che il gioco sano
è tutt’altra cosa», sottolinea Russo.
Le Acli sono già partite: «Siamo pronti
a iniziare un percorso anche all’interno
dell’Associazione per trovare alternative
ludico-ricreative a quei video giochi sotto
accusa, perché alienanti e rischiosi. Si
tratta di spiegare ai cittadini di tutte le
fasce di età che ci sono altri modi per
divertirsi, magari riguadagnando il gusto di
giocare con gli altri. Tutto ciò presuppone
un cammino non privo di difficoltà, per il
quale ci uniremo ad altre realtà associative
come sta già succedendo in Toscana
con l’Arci». La situazione all’interno dei
Circoli Acli non è finora preoccupante,
«ma c’è da vigilare. È inutile nascondere
che i gestori possono formulare proposte
allettanti a chi, anche nel sociale, è
disposto a ospitare i videogiochi. In
strutture sociali che si reggono sul solo
contributo degli associati, quelle stesse
proposte possono rappresentare una
forma di sostentamento». Per Russo c’è da
effettuare un cambio di rotta soprattutto
a livello politico: «È necessario avviare
un dibattito che coinvolga tutti gli attori
politici, per un nuovo quadro normativo
che ordini la materia delle autorizzazioni ai
giochi e della pubblicità e assicuri le dovute
coperture di bilancio nei Lea in relazione
ai danni prodotti dal gioco d’azzardo.
Si apre insomma una fase di presidio
anche in Parlamento dove le lobbies,
nell’occasione ultima del decreto sanità,
hanno fatto sentire la loro forza». In
una dimensione territoriale, invece, «è
opportuno riconoscere ai sindaci il potere
di intervento. Insieme cittadini e istituzioni
possono dare un colpo decisivo anche al
diffondersi di quell’azzardo che finisce per
favorire le casse della malavita», continua
19
VITA - GENNAIO 2013
Russo, che in vista delle prossime elezioni
politiche lancia una proposta: «Chiediamo
ai candidati di assumere impegni certi in
materia di contrasto del gioco d’azzardo.
Così i cittadini nelle urne potranno
scegliere con cognizione i nomi di coloro
che hanno l’esatta dimensione del
problema».
[Daniele Biella]
Andrea Frazzetta
QUI FORUM FAMIGLIE
20
«Nonostante sembrasse improba, l’impresa è riuscita. Siamo andati tutti al di
là del guado e», mi raccontano dall’Arci
empolese, «ora possiamo dire di aver
perso pochissimi dei nostri aderenti,
trovando molto consenso e adesioni. Al
di là di numeri e cifre, a noi interessa la
persona. Non possiamo accettare che
nemmeno una sola persona si rovini per
colpa di queste macchine infernali».
La morale della “favola”
Sembra solo una bella storia. E invece è
un ottimo esempio di come non serva
spaccare tutto a parole, lasciando poi che
i fatti vadano per la loro strada.
Il primo apparecchio ludico con vincita in denaro, la Eureka Box, venne installata nel 1888 a San Francisco, guarda
caso in una drogheria. Sfoglio un vecchio
libro sul tema. Ci sono alcune immagini
sbiadite, ma eloquenti: accanto a spezie, latte e salumi o accanto al bancone
di un bar, in quella fine secolo che, non
fosse per gli abiti e il bianco e nero, sembra oggi eccole. le slot machine e i loro
giocatori. Poi i luoghi vennero liberati,
le slot messe fuori legge, ma solo dopo
una forte mobilitazione di famiglie e gestori di locali, preoccupati per la crescita
esponenziale di miserie e crimini legati
al “microcosmo” dell’azzardo.
A Empoli hanno fatto lo stesso. Senza
iniziare crociate, senza bandiere, senza
moralismi, senza giri di parole, ma facendo comunità, istituento legami e, alla
fine, assumendosi tutto il carico di una
decisione che in molti, qui, stanno già
seguendo. ¢
› Ludopatico.
Un giocatore di fronte alla slot machine
›IL BLITZ
E il Senato si giocò il poker...
«Fatevi guardare in faccia. Abbiamo
il diritto di conoscere chi progetta
Bisca Italia.
E chi ci si arricchisce». Lo sfogo del
ministro della Sanità Renato Balduzzi è arrivato dopo l’ennesimo
“colpo di mano” delle lobby del gioco. Un subemendamento notturno
alla legge di stabilità approvato in
Commissione al Senato - firmato da
due esponenti Pdl - accelera i tempi
del "poker live", quello che si potrà
giocare "dal vivo", l’uno contro l’altro, seduti ad un tavolo: mille sale in
arrivo in tempi brevissimi.
Nel clima concitato di fine legislatura, il Governo è intervenuto, con
Grilli che ventilava la possibilità
di un’abrogazione in toto di questa
nuova forma di azzardo. Comunque
vada a finire, è l’ennesima conferma
del potere di “Bisca Italia”.
Il gioco d’azzardo ha cessato di essere
un problema per diventare un vero
dramma sociale. Un fenomeno che in
dieci anni è arrivato a creare 700mila
giocatori compulsivi non può che
essere considerato e trattato come una
dipendenza. La ludopatia, come tutte le
tossicodipendenze, crea un “indotto” di
sofferenza: per ognuno di quei giocatori
ci sono almeno sei familiari che soffrono
economicamente o psicologicamente.
Accanto ai giocatori conclamati ce ne sono
poi almeno tre volte tanti che affollano
la soglia della porta della dipendenza.
È un popolo che pesa sulla società con
costi umani ed economici incalcolabili.
Come associazioni familiari non cesseremo
mai di denunciarlo e di denunciare la
connivenza dello Stato. Già, perché
questo dramma è reso ancor più odioso
dal fatto che lo Stato faccia, senza alcun
pudore, bottino con i suoi proventi.
O, peggio ancora, ne sia promotore o
gestore. Una volta c’erano il Lotto e il
Totocalcio, ora l’azzardo segue mille rivoli.
E da ognuno di questi affluisce un fiume
di soldi nelle casse dello Stato. Un fiume
sempre più ricco e promettente al quale
è difficile dire di no in tempi di magra.
Se solo nei primi dieci mesi di quest’anno
le entrate tributarie da Lotto, lotterie e
slot hanno superato i 10 miliardi di euro si
capisce come lo Stato non voglia rinunciare
a una vera e propria miniera d’oro.
Siamo all’escalation: una dipendenza
conclamata viene prima tollerata; poi se ne
fa una delle principali leve tributarie; infine,
la si tassa meno di quanto si tassa il pane…
si tassa il pane… È per questo che il
Forum aderisce alla mobilitazione “no
slot” lanciata da Vita e che coinvolge
già singoli cittadini, famiglie,
associazioni, amministratori pubblici
che richiedono norme e controlli
sul settore ed ipotizzano il ricorso allo
strumento della proposta di legge di
iniziativa popolare per frenare l’espansione
del gioco on line e su cellulare.
Le famiglie e le associazioni che le
riuniscono e le rappresentano ci sono e ci
saranno. [Francesco Belletti]
OPINIONI VITA.IT
LIBERTÀ?
AZZARDO CHE UCCIDE
di Marco Dotti
21
È
un gioco, ci dicono, da giocare “responsabilmente”.
ma esporsi non significa assumere deliberatamente su di sé
Un gioco che non fa vittime, se lo sai prendere per il
qualsiasi rischio.
verso giusto. È tutto facile sulla carta. È tutto bello e
Ci sono rischi che ragionevolmente non possiamo, né
pulito, come le voci e i volti (anche noti) che ci sorridobbiamo correre, non solo per moderazione o per logica:
dono negli spot. Poi c’è chi non sa proprio prenderla
sono i rischi le cui negatività ricadrebberro unicamente super il verso giusto – ci raccontano altri – e magari non
gli altri (familiari, amici, comunità), travolgendo con noi
sa nemmeno che al gioco si può vincere o perdere, ma cochi non ha chiesto, né scelto quel livello di esposizione. Ma
munque si impara una fondamentale lezione di libertà e di
ci sono anche rischi che di per sé non esisterebbero, senza
vita. Ben strana lezione, viene da rispondere, se questa “lila nostra volontà di correrli e, quindi, di crearli. Azzardo è
bertà” si conquista al prezzo della dipendenza
possessione e come ogni possessione che si rie se questa “vita” si paga a un contro-prezzo
spetti, anche in quella dell’azzardo il giocatore
Il gioco, non il
che finisce per coincidere con il suo contrario:
un sottile e ambivalente piacere. Qualgiocatore, è il vero trova
ossia con un asservimento a una ripetitività
cosa che già ai primi del Novecento gli analipadrone del gioco
da automi che può condurre fino a un punto
sti tedeschi chiamavano Angstlust, piacere (in
estremo noi che automi non siamo.
tedesco Lust) misto a angoscia (Angst). Ecco
cosa scriveva Baudelaire, con parole che oggi vorremmo deÈ notizia del 4 luglio scorso il ritrovamento di un ragazzo,
dicare non certo alle vittime, ma ai tanti commentatori che a
gettatosi sugli scogli di Ischia. Non aveva nemmeno vent’anforza di elogiare questa non-libertà ne sono diventati schiani e in tasca i pescatori gli hanno trovato un biglietto di
vi: “Pensavate davvero di potervi burlare, / ipocriti confusi,
scuse. Si scusava con i genitori per “aver perso” tutti i suoi
del padrone, /e di barare al gioco – e che fosse normale /aver
risparmi scommettendo su internet. Tempo e speranze dedue premi insieme, il Cielo e la ricchezza?”.
turpate dall’azzardo. Vita mercificata in nome del gioco. Ma
Non vi piace Baudelaire? Roba da intellettuali? Beh, ecco
non voglio fare commenti. Lasceremo questa notizia sullo
come si esprimeva il Vescovo di Rimini il 30 maggio scorso.
sfondo. Con tutto il carico di dolore e impotenza che ci porParole durissime ma necessarie: “il gioco d’azzardo – fetiamo addosso. Ma una cosa la vorrei dire. Serve molta ingenomeno devastante – è violenza perché crea dipendenza e
nuità o molta malafede per credere che questo azzardo altro
schiavitù.
non sia che una declinazione della libertà.
Lotto, superenalotto, lotterie, gratta e vinci, slot machiL’azzardo è un idolo, scriveva Baudelaire. Proprio quannes: un fenomeno globalmente in crescita preoccupante in
do crediamo di dominarlo – anche noi, qui, che scriviamo o
tutto il territorio nazionale e anche nel riminese, con una
leggiamo – ci rivela il suo vero volto: il gioco, non il giocatorete fittissima di punti di gioco, e volumi di denaro impresre, è il vero padrone del gioco. Come vi hanno dominati? – si
sionanti. Vengono così illusi spesso proprio i più poveri con
legge nella Leggenda del Grande Inquisitore di Fëdor Dostola promessa di una facile fortuna, promuovendo la cultura
evski. Come? Col gioco e con le lusinghe, ecco come. Non c’è
fallace di un guadagno facile, conseguito senza lavoro e senrischio vero, in questo azzardo. Rischiare significa esporsi,
za fatica”. Possiamo non dirci d’accordo con lui?
¢
IL SIGNORE
DELLE SLOT
VITA - GIUGNO 2013
ºLa filiera del gioco raccontata da uno dei principali imprenditori
del settore, Fabio Schiavolin. Che svela i punti di forza (e di debolezza)
del sistema di controlli che regola new slot e videolottery. Mentre cresce
in tutta Italia il movimento di opposizione al gioco. E arrivano le leggi...
22
di Marco Dotti
C
he cosa sono, per esempio, queste
slot machine di cui parliamo? Chi
le produce? Chi le commercia? Il
mondo della produzione di apparecchi da intrattenimento rappresenta
un’importante filiera industriale. Una filiera di cui sappiamo poco o nulla e che,
al di là delle prese di posizione etiche
sul tema, «richiede grande attenzione»,
come sottolinea Fabio Schiavolin. Schiavolin è membro della Giunta esecutiva
di Sistema Gioco Italia e amministratore
delegato di Cogetech, uno dei colossi del
settore.
Fondata nel 2004, Cogetech spa è oggi
uno dei più importanti concessionari
italiani nel settore della gestione di rete
di apparecchi da intrattenimento, con 39
mila apparecchi installati in circa 15mila
esercizi pubblici e nella gestione di videlotteries con 5.200 terminali.
È lui la persona giusta per illustrarci con
franchezza i percorsi che portano un
apparecchio (new slot o videolottery)
dal produttore fino al bar: quali sono i
sistemi di controllo, quali i controlli di
qualità e di sicurezza, quali le garanzie
per concessionari, cittadini e fisco che
scandiscono i diversi passaggi di tutta
questa filiera.
A parte gli episodi di cronaca, conosciamo ben poco del comparto imprenditoriale legato agli apparecchi da intrattenimento.
Chi sono gli imprenditori e gli operatori
del settore?
Innanzitutto contestualizzerei il
comparto delle cosiddette “macchine
da intrattenimento”. In Italia ci sono
420mila apparecchi da gioco con vincita
in denaro, quindi da “intrattenimento”.
Di questi apparecchi, circa 380mila sono
le slot machine che vediamo nei bar (le
cosiddette “new slot”). Mentre 45mila
solo le “videolottery” o “Vlt”, introdotte in Italia col decreto Abruzzo nel
2009. Per quanto riguarda le “new slot”,
su circa 1000 aziende totali del settore
solo il 5% di queste aziende si occupa
di importare apparecchi da intrattenimento. Il 95% delle aziende che producono e commercializzano new slot sono
quindi interamente italiane. Nell’ambito
delle videolottery, invece, il discorso è
completamente rovesciato. Le videolottery (Vlt) sono figlie di una tecnologia
diversa, sono più sofisticate e hanno
sistemi di trasmissione del gioco completamente on-line (nel senso che non
solo i dati del gioco, ma il gioco stesso
si svolge completamente on line). La totalità di queste videolottery è distribuita
da multinazionali estere. Banalmente,
sono le stesse aziende che forniscono gli
apparecchi da gioco ai casinò, poiché la
tecnologia è la medesima.
Concentriamoci però sulla parte italiana. Italiana, se non ho capito male,
non solo per quanto riguarda la filiera
distributiva, ma la produzione stessa...
Il legislatore ha previsto regole ben
precise e determinate per la costruzione dell’apparecchio “new slot”. Per la
costruzione dell’apparecchio di intrattenimeno, il produttore si attiene allo
schema di controllo previsto dal legislatore. Prima di poter porre in circolazione la macchina, la macchina stessa deve
superare un iter di certificazione e ottenere un documento di conformità legato
sia all’hardware sia al software. Soltanto
una volta ottenuto questo certificato di
conformità, il costruttore può mettere in commercio l’apparecchio con una
specie di patentino – il cosiddetto “Nulla osta di distribuzione” – che autorizza
produttori e distributori a commercializzarlo.
A questo punto cosa succede? Chi lo acquista?
L’apparecchio a questo punto viene
acquistato da quelle aziende che comunemente chiamiamo “gestori di apparecchi da intrattenimento”. Una volta
acquisiti gli apparecchi, l’attività dei
gestori consiste nell’individuare la rete
di distribuzione (i bar) in cui installare
gli apparecchi. Prima dell’installazione, però, devono andare da uno dei 12
concessionari di rete individuati dallo
Stato e ottenere il “Nulla osta di messa
in esercizio” che viene conferito dagli
uffici regionali dei Monopoli dello Stato
IL SIGNORE DELLE SLOT
Š Fabio Schiavolin.
Membro della Giunta esecutiva di
Sistema Gioco Italia e Ad di Cogetech
Imagoeconomica
Sì. Una rete del genere, ad esempio, in
Spagna non c’è. Il certificato di conformità che viene fatto ogni volta che il produttore omologa il proprio modello non
è così rigoroso e, soprattutto, non c’è la
rete.
su presentazione del “Nulla osta di distribuzione”. In poche parole: abbiamo
un prodotto certificato; questo prodotto
viene acquistato dal gestore; il gestore lo
colloca nei bar. Questo prodotto certificato, però, per funzionare deve essere
collegato alla rete telematica dell’amministrazione finanziaria dello Stato, la
Sogei. Per essere collegato alla rete telematica di Sogei deve passare per uno dei
12 concessionari che, di fatto, svolgono
due funzioni: la prima consiste nel dare
il “Nulla osta di messa in esercizio”, attraverso la richiesta fatta ai Monopoli di
Stato; la seconda controllare la liceità del
flusso di informazioni (che la percentuale di vincita non scenda sotto il 75% e via
discorrendo).
Il concessionario è responsabile anche
della fiscalità?
Sì, spetta al concessionario raccogliere il prelievo erariale prodotto dalla macchina. Periodicamente vengono effettuati dei calcoli che chiudono il periodo
contabile e il concessionario è responsabile del trasferimento all’amministrazione, quindi allo Stato, del prelievo.
Lei ritiene che questi controlli funzionino?
È un dato di fatto che la filiera così
composta e la rete così organizzata siano un esempio di eccellenza. Non esiste
al mondo un Paese in cui il controllo si
svolga così capillarmente su ogni punto
della filiera. In Germania, in Francia, nel
Regno Unito la certificazione esiste, ma
il controllo è fatto ex-post. Non esiste un
percorso di certificazione integrale della
filiera e nemmeno un controllo just in
time come in Italia.
Le famose interruzioni nel flusso dei
dati della “macchinetta”, interrompendo la filiera del controllo, si configurerebbero quindi come illeciti…
Non c’è dubbio. La macchina continua a maturare un imponibile forfettario anche nel periodo in cui, eventualmente, venisse scollegata dalla rete.
Funziona come un registratore di cassa:
se la macchina viene scollegata dispone
di una memoria hardware interna di 5-6
giorni, poi si spegne automaticamente.
Ma in quei giorni matura un imponibile
forfaittario non appena si ricollega alla
rete. Dal punto di vista erariale il sistema non ammette infrazioni, a meno che
non esistano comportamenti del tutto illegali come installare un apparecchio in
un bar e non collegarlo mai, fin dall’inizio. Ma questo configura un illecito ed è
materia di pubblica sicurezza e di gioco
d’azzardo. Da questo punto di vista, non
ci sono Paesi con una rete estesa quanto
la nostra sugli apparecchi da intrattenimento installati nei bar.
Lei si riferisce sempre alla rete Sogei?
I controlli come avvengono?
In Spagna a campione. Ma sono controlli soprattutto di contingentamento,
si controlla il numero di apparecchi per
punto vendita. Controllano la matricola,
controllano i collaudi periodici e poi di
tanto in tanto si verificano i software. In
Germania avviene la stessa cosa. L’Italia è il primo Paese che controlla anche
le vincite. La legge italiana prevede che
un apparecchio da intrattenimento di
questo tipo restituisca in vincite il 75%
di quanto incassa, ma questo lo si può
fare solo se il controllo è continuativo. Il
sistema di controllo è rigoroso e nessuna
persona di buon senso avrà mai interesse
a infrangerne la linearità. Evidentemente, però, là dove già in origine non c’è
controllo, dove non c’è limitazione per
l’antiriciclaggio, dove non c’è limitazione allora è più facile. Pertanto, dal mio
punto di vista, il sistema italiano di controllo si pone come eccellenza, rispetto a
quello di altri Paesi europei.
La filiera è lunga anche dal punto di vista industriale?
Limitandoci all’ambito della costruzione, sono circa 25mila le persone che
vi lavorano. È un ambito molto importante, sia dal punto di vista occupazionale sia del profilo di specializzazione tecnologica delle aziende. L’investimento
in ricerca, in questo settore, è tutt’altro
che indifferente.
Sono piccole e medie aziende?
Sono piccole e medie aziende. La
23
VITA - GIUGNO 2013
QUI LOMBARDIA
complessità della loro produzione di
apparecchi è abbastanza elevata. Le
aziende che si occupano di apparecchi
da intrattenimento solitamente fanno
solo quelli. Le aziende che si occupano
di periferiche da gioco – le gettoniere, i
cambiamonete – solitamente fanno anche altro e sono trasversali. In questo secondo caso si tratta di aziende che fanno
automazione e non si limitano al settore
del gioco.
Almeno un paio di queste sono importanti anche sul piano internazionale.
Un problema è stato quello del rapporto
con le comunità e i territori. Non crede
sia arrivato il momento di avviare un
confronto, proprio su questo tema? Al
di là del discorso sul gioco patologico,
è sulla “normalità” che ci dovremmo
concentrare…Il mercato dei giochi è ormai maturo, almeno dal punto di vista
dell’offerta di prodotti. Ora va fatta una
riflessione per la razionalizzazione della
presenza dei giochi sul territorio. Come
Confindustria-Sistema Gioco Italia, ci
stiamo facendo parte diligente con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, regolatore del mercato dei giochi, presentando proposte concrete in tal senso.
Le comunità e gli operatori dovrebbero iniziare a dialogare, nel rispetto
dei cittadini e nel rispetto di un’attività
imprenditoriale lecita. Nessuno ha interesse ad arrivare ad uno scontro con
le comunità nelle quali opera. Questo è
fondamentale.
›DA SAPERE
24
1. Esiste una tabella dei giochi proibiti. È un elenco dei giochi d'azzardo che
secondo la legge italiana (il riferimento
è ancora il Regio Decreto 773 del 1934)
non possono essere praticati nei luoghi
pubblici. La Tabella, che deve essere
obbligatoriamente esposta nei locali
pubblici e nei circoli privati, è continuamente aggiornata dalle questure e
riguarda anche un’infinità di giochi oramai sconosciuti, come la «bella birinca»
o la «zecchinetta».
2. La prima slot machine è made in
Usa. Sono state attivate a San Francisco nel 1897, con il venir meno del mito
della “corsa all’oro”. Erano in realtà
poker-machine, e la vincita consisteva
spesso in tabacco e sigari. Le macchinette si trovavano ovunque, dai saloon ai
negozi di alimentari. In Italia, in base al
Testo Unico di Pubblica Sicurezza non
sono ammessi apparecchi e congegni
automatici che mirino a «riprodurre il
gioco del poker o comunque anche in
parte le sue regole fondamentali».
3. Gli usa poi le vietarono. L’età dell’oro delle slot machine finì quando, nel
1951, il Congresso americano approvò
il Johnson Act che vietava produzione,
revisione, vendita o trasporto delle slot
machine e di qualsiasi congegno atto al
giogo d’azzardo. La pena prevista per
i trasgressori era severissima: 5 milioni di dollari e due anni di detenzione.
Le “macchinette” sparirono ovunque,
tranne che in Nevada, dove nel 1946 il
gangster Bugsy Siegel aveva aperto il fa-
moso Flamingo Hotel, il primo casinò di
Las Vegas.
4. Il fisco risparmia il gioco online
La benzina è tassata al 49%, il pane
al 4%, il gioco online - nuova frontiera
dell'azzardo - è tassato dello 0,6%.
5. Il gioco è questione da filologi
L’Accademia della Crusca, massima
istituzione linguistica italiana, sconsiglia l'uso del termine "ludopatia", passato ormai dalla vulgata giornalistica.
Più attinente, scrivono gli esperti linguisti, "gioco d'azzardo patologico". Il «lessema gioco d’azzardo patologico» infatti
«è stato scelto come termine tecnico della lingua medica italiana per tradurre il corrispettivo inglese pathological
gambling in maniera esatta (gambling =
“gioco d’azzardo” vs play e game). Ludopatia è invece il traducente adottato
in lingua spagnola: ha il vantaggio di essere più breve, trattandosi di una parola sola, ma è meno preciso dal momento
che si perde il riferimento specifico alla
componente dell’azzardo».
6. Gli italiani giocano (quasi) come
mangiano. Il 12% della spesa per consumi degli italiani (dati riferiti al 2012)
finisce in giochi e scommesse. Una percentuale cresciuta esponenzialmente
negli ultimi tre anni, e impressionante
se si pensa che la spesa per consumi
alimentari si aggira di media intorno al
20%
Se i sindaci hanno le mani legate
e il Parlamento almeno per ora
non decide, a muoversi sul fronte
della regolamentazione del
fenomeno slot sono le regioni.
La prima a impegnarsi con efficacia
sul tema del gioco d’azzardo è stata
la Liguria. L’approvazione delle Leggi
regionali n. 17 e 18/2012 risalgono all’aprile
dell’anno scorso, titolate rispettivamente
“Disciplina delle sale da gioco” e “Norme
per la prevenzione e il trattamento del
gioco d’azzardo patologico”. Le due leggi
rappresentano una svolta e un punto di
partenza importante. Non fosse altro
perché, nel frattempo, il 13 maggio
scorso per la prima volta un Tribunale
Amministrativo Regionale ha respinto
il ricorso del titolare di una tabaccheria
contro il rifiuto del Comune di Genova di
rilasciare l’autorizzazione per l’installazione
di quattro slot machine. A garantire
la correttezza del comportamento
dell’amministrazione comunale è stata
proprio la legge n. 17/2012, che è stata
dal Tar confermata nella sua legittimità.
Da questa normativa, dai suoi aspetti
positivi e di contrasto a un fenomeno che
il suo governatore non ha esitato a definire
«grave», partirà anche un’altra regione, la
Lombardia. Roberto Maroni ha promesso
a inizio maggio la promulgazione di una
legge e già circola una bozza con aspetti
molto innovativi (sconto Irap per negozi no
slot e tassa sulle macchinette). Una legge,
come sottolinea Angelo Coccia, presidente
della Commissione Attività Produttive della
regione – dove una delegazione di Vita è
stata ascoltata e invitata ad avanzare una
proposta – che valorizzerà il rapporto tra
luoghi, comunità e territori, promuovendo
incentivi per tutti quei locali che decidono
di non installare o di dismettere le
apparecchiature già esistenti. Il problema è
sociale ed economico, con ricadute spesso
tragiche nel patologico e nella devianza.
Per evitare queste ricadute e arginare
i disvalori già prodotti – rappresentati
da costi sociali altissimi, per la sola
Lombardia si parla di 9 miliardi di
euro, in termini di costi affettivi e
sanitari previsti – è necessario un
salto di qualità nella proposta.
In tutti e tre i casi – Liguria, Lombardia,
Emilia Romagna – le priorità sembrano
chiare: ridurre l’impatto sulle comunità del
gioco, vietare la pubblicità, contrastare e
prevenire la dipendenza patologica con
una regolamentazione che coinvolga in
prima linea e responsabilizzi gli enti locali.
IL SIGNORE DELLE SLOT
BILANCIO: UN ANNO NO SLOT
UNA SFIDA PARTITA
DA PAVIA, E CHE HA
CONTAGIATO L’ITALIA
25
P
avia si attesta sui 2.123 euro annui spesi in gioco d’az“qualcosa” che ci aveva sommariamente uniti è diventazardo, pari al 7,89% del Pil provinciale. Ma Pavia non
to più forte e, grazie al sostegno incondizionato di Vita, ha
è solo questa “cifra nera”, è anche la città simbolo
preso forma diventando prima un manifesto firmato da midel tentativo di riattivare un rapporto virtuoso tra i
gliaia di cittadini, associazioni e sindaci, poi un movimento
luoghi e i suoi abitanti, le istituzioni e le nuove forme
di opinione diffuso in tutto il Paese e infine un network di
di rappresentanza che chiedono voce e possono, se
sensibilizzazione e lavoro che, pur nelle differenze di idee,
raccolte attorno a un obiettivo chiaro e condiviso, dar vita a
convergesse su un nodo problematico unico: bisogna fare
nuove alleanze e rappresentanze di scopo. Il 9 giugno dello
qualcosa. Nodo che oramai sta esplodendo e non può essere
scorso anno, con gli amici della Casa del
sciolto senza prima essere capito e condiGiovane abbiamo pensato che fosse veUn anno dopo, sono
viso nel suo essere problema di tutti, non
nuto il momento di gridare “No Slot”, per
solo dei giocatori – più o meno patologici
già 1500 gli esercenti
porre all’attenzione di tutti una domanda
– e delle loro famiglie.
ad aver detto no slot
semplice, chiara ma evidentemente non
Con Simone e gli amici della comunità
scontata: che cosa sta succedendo alle nofondata nel 1971 da don Enzo Boschetti
stre comunità, sui nostri territori, nelle nostre città? Che cosa
abbiamo capito che Pavia poteva essere il luogo giusto per
sta trasformando circoli, bar, edicole, negozi, da luoghi di inlanciare un allarme e, contestualmente, tentare nuove alcontro in qualcosa di profondamente diverso che nessuno
leanze e avviare buone pratiche che mirassero a uno scopo
sembra volere ma nessuno ha la forza di contenere o respinsemplice, ma preciso. Un anno e mezzo dopo possiamo dire
gere? I sindaci non hanno strumenti, i cittadini nemmeno,
che la maggior parte dei problemi rimangono, acuiti anche
il Parlamento – per ora – latita. Eppure qualcosa si muove.
da una crisi che rischia di travolgere tutto. Ma, al tempo stesso, possiamo dire che molte cose sono state fatte: abbiamo
Siamo partiti da Pavia, sollecitati da Simone Feder e dalla
creato una rete di sensibilità nuove, cercato strade giuridiCasa del Giovane realtà tra le più attive su quel territorio, ma
camente percorribili per arginare il fenomeno e valorizzare
in un anno e mezzo di percorso non ci siamo fermati a Paquegli esercizi che non abbiamo coinvolto cittadini e sindavia. Milano, Palermo, Novara, Roma, Voghera e tanti di quei
ci, governatori e deputati, associazioni e scuole. Tutti hanpiccoli paesi che hanno risposto, mostrano che le «virtù civino capito che bisogna agire, agire assieme e non disperdere
che» di cui già parlava Gioberti non sono morte sotto il mare
le proprie iniziative in mille rivoli che non portano a nulla.
di carte e burocrazia che sovrasta le vite di tutti. Non sono
Serve una nuova coscienza civica e servono nuovi patti di
morte, anzi. A Pavia noi di Vita siamo tornati con vecchi e
territorio. Senza demonizzare nessuno, ma per fare. E per
nuovi compagni di percorso, il 10 e il 18 maggio di quest’an“fare” occorre “capire”, dialogare e poi dividersi quando cerno, con due marce: una con gli studenti, un’altra con cittaditi principi non sono negoziabili.
ni e associazioni. Manifestazioni che, dopo un anno e mezzo
E il tempo ci sta dando ragione se è vero che già 1500 esercenti hanno detto “no slot”. ¢
di Movimento No Slot, attestassero che nel frattempo quel
VITA - GIUGNO 2013
UMBERTO RAPETTO
«TAROCCARE UNA SLOT?
NIENTE DI PIÙ SEMPLICE
PER FARE BUSINESS IN NERO»
di Marco Dotti
26
F
ondatore e per undici anni direttore del GAT, il Gruppo anticrimine Tecnologico della Guardia di Finanza,
Umberto Rapetto è tra le massime autorità in tema di
cybercrime e guerra informatica. Lasciata la divisa,
Umberto Rapetto oggi è consulente strategico di Telecom,
oltre che docente in numerosi atenei italiani e europei.
sono state montate. Ovviamente quasi nessuno sarebbe in
grado di fare un controllo che ne determini il funzionamento
solo sulla scheda omologata. Lo sforzo di natura investigativa e di controllo va dunque a confliggere con una impossibilità di fatto... Ci troviamo di fronte a qualcosa che è più
grande delle risorse impiegabili.
Di fronte a notizie di continue frodi e evasioni cittadino
normale, quello che non gioca e non è interessato a giocare, si chiede come sia possibile che nessuno intervenga per
capire se una slot machine sia davvero collegata con la rete
fiscale telematica di controllo...
Non è facile. Grazie alla miniaturizzazione, la tecnologia consente a uno strumento di ridottissimo ingombro di
svolgere la funzione di dieci cose più grandi, tutte esistenti all’interno di un medesimo contenitore. Questo significa
che se all’interno di un dispositivo capace di intrattenere
e far scommettere mettiamo una scheda lecita e omologata, nessuno però impedisce a chi predispone quell’oggetto
– omologato per esemplare unico, non vengono passati al
controllo uno a uno – di inserirvi altro. La macchina non può
essere sigillata, perché necessiterà certamente di manutenzione. Il fatto che siano oggetto di manutenzione, fa sì che
se le schede interne consentono un’espansione funzionale
– vale a dire si possono agganciare a altri dispositivi poco
ingombranti, come una pendrive – basta inserire un piccolo
dispositivo che con un telecomando nelle mani del gestore
dell’esercizio pubblico, che è l’ultimo anello della catena, fa
sì che il dispositivo può essere “switchato”, ossia girato dal
funzionamento lecito al funzionamento illecito.
Abbiamo parlato delle slot machine “fisiche”, quelle dei
bar, ma nel frattempo avanza il settore dell’on-line…
Non solo, oltre al “legale” esiste tutto un alveo di possibilità di bucare il sistema che ha dell’incredibile. Anche qui chi
vuole esercitare il controllo si trova di fronte una barriera digitale che non gli consente di sapere cosa avviene all’interno
di quel sito. Ai fini investigativi, però, questo tipo di gioco ha
un punto di riferimento: l’uso delle carte di credito.
Questo che cosa comporta?
Comporta che la scheda originaria continua a dialogare e
risulta che la macchina non è impiegata, eppure sta funzionando e continua a giocare. Nella perversione, se vogliamo e
magari non è lontano dal vero, che ci possa essere la possibilità di regolare la possibilità di vincita...
È un problema di flussi?
Esatto. Il fatto che esistano soggetti che aprono conti con
documenti falsi, ma anche carte di credito non riconducibili
a conti e persino, entro certi limiti, carte di credito anonime
permette di aggirare i controlli tradizionali e cavalcare l’onda
di questi flussi, tanto nella finanza quanto nell’azzardo. Per
agire dobbiamo capire queste dinamiche e capire richiede
uno sforzo continuo di intelligenza e scaltrezza. Ma non abbiamo scelte: dobbiamo essere all’altezza della sfida che ci si
presenta davanti. ¢
Questo nel momento in cui la macchina è offline e quindi
non mostra i propri movimenti alla rete di controllo...
Esatto, perché sta girando su una delle schede parallele che
Qual è dunque a suo avviso il vero problema?
Il problema è che esistono carte di credito e di gioco anonime. Per quanto limitate rispetto all'ammontare complessivo, definiscono il campo di una complessità tutt'altro che
virtuosa. La moneta legata al gioco d’azzardo e la moneta
elettronica legata al gioco d’azzardo hanno avuto una pervasività incredibile. I flussi monetari sono oramai totalmente
internazionalizzati. Io posso immettere denaro sporco in un
Paese, tramutarlo in forme di credito nei confronti di qualunque organizzazione mi offra un servizio in un altro Paese
e poi farlo circolare su carte di credito aperte all’estero. Denaro che ha provenienza discutibile, una volta immesso nel
sistema diventa denaro a tutti gli effetti e quindi difficilmente riconducibile a attività illecite.
IL SIGNORE DELLE SLOT
LORENZO BASSO
«CHIEDO UNA LEGGE
NAZIONALE CHE DIA
POTERE AI SINDACI»
di Lorenzo Maria Alvaro
I
nformatico, esperto di business intelligence, genovese
trentasettenne, Lorenzo Basso, segretario regionale del
Partito Democratico della Liguria e oggi deputato è stato
tra i promotori della prima legge Regionale contro le slot
machine, la legge ligure n. 17 dell’aprile 2012.
lo Stato. Perché il tema fondamentale è che senza condannarlo il comparto dei giochi va regolato e controllato. Urge
una profonda modifica culturale che passa dal disincentivo
al gioco, soprattutto per quello che riguarda l’azzardo patologico.
È il livello Regionale il terreno giusto per la regolazione?
Esistono due ordini di problemi. Da una parte esiste,
senza ombra di dubbio, la necessità di non andare verso il
proibizionismo, perché sappiamo che esiste un mercato illecito del gioco controllato dalla criminalità organizzata. Non
dobbiamo permettere che incrementi questo fenomeno.
Dall’altra però non possiamo neanche permettere che lo Stato incentivi il gioco d’azzardo legalizzato. Per farlo bisogna
combattere su più livelli partendo dal territorio. Dare forza
e voce ai sindaci. A questo è servito l’impegno regionale, a
dare un segnale di sostegno.
Per questo lei si è impegnato anche per una legge nazionale.
Come mai la Proposta di legge n. 574 depositata il 27 marzo
scorso non fa riferimento agli aspetti sanitari e della cura
delle ludopatie?
Abbiamo articolato diversamente l’approccio. Esistevano
già in passato alcune proposte che hanno trovato difficoltà
nell’approvazione per la copertura finanziaria rispetto alla
questione attinente alla materia sociale e sanitaria. Così abbiamo diviso le cose. La prima parte della proposta di legge, a
mia firma, vieta la pubblicità e mira a cambiare il Testo Unico
di Pubblica sicurezza. Una legge che serve a dare un segnale
netto dal punto di vista culturale e uno strumento utile ed efficace per i sindaci. L’abbiamo isolata perché essendo a costo
zero non dovrebbe incontrare difficoltà nell’approvazione,
aggirando lo scoglio della copertura economica. Ho sentito
dire che disincentivare il gioco porterebbe un danno all’erario: questa affermazione non è vera. Le slot machine sono
in realtà un mancato investimento di risorse nell’economia
reale, come Iva, lavoro e Irpef. La nostra è dunque una legge
che può e deve passare velocemente. Poi si sta lavorando ad
un Testo Unico, che comprende la materia socio sanitaria e
vuole essere una legge quadro strutturata che richiederà più
tempo.
Lei in Regione Liguria ha lavorato alla stesura delle legge n.
17 sulla "disciplina delle sale da gioco”. Come mai si è posto
questo obiettivo?
Non è merito solo mio. Il sistema del gioco sul nostro territorio stava distruggendo il tessuto sociale a partire dalle
famiglie. Abbiamo assistito impotenti al moltiplicarsi delle
richieste ai centri antiusura, al moltiplicarsi di sale gioco in
zone di confine. Addirittura una nostra consigliera ad Imperia ha denunciato l’apertura di sale giochi nel Comune di
Bordighera e si è trovata con minacce fatte attraverso santini
bruciati da parte di un clan. Il processo è ancora in corso. Abbiamo dovuto intervenire.
E lo avete fatto dando vita a quello che oggi è visto come
modello da seguire.
Si, perché sembra funzionare.
Il 13 maggio scorso per la prima volta nel nostro Paese un
Tar, con sentenza, ha dato ragione al Comune di Genova
appellandosi proprio alla legge regionale. Sino ad oggi, in
assenza di legislazione nazionale e locale ogni iniziativa dei
sindaci veniva bocciata...
Esatto. Ma serve un cambio di paradigma anche da parte del-
Dopo il servizio delle Iene sul rapporto tra parlamentari e
lobby però non è detto che la sua legge passi. Si è posto il
problema?
Proprio per come abbiamo pensato la legge, sottoscritta
per altro in modo trasversale da tutte le forze partitiche, non
abbiamo lasciato alibi cui appellarsi. Un testo semplice che
affronta due soli temi: potere ai sindaci e divieto di pubblicità. Tutto qui. Chi non la dovesse votare lo dovrebbe fare allo
scoperto perchè dovrebbe spiegare la sua posizione. Se ci saranno lobby che fanno pressione questa volta lo dovranno
fare a carte scoperte. ¢
27
BABELE 2013
L'UOMO GIÙ
DALLA TORRE
VITA - GIUGNO 2013
28
º Per ben quattro volte Papa Francesco è tornato a riproporre
il racconto della Torre di Babele, secondo l’interpretazione contenuta
nel Midrash: i costruttori della Torre erano così accecati dalla loro
impresa che si preccupavano più dei mattoni che non degli uomini.
«Questa è la crisi che stiamo vivendo», ha spiegato il Papa.
di Silvano Petrosino
S
emplice ma, al tempo stesso, rivoluzionario: è il “metodo Bergoglio” per combattere la povertà».
Nel racconto del Midrash la terra
viene descritta come un immenso cantiere dove, distolti da ogni interrogativo
sul significato e lo scopo del loro agire,
gli uomini si affaticano per far progredire la loro costruzione. Dio non dà retta
alle potestà angeliche inorridite dalla
stoltezza degli uomini e, anzi, lascia
fare «per affrettare il momento della
comprensione». Quando poi il formicaio
diventa moto perpetuo e «l’unica pausa
aveva luogo in cima alla torre, dove prima di attaccare la discesa i portatori di
mattoni si fermavano a cementarli con la
calce e a lanciare nugoli di frecce contro
il cielo, facendo bene attenzione a non
guardare mai verso terra per paura delle
vertigini», ecco che gli angeli al cospetto
del Creatore esclamano: «Guardali! Sono
arrivati tanto in alto che non ce la fanno
a guardare il panorama!».
Si racconta che Dio non abbia distrutto del tutto la Torre di Babele ma ne abbia lasciato alcune rovine a monito per
le generazioni future. «Il Talmud - scrive
Zumthor in un suo magnifico saggio - ricorda che la Torre non è scomparsa del
tutto, e presume che un terzo resti ancora visibile ai viaggiatori» (Babele, il Mulino 1998, p. 187). Un monito dunque, o
un monumento, ma per ricordare che
cosa, e per ricordarlo a chi?
Costuire non è un male
Vale sempre la pensa ritornare su questi sorprendenti nove versetti (Genesi,
11, 1-9). Dio aveva invitato gli uomini a
«coltivare e custodire» il giardino dell'Eden (Genesi, 2,15), e la costruzione della
Torre deve essere interpretata proprio
come la libera risposta degli uomini a
una simile sollecitazione. Gli uomini si
sono riuniti tutti insieme nella piana di
Sennaar e tutti insieme hanno deciso di
costruire una città, una Torre, facendosi
così un nome e diventando famosi. In
tutto questo non c'è nulla di male.
Tuttavia nel loro costruire i babelici hanno finito come per distrarsi o per
eccitarsi: presi dal «coltivare» («costruire») si sono dimenticati del «custodire»,
hanno puntato tutto il loro cuore e la
loro intelligenza solo sulla costruzione
dell'unità misconoscendo il valore di
ogni singolo uomo. All'interno di una
tale separazione, quella tra il «coltivare»
ed il «custodire», il «costruire», che è
un bene (prendere l'iniziativa, agire per
dare vita a qualcosa di inedito), si è trasformato in una vera e propria hybris, in
BABELE 2013, L'UOMO GIÙ DALLA TORRE
› Torre dei Babele. Miniatura che
raffigura la celebre torre biblica
quell''attività parossistica, «macchinale»
per riprendere un termine nietzscheano,
che non si ferma più di fronte a niente e
soprattutto a nessuno. In tal senso, ecco
il punto che non bisogna assolutamente
perdere di vista, i versetti biblici relativi alla costruzione della Torre di Babele
descrivono perfettamente quel capovolgimento essenziale al termine del quale
la costruzione, fosse anche, lo ripeto, di
quel valore positivo che è l’unità, il vivere e il trovarsi insieme, arriva a prendere
il sopravvento sui costruttori, su tutti i
singoli costruttori. Babele mette così in
scena una «comunanza» che non è affatto «comunione», e la prima non è la
seconda proprio perché in essa l'unio-
ne tra i molti, fosse anche per cercare il
bene e garantire la pace, finisce per sottovalutare, oscurare e talvolta perfino
distruggere l’unicità del singolo (quel
singolo ancor «più singolo/solo», se così
posso esprimermi, che la Bibbia identifica ne «l’orfano, la vedova, il povero e
lo straniero»). Ecco il monito che le rovine di Babele continuano a ricordare: c’è
un costruire che in realtà distrugge, e il
costruire distrugge quando il costruttore dimentica che deve anche custodire,
quando dimentica che c'è dell'incostruibile, proprio in ciò ch’egli è chiamato a
custodire (l’Eden è dell'uomo, è destinato all’uomo, ma mai come una sua proprietà: egli vi abita come in affitto).
Distrugge chi dimentica il vero bene
Chi sono i viaggiatori di cui parla il Talmud? A chi è rivolto il monito delle ro-
vine della Torre? Non ci sono dubbi: a
noi come ricorda Papa Francesco. Oggi,
ma forse come in ogni altra epoca, l’antico grido risuona nuovamente: venite!
Raccogliamoci, non disperdiamoci! Venite a costruire un’esistenza perfetta e
autosufficiente, diffondere il benessere,
garantire la sicurezza, imporre a tutti la
democrazia e la pace. Come allora, questo grido risuona contemporaneamente
in modo maestoso e tragico, esso si alza
come un magnifico invito e come una
terribile minaccia.
Come accadde anche allora, al di là
delle stesse buone intenzioni dei costruttori, è solo durante la costruzione
della Torre che l’impresa finisce, inesorabilmente, per rivelare il suo vero volto
(il distruggere). Ed è proprio a questo
livello che gli effetti del progetto, i quali
non si sono certo fatti attendere, sembrano essere inquietantemente proprio
gli stessi di allora: anche oggi ciò che si
presenta come la ricerca dell'unica lingua in verità appare sempre più come
l’universalizzazione del dialetto più potente, così come la cosiddetta «difesa
della civiltà» appare sempre più come
l’imposizione di un certo stile di vita. In
questo modo la nuova parole d’ordine,
«Consumate! Tutti devono consumare!»,
sembra riproporre l'antica legge del dominio e dell’imposizione, anche senza
dittatori e tiranni. «Non c’è alternativa»,
si continua a ripetere, bisogna salvaguardare la pace e la civiltà, ma per far questo
è necessario imporre la ragione e la democrazia, garantire la sicurezza e sopratutto sviluppare l’economia. Ora - ecco la
voce più forte di ogni altra voce che circola in quella piana di Sennaar che sono
le nostre megalopoli - per aiutare l’economia bisogna incrementare i consumi,
e a tale scopo è necessario trasformare il
consumo in un autentico dovere morale:
bisogna vendere tutto, bisogna vendere
a tutti, ma soprattutto tutti devono consumare. Gli studiosi l’hanno sottolineato da tempo: le nuove cattedrali sono i
centri commerciali, e questo, purtroppo,
non è mai stato solo un modo di dire.
Per fortuna anche la parola che il testo biblico relativo a Babele instancabilmente consegna è sempre la stessa:
con assoluta fermezza, con la massima
discrezione, senza alcuna condanna
dell’azione umana, evitando soprattutto
ogni maledizione dell’uomo e delle sue
costruzioni, scendendo fino a terra, essa
non si stanca di ripetere: vigilate, non
fatevi distrarre, non abitate la terra in
questo modo! Questa parola continua a
risuonare come il Papa ricorda: chi vorrà
ascoltarla? ¢
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VITA - LUGLIO 2012
VITA.IT
LUOGHI
SE IL VIRUS SLOT
CI HA INFETTATI AL CUORE
di Lorenzo Maria Alvaro
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I
l colore chiaro dei campi coltivati rompe il dominio dei boIl Tevere a Piosina
schi verde cupo sulle colline. Ogni scorcio sembra un quaE a preoccupare è sopratutto il destino. Qui ci sono tre case
dro con il cielo per cornice. L'orizzonte è quello tipico del
storiche, due vie e due bar. Uno è quello commerciale che
centro Italia. Il paese si chiama Piosina. Da qui tirando un
vende anche le sigarette. L'altro è un Circolo Acli. Proprietà
sasso a sud si colpiscono le finestre di Città di Castello in
della parrocchia è gestito da ragazzi volontari. A fianco stanUmbria, a nord i pollai dei contadini toscani di San Sepolno costruendo una casa per ragazzi disabili. Un centro di ricro. Un luogo di frontiera. L'Italia in massima parte è costiabilitazione. Un altro di quei segni che ti fanno capire di star
tuita da questi piccoli borghi. Siamo un Paese il cui tessuto è
dentro un riassunto vivente del tuo Paese. In cui la gratuità
composto da una miriade di piccoli mondi fatti da un pugno
(in questo caso di una famiglia che ha avuto un figlio disadi case e un incrocio. Se si vuole comprenbile) è sempre stato il principale motore
dere veramente quello che succede nello
propulsivo.
A Piosina due soli bar
stivale è qui che bisogna guardare. Non alle
E poi si resta atterriti. Ci sono due bar,
ma che vantano ben
metropoli, Non a Roma, Milano o Firenze.
dicevamo. Già, ma sette slot machine.
sette slot machine
Piosina però, oltre a rispondere magniCinque nel bar commerciale, sul retro. Ma
ficamente al compendio del piccolo borgo
quel che è peggio, due nel Circolo Acli, nei
italico, con il suo pugno di case e il suo incrocio, va oltre. Sì,
locali della parrocchia. Perché anche lì dove il volontariato
perché è un po' l'ombelico italiano. È proprio nel mezzo del
è la regola, dove dei ragazzi, per non vedere perso il luogo
Bel Paese. Al centro. Sul confine, come si è detto, tra Umpiù caro hanno deciso di ristrutturare e prendere in gestione
bria e Toscana, in un crogiuolo di dialetti che qui perdono un
il locale, le macchinette la fanno da padrone. Sia nel bilanconfine preciso. Ci sono reminescenze di umbro, quello con
cio dell'esercizio che nel tempo delle persone. "Senza, non
la "u" tipica di Foligno, c'è l'emiliano che va a braccetto con
riusciremmo a tirare avanti", dice il barista con un sorriso
la cadenza romana ma con influenza pugliesi (in particolare
mesto.
lo scambio delle a con le e).
Piosina poi, senza pubblicizzarlo, senza dire nulla a nesIl circolo Acli di Piosina
suno, bagna i propri piedi nel Tevere. Qui è ancora un piccolo
Sul retro del Circolo, chiuse e abbandonate riposano due mafiumiciattolo. Deve ancora prendere coraggio per diventare
gnifiche piste di bocce. Polverose guardano dritte negli occhi
Il Tevere. Ma è comunque lui, il fiume da cui prende battesile slot machine luccicanti. La domanda viene spontanea:
mo e gloria l'Italia. In una parola Piosina riassume in sè tutto
ma perché non le riaprite, le valorizzate? A Milano, dico, nel
di noi e della nostra storia. Anche sui temi più attuali a Piosiquartiere Ortica c'è chi così ci ha fatto pure i soldi. "Se qui
na sono al passo coi tempi. Il prete è rumeno, serve altre tre
hai 5 euro non prendi il gelato e non giochi a bocce. Tenti la
parrocchie, fa da segretario al vescovo. "Viene solo il sabato.
fortuna e torni a casa", risponde il barista.
La Chiesa è sempre chiusa. La mancanza di vocazioni si senÈ da Piosina che si deve continuare la battaglia no slot.
te anche qui”, dicono in paese. È un posto, insomma, in cui
Dal cuore del nostro Paese. Perché il virus ha attaccato il cuosi incontrano storia e destino.
re. E desertifica pian piano.
¢
VITA.IT
EDUCAZIONE
#NOSLOT: UN MOVIMENTO
NATO DALLA GENTE
di Simone Feder
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E
ra il 2004 quando accoglievo Fabio, un ragazzo di 15
anni che chiedeva un consiglio per aiutare suo padre, caduto da alcuni mesi in una rete sconosciuta
che catturava tutte le sue attenzioni, il suo tempo e
i risparmi di una vita. Subito dopo fu il turno di una
ragazza arrivata in ufficio accompagnata dalla mamma, la stessa rete aveva catturato anche il suo papà. Per controllarlo e sapere dove andare a recuperarlo aveva installato
un localizzatore satellitare nella sua macchina… questo gli
permetteva di monitorare i suoi spostamenti e andare a recuperarlo…
Erano solo le prime avvisaglie, di una battaglia che si sarebbe rivelata più difficile del previsto, piena di insidie e contro un nemico in continua, ma nascosta, espansione. Stava
succedendo qualcosa di strano….
Una battaglia che sovverte ogni regola educativa, che
chiede ai figli di occuparsi dei padri, controllare le loro uscite
e chiedere aiuto per loro. Poi fu il momento delle venti donne disperate che cercavano un modo di fermare i loro mariti,
impedir loro l’accesso al patrimonio familiare che avrebbe
portato alla loro totale rovina. Questo è stato l’inizio della
nostra lotta contro le malefiche macchinette, la nascita di
un movimento nato dalla gente, dalle persone che per prime
hanno incontrato la sofferenza dei loro cari e del loro territorio e hanno deciso di farsene carico.
Il Movimento No Slot è iniziato in questo modo. Dall’esigenza di associazioni, gruppi, cittadini che hanno sentito
come urgente e minaccioso il problema ormai sempre più
diffuso dell’azzardo. Insieme abbiamo organizzato incontri e
conferenze in diverse parti d’Italia, ci sono state manifestazioni, non ultima la prima nazionale contro l’azzardo e siamo riusciti a stendere insieme alla rivista Vita un manifesto
contro questa piaga che ha girato il paese raccogliendo firme
e consensi. Il movimento No Slot continua a portare avanti la
sua battaglia, senza bandiere o schieramenti politici, cercando il sostegno e l’apporto della classe dirigente senza la cui
collaborazione è difficile prendere in mano le cose in modo
serio ed efficiente.
Fondamentale è stato trovare la giusta sensibilità anche
in alcuni esponenti politici, che ci hanno supportato, sostenuto e incoraggiato nel nostro cammino, convocandoci in
audizione (come in Regione Lombardia) per mettere le basi
per una legislazione che sappia dire un deciso ‘No’ a tutto
questo.
Perché l’azzardo è un problema che non richiede una
cura… non si risolve con la sanitarizzazione della situazione,
ma … richiede una messa in campo di forze che sappiano,
e vogliano, stravolgere il sistema a livello culturale. Perché
l’uomo non può essere schiacciato da queste logiche di potere che sottilmente riescono ad entrare e stravolgere l’intera
scala di valori, senza che la stessa società se ne renda conto,
colpendo l’intero sistema economico del paese, alterando le
logiche del mercato e impoverendo un sistema già colpito
dalla crisi. Questo è il frutto di una cultura malata, che affida il successo alla sorte, al caso, alla spasmodica voglia di
arricchimento. Chi è in grado di quantificare i costi di questa
tragedia in corso?
Quanta gente è disperata perché sente di aver perso un
familiare? Quanto tempo, passione, attenzione tolti ai propri
affetti e dedicati alle macchinette? Chi riconsegnerà a questi
figli la loro famiglia, i loro genitori, la serenità di cui hanno
diritto? In questi anni siamo entrati nelle scuole, abbiamo
incontrato giovani che per primi ci raccontano che ormai
questa cultura fa parte della loro normalità, già sfidano quotidianamente la sorte, incuranti delle logiche sottostanti a
quella loro grattata sul biglietto del gratta e vinci. ¢
VITA - LUGLIO 2012
VITA.IT
PATRONI
LA VIA DEL FUOCO:
BERNARDINO DA SIENA
CONTRO L'AZZARDO
di Marco Dotti
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B
ologna, 1423, giorno di Quaresima. Davanti alla chiesa di San Petronio si accese un falò dentro il quale finirono carte, dadi, tavole: gli strumenti dell’azzardo.
Tra l’ira e la gioia, la popolazione - anche quella parte che vi traeva lucro e non perdita - li scagliò tra le
fiamme. Con un misto di ammirazione e sgomento,
le cronache ricordano che ad accendere gli animi della ricca
e opulenta popolazione fu una predica. L’oratore ha un nome
anch’esso ammirato e temuto, celebrato dal calendario liturgico il 20 maggio di ogni anno: Bernardino da Siena.
Alla fine dei quaresimali era consuetudine accendere fuochi – i cosiddetti falò delle vanità – e buttarvi dentro gli arnesi
del diavolo e di quello che a ragione veniva considerato un
“turpe lucrum”.
L’azzardo, andava predicando frate Bernardino, induce al
peccato mortale. L’azzardo attiva controdesideri nefasti che
conducono a un’ancor più nefasta rovina. Quali? Ecco le parole di Bernardino: «il primo è il desiderio di lucro, il secondo è la volontà di predare, il terzo è l’usura al massimo grado,
il quarto è la moltitudine dei bugiardi, il quinto è la fonte di
blasfemia e di spergiuro. Se ne aggiungono altre cinque: il
primo è la corruzione e deviazione della gioventù, il secondo
è lo scandalo degli uomini giusti, il terzo è il disprezzo per
la proibizione ecclesiastica, il quarto è la perdita di tempo, il
quinto sono le frodi e le truffe.
Ancora cinque vi si sovrappongono. Il primo è l’ira e le
risse, il secondo la disperazione insana, il terzo l’adorazione stolida, il quarto è il nutrimento dell’ozio, il quinta la vita
turpe e infame». L’azzardo è un idolo: se interrogato, un idolo risponde sempre, non si cela nel silenzio o nel mistero.
Risponde sempre, ma mente. Per questo richiede “adorazione stolida”. Oggi ci arrivano voci di persone che si danno fuoco – l’ultima notizia in cronaca, proprio nel giorno in
cui si celebra il Santo. Uomini che si danno fuoco davanti ai
parlamenti, giocatori che, come è successo a Vicenza, si tagliano braccia e mani pur di resistere alla tentazione dell'azzardo. Succede ora, nella nostra modernità ipertecnica, non
in qualche lontano medioevo. Eppure, come ai tempi di frate
Bernardino, non sarebbe meglio bruciare le cose? Impresa
non semplice e non priva di rischi.
Benché avesse licenza del Vescovo per appiccare il fuoco,
più per invidia che per sostanza su Bernardino cominciarono infatti a circolare voci di eresia. Ma il santo non dovette
perdersi d’animo se quattro anni dopo lo ritroviamo a Siena,
animato dallo stesso furore.
Nel 1427, nel Quaresimale di Siena, Bernardino rincarò infatti la dose: «O così anco colui che dice: “Oh che bisognava
ardere i tavolieri? Elli bastava a levar via il gioco senza ardarli, e conduciare che chi giocava, si rimanesse [astenesse]
di quello e d’ogni suo malfare”. Tu dici: – Oh si giuoca in
segreto! – Io ti domando se tu ha’ memoria di quello che io ti
dissi. Io so’ bene ch’io non t’ho detto che tu arda e’ tavolieri,
e poi giochi; so’ io ch’io ti dissi, che tu ti rimanesse del gioco,
che non n’è boccone di buono; e perché non te ne venisse
voglia, che tu ardesse e’ tavolieri e l’altre cose che ti davano
cagione di giocare».
Non serve limitare il gioco – suggerisce il Santo – bisogna
“levar via” gli strumenti del gioco. Ne va della salute di tutti, di un’intera società – anche dei non giocatori – non della
“malattia” di pochi… ¢
L’IMPEGNO DI VITA CONTINUA
DAL 15 SETTEMBRE IL NUOVO SITO
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L’anteprima:
www.noslot.it
...per continuare a costruire comunità
C
iascuno di noi può pensare, in silenzio,
alle persone che vivono senza speranza,
e sono immerse in una profonda tristezza
da cui cercano di uscire credendo di trovare
la felicità nell’alcol, nella droga, nel gioco
d’azzardo, nel potere del denaro, nella sessualità
senza regole… Ma si ritrovano ancora più delusi
e talvolta sfogano la loro rabbia verso la vita con
comportamenti violenti e indegni dell’uomo.
Quante persone tristi, quante persone tristi,
senza speranza! Pensate anche a tanti giovani
che, dopo aver sperimentato tante cose, non
trovano senso alla vita e cercano il suicidio,
come soluzione. Voi sapete quanti suicidi di
giovani ci sono oggi nel mondo? La cifra è alta!
Perché? Non hanno speranza. Hanno provato
tante cose e la società, che è crudele – è crudele! –
non ti può dare speranza. La speranza è come
la grazia: non si può comprare, è un dono di Dio.
Papa Francesco
Lunedì, 17 giugno 2013