Come nascono i bambini? Educazione sessuale

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Come nascono i bambini? Educazione sessuale
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Come nascono i bambini?
Dalle prime domande dei più piccoli ai dubbi e alle ansie dei più grandi, il percorso dell’educazione sessuale è spesso difficile, talvolta problematico. I nostri figli devono infatti imparare a destreggiarsi tra modelli di femminilità e virilità irraggiungibili e di relazioni fasulle. E noi genitori ci troviamo a competere
con un bombardamento di informazioni che spesso banalizzano l’argomento...
EDUCAZIONE SESSUALE
N
el bene e nel male l’infanzia è oggi certamente
a contatto con la sessualità più di quanto non lo
fosse un tempo: nella
grande quantità di informazioni diffuse dai mass media, quelle che riguardano la sfera sessuale hanno infatti un peso importante. Se questo
comporta per i bambini aspetti positivi di maturazione e di ampliamento delle conoscenze, nello stesso
tempo può suscitare aspetti problematici di disagio e di confusione. Se
quindi i ragazzi sentono parlare della sessualità molto e talvolta male,
d’altro canto i genitori non sempre
sanno come fronteggiare la situazione e accompagnare i propri figli ad
una sana vita sentimentale. Carlo
Rottoli, neuropsichiatra infantile e
direttore medico del Centro di Ponte
Lambro de “La Nostra Famiglia”, e
Cristina Colombo, psicologa e psicoterapeuta presso “La Nostra Famiglia” di Vedano Olona, tengono corsi di educazione sessuale ed affettiva per bambini in alcune scuole di
Como. Insieme stanno per pubblicare un manuale sull’educazione sessuale per i bambini a partire dalla 4°
elementare e insieme rispondono a
qualche domanda.
Chi deve educare alla sessualità, i
genitori, gli insegnanti o gli esperti?
Educare alla sessualità è senz’altro
un compito delicato e complesso,
che non si esaurisce nel trasmettere
qualche informazione sugli organi
genitali o sulla riproduzione, ma
consiste nell’accompagnare i bambi-
ni prima, e i ragazzi poi, in un percorso di crescita che li porti alla
conquista della propria identità e di
adeguate capacità comunicative e
relazionali. In questo senso la famiglia ha un ruolo insostituibile: fin
dai primissimi anni di vita ai genitori spetta sviluppare nel bambino un
atteggiamento positivo verso il proprio corpo, il proprio ruolo sessuale,
la relazione e la comunicazione con
l’altro. Del resto i bambini imparano
di più da quello che vivono quotidianamente piuttosto che da quello
che ascoltano in una particolare occasione da alcuni esperti.
Anche la scuola, accanto alla famiglia, ci pare l’agenzia educativa che
maggiormente può incidere nel promuovere uno sviluppo armonioso
della personalità. Gli insegnanti, attraverso il loro ruolo quotidiano,
contribuiscono al difficile compito
di favorire la capacità di vivere la
sessualità in sintonia con l’evoluzione globale della persona.
Detto questo, non riteniamo che gli
esperti siano inutili, anzi il loro contributo può essere molto significativo come intervento di supporto e
collaborazione con la famiglia e la
scuola.
Perché quando si parla di educazione sessuale si pensa agli aspetti sanitari e “tecnici” della questione e raramente si affronta il
rapporto complesso tra sessualità
e vita emotiva?
Tale interpretazione riduttiva ci pare il frutto della mentalità odierna
che tende sempre più a focalizzare
l’attenzione sul sesso “sicuro” e sul
sesso come prestazione. Da una parte, infatti, le campagne per la prevenzione di malattie a trasmissione
sessuale rischiano di enfatizzare
esclusivamente l’importanza delle
norme igienico-sanitarie, scorporandole dalle componenti emotivo-affettive.
D’altro canto, i mass media tendono
spesso a diffondere un’idea di sessualità del tutto egocentrica; spesso
si ha l’impressione che l’aspetto prestazionale e genitale sia l’unico
aspetto importante nella relazione
fra un uomo ed una donna, che invece è molto più complessa. Concentrare l’attenzione sulle proprie
prestazioni sessuali è fonte di ansia
soprattutto nei giovani che si chiedono se saranno all’altezza della situazione, vivendo le esperienze erotiche come ricerca e conferma di se
stessi. La grande sfida di una educazione alla sessualità che ne recuperi
la ricchezza e la complessità consiste, secondo noi, nel guidare i giovani a guardare ad essa come ad una
dimensione non solo fisica o biologica: un bacio, una carezza, un abbraccio sono il volto visibile, la dimensione corporea di un sentimento, un’emozione, una speranza.
Ognuno di questi gesti nasconde dei
significati profondi. Così la carezza
dice all’altro che è “caro”, prezioso e
due innamorati conserveranno un
ricordo indelebile di un determinato
bacio, non certo in quanto eseguito
in modo tecnicamente perfetto, ma
per la ricchezza di sentimenti e affetti che portava con sé.
Quando i genitori possono iniziare a fare educazione sessuale? Bisogna attendere
le prime domande dei figli?
Se, come dicevamo, intendiamo per
educazione sessuale un percorso
che guidi alla presa di coscienza di
sé e della relazione con l’altro, si
può dire che tale cammino inizia fin
dalla nascita. Attraverso il contatto
fisico, il calore, le coccole, il bambino fa esperienza della relazione con
l’altro, ma anche e soprattutto di sé,
sperimenta il proprio corpo come
qualcosa che dà gioia, piacere.
Verso i 2 o 3 anni c’è la scoperta della differenza sessuale: “io sono un
maschio”, “io sono una femmina”.
Successivamente verso i 3-4 anni,
quando ormai il bambino sa chi è,
incomincia a porsi nuovi problemi e
nuove domande. Scopre che ogni
cosa ha una causa e così incomincia
a chiedersi il perché e come sono
fatte le cose. Nasce allora la domanda: “da dove vengo?”, “dov’ero prima di nascere?”.
È importante che l’informazione sessuale venga fornita gradualmente e
in relazione alle domande che di
volta in volta i bambini ci rivolgono.
Utilizzando le domande come guida
non si corre il rischio di andare
troppo veloci, sovraccaricando il
bambino di informazioni che non è
ancora in grado di rielaborare. Certo
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