Da che parte stare?

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Da che parte stare?
Il discorso del Papa ai Superiori generali, nell’incontro avuto
con loro durante l’ultima Assemblea di novembre, le riflessioni
di alcuni Superiori generali e un’intervista all’arcivescovo Joseph
William Tobin, già Superiore generale dei Redentoristi e ora
Segretario della Congregazione dei religiosi, offrono buoni spunti di
riflessione a noi Cavanis, per quel che riguarda la formazione.
Anche nella nostra Congregazione ogni giovane che entra
ha diritto a una formazione seria, buona e secondo il carisma.
Il cammino di formazione alla vita religiosa si fa sempre più sofferto
e, in generale, numericamente ridotto. Tutto ciò, però, può essere
visto e sfruttato come occasione per rivedere i criteri di formazione
dei candidati (pochi) e della formazione dei formatori (molto pochi).
Personalmente, non sono né dalla parte dei formatori né dalla parte
dei formandi, sono dalla parte delle loro relazioni e delle loro
responsabilità reciproche. Credo che ogni giovane che entra in
Congregazione meriti i formatori migliori e, nello stesso tempo,
entrambi hanno la responsabilità di instaurare rapporti secondo verità.
I giovani non meritano formatori perfetti, che non esistono, ma formatori che formino
veramente al carisma. Formatori che non comprino la simpatia dei giovani con concessioni, regali
o con le loro larghe e moderne vedute che non hanno niente a che vedere con la vita consacrata, e
continuino a spingerli ad andare avanti come se arrivare al sacerdozio fosse un premio. Formatori
che conoscono, vivono, attuano e testimoniano il carisma, sono presenza costante nella vita dei
formandi, non sostituiscono la loro presenza riempiendo i giovani di cose materiali e di stile di vita
borghese.
Non si tratta di mettere al centro i formatori anziché i formandi. Si tratta di vincere il
comodismo di quanti dicono: tanto non cambia niente, in famiglia questi ragazzi non hanno
ricevuto nessuna educazione, i giovani sono così, desiderano e vogliono le cose che tutti i giovani
del mondo chiedono, sono adulti che si arrangino…I formatori che pensano così, considerano i
giovani, ammessi alle diverse tappe della formazione, come un peso o come “tappabuchi”, futuri
impiegati per sostenere le istituzioni e non, in primo luogo, come missionari secondo il carisma
della Congregazione. Nella nostra Congregazione, a partire dai Fondatori fino a P. Basilio
Martinelli, i giovani candidati dovevano essere preparati, come persone e come religiosi, per
essere in grado di offrire una testimonianza missionaria nell’educazione cristiana della
gioventù, con virtù compravate per questo ministero. E ora?
“Il punto centrale della formazione è far comprendere qual’è il carisma. Purtroppo, mi
sembra che spesso cadiamo nel conformismo e non ci occupiamo più del nucleo della nostra
identità da presentare ai giovani…Questo implica che non possiamo ridurre la missione a una
forma di apostolato: occorre mettere in rilievo tutta la nostra vita come una missione continua nel
carisma, sia quando siamo in comunità, sia nella preghiera, sia nel servizio pastorale e apostolico.
Non dobbiamo fare a pezzi la nostra identità, ma riconoscere che il carisma è un dono di Dio
affidato alla nostra personale responsabilità” (Joseph William Tobin).
A questo punto è giusto chiederci: perché si continua a parlare solo di ristrutturazione di
opere o di parti territoriali e non si parla di ristrutturazione del cammino di formazione e si
comincia, finalmente, la formazione dei formatori? Le vere novità positive, nella formazione, si
realizzano con persone nuove e rinnovate nello spirito. Pretendere di rinnovare la vita religiosa
Cavanis con una mentalità materialista e da contabili (ristrutturando magari una casa in più), ma
poco profetica, vuol dire condannarsi alla fine. Ogni rinnovamento che non passi per un
rinnovamento delle persone è destinato creare e ad aumentare le illusioni e a fallire. Quali i
risultati di una formazione superficiale e lontana dal carisma? Il numero di persone umanamente e
religiosamente poco strutturate e fragili, gli scarsi risultati qualitativamente positivi di questi ultimi
anni nel cammino di formazione, devono aiutarci ad essere umili e a sottomettersi al giudizio dello
Spirito: “Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza…Ho però da rimproverarti di
aver abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, convertiti e compi le
opere di prima” (Ap 2, 2-5).
Come rinnovare la formazione? Come nascere di nuovo? (cfr. Gv 3, 3) Ritornare al passato
sarebbe chiedersi, ingenuamente, come Nicodemo, se è possibile rientrare nel seno materno. Il Papa
e i Superiori generali, nelle loro riflessioni, suggeriscono inziative concrete e possibili: fare ogni
sforzo per liberare la formazione dal deserto della sterilità e dall’imborghesimento infecondo e
banale. La risposta alle attuali difficoltà della formazione sta nel vivere, in primo luogo, l’amore di
Dio come assoluto della vita e nella testimonianza chiara e radicale dei consigli evangelici a
servizio del carisma della Congregazione. Poi viene il resto. I religiosi sono lievito e sale della
terra. Sono come lievito che fa crescere il Regno di Dio, sono come il sale che, tra le sue proprietà,
ha quella di diluirsi senza perdere la propria identità, in modo che può nuovamente cristallizzarsi (P.
Pedro Arrupe).
Compito primario dei formatori è quello di aiutare i giovani a maturare la scelta, non dietro
spinte emozionali, per riempire i vuoti di personale che si creano nelle opere, ma su vere e forti
motivazioni che sostengono un cammino lungo e faticoso, verso valori che non divengono
patrimonio della persona per generazione spontanea, ma sono frutto di fedeltà e costanza. La
serietà e l’onestà nel verificare la qualità delle vocazioni, non deve lasciare spazio a concessioni
superficiali. L’ammissione facile alla professione perpetua e al sacerdozio può accrescere il numero
di religiosi, ma alla fine si rivelerà un investimento negativo, che avrà le sue ricadute in un futuro
prossimo. Non serve abbellire il vuoto per farlo apparire pieno. Cammino lungo e faticoso,
formazione seria e buona secondo il carisma. Perché? Perché la missione è una sfida in un clima di
emergenza educativa e formativa che attinge la vita cristiana, specialmente dei bambini e dei
giovani, in ogni paese del mondo: “si tratta di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza
del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le
fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e con
disegno della salvezza” (EN 19).