EMANUELA CRESTI ENUNCIATO E FRASE: TEORIA E VERIFICHE

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EMANUELA CRESTI ENUNCIATO E FRASE: TEORIA E VERIFICHE
EMANUELA CRESTI
ENUNCIATO E FRASE:
TEORIA E VERIFICHE EMPIRICHE 1
1.
Premesse 2
Il problema teorico che intendiamo trattare concerne la identificazione e spiegazione delle unità
linguistiche superiori alla parola con "valore di comunicazione"; tale riflessione teorica, che ci
accompagna ormai da molti anni, 3 è a questa data corredata, però, anche dai dati quantitativi della
effettiva consistenza e distribuzione di esse unità di riferimento, come identificate secondo le nostre
definizioni. Dalla fine degli anni ’90 è stato possibile, infatti, condurre presso il Laboratorio linguistico
del Dipartimento di italianistica (LABLITA), 4 sistematiche verifiche empiriche, sia tramite programmi
automatici sia tramite ricerche “manuali”, sui corpora di italiano scritto e parlato archiviativi.
Le entità che nel corso della riflessione linguistica sono state considerate corrispondere al requisito
del valore comunicativo sono le frasi e in epoca novecentesca anche gli enunciati. Le principali
caratteristiche ad essi associate sono quelle di: autonomia, interpretabilità, compiutezza semantica,
predicazione e intonazione. 5 Ma tutti conoscono le questioni connesse alle definizioni delle due entità,
che per di più spesso finiscono per essere equiparate. Il risultato più comune è che enunciato sia
considerato la versione orale di una frase, o un programma di frase realizzato oralmente in maniera più o
meno compiuta. Secondo una prospettiva generativista, per esempio, l'utterance, equivalente inglese del
termine enunciato, sarebbe l'entità dell'esecuzione, mentre la sentence, la frase, sarebbe l'entità basica
della competenza, un assioma non necessitante come tale di spiegazione. 6
1
Il ringraziamento che va a Giovanni Nencioni non si può certo esaurire in una breve nota, vorrei solo ricordare che senza la sua
presenza, il suo affetto, la sua intelligenza, il suo sostegno ed esempio, tutta la mia ricerca – ed insieme con la mia quella ormai di
tanti giovani e valenti collaboratori ed allievi - non sarebbe esistita.
2
Una versione ridotta del presente contributo è stata presentata in forma orale al V° Convegno internazionale SILFI, tenutosi nel
1998 a Catania.
3
La definizione e distinzione di concetti come enunciato e frase fanno parte della mia ricerca e sono state oggetto di alcuni
contributi, nei quali ho affrontati diverse questioni ad essi attinenti. Si veda tra i più recenti Cresti 2000, 2001, 2003.
4
Presso il Laboratorio, che è stato costituito nel 1985 e che attualmente è dotato di una aggiornata attrezzatura informatica, è
archiviato il più ampio corpus di parlato italiano (più di 300 ore di registrazioni), un corpus di scritto letterario annotato, e vi sono
condotte ricerche teoriche e sperimentali sull’italiano parlato e in particolare sulla sua intonazione. Sono confluite nei suoi archivi le
raccolte di parlato e scritto, da me iniziate fin dal 1973, per ispirazione di Giovanni Nencioni, e in seguito le raccolte della prima
acquisizione condotte insieme con Massimo Moneglia alla fine degli anni ’70. Vi è conservato anche il primo corpus di parlato
italiano (1965), di cui ci è stato fatto gentile dono da Harro Stammerjohann. I corpora di LABLITA sono archiviati secondo il
formato CHAT, ( Mac Whinnwey 1997, Moneglia e Cresti , 1997), e parte di essi sono allineati testo/suono/parametri acustici con il
software WinpitchCorpus di Ph. Martin. Ampi sottocorpora sono stati analizzati rispetto alle loro caratteristiche pragmatiche,
intonative e morfo- sintattiche. Per una descrizione più dettagliata degli archivi si veda il sito web http://lablita.dit.unifi.it e gli
artiicoli di Moneglia (2000), Cresti e Gramigni (in stampa) e Scarano e Signorini (in stampa).
5
La letteratura in merito è sterminata; ricordiamo solo che se ne sono occupati tutti i più importanti linguisti del secolo scorso:
Meillet (1903), ), Sapir (1921), Jespersen (1924), Sechehaye (1926), Karcevsky (1931), Ries (1931), Bloomfield (1934), Mathesius
(1939), Bally ( 1950), Tesnière (1959), Benveniste (1967), Hjelmslev (1971), Halliday (1976), Givon (1984). Un'interessante ripresa
del problema della definizione della frase e una sua approfondita analisi negli studi francesi del dopoguerra è stata presentata da L.
Melis e P. Desmet (Università di Lovanio) ai Seminari dell'Ecole pratique des Hautes etudes, sezione IV° (Parigi), diretti da
Blanche-Benveniste, nel dicembre 1998. Tra i diversi contributi italiani ricordiamo Sornicola (1981), Simone (1990), Voghera
(1992), Graffi (1994). Per una disamina del problema si veda anche Miller e Weinert 1998. Inoltre tutte le nuove grandi
grammatiche di consultazione ne trattano ampiamente, si veda Quirk et alii 1985, Renzi et alii 1988-95, Riegl et alii (1994), Bosque
et alii 1998, Biber et alii 1999, Mateus et alii 2002.
6
Si veda Chomsky (1965).
7
Si veda per esempio nella grammatica di Serianni (1988) "La frase, o proposizione, è l'unità minima di comunicazione dotata di
senso compiuto" …"Si considera dotata di senso compiuto una frase in cui si trovi almeno un predicato (verbo di modo finito) che
può essere accompagnato da un soggetto".
8
Si veda una ricerca assai interessante in proposito i lavori di A. Ferrari (2003)
Un'accezione tradizionale, cui tutti in genere fanno riferimento, è quella per cui frase sarebbe ogni
espressione di senso compiuto, e la cui realizzazione sarebbe dovuta ad una predicazione, a sua volta
costituita da una forma verbale flessa di modo finito. 7
Il mio lavoro tratta:
a) della distinzione delle due entità enunciato e frase, come entità di riferimento non la prima
dell'esecuzione e la seconda della competenza, come vorrebbe un quadro generativista, ma bensì
come entità di riferimento di varietà diamesiche diverse: parlato vs scritto;
b) della associazione delle due entità a proprietà caratterizzanti diverse, e in particolare l'enunciato a
quella dell'autonomia, ovvero dell'interpretabilità pragmatica (indice primario intonazione), e la
frase al fatto di interpretare sintatticamente una proposizione, essendo essa l'entità semantica
dotata di compiutezza semantica (indice la predicazione);
c) del fondamento empirico delle due diverse unità a partire da un riscontro su corpora.
Vorremmo concludere queste premesse notando che considerare entità di riferimento di una varietà
diamesica un certo tipo di espressione vuol dire che a partire da tale entità è costruita l'organizzazione
specifica dei testi di quella varietà. Nella varietà diamesica scritta il livello caratterizzante deve essere
considerato quello logico-sintattico, che è fondato sulla frase, mentre nella varietà parlata è quello
pragmatico-illocutivo e dell'articolazione dell'informazione, che è fondato sull'enunciato. Come diremo
quest’ultimo è definito sulla base dell'interpretabilità pragmatica.
Ciò non esclude tuttavia che un'entità come la frase o l'enunciato possa comparire nella varietà diamesica
nella quale l'uno o l'altra non è l'entità di riferimento. 8 Si trovano infatti enunciati nella lingua scritta, e in
particolar modo nei nostri testi letterari, nei quali viene spesso riprodotta la rappresentazione del dialogo,
artificialmente ricostruita tramite semplici enunciati, oppure l’indiretto libero, il flusso di pensiero, e più
in generale figure espressive ricalcate dal parlato. 9 Evidentemente poi, occorrono frasi all'interno della
produzione orale. Quello che a noi interessa verificare, o almeno cominciare a sondare, è però la
frequenza delle due entità, l'enunciato e la frase, nelle diverse varietà scritta e parlata.
2.
L'enunciato.
2.1. Per la definizione di enunciato rimando complessivamente ai miei lavori (Cresti, 1987-2003),
nei quali ho formulato un'ipotesi circa l'organizzazione del parlato, denominata “teoria della lingua in
atto”. All’interno di tale quadro enunciato viene definito ogni espressione linguistica interpretabile
pragmaticamente, legata: a) ad una condizione semantica di piena significanza dell'espressione in
questione (parola lessicale vs morfema); b) alla sua realizzazione intonata secondo un pattern melodico di
valore illocutivo. 10 Secondo tale proposta l'enunciato è l'unità di riferimento della lingua parlata; esso
costituisce il corrispettivo linguistico di un atto 11 ed è prosodicamente identificabile nel continuum
parlato (criterio illocutivo e articolazione informativa). In tal modo l'enunciato risulta definito dal
carattere dell'autonomia, ovvero dell'interpretabilità pragmatica, e l'indice linguistico necessario alla sua
realizzazione è l'intonazione. Asseriamo che l'autonomia, o interpretabilità pragmatica, è proprietà diversa
dalla compiutezza semantica, né appare vincolata alla realizzazione di una predicazione, in particolare a
quella costituita da una forma verbale finita, come invece previsto per la proposizione.
Come abbiamo anticipato se l’enunciato è l’unità di riferimento della varietà diamesica parlata, il
criterio illocutivo e quello dell'articolazione informativa, sui quali esso enunciato si fonda, permettono di
9
Bisogna osservare che anche all'interno di un testo scritto possiamo valutare che alcune espressioni siano degli enunciati e non
delle frasi, anche se viene meno il carattere primario dell'intonazione, che come diremo tra breve è un indice necessario per la loro
identificazione. Possono essere considerate, infatti, come enunciati ed escluse dal novero delle frasi tutte quelle espressioni che
possono essere valutate come ricostruzioni scritte di enunciati, a seguito di indici interpuntivi di valore illocutivo ( !, ?, !?, ..., " "), e
di indici lessicali e morfosintattici, attraverso i quali un'illocuzione possa essere convenzionalmente rappresentata, anche se
evidentemente essa non può essere compiuta come atto. Rimandiamo ancora alle ricerche di A. Ferrari sui criteri di identificazione e
definizione di enunciato nella lingua scritta.
10
Per quanto riguarda il quadro di riferimento si veda Cresti 2000 e per lo studio corpus based e verifiche sperimentali di pattern
intonativi con forme dedicate al compimento di specifiche illocuzioni si veda Firenzuoli (2003) e in stampa.
11
Il quadro di riferimento è la speech acts theory di Austin (1962).
descrivere e spiegare in maniera completa e sistematica il livello proprio dell'organizzazione del parlato
spontaneo.12 Ci sembra particolarmente rilevante la dimostrazione della consistenza del criterio illocutivo
e quello dell’articolazione informativa, a seguito della loro applicazione al Corpus del parlato romanzo CORAL-ROM, con la loro estensione anche a lingue diverse dall’italiano. 13 I quattro corpora romanzi
(italiano, francese, portoghese e spagnolo), per più di 300.000 parole per lingua, infatti, sono stati
interamente trascritti e etichettati, su base percettiva, secondo vaglio successivo di tre trascrittori e
controllo sperimentale sistematico nel corso del lavoro di allineamento testo/suono, con diacritici che
segnalano la conclusione prosodica degli enunciati (break terminale) e le principali variazioni melodiche
al loro interno (break non terminale), dedicate alla segnalazione delle diverse unità d’informazione e della
loro articolazione. 14 E’ stata quindi costituita per la prima volta la base di dati degli enunciati del parlato
romanzo.
La base di dati degli enunciati della parte italiana di C-ORAL-ROM ha permesso alcune analisi
automatiche, condotte con programmi di soft-ware appositamente sviluppati presso il nostro Laboratorio,
15
ma bisogna sottolineare che tali verifiche automatiche sono sempre state accompagnate da ricerche
“manuali”, applicate a sottocorpora o a campionamenti rappresentativi, che hanno preceduto o seguito,
sempre confermando, tali risultati. 16 Prima di passare alla presentazione dei dati vogliamo però
introdurre anche la nostra definizione di frase.
3.
La Frase.
3.1. La soluzione proposta per la definizione di enunciato, legata all'interpretabilità pragmatica o
autonomia, permette di affrontare con maggiore semplicità il problema della identificazione della frase,
che tutti sanno quanto sia controversa, perché sgombra il campo da una delle principali difficoltà
definitorie, connessa alla confusione tra il carattere dell'autonomia e quello della compiutezza semantica.
L'introduzione del concetto di enunciato, infatti, consente di non prendere in considerazione tutti quei
casi che corrispondono ad espressioni che raggiungono il valore comunicativo (per esempio: bello!,
piovesse, grazie, vattene, partire?, o Silvia ), perché in contesto, sia scritto ma soprattutto parlato, essi
hanno interpretabilità pragmatica, e quindi sono enunciati, ma che evidentemente non hanno compiutezza
semantica, e quindi non sono frasi. Vengono meno così una gran parte di quelli che tradizionalmente
sono considerati esempi difficili da accordare con una qualsiasi definizione di frase, dal momento che per
una ragione o un'altra essi non possono essere ricondotti a schemi di saturazione del verbo o di relazione
soggetto-predicato.
Sgombrato il campo da tali falsi controesempi, rimane tuttavia da fare il più, ovvero da spiegare che
cosa sia una frase, ma benché Stati 17 sostenga che nel corso dei secoli siano state avanzate dai
grammatici 300 e più definizioni, quella che appare più universalmente diffusa, a cominciare da
Prisciano, è, come abbiamo già anticipato, quella fondata sul carattere della compiutezza semantica.
L'altro assunto universalmente riconosciuto è quello che la compiutezza sia fondata sopra una
predicazione. Ci atteniamo ad entrambe le ipotesi (compiutezza semantica, predicazione), delle quali
cercheremo di dare una nostra interpretazione e spiegazione.
12
Se nel corso degli anni non abbiamo incontrato critiche aperte o smentite teoriche della nostra ipotesi , abbiamo però spesso
dovuto fronteggiare l’obiezione che essa non fosse provata, a dispetto delle varie esemplificazioni da noi fornite sulla base
dell’analisi di testi sia di parlato spontaneo, sia trasmesso che della prima acquisizione, accompagnate inoltre da esempi prodotti in
laboratorio che ne davano piena conferma. L’archiviazione del più esteso corpus di parlato italiano, la costituzione del corpus
parlato romanzo, e le analisi sistematiche su di essi condotte secondo il criterio illocutivo, speriamo che possano essere considerate
prove sufficienti della sua plausibilità.
12 Rimando per una presentazione del progetto al sito web http://lablita.dit.unifi.it/coralrom e ad alcuni articoli Cresti, E. e
Moneglia, M. (2002), Cresti et alii (2002), Cresti e Moneglia, (in stampa).
14
I criteri di etichettatura prosodica su base percettiva sono stati sottoposti a verifica sperimentale per ogni lingua e hanno dato
risultati di accordo superiori all’80%. E’ in corso un’ulteriore verifica, questa propriamente sull’etichettatura prosodica di tutto il
corpus, condotta da LOQUENDO, secondo una ratio percentuale significativa (1 enunciato ogni 30).
15
La verifica automatica dei dati è stata condotta attraverso programmi di software, sviluppati appositamente presso LABLITA
(conteggio dei turni e degli enunciati, calcolo della loro lunghezza media in parole e unità d’informazione, velocità di eloquio, ecc..)
e ad essa è stata affiancata la lemmatizzazione fatta con il programma P-tagger di E. Picchi, integrato per il parlato spontaneo. La
combinazione di programmi diversi ha permesso, per esempio, di valutare automaticamente la presenza o meno di verbi all’interno
degli enunciati, le loro caratteristiche morfo-sintattiche, ecc..
16
Le verifiche “manuali” sono state condotte per lo più all’interno di lavori di tesi di laurea e dottorali svolti presso LABLITA, tra i
quali citiamo quelli di G. Tamburini, A. Scarano, V. Firenzuoli, F. Rossi, G. Tizzazini, D. Giani, S. Signorini, I. Tucci, C. Ferri. Si
veda in bibliografia.
17
Si veda Stati (1976).
Statuto diverso ci sembra invece ricoprire il fatto che la predicazione dovrebbe essere intesa come
necessariamente costituita da un predicato con una forma verbale di modo finito. 18 E' da quest'ultima
assunzione che discende, infatti, che la compiutezza semantica sarebbe realizzata tramite la saturazione
delle attese o valenze semantiche del verbo al centro della predicazione.
Nella tradizione di studi grammaticali esiste poi un'altra forma di spiegazione, solo in parte diversa
dalla precedente, per cui la frase tradurrebbe uno schema di pensiero primario, riconducibile alla
relazione attore-azione. 19 Sarebbe l'attuazione sintattica di tale schema semantico a dare conto della
compiutezza di un'espressione. Anche in quest'ultima ipotesi il verbo rimane in ogni caso l'espressione
necessaria per l'esplicazione linguistica dell'azione.
Vorremmo notare a conclusione di queste brevi osservazioni che se l'identificazione di ciò che sia
frase è affidata ad una condizione di compiutezza semantica, è una caratteristica semantica quella che
definisce l'entità sintattica di frase; del resto anche le due principali spiegazioni della stessa condizione di
compiutezza, quella per la saturazione delle attese verbali e quella dello schema attore-azione, sono di
tipo semantico. Ci sembra allora necessario introdurre una distinzione terminologica tra l'entità sintattica
che è "depositaria" dell'entità semantica, caratterizzata da compiutezza, che chiamiamo frase e l'entità
semantica in questione, che chiamiamo proposizione. Con ciò non facciamo niente di più che ricollegarci
alla terminologia tradizionale degli studi novecenteschi, 20 spesso però confusa o disattesa nelle nostre
grammatiche.
3.2. L'attenzione rivolta dai linguisti fino dagli inizi del '900 alle frasi nominali 21 ha portato ad ammettere
entro il novero delle frasi anche queste ultime, la cui caratteristica sintattica più saliente è costituita
dall’essere il loro predicato privo di una forma verbale finita. Il fatto di considerare le nominali come
frasi a tutti gli effetti (dalla padella nella brace, giovedì gnocchi) è dovuto alla constatazione immediata
che anche esse rispondono al carattere della compiutezza semantica. Ma l'estensione rende assai
problematica la possibilità di definizione di predicato, perché quelli delle nominali esulano sia dallo
schema semantico della saturazione del verbo, che è assente, che dalla relazione attore-azione, che non
avviene. Non possiamo tacere del resto che la considerazione delle frasi nominali rischia di annullare la
distinzione sintattica tra frase e sintagma, per altro anch'essa immediata (il mare azzurro vs il mare è
azzurro, la distruzione della città vs la città è stata distrutta). Essa chiede, infatti, che sia identificato il
tipo di relazione semantica che lega le parti costituenti di una frase nominale, come dalla padella nella
brace, ovvero chiede che sia identificata la relazione tra un soggetto nominale ed un predicato nominale,
e che sia distinta da quella che può intercorrere entro le parti costituenti un sintagma nominale, come le
patate nella brace, o un sintagma verbale, come cuoceva nella brace.
Di fatto la letteratura ha palesato un impasse rispetto al problema di spiegare la distinzione tra le
diverse funzioni di una espressione, che da un punto di vista lessicale, morfologico, sintagmatico e di
ordine può essere sempre la stessa (nella brace ), ma che in un caso (dalla padella nella brace)
costituisce un predicato e in tutti gli altri (le patate nella brace, cuoceva nella brace) solo un
circostanziale o la saturazione argomentale di un verbo, quindi parte di una configurazione sintattica che,
essa, complessivamente può svolgere un ruolo semantico di soggetto o predicato. A nostro parere questo
è il vero motivo che ha portato a eleggere, secondo la nota proposta di Bloomfield, una "forma di frase
preferita", che poi è sempre quella con il predicato verbale, come campione di frase. 22
La scelta di eliminare le frasi nominali dal novero delle frasi, perché non conformi al tipo di frase
preferita, non ci pare però condivisibile, perché non sostenibile in ambito descrittivo, data la rilevanza del
costrutto in tante lingue, data la sua diffusione nella lingua scritta letteraria, anche in lingue come
l'italiano che in teoria ne dovrebbero essere prive, e dato infine il riscontro della sua esistenza, anche se in
quantità ridotte, nell’italiano parlato.
3.3. Tenendoci alla definizione di frase, come "ogni espressione compiuta semanticamente",
riassumiamo con exempla ficta i vari tipi frastici che abbiamo trovato realizzati più in generale nel corpus
18
Si veda anche de Mauro e Thorton (1985).
19
Naturalmente esistono numerose varianti e rivisatazioni di entrambe le ipotesi, ma in sostanza esse appaiono le due principali
soluzioni con intento esplicativo.
20
Si veda per tutti i problemi di terminologia (Simone 1990).
Si veda Meillet 1906.
22
Si veda la discussione proposta da Graffi (1994) nel capitolo IV° de "La sintassi".
21
letterario, evidentemente ivi comprendendo le frasi nominali. Deve essere sottolineata, però, anche la
frequenza di un “tipo” frastico, sia nominale che verbale in cui occorre un SP, con possibili diversi
valori (locativo, temporale, avverbiale vario), come primo sintagma della configurazione di frase, ovvero
espletante la funzione semantica di soggetto. 23
I tipi frastici più comuni sono schematizzabili nel seguente modo:
Frasi verbali (predicato verbale e nominale)
Carlo è calvo (SN SV)
Carlo ha letto un libro (SN SV)
Carlo è andato a Roma (SN SV)
A Roma mangiava male (SP SV)
Sulla spiaggia è bello (SP SV)
Ieri è piovuto (SP SV)
Frasi nominali
Tredici anni lavoro nero (SN SN)
Barone in cerca di soldi (SN SP)
Dal Manzanarre al Reno (SP SP)
Sotto casa lo scooter (SP SN)
In questo modo la varietà dei tipi può essere ricondotta ad una unica configurazione sintattica
piuttosto semplice, composta da due sintagmi ordinati di cui il primo sia un sintagma non-verbale (SN o
SP), e il secondo un qualsiasi sintagma, verbale o non-verbale (SV o SN o SP). Lo schema sintattico della
frase può essere rappresentato, dunque, come:
F
(*SV)
(SN o SP)
X
(SV, o SN, o SP)
Lo schema permette di descrivere tutte quelle espresioni sintattiche che abbiamo trovato
sistematicamente realizzate nei nostri corpora soprattutto scritti, ma anche parlati, e che rispondono al
carattere della compiutezza semantica, ivi comprendendo sia Frasi verbali che Frasi nominali.
Nella nostra prospettiva, che si preoccupa di avere adeguatezza descrittiva, la frase è una
configurazione sintattica che riassume molteplici costrutti. Essi sono interpretazioni sintattiche diverse e
tutte possibili di una entità semantica, la proposizione, che è essa garante della condizione della
compiutezza semantica e che fa sì che una certa espressione sia una frase. Quello che vogliamo asserire
concerne il fatto che tuttavia esiste una forma sintattica che deve essere rispettata e le cui uniche
condizioni sono che:
a)
b)
sia costituita necessariamente da due sintagmi;
che tali sintagmi siano ordinati in modo che il primo non contenga come propria testa una
forma verbale di modo finito.
Tutte le espressioni che sintatticamente assolvano a queste condizioni sono possibili candidati per
costituire una frase, la cui "grammaticalità" sarà ultimamente garantita dai contenuti semantici della
proposizione. 24
23
Per una disamina delconcetto di soggetto si veda Li (1976) e Yaguello (1994).
Per la trattazione delle caratteristiche semantiche della proposizione si veda Cresti (2001). La nostra ipotesi è che la denotazione
di una proposizione sia non un valore di verità, secondo la classica ipotesi freghiana, ma una durata temporale che in modo unitario
interessi l’individuo che funge da soggetto e l’evento o l’individuo che funge da predicato; mentre l’intensione della proposizione è
24
4. Alcuni dati
4.1. Abbiamo perciò alcuni dati sistematici, ed altri che per il momento possono essere considerati solo di
tendenza, ma che ci sembrano in ogni caso assai significativi.
Un primo dato generale, nel quale deve essere inserita l'analisi delle espressioni di valore
comunicativo nel parlato spontaneo, riguarda la rilevante percentuale delle espressioni che non
raggiungono, invece, la condizione di comunicazione, perché sono interrotte (auto ed etero interruzione),
e che in C-ORAL-ROM si attesta sul 12-13% della produzione parlata. 25 Per quanto riguarda invece
tutte quelle espressioni che raggiungono la piena comunicazione sia perché autonome (enunciati), sia
perché rispondenti al carattere della compiutezza semantica (frasi), mostra che:
a)
oltre il 60% delle espressioni autonome (61,9% C-ORAL-ROM), ovvero interpretabili
pragmaticamente, contengono sintagmi verbali (SV): 26
te l'ho detto
esalta le forme
non lo trovo
proviamo
parla da sola
è normale
lo chiami?
mi devo avvantaggiare un pochino
non ho capito
mi danno le fotografie
stai tranquilla
(esempi da “Liceali”)
b)
quasi il restante 40% (38,1% C-ORAL-ROM) delle espressioni autonome sono costituiti da un SN,
o un SP, o un Ag, o un'interiezione, e sono quindi definibili come “enunciati primitivi nominali”
(verbless): 27
il vestito blu
un vero schifo
calma
uffa
nuora!
mentre poi?
bah
sì
eh?
no
normale
vero
al telefono
di cosa?
una trasformazione, che inizia con una rappresentazione individuale (fuori del tempo), e procede per separazione da quest’ultima ,
pur mantenendone la prospettiva, in una nuova rappresentazione che quindi assume carattere temporale. Il concetto di
trasformazione deve essere inteso entro il quadro della teoria della nascita, si veda Fagioli (1972).
25
Mentre il fatto che circa il 20% delle espressioni interpretabili (enunciati) presenti in ogni caso fenomeni di frammentazione
(frammenti di parola, false partenze, ripetizioni vuote), non impedisce il compimento del loro valore comunicativo.
26
Diamo qui solo alcuni esempi tratti da uno stesso campione di parlato spontaneo (“Liceali”), archiviato presso LABLITA e uno
stralcio del quale è stato pubblicato in Cresti (2000), pp. 33-38.
27
L’alta percentuale degli enunciati verbless, che è un dato medio, fa capire come sia possibile trovare testi di parlato spontaneo in
cui questi possono costituire anche più del 50% del totale degli enunciati.
con la pettinatura a ricottina
tra un po'
(esempi da “Liceali”)
c)
solo intorno al 5% delle complessive espressioni autonome (enunciati), sembra presentare anche il
carattere della compiutezza semantica e quindi poter essere valutato oltre che come enunciato anche
come frase. 28 Va detto peraltro che, sebbene nella maggior parte di tali frasi il predicato sia
verbale, non mancano però anche alcuni casi di frasi nominali, la cui presenza ci pare assai
significativa e che abbiamo evidenziato in grassetto: 29
questa è la vita
io devo chiamare my father
stasera c'è una telefonata seria
ieri è stato comico
io sì
ora no
la mamma per la nonna
(tutti gli esempi trovati in “Liceali”)
Lo spoglio generale dei nostri testi, quindi, mostra che in media più di un terzo degli enunciati del
parlato spontaneo sono di tipo primitivo e non-verbale, ovvero sono interiezioni, avverbi, aggettivi, nomi
privi di articoli o quantificatori, e a fronte di questo dato quantitativamente così rilevante fa riscontro
quello altrettanto rilevante, ma in senso negativo, concernente la bassa presenza di frasi, ovvero di
espressioni che rispondano al carattere della compiutezza semantica, che sono meno di un decimo, ma in
alcuni testi spontanei meno di un ventesimo del totale delle espressioni che hanno valore comunicativo.
La maggior parte poi di quelle espressioni che risultano autonome, ovvero sono in ogni caso
enunciati, sintatticamente possono essere definite clausole verbali, ovvero semplici SV, non preceduti da
nessun tipo di sintagma né SN né SP. Essi a nostro avviso non rispondono al carattere della compiutezza
semantica e quindi non possono essere valutati come frasi, perché devono essere in ogni caso interpretati
pragmaticamente in relazione al loro riferimento contestuale, ovvero alla ricostruzione di un soggetto su
base pragmatica. 30
Vogliamo notare che, analizzando il parlato secondo il criterio dell'interpretabilità pragmatica, in
conclusione risulta che le espressioni dotate di autonomia, enunciati sia verbali (SV) che nominali (SN,
SP, SAGG, Interiezioni), costituiscono più del 90% del totale, mentre le espressioni dotate di
compiutezza semantica, le frasi sia verbali che nominali, non superano il 10%. 31
28
I dati in nostro possesso relativamente a tale caratteristica non sono così sistematici e ampi come per i precedenti. Bisogna tuttavia
notare che in alcuni testi, diastraticamente bassi e diafasicamente caratterizzati da forte interattività, la già ridotta percentuale può
scendere anche a valori inferiori al 5%, mentre può salire a valori intorno al 10% solo per testi che, sebbene ancora spontanei,
hanno caratteri di monologicità, pubblicità e formalità, come nel caso di lezioni universitarie, interviste radiofoniche ad esperti, ecc..
che a qualche titolo prevedono forme di programmazione simile a quella di un testo scritto.
Nel mio articolo "Gli enunciati nominali" sostenevo fra l'altro di non aver trovato (1998) frasi nominali a petto della diffusa
29
presenza di enunciati nominali con articolazione topic-comment. Una più sistematica osservazione del corpus parlato e l'impiego del
sistema WinPitchCorpus, che mi ha permesso l'analisi della F0 e dello spettro anche di testi acusticamente molto sporchi, ha
consentito di verificare l'esistenza di frasi nominali realizzate entro una stessa unità tonale. Alla stessa conclusione è giunta A.
Scarano (in stampa) che in una accuratissima ricerca sull’intero corpus di parlato informale della parte italiana di C-ORAL-ROM,
conferma i dati quantitativi della verifica automatica e segnala alcune frasi nominali “linearizzate”.
30
Anche un'accezione tradizionale del soggetto permette di sostenere che un'espressione come un semplice SV non preceduta da un
soggetto esplicitato lessicalmente, non assicura la compiutezza semantica. Si veda ancora Ch. Li (1976) e Yaguello (1994).
Un altro carattere generale del parlato spontaneo, che possiamo derivare dalle verifiche automatiche di C-ORAL-ROM e da lavori
31
di tesi di Tizzanini (1999), Signorini (2000), Tucci (2002), Ferri (2003) , riguarda il fatto che un po’ meno della metà degli
enunciati sono semplici, ovvero composti da una sola unità d'informazione di comment, funzionale all'espressione dell'illocuzione
(42,9%). Mentre più della metà sono enunciati che presentano articolazione informativa e più in dettaglio circa il 20% di essi
presenta almeno una unità informativa di topic, che precede temporalmente il comment e funziona come suo riferimento conoscitivo,
l’8% presenta un’unità di inciso, che esplicita la valutazione modale del parlante sull’enunciato stesso, e circa il 7% un’unità di
4.2. Diamo ora alcuni esempi presi da un brano di lingua letteraria ed illustriamo tramite essi, come
abbiamo fatto per il brano di parlato, le tendenze che abbiamo riscontrato più in generale nel nostro
Corpus scritto. 32 Il brano che serve da esemplificazione è stato analizzato sistematicamente in
espressioni di valore comunicativo, secondo i due criteri dell'autonomia e della compiutezza semantica,
per valutare quanti fossero gli enunciati e quante le frasi. 33
A petto di una chiara convergenza sia del parlato che dello scritto verso una semplificazione
sintattica, emerge però un divario evidente tra i caratteri sintattici delle unità di riferimento del parlato e
dello scritto, ovvero tra gli enunciati e quelle che tradizionalmente sono considerate frasi principali.
Queste ultime infatti sono nettamente maggioritarie rispetto agli enunciati e in maniera sistematica sono
realizzate tramite una predicazione verbale in genere preceduta da un SN in funzione di soggetto (Pereira
era cattolico); dobbiamo notare però che anche gli enunciati costituiscono una certa percentuale sul totale
delle espressioni di valore comunicativo del testo scritto. L'occorrenza maggiore di questi ultimi è
costituita da enunciati verbali (non sapeva che fare ), ma non mancano neppure enunciati primitivi di tipo
nominale (Perché? ), ed esistono anche casi di vere e proprie frasi nominali, senza un predicato verbale
di modo finito (Nell'anima sì). L'analisi delle espressioni di valore comunicativo, autonome e con
compiutezza semantica (frasi principali), del corpus di lingua scritta letteraria mostra che: 34
- oltre il 60% delle espressioni sono frasi verbali (con soggetto lessicale esplicito e predicato nominale o
verbale)
Lisbona sfavillava
Il direttore era in ferie
Lui si mise a pensare alla morte
Pereira era cattolico
Pereira a sua volta mantenne qualche momento di silenzio
Il grande drammaturgo aveva presentato a Lisbona ...
(esempi dal brano scelto “Sostiene Pereira”)
- entro tale 60% bisogna sottolineare la presenza di una percentuale, molto variabile a seconda degli
autori, ma in ogni caso rilevante, di un sintagma di tipo preposizionale o avverbiale al posto di quello che
comunemente viene considerato il "soggetto" prima del predicato (SP SV):
sul mio tavolino c'è un cartellino con su scritto Monteiro Rossi
appendice di comment, che integra testualmente quest’ultima unità., ed i restanti presentano altre unità d’informazione di tipo
dialogico: fatico, allocutivo, introduttore locutivo, ecc..
Gli archivi di LABLITA sono dedicati principalmente alla raccolta e allo studio di corpora orali, tuttavia è in corso di costituzione
anche un corpus di lingua letteraria, che raggiunge ormai circa 300.000 parole, e che corrisponde ad un insieme di campioni (dalle
1500 alle 5000 parole), di opere diverse, dei principali scrittori in prosa italiani (Arbasino, Baricco, Bassani, Benni, Bocca, Calvino,
Cassola, De Carlo, Eco, Fenoglio, Ginzburg, Levi, Malaparte, Manzini, Montale, Morselli, Morante, Moravia, Pasolini, Pavese,
Pratolini, Tabucchi, Tamaro, Tobino), dal dopoguerra ad oggi. Anche tali campioni sono stati archiviati elettronicamente ed
analizzati sintatticamente. Il corpus è stato quasi completamente annotato manualmente rispetto ad i suoi caratteri di costruzione
testuale (capoverso, periodo, frasi principali, coordinate, subordinate), rispetto alla analisi logica di frase e ad alcuni tratti
morfosintattici. Esso è stato concepito in vista di confronti con corpora orali .
32
33
Nel corso di tale analisi abbiamo potuto constatare come fosse rilevante l'influenzata della lingua parlata, da cui gli autori italiani
possono attingere ormai senza la mediazione di modelli o norme. La struttura del testo scritto italiano contemporaneo, infatti,
mostra una serie di caratteristiche che in parte la avvicinano ad un testo orale. Spento un periodo di tipo latineggiante, ma anche uno
a modello manzoniano, entro il limitato livello di costruzione concessa, appare preponderante la subordinazione relativa, seguita da
quella di tipo oggettivo esplicito, ad essa si affianca la costruzione per forme di coordinazione sindetica e asindetica, ma anche di
vera e propria giustapposizione introdotta da segni interpuntivi come il doppio punto. Sono poi abbondanti apposizioni e
subordinate implicite costruite su participi passati in realtà con valore aggettivale. Tutti i caratteri citati da un certo punto di vista
fanno scoprire molto più vicina di quello che ci si potrebbe aspettare la lingua scritta letteraria al parlato. Si tenga presente tra l'altro
che nei testi considerati non sono stati analizzati né contati i brani di parlato riportato, che avrebbero per forza di cose accentuato
ancor più i caratteri di somiglianza con l'orale.
34
Gli esempi sono tratti da Antonio Tabucchi "Sostiene Pereira", IV° ed, 1997, Feltrinelli, cap I°, pp .7-10 (campione di circa 2000
parole).
due anni fa scompariva Luigi Pirandello
in una cosa non riusciva a credere, la risurrezione della carne
Da una tesi discussa ...pubblichiamo una riflessione sulla morte
dall'altra parte sentì una voce
(esempi dal brano scelto “Sostiene Pereira”)
- una percentuale ridotta e variabile a seconda degli autori è costituita da frasi nominali composte da due
sintagmi non verbali giustapposti (SN SN, SP SP):
Nell'anima sì
quella no,
(tutti gli esempi del brano scelto da “Sostiene Pereira”)
- circa il 20% delle espressioni sono clausole verbali, semplici SV non preceduti né da SN né da SP (non
sono state considerate le frasi coordinate di principale, nelle quali in genere è soppresso il soggetto se
identico a quello della principale):
non voleva più tutto questo
non sapeva che fare
si mise a sfogliare una rivista
E poi non voleva che uno sconosciuto si accorgesse...
(esempi dal brano scelto “Sostiene Pereira”)
- circa il 10% delle espressioni sono enunciati “primitivi” nominali composti da una sola espressione
non verbale (SN, o SP, o Ag, o Interiezione): 35
Una magnifica giornata d'estate, soleggiata e ventilata, ..
Perché ?
Una rivista d'avanguardia, forse
(esempi dal brano scelto “Sostiene Pereira”)
Si può considerare quindi, che con previsione molto variabile da autore ad autore, circa il 70% delle
espressioni di valore comunicativo dello scritto siano frasi, con una netta prevalenza delle frasi di tipo
verbale (Il direttore era in ferie, dall'altra parte sentì una voce), ma con una sistematica realizzazione in
ogni autore italiano anche di frasi nominali (Nell'anima sì ), e che circa il restante 30% delle espressioni
di valore comunicativo sia costituito da enunciati, la maggior parte clausole verbali (non voleva più tutto
questo) e da alcuni enunciati “primitivi” nominali (Una magnifica giornata d'estate, soleggiata e
ventilata, .. ).
4. Conclusioni
A conclusione di quanto detto possiamo osservare che, usando i criteri semantici della autonomia e
della compiutezza semantica per distinguere le espressioni che nel loro complesso possono essere
considerate di valore comunicativo, appare netta la distinzione circa la percentuale di occorrenza di
enunciati e frasi nei testi parlati spontanei e in quelli scritti letterari. Le percentuali di tendenza possono
essere riassunte nel seguente modo:
per il parlato: enunciati 90-95% e frasi 5-10%
per lo scritto: enunciati 30-35% e frasi 65-70%
Ci preme in ogni caso ricordare che mentre i dati relativi alla varietà diamesica parlata sono il risultato di
indagini molto estese e ripetute con sistemi diversi di verifica, per cui ci aspettiamo che ulteriori ricerche
35
Bisogna considerare che in certi autori o brani particolari la frequenza delle frasi nominali può giungere a punte del 30%.
potranno al più portare solo piccoli aggiustamenti, i dati sulla lingua scritta, considerata anche l’estrema
variabilità legata allo stile di ogni autore, devono essere interpretati nel senso più ampio della
tendenzialità.
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