AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni

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AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni
AGGIORNAMENTI IN MEDICINA VETERINARIA: questioni connesse
all’alimentazione animale
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Diagnosi caso 1: Meteorismo intestinale ricorrente
Sulla base dell’anamnesi dietetica (cambi molteplici di diete e di ingredienti) e clinica (forma
cronica) del paziente si è deciso per l’uso di una dieta casalinga, basata sull’impiego di fonti
proteiche e di carboidrati mai utilizzate prime (dieta casalinga ad esclusione: coniglio e patate),
associata all’eliminazione di qualsiasi forma di premio o snacks industriale o casalingo. Dopo pochi
giorni ricevendo un feedback positivo da parte dei proprietari (gradimento della dieta da parte del
paziente e mancanza di sintomatologia) si è disposto per l’introduzione di una fonte di lipidi (olio di
colza e di pesce) (Tabella 2).
Va sottolineato che i proprietari non hanno sempre potuto la possibilità di seguire questa
alimentazione e sono ricorsi alla somministrazione di un alimento industriale generico. Tale cambio
dietetico ha provocato la ricomparsa della sintomatologia pregressa (sofferenza intestinale,
borborigmi). E’ stato dunque necessario suggerire ai proprietari che, in caso mancato reperimento di
alcuni ingredienti o nell’impossibilità di preparare la dieta casalinga prescritta, fosse indispensabile
il reperimento di alimenti industriali specifici, sia secchi che umidi da usare in associazione, che
presentassero le caratteristiche prima descritte.
Tabella 2: Dieta ad esclusione suggerita
Ingredienti
Quantità
Coniglio
200g
Patate cotte con buccia
280g
Olio di colza/pesce
8 g (2 cucchiaini da caffè)
Analisi nutrizionale (SS): Proteine grezze 34%; lipidi grezzi 13%; fibra grezza 2%.
E’ stato inoltre consigliato ai proprietari di mantenere Lilly in attività: una minima attività fisica
quotidiana in relazione al dato anagrafico, come di utilizzare dei giochi interattivi con l’alimento
secco per frazionare la dieta nell’arco della giornata.
Ad oggi Lilly non ha più manifestato alcun fenomeno di meteorismo intestinale.
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Diagnosi caso 2 : Diete non convenzionali: cosa fare?
Sulla base dell’anamnesi dietetica del cane e delle preferenze del proprietario si è deciso per l’uso di
una dieta casalinga bilanciata giornalmente.
In relazione a tali considerazioni, la dieta è stata riformulata nei quantitativi, mantenendo gran parte
delle materie prime. Si è consigliato al proprietario di cuocere la carne e le frattaglie e di evitare la
somministrazione di ossa e di gusci crudi delle uova. Per tale apporto di minerali si è consigliato
l’uso di un integratore (es. farine di ossa).
Per le fonti lipidiche sono stati selezionati alcuni oli, in modo da soddisfare i fabbisogni in acidi
grassi essenziali e mantenere una buona appetibilità della dieta (olio di salmone, per il suo
contenuto in PUFA-ω3, olio di colza per il suo rapporto ω6:ω3 particolarmente ideale per il cane,
olio di mais o di oliva. Si è suggerito, invece, di eliminare l’olio di fegato di merluzzo per il suo
elevato contenuto in vitamine A e D, eccessivo per il cane. A tutto ciò si è associata una quota di
carboidrati, già introdotti in parte dal proprietario, quali patate (cotte con la buccia), polenta ed
eventualmente di fioccati di mais.
Tabella 2: Dieta suggerita.
Ingredienti
Quantità
Carne magra
350g
Patate cotte con buccia
800g
Olio di colza/pesce
30g (2½ cucchiai da tavola)
Verdura
200g
Frutta
250g
Rumine
100g
Mix frattaglie
50g
Yogurt
30g
Farine di Alghe
8g
IMV*
14g
Analisi nutrizionale (SS): Proteine grezze 29%; lipidi grezzi 14%; fibra grezza 4%.
*Integratore MineralVitaminico: Ca:P = 3:1
Si sono mantenuti gli stessi quantitativi di frutta e verdura, come di yogurt e farina di alghe.
Si è inoltre caldamente consigliata un integrazione mineral-vitaminica con una particolare
attenzione al calcio, data l’elevata concentrazione di fosforo nella dieta.
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Diagnosi caso 3: Obesità: quando non è un problema “semplice” perdere peso.
Analizzando i dati raccolti inerenti: le condizioni cliniche del paziente, la dieta che questo riceveva
nonchè le necessità avanzate dalla proprietaria, si è deciso per la formulazione di una dieta
casalinga per la gestione dell’obesità.
In particolare, considerando gli aspetti dietetici il fabbisogno energetico di mantenimento di
Dentelle è stato stimato sul peso ideale, considerando l’influenza di fattori come la razza, il sesso e
l’intervento di gonadectomia (565 kcal/giorno). Per valutare se i fabbisogni energetici fossero stati
soddisfatti, un confronto fra tali esigenze energetiche con i quantitativi di alimento che la cagna
riceveva quotidianamente non è stato possibile, per l’assoluta mancanza di un regime alimentare
razionale. I quantitativi di alimento industriale (75g) e fagiolini (150-200g) somministrati erano tali
da apportare un quantitativo insufficiente di calorie (359 kcal), tuttavia la costante
somministrazione di premi (pezzi di carne e formaggio) ha reso impossibile determinare il
quantitativo di calorie assunte giornalmente dalla cagna. Tale apporto energetico insufficiente
poteva essere una spiegazione plausibile della fame pressante mostrata da Dentelle, ma contrastava
con la mancanza di perdita di peso da parte del soggetto.
Tabella 2: Dieta casalinga per la perdita di peso
Ingredienti
Quantità
Carne magra
175g
Olio di colza/pesce
2g (1/2 cucchiaino da
caffè)
Zucchine
300g
Riso cotto
75g
IMV (Ca/P = 2)
8g
Analisi nutrizionale (SS): Proteine grezze 40%; lipidi grezzi 11%; fibra grezza 8%.
Si è quindi proceduto ad una razionalizzazione della gestione alimentare della cagna.
La dieta formulata consisteva nella ricetta mostrata in tabella 2, caratterizzata da una forte
restrizione calorica (50%) (393 kcal/giorno) legata ai precedenti clinici di Dentelle. E’ stato
suggerito alla proprietaria di somministrare la nuova dieta in 3 pasti quotidiani, evitando di
somministrare ogni tipo di premio.
Al primo follow up di controllo (a 4 settimane di distanza) Dentelle ha mostrato un calo ponderale
insufficiente (15.3 kg), risultando letargica e mostrando un mantello opaco e scadente.
A fronte dell’inusuale resistenza alla perdita di peso in programmi strutturati per la gestione
dell’obesità, si sono considerati tutti i fattori coinvolti nell’equazione quali il proprietario
(compliance), la dieta, l’animale, ma anche le patologie associate.
Come è noto alcune endocrinopatie sono associate all’obesità. In alcuni casi l’obesità è il risultato di
tali disordini, mentre in altri casi l’obesità può predisporre o esacerbare tali condizioni.
Patologie endocrine con un’associazione descritta con l’obesità includono diabete mellito,
ipotiroidismo, iperadrenocorticismo ed insulinoma.
Si è suggerito alla proprietaria di approfondire mediante indagini ematochimiche la ragione di tale
condizione. In corrispondenza del prelievo ematico è stato rilevato il peso corporeo di Dentelle:
15.45kg. A fronte dei risultati di tali indagini diagnostiche (tabella 3) è stato diagnosticato a
Dentelle un ipotiroidismo.
Tabella 3: Selezione di alcuni parametri ematochimici del paziente.
Valori
Valori di riferimento
Eritrociti (Milioni)
5,52
5,5-8,5
Emoglobina (g/100)
12,7
13,2-19
Ematocrito (%)
35,8
40-55
Reticolociti (mm3)
73200
0-60000
Leucociti (mm3)
8650
6000-12000
Linfociti (mm3)
3220
1000-3600
Monociti (mm3)
240
40-500
ALT (UI/l)
111
15-125
Fosfatasi Alcalina (UI/l)
246
50-110
Albumine (g/l)
35
32-47
Proteine Totali (g/l)
80
Glucosio (g/l)
1,09
0,8-1,1
Urea (g/l)
0,45
0,21-0,53
Creatinina (mg/l)
12
0-15
Colesterolo Totale (g/l)
9,13
1-3
TSH canino (ng/l)
3,52
0-0,5
T4 (totale) (nmol/l)
<6,4
25-50
L’esordio e i segni clinici di tale patologia possono essere insidiosi e aspecifici e una diagnosi
precoce può risultare difficile. Sebbene l’ipotiroidismo sia comunemente citato fra le cause alla base
dell’obesità nei cani, lo stesso ipotiroidismo risulta piuttosto un’eccezione che una causa frequente
di obesità. La prevalenza di ipotiroidismo nei cani risulta pari a circa 1% (0.2-0.8%), di questi circa
un 40% risulta obeso, molti dei cani obesi, infatti soffrono a causa di una malnutrizione piuttosto
che di tale patologia.
La stessa obesità ha comunque un effetto sulla funzione tiroidea. I soggetti obesi mostrano, infatti,
delle concentrazioni plasmatiche maggiori di ormoni tiroidei. Le concentrazione di T4 totale come
di T3 totale sono maggiori rispetto a quelle riscontrate nei soggetti non obesi. Bisogna ricordare che
tali concentrazioni borderline rimangono comunque nei range fisiologici, mentre altri parametri
quali T4 libero, ormone tireostimolante (TSH) e lo stesso test di stimolazione del TSH non
mostrano differenze rispetto a quelli eseguiti nei soggetti sani. Sebbene l’obesità e la conseguente
restrizione calorica possano avere degli effetti sul metabolismo energetico e sull’omeostasi tiroidea,
tali cambiamenti difficilmente vanno ad influenzare l’interpretazione dei test per la funzionalità
della tiroide.
In particolare, i segni clinici quali letargia, ottundimento del sensorio come l’incremento del peso
corporeo e l’insofferenza all’esercizio fisico sono attribuibili alla diminuzione del metabolismo di
base. E’ infatti noto come gli ormoni tiroidei siano in grado di modulare diversi processi metabolici
cellulari che sono di importanza basilare per la spesa energetica a riposo, influenzando il
metabolismo basale e la termogenesi adattativa.
L’incremento del peso corporeo è una conseguenza della relazione esistente fra assunzione e
consumo di energia.
Una leggera anemia non rigenerativa si riscontra nel 30% dei cani ipotiroidei. Una
ipercolesterolemia a digiuno si verifica circa nel 75% dei cani affetti da ipotiroidismo, mentre
l’ipetrigliceridemia si ha nell’88% dei casi. Meno comuni e aspecifici sono i leggeri incrementi di
fosfatasi alcalina, alanina aminotransferasi e creatin chinasi.
La somministrazione di levotiroxina sodica (1mg/ml) in una dose di attacco pari a 20 g/kg (0.3ml)
in un’unica somministrazione al mattino è stata intrapresa come terapia medica, associata alla dieta
casalinga prescritta.
Al primo controllo post terapia per ipotiroidismo, Dentelle ha mostrato un aspetto migliore del
mantello, una maggiore reattività agli stimoli e un peso corporeo pari a 14.1kg (BCS 8/9 e MCS
normale). La perdita di peso è stata quantificata in 1.35 kg in 3 settimane, con una perdita pari a
2.4% per settimana. Sono stati operati degli adeguamenti sia nella terapia medica (0.2 ml di
levotiroxina sodica) che in quella nutrizionale. La perdita troppo veloce di peso è stata correlata,
infatti, ad una predisposizione di questi animali a recuperare tanto velocemente il peso corporeo
perso. Per tale motivo è stata aumentata la quota di lipidi (1 cucchiaino da caffè).
Al successivo controllo a distanza di 4 settimane il peso corporeo registrato è stato di 13.8 kg, con
una BCS 7/9 e una MCS normale.
La perdita di peso è stata quantificata in 0.3 kg in 4 settimane, pari a 0.54% a settimana. Un
adeguamento della dieta è stato effettuato per la componente lipidica e fibrosa, al fine di riportare su
livelli adeguati la percentuale di perdita settimanale di peso corporeo.
La stretta collaborazione fra proprietario e veterinari curanti ha consentito di raggiungere in tempi
adeguati l’obiettivo prefissato.
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Diagnosi caso 4: Riduzione del tenore proteico del latte
La diagnosi non si può basare sulla semplice analisi chimica della razione che, infatti, è esattamente
uguale per le due soluzioni (tabella 1). Al fine di eseguire una diagnosi corretta, è necessario invece
di valutare le razioni tramite dei programmi dinamici che permettano di stimare la degradabilità
dell’amido e la produzione di proteina batterica ruminale. Quest’ultima dipende, infatti, dall’energia
disponibile a livello ruminale, che è superiore quando nella razione sono inserite fonti di amido a
elevata degradabilità. La riduzione del tenore proteico del latte osservata nell’allevamento si spiega
quindi con la sostituzione dei 3 kg di fiocchi di mais con i 3 kg di farina di mais. La degradabilità
ruminale dell’amido dei fiocchi di mais è, infatti, mediamente pari al 40%/h, mentre quella
dell’amido della farina di mais è del 20%/h. Analizzando infatti il bilancio della proteina
metabolizzabile riportato nella tabella 6, si osserva che questo è negativo nel caso della razione con
sola farina di mais (-62,5 g) mentre diventa positivo (+15 g) quando si sostituiscono i 3 kg di farina
di mais con un’uguale quantità di fiocchi di mais. La differenza è imputabile al minore contributo
alla quota di proteina metabolizzabile dato dai batteri, mentre la quota rappresentata dalla proteina
dell’alimento non degradata a livello del rumine è rimasta costante. Come ricordato in precedenza,
il minore contributo dei batteri alla proteina metabolizzabile è, come ricordato in precedenza, la
conseguenza di una minore degradabilità dell’amido della razione contenente solo farina di mais
rispetto a quella contenente anche i fiocchi.
La riduzione del tenore proteico del latte comporta una penalizzazione per l’allevatore: produrre,
infatti, latte con il 3,8% di grasso e il 3,3 % di proteina non determina alcun premio per la qualità.
Se invece il tenore proteico è pari a 3,4%, il premio per la qualità è di 0,4648 € per 100 kg di latte:
considerando una produzione di 10,200 kg (34x300) l’introito è di 47,40 € il giorno che in un mese
e mezzo significa un minore introito di 2.133,4 €. A questo ragionamento va però aggiunto il
maggior costo per la fioccatura, stimabile in 40 €/t di mais quindi pari a 0,12 €/d/capo e quindi a 36
€ per i 300 capi in mungitura, quindi il guadagno perso è effettivamente stato di 11,40 €, quindi di
342 € il mese.
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Diagnosi caso 5: Glomerulopatia: cosa fare da un punto di vista dietetico
Le ipotesi diagnostiche si focalizzano sulla possibile presenza di un processo a carico dei reni o alla
presenza di un processo infiammatorio a carico dell’intestino per l’improvvisa insorgenza di
fenomeni diarroici. Si decide per una dieta ad esclusione per i giorni successivi per verificare
l’origine dei dati clinici rilevati.
Risolta la sintomatologia gastroenterica, si instaura un regime dietetico costituito da alimento
industriale, associato ad una quota di dieta casalinga, al fine di regolarizzare la dieta stessa e quindi
gli stessi parametri influenzabili dalla stessa.
La scelta per l’utilizzo di un prodotto industriale senior è stata dettata dal fatto che il contenuto
proteico, di sodio e di fosforo di questo alimento sono alquanto ridotti.
Tabella 4: Caratteristiche nutrizionali della dieta proposta
Ingredienti
Quantità
Alimento senior
50g
Carne magra
40g
Olio di pesce
2g (1/2 cucchiaino da caffè)
Fagiolini
50g
Yogurt
1 cucchiaino da caffè
Si ripetono quindi gli esami ematici per valutare la funzionalità renale fra cui proteine totali (56 g/L;
range: 60-80 g/L), albumine (32 g/L; range: 30-40 g/L) calcio (102 mg/L; range: 90-12 mg/L) e
fosforo (27 mg/L; range: 25-50 mg/L). Con l’esame delle urine si rilevano una densità urinaria a
1.032, mentre l’esame microscopico del sedimento dopo centrifugazione risulta negativo (nessuna
anomalie). Il rapporto UPC è 6.8.
Alla proprietaria viene consigliato, quindi, di passare ad un alimento industriale specifico per la
gestione delle patologie renali.
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Diagnosi caso 6: Controllo delle diarree del post-svezzamento attraverso adeguati
livelli proteici e fibrosi della dieta
La riduzione dell’apporto proteico con un opportuno bilanciamento aminoacidico è sicuramente
utile per ridurre il rischio delle diarree tipiche del post-svezzamento. Considerando che,
normalmente, sono 2 le diete che vengono formulate in questa fase, si potrebbe suggerire un livello
proteico leggermente più ridotto nella dieta prestarter (es. 17 %) rispetto alla seconda fase (starter,
18 %), in virtù di una più limitata assunzione alimentare e di una più ridotta capacità digestiva, in
particolare se le condizioni ambientali non sono favorevoli. Un’attenzione particolare andrà poi
riposta alle materie prime di natura proteica utilizzate. Insieme a un impiego prudente della soia
farina di estrazione di soia, a causa della presenza di zuccheri complessi indigeribili, è utile
l’inserimento di altri prodotti sempre di derivazione della soia, ma più digeribili, quali il concentrato
proteico o la soia integrale estrusa. Fra le fonti proteiche vegetali, interessanti sono pure il pisello
proteico, in particolare se sottoposto ad un trattamento di micronizzazione ed integrato con enzimi
specifici (amilasi e xilanasi) al fine di migliorare la digeribilità; il glutine di mais in piccole
percentuali (1-2 %), la proteina di patata che, tuttavia, a fronte di un ottimo profilo aminoacidico,
potrebbe risultare poco appetibile qualora non sottoposta ad un trattamento di “deamarizzazione”
per ridurre il tenore di glicoalcaloidi.
L’utilizzo di fonti proteiche di origine animale hanno indubbiamente un valore nutritivo più elevato,
anche se le quotazioni di mercato possono spesso impedirne di fatto una vasta applicazione: tra
questi si ricordano le farine di pesce, i prodotti lattei e, soprattutto, le proteine del plasma bovino,
particolarmente interessante non solo per gli effetti di stimolo dell’assunzione alimentare, ma anche
per l’azione antinfiammatoria nei confronti di specie batteriche potenzialmente dannose in relazione
al contenuto di immunoglobuline e glicoproteine.
Le prove presentate indicano che la somministrazione di diete con livelli moderati di fibra
insolubile a granulometria grossolana e quindi meno fermentescibile (es. crusca, polpe di
barbabietola o prodotti a base di cellulosa), può effettivamente contribuire a migliorare la salute
dell'intestino durante le prime due settimane post-svezzamento. Tali effetti sono da attribuire allo
stato di maturazione del tratto gastrointestinale e all'effetto fisico della fibra sulla crescita di
microflora intestinale con un blocco della adesione dei batteri patogeni sulla mucosa
gastrointestinale.
Al contrario, l'inclusione di fibre più solubili e rapidamente fermentescibili nella dieta delle prime
due settimane, soprattutto se combinata ad uno svezzamento precoce e in condizioni ambientali
poco favorevoli, può essere controindicata a causa della limitata capacità digestiva dei suinetti e di
una popolazione microbica ancora in fase evolutiva. Ma, una volta che i suinetti superano l’iniziale
fase di stress ed iniziano ad assumere una maggiore quantità di alimento, una più elevata quantità di
fonti di fibre solubili e fermentescibili introdotta nella dieta può effettivamente esercitare un effetto
“prebiotico”, promuovendo la fermentazione “sana” di nutrienti non digeriti e un migliore
assorbimento di acidi grassi a corta catena con i conseguenti effetti benefici per la mucosa del
colon.
In conclusione, in condizioni di scarse condizioni igienico sanitarie, i livelli di fibre fermentescibili
e di proteina grezza nelle diete post-svezzamento devono essere limitati per evitare alterazioni
microbiche intestinali, che potrebbero aumentare il rischio di diarree nel post-svezzamento.
Diagnosi caso 7: Su un caso di chetosi sub clinica nelle bovine da latte
Sulla base degli elementi raccolti, quadro clinico e parametri ematici, il veterinario diagnostica una
chetosi subclinica. Si decide di intervenire somministrando 250 g/capo/d di glicole propilenico, 20
g/capo/d di colina ruminoprotetta e 12 g/capo/d di niacina ruminoprotetta. La situazione sembra
migliorare leggermente: i valori di BHBA e NEFA si riducono, anche se non rientrano ancora nei
parametri di normalità, la produzione di latte cala in misura più contenuta dopo il primo controllo
pur non seguendo la normale curva.
E’ quindi evidente che la somministrazione di sostanze gluconeogeniche (glicole propilenico) e di
sostanze che possono aumentare la produzione epatica di VLDL e ridurre la lipolisi (colina e
niacina) non è risultata sufficiente a risolvere il problema. L’attenzione, fino a questo punto, è stata
indirizzata alla gestione dell’alimentazione post-partum; tuttavia, razioni inadeguate somministrate
durante l’asciutta e soprattutto nell’ultimo periodo prima del parto possono essere allo stesso modo
determinati nell’evoluzione della chetosi (vedi materiale didattico). Il veterinario decide, quindi, di
controllare la razione somministrata durante l’asciutta (tabella 4), che risulta avere un contenuto
energetico pari a 1,55 Mcal di energia netta latte (NEl/kg s.s.) e il 14,5 % s.s. di Proteina Grezza.
Come evidenziato nella sezione didattica questo valore è da considerarsi un valore medio che
soddisfa i fabbisogni delle bovine nell’ultima fase dell’asciutta, se somministrata in modo razionato,
cioè in ragione di circa 9 kg/capo/d. Questo determina, infatti, un apporto di Energia Netta latte pari
a circa 14 kcal/capo/d, esattamente 13,95 kcal/capo/d, che è sufficiente a soddisfare i fabbisogni in
energia dell’ultima fase dell’asciutta. In condizioni operative è, però, difficile adottare una corretta
somministrazione della dieta in modo razionato. Infatti, anche se si somministrasse la razione in
quantità limitata (9 kg di s.s./capo/giorno), non si potrà mai sapere se alcune bovine, ad esempio
quelle più dominanti, ne consumano una quantità superiore rispetto ad altre come ad esempio, le
primipare o bovine con lesioni podali anche leggere che faticano a raggiungere la corsia di
alimentazione. Una soluzione è rappresentata dalla diluizione della razione con foraggi ricchi in
NDF e con ridotto contenuto energetico, come ad esempio la paglia o fieni con basso valore
nutritivo.
Si decide quindi di optare per questa soluzione introducendo nella razione 3 kg di paglia di
frumento, riducendo la quota di insilato di mais, eliminando la farina di mais e aumentando
leggermente la quantità di farina di estrazione di soia per equilibrare il contenuto proteico della
dieta. Questi interventi hanno determinato una riduzione del tenore energetico della razione, che è
sceso a 1,25 Mcal di NEl/kg s.s., e, conseguentemente un’assunzione di energia pari a circa 14.
Infatti, se si presume che l’assunzione di sostanza secca sia compresa tra 11 e 12 kg/capo/d,
l’assunzione di energia sarà di 14,38 Mcal, 11,5 kg x 1,25 Mcal/kg s.s. A seguito di questi interventi
la percentuale di chetosi nelle bovine si è decisamente ridotta e si è riportata al di sotto del 15%,
valore da considerarsi normale nelle prime tre settimane di lattazione per una mandria con elevata
produzione di latte (NYSCHAP, 2014).
Tabella 4 – Esempi di razioni asciutta
Alimento
Razione bassa energia
Ad libitum kg
Insilato di mais
6,0
Fieno loiessa
5,0
Paglia
4,0
Mais farina
--Soia f.e. 48% PG
1,5
Mangime minerale
0,2
Analisi chimica
Sostanza secca, kg
12,0
Proteina grezza, % s.s.
14,0
Estratto etereo, % s.s.
2,4
NDF, % s.s.
55,6
ENl (Mcal/kg s.s.)
1,25
Razione media/alta energia
Razionata kg
10.0
6,2
--1,8
1,2
0,2
12,0
14,5
3,0
40,8
1,55
Diagnosi caso 8: Riduzione del numero e del peso dei suinetti alla nascita
Le problematiche riscontrate sono da riferire a piani alimentari non adeguati che hanno determinato,
in particolare nella fase iniziale, un’eccessiva assunzione calorica da parte delle scrofe durante la
gestazione con conseguente difficoltà a raggiungere adeguate assunzioni alimentari durante la
lattazione. In tal senso si spiegano le ridotte performance dei suinetti allo svezzamento e i ritardi
delle scrofe nella ripresa dell’attività riproduttiva per eccessivo depauperamento delle riserve
corporee. La disomogeneità di condizione corporea degli animali osservata in gestazione conferma
una mancanza di equilibrio nutrizionale tra le diverse fasi.
Sulla base degli elementi raccolti, si decide quindi di adottare piani alimentari che riducano le
oscillazioni ponderali nel corso dei vari cicli produttivi. Si raccomanda di monitorare attentamente
la condizione corporea delle scrofe nelle varie fasi produttive e di bilanciare la dieta. Si pone
attenzione anzitutto al periodo che precede la ripresa dell’attività riproduttiva al fine di consentire
agli animali che hanno perso maggior peso durante la lattazione di recuperare il più precocemente
possibile la condizione ottimale (tab. 3).
Si propone inoltre di adottare un sistema “phase feeding“, che tenga in considerazione le diverse
esigenze nutrizionali nelle diverse fasi, aumentando la disponibilità degli amminoacidi forniti con la
dieta per la crescita fetale e lo sviluppo della ghiandola mammaria e riducendo la mobilizzazione di
nutrienti da parte dell’organismo materno rendendoli più disponibili per il potenziamento della
produzione di latte durante la lattazione (tab. 4).
La strategia proposta prende in considerazione tre fasi:
Fase 1, dalla fecondazione a 28 giorni (dieta Gestazione 1 razionata)
Fase 2, da 28 a 90 giorni (dieta Gestazione 1 ad libitum)
Fase 3, da 90 giorni al parto (dieta Gestazione 2 ad libitum)
Si decide di adottare un’alimentazione razionata (2,2-2,5 kg/capo/d) per la prima fase, mentre viene
mantenuta la strategia di alimentare le scrofe ad libitum nelle successive due fasi di gestazione.
Viene tuttavia rivista la composizione delle diete con un’ulteriore riduzione della concentrazione
calorica nella Fase 1 e nella Fase 2 quando la dieta deve soddisfare unicamente il fabbisogno di
mantenimento e aumentando la concentrazione dei nutrienti nella Fase 2 in funzione delle
aumentate richieste metaboliche della madre e dei feti (tab. 5). Va osservato che l’adozione di un
sistema di alimentazione a fasi per quanto efficace, tuttavia non è sempre attuabile nella pratica.
Pertanto rimane fondamentale l’obiettivo di stimolare il più possibile l’assunzione di alimento da
parte delle scrofe in lattazione. Una prima soluzione è rappresentata dalla gestione
dell’alimentazione delle scrofe durante la gestazione, con una quantità di mangime a ridotta
concentrazione calorica somministrato in quantità non superiori a 2,2-2,5 kg/capo/d nel primo mese
di gestazione. Da questa fase è opportuno aumentare lentamente e progressivamente le dosi fino a
un massimo di 2,8-3,0 kg/capo/d in prossimità del parto. Analogamente, durante la lattazione, con il
passaggio a un mangime “più energetico e proteico”, è opportuno iniziare subito dopo il parto con
un’alimentazione piuttosto razionata nei primi giorni al fine di evitare sovraccarichi intestinali che
possano favorire lo sviluppo di fermentazioni anomale e aumentare progressiva- mente le quantità
di mangime, raggiungendo possibilmente i livelli massimi intorno a 10-12 giorni, quando i
fabbisogni dei suinetti aumentano sensibilmente.
Tab. 3 – Variazioni di alimento distribuito all’inizio della gestazione in funzione della condizione
corporea raggiunta dalla scrofa al termine della lattazione precedente
Perdita di peso alla
fine della lattazione,
kg
<5
10 – 15
> 20
BCS alla fine della Variazione quantità di
lattazione
alimento distribuito,
kg/d
3.0
0
2.5
+ 0,3
2.0
+ 0,5
Assunzione
alimentare, kg/d
2,4
2,7
3,0
Tab. 4 – Variazione del contenuto energetico ed aminoacidico nelle diete della scrofa durante la
gestazione e lattazione
Gestazione
0-84 d
2800-2900
12-14
0,54
0,43
0,32
0,26
0,35
0,28
0,10
0,08
Gestazione
85-Parto
2800-2900
12-14
0,60
0,48
0,36
0,29
0,39
0,31
0,11
0,09
Gestazione
90 d-Parto
16
18
17,68
9
12
20,9
2,5
1
0,9
0,5
1
0,15
0,14
0,1
0,07
0,05
0,01
Lattazione
Polpe bietola
Orzo
Crusca ten. Fine
Soia f.e. 48 %
Biscotti
Mais
Pesce 72 % PG
Calcio carbonato
Fosfato monocalc.
IMV
Olio di soia
Sodio cloruro
Lisina HCl
Lievito
Metionina DL
Treonina
Triptofano
Gestazione
0-90 d
45
17
9,5
7,6
12
5,1
1
0,7
0,7
0,5
0,5
0,4
------
Composizione chimica, % t.q.
Sostanza secca
89,16
88,69
88,77
EM, kcal/kg
PG, %
Lisina, %
Lisina dig., %
Metionina+Cistina, %
Metionina+Cistina dig., %
Treonina, %
Treonina dig., %
Triptofano, %
Triptofano dig., %
Lattazione
3100-3200
16,5-17,0
0,94
0,80
0,56
0,48
0,61
0,52
0,18
0,15
Tab. 5 – Nuove diete proposte
7
16
17
10,5
15
26,5
3,5
1,2
1
0,5
1,2
0,19
0,14
0,1
0,07
0,08
0,02
Proteina grezza
Fibra grezza
Calcio
Fosforo tot
Sodio
EM Scrofe
Lisina
Metionina+Cistina
Lipidi grezzi
PUFA
12,99
10,63
0,86
0,50
0,38
2685
0,72
0,41
3,27
1,64
15,20
6,67
0,94
0,69
0,22
3100
0,87
0,57
4,68
2,70
16,57
5,09
0,98
0,73
0,24
3200
0,96
0,61
5,34
2,95
Diagnosi caso 9: Intossicazione da nitrati in un allevamento di bovine da latte
Il contenuto di nitrati del fieno di medica è risultato pari a 4.500 ppm, valore decisamente più
elevato rispetto ai valori massimi accettabili. Grazie al risultato analitico e alla diagnosi
differenziale è stato dunque possibile diagnosticare un‘intossicazione da nitrati, confermata
dall’eliminazione del fieno dalla razione che ha determinato in effetti una remissione dei sintomi.
Tuttavia non è sempre vero che una sola materia prima con un elevato contenuto in nitrati determini
problemi di intossicazione. E’ necessario infatti determinare il contenuto totale di nitrati nella
razione prima di consigliare o meno l’utilizzo di un alimento che contenga dei valori di nitrati
relativamente elevati.
Il limite massimo, oltre il quale si possono rilevare problemi, secondo alcuni autori è di 1500 ppm
di NO3, mentre altri indicano un tenore massimo di 400 ppm di NO3-N. Considerando che il valore
di conversione da NO3-N a NO3 è 4,43 il valore di NO3 nel secondo caso è quindi pari a 1772
ppm. Altri autori ancora indicano come accettabili fieni che contengano meno di 3000-4100 ppm di
NO3.
Simulando una razione per bovine da latte che contenga sia alimenti con una percentuale mediobassa di nitrati (farina di mais e mangime proteico) ed alimenti con un contenuto medio-alto di
nitrati (insilato di mais, fieno di medica, fasciato di prato stabile), si otterrebbe un’assunzione di
nitrati pari a 39.711 mg/capo/d (tabella 2).
Se ne deduce quindi che il contenuto in nitrati della dieta è di 1786 ppm, infatti: 39.711 mg/22,24
kg = 1785,57 ppm, valore superiore rispetto ad un valore soglia indicativo di 1500-1772 ppm, che
può quindi determinare la sintomatologia descritta in precedenza.
Qualora però il fieno di medica fosse utilizzato nella stessa quantità ma associato ad alimenti quali
insilato di mais e fasciato di prato stabile che contengono meno nitrati (tabella 3), l’assunzione di
questi sarebbe pari a 26.300 mg, che corrisponderebbe ad un contenuto nella dieta di 1.182 ppm,
valore decisamente non pericoloso.
Bisogna ricordare però che alla determinazione di tale valore soglia non contribuisce solamente la
quantità di nitrati presenti negli alimenti, ma anche quella contenuta nell’acqua: si deve pertanto
sempre calcolare la quantità totale di nitrati assunti sia con la razione che con l’acqua di abbeverata.
E’ quindi importante sapere quanta acqua consumano le bovine, dato pressoché impossibile da
rilevare in allevamento, tuttavia stimabile attraverso una semplice equazione:
Assunzione di acqua (kg/d) = 12,3+2,15 x assunzione s.s. (kg/d) + 0,73 x latte prodotto (kg/d)
Tabella 3 Assunzione di nitrati in caso di un alimento con elevato contenuto di nitrati
Alimento
kg tal quale
% S.S.
kg S.S.
NO3 ppm
Insilato di mais
20
31
6,20
1.000
Fieno di medica
4
88
3,52
4.500
Fasciato di prato stabile
4
49
1,96
1.500
Mais farina
6
88
5,28
150
Mangime proteico
6
88
5,28
100
Totale
40
22,24
NO3 mg
6.200
15.840
2.940
792
528
26.300
Diagnosi caso 10: Controllo delle lesioni podali nelle scrofe mediante l’alimentazione
Quanto descritto nel materiale didattico, mette in evidenza come, a differenza dell’allevamento
bovino, le problematiche relative alle lesioni a carico degli arti non ricevono, a nostro giudizio,
un’adeguata considerazione, nonostante i danni che provocano in termini di riforma delle scrofe e
diminuzione prestazioni produttive.
Da un punto di vista preventivo, l’alimentazione gioca un ruolo importante: la qualità degli alimenti
che potrebbe influenzare negativamente la risposta immunitaria degli animali, le modalità di
somministrazione della razione e l’adeguata integrazione non sono tuttavia elementi sufficienti nella
cura e prevenzione delle lesioni se non sono associati a interventi di pulizia e disinfezione, oltre a
un’attenzione particolare alla razionalità ed efficienza delle strutture. Vanno, tuttavia, ricordate
anche l’adeguamento delle diete alle linee genetiche utilizzate e, soprattutto, la necessità di un
controllo adeguato delle modalità di alimentazione dei mangimi per evitare che l’accuratezza nella
preparazione delle diete sia vanificata da errate modalità di distribuzione dei mangimi.