La dialettica nella filosofia greca

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La dialettica nella filosofia greca
Usi del termine dialettica nel pensiero greco
Già gli antichi osservavano che il termine dialettica non è usato dai filosofi greci con lo
stesso significato. Come per molti altri termini filosofici, tuttavia, questi diversi usi
hanno delle connessioni tra loro, sicché, se non è possibile una definizione univoca della
dialettica, è però possibile una storia della dialettica: è possibile cioè seguire i diversi
significati che i filosofi hanno attribuito a questo termine nel contesto generale della loro filosofia studiando le ragioni di quella particolare accezione e la linea di derivazione
di quel particolare uso.
Si è soliti distinguere tre diversi usi del termine dialettica:
un uso retorico: la dialettica come tecnica di argomentazione e quindi metodo di
persuasione (come in Zenone e nei sofisti) o anche soltanto di esposizione filosofica (come in molti dialoghi platonici in cui si chiede a un filosofo se preferisce esporre le sue idee dialogando o mediante un discorso continuo);
un uso filosofico soggettivo o intersoggettivo: la dialettica come tecnica del dialogo che consente attraverso procedure rigorose (diverse da filosofo a filosofo, molte e complesse in Platone1) la definizione di metodi di ricerca e di pratiche di esercizi filosofici;
un uso filosofico oggettivo: la dialettica come forma del pensiero, studio della articolazione delle idee nella loro unità e nelle loro distinzioni reali, e dunque non solo
metodo, ma scienza: quale sia in concreto questa scienza, e quindi quale sia la dialettica reale delle idee, dipende dalle diverse posizioni filosofiche (si confrontino le
posizioni di Platone negli ultimi dialoghi, dal Parmenide in poi, e degli stoici).
Un tratto comune ai diversi usi è che la dialettica è sempre connessa a una certa immagine della filosofia ed è correlata allo stile di vita filosofica e alle convinzioni profonde
su chi sia in realtà il filosofo, sulla sua identità. Sicché una storia della dialettica antica è
inevitabilmente anche una storia dell'immagine di sé che i filosofi hanno avuto e una
storia degli stili di vita che ciascun filosofo e ciascuna scuola propongono.
La dialettica come tecnica retorica di argomentazione e di esposizione
In Zenone di Elea per la prima volta nella storia della filosofia antica troviamo testi che
utilizzano metodi di argomentazione, a fini di persuasione, che la tradizione chiamerà
poi dialettici: posta una tesi, se ne deducono rigorose conseguenze fino a mostrare che,
essendo assurde queste, era assurda anche la tesi. Nel Parmenide Platone si servirà di
questo richiamo a Zenone per introdurre il lungo e complesso esame dialettico delle tesi
proposte da Parmenide. Mentre in Zenone si tratta di uno strumento di argomentazione
a difesa di una tesi già posta e accettata, in Platone si tratta del metodo di una ricerca
davvero aperta. Questo slittamento di senso non deve sorprendere, dato che questa è una
pratica comune nel modo di procedere dei filosofi antichi. Anche per questo le distinzioni nell'uso del termine dialettica sono distinzioni filosofiche, non rimandano affatto
all'uso equivoco di un termine.
Come forma di argomentazione a fini di persuasione la dialettica trovò il proprio terreno di elezione nelle pratiche della sofisti; da questa forma di dialettica, che non ha fini
di ricerca, muoveranno dapprima Socrate poi Platone trasferendo queste tecniche su un
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fronte diverso, quello della ricerca. In Zenone non è presente, se non idealmente, il momento concreto del dialogo tra persone; dai sofisti in poi sarà comunemente presente.
Quanto all'aspetto soggettivo ed emotivo della dialettica, esso ha a che fare con il
conflitto, con la gara, con lo scontro in un tribunale davanti ai giudici: è tecnica di lotta
e anche in Socrate mantiene questo carattere, del resto coerente con lo spirito greco,
attirato dalla logica della gara (si gareggiava su tutto e ovunque si acclamava al vincitore, anche presso i poeti e i tragici: la metafora sportiva è ricorrente in questo tipo di dialogo in Platone).
Naturalmente in quanto tecnica di argomentazione e di persuasione, la dialettica è
una forma di esposizione filosofica che ammette altre tecniche. Anzi, in molti dialoghi
di Platone in cui si dà spazio a posizioni diverse dalle sue, dei sofisti o di altri, si discute
su quale tecnica usare (ad esempio nel Protagora Socrate fa per andarsene di fronte a
Protagora che non lo segue in questo tipo di esposizione e si giustifica dichiarandosi incapace di usare altre tecniche).
Del resto, sin dalla sua origine in Zenone si tratta di una tecnica che ne ammette altre: la tesi di Parmenide è già stata argomentata nel suo Poema senza il ricorso alla dialettica.
Lo stile di vita che emerge da quest'uso del termine dialettica rimanda all'immagine
del filosofo come uomo del libero esame, capace di stare nel conflitto: la pratica della
filosofia è legata all'oralità, anche se ammette la forma scritta, e al confronto intellettuale diretto tra persone. Può anche apparire come un'immagine dai tratti a volte inquietanti, come sono tutte le filosofie concepite come gioco di attacco e difesa, come tecnica
del conflitto finalizzato alla vittoria nello scontro dialettico2.
La dialettica come insieme di metodi di ricerca
Socrate con la sua ironia sfrutta le potenzialità del metodo che la tradizione da Zenone
ai sofisti gli consegnava, ma il suo scopo è diverso: non si tratta di acquisire potere attraverso la capacità di persuadere o di trovare argomenti a favore di una tesi, ma di fare
ricerca filosofica. Questo metodo, che avrà un successo lunghissimo nella storia della
filosofia, è caratterizzato dal dialogo, o dell'uomo con se stesso (già in Socrate, che sta a
lungo a meditare come nei celebri passi del Simposio, prima di entrare nella sala e in altre occasioni, secondo il discorso di Alcibiade), o di due persone tra loro o in un piccolo
gruppo, secondo i tanti modelli offerti dai dialoghi tramandatici dall'antichità.
Naturalmente non si tratta di un metodo, ma di molti metodi. Nei passi riportati troveremo:
i metodi fondati sul principio di Zenone: posta una tesi, se ne deducono rigorose
conseguenze, fino a mostrare che, essendo assurde queste, era assurda anche la tesi.
Nell’Apologia è usato da Socrate come tecnica per elevare la coscienza dell'interlocutore sul vuoto del proprio sapere; in Platone il fine non è soltanto quello socratico,
ma su di esso si innesta la ricerca positiva della scienza, come nel Parmenide (dove
diventa un indagare tutte le vie in tutte le direzioni a partire dalle tesi poste). Nel
primo caso il contesto è quello, duro e a tratti implacabile, del conflitto come strumento necessario all'autocoscienza (e quindi il metodo è utile se si è disposti ad accettare la propria sconfitta contro Socrate), mentre nel secondo il contesto è quello
di una comunità di amici in libera ricerca, che hanno tempo, come sottolinea il Teeteto;
i metodi fondati sul confronto di posizioni, e quindi anche delle personalità che le
fanno proprie, di cui moltissimi dialoghi di Platone forniscono l'esempio; le tecniche
utilizzate sono le più varie, e si ricorre liberamente a tutto, perché il principio su cui
il dialogo si fonda è che solo il dio sa, non l'uomo, e tutti siamo in ricerca della veri-
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tà: dunque non c'è forma di pensiero che non venga utilizzata, come il pensiero per
immagini, (si veda il passo del Protagora in cui Protagora chiede in che forma il suo
pubblico desidera che egli faccia la sua esposizione, se mediante ragionamenti o con
un racconto; si confronti con il passo della Repubblica in cui è esposto il mito della
caverna). In Platone l'obiettivo è un esercizio dello spirito che prepari alla reminiscenza: chi impara, non impara dall'altro, ma da se stesso nello specchio dell'altro, e
quindi tutti imparano nel dialogo con gli altri. Di questo metodo Aristotele ha fornito una variante importante: per le tesi poste, che in Aristotele sono endossa; per gli
ambiti cui è utile applicarla, quelli in cui non si ha il saldo possesso dei princìpi (da
qui la definizione che spesso si dà della dialettica aristotelica come logica del probabile); per le tecniche utilizzate, di cui Aristotele ammette solo quelle rigorosamente definite, molto diverse dal libero dialogare platonico, che ha sì regole definite, ma
resta pur sempre confronto di personalità e ammette moltissime forme di pensiero
oltre quelle definite con rigore;
i metodi fondati sulla guida di chi sa verso chi non sa: danno luogo a forme di
contemplazione tipicamente platoniche e differiscono dal libero dialogare precedente o dall'uso di strumenti di ricerca come al primo punto; qui l'anima è guidata da chi
sa: non si tratta affatto di una comunità in libera ricerca, ma di un’iniziazione dell'uomo secondo un percorso già segnato. Appartengono a questa forma di dialettica
il mito della caverna nella Repubblica e l'iniziazione ai misteri dell'Eros da parte di
Diotima nel Simposio. Il tratto comune, sempre soggettivo, che accomuna l'uso della
dialettica in questa accezione alle due precedenti è dato dal fatto che il metodo è
sempre legato al rapporto tra due persone in cui chi impara non impara dall'altro, ma
da se stesso, e inoltre dal fine che è sempre l'acquisizione della scienza attraverso
l'educazione di sé; in questo caso, però, delle persone in dialogo solo chi è iniziato
impara, l'altro possiede già la scienza, e non certo a caso questa figura ha sempre
tratti impersonali o indistinti e la descrizione si muove sul terreno del pensiero per
immagini, del racconto.
Lo stile di vita cui rimanda questo secondo metodo richiama il filosofo come uomo dell'Eros, oppure la libera attività in comune dei filosofi, amici tra loro, che insieme conducono una vita filosofica, dedita al continuo esercizio del proprio spirito in dialogo con
gli altri.
La dialettica come scienza delle articolazioni delle idee
Nel periodo della storia della filosofia compreso tra Zenone e gli stoici antichi, il termine dialettica assume il significato di forma del pensiero. Quest’uso del termine è proprio
dell'ultimo Platone e degli stoici, per i quali la dialettica è essenzialmente logica e a volte si confonde con lo stesso termine filosofia. L’elemento comune a Platone e agli stoici
è il fatto che la dialettica non è riferita ai soggetti in dialogo tra loro, in una forma o nell'altra, ma al pensiero stesso. La differenza è nella diversa concezione del pensiero, anzi
dell’essere stesso: in Platone la realtà dell'idea è altra cosa dalla realtà del mondo sensibile, negli stoici il Lógos è una cosa sola con il mondo, e questo significa moltissimo
per l'identità del filosofo nel suo rapporto con la realtà in cui vive; le due concezioni
della dialettica aprono quindi a due diverse visioni dello stile di vita del filosofo e della
dialettica come pratica filosofica; in entrambi i casi, tuttavia, lo stile di vita richiama la
gravità e la saggezza della scienza, compresa la capacità di governare se stessi e la propria vita interiore.
È particolarmente interessante, poi, il rapporto tra Platone e Aristotele su questo punto. Nei dialoghi cosiddetti “dialettici” Platone ritiene che la dialettica sia una scienza se
consente all’uomo di pervenire a una unificazione del reale nell'unità dell'idea (con
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quel che ne segue sulla dottrina dei princìpi e le cosiddette dottrine non scritte), e se
consente poi da questa unità di derivare, seguendo le articolazioni reali, la struttura delle
idee e dei loro rapporti. La dialettica ha quindi due andamenti: uno dalla molteplicità all'uno, l'altro dall'uno alla molteplicità: è arte tanto dell'unificazione quanto della distinzione reale. Aristotele, tra gli usi della dialettica (nei Topici ne elenca tre) pone la ricerca dei princìpi delle scienze e quindi mantiene l’elemento di unificazione che è in Platone, ma in un contesto diverso, dato che la dialettica è uno strumento di esame rivolto agli endossa, e quindi legato alla ricerca su ciò che non sappiamo.
Ciò che è importante sottolineare è che questa idea della dialettica come scienza dell'unificazione e della distinzione avrà una storia lunghissima nei secoli successivi, soprattutto nel neoplatonismo. Quest’uso del termine, inoltre, illumina il significato che ne
hanno dato Kant nella Critica della Ragion Pura, e Hegel3: alla nozione di dialettica
non è solo connesso il dialogare che illumina la coscienza e la libera ricerca attraverso
questa via, ma anche il tentativo dell’uomo di comprendere in unità i princìpi (o il principio) del reale, e come da esso il reale si articoli così e non in altro modo. Che questo
dia luogo a una scienza o meno, è questa la via sulla quale l'uomo, per esigenza della
ragione stessa, si pone.
La dimensione spirituale della pratica dialettica
Per riassumere, la pratica dialettica è sempre connessa con una particolare dimensione
spirituale. Limitatamente a quel che compare nelle opere di Platone possiamo distinguere diverse dimensioni.
La più antica è quella legata alla gara, al conflitto: è in Zenone, nei sofisti, in Socrate e anche in passi platonici non ascrivibili con facilità al Socrate storico.
La seconda dimensione è quella della meditazione personale, riferita a Socrate, ma
descritta anche in contesti meno simbolici (per esempio riferita a Fedro che studia il
discorso di Lisia nel Fedro).
La terza dimensione è quella della comunità in ricerca, caratterizzata dall’amicizia,
spesso nei dialoghi platonici sotto la guida di qualcuno (Socrate, o un filosofo straniero o anziano che dialoga con i giovani). È la dimensione che traspare anche dagli
scritti aristotelici. Questa dimensione va nettamente distinta dalla prima: è molto diverso il clima, poniamo, del Protagora da quello del Parmenide.
La quarta dimensione è quella dominata dall’Eros, che permea spesso le altre, ma è
descritta nel discorso di Diotima in termini così netti da non potere essere vista soltanto come una condizione dei legami interni alla comunità in ricerca. Del resto
l’Eros appare come potenza davvero temibile (nel primo discorso del Fedro - e persino in alcuni dei discorsi del Simposio - traspaiono tratti inquietanti), o desiderabile
(nel secondo discorso del Fedro e nel discorso di Diotima del Simposio, ma se il
giovane è «ben guidato»).
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La questione della dialettica in Platone come tecnica del dialogo è resa complessa dalla difficoltà di datare in
modo sicuro i dialoghi, di distinguere le posizioni di Socrate da quelle di Platone e, soprattutto, di intendere in manie-
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ra unitaria la sua opera: la questione della dialettica è, insomma, al centro del complesso problema dell'interpretazione generale delle opere platoniche viste nel loro insieme.
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Quest’ immagine è ricorrente nella storia della filosofia e può essere applicata a prassi anche oggi comuni: si
pensi a quanto Abelardo scrive sulla vita intellettuale del suo tempo, alle pratiche della disputatio, e per i moderni a
Schopenhauer, alla filosofia “a colpi di martello”, alle pratiche di opposizione tra scuole. Secondo Huizinga la filosofia si sarebbe sviluppata dai giochi linguistici legati al conflitto, e questo tratto sarebbe quindi connaturato in modo
profondo all’identità e alla natura della filosofia in quanto tale (cfr. J. Huizinga, Homo Ludens, trad. it. di A. Vita,
Torino, Einaudi 1973).
3
A proposito di Hegel, va ricordato che nelle sue Lezioni sulla storia della filosofia ha richiamato la filosofia antica a proposito della dialettica riferendosi in particolare a Eraclito e poi a Proclo. Il tema è particolarmente interessante sia per il legame tra filosofia moderna e filosofia antica, sia perché con Eraclito si tocca un nodo centrale: quello della dialettica come forma del pensiero e dell'essere che vive dallo scontro degli opposti, della contraddizione reale, non della distinzione reale.