Francesco Colonna

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Francesco Colonna
CONVEGNO INDICAM
"CONTRAFFAZIONE, ABUSIVISMO E AMMINISTRAZIONI LOCALI"
Milano, 31 gennaio 2001
L’ordinamento attuale: possibilità di intervento delle autorità locali
Testimonianze di esperienze locali (*)
Francesco Colonna – Assessore al comune di Firenze
(*)
trascrizione dell’intervento non rivista dal relatore
Io di mestiere faccio il giornalista, quindi parlo come questa categoria in genere sa fare, col bene e
col male che questo comporta e quindi con l’esperienza che uno si porta dietro.
Il problema della contraffazione è un problema molto curioso, perché ad una prima immagine
sembra un problema semplice, come dire, facilmente inscatolabile in un semplice ragionamento, in
realtà è molto complicato e vi faccio tre piccoli esempi, due dei quali riguardano la nostra città e
uno invece riguarda un’altra cosa.
L’uomo che è sospettato di aver progettato l’attentato, poi non avvenuto, all’Ambasciata
Americana, si chiama Camredin Carabban ed è del “Fronte islamico di salvezza”, nel 1993 fu
espulso dalla Francia perché sospettato, anzi perché implicato in un traffico di falsi, di prodotti falsi
provenienti dalla Tailandia, che sarebbero poi serviti per finanziare la lotta armata in Algeria, quindi
un tipo di quadro.
Altro tipo di quadro: l’anno scorso, sotto la guida di quello che oggi è il vostro questore e che fino a
qualche giorno fa era il nostro questore, è stata fatta un’operazione a Firenze che ha mosso circa
100 uomini della questura, perché è stato scoperto quello che si immaginava che esistesse, cioè un
racket dei falsi che erano prodotti dai cinesi e venduti dai senegalesi, quindi una sinergia etnica che
fino ad allora non era stata ancora individuata, la si immaginava, perché si sapeva che i senegalesi
lasciavano i loro borsoni o i loro lenzuoli bianchi con le borse dentro presso alcuni negozi di cinesi,
ma poi in realtà questa era un’organizzazione decisamente più imponente; lì ci si trovava tutto:
borse, foulard, occhiali ed è stata anche l’occasione per espellere 18 clandestini.
Abbiamo un altro caso, per il quale è ancora in corso un processo a Firenze, di un artigiano che
aveva avuto un’idea semplicissima: si era messo a fare le borse di marca, ma quale canale aveva di
distribuzione? Aveva un canale molto simpatico, cioè aveva delle signore a Bologna, a Firenze, a
Milano e queste signore vendevano in casa queste borse, comprate dalle loro amiche che sapevano
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benissimo che compravano una patacca, però siccome era fatta per bene e costava un quarto del
prezzo reale…
Ebbene per la prima volta (io non vorrei sbagliarmi, ma i penalisti sapranno questo) a queste
persone è stata contestata la “Associazione a delinquere” in un caso del genere e quindi ecco la
novità, ma la cosa carina sono stati gli argomenti degli avvocati in difesa di questo artigiano (che
poi vengo a quella osservazione che si faceva all’inizio su quella indagine, che diceva che gli
italiani chiedono che ci sia più repressione, però nello stesso tempo vogliono comprare la roba): gli
avvocati (io spero che gli avvocati presenti non me ne vorranno), allora uno di questi ha sostenuto
(personaggio anche molto conosciuto, è stato anche presidente di una federazione sportiva) ha detto
testualmente che questo artigiano era “…un benemerito sociale, che, grazie ai magnifici oggetti che
produce, consente alle casalinghe frustrate di sentirsi duchesse…”; non solo, un altro avvocato
(che poi però ha cambiato parte e quindi ora non si ritrova tanto) si è lamentato perché la procura di
Firenze perdesse tanto tempo ed energie per perseguire alcuni reati che non suscitano alcun allarme
sociale. Qui l’errore è macroscopico da un punto di vista concettuale.
Allora, quello che si diceva all’inizio, gli italiani dicono: “Ah, che vergogna, ci sono i falsi!”, ma
ogniqualvolta i nostri vigili o i nostri Carabinieri hanno rincorso qualcuno, la solidarietà è stata per
il rincorso e non per il rincorrente, questo sistematicamente nella nostra città, ma non solo nella
nostra città, cioè c’è un problema culturale, una sorta di idea da Robin Hood: rubare ai ricchi non è
poi così grave se poi si dà ai poveri, con una curiosa mistificazione, malidentificazione tra il ricco
ed il povero. Comunque, questa è la realtà.
Diceva il professore prima “addirittura si può richiedere i danni al comune per l’inerzia”; a noi non
li chiedono di sicuro, perché come sequestri amministrativi, abbiamo una media di sessantasettantamila pezzi l’anno, come Polizia Urbana, poi ci sono Carabinieri, la Finanza e tutti gli altri.
Riferendosi ai soli sequestri che hanno delle implicazioni penali, noi abbiamo, nel 1999,
quarantaquattro sequestri a noti e quarantasei a ignoti (sono ignoti non perché senza documenti, ma
perché scappati), quindi novanta sequestri per circa 1724 pezzi; l’anno successivo siamo passati a
cento sequestri a noti e novantasei a ignoti, per un totale di 8500 pezzi.
Cos’è cambiato? Aumentando l’aggressività, diciamo, delle forze dell’ordine cresce anche la
resistenza ed infatti siamo passati, in un anno, da diciotto a quarantuno infortuni dei vigili che
hanno operato questi sequestri.
Firenze è una città che ha, come dire, il pregio/difetto di avere 10/11 milioni di passaggi turistici in
un anno, esclusi i fiorentini: questo vuol dire, con vecchia terminologia da poveri, “Piatto ricco, mi
ci ficco”, la gente viene lì a provare a vendere, la tentata vendita, diciamo, da noi è particolarmente
appetita; è bastato che per un bel po’ di tempo non si badasse a questo e siamo arrivati, in un’area
leggermente superiore al vecchio castrum romano, quindi proprio il quadrato centrale di Firenze, ad
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avere qualcosa come 330, 340 abusivi, che è una cifra mostruosa; vuol dire che ce ne era una
sequenza continua, come una parata di corazzieri da un lato all’altro della strada, lungo i percorsi
più frequentati.
Intervenire su questo è stato molto pesante, pesante sul piano psicologico, pesante sul piano
organizzativo; sul piano psicologico perché devi diventare un repressore, è una cosa che non piace a
nessuno, gli si spiega male ad un Carabiniere, che vuole svolgere un’attività nobile di intelligence o
di investigazione, che deve rincorrere un tizio con un sacco in mano: è roba da Pinocchio, non è
stato facile convincerli; e lo stesso vale per la Guardia di Finanza o per la Polizia, ma vale anche per
i Vigili urbani che dicono: “Ma noi si vorrebbe fare un altro lavoro!”. Firenze, questa Firenze, è
stata divisa in quattro zone, ciascuna è stata affidata a uno dei quattro corpi di Polizia, e
faticosamente, con qualche lacuna, ma con sempre immediati recuperi, oggi sostanzialmente quei
300 venditori abusivi che erano doppi, perché non solo mancavano loro le licenze, ma vendevano
anche roba contraffatta, gli mancava nulla a questi, no? Avevano sia quello che quell’altro; quindi
anche le sottili distinzioni tra contraffazione e commercio abusivo, nel nostro caso erano
perfettamente coincidenti.
Oggi, come in tutte le attività, abbiamo gli irriducibili; ce ne sono 20 o 30 che stanno eternamente in
agguato, vi posso portare per Firenze e vi faccio vedere dove stanno, stanno sempre nei soliti posti
perché anche loro rispondono a criteri di logistica e quindi hanno dei posti, diciamo, fissi dove
attendono in agguato che la distrazione ci colpisca così loro possono reinserirsi.
Firenze era diventato uno sfogo per tutti: chiunque fosse andato alla stazione attorno alle otto e
mezzo di mattina, avrebbe potuto vedere nugoli di senegalesi che arrivavano da Pisa, da Pontedera,
da Livorno, avevamo i pendolari, perché noi non ce l’avevamo mica 300 in casa, li importavamo
dalla Toscana. E’ chiaro che i sequestri, che sono l’unica vera cosa dannosa in questo caso, perché
questi la merce la pagano prima, hanno funzionato; il controllo sistematico a piedi, in macchina ed
anche a cavallo ha risolto il problema. E’ che non puoi mai mollare, perché come molli
ricompaiono, ci vuole del tempo, anche perché li hai abituati per anni che non succedeva niente.
Il problema non è la “tolleranza zero”, come amano dire alcuni dei miei amici e colleghi giornalisti,
è semplicemente il normale tentativo di rispettare delle regole minime e soprattutto con buon senso
e con elasticità, senza durezza, senza violenza, ma con quella determinazione che fa capire a
quell’altro che sta perdendo tempo e quattrini.
Naturalmente noi non ci siamo fermati a questo, ci siamo inventati un’altra rogna (questa ce la
siamo inventata da soli): noi abbiamo detto: “Va bene, ci sono alcune etnie e alcune persone che
vogliono fare i commercianti”; allora, il commercio con la roba contraffatta, falsificata, non si può
fare perché noi siamo convinti, e poi lo hanno attestato anche le forze dell’ordine e la magistratura,
che questo favorisce dei racket, dei racket in cui lavora l’infanzia per esempio. A Firenze in una di
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queste operazioni, sono stati trovati bambini e bambine che funzionavano sia da vedette che usati
loro stessi per smerciare i prodotti. Allora noi abbiamo detto a queste persone che potevano vendere
e gli abbiamo assegnato con ardite ordinanze dei luoghi, e in queste ordinanze abbiamo anche
fissato delle regole, ma ci siamo impegnati in qualcosa di più (e a questo stiamo lavorando in questi
giorni, compreso il sottoscritto) ed abbiamo deciso di organizzare un mercato multietnico dove non
si vende il contraffatto, gli abbiamo trovato anche un bel posto devo dire, sotto le rampe del
piazzale Michelangelo. Ora stiamo studiando la formula giuridica che ci permetta di arrivare a
questa soluzione senza inondare la città di un pacco di licenze poi a rischio, a rischio a sua volta,
poi, di commercio delle medesime; quindi stiamo cercando la formula che, con una certa dignità
amministrativa, ci consenta di dare non una soluzione, ma uno sbocco, un segnale
dell’amministrazione comunale verso queste categorie, chiarendo che questa è una strada per loro
stessi provvisoria e di inserimento nella nostra struttura sociale.
Tenendo presente che la nostra è una città che non trova la gente per lavorare, noi abbiamo una
disoccupazione del 2,5/3 %, inesistente, la richiesta di lavoro è molto superiore, il problema è che
non si incontrano. Fra l’altro, il senegalese è un tipo particolare: poco spesso vuol rimanere in Italia,
vuol fare tanti soldi per ritornare al suo paese, quindi l’illegalità è una forma transitoria
fondamentale per accumulare tanto denaro alla svelta, diciamo è un delinquente provvisorio, se mi
passate l’espressione, non è mentalmente predisposto, se si può fare una distinzione del genere, è
uno che vuole sfruttare un canale per accumulare una certa quantità di denaro per poi tornarsene al
suo paese dove vuole svolgere un’attività; è questo che ha reso poi difficile la lotta, perché spesso
noi gli offriamo delle formule per inserirsi e questi non si vogliono inserire, questo non si può fare
contro la volontà della persona stessa. Quindi noi stiamo cercando di creare questo mercato, diverse
decine di postazioni, diverse da quelle dell’ambulantato classico e del commercio su area pubblica,
diverse per natura, per regole, per dimensione, per sistemazione, per modalità di assegnazione, tutto
diverso, che non ci sia equivoco sulla diversità, che non ci sia nemmeno un lontano collegamento;
questo lo stiamo facendo insieme alla Lega, alla Confcommercio, alla Confesercenti, alle
cooperative degli extracomunitari; è un lavoraccio, perché bisogna metterli tutti d’accordo, bisogna
trovargli una sistemazione che sia commercialmente sensata, che sia esteticamente decente, che non
sia una bruttura per la città, insomma ci sono diverse complicazioni, però ormai ci siamo imbarcati
e vediamo di arrivare a questo.
Quindi qual è il ragionamento che noi abbiamo fatto, per spiegare l’operazione? Da una parte
abbiamo detto: “Certe cose non si possono fare, quindi bisogna colpire con la dovuta durezza, con
la normale severità”, non possiamo accettare che Firenze diventi la casbah dell’illecito; questo è un
punto e lo si ottiene solo con la vigilanza continua, con i controlli che si fanno, che fa la Polizia, che
fanno anche i nostri Vigili (che poi i sequestri nelle case li hanno fatti anche i nostri Vigili, anche i
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nostri Vigili hanno seguito i tizi ed hanno scoperto dove erano. Ad un certo punto s’è dovuto
decidere che si sarebbe fatto e uno di quei casi in cui c’era una difficoltà amministrativa, logistica,
di personale, ma mancava il disegno politico di compiere cioè determinati atti, quando l’abbiamo
deciso, e questa amministrazione l’ha deciso subito, perché i primi guai sono cominciati ad Agosto
del ’99 e la giunta si è insediata il 5 Luglio dello stesso anno quindi un mese dopo, questa guerra
sgradevole e necessaria è cominciata).
Quindi noi, come amministrazione comunale, stiamo facendo. D’altra parte, i fiorentini hanno una
vocazione straordinaria all’autoflagellazione, però la nostra è una città dove sono spariti i borseggi,
sono praticamente spariti gli scippi, sono praticamente sparite le rapine, siamo ancora deboli nei
furti negli appartamenti, lì siamo ancora nella media italiana. Quindi la criminalità da noi, gli
omicidi sono modesti, pochissimi in genere tra etnie e poi qualcun altro di altra natura, ma insomma
piccolissima cosa, quindi una città a basso tasso di criminalità, però proprio quando il tasso di
criminalità è basso, lo stato di benessere è elevato, la percezione del disturbo diventa molto forte e
quindi il fiorentino ha una tendenza a lamentarsi e parla sempre di sicurezza, pur essendo la nostra
francamente una città sicura, dai dati non nostri, non politici dell’amministrazione, basta seguire le
relazioni dei procuratori generali o altro, insomma non è difficile questo; quindi noi il nostro dovere
cerchiamo di farlo.
Io ho sentito bene quello che si diceva prima: che l’amministrazione comunale può intervenire, anzi
deve intervenire; sì, però si può intervenire quando le sentenze sono passate in giudicato, quindi è
finita l’amministrazione, toccherà a quell’altra. Io ho la moglie che fa la giornalista in un giornale
diverso dal mio e ogni tanto viene da me e dice: “Tu sei l’assessore, a questo qui gli hanno trovato
tutta questa roba rubata nel negozio, perché non gli ritiri la licenza?” Perché non posso, è molto
semplice, lo farei ben volentieri; qui arrivo all’ultimo punto che forse esce un po’ dal seminato: noi
abbiamo maturato nel nostro Paese una bizzarra concezione della colpa e della pena, molto bizzarra,
non so se è il vecchio perdonismo o sono nuovi interessi, ma la vocazione principale è prima di non
arrivare al processo, poi, se si arriva al processo, è di non arrivare a sentenza, poi si tratta di non
arrivare a scontare la pena, se poi si arriva a scontare la pena bisogna trovare un sistema per non
scontarla; questo è il processo, non si tratta di essere severi o di essere giustizialisti, come si diceva
una volta, si tratta di avere delle certezze. Io non capisco perché un paese invoca sempre certezze e
su queste questioni penali è alquanto arioso, quando si sente dire “…ma quello ha una fedina penale
lunghissima” e come mai? Voglio dire: se noi andiamo a vedere quelli che hanno commesso reati
nella nostra città, non solo nelle altre, alla fine sono ripetizioni, sono cicli che ritornano
costantemente, specialmente in questo tipo di reato: le truffe, gli scippi, i borseggi, i falsi, voglio
dire è un nucleo di persone che si ripete all’infinito, con delle piccole immissioni e delle piccole
uscite, con un turnover modesto, eppure queste persone ce le troviamo sempre in giro; allora è
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inutile poi invocare lo sforzo della pubblica amministrazione o di qualcun altro, se il sistema nel suo
complesso non garantisce che la colpa è riconosciuta come tale e che la pena va perlomeno
scontata; io sono d’accordo di non toccare Caino, però lasciarlo proprio andare in giro sempre mi
pare un tantino esagerato, questo è almeno il mio punto di vista, che non ha niente a che vedere
con la pena di morte o cose del genere, le pene possono essere anche abbondantemente ridotte,
purché chi compie un reato, specialmente la seconda volta, abbia la certezza scientifica che se gli va
male dentro ci sta e che ha una pena pesante da scontare.
Ultima cosa rivolta all’Indicam (in quanto istituto di Centromarca): io non vorrei dire una cosa
antipatica, ma nel mercato della contraffazione, noi abbiamo tre tipi di meccanismi: abbiamo quella
che si chiama “imitazione servile”, che poi tante volte è fatta parecchio bene, abbiamo il “parallelo
esterno” che è quello con il quale altri che sono nella filiera si approfittano degli incarichi che gli
vengono dati e producono a loro volta i prodotti che dovrebbero produrre in esclusiva per altri, c’è
anche il “parallelo interno”, io non vorrei essere odioso, ma bisogna che qualcuno ci pensi anche a
questo, perché esiste anche un parallelo per evadere il fisco, per non pagare le dogane e per fare i
furbi; io ci sto a rincorrere i senegalesi, però qualcuno bisogna rincorra anche i distinti signori,
perché sennò non si va da nessuna parte, anche perché la distinzione che si faceva prima tra danno e
pregiudizio mi sta bene, il senegalese fa un forte pregiudizio, il parallelo fa un forte danno (io sono
per rincorrere tutt’e due, non voglio giustificare il senegalese, per l’amor del cielo), non facciamo
finta che il problema siano i tappetini a Riccione, a Viareggio e a Firenze, qui parliamo di
gigantesche triangolazioni che vengono fatte su prodotti di lusso anche dagli interessati; allora,
come sempre, ogni volta che si guarda lontano, bisogna guardarsi anche un pochettino nello
specchio perché così le prospettive sono un po’ più chiare.
Io non so se vi ho illustrato cosa sta facendo il comune di Firenze, ho provato ad illustrarlo anche a
me stesso, non vi volevo convincere, ve lo volevo solo spiegare, comunque se venite a Firenze e
vedete qualcosa che non va, abbiate comprensione: ci stiamo lavorando.
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