10 i calciatori in rosa cresciuti in società: nessuno

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10 i calciatori in rosa cresciuti in società: nessuno
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VERSO ROMA-LECCE
MERCOLEDÌ 5 APRILE 2006
DAL PROSSIMO ANNO LA UEFA OBBLIGHERA’ A SCHIERARE DUE GIOCATORI
I RAGAZZI,DAL VIVAIO
ALLA PRIMA SQUADRA
Solo all’Ajax
si crescono
campioni
come qui
GIOCATORI VIVAIO
ROMA
AJAX
BARCELLONA
REAL MADRID
B.DORTMUND
PORTO
LIVERPOOL
MANCHESTER UTD
PSG
BAYERN MONACO
PSV
MILAN
ARSENAL
BENFICA
CHELSEA
LIONE
VALENCIA
INTER
JUVENTUS
FIORENTINA
10
10
9
9
8
5
4
4
3
3
3
3
2
2
2
2
1
1
0
0
334 PRESENZE
Francesco Totti cresciuto alla Roma, ha
esordito in A il 28-3-1996; 125 gol segnati
79 PRESENZE
Daniele De Rossi, cresciuto nella Roma, ha
esordito in A il 25-1-1983; 8 i gol segnati
69 PRESENZE
Cesare Bovo, cresciuto nella Roma, ha
esordito in A il 5-10-2003; 4 gol
52 PRESENZE
Alberto Aquilani, cresciuto nella Roma,
ha esordito in A il 10-5-2003; 3 gol
20 PRESENZE
Gianluca Curci, cresciuto nella Roma,
ha esordito in A il 19-12-2004
VIVAILVIVAIO PIU’
10 i calciatori in rosa cresciuti in società: nessuno
TONINO CAGNUCCI
Europa siamo noi. La Roma è la squadra che in
tutto il continente ha più giocatori in rosa, che
abbiano giocato almeno una volta nel massimo campionato, provenienti dal vivaio: 10. Cioè, Totti,
De Rossi, Bovo, Aquilani, Curci, Rosi, Okaka, Cerci, Grieco e Marsili. Come la Roma soltanto l’Ajax, cioè la società che da sempre, con la sua politica del e nel settore giovanile, ha creato una tradizione all’avanguardia, sinonimo di garanzia e qualità. Stile di lavoro, marchio di successi internazionali. Quelli degli olandesi si chiamano
L’
Stekelenburg, Emanuelson, Heitinga, Maduro, Schilder, Timisela, Pienaar, Sarpong, Snejder e Babel. Preistoria i tempi quando qui venivano a svernare dinosauri
come Charles, raggiunti quelli già post-moderni di
Cruyff. Presa l’Ajax, si è già su un’altra galassia in Italia,
perché è addirittura imbarazzante, da questo punto di vista, la superiorità rispetto alle altre cosiddette grandi: la
Fiorentina rivale Champions non ha nessun calciatore
in rosa cresciuto nel suo settore giovanile, la Juve pure:
nessuno e nessuno. Zero. L’Inter ne ha uno, si chiama
Andreolli, il Milan il triplo (3) ma due si chiamano Billy
Costacurta e Paolo Maldini, cioè 78 anni in campo (42
quelli sommati di Bovo e Rosi), l’altro è Lino Marzoratti
che quest’anno non ha mai giocato, l’anno scorso qualche minuto. La Roma è più "indigena" anche del super
Barcellona e del Real Madrid con la sua politica Zidane y
Pavon; più "autoctona" degli orgogliosissimi club inglesi (Liverpool, Manchester United, Arsenal). Neanche il
Lione abbonato a diventare campione è così figlio di se
stesso. Non c’è storia perché la Roma è già nel futuro.
Quello immediato.
Dalla prossima stagione (2006/07) la Uefa ha già deciso che tutte le formazioni che partecipano alle coppe
europee dovranno avere nella lista di 25 elementi alme-
UNA GIORNATA A CASA ROSI,ALLA SCOPERTA DELLA PROMESSA GIALLOROSSA
Alla Garbatella
l’Aleandro è in fiore
FRANCESCO ODDI
agari tra qualche anno non dovrà fare come
tanti colleghi più esperti, che vanno a vivere
nella quiete di Casalpalocco, perché già adesso, nel cuore della capitale, a un paio di minuti dalla Cristoforo Colombo che lo porta a Trigoria, ha il raro privilegio di vivere in una Roma che non sembra Roma,
dove si può andare sul balcone del primo piano senza
sentire rumore di traffico. Il parco di Largo Giovannipoli, dove Aleandro da bambino giocava con gli amici,
controllato a vista dalla sorella maggiore, si vede dalle
finestre di casa Rosi, piazza Pantero Pantera, che con
quel nome così particolare non poteva che diventare
uno dei simboli della Garbatella è talmente vicina che
non vale neppure la pena di spostare la macchina dal
parcheggio per arrivarci. E quando non era sotto casa,
andava all’oratorio della Chiesoletta, l’istituzione del
quartiere, quello dove mosse i primi passi anche il giovane Agostino Di Bartolomei. «Quando giocava alla Lazio, voleva essere portato lì anche a fine allenamento,
fino a sera... Non era mai stanco, per lui le giornate non
finivano mai». A parlare è il padre Vittorio, che ci aveva
accolto, insieme al cane Willy, accettando l’invito a raccontare qualche dettaglio in più del talento di cui tutti
parlano, senza più aggiungere, dopo le belle prestazioni contro Inter, Juventus e Fiorentina, che a quell’età
non gli si può certo chiedere di fare la differenza.
Il televisore è acceso su Roma Channel, con la conferenza stampa di Leandro Cufrè, che si chiude proprio
con l’elogio del talento di casa, perché «..a quell’età non
è facile fare quello che ha fatto lui, fare il terzino sinistro, destro, passare a fare l’ala, ci vuole grande intelligenza». La partita di Firenze l’hanno vista qui, tra soddisfazione e spavento, mentre la sorella Oriana, che con
il fidanzato ne salta poche di trasferte, era all’Artemio
Franchi. «Dopo lo scontro con Lobont mia moglie si è
spaventata, e non ha più voluto vedere la fine del primo
tempo, si è calmata solamente nell’intervallo». Dagli
attimi di paura a quelli talmente belli da non poterci
quasi credere, come quando Spalletti in conferenza
stampa derogò senza neppure che gli fosse stato richiesto all’antica regola non scritta di non parlare mai dei
singoli, men che mai dei giovani, per fare la sua scommessa, «Vedrete tra un paio d’anni che giocatore sarà
Aleandro Rosi». «Ero al mare, a Lido dei Pini, mi chiamò un amico, che era in macchina e stava sentendo la
conferenza stampa in radio. “Hai sentito questo matto
che ha detto?”. Sono rimasto tutto il giorno attaccato
alla radio per sentirlo di persona».
«Un’emozione che non si può neppure raccontare – interviene
la madre, che nel frattempo era rientrata con le buste
M
SANE LETTURE
Mamma Anna e papà Vittorio leggono il nostro
quotidiano in attesa di parlare di Aleandro e delle
sue passioni. Quella della famiglia è la stessa del
figlio: la Roma. D’altronde alla Garbatella è quasi
una scelta obbligata tifare giallorosso: «I laziali?
Qui si contano sulle dita di una mano», dicono
della spesa – e pensare che lo avevamo iscritto alla scuola calcio anche per farlo calmare un po’, visto che era
sempre vivace, pieno di energia. Avevamo provato anche con il karate, quando era piccolo, ma è durato pochi mesi. Non gli piaceva proprio, quando stavano in
cerchio per le spiegazioni si addormentava…». Quando aveva tre anni, all’asilo, si era fatto una palletta di carta con lo scotch, e le suore, per farli stare buoni, all’ora
della merenda aprivano i banchi per farli giocare. Dopo la Chiesoletta la prima scuola calcio è stata quella del
Tre Fontane, un anno e poi il Marconi, seguendo l’allenatore. Un anno anche lì, prima di un’amichevole con
la Lazio, quando un secondo tempo fu sufficiente a convincere Volfango Patarca, l’uomo che portò in biancoceleste Di Canio e Nesta. «Mi pare l’allenatore fosse Vincenzo D’Amico, la Lazio portava gli ’85, il Marconi gli
’84, mio figlio lo fecero giocare con ragazzi più grandi
di tre anni. Patarca ci disse che voleva rivederlo bene,
lo portai una volta all’allenamento e per telefono di dissero che il giorno dopo dovevo andare a Via Novaro, dove c’erano gli uffici del nipote di Cragnotti, per firmare. Un anno al Quarticciolo, dove giocavano i più giovani, poi due al Francesca Gianni, a San Basilio, che da
qua ci voleva più di un’ora di macchina. C’era già Fabrizio Grillo, con cui sono rimasti amici, Polverini e Cesaroni, un ragazzo che venne alla Roma ma poi andò via.
Da bambino non c’erano ruoli, erano tutti attaccanti,
lui lo mettevano davanti perché era più alto della media e correva sempre, alla Lazio cominciò a fare il centrocampista centrale. È rimasto tre anni, facendo sempre il capitano, all’inizio giocavano a sette, ma facendo
qualche torneo già a undici. All’Olimpico, prima anco-
ra che da tifoso, ci andò come giocatore, per la finale del
torneo “Aquilotto”. Quel giorno doveva fare la prima
comunione, la finale non si poteva spostare, e siccome
ci teneva, a fine messa siamo scappati allo stadio, con
mia moglie che rimase al ristorante con gli ospiti, ad attendere il nostro ritorno. Sapevano che alla Roma lo conoscevano e lo apprezzavano, Attilio Olivieri lo aveva
visto all’opera e lo aveva segnalato a Bruno Conti, e
quando stavano allestendo la squadra degli ’87 andai a
smuovere le acque. Con la Lazio era scaduto il vincolo
annuale, il campo della Roma era a due passi, visto che,
ancor prima di andare a Trigoria, si sono allenati per un
anno agli Eucalipti, a Viale Marconi, e per due al Tre
Fontane. E poi la fede era quella, in famiglia siamo
tutti romanisti da sempre, e la cosa non poteva che
farci piacere. Ma d’altronde in questa zona i laziali si
contano sulle dita di una mano». A proposito, ora che
ad Aleandro rifaranno il contratto, e comincerà a
guadagnare come un calciatore
vero, se ne andrà a vivere per conto suo?
«Questo magari è
meglio se lo
chiede a lui –
interviene la
madre – anche
se non credo,
lui è molto attaccato alla famiglia. No, non ha
intenzione. E poi lui
senza la Garbatella non ci sa stare».
LA NUOVA ROMA
IL CDA UFFICIALIZZA ANCHE
LA SUPERCOPPA CON L’INTER
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MARTEDÌ 1 AGOSTO 2006
Posizione finanziaria netta in attivo: +14,7 milioni
a Roma si giocherà la Supercoppa Italiana con
l’Inter: era la naturale conseguenza dell’assegnazione dello scudetto alla squadra nerazzurra, ma non era ancora arrivata una comunicazione ufficiale della Lega Calcio, e allora ci ha pensato la società giallorossa. La notizia è inserita nelle ultime righe
del comunicato diramato dalla dottoressa Mazzoleni,
al termine della riunione di ieri del Consiglio di Amministrazione, che aveva il compito di approvare la situa-
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zione patrimoniale mensile al 30 giugno 2006. Data in
cui la posizione finanziaria netta risulta attiva per 14,7
milioni di euro, contro i 7,9 del mese precedente, ed i
3,3 del 30 giugno 2005. Un incremento dovuto in gran
parte all’arrivo dei soldi di Sky, che ha versato la prima
rata, pari a 20,8 milioni, dei diritti tv per la stagione
2006/07. La prossima riunione è fissata per la terza decade di agosto, sempre per la situazione patrimoniale
mensile, questa volta di luglio, mentre a settembre ci
sarà da approvare l’intero bilancio di esercizio, aggiornato al 30 giugno scorso.
Curiosità: al termine del riepilogo delle operazioni
avvenute nel mese di luglio, dopo quelle annunciate ufficialmente, dagli acquisti di Faty, Cassetti e Bertagnoli, alle cessione di quattro giocatori della primavera, c’è
una notizia che non aveva meritato neppure un comunicato a parte, la rescissione consensuale del contratto di Paolo Comi. Un portiere di 22 anni, nato a Vimer-
cate, che a Trigoria non ha mai giocato neppure una
partita, passando gli ultimi sei mesi in prestito all’Albinoleffe, a fare la riserva della riserva. La Roma lo aveva
preso due anni fa, contropartita tecnica per la cessione
in comproprietà di Gianluca Curci al Palermo, rinnovando la compartecipazione nel 2005, ed il mese scorso, in quanto società acquirente, dopo che nessuna delle due contitolari aveva depositato la busta, se lo era ritrovato a libro paga a titolo definitivo.
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DOPO LA BUONA PROVA A OPORTO, SI PROFILA UNA SOLUZIONE A SORPRESA PER IL REPARTO AVANZATO
E’ Mido l’attaccante
Spalletti fa di necessità virtù: l’egiziano ha caratteristiche adatte alle sue idee, vuole provarci
Così il risicato budget di mercato potrà essere destinato all’acquisto di un centrocampista
DANIELE LO MONACO
untuale, come da promessa, è arrivato il centravanti che Spalletti aspettava da tempo: è alto, forte di testa, robusto fisicamente, dotato di discreta tecnica,
giovane ma molto esperto. E, soprattutto, la
Roma l’ha messo a disposizione del tecnico
senza spendere niente: il suo nome per esteso è Hossam Hussein Abdelamid Ahmed, ma
per comodità lo chiameremo Mido. Galeotto
fu il Dragao, lo splendido stadio di Oporto dove la Roma ha affrontato i campioni portoghesi nella sfida amichevole di domenica. Mido
ha giocato mezz’ora o poco più, azzeccando
un dribbling sulla trequarti, muovendosi con
l’approssimazione inevitabile di chi ha pochi
giorni di lavoro sulle gambe, lasciando intuire buone capacità di occupazione degli spazi
e di sicuro una certa voglia di fare. Poco, soprattutto per chi ha nefasti ricordi delle sue
prestazioni precedenti con la maglia della Roma, sufficiente, per chi di mestiere fa l’allenatore della Roma ed essendosi risparmiato
quelle prestazioni ritiene che a questo punto
vale la pena fare un tentativo, piuttosto che inseguire chimere sempre più lontane. E se il
budget individuato dalla società è quello ristretto di 8 milioni, 8 milioni e mezzo se va bene, allora tanto vale turare un’altra falla, quella di centrocampo, richiamando a sé l’ennesima responsabilità, quella di restituire al calcio dei protagonisti un attaccante su cui a Roma pare che nessuno sia più disposto a scommettere mezz’euro. Salvo smentite,
ovviamente: perché se il Lecce dovesse riconsiderare il valore di Vucinic allora qualcosa
potrebbe ancora cambiare.
Del resto, chi pensava che Perrotta avrebbe alzato la coppa del mondo dopo un torneo
vissuto interamente da protagonista? O che
Mexes fosse quel difensore che solo nei sogni
di Franco Baldini anticipava centravanti e rilanciava elegantemente? O che Tommasi tornasse decisivo tanto che addirittura l’estate
successiva se ne sarebbe andato a giocare in
Spagna? E allora se c’è qualcuno al mondo in
grado di vincere altre due scommesse – Mido
e Ferrari – questo signore vive a Roma già da
un anno, ama la Roma come non tutti i suoi
predecessori hanno fatto e fa del realismo una
questione primaria di vita. Si chiama Luciano Spalletti e più che unirsi al coro di chi si lamenta per l’immobilismo della sua società fa
due conti e avalla l’ultima, spericolata operazione di Trigoria: quella di immaginare al centro dell’attacco per la prossima stagione non
Ibrahimovic nè Trezeguet, ma neanche Vucinic e Iaquinta, e nemmeno Caracciolo, ma
Mido, il reietto, l’egiziano a cui è stato risparmiato il ritiro perché avrebbe dovuto essere
acquistato dal Blackburn. E invece non solo
non è stato ceduto agli inglesi, ma ora s’è persino messo in testa di ripartire da Roma e con
l’appoggio dell’unico che potrebbe davvero
consentirglielo, l’allenatore. Che tra i due
possa nascere l’alchimia giusta, poi, è praticamente scontato: sono entrambi di scorza dura e leali, fumantini e pratici, forzuti e romantici. E nel destino di nessuno dei due era previsto che potessero essere utili all’altro nella
ricerca della gloria. Quindi potrebbe accadere perché il calcio è pieno di storie così.
Se poi nel prossimo incontro (non oggi,
ma più probabilmente domani) Daniele Pradé riuscirà a convincere il ds del Lecce Angelozzi che pretendere undici-dodici milioni
per il suo attaccante montenegrino, per
quanto di talento, non sia la scelta giusta allora qualcosa potrebbe cambiare anche per Mido. Ma oggi la realtà è questa. E Spalletti,
quando sceglie un obiettivo, difficilmente
cambia idea.
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L’ULTIMA SCOMMESSA
Mido ha fatto una buona impressione a Spalletti: avrà le sue chances (Fotopress)
DOMENICA SERA HA MESSO PAURA A QUARESMA,SPALLETTI SCOMMETTE SU DI LUI
E Rosi ci mette la fascia
Non arriveranno esterni nuovi, fiducia al velocissimo baby
FRANCESCO ODDI
e Giovanni Sartori, che è uomo di calcio, avesse avuto la possibilità di vedere Roma Channel, probabilmente, guardando una squadra ancora incompleta
tenere testa ai campioni di Portogallo in serata di gala, si
sarebbe reso conto di aver tirato troppo la corda. Perché
Semioli alla Roma interessa(va) davvero, ma il prezzo col
passare delle settimane non accenna a scendere, mentre
sono in crescita vertiginosa le quotazioni del ragazzo che
potrebbe far tramontare definitivamente la trattativa per
mister dieci miliardi. Domenica sera Aleandro Rosi è rimasto in panchina per un tempo, quello necessario a Luciano Spalletti per vedere se era il caso di insistere in futuro con l’esperimento di Tonetto sulla linea dei trequartisti, poi è entrato ed in neppure centoventi secondi ha lasciato partire il tiro più pericoloso della Roma in tutta la
partita, dopo aver messo a sedere il diretto avversario. Non
sarebbe neppure la sua posizione la fascia sinistra, ma gli
permette di rientrare sul destro per calciare in porta, che
non è mai stata la sua specialità, ma di questo passo potrebbe diventarlo presto.
Alberto De Rossi se lo andò a prendere negli Allievi Regionali e lo piazzò a fare il mediano interditore, dando a
lungo l’impressione di vederlo solamente in quel ruolo. Fino a quando, dopo una partita della primavera in cui non
aveva brillato, si lasciò scappare una confessione inattesa:
«Guardate che dopo ogni gara dovremmo andare da lui, e
ringraziarlo per averci dato una mano giocando in quel
ruolo. Perché lui è un esterno». Non sarebbe il suo ruolo
ma fa curriculum, perché la capacità di adattamento è una
delle caratteristiche più importanti per un giovane che farà vent’anni solamente sul finire del prossimo campiona-
S
VOLA, ALEANDRO VOLA
Aleandro Rosi, 19 anni, è stato uno dei migliori nell’amichevole di domenica
sera a Oporto: sarà lui la prima alternativa sulle corsie esterne (Fotopress)
to, e che con la sua corsa avrebbe potuto fare di tutto, dal
fluidificante chiamato a percorrere tutta la fascia al mediano di rottura. Anche da bambino correva sempre, caratteristica che grazie a quel fisico slanciato e filiforme, gli permetteva di giocare in avanti, nel ruolo più ambito. La madre lo aveva segnato a scuola calcio proprio per fargli scaricare un’energia che sembrava inesauribile, ma quando
tornava a casa voleva essere portato fuori per continuare a
giocare, nell’oratorio della Chiesoletta, il monumento
della Garbatella dove era cresciuto anche Agostino Di Bartolomei. Di correre non ha mai smesso, tanto che a Castelrotto non gli stava dietro nessuno: nelle prove atletiche era
il migliore per distacco, ed i suoi tempi erano così sorprendenti che una volta Mancini si rifiutò di crederci, andando
a controllare di persona le rilevazioni cronometriche.
Nel ’96, a nove anni, fu notato da Wolfango Patarca, la
Roma non prendeva giocatori così piccoli, e così, nonostante la fede giallorossa, sua e di famiglia, approdò alla Lazio. «Ma erano tutti della Roma in quella squadra», commenterà in seguito il padre, che dopo tre campionati in
biancoceleste, tutti da capitano e con il vincolo annuale, si
informò se a Trigoria ci sarebbe stato posto per il figlio. Lo
conoscevano bene, Attilio Olivieri lo aveva già segnalato a
Bruno Conti, e non se lo fecero ripetere due volte: sette anni dopo, quella scelta potrebbe far risparmiare alla società
un bel gruzzoletto di milioni. Domenica, ai punti, forse ha
perso il duello a distanza con il fortissimo Ricardo Quaresma, che porta i capelli come lui, gioca nello stesso ruolo,
ed è stato clamorosamente sottovalutato da Barcellona e
nazionale, ma ha vinto quelli che contavano di più, con Tonetto e Alvarez. Non che un’amichevole decida gerarchie
e strategie di mercato, ma le prove di forza del velocista della Garbatella non sono certo iniziate a Oporto.