tesi completa Sergio Della Valle def.
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tesi completa Sergio Della Valle def.
UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA – ROMA IUSVE ISTITUTO UNIVERSITARIO SALESIANO VENEZIA Aggregato alla Facoltà di Scienze dell’Educazione VENEZIA – MESTRE TESI DI BACCALAUREATO - LAUREA TRIENNALE IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE – EDUCATORE SOCIALE FORMARE I PROFESSIONISTI DELL’AIUTO: IL CASO DELL’INSERIMENTO LAVORATIVO IN FRIULI VENEZIA GIULIA Relatore: Prof. Daniele Callini Candidato: Sergio Della Valle Anno Accademico 2011-2012 2 Indice INTRODUZIONE..........................................................................................................................................................................7 CAPITOLO 1. Inserimento lavorativo di persone a rischio di esclusione sociale ...........................................................................9 1.1 Alcune precisazioni per contestualizzare ...........................................................................................................................9 1.2 Tra bisogni ed opportunità: la realtà locale ........................................................................................................................9 1.3 La cooperativa sociale di inserimento lavorativo .............................................................................................................. 10 1.4 Tra mercato del lavoro ed inclusione lavorativa ............................................................................................................... 11 CAPITOLO 2. L’identità dell’operatore dell’inserimento lavorativo .............................................................................................. 13 2.1 Operatore o istruttore? Il ruolo all’interno della propria organizzazione ............................................................................ 13 2.2 Il ruolo con i lavoratori svantaggiati: dalla relazione d’aiuto alla relazione di scambio ...................................................... 13 2.3 La relazione con i servizi socio sanitari ............................................................................................................................ 15 2.4 La relazione con i clienti .................................................................................................................................................. 15 2.5 Il riconoscimento sociale ................................................................................................................................................. 16 2.6 Fattori di gratificazione e di frustrazione della professione ............................................................................................... 16 CAPITOLO 3. Il senso del lavoro: pratiche efficaci di sviluppo ................................................................................................... 19 3.1 Quali leve l’organizzazione può implementare e potenziare ............................................................................................ 19 3.2 Sviluppo dell’autoefficacia ............................................................................................................................................... 20 3.3 Lavorare su progetti ........................................................................................................................................................ 21 3.4 L’équipe come antidoto alla solitudine ed al burn out....................................................................................................... 23 3.5 Altravisione ed intervisione: oltre la supervisione............................................................................................................. 25 CAPITOLO 4. La formazione sul campo e la formazione teorica ................................................................................................ 29 4.1. Formazione: riconoscimento del ruolo ............................................................................................................................ 29 4.2 Le competenze professionali dell’operatore dell’inserimento lavorativo ........................................................................... 30 4.2.1 le competenze di counselling nei colloqui di orientamento e verifica ............................................................................. 32 4.2.2 il tutoraggio in situazione .............................................................................................................................................. 34 CAPITOLO 5. L’operatore dell’inserimento lavorativo: una proposta formativa ........................................................................... 37 5.1 La scelta della formazione continua: finalità e obiettivi ..................................................................................................... 37 5.2 Architettura della proposta formativa: descrizione dei moduli formativi e delle modalità di valutazione ............................ 37 CONCLUSIONI .......................................................................................................................................................................... 45 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................................................................... 47 3 4 AMICO - I cavalli bianchi corrono più degli altri. DANIELA - Certo i cavalli bianchi sono più belli e più forti. CIELO - Perché sono più leggeri. DANIELA - ... E più leggeri. CHIARA - Certo che sono più leggeri. DANILO - Perché i cavalli bianchi sono più leggeri? CIELO - Perché sono più felici. AMICO - Sono più leggeri perché il bianco tiene più leggero. Per esempio quando io sono vestito di bianco corro di più. CHIARA - Il bianco è più leggero. LIBERA - Ci sono cavalli bianchi meno forti e cavalli scuri più forti. Alle ultime corse d'agosto c'erano tre cavalli, uno marrone scuro e due marrone chiaro: è arrivato primo il cavallo scuro. CIELO - Ma non è che i due cavalli arrivati per ultimi erano bianchi. DANILO - Chiara e Amico cosa dicono? CHIARA - Io ancora ci devo pensare. AMICO - Se è come dice Libera vuol dire che corrono di più quelli scuri. CIELO - Se i due cavalli chiari erano bianchi, potevano vincere. LIBERA - E se per esempio i cavalli bianchi erano fiacchi e non riuscivano a passare quello scuro? CIELO - Quello scuro poteva essere più allenato, o quello bianco poteva essere più allenato. Correre di più e vincere, allora dipende più dall'allenamento che dal colore. LIBERA - È proprio quello che volevo dire. AMICO - Deve essere giusto, adesso che ci penso, come dicono Libera e Cielo: se uno è fiacco come fa a correre? CIELO - Forse i due più chiari correvano meno perché avevano i ferri agli zoccoli messi male, o svitati, o forse erano più piccoli e facevano i passi più corti. RUGGERO - Dipende anche dai fantini. DANILO - Ma allora da cosa dipende la maggiore velocità di un cavallo? CHIARA - Cosa vuol dire maggiore? LIBERA - Vuol dire più grande velocità, quando corre più forte. AMICO - Io non sono specialista di cavalli per sapere quali corrono di più. Per essere sicuro vorrei farne correre tanti e guardare uno per uno quale corre di più. CIELO - Dipende dall'allenamento, dipende dalle sue forze, dalla lunghezza delle gambe e anche dall'età. CHIARA - Quando è vecchio è un po' meno forte. DANIELA - Quello bianco corre di più, a me piace di più. CHIARA - Il cavallo bianco corre di più quando è bene allenato, ha le gambe più lunghe e ha più forza. LIBERA - Posso sentire ancora la domanda che tu hai fatto prima? DANILO - Dipende anche dal colore, se un cavallo corre di più o di meno? LIBERA - Siccome a noi i cavalli bianchi piacciono più degli altri, noi desidereremmo che fossero anche i più forti e i più veloci. Ma per essere sicuri che quello che desideriamo è anche vero, bisognerebbe sperimentarlo, come dice Amico. CIELO - Per esempio a noi piace pensare che gli alberi parlano fra loro, anche gli alberi sono vita; che tutte le cose che noi non sentiamo parlare, parlano fra loro, ma bisogna vedere se è vero. LIBERA - Per esempio a noi piacerebbe che le stelle si parlassero ma bisogna vedere se è vero: è già vero però che se si attirano le une con le altre, in qualche modo comunicano. BRUNA - Per esempio si dice che gli uomini sono fratelli perché si desidererebbe questo ma se ci guardiamo in giro ci sono i mafiosi che mettono sotto i contadini, si lascia la gente senza lavoro, non ci si riunisce, anzi si spara, si fanno le guerre. Per essere fratelli bisognerebbe non fare ognuno per conto suo ma fare insieme. (“Come premessa” tratto dal libro di Danilo Dolci, Non esiste il silenzio, Torino, Einaudi, 1974) Trascrizione di un dialogo che si svolge a Partinico in Sicilia negli anni '60, tra ragazzi che partecipano ad incontri in un centro di aggregazione. 5 6 INTRODUZIONE Questo lavoro prende spunto da alcune considerazioni condivise in una serie d’incontri e tavoli di progetto, nel corso degli ultimi anni, tra operatori dei servizi sociali e socio sanitari della Regione Friuli Venezia Giulia, delle cooperative sociali e di enti di formazione, sul tema delle buone pratiche nell’ambito dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Intendo svolgere una riflessione e formulare una proposta, riguardo alla formazione su precisi strumenti e competenze che concorrono all’identificazione della specifica professionalità degli operatori dell’inserimento lavorativo in cooperativa sociale. Una professionalità importante per la costruzione di percorsi personalizzati di attivazione o riattivazione di abilità, risorsa fondamentale per il reinserimento della persona svantaggiata nel mondo del lavoro. Oggi la cooperazione sociale d’inserimento lavorativo, per continuare ad essere nodo della rete progettuale e di attuazione di servizi per l’inclusione sociale e lavorativa nel territorio, è chiamata a confrontarsi da un lato con il mercato del lavoro e con standards di produzione di qualità sempre più elevata, dall’altro con la fattibilità e la verificabilità dei percorsi d’inclusione, il cosiddetto secondo ciclo produttivo. La complessità e le difficoltà che quotidianamente caratterizzano la ricerca di un equilibrio tra queste due istanze, richiedono, a mio avviso, tra le altre cose, una valorizzazione del ruolo ed una condivisione di percorsi formativi e di supervisione per gli operatori dell’inserimento lavorativo. Occorre pensare ad una formazione/supervisione che non può limitarsi ad avvenire in entrata nell’organizzazione. La multidimensionalità del ruolo richiede, infatti, un percorso che si svolga durante tutta l’esperienza lavorativa, attraverso modalità collaborative di apprendimento e lavoro cooperativo. Occorre individuare una prassi che, soprattutto, aiuti gli operatori a sviluppare competenze trasversali, di tipo cognitivo (risolvere problemi e prendere decisioni, spirito critico e capacità di trovare soluzioni innovative ad eventi imprevisti), relazionale (saper comunicare ed interagire positivamente con gli altri, scegliere lo stile assertivo, provare empatia), affettivo (avere un 1 concetto equilibrato di sé, gestire le proprie emozioni e far fronte allo stress) . Queste competenze, unite a quelle specifiche dell’attività lavorativa svolta, concorrono ad indentificare la complessità del ruolo, a mio avviso poco conosciuto, svolto da quegli attori fondamentali all’interno della rete dei servizi di inclusione sociale e lavorativa che sono gli operatori dell’inserimento lavorativo (capisquadra, istruttori, responsabili di servizio, responsabili di produzione). Il presente lavoro è composto di cinque capitoli. 1. Inserimento lavorativo di persone a rischio di esclusione sociale Nel primo capitolo, dopo una definizione degli strumenti istituzionali a disposizione per la programmazione ed attuazione di percorsi d’inclusione lavorativa ed un riferimento alle politiche regionali di welfare, propongo una riflessione sulle opportunità d’inserimento lavorativo in Friuli Venezia Giulia, a partire da un’analisi condotta a livello regionale negli ultimi anni, da un gruppo di lavoro interno al progetto Equal “Iso. New.”, nato per promuovere la sperimentazione di approcci e politiche innovativi per contrastare il fenomeno della discriminazione e della disuguaglianza nel mercato del lavoro. Particolarmente mi soffermo sulla realtà della cooperativa sociale d’inserimento lavorativo, sempre più spesso unico anello reale di collegamento tra le esigenze del mondo del lavoro e l’attivazione di diritti e contrattualità sociale delle persone in stato di svantaggio. 2. L’identità dell’operatore dell’inserimento lavorativo Nel secondo capitolo cerco di raccontare quello che è, oggi, il mestiere dell’operatore dell’inserimento lavorativo in cooperativa sociale. Lo scopo è riuscire a rendere evidente la specificità della figura professionale di chi, per scelta, necessità, o, a volte per caso, svolge quotidianamente un’attività lavorativa (elettricista, giardiniere, addetto alle pulizie, sarto, tipografo, etc.), gestendo una squadra di cui sono parte persone svantaggiate, inserite al lavoro su proposta e certificazione dei servizi socio sanitari territoriali. 1 Cfr: Luciano Galliani, La scuola in rete, Bari, Laterza, 2004 7 La peculiarità del lavoro dell’operatore dell’inserimento lavorativo è data, quindi, dal dover gestire ed affrontare istanze e problemi diversi, confrontandosi e, a volte, scontrandosi con le esigenze dei clienti, le richieste e le rivendicazioni dei colleghi, gli obiettivi degli operatori dei servizi. Con una percezione molte volte non chiara del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione di cui fa parte ed un riconoscimento sociale spesso assente od ambiguo. 3. Il senso del lavoro: pratiche efficaci di sviluppo La precisazione dello scenario, nei precedenti capitoli, pone con forza il tema delle pratiche efficaci di supporto e di sviluppo che la cooperativa può mettere in atto per favorire la crescita personale e professionale degli operatori, arrivando così a capitalizzare in maniera precisa nella propria organizzazione, l’esperienza e le competenze di ciascuno di essi. Nel terzo capitolo cerco di evidenziare gli strumenti e le modalità di lavoro, come ad esempio l’équipe di lavoro, la supervisione/altravisione/intervisione, il lavorare per progetti che, all’interno della cooperativa, possono avere la funzione di favorire lo sviluppo dell’autoefficacia, facilitare il monitoraggio dei percorsi professionali e prevenire il rischio di burn out degli operatori, promuovendo un confronto trasparente e coerente tra il punto di vista dei singoli e quello dell’organizzazione. 4. Il ruolo della formazione nell’organizzazione Il quarto capitolo è centrato sullo specifico tema della formazione degli operatori dell’inserimento lavorativo. Condivido pienamente quanto scrive Stefano Gheno, docente di psicologia sociale presso la facoltà di sociologia dell’Università Cattolica: la formazione rivolta ad adulti che lavorano è uno dei principali strumenti di empowerment organizzativo ed un elemento strategico di sviluppo. In particolare 2 nell’ambito delle organizzazioni non profit, data la centralità , al loro interno, del capitale umano . In un’organizzazione in cui la relazione nel gruppo e tra le persone rappresenta parte integrante del valore aggiunto, non si può prescindere da un reale riconoscimento del ruolo di ciascuno. La formazione assume, quindi, un ruolo di valorizzazione, ma anche d’identificabilità e verificabilità, di competenze specifiche delle professioni d’aiuto che concorrono a realizzare la mission dell’inclusione lavorativa di persone svantaggiate. 5. L’operatore dell’inserimento lavorativo: una proposta formativa Il quinto ed ultimo capitolo di questo lavoro contiene una proposta formativa. Lavorare alla formazione per gli operatori dell’inserimento lavorativo rappresenta, per la cooperazione sociale, un importante compito culturale con un obiettivo fondamentale. Si tratta, come scrive Stefano Gheno, riferendosi, nell’opera già citata, al mondo del non profit in generale, di fare un salto di qualità nel proprio sviluppo organizzativo. Per gli operatori che lavorano nelle cooperative di inserimento lavorativo è senz’altro un’opportunità per rafforzare e completare la propria professionalità, acquisendo competenze e conoscenze importanti rispetto alla professione di aiuto che svolgono e per trovare, così, nuova motivazione. La possibilità di conoscenza, incontro, confronto tra operatori provenienti da realtà diverse, l’approfondimento delle tematiche inerenti all’inserimento lavorativo con l’ausilio di formatori qualificati e di esperti che operano nei servizi territoriali, l’apprendimento di nuove metodologie e strumenti di lavoro, costituiscono la base anche per sviluppare una “consapevolezza comune circa l’opportunità rappresentata dal non profit, visto ancora oggi come una possibilità di 3 impiego e di sviluppo di serie B rispetto al lavoro nel for profit” . 2 Cfr: Stefano Gheno, Favorire la crescita delle persone: la formazione, in F. Spazzoli, F. Liuzzi (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010 3 Stefano Gheno, opera citata. 8 CAPITOLO 1. Inserimento lavorativo di persone a rischio di esclusione sociale 1.1 Alcune precisazioni per contestualizzare L’analisi delle ripercussioni che le mutate condizioni economiche e del mondo del lavoro stanno avendo, in particolare sui soggetti più deboli, ha evidenziato la necessità di progettare un utilizzo maggiormente strutturato e condiviso di strumenti come la Borsa di Formazione Lavoro e le Work Experiences. I due strumenti, nati con finalità ed obiettivi differenti, rischiano, se non contestualizzati correttamente, di essere interpretati impropriamente come meri ammortizzatori sociali, soprattutto in un periodo di crisi economica come quello attuale. 4 La Borsa di Formazione Lavoro è un intervento d’inserimento lavorativo a favore di soggetti svantaggiati, con l'obiettivo di limitare e, dove possibile, risolvere momenti di disagio sociale. Costituisce un importante mezzo di avviamento al lavoro e di socializzazione, per realizzare un'esperienza formativa ed educativa con modalità protette, per acquisire una formazione professionale di base. Può essere attivata dai servizi di un’Azienda Sanitaria o dai servizi sociali dei 5 Comuni. Le Work Experiences sono periodi di formazione in azienda durante i quali è possibile acquisire nuove competenze certificabili e spendibili nella ricerca di un’occupazione. Nascono per agevolare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro e sono state pensate come strumento a sostegno del processo di accoglienza delle imprese verso i giovani. In alcuni casi possono favorire la riqualificazione ed il reinserimento lavorativo di soggetti in difficoltà rispetto al mercato del lavoro (ad esempio soggetti in situazione di disoccupazione di lunga durata o espulsi dal lavoro in età adulta). Sono attivate dai Centri per l’impiego provinciali, generalmente finanziate tramite il Fondo Sociale Europeo ed attuate da enti di formazione accreditati dalla Regione. Entrambi gli strumenti non si configurano come un rapporto di lavoro e, di conseguenza, non vincolano le aziende ospitanti all’assunzione al termine dell’esperienza formativa. L’obiettivo, condiviso anche a livello di politiche regionali di welfare, è quello di ripensare e riprogettare gli interventi, integrando e coordinando gli assi del lavoro, della socialità, e della formazione, per coniugare maggiormente l’inserimento lavorativo protetto con le esigenze della produzione e del mercato. Nel documento ufficiale di analisi dei bisogni e programmazione delle priorità d’intervento, presentato nel 2009 nel corso di audit pubblici da Vladimir Kosic, assessore regionale alla salute, integrazione sociosanitaria e politiche sociali del Friuli Venezia Giulia, si cita il problema della “difficoltà di passare dal percorso formativo delle "borse lavoro" ad un inserimento lavorativo vero e proprio, obiettivo per il quale è necessario uno sviluppo ulteriore del sistema della cooperazione sociale, in termini sia quantitativi (offerta di nuovi posti di lavoro) sia qualitativi (passaggio dai lavori a bassa professionalità a quelli a maggiore contenuto professionale) proponendo, tra le soluzioni da adottare: definire modalità stabili di collegamento e integrazione tra diversi attori che si occupano delle politiche sociosanitarie, della formazione, del lavoro ed economiche; uniformare le modalità (risorse economiche, finalità, durata) e i percorsi d’inserimento lavorativo; prevedere, a partire dall'ambito locale (piani di zona, aziende sanitarie e amministrazioni locali), specifiche aree di affidamenti di nuovi servizi, lavori e forniture da affidare alle cooperative sociali, finalizzate all'inserimento lavorativo; 6 strutturare un sistema di monitoraggio e valutazione della qualità degli interventi.” 1.2 Tra bisogni ed opportunità: la realtà locale 7 Un’analisi condotta a livello regionale ha evidenziato come forte criticità, per caratteristiche ed impatto sul territorio, la scarsa e non omogenea presenza di concrete opportunità di lavoro per 4 Su cosa sia e sull’utilizzo della Borsa di Formazione Lavoro cfr.: Antonia Barillari (a cura di), Profili giuridici dei concetti di disabilità e svantaggio e assetto normativo delle borse lavoro, cfr.: http://www.provincia.udine.it/sociale/osservatoriosociale/Documents/Barillari_%20Borse%20Lavoro.pdf ultimo accesso 31/03/12 5 Su cosa siano e sull’utilizzo delle work experiences cfr.: http://www.iresfvg.org/index.php?page=workexperience ultimo accesso 31/03/12 6 Vladimir Kosic, La vita sana nella società responsabile. Libro verde sul futuro del sistema sociosanitario regionale, - Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia - 2009 7 Cfr. I Quaderni di Iso.New. Progetto Equal Friuli Venezia Giulia “Il sistema pubblico dell'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e raccordi con il mondo profit e non profit”. Iniziativa comunitaria, nata nell'ambito della Strategia Europea per 9 persone svantaggiate, all’interno di realtà d’imprenditoria sociale in grado d’integrare interventi e progettualità di tipo sociale e sanitario con attività di tipo economico. Questa situazione determina una carenza di luoghi nei quali promuovere e realizzare sviluppo economico ed anche umano e sociale del territorio di riferimento, partendo dal riconoscimento e dall’ampliamento dell’area dei diritti e delle opportunità delle fasce deboli. Le persone disabili e le persone svantaggiate, ma anche quelle rientranti in più recenti fenomeni di debolezza e marginalità sociali, presenti sul territorio (quali ad esempio i nuclei familiari monoreddito di immigrati, al limite della soglia di povertà), “accedono in misura limitata ed in posizioni marginali al mondo del lavoro, per effetto di interventi operati dal soggetto istituzionalmente responsabile sostanzialmente sul singolo individuo, senza però la progettazione e l’attuazione di percorsi personalizzati di inserimento. Viene a mancare, in questo modo, la verificabilità dell’efficacia degli 8 interventi” . Si tendono così a verificare situazioni di esclusione e distanza dal mondo del lavoro o di reiterazione in chiave assistenziale di momenti di formazione al lavoro. Conseguenza di ciò è uno scarso riconoscimento sociale che va ad aggravare problematicità di ordine economico, relazionale e di 9 salute psicofisica della persona. 1.3 La cooperativa sociale di inserimento lavorativo La cooperativa sociale di inserimento lavorativo rappresenta spesso, per le persone in stato di svantaggio, “un'opportunità unica, se non l'unica opportunità, di poter ricominciare da capo, di potersi 10 immaginare un ruolo, uno spazio proprio, un'identità propria e di poterla poi costruire o ricostruire” . “Il lavorare in cooperativa sociale diventa così l'occasione per riflettere sulla propria condizione, per sedimentare sensazioni e vissuti personali, in un ambiente comunque più protetto di quello comunemente inteso come luogo di lavoro normale, dato che nella cooperativa sociale si trovano a condividere lo spazio ed il tempo del lavoro persone che, pur profondamente diverse per esperienze 11 di vita, sono però accomunate dall'essere in una condizione di svantaggio e disagio sociale” . Dai vissuti raccolti in colloqui con queste persone, emerge la convinzione che riabilitazione ed attività 12 lavorativa vadano di pari passo e non possano essere considerate in maniera disgiunta . Tuttavia, come scrive Domenico Zalla, il lavoro, di per sé, non costituisce una garanzia di miglioramento complessivo dello stato di una persona in difficoltà: “stabilità e sicurezza economica 13 non portano necessariamente, di riflesso, stabilità e sicurezza di vita” . È di fondamentale importanza che gli interventi a favore di persone in situazione di svantaggio si concretizzino sia in azioni di politica attiva del lavoro, sia in attività che accompagnino il recupero di abilità trasversali e sostengano l’inclusione sociale. “L’aspetto innovativo e peculiare della cooperazione sociale di inserimento lavorativo non è il fatto di far lavorare le persone, ed in particolare alcune categorie di lavoratori esclusi per ragioni di stigma oltre che di difficoltà oggettive di rilevante natura socio-sanitaria - dal mercato del lavoro. Le sempre attuali riflessioni sulla prima esperienza in Italia di costituzione di cooperative di utenti dei servizi socio sanitari, ci ricordano come la cooperazione sociale non sia nata come operazione assistenzialistica, 14 ma sia emersa come contestazione di quell’ambigua entità chiamata ergoterapia” . Termine, quest’ultimo, utilizzato per nascondere il fatto che “il duro e complesso lavoro, sostanzialmente di tipo schiavistico, degli internati nelle istituzioni totali non veniva né retribuito, né assicurato, né assoggettato ai prescritti versamenti previdenziali. Non è un caso che quella prima cooperativa l'Occupazione e cofinanziata dal Fondo Sociale Europeo per il periodo 2000-2006, promuove la sperimentazione di approcci e politiche innovativi per contrastare il fenomeno della discriminazione e della disuguaglianza nel mercato del lavoro. 8 I Quaderni di Iso.New. opera citata. 9 Cfr: I Quaderni di Iso.New. opera citata. 10 Domenico Zalla, Il campo di fragole e lo zoo. La cooperazione sociale di inserimento lavorativo e il punto di vista dell'utente: una ricerca empirica, Tesi di Laurea in Sociologia, Università degli studi di Trento, A.A. 1999-2000 11 Domenico Zalla, opera citata 12 Cfr: Domenico Zalla, opera citata. 13 Domenico Zalla, opera citata. 14 Gian Luigi Bettoli, Passato e futuro della Cooperazione Sociale nel Friuli Venezia Giulia, Intervento al seminario “Tassello del lavoro: programmare opportunità di accesso ed inserimento per persone disabili tramite le clausole sociali”, organizzato dall’Editore Maggioli e dall’ Isfol a Bologna, 11 novembre 2009. Si veda a proposito della differenza tra l’ergoterapia praticata negli ospedali psichiatrici e l’esperienza della costituzione di cooperative di utenti: Alfonso Gaglio e Enzo Sarli, L'ergoterapia contro il diritto al lavoro e il salario, Pistoia, Centro Documentazione Pistoia, Fogli di Informazione, gennaio 1975 10 italiana, la Cooperativa Lavoratori Riuniti di Trieste, oggi intitolata a Franco Basaglia, sorga non da un affidamento di lavoro, ma da uno sciopero degli internati-lavoratori per rivendicare salario, dignità ed 15 un corretto inquadramento giuslavoristico” . Risultato di un’ottica ristretta e di una concezione autoreferenziale della programmazione degli interventi sociali, è il ruolo di meri fornitori di servizi, che spesso viene dalla pubblica amministrazione 16 riservato alla cooperazione sociale . È un ruolo riduttivo, che non muove certo nella direzione di comprendere e sperimentare le potenzialità della coprogettazione, che è uno degli assi portanti di numerosi e peculiari interventi legislativi: dalla legge di riforma dell’amministrazione locale alle leggi sulla semplificazione amministrativa passate sotto il nome del ministro Bassanini, per arrivare alla 17 legge 328/2000 di riforma dei servizi sociali . Da questo punto di vista, come scrive Gian Luigi Bettoli, presidente regionale di Legacoopsociali, la prima sperimentazione di coprogettazione in occasione dei confronti previsti dai Piani di Zona, ha evidenziato modalità di coinvolgimento della cooperazione sociale che hanno messo in luce differenze e contraddizioni. “In un ambito è stata favorita a pieno titolo, in un altro le singole cooperative sono state escluse, surrogate dalla partecipazione delle associazioni di cooperative. In alcuni casi la cooperazione sociale è diventata protagonista della progettazione e promozione di nuovi servizi, altrove la presenza di cooperative sociali ed associazioni ha assunto un carattere di partecipazione subalterna, favorendo il fiorire di proposte particolaristiche, difficili da coordinare, a scapito di un pieno 18 coinvolgimento di tutti i soggetti in una vera programmazione a vasto spettro” . “Il contributo della cooperazione sociale, delle realtà dell’associazionismo e del volontariato, deve 19 essere portato al massimo livello di coinvolgimento e di responsabilità” , “anche raccogliendo spunti interessanti che vengono dalle norme più innovative in materia di politiche sanitarie: come quella riformulazione della struttura dei Dipartimenti di Salute Mentale che guarda al coinvolgimento degli 20 operatori del sociale, dell’associazionismo dei familiari e degli utenti e della cooperazione sociale” . 1.4 Tra mercato del lavoro ed inclusione lavorativa Contestualmente alla ricerca di luoghi idonei ad offrire percorsi di inclusione lavorativa, forte è sentita la necessità di individuare strumenti che permettano il riconoscimento delle abilità della persona svantaggiata, a partire dal suo coinvolgimento come parte attiva nella scelta del proprio percorso di formazione e di lavoro e dalla conoscenza delle competenze richieste dal mondo del lavoro. Le 21 cooperative sociali di tipo b , quelle cioè che hanno come mission l’inserimento lavorativo, sono riuscite, negli ultimi anni, a mantenere stabile, sopra il trenta per cento, il numero dei lavoratori 22 svantaggiati , pur dovendosi confrontare con la crisi del mondo del lavoro e con le attese sempre più elevate dei committenti, “comportandosi, dal punto di vista dei rapporti con il mercato, come imprese 23 ordinarie, acquisendo commesse a prezzi di mercato” . 15 Gian Luigi Bettoli, opera citata. Si veda anche, per completezza: Gian Luigi Bettoli (a cura di), Imprese pubbliche & autogestite. La Cooperazione Sociale nel Friuli Venezia Giulia, Hand Consorzio di Comunicazione Sociale, 2011 16 Gian Luigi Bettoli, opera citata (2009) 17 Cfr: Franco Dalla Mura, Pubblica amministrazione e non profit: guida ai rapporti innovativi nel quadro della Legge 328/2000, Roma, Carocci Faber, 2003. 18 Gian Luigi Bettoli (a cura di), Imprese pubbliche & autogestite. La Cooperazione Sociale nel Friuli Venezia Giulia, Hand Consorzio di Comunicazione Sociale, 2011 19 Franco Dalla Mura, opera citata. 20 Indicata fra i punti qualificanti delle “Linee di indirizzo nazionali per la Salute Mentale” emanate nel marzo 2008 in sede di accordo fra il Ministero della Salute e le Regioni. Cfr.: Gian Luigi Bettoli, opera citata (2009) 21 Secondo l’articolo 1 della legge n. 381/1991 le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini. In particolare quelle di cui al comma a) realizzano tale obiettivo attraverso la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; quelle di cui al comma b) mediante lo svolgimento di attività diverse – agricole, industriali, commerciali o di servizi – finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. 22 È opportuno precisare che per lavoratori svantaggiati, si intendono quelli previsti all’art. 4 della legge 381/91. Essi sono lavoratori regolarmente assunti e, compatibilmente con il loro stato, soci della cooperativa. Perché la cooperativa possa chiamarsi sociale, i lavoratori svantaggiati devono rappresentare almeno il 30% della forza lavoro. Lo stato di svantaggio deve essere certificato da un servizio sanitario pubblico. Le persone inserite in percorsi propedeutici, come le Borse di Formazione Lavoro o le Work Experiences, non possono essere conteggiate ai fini del raggiungimento della percentuale prevista dalla legge citata. 23 Gilberto Graziottin, Decreto riforma Biagi e occupazione disabili, speciale “handy web cisl 2003, Anno europeo delle persone con disabilità”. http://htm.cisl.it/handicap/GRAZIOTTIN.htm Ultimo accesso 30/03/12 11 24 La cooperazione sociale, come riconosciuto anche da Davide Cervellin , già presidente della Commissione handicap di Confindustria, appare, inoltre, l’unico attore in grado di dare una risposta anche al problema del collocamento delle persone con disabilità medio-grave, in altre parole quelle che, per difficoltà ambientali, per problemi organizzativi, per necessità di servizi specifici alla persona, 25 in gran parte non trovano collocamento con la legge n. 68/99 . Ciò si realizza attraverso una progettualità di inserimento e tutoraggio personalizzata, che consente l’organizzazione dello svolgimento delle mansioni e delle più svariate risposte agli specifici bisogni quotidiani e relazionali dei 26 diversi tipi di lavoratori svantaggiati e disabili. L'apprendimento di abilità lavorative conduce a significativi miglioramenti nel comportamento interpersonale e della percezione di sé. Tali miglioramenti si sviluppano particolarmente in un ambiente in cui la persona ha l'opportunità di continuare a praticare le abilità apprese, ricevendo 27 rinforzi positivi . Uno stretto rapporto di collaborazione con i servizi socio sanitari di riferimento, coinvolgendo la persona inserita nella costruzione del percorso d’inserimento lavorativo, rende possibile formulare obiettivi specifici, espliciti e concreti, mediante un puntuale lavoro di squadra tra gli attori coinvolti nel progetto. Diviene quanto mai necessario, ritengo, soprattutto nell’ottica di attraversare l’attuale situazione di crisi che investe, in particolar modo, il mondo del lavoro e dell’occupazione, raccontare e far conoscere il mondo della cooperazione d’inserimento lavorativo. È importante promuovere azioni e prassi che rendano verificabile ed apprezzabile da parte del contesto socioeconomico (cittadini, associazioni, aziende, istituzioni, rappresentanti e responsabili della politica locale, mass-media), il fatto che “oltre al servizio materiale (pulizie, giardinaggio, assemblaggio, ecc.) le cooperative sociali producono anche servizi immateriali (opportunità di lavoro per le persone svantaggiate, attivazione di percorsi di 28 autonomia e affrancamento da situazioni di disagio) a beneficio della collettività” . 24 Cfr: Davide Cervellin, Disabili. Come trasformare un limite in un'opportunità, Venezia, Marsilio Editore, 2003. Legge 12 marzo 1999, n. 68, Norme per il diritto al lavoro dei disabili. 26 Cfr.: Armando Tursi, Cooperative sociali e inserimento dei lavoratori svantaggiati, in AA. VV., Come cambia il mercato del lavoro, Ipsoa, Milano, 2004. 27 cfr: Francesco d’Angella, Franco Floris (a cura di), L’integrazione socio-lavorativa. Dal progetto individuale all’organizzazione che cura, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2000. 28 Francesco d’Angella, Daniele Marini, Le imprese sociali alla prova della “grande crisi”, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, numero di gennaio 2012 25 12 CAPITOLO 2. L’identità dell’operatore dell’inserimento lavorativo 2.1 Operatore o istruttore? Il ruolo all’interno della propria organizzazione È considerazione condivisa che la principale ricchezza delle organizzazioni non profit sia 29 rappresentata dalle persone . Persone che fanno cosa? Ciò che caratterizza la mission di una cooperativa sociale d’inserimento lavorativo, la pratica 30 lavorativa, “è uno degli strumenti di riabilitazione sociale e di restituzione di potere” . “La dimensione gruppale può sostenere i soggetti nel percorso di ricostruzione o arricchimento della 31 propria identità personale e sociale” , ponendosi quindi obiettivi educativi e riabilitativi e non la mera occupazione di un posto di lavoro. La cooperativa sociale opera come nodo di una rete di attori, istituzionali e non istituzionali. Questa rete ha l’obiettivo di realizzare un progetto complessivo centrato sulla persona in situazione di disagio, lavorando in maniera coordinata e concertando interventi nel campo delle politiche attive del lavoro ed in quello dell’accompagnamento e reinserimento sociale. La peculiarità della posizione della cooperativa sociale è resa evidente da una semplice elencazione delle funzioni svolte dagli operatori che lavorano al suo interno gestendo squadre o gruppi di lavoro in cui sono inserite persone svantaggiate. Gli operatori che hanno il compito, nella quotidianità, di lavorare per raggiungere l’obiettivo dell’inclusione lavorativa, sviluppano una professionalità specifica, da non confondere con quella dell’operatore socio sanitario né con quella di chi, nel servizio pubblico, 32 si occupa di collocamento mirato . All’interno della propria organizzazione, l’operatore dell’inserimento lavorativo ha il compito di: Erogare servizi di tutoraggio nelle prime fasi di socializzazione lavorativa della persona inserita; Supportare la riattivazione di abilità di persone da tempo lontane da situazioni lavorative; Facilitare la riattivazione di competenze relazionali e sociali necessarie in ambiente lavorativo; Identificare spazi e compiti di lavoro adeguati alla persona inserita; Sostenere l’inserimento della persona, garantendo la gestione delle fasi critiche e delle dinamiche di gruppo. È, dunque, una professionalità articolata che si esplica in alcuni punti caratterizzati a loro volta da una forte complessità e dalla necessità di una visione del proprio ruolo organizzata e strutturata all’interno di un’ampia rete di connessioni. Chi gestisce una squadra di lavoro in cui sono inserite persone svantaggiate si trova costantemente a coniugare un duplice ruolo. Da un lato quello tecnico, dell’istruttore che deve impartire degli insegnamenti, trasmettere delle conoscenze, assegnare dei compiti. Dall’altro quello dell’operatore, attento alle dinamiche relazionali, al clima del gruppo, all’emergenza di situazioni nuove ed improvvise. Deve, inoltre, relazionarsi con gli operatori dei servizi socio sanitari per quanto riguarda le verifiche periodiche dei percorsi di inserimento e con i clienti rispetto al corretto svolgimento di un servizio od alla puntuale consegna di una commessa di lavoro. Un lavoro composito, un lavoro sociale che, “più di altre professioni, è fatto di relazioni che nel tempo possono diventare usuranti, esigono ricambio, rinnovamento, rivisitazione della propria professionalità 33 e dei propri saperi” . 2.2 Il ruolo con i lavoratori svantaggiati: dalla relazione d’aiuto alla relazione di scambio Chi lavora in una cooperativa sociale di inserimento lavorativo deve poter sviluppare la capacità di vedere il lavoro quotidiano (artigianale, agricolo, industriale, di servizio) come parte fondamentale della propria vita, strumento di crescita e di propria autonomia economica e, al tempo stesso, come 29 Cfr.: Carlo Borzaga, Sull’impresa sociale, Trento, ISSAN, 2000 Marco Cerri, L’impresa sociale in una logica di integrazione socio-lavorativa in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, numero di marzo 2000 31 Marco Cerri, opera citata 32 Cfr.: AA.VV., La figura del tutor per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: dal repertorio delle competenze alla definizione di un profilo professionale, in Costanza Fanelli et al. (a cura di), Mediazione per il lavoro di persone svantaggiate, dattiloscritto di progetto per Legacoopsociali – Inforcoop – Foncoop, Roma, 2009 33 Federico Spazzoli, Anna Biffi, La gestione del personale nelle aziende non profit: la situazione attuale, in: Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010 13 30 luogo di restituzione di dignità, potere e contrattualità sociale, lavorativa ed economica a persone in stato di svantaggio. L’operatore dell’inserimento lavorativo condivide la propria attività professionale quotidiana con persone escluse, spesso a priori, dai normali luoghi di lavoro e la rende strumento di sviluppo e affermazione delle abilità e della autonomia; non solo dei lavoratori svantaggiati, ma di tutto il gruppo di lavoro. Gruppo che, quindi, non si delinea solo come punto della ripartizione dei compiti e delle opportunità di lavoro ma si caratterizza come luogo di relazioni, confronto, accompagnamento 34 protetto . L’operatore dell’inserimento lavorativo, nella gestione del gruppo di lavoro, opera in un contesto in cui è importante riuscire ad accompagnare la persona all’incontro con l'ambiente di lavoro, supportandola nella fase di ingresso. Occorre mantenere, poi, un’attenzione costante, attraverso strumenti di monitoraggio continuo e di verifica, pensati ed attuati con modalità inclusive. Il progetto di inserimento si realizza, pertanto, come un percorso che va continuamente rivisto, ripensato, rivitalizzato insieme alla persona inserita. Quello dell’operatore è un ruolo delicato, la cui forza non si esaurisce all’interno del gruppo, durante l’orario di lavoro, ma continua ad avere profonde connessioni con la vita delle persone inserite, persone in stato di svantaggio, per le quali, nel momento in cui intraprendono un percorso importante di attivazione o riattivazione di abilità e di autonomia, di reinserimento in ambito lavorativo, la 35 marginalità, lo stigma, l’esclusione non sono determinati solo dalla mancanza di un lavoro . Lavorare per l’inserimento lavorativo significa necessariamente, a mio parere, mettere in atto un progetto personalizzato assieme alla persona svantaggiata, costruendo una relazione intessuta nella e della quotidianità del gruppo di lavoro. Nella quotidianità del lavoro fatto assieme sta la forza del percorso svolto in cooperativa sociale. In questa quotidianità possono scoprirsi spazi e percorsi attraverso i quali la persona può recuperare o sperimentare una progettualità ed un potere, una propria contrattualità sociale, nella relazione con gli altri. Proprio nella quotidianità l’operatore può vivere difficoltà nell’entrare in relazione con le persone disabili o svantaggiate. Può sperimentare il timore di non sapere come fare, la percezione di possedere risorse carenti rispetto alla situazione, oppure la sensazione di essere minacciato dall’inadeguatezza manifestata, o che si suppone verrà 36 manifestata, dalla persona inserita . L’operatore è insieme co-costruttore e testimone privilegiato di questi percorsi e dei cambiamenti che avvengono nel gruppo di lavoro, nelle relazioni tra le persone. È colui che, in prima persona, fa esperienza di quello che viene definito il “passaggio dalla relazione d’aiuto alla relazione di 37 scambio” . Questo cambiamento avviene grazie proprio alla conoscenza che si sviluppa tra le persone nella quotidianità del lavoro. È, in sostanza, il riconoscimento dell’identità dell’altro che, inizialmente inserito con l’etichetta di persona svantaggiata, nel tempo, attraverso il gruppo, la squadra, il lavoro in coppia, manifesta gusti, simpatie, difficoltà, sviluppa abilità, rende visibili competenze, aiuta gli altri, vive relazioni che vanno spesso anche oltre il tempo del lavoro. Questo cambiamento chiede che l’operatore sia in grado di valutarlo e valorizzarlo adeguatamente. Non è, quindi, nella divisione di compiti e ruoli all’interno dell’organizzazione, riservando specifiche competenze educative e relazionali unicamente alla figura del responsabile del personale o dei percorsi di inserimento lavorativo, che si favorisce la costruzione di un patrimonio condiviso dell’organizzazione che sia parte integrante del tessuto connettivo, dell’identità e del bilancio sociale della cooperativa. Occorre che la ricchezza e la multidimensionalità del lavoro quotidiano dell’operatore che gestisce una squadra di lavoro, così come le difficoltà che incontra e le strategie che mette in atto per superarle, vengano valorizzate, discusse, condivise. 34 Cfr: Walter Finocchi, Le condizioni per il successo dell'inserimento lavorativo, in Andrea Caldelli (a cura di) "Everest - Agenzia di orientamento" Lecce, Pensa Multimedia, in via di pubblicazione. Si veda: http://www.laltracitta.it/v2/index.php?option=com_content&view=article&id=111:le-condizioni-per-il-successo dellinserimentolavorativo-&catid=16:volontariato&Itemid=66 ultimo accesso 20/11/11 35 Walter Finocchi, opera citata 36 Cfr: Elisa Lionzo - Marina Sartori, Le forme del sostegno all’integrazione socio lavorativa, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, numero di marzo 2005 37 Francesco d’Angella, Franco Floris (a cura di), L’integrazione socio-lavorativa. Dal progetto individuale all’organizzazione che cura, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2000 14 2.3 La relazione con i servizi socio sanitari Il tema dell’ inclusione lavorativa e sociale delle persone in condizioni di svantaggio, pone le istituzioni ed i servizi sociali e sanitari di fronte ad una complessità che richiede la capacità di fare rete con le 38 realtà che operano sul territorio . Una complessità che non può trovare risposte se non all’interno di una logica di rete comunitaria, di sistemi locali di welfare e di politica attiva del lavoro. La mission delle cooperative sociali di inserimento lavorativo si realizza proprio attraverso la costruzione di percorsi occupazionali significativi, sul versante dell’apprendimento di abilità tecniche come su quello dell’attivazione di competenze relazionali e sociali, finalizzati a facilitare l’accesso e la permanenza nei contesti di lavoro delle persone svantaggiate. Gli operatori dell’inserimento lavorativo, nella quotidianità delle ore lavorate, si trovano ad avere una posizione importante di collegamento tra i percorsi proposti dai servizi e le esigenze del mondo del lavoro; una sorta di cerniera tra contesti che spesso parlano linguaggi diversi. È una funzione, questa che essi si trovano a svolgere, caratterizzata dalla capacità di mantenere un equilibrio tra le istanze dei servizi e le esigenze del mercato; da coniugare, a loro volta, con le capacità lavorative e con le aspettative delle persone inserite in percorsi di inclusione all’interno della squadra o del gruppo di lavoro. Ogni percorso personalizzato richiede di relazionarsi con altri attori a cui la persona svantaggiata fa riferimento; in particolare con la progettualità, con gli strumenti e con il lessico del servizio inviante. Tutto questo richiede il possesso e lo sviluppo di competenze e capacità di mediazione sociale che vanno non solo mantenute, ma rafforzate come patrimonio della persona, dell’organizzazione e della rete sociale. L’operatore incontra periodicamente i servizi invianti. È chiamato a dare una propria valutazione dei percorsi, anche in contesti formali, di fronte a professionalità forti e strutturate. Deve conoscere la mappa dei servizi e sviluppare la capacità di leggere il proprio lavoro come parte di una progettualità condivisa. Anche per questo deve, a mio avviso, poter approfondire la consapevolezza del proprio ruolo ed avere occasioni di aggiornamento delle proprie competenze. 2.4 La relazione con i clienti Le cooperative sociali di inserimento lavorativo rappresentano un modello particolare di impresa. Ciò che ne identifica la mission, che ne costituisce il punto di forza è, oggi più che mai, la capacità di coniugare l’essere presenti nel sistema economico, affrontando la concorrenza in un mercato sempre più competitivo, con il ruolo di attori nella gestione propositiva ed operativa di azioni e servizi di inclusione lavorativa. La figura dell’operatore dell’inserimento lavorativo è quella che, nella quotidianità, si confronta costantemente con le due dimensioni. La persona responsabile di una squadra di lavoro in cui siano inserite una o più persone svantaggiate, deve garantire che il servizio o la produzione siano effettuate a regola d’arte. Deve continuamente coniugare l’attenzione alle relazioni, la capacità di controllare il clima del gruppo, con il rispetto dei tempi e della qualità del lavoro, dovendosi confrontare, a volte, con richieste improvvise del cliente, imprevisti, emergenze produttive. Questo sia nel caso in cui la squadra svolga il suo lavoro per un ente pubblico, presso il quale si eseguano servizi in appalto o in affidamento, sia nel lavoro svolto per un cliente privato dal quale la cooperativa riceva commesse di produzione o servizi. 39 Va sottolineato come la contrazione delle risorse finanziarie delle Pubbliche Amministrazioni ha reso necessario, negli ultimi anni, ampliare il mercato del non profit, in particolare della cooperazione sociale di inserimento lavorativo, verso le imprese. L’operatore dell’inserimento lavorativo si ritrova in un ruolo importante di mediazione, nei confronti delle imprese profit che, comunque, spesso, ancora faticano ad identificare le cooperative sociali come interlocutori affidabili e competenti. Scarsa conoscenza delle reciproche modalità operative, pregiudizi ed incomprensioni sui diversi modelli di organizzazione e di governance, sono i principali 40 ostacoli ad una maggiore collaborazione tra queste tipologie di impresa . 38 Cfr. anche : Leonardo Callegari, Inclusione lavorativa e sociale delle persone svantaggiate. Cooperazione, mediazione e valutazione negoziale nelle buone prassi integrative, Bologna, C.S.A.P.S.A., 2009. 39 Cfr anche: PIC Equal II Fase Rif. IT- G2-LOM-061 MF8 Rapporto tra profit e nonprofit http://www.aimb.it/Allegati/1066400408.pdf ultimo accesso 11/12/11 40 Cfr: PIC Equal II Fase, documento già citato. 15 Divengono necessari, quindi, strumenti di conoscenza e confronto con la realtà imprenditoriale locale che consentano di svolgere con continuità una funzione di promozione della cooperativa sociale e della sua mission verso le imprese profit. Una funzione che non va pensata ed attuata come competenza esclusiva di un ufficio commerciale, quanto, piuttosto, come compito condiviso che richiede circolazione di informazioni e partecipazione di ciascuno. 2.5 Il riconoscimento sociale Il tema del riconoscimento sociale del ruolo dell’operatore dell’inserimento lavorativo è compreso, a mio avviso, in quello che è l’argomento più ampio dell’accoglimento e della riconoscibilità della cooperazione sociale di inserimento lavorativo da parte della collettività nel territorio. Le riflessioni 41 proposte da diverse indagini suggeriscono, ancora, una identità non compiuta. L’immagine è quella di una realtà che non sembra ancora essere arrivata ad una sintesi tra la finalità della sua mission, l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate e l’imprenditorialità, intesa come mezzo e, contemporaneamente, come cornice strutturale. La scarsa conoscenza dell’attività delle cooperative sociali di inserimento lavorativo, unitamente ad un’idea, ancora fortemente presente tra le persone ma anche nei servizi socio sanitari, di contrasto tra dimensione sociale e dimensione imprenditoriale si riflette, necessariamente, sulla figura professionale oggetto di questo lavoro. Si incontra qui uno snodo fondamentale. Da una parte il tema della comunicazione della qualità sociale, fondamentale per un’impresa che ha l’utilità sociale come proprio fine. Dall’altra la questione, che ritengo fortemente collegata, dell’esplicitazione e della validazione delle competenze professionali degli operatori dell’inserimento lavorativo. 42 Sostengo sia importante, in tema di rendicontazione sociale al territorio , raccontare il lavoro svolto dall’organizzazione dando un nome alle competenze ed alla professione degli operatori. Una eccessiva semplificazione in questa materia comporta, a mio avviso, il rischio di una narrazione riduttiva ed una percezione distorta del peso che hanno le cooperative sociali di inserimento lavorativo nella realizzazione di politiche di welfare e di politiche attive del lavoro. Ciò può generare, come conseguenza, disorientamento rispetto al ruolo del singolo nell’organizzazione, confusione sulle mansioni dei lavoratori e, soprattutto, disorganicità riguardante la gestione delle competenze, in ordine alle prospettive professionali di ciascuno ed in relazione al senso di appartenenza all’organizzazione. Quello che penso sia necessario, non è creare una declaratoria contrattuale, una rigida codifica dei ruoli svolti dai singoli soggetti, quanto, piuttosto, rendere percepibile ed apprezzabile la presenza di percorsi di responsabilizzazione, di ampliamento delle competenze, di crescita personale e professionale. 2.6 Fattori di gratificazione e di frustrazione della professione Il lavoro, particolarmente il lavoro sociale, ha a che fare sempre con l'identità personale, con le dinamiche relazionali, con l’elaborazione e la condivisione di idee e di prospettive. Le professioni d’aiuto, caratterizzate dall’intreccio tra la dimensione tipicamente individuale e soggettiva del limite e quelle dell’incertezza e dell'indeterminazione legate allo sviluppo dei rapporti interpersonali, mettono fortemente in risalto la necessità di riformulare periodicamente i percorsi, di rimettere in discussione le ipotesi e rielaborare i progetti, per fare spazio alla soggettività del singolo 43 che chiede riconoscimento . Un riconoscimento di sé e della propria professionalità e competenza investe in prima persona anche l’operatore. Riuscire a percepire il proprio lavoro come il ruolo di chi favorisce, vivendola anche personalmente, la sperimentazione di una socialità diversa, più ampia ed aperta, rappresenta un 41 Si vedano ad esempio: Gennaro Avallone et al., Il lavoro delle cooperative sociali, Cava de’ Tirreni, Marlin Editore, 2007 e Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi, (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010. 42 Si veda, sull’obbligo e sulle modalità di realizzazione del bilancio sociale : Deliberazione della Giunta Regionale FVG 9 ottobre 2008 n°1992 - LR 20/2006, art. 27 - Approvazione dell'atto d'indirizzo concernente i principi, gli elementi informativi e i criteri minimi di redazione del bilancio sociale, nonché la tempistica per l'adeguamento all'obbligo di redazione annuale da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi. 43 Si vedano, tra gli altri, sull’argomento, i già citati: Francesco d’Angella, Franco Floris (a cura di), L’integrazione sociolavorativa. Dal progetto individuale all’organizzazione che cura, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2000; Leonardo Callegari, Inclusione lavorativa e sociale delle persone svantaggiate. Cooperazione, mediazione e valutazione negoziale nelle buone prassi integrative, Bologna, C.S.A.P.S.A., 2009; Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi, (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010. 16 carattere fondamentale del lavoro dell’operatore dell’inserimento lavorativo. Il rapporto con le persone, l'intensità degli scambi affettivi e relazionali, insieme alla consapevolezza di svolgere un lavoro di promozione umana ed integrazione sociale, aiutano, ancora una volta, a riconoscere la peculiarità del proprio agire nella quotidianità. Proprio nella quotidianità del lavoro l’operatore raggiunge l’obiettivo, che è poi la mission di una cooperativa sociale di inserimento lavorativo, di sviluppare, attraverso la produzione di beni o servizi, la generazione di un senso più alto, di un risultato in termini di riattivazione di abilità e competenze e di restituzione di diritti. Attuando continue azioni di sostegno e supporto alle persone inserite nella esperienza lavorativa e al loro mettersi alla prova, sperimenta, nei fatti, una reale, profonda connessione tra teoria e prassi nell’ambito dell’inclusione lavorativa e nella realizzazione di percorsi di 44 riabilitazione, di riacquisizione, cioè, di abilità manuali, intellettuali, sociali, senso-motorie . Si tratta, quindi, di una figura fondamentale, di una risorsa capace di abilitare, di stimolare la capacità delle persone di interpretare la realtà, anche la propria realtà personale, e di attivare la loro 45 competenza ad intervenire in essa e su di essa per modificarla . Il riconoscimento da parte degli attori istituzionali e dei responsabili dell’organizzazione, troppo spesso, avviene in modo equivoco. Si sviluppano, più volte, processi di delega che, in assenza di momenti strutturali e strutturati di confronto e sviluppo, lasciano alle capacità personali del caposquadra nel destreggiarsi tra i problemi, il peso e la responsabilità di scelte ed azioni che 46 richiedono, invece, una forte condivisione dentro la cooperativa e con i servizi socio sanitari . Tra le cause maggiori di insoddisfazione e scoraggiamento, si può a mio avviso distinguere un comune denominatore rappresentato dall’ esperienza del sentirsi isolati e soli a fronteggiare situazioni che richiedono, invece, la partecipazione ad una disamina collettiva che avvenga nel riconoscimento del ruolo e delle competenze di ciascuno. La mancata o vaga definizione di una figura professionale, inserita in un contesto in cui le altre figure (assistenti sociali, medici, psicologi, educatori, per fare alcuni esempi) sono solitamente delineate in maniera precisa, pone alcuni rilevanti problemi: insorgere di aspettative disallineate rispetto agli altri attori, disorientamento rispetto al ruolo e alle mansioni, 47 frustrazione anche sul versante economico e su quello della crescita professionale. 44 Cfr: Francesco d’Angella, Abilitare alla vita attiva. Teorie in uso negli interventi di inserimento lavorativo, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, numero di giugno/luglio 2000 45 Cfr.: Francesco d’Angella, opera citata. 46 Rimando ancora una volta al documento: AA.VV., La figura del tutor per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: dal repertorio delle competenze alla definizione di un profilo professionale, in Costanza Fanelli et al. (a cura di), Mediazione per il lavoro di persone svantaggiate, dattiloscritto di progetto per Legacoopsociali – Inforcoop – Foncoop, Roma, 2009 47 Cfr: AA.VV., Il lavoro nel settore dei servizi sociali e le professioni sociali. Rapporto a cura della Fondazione IRSO (Istituto di ricerca intervento sui sistemi organizzativi), Milano, Febbraio 2009 17 CAPITOLO 3. Il senso del lavoro: pratiche efficaci di sviluppo 3.1 Quali leve l’organizzazione può implementare e potenziare Competenze e motivazioni degli operatori sono capitale basilare perché il lavoro in cooperativa si traduca in un'azione di recupero e valorizzazione dell'identità individuale e sociale di persone che hanno intrapreso un percorso di inclusione a partire da uno stato di svantaggio. 48 Orientare la governance della propria organizzazione a favorire l’espressione delle persone, mettendo a frutto la conoscenza acquisita nel tempo a partire dall’esperienza quotidiana, diviene, quindi, una scelta fondamentale. Un’opzione che richiede a chi ha funzioni di direzione e compiti di gestione delle risorse umane, la capacità di leggere le dinamiche che intercorrono fra aspettative delle persone e obiettivi dell’organizzazione, fra motivazione e risultato, fra lavoro del singolo e lavoro di 49 gruppo. Responsabilizzare e coinvolgere i lavoratori rispetto alla mission strutturale della cooperativa, in modo che trovino nel loro lavoro una soddisfazione al contempo professionale e personale, richiede di saper prendere decisioni strategiche rispetto alla comunicazione ed alla scelta di modalità di lavoro e di verifica sostanzialmente inclusive. Vanno realizzate prassi che, aiutando ad evitare il rischio di isolamento e la sensazione di lavorare in situazioni che non abbiano un ritorno in termini di crescita e di prospettiva, favoriscano anche il riconoscimento sociale della figura professionale e, insieme, la conoscenza e la valorizzazione del lavoro svolto dall’organizzazione stessa. Gli operatori dell’inserimento lavorativo rivestono un ruolo estremamente importante e delicato. Ad essi sono richiesti impegno e competenza, sia sul versante del trasferimento di abilità professionali alle persone svantaggiate, sia su quello che riguarda gli aspetti relazionali con le persone inserite, la attivazione della relazione d’aiuto, la gestione delle dinamiche di gruppo e degli eventuali conflitti. 50 È importante, come già avviene in alcune realtà , coinvolgere questi operatori (capisquadra, istruttori, responsabili di servizio, responsabili di produzione) in momenti periodici di incontro e verifica dei processi e percorsi di inserimento lavorativo. Ulteriori impulsi possono essere esercitati dall’organizzazione attraverso la proposta di percorsi di formazione, occasioni di confronto, opportunità di autovalutazione. Questi sono strumenti che, rendendo esplicito il nesso profondo tra progettualità ed esperienza, rappresentano un importante 51 veicolo di empowerment individuale ed organizzativo . La cooperativa investe, così, sul capitale umano. Dichiara di riconoscere la specificità del ruolo di chi svolge quotidianamente un’attività lavorativa gestendo una squadra di cui sono parte persone svantaggiate. Esplicita il valore aggiunto del proprio lavoro di inclusione; valore caratteristico, che non può essere basato solo su una supposta motivazione intrinseca e sul buon senso del singolo operatore. Mettere a frutto la formazione per lo sviluppo delle competenze degli operatori e per la crescita della propria organizzazione, richiede di riuscire a rendere sistematici e non semplicemente occasionali i momenti di apprendimento, conoscenza e confronto. Le difficoltà che sorgono non sono solo progettuali. Esiste un problema di sostenibilità economica, immediata e nel tempo, degli investimenti, in un mercato caratterizzato da una scarsità di risorse 52 finanziarie e da un’abbondanza di capitale umano . È fondamentale, però, giungere a modalità 48 Rispetto al termine governance, inteso come orientamento ed indirizzo dell’organizzazione, rinvio a quanto sostenuto da Luca Solari nel saggio: La gestione delle risorse umane e la governance. Un nesso decisivo”, in Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010. 49 Cfr: Francesco Liuzzi, Risorse umane o persone: la dimensione antropologica del rapporto persona – organizzazione, in Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010 50 Si veda, a tal proposito, Valerio Belotti (a cura di), Valutare il lavoro. Per una lettura critica degli inserimenti lavorativi dei soggetti in stato di dipendenza in Italia, Roma, CNCA, 2002. Pubblicazione nata da un finanziamento da parte del Fondo nazionale d’intervento per la lotta alla droga (art. 127 del DPR n. 309 del 1990) all’interno dei Progetti triennali di prevenzione e recupero dalle tossicodipendenze promossi e coordinati dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale per l’impiego. In questo progetto di ricerca ero coinvolto come referente della cooperativa sociale in cui lavoro. 51 Cfr: Marc A. Zimmerman, Empowerment e partecipazione della comunità. Un’analisi per il prossimo millennio, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, febbraio 1999. Tre i concetti fondamentali nella teoria dell’ empowerment di Zimmerman. Il controllo (capacità di influenzare le decisioni), la consapevolezza critica (comprensione del funzionamento delle strutture di potere e dei processi decisionali), la partecipazione (operare per ottenere risultati), applicati a tre diversi livelli: individuale, organizzativo, di comunità. 52 Cfr.: Federico Spazzoli, Anna Biffi, La gestione del personale nelle aziende non profit: la situazione attuale, in Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010. 19 operative che consentano di guardare “alla persona che lavora nella organizzazione non profit come elemento determinante per il vantaggio competitivo, economico, ma anche creativo e sociale della 53 azienda stessa” . Ciò non può avvenire, a mio avviso, se non per mezzo di procedure pensate e condivise con le altre cooperative sociali, attraverso i consorzi e le associazioni di rappresentanza, con i servizi del territorio e con gli enti formativi. Una rete che può garantire il coinvolgimento stabile 54 anche delle realtà più piccole ed utilizzare, con maggiore facilità, strumenti finanziati in linea con quanto stabilito nel campo dell’educazione degli adulti dalla Conferenza unificata Stato, Regioni e 55 Autonomie locali , che prevede, tra gli obiettivi, quelli relativi alla riconoscibilità delle competenze comunque e dovunque acquisite (nei percorsi di educazione degli adulti, nel lavoro, in altri contesti). Favorire un processo di elaborazione culturale e di apprendimento circolare che parta dall’esperienza sul campo, sviluppando riflessione ed approfondimento dei vari aspetti relativi all’inserimento 56 lavorativo , diventa un elemento sostanziale di consapevolezza e riconoscibilità della propria identità e della rendicontazione del proprio lavoro verso il territorio, i servizi e tutti i portatori di interesse. Agire sul piano della promozione e dell’attivazione di strumenti di crescita della propria compagine sociale significa, innanzitutto, potenziare ed implementare alcune leve che sono di stimolo in termini di consapevolezza, esperienza e responsabilità: promuovere lo sviluppo della percezione di autoefficacia delle persone, migliorando il senso di benessere ed il livello delle prestazioni; incoraggiare il lavorare su progetti, finalizzando e rendendo riconoscibile e valutabile il contributo di ciascuno e sperimentabile la connessione tra le diverse professionalità; istituire e sostenere l’équipe come antidoto alla solitudine ed al rischio di burn out dell’operatore, rinforzando il senso di appartenenza all’organizzazione; prevedere spazi privilegiati e modalità peculiari di confronto con gli altri e di potenziamento delle competenze. 3.2 Sviluppo dell’autoefficacia L’inserimento lavorativo si caratterizza, di fatto, come un pezzo specifico e fondamentale del percorso di inclusione sociale, di restituzione alla persona svantaggiata di abilità e risorse, non solo utili nel mondo del lavoro ma anche essenziali “per esercitare il proprio ruolo sociale, culturale e civile di 57 cittadino, esercitando i propri diritti e facendo fronte ai propri doveri” , per “esser messa in grado di provare e manifestare, in forme socialmente accettate, stima, considerazione, conflitti, affetti e 58 amori” . È un lavoro complesso, quello delle cooperative d’inserimento lavorativo, che richiede agli operatori una grande disponibilità a mettersi in gioco, un impegno continuo a migliorare le proprie abilità, a confrontare le proprie competenze, a condividere spazi, tempi, mezzi, idee, situazioni. Un compito che implica, per le persone che svolgono questa attività, una capacità di discernimento nelle diverse questioni che si trovano a gestire ed una solida fiducia nella propria capacità di misurarsi rispetto a differenti istanze o di esercitare determinati ruoli e mansioni in particolari contesti. Questo richiede, da parte dell’organizzazione, una forte attenzione a sostenere il senso di autoefficacia dell’operatore. L'autoefficacia può essere definita come la percezione, da parte dell’individuo, della propria capacità di riuscire a governare ed orientare le abilità cognitive, sociali, emozionali e comportamentali che 59 possiede, in maniera efficiente, per svolgere compiti specifici . Secondo quanto afferma Albert Bandura, per attivare il potenziamento di questa che definisce “capacità generativa”, ossia la capacità 53 Federico Spazzoli, Anna Biffi, opera citata. Cito, ad esempio, le attività formative finanziate dal Fondo Sociale Europeo, dalla legge 236/93 "Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione" e dalla legge 53/00 "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città" e dai nuovi Fondi Paritetici Interprofessionali. 55 Accordo del 2 marzo 2000 tra Governo, regioni, province, comuni e comunità montane per riorganizzare e potenziare l’educazione permanente degli adulti, nel quadro dei processi di decentramento delle competenze, nella realizzazione di un vero e proprio sistema di formazione permanente. 56 Cfr.: AA.VV. in Costanza Fanelli et al. (a cura di), opera citata. 57 Giovanni Zanolin, Se cade il principio della mutualità. Interrogativi della cooperazione sociale di inserimento lavorativo a se medesima, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, aprile 2000. 58 Giovanni Zanolin, opera citata. 59 Cfr.: Albert Bandura, Autoefficacia: teoria e applicazioni, Trento, Erickson, 2000 20 54 di organizzare elementi particolari in vista di un fine, è utile che le persone possano affrontare situazioni di difficoltà crescente in modo graduale. Avere la possibilità di osservare la condotta e lo stile di lavoro altrui, di mettersi alla prova, di verificare le proprie competenze e capitalizzare l’esperienza fatta, sono condizioni che contribuiscono in maniera sostanziale allo sviluppo, da parte dell’operatore, della capacità di reagire agli eventi in modo consapevole e responsabile, riuscendo a controllare sia le proprie reazioni emotive sia le circostanze ambientali esterne. L'abilità nel gestire i cambiamenti, la capacità di prevenire e anticipare i problemi sono messe alla prova continuamente, nella vita lavorativa di una persona. Richiedono, nel relazionarsi con la realtà, un atteggiamento proattivo che deriva dall’esperienza e che può essere facilitato e consolidato, all’interno di una cooperativa sociale, soprattutto attraverso azioni e strumenti di sviluppo orizzontale (allargamento della mansione, partecipazione a gruppi di progetto, assegnazione di incarichi temporanei) al fine di acquisire nuove capacità, accrescere lo scambio di informazioni e conoscenze, 60 sviluppare soluzioni . Elemento caratterizzante della cultura del mondo non profit è quello di “portare beneficio e aumentare 61 l’utilità per determinati gruppi di soggetti” . Non sono le motivazioni, dunque, di natura economica, vissute da queste organizzazioni come un vincolo, un mezzo, ma non come l’obiettivo finale, a favorire 62 la creazione di contesti che incoraggino l’utilizzo delle capacità acquisite, al fine di perfezionarle . Motivazioni, invece, di natura solidaristica, che vedono le persone ed i loro bisogni come fine, sono, anche in una cooperativa sociale di inserimento lavorativo, riscontrabili tra quelle di chi opera al suo interno. Persone che vivono il proprio lavoro con forte motivazione legata alla competenza ed alla autonomia, che prediligono rapporti di lavoro non formali, basati sul rispetto della competenza, su scambi di idee e di conoscenze, sono determinanti nel realizzare concretamente lo scopo ultimo 63 dell’organizzazione . Conoscenza di sé, verifica e corretta valutazione delle proprie capacità, comprensione ed attivazione delle abilità richieste dalle specifiche situazioni, capacità di selezionare, valutare ed integrare le informazioni sono elementi costitutivi dell’autoefficacia personale. Il loro sviluppo può essere favorito proprio dalla cultura di organizzazioni non profit, orientate alla valorizzazione delle persone ed al fare leva sull’incremento delle loro competenze, attraverso l’apprendimento sul campo e la formazione. Diventa, quindi, essenziale, in un sistema che voglia promuovere la crescita “come auto realizzazione 64 personale collegata al maturare di nuove esperienze, conoscenze, capacità” , che le persone vengano “opportunamente e continuamente formate non soltanto sui contenuti tecnici dell’attività ma 65 anche e soprattutto su quelli relazionali” . 3.3 Lavorare su progetti La capacità di dare una risposta a persone in stato di svantaggio è legata all’esser parte di una rete di attori sociali che, confrontandosi con situazioni di difficoltà, di povertà e di disagio estremamente articolate, riesce, valorizzando le abilità e le competenze di ciascuno, a promuovere ed attivare interventi di inclusione. All’interno di questa rete, le cooperative sociali sono fortemente chiamate a confrontarsi con i cambiamenti sociali. In particolar modo, le problematiche complesse, legate alla situazione di difficoltà del mondo del lavoro di questi ultimi anni, sollecitano, sempre più, le competenze degli operatori dell’ inserimento lavorativo a muovere verso prassi caratterizzate da disponibilità alla relazione, condivisione delle motivazioni e delle modalità operative. In relazione a “persone portatrici di bisogni complessi, il tema dell’inserimento lavorativo non è scisso da tutti gli altri aspetti della loro vita, per cui si rende sempre necessario avviare processi di presa in carico globale che coinvolgano competenze e funzioni diverse attraverso progetti individualizzati che 66 pongono al centro la persona” . 60 Cfr.: Marco Barazzetta, Favorire la crescita delle persone: sviluppo o carriera?, in Federico Spazzoli, Francesco Liuzzi (a cura di), Il personale nel non profit, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010. 61 Marco Barazzetta, opera citata. 62 Marco Barazzetta, opera citata. 63 Cfr.: Marco Barazzetta, opera citata. 64 Marco Barazzetta, opera citata. 65 Marco Barazzetta, opera citata. 66 Sonia Trapani, I percorsi dell’inserimento lavorativo, in Valerio Belotti (a cura di), opera citata. 21 Tra gli elementi di criticità, per chi lavora con persone svantaggiate, emerge particolarmente la difficoltà a mantenere il proprio ambito di azione ed a non essere coinvolto da richieste relative a 67 contesti differenti da quello lavorativo . “La carenza di reti strutturate, la “scomparsa” del servizio inviante dopo l’avviamento al lavoro e le aspettative delle persone nei confronti dell’organizzazione e dell’operatore di riferimento, appesantiscono spesso il processo di inserimento lavorativo dietro il quale emerge anche la richiesta delle persone di essere aiutate a strutturarsi una vita “normale” nella 68 comunità locale” . Un altro elemento critico è rappresentato dalla richiesta alla cooperativa sociale, di farsi carico direttamente, di situazioni personali derivanti dalla crisi del mercato del lavoro. Storie caratterizzate, in molti casi, da aspetti drammatici legati alla sensazione di fallimento personale, alla perdita di contrattualità sociale, relazionale ed economica. In particolare gli operatori dell’inserimento lavorativo si trovano ad accogliere nel gruppo di lavoro, oltre alle persone che rispondono ai criteri previsti dalla 69 legge sulle cooperative sociali , anche soggetti per i quali lo stato di difficoltà è determinato da fattori spesso concatenati, di ordine culturale, sociale ed economico. L’organizzazione ha il compito di supportare la funzione cruciale che si trovano a ricoprire gli operatori, adottando modelli di gestione che vadano verso il riconoscimento delle competenze, il sostegno alla formazione e lo sviluppo del ruolo. Il principale strumento, utile per valorizzare il lavoro degli operatori e insieme definire il limite e l’ambito di intervento dell’organizzazione, è la costruzione del progetto individualizzato di inserimento. È condiviso il concetto, rispetto alla persona svantaggiata, che il nodo dell’intervento sia rappresentato dal fatto “che il soggetto si trovi coinvolto in un progetto individuale dove sia dato un senso al tipo di 70 trattamento scelto e alla funzione dell’eventuale inserimento lavorativo” . Il progetto individualizzato di inserimento definisce gli obiettivi nell’ambito professionale lavorativo, nell’ambito relazionale e di sviluppo delle autonomie, stabilendo le tappe, le modalità e i tempi del percorso. In questa fase è importante il coinvolgimento di tutti gli attori a vario titolo interessati, per declinare e chiarire i contenuti ed i diversi aspetti del progetto, individuando le competenze peculiari di 71 ciascun soggetto . Le dinamiche relazionali che caratterizzano il lavoro su progetti possono favorire lo sviluppo di linguaggi condivisi, il miglioramento della capacità di ascolto e comprensione reciproci, la condivisione di orientamenti e l’assunzione di responsabilità rispetto alle scelte. Diviene, dunque, essenziale, per la cooperativa, implementare l’utilizzo di modelli progettuali, caratterizzati da interattività e circolarità del processi decisionali, che favoriscano, da parte degli operatori, una forte disponibilità a lavorare per obiettivi ed una flessibilità nel riorganizzare progressivamente il lavoro. Lavorare su progetti risulta fondamentale per gli operatori dell’inserimento lavorativo che vivono in prima persona, nella quotidianità, la profonda connessione tra pensiero ed azione. Essi, infatti, svolgono un ruolo la cui efficacia è fortemente condizionata dalla capacità di sostenere i percorsi di integrazione delle persone in stato di svantaggio, verificando insieme ad esse le difficoltà e le risorse 72 ed aiutandole ad affrontare i problemi e le richieste dell’ambiente lavorativo . Essere coinvolti nella costruzione, nella realizzazione e nella verifica dei progetti personalizzati di inserimento lavorativo, assume un valore caratteristico di condivisione degli obiettivi, delle fasi e delle prassi attuative, estremamente rilevante anche rispetto alla formazione continua delle proprie competenze ed alla consapevolezza del proprio ruolo. 67 Sonia Trapani, opera citata. Sonia Trapani, opera citata. Legge 381/91 art. 4:Nelle cooperative che svolgono le attività di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-bis, 47-ter e 48 della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari sociali, sentita la commissione centrale per le cooperative istituita dall'articolo 18 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni. 70 Sonia Trapani, opera citata. 71 Cfr.: AA.VV., in Costanza Fanelli et al. (a cura di), opera citata 72 Cfr.: AA.VV., Costanza Fanelli et al. (a cura di), opera citata 22 68 69 La precisazione delle finalità del progetto, la pianificazione delle attività e dei tempi, la condivisione di contesti e strumenti di verifica sono passi che vanno nella direzione di promuovere lo sviluppo di autonomia decisionale e di gestione responsabile dell’operatività. Competenze fondamentali per aprire e mantenere un confronto con i servizi socio sanitari, facendo conoscere ed apprezzare le risorse che si è in grado di mettere in campo, come singoli operatori e come cooperativa. Nella gestione dell’inserimento della persona al lavoro, il coinvolgimento in fase progettuale degli operatori va visto, quindi, come condizione basilare. La possibilità di strutturare il progetto secondo un modello flessibile, declinato sulle caratteristiche personali e sulla partecipazione attiva della persona inserita, attraverso una collaborazione sinergica tra servizi e cooperativa sociale, non può prescindere dalla presenza viva di chi ha la responsabilità diretta della presa in carico e dell’accoglienza nella attività di lavorativa di ogni giorno. È indispensabile mantenere una connessione ampia tra i diversi contesti (la casa, il lavoro, gli affetti, le competenze sociali) attraverso cui si muove il processo di riabilitazione, evitando che il lavoro finisca per essere “l’aspetto totalizzante a cui sono vincolati in modo esclusivo la riuscita e il fallimento, 73 l’entusiasmo e la frustrazione” . La riabilitazione, intesa non come “riempimento”, trasferimento di abilità dall’esterno nel soggetto, quanto piuttosto come un recupero ed un potenziamento delle capacità utili per un’attività 74 competente , richiede la predisposizione di luoghi e tempi dedicati al monitoraggio, in cui tutti i soggetti coinvolti nella gestione del progetto possano condividere pensieri e riflessioni sul raggiungimento di obiettivi, su difficoltà e criticità emerse. Lavorare su progetti, partendo da analisi ed obiettivi definiti in maniera partecipata, adottando modalità operative che consentano di valutare l’efficacia, l’impatto, la rilevanza sociale, l’efficienza e la 75 trasferibilità delle azioni messe in atto , significa, dunque, promuovere il dialogo tra soggetti appartenenti a differenti realtà, rendendo apprezzabili le diverse competenze e capacità. Creare le condizioni per la ridefinizione degli obiettivi e delle modalità concordate, prendendo in considerazione ulteriori elementi intervenuti nel contesto, rappresenta uno dei punti qualificanti del lavorare su progetti. I progetti di inserimento lavorativo, particolarmente, non possono essere oggetto solo di una misurazione di tipo oggettivo/quantitativo rispetto al raggiungimento di obiettivi di produzione, alle 76 abilità acquisite dalle persone inserite nella squadra di lavoro , limitando la valutazione di aspetti qualitativi legati allo sviluppo delle competenze relazionali e dell’autonomia, ad un livello intersoggettivo, tra operatore dell’inserimento lavorativo e persona svantaggiata o tra persona svantaggiata ed operatore del servizio di riferimento. Richiedono, invece, il coinvolgimento, di più soggetti: la persona inserita, i familiari, l’operatore dell’inserimento lavorativo, il responsabile dei progetti della cooperativa, gli operatori dei servizi di riferimento ed i responsabili dei servizi stessi. Come scrive Francesco d’Angella: “L’accompagnamento al lavoro è sempre contestuale e intercontestuale e non interindividuale. Soltanto se si riescono a creare contesti pertinenti di accompagnamento e questi contesti riescono a dialogare tra di loro, è possibile impostare un 77 processo di abilitazione” . 3.4 L’équipe come antidoto alla solitudine ed al burn out L’attività lavorativa in squadre di lavoro, funzionale e necessaria allo svolgimento di un servizio od alla produzione, è il tempo quotidiano durante il quale le persone svantaggiate incontrano il lavoro. È un terreno in cui, tra le persone, avviene la costruzione di relazioni importanti, cariche di significato e dove, attraverso processi di collaborazione, apprendimento sul campo, confronto con le difficoltà, si 73 Francesco d’Angella, opera citata Cfr.: Francesco d’Angella, opera citata 75 Cfr.: Liliana Leone, Miretta Prezza, Costruire e valutare i progetti nel sociale, Milano, Franco Angeli, 2003. 76 È degno di nota, a tal riguardo, il contratto collettivo di carattere aziendale riguardante le unità produttive delle province di Pordenone, Gorizia e Udine siglato il 19/12/2008 tra il C.O.S.M. – Consorzio Operativo Salute Mentale di Udine e le Organizzazioni Sindacali. Al fine di meglio definire le condizioni per l’erogazione del premio di produttività agli addetti al servizio di igiene ambientale presso le strutture ospedaliere ed i distretti sanitari, per quanto attiene gli incarichi tipici del comparto della cooperazione sociale, prevede due tipologie: TUTOR DI POSTO addetto cui viene assegnato l’incarico di affiancare fino a due persone nello svolgimento del servizio; TUTOR DI CANTIERE addetto cui viene assegnato l’incarico di affiancare oltre due persone nello svolgimento del servizio. Per tali soggetti vengono specificate e valorizzate condizioni di erogazione del premio di produttività che tengono conto delle specificità proprie della cooperazione sociale di inserimento lavorativo. 77 Francesco d’Angella, opera citata 23 74 sperimenta l’accrescimento di abilità pratiche nell’adempiere ad un compito, lo sviluppo di autonomia nello svolgere una mansione. Si tratta di una situazione in continua evoluzione e di forte coinvolgimento emotivo la quale richiede all’operatore, che ha contemporaneamente funzione di tutor e di caposquadra, di adottare un approccio attento e dinamico, orientato alla valorizzazione della persona ed alla condivisione in gruppo dei problemi. “L’inserimento lavorativo è, ormai, parte integrante del percorso di riabilitazione al pari di altre tipologie 78 di intervento” . L’esigenza, manifestata più volte da parte degli operatori, di avere a disposizione strumenti di lavoro adeguati, di essere aiutati a sviluppare competenze di natura educativa e 79 relazionale , deve trovare risposta nella capacità dell’organizzazione di analizzare il proprio fabbrisogno di competenze e di pensarsi come sistema che apprende; capace, quindi, di connettere ed integrare conoscenze, saperi, esperienze individuali, in un’ottica di trasformazione in un contesto di 80 continuo cambiamento . L’attivazione e la valorizzazione dell’équipe, intesa come luogo di collaborazione, confronto e condivisione attiva di finalità e metodologie di lavoro, sono un investimento fondamentale da parte della cooperativa di inserimento lavorativo. Va riconosciuto come oggi, nel sociale, l’équipe sia considerata come luogo imprescindibile del lavoro 81 di ciascun operatore. Un luogo in cui “individuare strumenti e linguaggi comuni” , in cui raccordare gli interventi, produrre e verificare la coprogettazione. L’essere parte attiva in un processo evolutivo di costruzione e trasformazione, per uno scopo comune, a partire da bisogni condivisi, in una condizione di riconoscimento reciproco che valorizzi le risorse, le energie ed i contributi di ciascuno, è caratteristica peculiare delle professioni d’aiuto. Ciò vale in modo particolare in un’organizzazione come quella delle cooperative sociali di inserimento lavorativo, per il cui funzionamento riveste 82 fondamentale importanza la condivisione della mission da parte dei soci lavoratori. Alcuni fattori di criticità a cui ho già accennato, quali la delega in assenza di un confronto strutturato, la sensazione di isolamento e la difficoltà a vedere riconosciuti i confini delle proprie competenze, 83 rischiano di ingenerare una percezione di sé e del proprio lavoro come sotto assedio . Una rappresentazione che facendo “credere che tocchi a noi risolvere i problemi e risolverli al meglio, in 84 modo tecnicamente ineccepibile, e che possiamo farlo da soli” , rafforza la tendenza ad assolutizzare la propria visione sulla situazione e sulle soluzioni, “a concentrarsi subito sulle cose da fare per evitare 85 di stare nell’incertezza del non sapere ancora che cosa avrebbe più senso fare in quella situazione” . Perché la squadra di lavoro, in cui sono inserite le persone svantaggiate, possa essere vissuta come un “luogo di ritessitura di quell’insieme di relazioni, significati e pratiche che creano uno «spazio sociale sperimentale» in cui le persone possono esercitarsi in percorsi di autostima, empowerment, autoprogettualità, proprio mentre partecipano alla costruzione di un’impresa collettiva di esercizio 86 democratico dei poteri” , è necessario, per l’organizzazione, investire in strumenti di partecipazione attiva. L’équipe, il gruppo di lavoro, deve caratterizzarsi proprio come uno spazio dedicato; luogo di condivisione, di conoscenza, di apprendimento partecipativo in cui ogni singolo operatore può trovare 87 spazio per arginare il rischio di burn out . La frustrazione ed il senso di impotenza che derivano dal peso di una delega vissuta come totale rispetto alle persone di cui si è responsabili, la percezione di essere soli, con un carico eccessivo di responsabilità, rischiano di far smarrire il senso ed il significato 78 Sonia Trapani, Le relazioni tra operatori e utenti nell’attività di mediazione al lavoro e di presa in carico, in Valerio Belotti (a cura di), opera citata. 79 Cfr.: Sonia Trapani, opera citata. 80 Sul tema dell’organizzazione come sistema che apprende, cfr. : Daniele Callini, Organizzazioni allo specchio, Faenza, Tempo al Libro, 2010 81 Alessandro Sicora, Errore e apprendimento nelle professioni d’aiuto, Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010 82 Cfr.: Giovanni Zanolin, opera citata. 83 Cfr.: Franca Olivetti Manoukian, Re/immaginare il Lavoro Sociale. Appigli per una nuova progettualità, Torino, Edizioni Gruppo Abele, 2005. 84 Franca Olivetti Manoukian, opera citata. 85 Roberto Camarlinghi e Francesco d’Angella, Come lavorare insieme tra operatori, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, ottobre 2008. 86 Piergiulio Branca, Cristiano Castelfranchi, Marco Cerri, (a cura di) , Dall’inserimento lavorativo all’integrazione sociale, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, marzo 2000. 87 Il termine burn out, usato per la prima volta dallo psicologo Herbert Freudenberger, definisce un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente e che possono essere raggruppate in tre componenti: esaurimento emotivo, depersonalizzazione, ridotta realizzazione personale. Si veda: Christina Maslach, La sindrome del burnout. Il prezzo dell'aiuto agli altri, Assisi, Cittadella Editrice, 1997. 24 del proprio lavoro, di nascondere la potenzialità delle persone, alimentandone invece la passività e la dipendenza nella ripetitività quotidiana dei compiti e delle mansioni. Il lavoro in équipe si fonda proprio sulla consapevolezza di avere obiettivi comuni e condivisi. Sentirsi parte di una comunità professionale vissuta come luogo di azione, di corresponsabilità, di accompagnamento e di educazione reciproca rappresenta, in maniera particolare per chi lavora nelle relazioni d’aiuto, un elemento protettivo rispetto al rischio di una diminuzione del sentimento di autoefficacia e di 88 competenza legato alla solitudine ed alla scarsa motivazione . Essere parte attiva in un gruppo permette di mettersi in discussione, di dare il giusto peso ai problemi ed alle varie conflittualità, di 89 cooperare producendo “insieme idee e intuizioni generatrici di progettualità e imprenditorialità” . 3.5 Altravisione ed intervisione: oltre la supervisione Favorire la condivisione di approcci, metodi ed esperienze, in un’ottica di miglioramento degli ambienti e degli strumenti di lavoro, implica che la cooperativa riesca a strutturare un sistema efficace ed efficiente di supporto alle capacità professionali e personali dei lavoratori. Ciò può avvenire anche attraverso programmi di formazione trasversale e condivisa tra più soggetti del privato sociale, che 90 consentano di creare una cultura organizzativa condivisa . Uno degli ostacoli maggiori all’implementazione di strumenti formativi, di monitoraggio e sviluppo delle competenze relazionali degli operatori che gestiscono percorsi di inserimento lavorativo è rappresentato dalla superficiale etichettatura di termini come équipe, supervisione, relazione d’aiuto, come strumenti esclusivi dell’ambito dei servizi socio assistenziali ed educativi. È pur vero che l’esperienza della cooperazione di inserimento lavorativo subisce, a volte, un’impropria collocazione nell’alveo delle politiche socio assistenziali (laboratori occupazionali protetti, ammortizzatori del disagio) che rende faticoso il suo riconoscimento come soggetto qualificato nell’ambito delle politiche attive del lavoro, come strumento per la formazione in situazione, per la promozione dell’accesso al 91 mercato del lavoro delle persone svantaggiate e come luogo di lavoro reale . Ciò, per reazione, può aver suscitato, in molti casi, complice anche la riduzione dei contributi pubblici e degli affidamenti di servizi alla cooperazione sociale, una diffidenza ed una pretesa di riconoscimento aprioristico della componente sociale del proprio lavoro. Un atteggiamento che risulta, di fatto, controproducente. La sfida raccolta fin dall’inizio dalla cooperazione sociale di inserimento lavorativo, di riuscire a coniugare imprenditorialità ed inclusione lavorativa, di rendere esperienza viva la riattivazione di abilità e di contrattualità sociale delle persone svantaggiate, passa, oggi, attraverso l’implementazione di modelli di governance attenti alla qualità del lavoro ed alla conciliazione vita/lavoro. È sentito il bisogno di azioni che puntino al coinvolgimento dei lavoratori ed alla loro crescita professionale e 92 personale . Per vedere riconosciuto il valore aggiunto, tipico del lavoro di inclusione, è necessario dotarsi di strumenti adeguati e di modalità operative che arginino il rischio di isolamento ed autoreferenzialità, dell’operatore come dell’organizzazione stessa e servano, inoltre, a “costruire 93 fidelizzazioni al prodotto sociale (ovvero gli inserimenti lavorativi)” dei committenti, siano essi pubblici o privati. “Il lavoro sociale non è un lavoro che può essere realizzato in solitudine da un singolo operatore o da 94 un singolo servizio che interviene su un utente o per un utente” . La condivisione delle letture dei problemi, la co-costruzione di percorsi operativi sono parte, però, di un processo per nulla spontaneo, 95 che richiede impegno . Occorre imparare a lavorare con gli altri, affrontare le situazioni mettendo a punto interventi condivisi. In questo senso occorre innanzitutto evitare di ridurre l’esigenza esistenziale di incontro e dialogo tra 96 operatori ad un mero scambio di idee, come si trattasse di prodotti di consumo. 88 Stefano Gheno, La motivazione: un requisito o il frutto di un percorso? in Federico Spazzoli e Francesco Liuzzi, opera citata. Piergiulio Branca, Cristiano Castelfranchi, Marco Cerri, opera citata. 90 Cfr.: Marco Galbiati, Reward nel non profit, in Federico Spazzoli e Francesco Liuzzi, opera citata. 91 Cfr.: Sonia Trapani, opera citata. 92 Cfr.: Marco Galbiati, opera citata. 93 Francesco d’Angella, Daniele Marini, opera citata. 94 Franca Olivetti Manoukian, opera citata. 95 Cfr.: Roberto Camarlinghi e Francesco D’Angella (a cura di), Perché è importante lavorare con gli altri?, in Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, ottobre 2008 96 Cfr.: Paulo Freire, L’essenza dell’educazione come pratica di libertà, in: Animazione Sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, gennaio 1998 25 89 In un’ottica di formazione continua, di circolarità tra riflessione ed azione, lo strumento della supervisione in équipe può divenire, per l’operatore, il luogo in cui avere l’opportunità per riflettere sui diversi stili di comportamento, per condividere considerazioni sulle modalità con cui vengono prese le decisioni, confrontarsi su come si esercitano le responsabilità, discutere la specificità del proprio ruolo professionale. La supervisione, intesa come strumento di trasformazione e di crescita personale e professionale, si connota, nell’ambito educativo e delle professioni d’aiuto, come supporto peculiare alla persona, “anche in termini di fronteggiamento degli eventi critici rappresentati dal percorso d'individuazione/qualificazione professionale e dalle situazioni di socializzazione lavorativa legate agli 97 specifici contesti organizzativi in cui opera.” La riflessione all’interno del gruppo di lavoro, sotto la guida di una figura di accompagnamento, rientra a pieno titolo tra le attività di formazione continua ed esperienziale degli operatori. L’attenzione di chi ricopre il ruolo di facilitatore deve essere volta a stimolare, tra gli operatori, confronti, riflessioni ed elaborazioni personali a partire da situazioni vissute, che possono divenire opportunità di 98 apprendimento . A questo proposito, in una prospettiva di formazione e riconoscimento del ruolo di operatore 99 dell’inserimento lavorativo, può essere utile, a mio parere, il concetto di altravisione , proposto da Antonio Caruso per sottolineare alcune differenze sostanziali con la supervisione. La considerazione da cui parte l’autore è che spesso “l’attività di riflessione viene condotta da un professionista con una competenza non paragonabile a quella dei supervisionati, per esempio uno psicologo non ha gli 100 strumenti e la conoscenza di un infermiere, di un educatore, di un medico” . La definizione di supervisione è riservata alla relazione tra due professionisti, uno dei quali è più esperto, con la stessa professionalità, lo stesso modello teorico di riferimento, organizzata intorno alla riflessione circa il lavoro del meno esperto. La competenza richiesta al professionista, nel nostro caso, non è quella di “saperne di più” degli operatori che incontra, ma quella di stimolare il processo di sviluppo della creatività delle persone, introducendo la possibilità di punti di vista “altri” sul problema o sulla situazione che si sta discutendo e di facilitare la capacità delle persone di cogliere nessi, legittimando la specifica professionalità di ognuno, al di fuori da un contesto gerarchicamente connotato. Un ulteriore approccio tipico alla formazione esperienziale è costituito dai gruppi di intervisione. Utilizzato in particolare nella scuola e nei gruppi di auto mutuo aiuto, condivide con l’altravisione la discussione su questioni, problemi o tematiche analoghe e lo scambio di esperienze. La peculiarità dell’intervisione si concretizza però, soprattutto nell’esperienza scolastica, attraverso la realizzazione di brevi visite reciproche di conoscenza nei rispettivi luoghi di lavoro. Durante queste visite, in base a punti stabiliti insieme in precedenza, l’operatore ospitato osserva in modo finalizzato un determinato campo. Le osservazioni annotate costituiscono la base per la riflessione e valutazione comuni. L’obiettivo dell’intervisione è quello di far nascere nuove idee e proporre nuovi stimoli, attraverso lo 101 scambio di esperienze e l’apprendimento reciproco . L’attivazione di scambi di intervisione nelle squadre di lavoro può agire sulla convinzione di autoefficacia degli operatori, che vedono riconosciuta la loro competenza personale nel leggere le situazioni e nel progettare e valutare insieme nuove modalità operative. 97 Giuseppe Scaratti, Ornella Fusè , Anna Bertani, (a cura di), La supervisione dell'educatore professionale, Milano, Franco Angeli, 1999. 98 Piergiorgio Reggio, Il quarto sapere. Guida all'apprendimento esperienziale, Roma, Carocci, 2011 99 Antonio Caruso, Altravisione: una posizione nella conversazione terapeutica fra teoria sistemica e teoria socio-costruzionista, in “Connessioni” settembre 2002 100 Antonio Caruso, opera citata. 101 Sulle pratiche di intervisione nel counselling: http://www.focusing.it/Inter-visione.html ultimo accesso 31/01/12. Intervisione nei gruppi di Auto Mutuo Aiuto: http://www.comune.cremona.it/bd_ui-viewContent-id_info_form-1232.phtml ultimo accesso 31/01/12. Intervisione nella scuola: Dipartimento dell’educazione, della cultura e della protezione dell’ambiente. Ufficio per la scuola popolare e scuola dell’infanzia della Confederazione Elvetica http://www.gr.ch/DE/institutionen/verwaltung/ekud/avs/Volksschule/lehrpersonen_hospitation_empfehlungen_it.pdf ultimo accesso 01/02/12 26 La promozione e l’integrazione di occasioni di formazione esperienziale e di riflessione condivisa tra operatori è una delle leve attraverso cui la cooperazione sociale di inserimento lavorativo può riuscire a coinvolgere i suoi operatori nel dare impulso a nuove progettualità e nel far conoscere, nelle istituzioni e nel territorio, la peculiarità ed il valore aggiunto della propria mission. 27 CAPITOLO 4. La formazione sul campo e la formazione teorica 4.1. Formazione: riconoscimento del ruolo Il ruolo degli operatori dell’inserimento lavorativo all’interno delle cooperative sociali, che ho cercato di raccontare in queste pagine, si svolge in un contesto specifico. La gestione di una squadra di lavoro, all’interno della quale sono inserite persone svantaggiate, richiede, come già accennato, capacità di relazionarsi con gli altri per rispondere alle esigenze della situazione lavorativa, soddisfare le richieste specifiche del cliente, confrontarsi con le difficoltà delle persone con cui si lavora. Un contesto la cui la complessità, fatta di persone da gestire, macchine e strumenti da utilizzare, regole, tempi e procedure, spesso rigidi, da rispettare, richiede di dedicare tempo alla riflessione sul proprio agire lavorativo e sulle proprie esperienze professionali per apprendere da essi. La formazione, intesa come processo di acquisizione e sviluppo di strumenti e di abilità relazionali che favoriscano l’autoefficacia degli operatori e promuovano la legittimazione ed il consolidamento del ruolo, soprattutto attraverso il rafforzamento di metacompetenze (capacità di riflettere su di sé e sul proprio modo di entrare in relazione con i colleghi, i clienti, le altre figure sociali e professionali coinvolte), è sicuramente parte integrante dello sviluppo personale e professionale di operatori che lavorano quotidianamente con persone in difficoltà. È necessario realizzare una “formazione 102 generativa” . Una formazione che, oltre a rafforzare le competenze delle persone, si rivolga alla loro domanda di significato, alle loro esigenze di motivazioni più profonde, al bisogno di conferire senso al 103 proprio fare . Sono convinto che la formazione sulle specifiche competenze della relazione d’aiuto possa davvero rappresentare un modo per realizzare “la conciliazione e la reciprocità tra tensioni realizzative delle 104 persone e delle organizzazioni” . Da più parti viene l’invito alla cooperazione sociale ad investire sul capitale umano ed intellettuale, ad implementare le capacità delle proprie organizzazioni per favorire l’innovazione, a divenire creatrice di conoscenza, comprovando la centralità del patrimonio di risorse non materiali costituito dalle competenze individuali e di gruppo fortemente legate alla concreta 105 esperienza di lavoro . “È l’irriducibile complessità dei contesti e delle pratiche di lavoro che stimola la costante ricerca di soluzioni inedite ai problemi che di volta in volta individui e gruppi si trovano a dover fronteggiare; a loro volta, tali soluzioni, se riconosciute rilevanti e pertinenti e se assunte nei comportamenti lavorativi consueti, costituiscono un effettivo «valore aggiunto» cognitivo ed esperienziale. È questo processo incessante che garantisce lo sviluppo delle competenze 106 professionali” . Questo stesso processo può favorire lo sviluppo di pratiche innovative che consentano alla cooperazione sociale di inserimento lavorativo di affermare la propria identità ed affrontare le sfide prodotte dal modificarsi delle condizioni del mercato del lavoro, senza disperdere il patrimonio di competenze individuali e collettive; riaffermando, invece, con forza, la centralità e la specificità della propria mission, valorizzando e rendendo riconoscibile la propria presenza come risorsa peculiare nel territorio in cui opera. Formazione sul campo e formazione teorica sono tra loro profondamente intrecciate in ambiti quali il lavoro sociale e le professioni d’aiuto. Si tratta di contesti dove l’operatore è chiamato a confrontarsi di continuo con l’incertezza, a riconoscere la coesistenza di differenti modi di leggere la realtà e la 107 compresenza di diverse fonti legittime di conoscenza . È nella circolarità continua tra teoria e pratica, nel vivere la centralità della relazione, che si costruisce la competenza professionale come prodotto di un processo di negoziazione che non si delinea come risultato di una intervento formativo limitato ed a breve termine, ma come processo di apprendimento continuo e partecipativo. Gli aspetti che caratterizzano il contesto della squadra di lavoro in una cooperativa sociale di inserimento lavorativo, visti dalla prospettiva dell’operatore “non sono tutti leggibili attraverso modelli esplicitabili e tendenti 102 Stefano Gheno, La formazione generativa. Un nuovo approccio all’apprendimento e al benessere delle persone e delle organizzazioni, Milano, Franco Angeli, 2010 103 Cfr.: Daniele Callini, opera citata. 104 Daniele Callini, opera citata. 105 Cfr.: Domenico Lipari, Progettazione e valutazione nei processi formativi, Roma, Edizioni Lavoro, 2009 (terza edizione). 106 Domenico Lipari, opera citata. 107 Cfr.: Silvia Fargion, I linguaggi del servizio sociale. Il rapporto teoria-pratica nelle rappresentazioni del processo di lavoro degli assistenti sociali, Roma, Carocci, 2002. 29 108 alla razionalità” . È “un contesto nel quale accadono cose cui bisogna far fronte; in cui si deve parlare continuamente con altri per spiegare il proprio modo di vedere; in cui ci si deve conformare a delle regole; in cui è necessario comprendere il significato dei termini anche gergali che vengono usati; in cui bisogna riuscire a crescere in competenza ed in capacità di dimostrare la propria 109 competenza” . La capacità dell’operatore, “di adattarsi e riadattarsi alle dinamiche evolutive del contesto lavorativo, 110 costruendo e trasformando continuamente i propri modelli di conoscenza e di azione” attraverso la disponibilità al confronto, è una metacompetenza che può essere favorita dall’organizzazione attraverso la proposta di un percorso formativo che abbia la finalità di implementare strumenti per la crescita delle relazioni nel contesto professionale, attivando modalità cooperative di apprendimento nonché agevolando l’incontro tra esperienze differenti e la collaborazione tra operatori. 4.2 Le competenze professionali dell’operatore dell’inserimento lavorativo All’operatore dell’ inserimento lavorativo è affidato un ruolo complesso, fatto di responsabilità e compiti che troppo spesso restano impliciti, rischiando di non essere adeguatamente conosciuti e valorizzati. Lo scopo che mi prefiggo, nel descrivere i diversi punti che compongono tali responsabilità e tali compiti, è quello di far emergere le competenze e le abilità trasversali che l’operatore è chiamato a 111 mettere in atto. L’esigenza, espressa da parte degli stessi operatori anche in momenti formali di indagine e conoscenza, di poter disporre di strumenti più adeguati alla loro attività, in particolar modo ulteriori competenze di natura educativa e relazionale, trova solo in alcuni casi una risposta, caratterizzata, il più delle volte, da discontinuità, frammentazione, occasionalità, legata ai tempi ed alla disponibilità del responsabile degli inserimenti lavorativi che, frequentemente, nelle cooperative di dimensioni più piccole, ricopre più incarichi. Chi accoglie nella squadra di lavoro la persona svantaggiata, svolge un ruolo di accompagnamento in ingresso estremamente delicato. Presenta il lavoro, l’ambiente e la squadra, affida mansioni, segue lo svolgimento dell’ addestramento operativo, sperimenta ed è testimone degli sforzi e della fatica, dei progressi e delle difficoltà della persona. Il coinvolgimento dell’operatore nel discutere la fattibilità del progetto di inserimento lavorativo, si concretizza, spesso, nel mero concordare le modalità di avvio di un percorso progettato e deciso altrove, da attori “qualificati”. Nello svolgere l’accompagnamento all’attività lavorativa di ciascuna persona inserita all’interno della squadra o del gruppo di lavoro, l’operatore dell’inserimento lavorativo si trova ad essere un osservatore con un punto di vista peculiare. È l’attore che, agendo all’interno del sistema, partecipa alla costruzione delle relazioni individuali e di gruppo ed è responsabile, in prima persona, del lavoro svolto dal gruppo e della gestione del clima relazionale. I molteplici fattori che possono influenzare la gestione della squadra di lavoro e delle persone inserite al suo interno, richiedono attenzione ai tempi di lavoro, comprensione delle difficoltà dell’altro, controllo costante della qualità del lavoro svolto, capacità di affrontare imprevisti, consapevolezza nell’effettuare scelte. Come per tutti gli operatori sociali, la professionalità dell’operatore dell’inserimento lavorativo “viene costruita nel processo di 112 comprensione della situazione” . L’attenzione al punto di vista dell’altro, la gestione delle dinamiche all’interno del gruppo di lavoro per la costruzione di un modo condiviso di leggere il contesto ed affrontare e risolvere i problemi, sono elementi tipici delle professioni di aiuto. Elementi che richiedono, per continuare a rendere efficace l’azione dell’operatore e limitare il rischio, per lui, di sentirsi inadeguato, non sostenuto, di perdere di vista la finalità ultima del proprio lavoro, l’attivazione di percorsi dedicati alla supervisione, alla crescita ed all’aggiornamento delle competenze trasversali. 108 Massimo Tomassini, La riflessività dei professionisti della formazione. Verso lo sviluppo di pratiche riflessive in contesti di formazione professionale, in Claudia Montedoro e Dunia Pepe (a cura di), Le pratiche e i modelli della riflessività nella formazione, Milano, Franco Angeli, 2008. 109 Massimo Tomassini, opera citata. 110 Dunia Pepe, Le metacompetenze nella società della conoscenza: l'individuo e la costruzione del sapere, in FORMAZIONE&CAMBIAMENTO Webmagazine sulla formazione, Anno III, Numero 17, marzo 2003.: http://db.formez.it/StoricoArchivioNews.nsf/32a55ad9e95dbc50c1256ebc003de1e3/2d74506f1d620865c1256ced003661ed?Op enDocument . ultimo accesso 18/02/2012 111 Cfr.: Sonia Trapani, Le relazioni tra operatori e utenti nell’attività di mediazione al lavoro e di presa in carico, in Valerio Belotti (a cura di), opera citata. 112 Vanna Riva, A proposito del mito della professionalità. Dalla professionalità come applicazione pratica alla co-costruzione di soluzioni, in Animazione sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, dicembre 2011 30 Non è corretto, ritengo, considerare l’operatore solo come un testimone privilegiato, del quale rilevare i racconti o le impressioni in momenti informali o specifici (davanti alla macchina del caffè o nella compilazione di questionari). Ridurre solamente a questo tipo di azioni il suo coinvolgimento ha l’effetto di sminuire il valore della sua professionalità e di non supportare l’accrescimento delle competenze tipiche della relazione d’aiuto che egli mette in atto, considerandole come inclinazioni personali più o meno utili. Occorre pensare invece a modalità di coinvolgimento e di riconoscimento del ruolo attivo che questa figura professionale svolge, non solo all’interno dell’organizzazione di cui fa parte, ma anche nei confronti dei servizi e della rete sociale nel territorio. La partecipazione dell’operatore al monitoraggio, alla valutazione in itinere, alla proposta di modifiche, correzioni, cambiamenti, durante il percorso di inserimento lavorativo della persona svantaggiata, implica la messa a punto di prassi che presuppongano la scelta, da parte della cooperativa, di un modello di governance inclusivo. La creazione di spazi e tempi di confronto, la realizzazione di percorsi formativi dedicati, rendono concreto e condiviso il riconoscimento di come le abilità e le competenze relazionali, nell’ambito professionale, necessitino, per essere veicolo di empowerment individuale e, insieme, patrimonio dell’organizzazione, di un continuo processo di crescita e maturazione. Nelle realtà in cui ciò avviene, l’adozione e lo sviluppo di criteri corretti di delega ed assunzione di responsabilità, evitando di circoscrivere la gestione dell’inserimento ad una relazione a due tra la persona inserita ed il caposquadra, concorre a promuovere la motivazione al lavoro dell’operatore, sia come realizzazione espressiva di sé, sia come spinta generativa alla realizzazione, 113 attraverso il lavoro, di una condizione nuova . Occorre certamente, per sostenere il lavoro dell’ operatore, del caposquadra, “prevedere, dentro 114 l’organizzazione, momenti di incontro e verifica strutturati e periodici in forma di équipe” . Occorre soprattutto, a mio modo di vedere, progettare e rendere organica una prassi di formazione continua. Un percorso che possa configurarsi, attraverso modalità collaborative di apprendimento e lavoro cooperativo, come sviluppo di competenze trasversali e di una cultura condivisa; come occasione di conoscenza ed approfondimento, attraverso, anche, incontri programmati con esperti, operanti nella rete sociale territoriale, delle problematiche correlate ai differenti tipi di disabilità e svantaggio e delle modalità operative dei servizi sociali e sanitari del territorio. Flessibilità, visione d’insieme, capacità di prendere decisioni e trovare soluzioni innovative ad eventi imprevisti, interagendo positivamente con gli altri attraverso uno stile di comunicazione assertivo, capacità di gestire le proprie emozioni e far fronte allo stress. Competenze trasversali di tipo cognitivo, relazionale, affettivo che vanno intese nella loro intrinseca e continua evoluzione, attraverso la 115 capacità del soggetto di contestualizzare l’esperienza. Diviene fondamentale riuscire ad attivare un processo formativo che aiuti a mantenere vive le competenze ed a sviluppare la continua rielaborazione e la condivisione di pratiche tra operatori. Occorre tenere presente che “ogni condotta pratica è sempre alimentata da un bagaglio ritenuto coerente (perciò teoria) di conoscenze più o meno sistematiche che, a loro volta, orientano la pratica 116 e, al tempo stesso, dalla pratica (cioè dall’esperienza) sono arricchite e trasformate” . La costruzione di prassi relazionali inclusive nel gruppo di lavoro, l’attenzione alla persona ed al suo percorso di riacquisizione di autonomia e abilità, il coinvolgimento nella pianificazione e nella gestione dello spazio e del tempo di lavoro, all’interno di una cooperativa sociale non si limitano ad esprimere l’attenzione dell’ organizzazione alle esigenze dei lavoratori ed al clima aziendale ma costituiscono terreno specifico di lavoro per gli operatori e rappresentano il valore aggiunto caratteristico. La formazione viene ad assumere, perciò, un ruolo importante di valorizzazione ma anche e soprattutto d’identificabilità e verificabilità, delle competenze specifiche delle professioni d’aiuto che concorrono a realizzare la mission dell’inclusione lavorativa di persone svantaggiate. Mi soffermo, di seguito, in particolare, su alcuni compiti che riguardano l’operatore dell’inserimento lavorativo. La conduzione di colloqui formali ed informali nel momento di accoglienza ed in quelli di verifica con la singola persona e con gli operatori dei servizi di riferimento, insieme alla gestione delle 113 Cfr.: Stefano Gheno, opera citata. AA.VV. in Costanza Fanelli et al.(a cura di), opera citata. 115 Cfr: Luciano Galliani, opera citata 116 Domenico Lipari, Ricontestualizzare l’azione formativa. Tracce per una discussione, in “Professionalità”, Brescia, Editrice La Scuola, marzo-aprile 2003 31 114 dinamiche nel gruppo o nella squadra di lavoro e lo svolgimento dell’attività di tutoraggio in situazione, identificano spazi ed elementi di competenza, rappresentativi della delicatezza e della complessità del ruolo svolto da quegli attori fondamentali all’interno della rete dei servizi di inclusione sociale e lavorativa che sono i capisquadra, gli istruttori, i responsabili di servizio, i responsabili di produzione che svolgono, nella cooperativa sociale, il ruolo di operatori dell’inserimento lavorativo. 4.2.1 le competenze di counselling nei colloqui di orientamento e verifica L’inserimento nella squadra di lavoro della persona svantaggiata sulla base di un progetto personalizzato, ha lo scopo iniziale di verificare le sue abilità e di aiutarla ad acquisire, progressivamente, autonomia operativa nello svolgimento delle mansioni e nella gestione dei tempi di lavoro. La attuazione graduale del percorso si concretizza attraverso un'immersione nelle relazioni lavorative. Lo sviluppo di competenze relazionali all’interno di questo sistema, l’assunzione di responsabilità via via sempre maggiori, l’adozione di comportamenti congrui rispetto al contesto, contribuiscono a rendere riconoscibili le abilità professionali acquisite ed a rafforzare la contrattualità sociale della persona. In questa situazione, l'operatore dell’inserimento lavorativo, che è contemporaneamente collega di lavoro, “diviene il perno di una azione centrata sul lavoro ed attenta alla persona, che non separa il momento lavorativo dall'addestramento e dalla socializzazione; egli si qualifica, in questo modo, come esperto del lavoro cui è affidata una persona da integrare nel contesto lavorativo secondo le richieste 117 prestazionali, ma anche professionali, organizzative e relazionali proprie dell'attività lavorativa” . L’inserimento lavorativo si connota, dunque, come un processo in cui le persone “entrano in relazione reciproca, in una logica di interdipendenza in cui ognuno diventa soggetto/oggetto di formazione e come tale partecipa al processo seguendo un percorso di contrattazione e ricontrattazione in itinere 118 degli obiettivi” . Impostare l’attività lavorativa come una relazione di scambio tra colleghi, tra compagni di lavoro, evitando una separazione, formale quanto fuori contesto, tra operatori con funzione educativa da un lato e persone inserite dall’altro, risponde sicuramente all’esigenza di un’organizzazione che si misura nel mercato con i propri prodotti o i propri servizi, producendo, come valore aggiunto, l’inclusione lavorativa di persone svantaggiate. Il fatto di essere impresa non deve diventare, per l’organizzazione, un alibi per leggere in maniera riduttiva, autoreferenziale, il modificarsi delle problematiche, delle difficoltà, ma anche delle competenze sociali e delle aspettative delle persone in stato di svantaggio certificato dai servizi socio sanitari e, conseguentemente, la trasformazione del lavoro quotidiano di inclusione svolto dall’operatore dell’inserimento lavorativo. Essere impresa sociale comporta un’attenzione costante alle opportunità di supporto operativo e formativo nei confronti delle esigenze di conoscenza ed approfondimento di strumenti relazionali di chi gestisce la squadra di lavoro e, contemporaneamente, ricopre un ruolo di affiancamento mirato alla realizzazione delle diverse fasi del progetto personalizzato ed alla progressiva professionalizzazione ed autonomia della persona svantaggiata. All’operatore è richiesto di porsi in relazione d'aiuto con l’altro, di predisporre un piano di lavoro comprensivo di tempi e modalità con riferimento ai compiti ed ai ruoli lavorativi da assegnare al soggetto inserito, gestendo la presentazione del nuovo arrivato alla squadra, partecipando attivamente ai colloqui di verifica del percorso personalizzato con operatori del servizio di riferimento, 119 con il responsabile dei progetti di inserimento in cooperativa e con la stessa persona inserita . A partire dall’incontro iniziale, in cui gli viene presentato il caso, l’operatore stabilisce un primo contatto con la persona e con il servizio inviante. Concorrendo alla individuazione delle modalità di osservazione e di affiancamento, sottoscrivendo il progetto personalizzato, accetta un ruolo, aderisce ad un contratto della cui validità, del cui rispetto, diviene primo garante nei confronti della persona inserita, del servizio inviante, dell’organizzazione di cui fa parte. Tutto questo non può essere lasciato ad una predisposizione soggettiva alle relazioni interpersonali, scaricando sul singolo operatore la responsabilità operativa. Occorre che sia messa in atto, da parte 117 Documento sui progetti di inserimento lavorativo della cooperativa L’Albero di Almenno San Salvatore (Bg). Cfr.: http://www.nuovamente.org/formazione/allegati/coopalbero/coopalbero.pdf ultimo accesso 03/03/12 118 Cfr.: http://www.nuovamente.org/formazione/allegati/coopalbero/coopalbero.pdf ultimo accesso 03/03/12 119 Si veda anche, oltre al documento qui sopra citato : AA.VV., in Costanza Fanelli et al., opera citata. 32 dell’organizzazione, l’adozione di strumenti che sostengano e migliorino la capacità di gestire i rapporti interpersonali, il gruppo di lavoro e la relazione di aiuto. Il contesto particolare in cui agisce l’operatore dell’inserimento lavorativo, rende necessario “diventare coscienti del proprio stile comunicativo abituale per poterlo utilizzare in modo consapevole, o, se 120 necessario, imparare a modificarlo per renderlo più efficace" . L’ambito peculiare, costituito dalla comunicazione e dalle relazioni tra persone in un contesto professionale in cui sono inserite persone svantaggiate, sollecita l’operatore, nell’organizzazione e nella realizzazione dell’attività quotidiana di lavoro, ad “intessere relazioni in cui la centratura sul problema e la centratura sulla conferma delle persone e delle loro potenzialità forse inespresse o inutilizzate vanno di pari passo nella crescita 121 dell’autonomia qui e ora possibile” . Nella logica di supporto all’operatore nella continua costruzione di relazioni che siano di aiuto all’autonomia dell’individuo e si muovano nella direzione di stimolare le abilità delle persone, diviene importante favorire la messa a fuoco di competenze di counselling: accorgimenti, strategie, attenzioni comunicative che aumentino la capacità di intervenire in modo consapevole nei meccanismi decisionali della persona inserita, di fornire informazioni utili, comprensibili, applicabili, di rispondere 122 adeguatamente in situazioni relazionali e comunicative difficili . La responsabilità della gestione del lavoro quotidiano, la necessità di organizzare la divisione dei compiti e delle mansioni, di prendere decisioni che riguardano le modalità operative, implicano, per l’operatore, il riuscire a sviluppare consapevolezza nelle relazioni, capacità di interagire, attenzione al dialogo ed intenzionalità nell’ascolto attivo. “Le relazioni e la comunicazione tra persone costituiscono un terreno complesso, in cui hanno libero gioco gli elementi più diversi, dagli stili comunicativi personali alle molteplici influenze 123 del contesto, alle regole esplicite o, più spesso, implicite della comunicazione” . Raggiungere e mantenere la percezione di tali dinamiche diventa indispensabile, soprattutto in un’attività professionale di aiuto che si svolge quotidianamente ed in un arco di tempo prolungato. Durante il lavoro, nel corso delle pause, all’interno dei colloqui di verifica, nelle varie fasi della giornata lavorativa, la comunicazione, pur assumendo modalità di interazione differenti, mantiene un’importanza fondamentale e costante. L’operatore, attraverso l’acquisizione di competenze di counselling, può imparare a “tenere sotto controllo alcuni meccanismi spontanei, sempre presenti nelle comunicazioni e particolarmente attivi nelle relazioni di aiuto: la tendenza a interpretare (se dice così, è perché...); la tendenza a vedere somiglianze e costanti (tutti quelli come lui fanno...; tutti quelli che fanno queste scelte sono...); la tendenza a dare giudizi morali o di valore (una madre dovrebbe...; è inaccettabile che....; non bisognerebbe permettere...); la tendenza a innamorarsi delle proprie ipotesi 124 o soluzioni (specie di quelle che si sono rivelate utili in altre situazioni)” . L’acquisizione, da parte dell’operatore, di competenze nella gestione professionale della relazione d’aiuto, assume un profondo significato di rispetto per sé stessi, di valorizzazione del proprio lavoro e di attenzione alla persona inserita. Un’attenzione che deve essere volta, come tutto il percorso di inserimento lavorativo, a restituire potere alla persona, a fornire conferma ed appoggio alle sue capacità, dandole modo di sperimentare le proprie abilità nell’espletamento delle mansioni lavorative come nell’attivazione delle proprie risorse relazionali e sociali. È soprattutto nel corso dei colloqui di orientamento e verifica, però, che l’acquisizione di abilità e competenze di counselling può mostrarsi come strumento fondamentale per evitare il rischio di sostituirsi alla persona svantaggiata nello spiegare la situazione agli operatori dei servizi sanitari, di cedere alla tentazione di dare consigli invece di fare domande e prestare attenzione alle riflessioni della persona, alle sue parole, ai suoi atteggiamenti, alla comunicazione non verbale. Fare domande significa provare curiosità, voler conoscere il punto di vista dell’altro. Il pericolo da evitare è quello di ridurre il colloquio ad “una di quelle conversazioni spontanee centrate sull’aiuto che sono frequenti nelle comunicazioni quotidiane. Gli ingredienti sono semplici, casalinghi: un po’ di moralismo («Bisognerebbe..., sarebbe meglio.., dovresti...»), un po’ di immaginazione diagnostica («Sarà lo 120 Giorgio Bert, Silvana Quadrino (a cura di), Aiutare ad aiutarsi. Per una pratica sociale del counselling, in Animazione sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, febbraio 1998 121 Giorgio Bert, Silvana Quadrino (a cura di), opera citata. 122 Cfr.: Giorgio Bert, Silvana Quadrino (a cura di), opera citata. 123 Giorgio Bert, Silvana Quadrino (a cura di), opera citata. 124 Giorgio Bert, Silvana Quadrino (a cura di), opera citata. 33 stress..., sarà il cambiamento di stagione...»), molta esperienza personale («È capitato anche a me..., 125 oppure a mio cognato, a un mio amico, all’amico di un amico...»)” . Saper fare domande è una competenza fondamentale nel counselling e obiettivo della formazione del professionista della relazione d’aiuto che utilizza tecniche di counselling. Le domande sono uno strumento di lavoro, utile per stimolare la persona a mettere in luce e connettere aspetti e circostanze non evidenti, a costruire una descrizione nuova della sua situazione che le consenta la ricerca e la sperimentazione di soluzioni diverse ed inedite, di modi differenti di affrontare i problemi e di utilizzare 126 le proprie abilità e le proprie conoscenze . 4.2.2 il tutoraggio in situazione Il tutoraggio in situazione rappresenta il fulcro del lavoro dell’operatore dell’inserimento lavorativo. L’esigenza a cui risponde l’attività di tutoraggio è quella di garantire, all’interno del percorso di inserimento della persona svantaggiata, un’azione di supporto e di accompagnamento nel mondo lavorativo, che, basandosi sul progetto personalizzato e tenendo in considerazione il vissuto della 127 stessa persona, aiuti a valorizzare le competenze e le capacità nel presente . Il tutoraggio in situazione si delinea come una formazione professionale che esprime la sua funzione educativa e riabilitativa, nel riuscire a coniugare l’addestramento esperienziale sul campo e l’insegnamento di specifiche tecniche di lavoro, con l’attenzione allo sviluppo di quelle “competenze trasversali e personali che sostengono il processo di crescita personale o professionale delle persone in 128 difficoltà” . L’operatore dell’inserimento lavorativo esercita una mediazione continua tra la persona inserita ed il gruppo. Attribuendo le mansioni e monitorando i tempi di lavoro, gestisce la realtà lavorativa nel suo complesso, al fine di rimuovere quegli ostacoli che si frappongono tra il soggetto 129 svantaggiato ed il suo pieno reinserimento nella società . In questa attività si presenta come una figura innovativa, che opera, all’interno di un contesto definito, per stimolare “quelle competenze che hanno a che fare con l’autonomia delle persone, con l’autonomia progettuale, con la loro capacità di 130 dare un senso, un progetto alla loro vita” . Il compito dell’operatore dell’inserimento lavorativo è quello di affiancare la persona inserita, supportandola nell’affrontare in modo consapevole il lavoro. Ad individuare la figura professionale dell’operatore, non è tanto la qualifica professionale od il titolo di studio posseduto, quanto la capacità di saper mettere in gioco competenze diverse per poter integrare, fra loro e con il contesto lavorativo, le risorse del soggetto svantaggiato, aiutandolo a 131 costruire una progettualità professionale e relazionale volta al futuro . Il nodo che rende possibile realizzare la mission dell’inclusione lavorativa è la relazione. Per poter lavorare con le persone, l’unico strumento efficace che si ha a disposizione è la capacità di costruire relazioni solide e positive, orientate ad un atteggiamento di accoglienza e scambio. Nello svolgersi quotidiano dell’attività lavorativa, è di fondamentale importanza riuscire a mantenere una forte disponibilità al confronto ed al coinvolgimento del soggetto svantaggiato. Capacità di accoglienza, di ascolto e di coinvolgimento dell’altro, sono competenze relazionali che, pur sviluppandosi con l’esperienza, necessitano anche di azioni di verifica, di momenti di confronto e di percorsi di aggiornamento. Stimolare la curiosità, la voglia di provare, di mettersi in gioco, aiutare la persona ed il gruppo “a vivere 132 i fatti e le proprie azioni, trasformandole in apprendimenti individuali e collettivi” , la gestione dei conflitti, l’attenzione all’ambiente, alla pressione lavorativa, agli aspetti fondamentali della comunicazione, costituiscono il contesto nel quale sviluppare una precisa competenza orientata allo sviluppo armonico dell’intreccio di relazioni che la persona stabilisce nel corso della vita ed in 125 Giorgio Bert, Silvana Quadrino (a cura di), opera citata. Cfr. anche: Sabrina Piroli, Counselling sistemico. Ascoltare Domandare Coevolvere, Parma, Uni.Nova, 2006 Cfr.: Claudia Montedoro, Modelli formativi rivolti alle categorie dello svantaggio, in ISFOL(a cura di Claudia Montedoro), Dal welfare state alle politiche attive di integrazione lavorativa delle persone svantaggiate, il dibattito e le esperienze in Italia e in Europa, Milano, Franco Angeli, 1999. 128 Claudia Montedoro, opera citata. 129 Cfr.: Claudia Montedoro, opera citata. 130 Claudia Montedoro, opera citata. 131 Cfr.: http://www.ristretti.it/areestudio/territorio/bivacco/tutor.htm ultimo accesso 20/03/12 132 Fiorenzo Oliva (a cura di), L’apprendimento esperienziale è un bene comune, intervista a Piergiorgio Reggio, pedagogista e formatore, in Animazione sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, ottobre 2011 34 126 127 particolare nel lavoro. “Nelle organizzazioni lavorative e nei gruppi di lavoro, la presenza di differenze e divergenze è un elemento costitutivo che origina, contemporaneamente, fatiche e ricchezze e che richiede un precoce riconoscimento per coglierne i contenuti, i livelli relazionali, le implicazioni 133 soggettive e le possibili riformulazioni e negoziazioni” . L’operatore dell’inserimento lavorativo ha dunque un ruolo di facilitatore di “processi orientati prevalentemente alla persona, a migliorare le sue competenze quali l’esercizio di un sapere professionale unitario fatto di conoscenza, capacità, esperienza, perizia in contesti professionali 134 specifici” . Il contesto in cui si svolge la sua attività è caratterizzato da continue trasformazioni tecnologiche, variazioni economiche e cambiamenti culturali che, investendo la produzione di beni e servizi, finiscono con l’imporre, pure alle organizzazioni della cooperazione sociale d’inserimento lavorativo, di realizzare, “al proprio interno e nei rapporti con l'esterno, modifiche anche consistenti 135 degli assetti strutturali e dei processi di lavoro” . Gli operatori, responsabili di coniugare attività imprenditoriale e processi sociali di inclusione, si trovano, spesso, ad affrontare molteplici sviluppi e rapidi mutamenti che richiedono di saper distinguere i problemi che si incontrano, i livelli in cui si 136 collocano, le risorse disponibili e mobilitabili . Aiutare la persona a trovare una propria dimensione nell’ambito lavorativo, a partire da una condizione di svantaggio che rischia di creare un sentimento di inadeguatezza, una sensazione di fragilità, soprattutto nelle situazioni in cui occorre dimostrare il proprio valore e le proprie abilità, ha certamente una ricaduta positiva. L’aumento dell’autostima personale, del livello di benessere e, conseguentemente, l’accrescimento della percezione della qualità di vita insieme al cambiamento nelle relazioni con gli altri e con i familiari, possono avere positive ripercussioni in termini di diminuzione dell’allarme sociale, delle richieste di aiuto economico ai servizi sociali e di interventi 137 assistenziali e sanitari . Tra le capacità che, sicuramente, possono portare nutrimento alla professionalità dell’operatore dell’inserimento lavorativo assume particolare valore la Negative Capability, definita da Giovan Francesco Lanzara come “una sensibilità esistenziale e cognitiva nei confronti della realtà, o di ciò che chiamiamo tale, capace di coglierne le molteplici dimensioni, i significati e le possibilità non 138 immediatamente visibili” . Ciò che caratterizza la capacità negativa è il fatto di accettare i momenti di indeterminatezza e di intuire le potenzialità di comprensione, di azione e di cambiamento che queste situazioni di mancanza di direzione portano con sé. Gestire un gruppo di lavoro in cui si hanno, contemporaneamente, un ruolo di responsabilità produttiva ed uno di tutoraggio in situazione di persone svantaggiate, comporta, necessariamente, “la capacità di rivisitare e ricollocare all’interno di contesti diversi e mai sperimentati 139 le routine utilizzate abitualmente” . Le problematiche legate alla produzione od allo svolgimento di un servizio sono spesso connotate da urgenza, pretesa di modifiche improvvise, picchi di produzione, esigenze straordinarie, richiesta di flessibilità rispetto agli orari di lavoro. Diviene, quindi, davvero fondamentale riuscire a fronteggiare le situazioni di stress gestendo efficacemente le persone ed i problemi, essere capaci di comunicare in modo da coinvolgere positivamente le persone sui cambiamenti in atto. Non si tratta necessariamente di inventare attività interamente nuove. È utile, piuttosto, aver acquisito la capacità di orientare e guidare le persone anche in circostanze critiche ed 140 in momenti in cui sembra non esserci coerenza nelle scelte e certezza sul futuro . 130 http://www.studioaps.it/servizi_studio/pressostudio_seminari_riconoscere.html Pagina web del sito Studio APS sui cambiamenti organizzativi. Ultimo accesso 22/03/12. 134 Claudia Montedoro, opera citata. 135 http://www.studioaps.it/servizi_studio/pressostudio_seminari_riconoscere.html documento citato. 136 Cfr.: http://www.studioaps.it/servizi_studio/pressostudio_seminari_riconoscere.html documento citato. 137 Cfr.: Cristina Anteghini, La disabilità in Italia e in Emilia Romagna, Progetto “Noi Con”. Vedi: http://www.fondazionealmamater.unibo.it/FAM/progettiesovvenzioniglobali/sovvenzioniglobali/Noi_Con.htm ultimo accesso 25/03/12 138 Giovan Francesco Lanzara, Capacità negativa. Competenza progettuale e modelli di intervento nelle organizzazioni, Bologna, Il Mulino, 1993. 139 Giovan Francesco Lanzara, opera citata 140 cfr.: Angelo Strada (a cura di), I capisquadra come leva di cambiamento, documento, scaricabile in http://www.slosrl.it/view_newsletter.php?id=3 , che riguarda un’attività formativa svolta nella azienda Elettrolux nel 2008. Ultimo accesso 31/03/12. 35 Sono necessarie disponibilità e capacità di riposizionarsi rispetto al lavoro, di riconoscerlo come fonte di conoscenze, come luogo di sperimentazioni in cui attivare risorse proprie e delle persone con cui si 141 lavora, riuscendo a decifrare ed organizzare le informazioni offerte dal contesto , gestendo efficacemente la relazione d’aiuto e il gruppo di lavoro. È importante riflettere su come azioni di formazione continua e di aggiornamento delle particolari competenze maturate dagli operatori dell’inserimento lavorativo, favoriscano il riconoscimento del loro apporto professionale, come parte integrante dell’identità dell’organizzazione e, insieme, come risorsa concreta del territorio in cui essa opera. La formazione degli operatori dell’inserimento lavorativo viene ad acquisire, particolarmente nel contesto attuale di crisi nel mondo del lavoro che può facilmente “creare disorientamenti, scuotere 142 equilibri consolidati e toccare in modo profondo le identità lavorative delle persone” , un significato particolare di sostegno, rinforzo, riproposizione di quei valori mutualistici che sono connaturati allo scopo primario della cooperazione sociale, di “perseguire l'interesse generale della comunità alla 143 promozione umana ed all'integrazione sociale dei cittadini” . 141 142 143 cfr.: Angelo Strada (a cura di), opera citata. http://www.studioaps.it/servizi_studio/pressostudio_seminari_riconoscere.html documento citato. Legge 381/91 articolo 1. Già citata. 36 CAPITOLO 5. L’operatore dell’inserimento lavorativo: una proposta formativa 5.1 La scelta della formazione continua: finalità e obiettivi In quest’ultimo capitolo mi pongo l’obiettivo di delineare una proposta per un percorso di formazione continua rivolto agli operatori dell’inserimento lavorativo. Nella cooperazione di inserimento lavorativo, come in molta parte delle organizzazioni lavorative, l’enfasi sulla centralità delle risorse umane e sull’importanza dell’azione formativa si concentra, troppo spesso, su “una serie di attività mirate alla performatività che non si differenziano molto dal tradizionale addestramento professionale. Si tratta infatti di iniziative destinate generalmente a far si che i singoli lavoratori coinvolti apprendano o riescano ad aggiornare nei tempi più brevi possibile 144 specifiche procedure operative” . Una lettura della formazione in chiave di addestramento, può avere ragion d’essere rispetto alla formazione in entrata sull’utilizzo di macchine o attrezzature, o legata alla sicurezza sul luogo di lavoro 145 ed ai rischi specifici , in cui il datore di lavoro deve assicurare che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, con particolare riferimento ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione aziendale. La formazione continua, invece, si caratterizza come “attività finalizzata a migliorare le prestazioni lavorative delle persone o anche ad accrescere la loro competenza umana, a preservarle da possibili rischi di perdita del lavoro o anche a promuovere la loro autonomia, autostima, voglia di conoscere. Attività capace, dunque, di far emergere le potenzialità, le attitudini, le aspirazioni di ciascuno perché possano poi aver modo di essere individualmente coltivate e messe a profitto. La formazione continua è destinata a favorire lo sviluppo della cittadinanza organizzativa da sperimentare e vivere nei luoghi di lavoro. Essa offre la possibilità di vedere valorizzata la propria identità, di coltivare sentimenti di appartenenza, di conoscere gli obiettivi che la propria organizzazione persegue, di avere consapevolezza di ciò che si fa, del perché lo si fa, del modo in cui lo si fa; consente di potersi esprimere su questioni che attengono l’espletamento dei propri compiti, sollecita la coscienziosità 146 nell’assolvere ad essi, la disponibilità alla collaborazione con gli altri” . Ritengo, come ho cercato di evidenziare nel presente lavoro, che per una cooperativa sociale di inserimento lavorativo, istituire percorsi di formazione continua, attivare “la riflessione sugli aspetti problematici delle pratiche professionali e degli scambi relazionali propri della vita 147 lavorativa/organizzativa, nonché sui processi di cambiamento che investono il mondo produttivo” , assuma un significato peculiare che si riflette nella mission dell’inclusione lavorativa di persone svantaggiate e nella riattivazione di diritti di cittadinanza. Ancor più che per altri tipi di organizzazione, la capacità di “promuovere apprendimenti, saperi, sensibilità che travalicano i confini dell'ambito lavorativo e che incidono in misura apprezzabile sulla promozione culturale e sociale delle persone, 148 lungo l'intero corso della vita” contribuisce alla scoperta, allo stimolo di quelle competenze di relazione e di processo che, indirizzate, conservate e coltivate, possono rendere riconoscibile e qualificato il lavoro quotidiano degli operatori nelle realtà della cooperazione sociale di inserimento 149 lavorativo, all’interno dei sistemi locali di welfare e di politiche del lavoro. 5.2 Architettura della proposta formativa: descrizione dei moduli formativi e delle modalità di valutazione “Il senso della formazione non sembra più risiedere nella trasmissione di nozioni, abilità, procedure, comportamenti legati ai luoghi e alle pratiche di lavoro quanto nelle opportunità, offerte ai diversi attori 144 Sergio Angori (a cura di), Formazione continua. Strumento di cittadinanza, Milano, Franco Angeli, 2012 Lo scorso 21 dicembre 2011 la Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato e Regioni ha approvato due Accordi relativi alla formazione sulla sicurezza che hanno introdotto importanti novità. Le nuove regole, in vigore dal 26 gennaio 2012, prevedono che tutti i lavoratori ed equiparati (soci lavoratori, collaboratori a progetto, stagisti etc. ) debbano frequentare corsi specifici di formazione sui rischi aziendali legati all’attività svolta, con durata variabile in base al livello di rischio. 146 Sergio Angori, opera citata. 147 Sergio Angori, opera citata. 148 Sergio Angori, opera citata. 149 Sul tema delle competenze relazionali e sul tema della identità sociale del terzo settore cfr.: Dunia Pepe, opera citata e Oliviero Motta, Giocare la carta delle competenze relazionali e di processo, in Animazione sociale, Torino, Edizioni Gruppo Abele, agosto/settembre 2007 37 145 che agiscono in tali contesti, di interrogarsi e di ragionare sui problemi con cui quotidianamente si 150 incontrano, sollecitando in loro l'esercizio delle capacità di autonomia, iniziativa, problem solving” . Ritengo che questa affermazione di Sergio Angori delinei in maniera efficace e sintetica la cornice entro la quale debba collocarsi una proposta formativa in ambito lavorativo come quella che mi accingo ad esporre. L’architettura della presente proposta formativa rispecchia la strutturazione, richiesta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, per la presentazione di candidature per la realizzazione di operazioni di 151 formazione continua a carattere pluriaziendale, per lavoratori delle imprese . Ipotizzo, quindi, che la proposta sia presentata da un ente di formazione per conto di dieci cooperative sociali di inserimento lavorativo, aderenti ad un consorzio di cooperative sociali avente sede in Friuli Venezia Giulia. Le finalità della proposta sono quelle di: offrire nuove conoscenze che consentano di migliorare il rendimento e la soddisfazione nell’esperienza professionale degli operatori; trasmettere strumenti per la crescita delle relazioni nel contesto professionale, per aumentare la comprensione e la collaborazione all’interno della squadra di lavoro; promuovere il confronto con le diverse figure professionali che partecipano alla progettazione ed alla verifica dei progetti personalizzati; sostenere lo sviluppo della mission dell’inserimento lavorativo di persone svantaggiate attraverso l’identificazione e la condivisione di modalità operative innovative ed efficaci e di buone prassi nella relazione d’aiuto; affermare e supportare l’identità e la crescita delle cooperative sociali di inserimento lavorativo. Nella scelta dei tempi per la formazione vi è la necessità di rispettare sia le esigenze dei partecipanti (raggiungibilità della sede in cui si svolge la formazione, orario e frequenza compatibili con le attività quotidiane dei partecipanti, etc.), sia le esigenze delle unità operative nel cui organico sono inseriti i corsisti, al fine di garantire comunque l’erogazione dei servizi o la produzione. In particolare, va tenuto conto del fatto che la presente proposta formativa è rivolta a operatori dell’inserimento lavorativo che, nell’ambito della propria squadra di lavoro, ricoprono un ruolo di responsabilità. Il percorso formativo si svilupperà in cinque moduli per dieci incontri nell’arco di un anno (due incontri per ciascun modulo) per un totale di quaranta ore. Verrà organizzato in lezioni, tenute una volta ogni trenta giorni circa, della durata di quattro ore, compatibilmente alle esigenze di servizio degli operatori. Di seguito sono riportati i moduli didattici divisi nelle lezioni con i rispettivi elementi: obiettivi, contenuti, metodologia e caratteristiche del docente. Ai cinque moduli descritti di seguito vanno aggiunte, anche al fine di una richiesta di finanziamento a valere sul Fondo Sociale Europeo, un’ora di presentazione del patto formativo, da effettuare nella prima giornata, che prevede la illustrazione del percorso e delle sue finalità agli allievi e due ore di esame finale, con valutazione del percorso proposto, da effettuare nell’ultima giornata. MODULO 1 : La relazione d’aiuto Lezione 1.1: Comunicazione e relazione Obiettivi Conoscere le regole base della comunicazione è importante per tutti. Per chi lavora in ambito sociale, in particolare nella relazione d’aiuto con persone svantaggiate, costituisce uno strumento di lavoro fondamentale. L’obiettivo della lezione è quello di riflettere su come la comunicazione tra le persone, rispondendo ad un bisogno naturale, espressivo, tipico dell’uomo, vada ad influire anche sullo stato di salute delle 150 Sergio Angori, opera citata. Fondo Sociale Europeo. Regione FVG. Programma operativo obiettivo 2 – competitività regionale e occupazione – 2007/2013. Asse 1 – Adattabilità. Programma specifico n° 14 – formazione continua per lavoratori delle imprese. Cfr.: http://www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/AT16/ARG2/ARG13/ Ultimo accesso: 13/04/12 38 151 152 stesse . È importante che l’operatore dell’inserimento lavorativo, nella relazione professionale con la persona inserita, sia a conoscenza delle regole che individuano e qualificano la comunicazione, al fine di favorire il mantenimento di abilità ed autonomie e agevolare l’integrazione sociale. Contenuti Perché comunichiamo: a quali bisogni risponde la comunicazione; Pragmatica della comunicazione umana: i cinque assiomi della comunicazione; Stili di comunicazione nella relazione d’aiuto. Metodologia Lezione con utilizzo di simulate e gruppi di discussione. Docente: Educatore o counsellor o psicologo, esperto nella relazione d’aiuto. Lezione 1.2: Strumenti per la relazione d’aiuto Obiettivi L’acquisizione delle competenze relazionali comporta innanzitutto, per l’operatore dell’inserimento lavorativo, lo sviluppo della capacità di riflettere su di sé e sul proprio modo di entrare in relazione con i colleghi di lavoro. La lezione ha l’obiettivo di stimolare e condividere la riflessione sui temi legati alla comunicazione ed alla relazione d’aiuto, per dare impulso ad una progressiva consapevolezza del proprio stile relazionale ed all’acquisizione di abilità comunicative. Contenuti le abilità comunicative di base (accoglienza, ascolto attivo); le reazioni emotive suscitate dalle prime esperienze di rapporto con persone inserite nella propria squadra o gruppo di lavoro ed il vissuto personale di fronte al disagio ed allo svantaggio; la capacità empatica ed il mantenimento della distanza necessaria per poter aiutare; le capacità di cogliere, affrontare e gestire le reazioni della persona inserita di fronte alle difficoltà. Metodologia Lezione con simulate e gruppi di discussione. Docente: Educatore o counsellor o psicologo, esperto nella relazione d’aiuto. MODULO 2 : L’inserimento lavorativo Lezione 2.1: Dall’ergoterapia al lavoro: storia dell’inserimento lavorativo in Friuli Venezia Giulia Obiettivi Il lavoro è considerato uno degli assi su cui si basa la contrattualità sociale della persona. Conoscere la storia dell’inserimento al lavoro di persone svantaggiate, a partire dalle esperienze della prima cooperativa di utenti dell’ospedale psichiatrico sorta a Trieste, è un passo fondamentale per riflettere sul senso del proprio lavoro. La condivisione di riflessioni rispetto alla riabilitazione, al valore terapeutico, alla riaffermazione di diritti di cittadinanza assume oggi un significato particolare che chiede di rivolgere uno sguardo riflessivo alle esperienze passate per progettare e costruire, nel presente, buone pratiche di inclusione. Contenuti l’ergoterapia negli ospedali psichiatrici; il diritto al lavoro alla base della nascita delle cooperative di utenti in Friuli Venezia Giulia; 152 Cfr.: Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi, delle patologie e dei paradossi, Roma, Astrolabio, 1971 39 esperienze di inserimento lavorativo contro l’esclusione; Legge 381/91: “nascita” delle cooperative sociali. Legge 118/2005: l’ impresa sociale. Metodologia Lezione con visione di contributi filmati, slides, discussione di gruppo. Docente: Storico o dirigente del movimento cooperativo regionale. Lezione 2.2: Il lavoro in cooperativa sociale Obiettivi Il valore aggiunto delle cooperative sociali è espresso da concetti quali la finalità mutualistica, il principio di solidarietà intergenerazionale e la natura non speculativa della forma societaria. Sono motivazioni che generano e sostengono vere attività imprenditoriali mirate all'occupazione condivisa. In che modo le cooperative sociali di inserimento lavorativo possono continuare ad essere una risposta concreta alle difficoltà occupazionali di centinaia di persone in condizione o a rischio di emarginazione? La lezione ha l’obiettivo di mettere in evidenza e analizzare il ruolo dell’operatore dell’inserimento lavorativo all’interno dell’organizzazione di cui fa parte, come elemento fondamentale della rete sociale di attori che lavorano per favorire l’inclusione sociale di persone svantaggiate. Contenuti La quotidianità del lavoro: tra il lavoro di inclusione e la qualità del prodotto o del servizio; Istruttore tecnico, operatore sociale, imprenditore sociale? Il ruolo nell’organizzazione; La comunicazione, all’esterno, del valore aggiunto. Metodologia Lezione con visione di contributi filmati, slides, discussione di gruppo. Docente: Responsabile di una cooperativa sociale di inserimento lavorativo. MODULO 3: Il gruppo di lavoro Lezione 3.1: La gestione del gruppo di lavoro Obiettivi La figura professionale dell’operatore dell’inserimento lavorativo è caratterizzata dalla capacità di saper mettere in gioco competenze diverse e dal saper costruire relazioni solide e positive, orientate ad un atteggiamento di accoglienza e scambio, all’interno del gruppo o della squadra di lavoro. Una forte disponibilità al confronto ed al coinvolgimento degli altri nell’attività lavorativa, unita alla conoscenza ed alla fiducia nelle proprie capacità e risorse, sono strumenti relazionali di fondamentale importanza che, dunque, pur sviluppandosi con l’esperienza, necessitano anche di azioni di verifica, di momenti di confronto e di aggiornamento. Obiettivo della lezione è, appunto, quello di fornire, ai partecipanti, strumenti di conoscenza e di verifica condivisa. Contenuti Il gruppo di lavoro: definizione e confini La costruzione del clima del gruppo di lavoro I ruoli nel gruppo di lavoro La comunicazione nel gruppo di lavoro Metodologia Lezione con visione di contributi filmati, slides, giochi di ruolo. 40 Docente: Educatore o counsellor o psicologo, esperto nella gestione e supervisione di gruppi di lavoro. Lezione 3.2: Qualità del lavoro/qualità delle relazioni Obiettivi L’obiettivo della lezione è quello di mettere l’accento sul rapporto di influenza reciproca tra la qualità del servizio erogato o del prodotto realizzato e la qualità delle relazioni all’interno del gruppo di lavoro e dell’organizzazione. L’incontro verterà, a partire dall’analisi di casi, sulle difficoltà che incontra il gruppo di lavoro nel coniugare la produzione con l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Verranno discusse, valorizzate e condivise le strategie che ciascun gruppo e ciascuna persona mette in atto per superare le difficoltà. Contenuti Inserimento lavorativo: dalla relazione di aiuto alla relazione di scambio; Il lavoro di squadra: riconoscimento dei ruoli e delle competenze; Sicurezza al lavoro: il rispetto delle regole come rispetto delle persone. Metodologia Lezione con visione di contributi filmati, slides, giochi di ruolo. Docente: Educatore o counsellor o psicologo, esperto nella gestione e supervisione di gruppi di lavoro. MODULO 4 : Lavorare per progetti Lezione 4.1: La rete dei servizi socio sanitari Obiettivi La costruzione di percorsi di apprendimento, relazionali, occupazionali, finalizzati a facilitare l’accesso di persone svantaggiate in contesti di lavoro è elemento costitutivo della mission delle cooperative sociali di inserimento lavorativo. Gli operatori dell’inserimento lavorativo ricoprono una posizione importante di collegamento tra i percorsi proposti dai servizi e le esigenze del mondo del lavoro. È di fondamentale importanza che l’operatore conosca la mappa dei servizi del territorio. La lezione si propone di implementare la capacità di leggere il proprio lavoro come parte di una progettualità condivisa all’interno di una logica di rete, sia comunitaria che di sistema locale di welfare e di politica attiva del lavoro. Contenuti Presentazione della mappa territoriale dei servizi socio sanitari che si occupano di inclusione lavorativa; Il rapporto tra servizi socio sanitari e cooperative sociali nel garantire il diritto al lavoro delle persone svantaggiate; Presentazione e discussione di esperienze locali di buone prassi. Metodologia Lezione con utilizzo di slides e discussione di gruppo. Docente: Dirigente dei servizi sociali e/o sanitari del territorio. Lezione 4.2: Progettazione, gestione e verifica di un progetto di inserimento lavorativo Obiettivi Essere coinvolti nella costruzione, nella realizzazione e nella verifica dei progetti personalizzati di inserimento al lavoro, assume per l’operatore dell’inserimento lavorativo un valore estremamente 41 rilevante, anche rispetto al riconoscimento delle proprie competenze ed alla consapevolezza del proprio ruolo. La precisazione delle finalità del progetto, la pianificazione delle attività e dei tempi, la condivisione di contesti e strumenti di verifica, sono passi che vanno nella direzione di promuovere lo sviluppo di autonomia decisionale e di gestione responsabile dell’operatività da parte dell’operatore. La lezione ha l’obiettivo di far conoscere e sperimentare la costruzione di un progetto, a partire dalla condivisione degli obiettivi, della gestione delle fasi e delle prassi attuative, con gli operatori dei servizi sociali e sanitari. Contenuti Lavorare su progetti: gli attori coinvolti; Finalità di un progetto personalizzato; Pianificazione delle attività e dei tempi; Il processo di verifica di un progetto. Metodologia Lezione con utilizzo di slides, analisi di casi, giochi di ruolo, lavoro in gruppi. Docente: Esperto di politiche sociali e di politiche attive del lavoro del territorio MODULO 5 : Disabilità e svantaggio Lezione 5.1: Le normative europea e italiana a confronto Obiettivi L’incontro con le diverse concezioni di disabilità e svantaggio, presenti nella normativa europea ed in quella nazionale, rappresenta un punto fondamentale per l’attivazione di una riflessione sulla peculiarità dell’esperienza della cooperazione sociale di inserimento lavorativo e sul ruolo e le competenze che gli operatori dell’inserimento lavorativo mettono in gioco nella attuazione di percorsi di inclusione. La lezione ha l’obiettivo di far conoscere le definizioni di disabilità e svantaggio, contenute nella normativa europea ed in quella italiana, per attivare una riflessione condivisa sul cambiamento e sulle prospettive per il ruolo dell’operatore dell’inserimento lavorativo. Contenuti Da invalido a disabile: le definizioni e le normative in vigore; La definizione di persona svantaggiata nella legge 381/91 e nel Regolamento CE n. 800/2008; Possibilità di finanziamento per la sperimentazione nel campo dell'inclusione lavorativa secondo la normativa europea. Metodologia Lezione con utilizzo di slides, analisi di casi, lavoro in gruppi. Docente: Esperto di legislazione specifica ed esperto di politiche sociali e di politiche attive del lavoro del territorio Lezione 5.2: Le nuove forme di svantaggio sociale Obiettivi “Da un lato, ci sono le situazioni già ‘certificate’ con le quali i servizi pubblici e le cooperative sociali stanno operando da tempo. Si tratta di un’utenza costituita da chi è portatore di problemi di salute mentale, di disabilità psicofisica o di tossicodipendenza. Dall’altro lato, ci sono aree di disagio che possono essere definite ‘grigie’. Sono costituite da immigrati, da persone che, per fattori permanenti o temporanei, sono portatrici di difficoltà specifiche che ostacolano comunque l’inclusione e che, 153 spesso, sono dovute a motivi di ordine culturale, sociale o economico” . La richiesta alla cooperativa 153 Laura Barbasio (a cura di), Le nuove forme di svantaggio sociale, focus group del Progetto Med More & Better Jobs‐Network – Rete per l’accesso ai servizi di inclusione sociale e la valorizzazione delle risorse umane, Genova, 2011. Cfr.: http://sirio.regione.liguria.it/agimp/mdl/iolavoroforum/94/il_progetto.pdf Ultimo accesso 05/04/12 42 sociale, di farsi carico, direttamente, di situazioni personali derivanti dalla crisi del mercato del lavoro, di accogliere anche soggetti per i quali lo stato di difficoltà è determinato dai fattori sociali più diversi richiede, con urgenza, una riflessione. La lezione è incentrata sul far emergere i fenomeni di nuova povertà e svantaggio, stimolando i partecipanti ad un confronto su situazioni, esperienze, difficoltà. Contenuti Nuove forme di svantaggio sociale e nuove povertà nel territorio; Attivazione di nuova progettualità nelle cooperative sociali. Metodologia Lezione con utilizzo di slides, analisi di casi, lavoro in gruppi. Docente: Rappresentante del mondo del volontariato. MODALITÀ DI VALUTAZIONE DEL PERCORSO FORMATIVO La presenza in aula di un tutor con competenze specifiche nell’affiancamento di persone in percorsi di formazione, consentirà una attività di monitoraggio per evidenziare i punti di forza, i problemi incontrati e le modalità di soluzione adottate, il livello di apprendimento in itinere e la soddisfazione riguardo all'organizzazione del corso, alla scelta dei docenti, ai contenuti trattati. È prevista, inoltre, la somministrazione, ai corsisti ed ai responsabili delle cooperative aderenti, di un questionario di valutazione dell’efficacia della formazione a due mesi dalla conclusione del corso. La finalità è quella di valutare la qualità della formazione in generale, il gradimento per gli argomenti trattati, per il livello di approfondimento e per le metodologie didattiche utilizzate. La verifica differita nel tempo ha lo scopo di rilevare, attraverso una valutazione da parte dei soggetti interessati, (singoli partecipanti e rispettive organizzazioni di appartenenza) dei cambiamenti percepiti nel proprio lavoro rispetto ad alcuni temi, quali ad esempio: capacità d’ascolto e comunicazione, valorizzazione delle differenze tra le persone, capacità di analisi delle funzioni e dei processi dell’organizzazione, aumento delle competenze, capacità di assolvere a compiti di maggiore 154 responsabilità, miglioramento dei rapporti con i colleghi, attenzione ai temi di politica sociale. 154 Rispetto alla problematicità del tema della valutazione dei percorsi formativi e dell’analisi della percezione degli effetti della formazione si vedano di Domenico Lipari il già citato Progettazione e valutazione nei processi formativi e di Paolo Raviolo, Analisi della percezione degli effetti della formazione continua sulla vita lavorativa, personale e sociale dei soggetti formati, nel già citato: Sergio Angori (a cura di), Formazione continua. Strumento di cittadinanza. Ho preso, inoltre, come riferimento, la scheda di valutazione post formazione (follow up) utilizzata dalla cooperativa sociale Itaca di Pordenone. 43 CONCLUSIONI Nel presente lavoro ho cercato, innanzitutto, di mettere in risalto il ruolo ricoperto dal responsabile di una squadra o di un gruppo di lavoro, all’interno di una cooperativa sociale di inserimento lavorativo. Un ruolo composito e particolare che rappresenta l’anima più profonda e forse meno riconosciuta, di quei luoghi di scambio, riabilitazione e riattivazione dei diritti sociali, che sono le cooperative sociali definite al comma b del primo articolo della legge dell’otto novembre 1991, numero 381. L’estrema diversità e peculiarità delle esperienze presenti nel territorio regionale come in quello nazionale, richiedeva una particolare attenzione nel delineare la specificità di questa figura professionale. Si tratta di lavoratori che svolgono attività diverse (elettricista, giardiniere, addetto alle pulizie, sarto, tipografo, etc.) e che possiedono, quindi, specifiche professionalità, frutto, in larga parte, di esperienza sul campo e di formazione in situazione. La complessità del ruolo, nella sua particolare strutturazione all’interno di un’ampia ed articolata rete di relazioni e connessioni (con gli operatori dei servizi sociali e sanitari per le verifiche periodiche dei percorsi di inserimento, con i clienti per lo svolgimento di un servizio o la puntuale consegna di una commessa di lavoro, con la propria cooperativa in relazione all’organizzazione del lavoro), è data dalla necessità di coniugare il ruolo tecnico di caposquadra istruttore con l’attenzione alle dinamiche relazionali, al clima del gruppo, all’emergenza di situazioni nuove ed improvvise. Ho ritenuto importante mettere in evidenza le competenze che questi lavoratori utilizzano, quotidianamente, nella relazione con le persone svantaggiate inserite al lavoro su certificazione dei servizi socio sanitari. Competenze che concorrono ad identificare il ruolo professionale dell’operatore dell’inserimento lavorativo, nel contesto generale della rete di servizi ed in quello specifico del privato sociale che si occupano di inclusione lavorativa. I cambiamenti intervenuti dall’entrata in vigore della legge 381/91 sulle cooperative sociali ad oggi, rispetto alle caratteristiche, alle esigenze, alle prospettive di vita delle persone svantaggiate, la crisi progressiva del welfare e la necessità, per la cooperazione sociale di inserimento lavorativo, di “avviare processi di differenziazione dei committenti come risposta al calo progressivo di risorse 155 pubbliche” , richiedono alle singole organizzazioni la capacità di fare rete per sviluppare processi condivisi di innovazione e di investimento, di mantenere e rafforzare una relazione positiva con la comunità locale, di potenziare processi di corresponsabilità, soprattutto valorizzando le risorse umane. All’interno di questa cornice ho cercato di evidenziare le principali leve e pratiche efficaci di sviluppo che l’organizzazione può mettere a punto ed attivare per “aiutare la persona a capire il senso del proprio lavoro, alimentare le motivazioni, riconoscere e valorizzare le competenze di ciascuno nell’affrontare in modo originale i molteplici problemi che si pongono nella quotidianità 156 lavorativa” . Gestire e valorizzare le risorse umane nella cooperazione sociale di inserimento lavorativo significa “presidiare e promuovere dentro l’organizzazione processi di scambio e integrazione tra i diversi operatori e professionisti per affrontare in modo innovativo le criticità (ad esempio, incontri tra coordinatori di squadra, incontri tra lavoratori appartenenti alla stessa squadra di lavoro, incontri tra 157 responsabili dell’area amministrativa contabile e responsabili dell’ufficio sociale)” . Concordo pienamente con quanto sostenuto da Francesco d’Angella e Daniele Marini. La sostenibilità della mission dell’inserimento lavorativo, la ricerca di un punto di equilibrio tra la partecipazione democratica interna e la competitività sul mercato che impone ritmi di lavoro per soddisfare le richieste dei committenti e garantire la qualità dei servizi, richiede che “i soci lavoratori non siano 158 schiacciati su compiti meramente esecutivi” . In questo senso muove la mia riflessione 155 Francesco d’Angella, Daniele Marini, opera citata. Francesco d’Angella, Daniele Marini, opera citata. Francesco d’Angella, Daniele Marini, opera citata. 158 Francesco d’Angella, Daniele Marini, opera citata. 156 157 45 sull’importanza della formazione sulle competenze trasversali e la proposta di formazione continua che ho elaborato nell’ultimo capitolo di questo lavoro. Occorre, come dicono d’Angella e Marini, che i lavoratori sappiano quel che succede intorno al proprio contesto lavorativo. La tesi e il percorso di formazione che ho proposto in queste pagine si vogliono inserire, come contributo di riflessione, nel filone di proposte, strumenti, risorse, opportunità che vanno nella direzione prospettica di progettare e costruire processi di senso al lavorare in cooperativa sociale, di riconoscere la peculiarità del ruolo di ciascuno, di sperimentare la connessione tra le diverse figure che operano nel contesto lavorativo e sociale. “Sostenere processi di comprensione e corresponsabilità costituisce la strada per far sì che la proprietà sia effettivamente di tutti. Non solo perché nelle cooperative sociali ogni socio è un voto, ma perché è un soggetto in grado di contribuire alla prospettiva e al futuro di un mondo oggi alla prova della crisi e alla ricerca dei modi 159 per attraversarla” . Desidero ringraziare alcuni amici con i quali ho avuto la fortuna, in molte occasioni, di effettuare scambi di opinioni, discussioni e confronti che hanno arricchito la mia riflessione sulla cooperazione sociale e sull’inserimento lavorativo: Orietta Antonini direttrice della cooperativa sociale Itaca di Pordenone, Michela Vogrig presidente del Consorzio Operativo Salute Mentale di Udine, Gian Luigi Bettoli presidente di Legacoopsociali FVG, Leo Tomarchio presidente della cooperativa sociale Itaca di Pordenone, Giampiero Antonini, già presidente del Consorzio Operativo Salute Mentale di Udine, Stefano Mantovani presidente della cooperativa sociale Noncello di Pordenone, Andrea Mio presidente della cooperativa sociale Innovazione di Monfalcone, Paolo Felice vicepresidente della cooperativa sociale Arte e Libro di Udine, Giancarlo Brunato e tutti i componenti del Coordinamento Nazionale Cooperazione di Inserimento Lavorativo di Legacoopsociali, tutti i soci ed i consiglieri di amministrazione della cooperativa sociale L’Agorà di Pordenone. Ringrazio il professor Daniele Callini per gli stimoli ed i suggerimenti e per l’aiuto nell’impostare la struttura del lavoro di tesi. E per il volontariato scientifico. Dedico questo lavoro a mia moglie Duda. 159 Francesco d’Angella, Daniele Marini, opera citata. 46 BIBLIOGRAFIA AA.VV, Il sistema pubblico dell'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate e raccordi con il mondo profit e non profit, I Quaderni di Iso.New. Progetto Equal Friuli Venezia Giulia, 2006 AA.VV., Il lavoro nel settore dei servizi sociali e le professioni sociali. Rapporto a cura della Fondazione IRSO (Istituto di ricerca intervento sui sistemi organizzativi), Milano, Febbraio 2009 AA.VV., La figura del tutor per l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati: dal repertorio delle competenze alla definizione di un profilo professionale, in FANELLI Costanza et al. 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