Book Presentation / Presentación del libro

Transcript

Book Presentation / Presentación del libro
Studia_Moralia_50_2_2012
31-10-2012
10:21
Pagina 453
Book Presentation / Presentación del libro
Presentazione del libro
GABRIEL WITASZEK
GIOBBE. LA SOFFERENZA VISSUTA NELLA FEDE
(Saggi per il nostro tempo 23)
Lateran University Press – Editiones Academiae Alfonsianae
Città del Vaticano 2012, 200 p.
PRESENTAZIONE DEL LIBRO
Giuseppe De Virgilio*
Il lavoro del padre Gabriel Witaszek C.Ss.R., professore ordinario
di esegesi dell’Antico Testamento presso la Pontificia Accademia Alfonsiana di Roma, propone l’analisi teologica del libro di Giobbe approfondendo la questione della «sofferenza» con riflessioni e applicazioni di natura antropologico-morale. Nella Prefazione l’autore
spiega che il volume «è il risultato di una lunga ricerca sul libro di
Giobbe e in maniera particolare sulla relazione tra la sofferenza, la
fede e la ragione, frutto di uno studio attento e di analisi accurate, ricerca di un’essenzialità che si sforza di andare al cuore di Giobbe e al
cuore dell’uomo» (p. 7). Accettare di rileggere il messaggio del libro
di Giobbe significa accogliere la sfida di interpretare le domande
profonde dell’uomo del nostro tempo e condividere la fatica di dare
senso alla condizione umana che si pone di fronte all’ineffabile mistero di Dio. L’autore stesso al termine del suo percorso sintetizza
* Professore di Esegesi del Nuovo Testamento e Teologia Biblica.
Pontificia Università della Santa Croce – Roma.
Studia_Moralia_50_2_2012
454
31-10-2012
10:21
Pagina 454
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
l’epilogo del dramma sapienziale con queste parole: «Dio non spiega
a Giobbe perché soffre, ma dice a Giobbe che egli si ribella al male
come lui e, cosa che Giobbe non è in grado di fare, Dio controlla
questo male Dio agisce in Nel suo lavoro il prof. G. Witaszek riesce
a comporre un commento esistenziale all’opera biblica e insieme una
rilettura antropologico-morale per l’odierno contesto socio-culturale1. Si tratta di una scelta impegnativa, nella quale va colta la volontà
dell’autore di entrare in dialogo con il lettore per aiutarlo a interpretare correttamente il messaggio biblico e la sua portata valoriale2.
L’impianto del libro è composto di un’Introduzione, sottotitolata «La
storia di un uomo e dell’uomo» (pp. 9-20), a cui seguono i Ventidue
brevi capitoli che formano il corpo dell’opera (pp. 21-171) e di una
Conclusione (pp. 173-183). Il libro è corredato dalla Bibliografia finale
(pp. 185-192) e dall’Indice (pp. 193-195). Intendiamo tratteggiare le
linee fondamentali della presente proposta editoriale raccogliendo in
tre tappe il suo itinerario teologico-ermeneutico: 1. Giobbe: ovvero
la «storia dell’uomo»; 2. Quale «sapienza» dalla sofferenza? 3. Impotenza, lontananza e onnipotenza di Dio.
1. Giobbe: ovvero la storia dell’uomo
Il cuore pulsante dell’analisi si colloca nell’orizzonte antropologico del libro biblico. Nel capitolo introduttivo l’autore invita il letto1 L’autore dichiara il metodo del suo lavoro: «Questo contributo è una riflessione articolata del libro di Giobbe, visto nell’ottica di chi si pone teologicamente e sapienzialmente le grandi domande e le sfide che lo stesso Giobbe si è
posto, come il perché della sofferenza. Verranno presentati spunti e discussioni
che toccano la sfera religiosa delle comande dell’uomo, non sempre con facili risposte, non tutte con immediate soluzioni» (Ibidem, 7).
2 Nella Prefazione si legge: «In Giobbe, vissuto secoli prima di Cristo, si riflette l’uomo di ogni tempo, spesso sottoposto a prove durissime di cui non sa
trovare il senso e dalle quali può uscirne con una perdita della fede o con un rafforzamento della speranza in Dio. Solo l’interpretazione profonda di questa storia, può chiarire la sofferenza, quale mistero che quotidianamente ci impegna»
(Ibidem, 6).
Studia_Moralia_50_2_2012
31-10-2012
10:21
Pagina 455
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
455
re a interrogarsi sulla storia di un innocente, giusto davanti a Dio e
agli uomini, improvvisamente precipitato nella disgrazia di un’assurda sofferenza. La vicenda di Giobbe spinge il credente e il non credente a porsi la questione del «senso» della vita, del «perché» del dolore e soprattutto dello «scandalo» derivato dall’apparente «silenzio»
di Dio. In tale contesto si profila la relazione Dio-uomo che implica
la dinamica della fede e dell’accoglienza del progetto misterioso della salvezza. Ripercorrendo l’ampia gamma degli autori che si sono cimentati con il dramma «a lieto fine» di Giobbe3, il prof. G. Witaszek
evidenzia il ruolo «universale» interpretato dall’opera e ne sottolinea
l’attualità: «La storia di Giobbe merita di essere riletta oggi in un’epoca, nella quale si leva da ogni parte del mondo il grido di dolore di
tanti uomini colpiti da sventure, senza apparente motivo: spesso di
tratta di uomini buoni e timorati di Dio. La sofferenza di Giobbe è il
grido di tutti noi quando, colpiti da un banale contrattempo o dalla
più terribile calamità, non riusciamo a farcene una ragione e ci domandiamo smarriti: “Perché proprio a me? Che cosa ho mai fatto io,
per meritarmi tutto ciò?”»4.
L’alveo antropologico della vicenda di Giobbe non può essere separato dal mondo sapienziale da cui ha preso forma. Per tale ragione
il nostro autore offre una sintesi efficace e chiara degli elementi che
compongono la visione della vita e della sapienza biblica. Nella configurazione del processo sapienziale biblico convive la dimensione
profana originata dall’ambiente famigliare e popolare, con quella religiosa di natura liturgico-cultuale. La possibilità data all’uomo di
comprendere il funzionamento della vita e del mondo alla luce della
sua esperienza non appartiene solo alla sfera profana, ma si connota
con una chiara prospettiva religiosa5. Giobbe rappresenta propriamente l’essere umano e, in quanto «timorato di Dio», diventa espres3 Vengono menzionati i temi della letteratura sapienziale, i paralleli nei contesti della sapienza egiziana e mesopotamica, nella lirica tragica greca, nel confronto con i protagonisti della letteratura mondiale fino ad arrivare a i nostri
giorni (cf. Ibidem, 15-17).
4 Ibidem, 18.
5 Cf. Ibidem, 32-33.
Studia_Moralia_50_2_2012
456
31-10-2012
10:21
Pagina 456
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
sione dell’autentica religiosità, costitutiva della persona che sceglie di
aprirsi di fronte al Mistero6.
L’improvvisa disgrazia che incombe sull’uomo retto spinge inevitabilmente alla domanda: da dove proviene la negatività della sofferenza? Fin dall’esordio narrativo del libro, l’autore biblico introduce
il ruolo distruttivo di Satana (cf. Gb 1) e disegna la condizione umana come una «grande prova» permessa dall’Onnipotente7. Giobbe
perde i beni materiali e sperimenta la negazione degli affetti e del futuro attraverso la tragica morte dei figli. La sua stessa esistenza personale è segnata dalla malattia. L’intervento di Satana attiene alla
«prova della fede» che viene richiesta a Giobbe in vista della sua purificazione attraverso la sofferenza: «L’interrogativo posto da Satana
è la chiave della discussione e mostra che il dibattito non è intorno al
significato della sofferenza, ma è prima di tutto sulla gratuità della
fede. Solo la sofferenza è in grado di scandagliare il cuore dell’uomo.
È la prova che saggia la fede e la purifica»8.
Il monologo di Gb 3 riveste un ruolo di cerniera tra la sezione
narrativa e il dialogo poetico che ha come interlocutori i tre amici:
Elifaz, Bildad e Zofar. Nelle parole di lamento urlate dal sofferente
verso il Cielo, il lettore può cogliere l’intensità del dramma che si sta
consumando: «Le ultime parole di Giobbe sollecitano la domanda
radicale, del perché della vita, se essa deve essere, come la sua, tutta
intrisa di sofferenza. Si dice che la vita è un dono ma per Giobbe è
diventata un peso pericoloso (Gb 3, 20-23)»9. La fatica di vivere e di
accettare l’assurda sofferenza va intesa come l’esperienza fondamentale di mediazione che conduce l’uomo all’incontro con Dio10.
16
Cf. Ibidem, 35-28
Cf. Ibidem, 43-47.
18 Ibidem, 42.
19 Ibidem, 49.
10 Evidenzia Witaszek: «Il cambiamento di stile e di dinamismo tra il prologo in prosa e parte principale del libro in poesia, sottolinea un modo nuovo di
affrontare il problema della sofferenza. Essa non è più vista, come una prova,
bensì come un’esperienza da portare all’incontro con Dio. La reazione di Giobbe non è più quella della pazienza, ma quella dell’uomo che si scontra con il mi17
Studia_Moralia_50_2_2012
31-10-2012
10:21
Pagina 457
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
457
2. Quale sapienza dalla sofferenza?
Il corpo del libro sapienziale è rappresentato dal lungo dialogo
tra il giusto sofferente e i suoi amici venuti a consolarlo11. Mediante la strategia colloquiale la sofferenza personale viene ripresentata
ed interpretata nella scena della storia come su un palcoscenico teatrale. Il lettore è invitato ad assistere a dibattito nel quale i tre amici espongono il loro punto di vista sulla vita umana, sul ruolo di Dio
e sulla relazione tra peccato e sofferenza. Va rilevata l’abilità con la
quale il prof. Witaszek affronta brillantemente l’analisi dei testi,
rendendo fruibile e chiara la posizione della teologia tradizionale
elaborata nel dibattito sulla sapienza. La posta in gioco è alta: non si
tratta di compiangere un uomo caduto in disgrazia, ma di riflettere
sul rapporto tra sapienza e sofferenza, che coinvolge direttamente la
giustizia divina e l’intelligibilità della storia della salvezza. «Per gli
amici di Giobbe l’uomo è radicalmente impuro, dunque anche peccatore. La discussione fra Giobbe e i suoi amici non si limita al semplice abbattimento della teoria della retribuzione, già superata con
la proclamata integrità di Giobbe, ma anche nel togliere a Dio la responsabilità della sofferenza»12. Siamo di fronte ad uno sforzo intellettuale che non produce frutto: la riflessione teologica collegata all’idea del castigo come correzione e la dottrina della retribuzione
applicata astrattamente provocano la reazione del giusto. Egli si ribella di fronte a questa visione e reagisce implorando il silenzio degli incauti interlocutori.
La sapienza tradizionale rivela tutta la sua insipienza: la presunta
consolazione degli amici si trasforma in un ingiusto e insopportabile
giudizio. Con il suo dolore Giobbe mette in crisi l’immagine di Dio
stero di Dio e vede crollare gli schemi teologici che hanno a lungo sostenuto la
sua sicurezza e nutrito la sua fede» (Ibidem, 50). Cf. B. MORICONI, Giobbe. Il peso della sofferenza. La forza della fede, Edizioni Camilliane, Torno 2001, 69-71.
11 La sezione di Gb 4-27 contiene nuove interventi dei tre amici di Giobbe:
Elifaz (l’uomo della legge), Bildad (il saggio) e Zofar (il profeta). Un’ulteriore
sezione è costituita dai discorsi del giovane saggio Eliu (cf. Gb 32-37).
12 Ibidem, 53.
Studia_Moralia_50_2_2012
458
31-10-2012
10:21
Pagina 458
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
e dell’uomo ricavate dalla sapienza tradizionale dei tre amici. Annota Witaszek: «La logica dei tre amici è chiara: Dio premia il giusto e
punisce il malvagio. Secondo la loro tesi Giobbe, essendo nel dolore,
è un malvagio ed anche un bugiardo, perché nega di esserlo. Loro inventano per Giobbe crimini che egli non ha commesso. Che Dio punisca i malvagi può essere vero; non è vero però, che se un uomo è
nel dolore, tale dolore deve essere necessariamente considerato come
una punizione divina. Questo vale specialmente nel caso di Giobbe,
dal momento che Dio stesso, nel prologo, ne ha attestato l’innocenza. Il problema di fondo è che gli amici hanno una concezione di Dio
giuridica e persino mercantile. Per loro Dio premia e punisce in modo quasi meccanico: la devozione e la morale sono necessarie per evitare le punizioni e raccogliere i premi»13.
Per approfondire il motivo della giustizia divina e della cosiddetta
«dottrina della retribuzione» il nostro autore introduce due capitoli
nei quali presenta la sofferenza «inspiegabile» del giusto (cf. pp. 5762) e il tema del «successo dei malvagi e della sofferenza degli innocenti» (cf. pp. 63-70). La rivendicazione dell’innocenza di Giobbe
espressa attraverso la sua intensa protesta produce un radicale cambiamento nel modo di pensare Dio, l’uomo e la vita. In tal modo la
riflessione teologica sul mistero del dolore dell’innocente in rapporto alla giustizia divina implica una diversa «sapienza». La risposta
apologetica di Giobbe è ferma e chiara: egli è integro e nessuna sapienza umana potrà rendere ragione del perché il giusto debba soffrire (cf. Gb 29. 31). Se il paziente Giobbe giace nella polvere denudato nella dignità, i tre amici davanti a lui sono «spogliati» delle loro presunte certezze14.
Un ultimo tentativo di dare spiegazione alla sofferenza dell’innocente è rappresentato dall’intervento di Eliu, giovane maestro di sapienza, che solo alla fine del dialogo espone la sua concezione. Secondo Eliu la sofferenza va interpretata nell’ottica della pedagogia
divina nei riguardi degli uomini che si ritengono giusti davanti a
13
14
Ibidem, 56.
Cf. Ibidem, 74-75.
Studia_Moralia_50_2_2012
31-10-2012
10:21
Pagina 459
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
459
Dio15. Permettendo l’esperienza del dolore Dio svela all’essere umano la sua presenza, lo interpella e lo spinge alla conversione del cuore. In definitiva «la sofferenza esercita un duplice ruolo: rivelare i disegni divini e educare l’uomo. Questi sono gli elementi più significativi della teologia relativa alla sofferenza e alla sua funzione educatrice. Il nocciolo dell’insegnamento di Eliu è che la sofferenza è la prova e il luogo privilegiato dell’appello di Dio alla conversione»16. È
importante sottolineare come il prof. Witaszek presentando il dialogo sapienziale rende attuale nel lettore l’attesa di una risposta adeguata di fronte al dolore dell’innocente17. Giobbe diventa il nostro
«portavoce» al cospetto di Dio. Se i sapienti del mondo non riescono a dare risposta alla domanda esistenziale sul mistero del dolore, allora viene chiamata in causa direttamente la sapienza di Dio. In questo senso «lamentarsi davanti a Dio non è un atto di incredulità, ma
la reazione, certamente forte ed eccessiva, di chi ha fede in un Dio
che non riesce più a comprendere»18. Il grido di Giobbe non può cadere nel nulla, ma invoca una risposta che riassume l’intero «principio della creazione nel quale è iscritto lo stesso ordine morale»19. Il
filo narrativo del libro volge verso la sua soluzione non senza tensione drammatica. La domanda implicita che accompagna il lettore/
spettatore rimane in attesa: che farà ora Dio, interpellato dall’invocazione dell’uomo sofferente? (cf. Gb 31, 35)
15 Commenta Witaszek: «Il tema della sofferenza educatrice è la vera novità
dei discorsi di Eliu (…). Ci troviamo di fronte ad una spiegazione teologica del
dolore certamente importante, ma non è ancora una vera e propria teologia della sofferenza» (Ibidem, 80-81).
16 Ibidem, 82.
17 Risultano efficaci le applicazioni del messaggio biblico al contesto pastorale: cf. Ibidem, 100-104.
18 Ibidem, 86.
19 In questo contesto si affronta il tema del «principio dell’ordine universale
nella creazione» e il suo collegamento con l’ordine morale (cf. Ibidem, 91-104).
Studia_Moralia_50_2_2012
460
31-10-2012
10:21
Pagina 460
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
3. Impotenza, lontananza e onnipotenza di Dio
In Gb 38-42 si condensa la «risposta divina» che pone fine al lamento dell’innocente. Con illuminanti pennellate il prof. Witaszek
tratteggia le tappe della rivelazione divina che sintetizza l’intera teologia della creazione20. Bene e male sono sotto la signoria dell’Onnipotente: ogni realtà è posta nel giudizio di Dio. A Lui solo è data la
regalità sulla creazione: in questo senso la storia della salvezza è
iscritta nell’opera del creato. Il lettore comprende come il discorso di
Dio invita contemporaneamente alla riflessione e alla contemplazione. Si passa dall’abisso del dramma allo stupore della bellezza21: Dio
abita la totalità dell’essere e in Lui ogni uomo che si apre alla fede,
può trovare risposta alla sua ricerca di senso22.
L’itinerario esperienziale e concettuale dell’opera ispirata relega
solo alla fine il pronunciamento sulle due domande con cui si è intrapreso il cammino: quale senso si cela nel mistero del dolore innocente e chi è il «Dio che si nasconde nel silenzio»? Nelle sue profonde riflessioni il prof. Witaszek premette l’idea che «la Bibbia non
è un trattato di filosofia e nemmeno di teologia nel senso che normalmente attribuiamo a queste discipline. La Bibbia ci presenta un’esperienza»23. Il percorso proposto dal suo commento assume un importante rilievo pedagogico e attinge alla tradizione sapienziale dell’intera Bibbia, che culmina nella centralità cristologica della rivelazione (cf. Eb 4,15)24. Nella teofania finale Giobbe, e con lui il letto20
Cf. Ibidem, 106-112.
In questa prospettiva si coglie la ricchezza descrittiva e simbolica dell’immagine della «sapienza personificata» di Gb 28 (cf. Ibidem, 127-131).
22 «La sapienza dell’uomo rinvia a quella di Dio, all’opera della creazione
(…). Il credente scopre Dio attraverso le sue opere: anche la Sapienza divina diventa per lui principio di educazione e di rivelazione dei segni divini» (Ibidem,
111-112).
23 Ibidem, 117.
24 Annota Witaszek: «Si dovrà aspettare il Nuovo Testamento per contemplare il mistero di Cristo annunciato da Isaia come l’innocente che soffre per i
peccati del mondo, le radici ultime del male che devasta la terra e il valore inestimabile della sofferenza nel piano divino della salvezza» (Ibidem, 123).
21
Studia_Moralia_50_2_2012
31-10-2012
10:21
Pagina 461
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
461
re, coglie l’incommensurabilità della sua impotenza di fronte all’Onnipotenza divina. Non c’è risposta ma c’è presenza: tutto avviene nell’incontro dell’uomo con la misericordia di Dio. Se il peccato segna
la lontananza dall’Amore creativo e redentivo dell’Onnipotente, la
sofferenza innocente permette la vicinanza a Colui che è principio di
ogni cosa. Nell’epilogo del dialogo si coglie il dono dell’incontro
personale dell’essere umano con l’Assoluto. In questo incontro l’uomo scopre la sua vocazione e intraprende l’esodo della fede. Solo nella dinamica di un «nuovo esodo», che abbatte ogni costruzione teologica puramente umana, si realizza la liberta del cuore pur nell’esperienza drammatica del dolore25. Si tratta però di un «dolore liberante» che apre alla speranza del futuro compimento della felicità. «Il
senso della sofferenza è per Giobbe nel mistero di Dio e nella possibilità di incontrarsi con Lui, non in una risposta dottrinale e astratta.
Giobbe ci insegna non tanto a liberarci dal dolore, quanto ad essere
liberi e credenti nel dolore»26. È illuminante la sintesi teologica a cui
ci fa giungere il nostro autore. Egli scrive: «La vita è appunto quella
dell’incontro personale con Dio, dove tutte le domande di Giobbe
non hanno più ragione di esistere. Quella di Giobbe non è una soluzione al problema del dolore, ma l’affermazione che non sono importanti tanto le risposte, ma la consapevolezza del non poterne dare. Il saggio si trova di fronte a una realtà mutevole e ambigua, che
può avere un senso solo in un corretto rapporto con Dio; anche in
questo caso Giobbe si dimostra un saggio; le domande sul dolore e su
Dio nascono dall’esperienza contraddittoria della realtà»27. A partire
da questa scoperta esistenziale e spirituale della gratuità di Dio, la riflessione teologica può rielaborare il pensiero sul mistero della sofferenza innocente e sulle sue conseguenze antropologico-morali28.
25
Cf. Ibidem, 133-138.
Ibidem, 124.
27 Ibidem, 125.
28 «La Bibbia non afferma che l’uomo è capace di una scelta morale né tanto meno si preoccupa di stabilire quale sia la motivazione che rende morale o
immorale una scelta. La Bibbia dimostra che l’uomo è libero, che è capace di
una scelta perché lo presenta come uno che, interpellato, è chiamato a dare una
26
Studia_Moralia_50_2_2012
462
31-10-2012
10:21
Pagina 462
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
Un ultimo aspetto che emerge dal lavoro del prof. Witaszek è rappresentato dal tema attualissimo della «ricerca di Dio nella fede»29.
L’autenticità della persona umana, che s’interroga sul senso del dolore redento e si apre al mistero di Dio, diventa modello della ricerca
religiosa. Attraverso le meraviglie del creato e la consapevolezza dei
propri limiti, l’essere umano sperimenta il valore della sua storia di
sofferenza e la compara all’immagine del «servo sofferente di Jhwh»
(cf. Is 42, 49; 50; 52-53)30. L’excursus finale sul mistero del dolore e
sul senso redentivo della malattia interpretata alla luce della Pasqua
di Cristo completa l’interpretazione di Giobbe anticipando le attese
neotestamentarie31.
Conclusione
Nella Conclusione il prof. Witaszek riassume i contenuti del messaggio biblico emerso dall’analisi, orientandoli nella prospettiva escatologica (il «fine gioioso»)32. L’itinerario esistenziale e religioso di
Giobbe consiste nel viaggio della fede che ogni persona è chiamata a
vivere in modo unico e irripetibile. Accompagnato dai grandi interrogativi sull’esistenza, l’uomo del nostro tempo potrà attingere dall’opera biblica la ricchezza intramontabile della sapienza di Dio che
parla al cuore. Scrive infine il nostro autore: «Il mistero della sofferenza resta tale, perché non siamo in grado di capirlo. La risposta al
risposta, che prede una decisione dando o rifiutando la risposta, che agisce nl
senso di una risposta data. Morale è tutto e solo quello che tende a sviluppare
l’uomo nella sua dignità e nobiltà. Dignità e nobiltà e conseguente moralità di
comportamento che l’uomo scopre attraverso la sua luce interiore. La nostra vita morale deve alimentarsi del rapporto religioso con Dio. La moralità non può
soltanto vedere nella religione la sua sanzione esterna, ma deve essere invece assorbita nella religione stessa» (Ibidem, 125-126).
29 Cf. Ibidem, 139-143.
30 Cf. Ibidem, 145-152.
31 Cf. Ibidem, 153-171; cf. GIOVANI PAOLO II, Salfivici Doloris. Lettera apostolica (11 febbraio 1984), LEV, Città del Vaticano 1984.
32 Cf. Ibidem, 173-183.
Studia_Moralia_50_2_2012
31-10-2012
10:21
Pagina 463
BOOK PRESENTATION / PRESENTACIÓN DEL LIBRO / PRESENTAZIONE DEL LIBRO
463
perché della sofferenza sta infatti nella grandezza dell’amore di Dio,
che noi però riusciamo a capire soltanto nella nostra misura. Il mistero deal sofferenza rimane intatto, ma il libro di Giobbe ci dive come viverlo: fidandoci di Dio»33.
Volendo segnalare uno slogan che può illuminare meglio il percorso compiuto, si potrebbe definire il messaggio di Giobbe con la
seguente affermazione: «Dall’umiliazione alla conversione»! La sofferenza ci prostra nell’angoscia; la Parola di Dio accolta nella sofferenza ci apre alla conversione a Lui. In questa dinamica interiore si
manifesta il cammino della fede personale ed ecclesiale, a cui siamo
invitati dalla lettura del volume di G. Witaszek.
Il testo si caratterizza per la positività dell’approccio «interdisciplinare»34 e la forza comunicativa del suo linguaggio. Nel corso della lettura si coglie la ricchezza scientifica che accompagna lo sviluppo del tema e allo stesso tempo la sicurezza pedagogica dell’esperto
docente, attento alle esigenze del lettore35 e rispettoso dell’alterità
del testo ispirato.
Siamo grati al prof. Witaszek per questo dono, che non deve restare solo a servizio della preziosa attività accademica che p. Gabriel
svolge da diversi anni, ma che può diventare un valido «compagno di
strada» per tanti lettori, chiamati ad un ascolto profondo della Parola di salvezza e ad un incontro autentico con Colui che è «principio
di tutte le cose» (Col 1,17).
33
Ibidem, 173.
Nella Prefazione l’autore spiega l’origine del libro: «L’idea di approfondire il tema della sofferenza dell’uomo innocente, è nata dopo le lezioni e il seminario scientifico tenute sullo stesso argomento, all’Accademia Alfonsiana di Roma» (Ibidem, 7).
35 Il libro «è rivolto a una cerchia vasta di lettori, credenti e non credenti,
perché Giobbe pone quelle domande di fondo che nessun uomo può eludere: le
domande sul senso dell’esistenza e della vita» (Ibidem, 7).
34