Gestione della dislipidemia per ridurre il rischio cardiovascolare

Transcript

Gestione della dislipidemia per ridurre il rischio cardiovascolare
M edicin a d el Territorio , SCa RL
Fiumicino, 30 novembre 2015
Queste Newsletters periodiche hanno lo scopo di fornire informazioni provate, motivate, utili ed
immediatamente applicabili nell'attività clinica quotidiana attraverso una sintesi di notizie corredate
da riferimenti bibliografici ed indicazioni per reperirne il testo originale nel web.
Da Annals of Internal Medicine:
18 August 2015, Vol 163, No. 4
John R. Downs, MD; and Patrick G. O'Malley, MD, MPH -
Management of Dyslipidemia for Cardiovascular Disease
Risk Reduction: Practice Guideline.
http://annals.org/article.aspx?articleid=2337281&resultClick=3
Gestione della dislipidemia per
ridurre il rischio cardiovascolare
Nel dicembre 2014, il Department of
Veterans Affairs (VA) ed il Dipartimento
della Difesa (DoD) degli Stati Uniti hanno
approvato assieme una linea guida di pratica
clinica per la gestione della dislipidemia e la
riduzione del rischio di malattia cardiovascolare negli adulti.
Sintesi delle principali raccomandazioni:
1. Eliminare i valori soglia per la terapia.
La revisione della letteratura ha aggiornato le indicazioni 2013 della ACC/AHA,
concludendo che le prove disponibili non
giustificano l'uso di livelli di colesterolo
totale o LDL come obiettivi del trattamento; non sono stati individuati, infatti,
studi clinici che mostrassero vantaggi
nell'usare il colesterolo totale o le LDL
come riferimenti per la terapia.
A causa della mancanza di prove dirette a
favore del raggiungimento di valoriobiettivo di colesterolo, con possibile
prescrizione di crescenti dosi di statine
e/o associazioni di farmaci con più alti
tassi di effetti avversi senza beneficio
apprezzabile, si sconsiglia l'uso dei livelli
di colesterolo come obiettivo del terapia.
Tuttavia, resta chiaramente dimostrato
che una moderata dose fissa statina in
monoterapia riduce la mortalità totale ed
il numero di eventi cardiovascolari.
2. Non servono esami clinici addizionali.
Solo la proteina C-reattiva ed il test del
calcio coronarico hanno dimostrato una
minima capacità predittiva al di là dei
fattori di rischio tradizionali; entrambi gli
esami tenderebbero ad aumentare il
valore predittivo per i maschi, i fumatori,
e gli adulti a rischio intermedio; ma
nessun RCT ha dimostrato che inserendo
tali esami nella pratica clinica si ottiene
un miglioramento dei risultati, per cui
restano sconsigliati in tutti i pazienti.
3. La prevenzione primaria non sempre è
vantaggiosa.
Premesso che la decisione di iniziare la
terapia con statine dovrebbe sempre
essere condivisa con i pazienti, in
presenza di un rischio cardiovascolare a
10 anni del 12% o più i benefici sono
sostanzialmente superiori ai rischi;
quindi, in tali pazienti, è fortemente
raccomandato un trattamento con una
dose moderata di statina.
Nel caso di rischio intermedio (dal 6% al
12% in 10 anni), la decisione di iniziare
la terapia dovrebbe essere basata su una
valutazione individuale del paziente,
perché i vantaggi sono incerti sia per il
numero limitato di prove, sia per la
tendenza dei calcolatori a sopravvalutare
il rischio in questi pazienti, sia per un più
sfumato equilibrio tra benefici e rischi.
Pag. 1
Dall'esame degli studi clinici esistenti sul
trattamento con statine, non emergono
prove di benefici in caso di rischio
cardiovascolare a 10 anni inferiore al 6%
e prove limitate per valori dal 6% al 12%;
relativamente ai pazienti con un rischio a
10 anni maggiore del 12%, gli studi
clinici
indicano
che
il
rischio
cardiovascolare può essere ridotto dal
20% al 30% con l'uso di una dose
moderata di statina per 5 anni.
verificano più spesso con i dosaggi
maggiori e ciò può portare ad una ridotta
aderenza e/o ad una riluttanza nel
continuare la terapia; inoltre non esistono
studi o metanalisi riguardo al passaggio
da un'alta dose di statina ad una più bassa
o viceversa; è pertanto raccomandabile
l'uso degli alti dosaggi solo per i pazienti
a rischio maggiore, valutando caso per
caso il bilancio tra benefici ed effetti
avversi.
4. Nella prevenzione secondaria iniziare
con una moderata dose di statina e
successivamente arrivare ad una dose
maggiore nei pazienti a più alto rischio.
5. Non è necessario effettuare le analisi a
Da tre metanalisi di elevato livello
relative a 10 RCT di prevenzione
secondaria effettuati con vari dosaggi di
diverse statine verso placebo, è emerso
che tutti i trattamenti riducono la
mortalità cardiovascolare, la mortalità
globale e gli episodi di infarto non fatale,
malattia coronarica e stroke non fatale.
Non sono state evidenziate differenze
significative tra i dosaggi alti o moderati
di statine sia per la mortalità globale
[RR=0,92 (CI95%=0,83-1,03), p=0,14]
che per quella cardiovascolare [RR=0,89
(CI95%=0,78-1,01), p=0,07].
Sono emerse differenze significative per
infarto miocardico non fatale [RR=0,82
(CI95%=0,76-0,89) p<0,001] e l'associazione di infarto miocardico e stroke non
fatali [RR=0,86 con (CI95%=0,77-0,96),
p=0,006].
Dall'esame di un'altra metanalisi di
elevato livello relativa a cinque RCT, la
riduzione degli eventi cardiovascolari
maggiori non è risultata omogenea,
perché solo 2 su 5 degli studi originali
hanno dimostrato una maggiore efficacia
della dose più alta e le differenze erano
limitate a una riduzione degli eventi non
fatali.
Anche se il rischio di effetti collaterali
gravi delle statine è modesto, questi si
digiuno e/o eseguire controlli periodici.
Un profilo lipidico non a digiuno fornisce
valori di colesterolo e di HDL che non
differiscono rispetto a quelli riscontrabili
dopo 9 o 12 ore di digiuno; i livelli di
LDL possono essere del 10% più bassi ed
i trigliceridi possono essere fino a 20%
più alti; bastano questi dati per consentire
il calcolo del rischio ed è improbabile che
la piccola variabilità del livello di LDL
possa influenzare tale calcolo o le
decisioni terapeutiche: quindi, un profilo
lipidico non a digiuno fornisce misure
sufficientemente precise per stratificare il
rischio cardiovascolare.
Inoltre, poiché l'efficacia delle statine è
basata su una dose stabilita e non sui
livelli dei lipidi, non è consigliabile il
monitoraggio di routine dei lipidi una
volta iniziato il trattamento con statine; se
il rispetto della terapia costituisce una
preoccupazione, può essere opportuno
misurare i lipidi plasmatici per valutare
l'aderenza del paziente; nel caso di terapia
con alte dosi di statine, può essere
ragionevole valutare la lipemia perché
esistono noti effetti avversi associati con i
livelli molto bassi di LDL riscontrabili
proprio in corso di tale trattamento.
Dopo l'inizio di terapia con statine, è
tradizione effettuare regolari test di
funzionalità epatica e misurare il CPK se
si verificano sintomi muscolari; tuttavia,
questa pratica non si basa su studi
specificamente progettati e non esiste
Pag. 2
alcuna prova diretta che dimostri come il
monitoraggio sistematico della funzionalità epatica o dei livelli del CPK possa
migliorare la possibilità di predire o
prevenire tali effetti avversi delle statine.
Commento: Cambiare convinzioni di lunga
data non è mai facile, anche quando la
necessità di un cambiamento si basa sul forti
evidenze. Ciò risulta particolarmente
difficile quando le convinzioni precedenti
sono saldamente radicate nella cultura,
accettate come dogma e codificate in libri,
articoli, linee guida, dichiarazioni dei servizi
pubblici e misure di performance. [Hayward
(Ndr: In ogni caso è fortemente consigliata la
consultazione del testo integrale, al fine di
approfondire quanto sintetizzato nelle presenti note)
RA, Krumholz HM.: Three reasons to abandon low
density lipoprotein targets: an open letter to the Adult
Treatment Panel IV of the National Institutes of Health
- Circ Cardiovasc Qual Outcomes. 2012;5:2-5]
************
Algoritmo decisionale
(Tradotto da VA/DoD 2014 Cholesterol Guidelines pag.3)
Uomo > 35a. - Donna > 45a. o paz. con malattia coronarica
sì
Insufficienza cardiaca con FE<35%; insufficienza
renale severa o dialisi; aspettativa di vita < di 5 anni
no
Anamnesi di malattia coronarica acuta o cronica
sì
no
Calcolare rischio CV, misurare livelli lipidici e pressione
arteriosa, valutare fattori di rischio e terapie in atto
Rischio CV a 10 anni > 12% o colesterolo-LDL >
190 mg/dL o diabete con ipertensione o fumo
no
Rischio CV a 10 anni tra 6% e 12%
no
Cambiare positivamente lo stile di vita e ottimizzare il
controllo delle patologie concomitanti
Ripetere la valutazione del rischio CV ogni 2 anni se è
del 6% - 12% ed ogni 5 anni se è inferiore al 6%
Malattia coronarica acuta
recente o cronica ricorrente
no
sì
sì
Prescrivere statine a medie dosi
e prendere in considerazione
le alte dosi se tollerate
Prescrivere statine a medie dosi
sì
sì
Valutare col paziente se iniziare
o continuare terapia con statine
no
Cambiare positivamente lo stile
di vita più dieta mediterranea
Controlli di routine e follow-up,
anche per gli effetti collaterali
Dose di statina in base al rischio CV
Dosaggio delle statine
Statina
Abbandonare l'algoritmo:
discussione col curante
Dose moderata Dose elevata
Aterosclerosi coronarica
Dose
Moderata o elevata
Atorvastatina
10 – 20 mg
Simvastatina
20 – 40 mg
Maggiore del 12%
Moderata
Pravastatina
40 – 80 mg
Dal 6% al 12 %
Moderata
Lovastatina
40 – 80 mg
Inferiore al 6%
NO
Fluvastatina
80 mg
Rosuvastatina
5 -10 mg
40 - 80 mg
Rischio a dieci anni
20 - 40 mg
Domenico Quadrelli
Ugo Montanari
Pag. 3