PSCC06 - Ca` Foscari
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PREMIO DI SCRITTURA CLASSICI CONTRO 6 IRIS FRANCESCA SEVERI Liceo Classico ‘Antonio Pigafetta’, Vicenza La stazione brillava di luci e i manifesti pubblicitari adescavano i passanti con i loro colori vividi e sensuali. Treni arrivavano e ripartivano nella confusione di passi, conversazioni spezzate e annunci di ritardi. Ma al terzo binario, appoggiata ad una colonna, si apriva una finestra su un altro mondo, buio e misterioso, più vero della realtà stessa. Lei era vestita di nero e aveva lunghi capelli corvini, leggermente mossi, sciolti sulle spalle; nella mano sinistra reggeva un bastone d’ebano, sottile, solcato da linee spigolose. I suoi occhi avevano il colore dell’acqua: era cieca. Iris, la messaggera. Ascoltava i rumori delle scarpe sul selciato, cercando quelle che avrebbero prestato attenzione a lei e al suo annuncio. Un ticchettare di tacchi rallentò il proprio ritmo, spinto da curiosità per quella ragazza strana che fissava il vuoto. Era il momento. “La fiamma trema nell’aria immobile, le onde aggrediscono la roccia…”. Il ticchettio accelerò nuovamente, quasi spaventato dalle sue parole, e si confuse nel rumore circostante. Il mondo era cieco, lei sola vedeva, sapeva. Si appoggiò al bastone, cercando un appiglio per non perdersi nel proprio cosmo interiore, oscuro eppure così chiaro per lei, e rimanere lì, in quella stazione, per portare a termine il suo compito, trasmettere il messaggio a chi ne fosse stato degno. Altri passi, strascicati, svogliati: l’avrebbero ascoltata? “Il timone della nave non può reggere alla tempesta, il gemello nero è sempre vittorioso…”. Il tintinnio di una moneta sulla pietra, e un silenzio indifferente. Sapeva che non sarebbe stato facile. Sapeva di essere divisa da loro, riusciva a vedere il muro che li separava, anche se per loro, gli altri, era invisibile. Un’inferriata di silenzio, di parole non dette e non ascoltate. Eppure non riusciva a capacitarsene, voleva ancora avere fiducia in loro, confidava nel fatto che qualcuno sarebbe riuscito ad abbattere quella barriera. CLASSICI CONTRO UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI VENEZIA - LICEO CLASSICO A. PIGAFETTA VICENZA Francesca Severi - Iris I minuti passavano, si scioglievano nel ronzio monotono dei rumori della stazione. Cos’era per lei il tempo? Nel suo mondo buio, ogni secondo era un’ora, ogni ora un secondo: ogni attimo portava una nuova consapevolezza, una scintilla subito estinta, che illuminava fuggevolmente qualcosa di più grande, meraviglioso e terribile. Un refolo di vento le scompigliò i capelli, dolce avvertimento e richiamo alla realtà del mondo esterno. S’incamminò lentamente, il bastone davanti a sé, e s’immerse nel flusso vociante che scendeva nel sottopassaggio grigio, così diverso dai binari e dagli atri dai colori squillanti, e tuttavia così adatto a quell’indifferenza che avvolgeva ogni cosa. In mezzo alla folla che la urtava, provava un dolore quasi fisico all’idea che nessuno avesse voluto ascoltarla. O forse, nessuno aveva potuto farlo, non ne erano più capaci, presi da se stessi e dai propri insignificanti problemi, che avrebbero perso d’importanza di fronte al suo messaggio. Uscì sulla strada assolata e si diresse con passo fermo verso la periferia della città. Si era nuovamente isolata dal mondo, non sentiva più il rumore del traffico, lo stridore dei freni, le chiacchiere vane e inconsistenti; pensava. Aveva fallito. Non era riuscita nel suo compito. Eppure non si sentiva colpevole. Sapeva che la causa della sua sconfitta era l’indifferenza, calata su di loro come una nebbia fitta, come lo smog che permeava l’aria intorno a lei. Le case cominciarono a diradarsi, e infine apparve il prato: sentiva l’odore dell’erba, dei fiori, avvertiva sulla pelle i lievi tocchi dei pollini portati dal vento e il calore del sole calante. Avanzò verso il centro del campo, immersa nella vegetazione fino alle ginocchia, sfiorandola con il palmo della mano; appoggiò il bastone per terra con un gesto delicato e si sdraiò, la guancia premuta contro la terra secca, gli occhi spalancati nel buio. Si ripiegò nel suo cosmo interiore, libera finalmente di isolarsi dal mondo esterno, sola, lontana da tutti. Il tempo smise di scorrere, e trascorse fulmineamente. I pensieri si susseguivano in una sequenza ininterrotta, le sensazioni si avvicendavano l’una all’altra, lasciando tracce fugaci dietro di sé: rabbia, amarezza, disillusione. Poi, ad un tratto, la pace. Presagì che stava per accadere ciò che aveva visto nell’oscurità, ciò che non era riuscita a portare alla luce. Fu dapprima una lieve vibrazione che si trasmise al suo corpo disteso, poi l’aria fu squassata da un boato e la terra tremò. PREMIO DI SCRITTURA CLASSICI CONTRO CLASSICI CONTRO UNIVERSITÀ CA’ FOSCARI VENEZIA - LICEO CLASSICO A. PIGAFETTA VICENZA 2