CHIGIANA - UNICO SETT. 2007

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CHIGIANA - UNICO SETT. 2007
CHIGIANA - UNICO SETT. 2007
22-06-2007
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borghese; tuttavia, nel corso dei rifacimenti del libretto, ne è sortita
una figura mercuriale, ancora più mostruosa dei genitori e del
figlio. Quando l’Antennista si presenta (scena II) non si sa perché
sia arrivato, così come non si sa perché, a un certo punto, decida di
andarsene (scena VII). I suoi interventi, la sua presenza hanno una
valenza straniata e straniante nel quadro delle situazioni sceniche e
nella trama dei dialoghi tra gli altri personaggi. L’Antennista non
ha altro interesse che il proprio tornaconto, come fa capire allorché
si presenta a Gianluigi: “Voglio cinquanta euro per l’uscita e altri
cinquanta per l’entrata. / I pezzi di ricambio sono a parte. C’è per
favore un bagno? / Posso telefonare? Vi avanza qualche cosa da
mangiare? Avete da fumare?” (scena II).
Comune a tutti i personaggi dell’opera è, in ogni caso, la mancanza di un rapporto positivo e autentico con la realtà; ciascuno di
loro denota, seppure in modo diverso, una percezione del reale che
appare distorta da forme patologiche, pregiudizi, insensibilità, egoismi o comunque dall’incapacità di aprirsi alla comprensione e alla
partecipazione delle ragioni e del sentire altrui. Quando nell’epilogo
Maria e Gianluigi cantano “Mostri! Non ci lasciate! / Rimanete con
noi! Non ci dimenticate! / Siamo mostri anche noi!”, si ha l’impressione che l’opera avrebbe potuto anche prendere in prestito il
titolo del celebre film di Dino Risi con Vittorio Gassman e Ugo
Tognazzi, I mostri (1963) appunto, dove la satira sociale e di costume assume i toni di una comicità cinica e feroce dalla quale nulla
si salva. Anche nell’opera di Serra e Vacchi non ci sono innocenti,
nessuno ha il diritto di chiamarsi fuori; i mostri siamo noi ed è ora
che ciascuno si prenda le sue responsabilità.
Sul piano strutturale il riferimento alla tragedia greca, per
quanto ironico esso possa apparire trattandosi di un dramma quotidiano e borghese intessuto intorno alla violenza assurda e bestiale
del mondo del calcio, è evidente nel ruolo del coro. Per una delle
intuizioni più felici dell’opera, il coro è la voce della televisione
che porta il mondo esterno nel salotto di casa: non a caso l’opera
incomincia con un telegiornale. Proprio perché, come si diceva, la
televisione è l’interfaccia dell’ambiente familiare con il mondo di
fuori, il coro svolge un ruolo di mediazione tra due ordini di realtà;
in questo senso il coro-televisione è davvero un medium, un mezzo
di comunicazione. Per ciò il coro-televisione interagisce anche con i
personaggi, e in particolare con Maria: dapprima nella trasmissione
e nel racconto degli incidenti che vedono il consumarsi della tragedia, quando Maria lo implora di essere per una volta partecipe
(“Voi che parlate sempre e non ci ascoltate mai. / Voi che ci dite
tutto, e non ci chiedete niente. / Fate qualcosa, Per una volta, fate
qualcosa”: scena V); e poi allorché la madre compiange e ricorda il