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Italía: il nome e la sua origine
Carlo de Simone
Abstract
La trattazione del tema affidatomi nel quadro di questo Convegno tarentino può
prendere utilmente le mosse dall’esistenza di un’unità lessicale (aggettivo) *wit-elo(femm. -ela), rendibile con “vitello” (“giovenca)” in Italiano (: “Kalb”, “calf”): questo
termine si presenta nell’attuale documentazione al contempo come “italico” e latino.
Il significato etimologico di *wit-elo- (femm. -el a ) non è discutibile: la valenza
originaria è quella di un derivato aggettivale di pertinenza (od “attinenza”), formato
appunto in -elo- (femm. -ela), del sostantivo *wet- “anno”, che presenta in quanto tale
convincenti corrispondenze indoeuropee, su cui non mi soffermo (: ittito witt- anno”,
greco üevto" etc; la “costellazione etimologica” relativa è assai vasta e polimorfa). Il
valore fondamentale di *wit-elo- (forma secondaria o “marcata”, in quanto aggettivo;
primario o non-marcato è il sostantivo *wet- di base) è certo “dell’anno” (> “di [un]
anno”); nel valore attuale italico-latino “vitello” abbiamo la restrizione o fissazione
designativa (nella “norma”, nel senso specifico e vincolante di E. Coseriu) col valore
di “animale (sacrificale) dell’anno” (> appunto “vitello”); esiste in Tedesco il termine
“Jährling” (: inglese “jaerling”) che rende molto bene il valore originario, e non è
traducibile in Italiano, per cui manca un corrispondenza diretta. Alla base di *wet-elonon va dunque posto una designazione a valenza ricorrente (tipo “annuale”) od
indicante il carattere “annoso” (“betagt, bejahrt” in Tedesco) del relativo designatum.
Rispetto alla base (:*wet-elo-) si nota, dal punto divista formale, il passaggio e > i (:
*wet-elo- > *wit-elo-), che si costituisce oggi in quanto tale come “sporadico”, non
rientra cioè nel quadro di una produttiva regola fonologica, precisa ed altrimenti
documentabile. Da *wit-elo- dipende direttamente (per sincope della vocale breve)
l’italico vitlo- (: femm. -a), su cui infra. Un importante e storicamente fondamentale
derivato di *wit-elo- è costituito per noi da *witel-ya (derivato aggettivale, femminile
derivato in -ya; l’aggettivo *wit-elo- è stato sostantivizzato, quindi aggettivato), “la
(terra) dei Vitelli-Tori”, per eccellenza (cfr. infra), ben noto come Vite(l)liú nelle
famose monete della Guerra sociale. Il legamento palatale (y) ha prodotto
geminazione della consonante (l) precedente, ed il grafema -ú rappresenta l’esito
italico del fonema a. Il latino presenta il corrispondente termine vitulus “calf” (a
partire da Varrone), sospetto di essere imprestito umbro. Da vitulus dipende infine il
diminutivo (: -lo- !) vitellus, su cui è basato il gentilizio (!) Vitellius.
Particolarmente interessante (e rivelatrice) si costituisce la documentazione umbra
(delle tavole di Gubbio: I b 1. 4) in cui vitlo- (indicante le offerte sacrificali) viene
specificato dal sostantivo toro- (vitluf turuf; accusativo plurale, oggetto del verbo). I
“vitelli” sono dunque determinati (“prescritti”) come “tori”, il che a mio avviso
consente una sola interpretazione: i “vitelli” debbono essere adulti (“maturi”;
“ausgewachsen”), cioè in grado di generare. Il migliore rendimento italiano, da me
favorito, è “Vitelli-Tori”, che ha un perfetto corrispondente in “Stierkälber” della
lingua tedesca. Sintatticamente va notata la posizione predicativa (non attributiva: il
buon cane ~ il cane buono) di “Tori” nel sintagma relativo, il che implica la
realizzazione sintattica della copula. Che gli “italici” avessero un termine per “VitelliTori” (> “Tori” tout cour) è confermato pienamente dalle fonti, su cui non mi
soffermo. Un altro termine qualificante i “vitelli” nelle tavole iguvine (II b, 21, 24,
25) è vufru (impiegato parimente in funzione predicativa), che vuol dire
verosimilmente “votivi” (con buona etimologia !), e può essere semplicemente un
altro modo di dire che i vitelli debbono essere “Tori”, e quindi “votivi” (adatti cioè in
quanto tali per l’offerta sacrificale). Il femminile vitla- compare parimenti nelle tavole
iguvine (si debbono sacrificare “tre vitelle”), ovviamente non specificabili come
“tori”.
Ma non meno interessante si costituisce oggi la documentazione etrusca. Una
iscrizione etrusca di Volterra (VII sec.a C. !!) mostra il gentilizio Vitlna-i (femm.),
che implica una forma maschile *Vitle-na, cioè il passaggio in Etrusco della forma
umbra Vitlo- (> etr. regolarmente *Vitle; in etrusco recente (Perugia !) abbiamo il
gentilizio Vitlia. La migliore spiegazione storica è che il termine umbro vitlo(“Vitello-Toro”; “Stierkalb”) sia stato impiegato in Umbro come designazione
personale (prenome maschile!), tipo - per citare solo qualche esempio - “toro seduto”,
“cavallo pazzo” etc. (numerosi altri esempi in Greco e nelle lingue germaniche):
impiego metonimico dell’appellativo come nome di persona; il passaggio di Vitlo- in
Etrusco si spiega agevolmente nel quadro della mobilità sociale orizzontale (S.
Marchesini). La più antica documentazione indiretta del nome “italico” dell’Italia (mi
scuso per il gioco di parole) è dunque oggi etrusca, e risale al VII secolo a. C.
Passo ora al termine üitalo~ (onde Italía ), che costituisce il vero nucleo
problematico. Dopo lunga riflessione credo di dover aderire in pieno alla tesi di A.
Mele, che questo termine all’origine (!) era di origine greca, ancorato dunque in senso
specifico nella lingua e cultura ellenica, e designava all’inizio i “Vitelli-Tori”
propriamente “italici” (“Stierkälber”): si tratta della realtà-economia agricolopastorale con cui i coloni ellenici di Sicilia (cfr. Antioch . In Dion. Hal. I 35, 1:
dunastou onoma Italou) vennero primariamente a contatto (e conobbero) nel
Bruzio, cioè con le popolazioni “italiche” a loro più direttamente vicine e coinvolte.
Cfr. del resto Timaeus apud Varro, R. R. II, 5, 3: Graecia enim antiqua, ut scribit
Timaeus, tauros vocabat italos: questi tauros sono appunto i “Vitelli-Tori” di iguvina
memoria. Ma è al contempo evidente la successiva e progressiva estensione
designativa del termine üitalo~ (: Italía ) , che non è mio compito seguire e
documentare nei particolari. Ricordo solo che per i Francesi les Allemanns sono la
designazione di quelli che noi chiamiamo “tedeschi”, ma in realtà è all’origine solo il
nome di un popolo germanico, però “adiacente”. La palese estensione designativa del
termine üitalo~ nella documentazione epigrafica è evidente in casi come il nome
messapico Plator, designato come Italo" (Delos, II sec.a C.), che non è certo più un
“vitello-toro” italico. Tre iscrizioni ormai imperiali della Macedonia documentano un
Titus Flavius Ouitalos ed un Titus Mustius Ouitalos (in alfabeto Greco !), che ancor
meno sono “vitelli-tori”; la grafia Ouitalos (con Oui-) riflette ancora il legamento
velare della base greca üitalo~. Una iscrizione di Delos menziona Italoi kai
Ellene" ! Tralascio altre attestazioni, per altro evidenti.
Più sottile è il problema costituito dal termine ellenico üitalo~ in quanto tale,, che
viene a coincidente nel designatum con l’”italico” vitlo- (: “Vitelli-Tori”). Si presenta
come molto allettante porre in relazione questo termine ellenico con l’aggettivo Greco
etalon/etelon di due iscrizioni (IV – III sec. a . C.) di Aegae (Eolia) e di Kos. Il
valore è certo “animale sacrificale di un anno”, ed è quindi verosimile la connessione
con la famiglia etimologica del Greco üevto" “anno”. Ma la formazione è per sè certo
autonoma rispetto all’”italico” *vit-elo-, che però designa. Resta comunque da
chiarire perchè una forma originaria ellenica *üevtalo"//*üevtelo"), non senza motivo
ipotizzata, abbia dato luogo a üitalo~ (cfr. Ouitalos) (assimilazione parziale ?).