Lago di Bled - MissDanyCullen

Transcript

Lago di Bled - MissDanyCullen
Titolo originale: Destined to Fly
Copyright © Indigo Partners
Pty Limited 2013
First published in English in
Sydney, Australia by HarperCollins Publishers
Australia Pty
Limited in 2013.
This Italian language edition is published by arrangement with HarperCollins Publishers
Australia Pty Limited.
The Author has asserted her right to be identified as the author of this
work.
All rights reserved.
Traduzione dall’inglese di
Anna Ricci e Claudia Valentini
Prima edizione ebook: marzo
2013
© 2013 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-541-4988-5
www.newtoncompton.com
3/281
Realizzazione a cura di Il
Paragrafo, www.paragrafo.it
Indigo Bloome
Incontri proibiti
La passione
Newton Compton
editori
A Roberto, cui sono grata per avermi accompagnata passo dopo passo in questo, come in moltissimi altri viaggi.
A Nix, con tanto amore: ci hai lasciato davvero troppo presto!
Non ho alcun dubbio che in questo momento tu stia volando altissimo, ovunque tu sia.
Il sistema limbico è composto da una complessa serie di nervi e strutture cerebrali in grado di supportare diverse funzioni psichiche, tra cui
emotività, comportamento, motivazione e formazione dei ricordi. Non
si conoscono ancora tutte le sfere in cui agisce, anche se sembrerebbe
il principale responsabile della nostra vita emotiva, essendo in grado di
provocare sensazioni come la paura e il piacere. Influenza sia il sistema
endocrino che quello nervoso, ed è strettamente connesso con il centro
del piacere del cervello, che svolge un ruolo chiave nell’eccitazione
sessuale.
Prefazione
Hai mai avuto l’impressione che le mani dell’universo ti afferrassero e ti scagliassero su un pianeta lontano e sconosciuto, in grado
di mettere in crisi l’essenza più profonda del tuo essere? Non so come
sia successo, ma il viaggio che ho intrapreso mi ha condotta in un
luogo in cui mai mi sarei aspettata di trovarmi, e che tanto meno immaginavo potesse esistere.
Tutto è cominciato durante un fine settimana che ha risvegliato la
mia sessualità, accendendo una scintilla in fondo all’anima, tanto che
ancora mi sento preda del tornado psicologico e sessuale che mi ha travolta senza possibilità di difesa.
Non so come si concluderà il caleidoscopio di eventi che si sono
succeduti nell’ultimo periodo. Posso solo sperare che le persone che
amo saranno al mio fianco per proseguire il viaggio con me.
Se avessi saputo allora quello che so adesso, mi chiedo, avrei
comunque scelto di percorrere questa strada? O forse, in realtà, non ho
mai avuto alcun potere decisionale ed è stata la strada a scegliere me…
In ogni caso, quel che è stato è stato, e quel che sarà sarà. Spero
solo, e prego, di essere destinata a volare.
Parte prima
Parla o agisci con mente impura e sarai seguito da guai.
Buddha
Lago di Bled
La mano di Madame Jurilique colpisce la guancia di Josef con un
impeto furioso.
«Come hai potuto tradirmi in questo modo? Dopo tutto quello che
ho fatto per te e per la tua famiglia negli ultimi anni! È così che mi
ripaghi?».
Josef ha le braccia bloccate lungo i fianchi da due uomini della
sicurezza, Frederic e Louis, e malgrado sia stato veloce a voltare la
testa da una parte nel tentativo di schivare quello schiaffo violento, non
può nulla contro l’enorme anello di diamanti che ruota verso l’interno
della mano della donna e gli ferisce la guancia. Nel vedere le prime
goccioline di sangue formarsi sul volto dell’uomo, Madame Jurilique
non riesce a trattenere un sorriso soddisfatto.
«L’unica cosa che volevo da te era il suo sangue.
Dimmi, onestamente: ho forse chiesto troppo?».
Il dottor Josef Votrubec non cede e rimane in silenzio, rifiutandosi
di guardare in quegli occhi glaciali.
«Rispondimi, Josef!». La rabbia della donna è tutta nei pugni, serrati con forza in due sfere impenetrabili dalle nocche bianche, che mal
si addicono al suo stile sempre così raffinato.
Madeleine si ferma un secondo a pensare a come dovrebbe comportarsi con quell’uomo, che una volta considerava un collaboratore
prezioso e leale mentre ora se ne sta lì, in piedi davanti a lei con aria di
sfida. Non aveva mai provato il desiderio di fargli del male, fino a
quando lui non le aveva voltato le spalle in modo tanto subdolo. E in
10/281
un attimo giunge all’unica conclusione possibile: non le resta che
risolvere la questione una volta per tutte. Non può permettere a una
testa calda di agire libera e impunita all’interno del suo gruppo.
Ricordava bene il giorno in cui la sua cara amica Lauren Bertrand le
aveva raccontato di essere stata invitata a far parte dell’elitario Global
Research Forum. Da giovani, lei e Lauren avevano frequentato la
stessa scuola di specializzazione in Svizzera, per poi riuscire entrambe
a trasformare la passione per la chimica in una carriera di successo.
Lauren era diventata una famosa chimica francese, spesso ingaggiata dalla Xsade per importanti consulenze. Madeleine aveva già da
tempo iniziato a tenere d’occhio gli sviluppi del Global Forum – non
perdeva occasione per seguire sempre più da vicino tutto ciò che
riguardava l’illustre docente di Harvard, Jeremy Quinn – e il suo
interesse era cresciuto in maniera esponenziale quando Lauren le aveva
rivelato che il dottor Quinn era in possesso dei risultati delle riservatissime ricerche condotte sulla psicologa australiana Alexandra Blake,
con tanto di cartelle cliniche.
In seguito aveva poi scoperto che gli studi realizzati dalla dottoressa
Blake nel campo della percezione visiva erano stati sponsorizzati da un
altro membro del forum, il professor Samuel Webster, che aveva iniziato a addentrarsi nei campi della sessualità e della neuroscienza. Da
quel momento Madeleine non si era occupata d’altro, arrivando al
punto di chiedere ai suoi fidati esperti informatici (ovviamente in via
del tutto confidenziale) di violare i computer dei due uomini per
scoprire cosa ci fosse davvero in ballo.
Come l’avvoltoio riesce a percepire la presenza di una carcassa di
animale, così Madeleine sentiva fin nella più piccola fibra del suo
corpo che Quinn stava per fare un’altra strabiliante scoperta delle sue.
Quell’istinto le venne confermato prima del previsto. I suoi uomini
scoprirono che il principale benefattore di Quinn, il filantropo
11/281
enigmatico e molto riservato che rispondeva al nome di Leroy Edward
Orwell (detto anche Leo) sarebbe volato a Sidney proprio nello stesso
fine settimana in cui Quinn doveva incontrare la dottoressa Blake. Dal
momento che la Xsade era sul punto di realizzare il brevetto della “pillola rosa” per il trattamento del disturbo dell’eccitazione sessuale femminile, Madeleine sapeva di dover continuare a raccogliere informazioni relative all’affare Quinn-Leo, informazioni che potevano
rivelarsi molto preziose per lei.
Era a una conferenza con Lauren quando quest’ultima la informò
che le sperimentazioni previste dal forum rischiavano di non vedere la
luce. A Madame Jurilique non restò che minacciare in forma anonima
il dottor Quinn, per spingerlo a continuare il lavoro programmato in
modo tanto meticoloso già da mesi.
A quanto pareva, quel metodo funzionò. I test furono eseguiti, e i
risultati ottenuti dal computer di Quinn e da quello di Webster si
rivelarono ben al di là di ogni più rosea aspettativa.
La telefonata di Lauren, che raccontava di essersi imbattuta in Alexandra Blake all’aeroporto di Singapore appena prima che la dottoressa
si imbarcasse su un volo per Londra, era stata la ciliegina sulla torta.
Dopo essere riuscita a eludere i sistemi di sicurezza presenti nei computer di Quinn e Webster, Madeleine aveva ora la sensazione che l’universo le stesse consegnando la dottoressa Blake su un piatto d’argento:
non le restava che agire. Così fece in modo che la donna venisse condotta con la forza prima in un castello in Slovenia e poi nei laboratori
segreti della Xsade, nascosti sotto le acque del lago di Bled.
Era certa di essere a un passo dallo scoprire l’origine delle anomalie
presenti nel sangue di Alexandra, cosa che le avrebbe permesso di
assicurare profitti astronomici alla Xsade, e a lei quel grado di potere
personale e professionale che sognava ormai da anni. Ma la soddisfazione più grande sarebbe stata poter mettere fuori gioco il grande
12/281
dottor Quinn. Per quella donna non esisteva afrodisiaco più potente di
una posizione di potere e di uno status sociale prestigioso. Quinn aveva
raggiunto quello che lei riteneva il nirvana, sia nel campo medico che
in quello farmaceutico. Ma dentro di sé Madeleine era convinta che
fosse giunto in modo piuttosto arbitrario e casuale alla scoperta delle
cure per cui tutto il mondo lo osannava. Non riusciva a credere che il
denaro non fosse mai stato un fattore rilevante per lui. Non aveva mai
venduto le sue formule al miglior offerente, questo era sicuro. Se lo
avesse fatto, la Xsade ora sarebbe stata in grado di controllare l’intero
mercato. Ma questa volta, lei non avrebbe permesso che la Xsade venisse nuovamente ignorata per le stupide questioni morali del dottor
Quinn.
Avrebbe scoperto i segreti di quell’uomo prima che fossero immessi
sul mercato. E così facendo avrebbe offerto al mondo il nuovo farmaco
in grado di salvare la specie umana, conquistando notorietà e profitti a
non finire, e consegnando all’oblio il nome del dottor Quinn. Se non ci
fosse riuscita, e se non fosse riuscita nemmeno a rimettere le mani
sull’enigma del sangue della dottoressa Blake, quanto meno si sarebbe
potuta consolare al pensiero di distruggere per sempre la credibilità
della donna.
Tutto era andato secondo i piani, fino a quando Josef non aveva
deciso di voltarle le spalle all’ultimo minuto. Cosa credeva?
Che quelle misere gocce di sangue prelevate dal corpo di Alexa
potessero bastare per la minuziosa serie di analisi che aveva in mente?
L’unico compito che gli aveva affidato era quello di prelevare un
campione di sangue molto abbondante, mentre la dottoressa si godeva
il riposo seguito all’utilizzo della pillola rosa.
Una cosa semplice, rapida e indolore. Era certa che i risultati delle
analisi condotte su quel sangue sarebbero stati straordinari, e adesso
13/281
era fuori di sé per non aver effettuato il prelievo lei stessa. Sarebbe
stata molto meno precisa, ma di sicuro più efficace.
Mentre concede alla sua mente di vagare ancora un po’ tra quei pensieri, sul viso della donna si delinea una specie di sorriso molto più
simile a un ghigno truce, in realtà. Se il sangue dei figli di Alexa
dovesse avere le stesse caratteristiche del suo, le possibilità che le si
aprirebbero davanti sarebbero illimitate. E anche se non dovesse riuscire a mettere subito le mani su di loro, forse dopo che il mondo avrà
visto le foto scandalose della loro madre che Madeleine ha già pronte
da spedire, quei bambini verranno dati in affidamento. Magari lei
potrebbe addirittura candidarsi per l’adozione, e a quel punto avrebbe i
loro corpicini sempre a disposizione per qualsiasi tipo di
sperimentazione.
Ma deve ammettere che per ora questa è solo una fantasia: meglio
concentrarsi sulla priorità che ha davanti.
Di fronte a quella sorta di Giuda, che si trova al posto dell’unica
persona al mondo che vorrebbe vedere assoggettata al suo controllo (la
dottoressa Alexandra Blake), Madeleine prova una stretta allo stomaco.
Quell’uomo, che negli ultimi cinque anni era stato un collaboratore
modello, era riuscito a far evadere la dottoressa Blake per consegnarla
direttamente nelle mani del suo compagno, il dottor Jeremy Quinn, a
Dubrovnik. Perché? Non l’aveva forse trattato sempre nel migliore dei
modi? Non lo pagava profumatamente per il suo incarico di primario e
capo del settore Ricerca e Sviluppo della Xsade?
Mentre si chiede che cosa possa averlo spinto a una simile follia, lui
continua a guardarla con aria insolente, bloccato fra i due scagnozzi.
Josef risponde a quell’accesso d’ira carica di veleno con un silenzio
eroico.
Le esperienze passate gli hanno insegnato fin troppo bene che è
inutile ribattere, finché il suo capo è in preda alla rabbia. Madeleine
14/281
Jurilique è una donna determinata, potente, manipolatrice, scaltra e
pericolosa, che non va mai contraddetta, per nessuna ragione al mondo,
tanto meno quando si trova in uno stato d’animo del genere. Gli è capitato più di una volta di sentire i suoi colleghi in pausa pranzo rivolgerle appellativi tipo Strega Bianca di Narnia, o Serpe Velenosa, e ora
capisce il perché.
In quanto direttore esecutivo della divisione europea della Xsade, la
Jurilique è uno dei manager più potenti del mercato farmaceutico globale. Sembra possedere l’innata capacità di fornire puntualmente
l’ultimo grande ritrovato della ricerca scientifica ai consumatori, e
profitti da favola agli azionisti e ai membri del consiglio d’amministrazione della Xsade.
Così facendo, col tempo è arrivata a dirigere la casa farmaceutica
più o meno a suo piacimento. L’ambizione insaziabile l’ha resa sempre
più spietata e incosciente via via che gli anni passavano, portandola a
prendere decisioni sempre più pericolose e a correre rischi senza precedenti per conto dell’azienda.
Ma finché il flusso di denaro non accenna a fermarsi, i piani alti
sembrano ben disposti a concederle carta bianca.
Anche Josef si era trovato più di una volta a dover chiudere un
occhio e ignorare la sua coscienza, ma il trattamento a cui era stata sottoposta Alexandra gli era parso insopportabile. All’inizio aveva creduto che la dottoressa, così come molti altri, avesse deciso in piena
libertà di vendere il proprio corpo per denaro, o quanto meno in nome
della ricerca. Ma dopo avere scoperto alcuni documenti segreti
appartenenti al suo capo, Josef aveva capito che Alexa era stata condotta lì per ragioni ben diverse da quelle a cui aveva acconsentito firmando il contratto.
In condizioni così estreme, quella donna si era comportata con una
dignità rarissima, permettendogli di cogliere il buono dentro di lei. La
15/281
richiesta della Jurilique, l’ordine di prelevarle oltre un litro di sangue
nel sonno, aveva superato di gran lunga i limiti dei suoi valori etici e
personali. Non c’era somma di denaro per cui avrebbe potuto accettare
quello che gli era stato chiesto, né i rischi cui Madeleine sembrava
pronta a sottoporre la vita della dottoressa.
Era davvero troppo.
Mentre lo scontro prosegue, Josef continua a evitare gli occhi del
suo capo ma non può sottrarsi anche al respiro della donna, che
s’insinua tra i denti rivestiti di porcellana per colpirgli il volto rigato di
sangue.
Poi la donna gli pianta un’unghia dura e laccata sotto il mento,
costringendolo a incrociare il suo sguardo letale.
«Non farti illusioni, dottorino coscienzioso. Non te ne andrai da
nessuna parte finché non avrò ciò che mi serve. Te ne starai qui buono
buono e assisterai a ogni passaggio».
L’unghia risale seguendo la linea della ferita sulla guancia, e la
donna si gode lo spettacolo di Josef che trasalisce davanti a lei. «Puoi
dire addio all’idea di rivedere presto la tua dolce mogliettina, così
come al tuo futuro professionale, che andrà in frantumi nel momento
esatto in cui questa storia sarà finita».
Quelle parole scatenano un brivido che risale lungo la schiena di
Josef.
La donna fa un passo indietro e si rivolge ai suoi fedelissimi energumeni. «Portatelo via. Mi annoia a morte, e la sua sola vista mi dà il
voltastomaco».
È pronta a congedare i suoi uomini con un rapido gesto del polso,
quando si accorge che Josef si è finalmente deciso a ribellarsi alla
presa salda dei due aguzzini.
«Per essere sicura che non scappi anche tu, ho ordinato al dottor
Jade, il nuovo primario», e qui lo sguardo le si accende di cattiveria
16/281
mentre fissa Josef negli occhi, «lo stesso farmaco che ha paralizzato la
nostra cara amica fuggitiva durante lo spostamento dal castello ai
laboratori».
Terrore e panico si insinuano fin nelle ossa del dottor Votrubec.
Capisce di colpo di non essersi sbagliato: quella donna non è soltanto spietata: è sadica. La totale mancanza di coscienza alimenta in lei
un amore morboso per la violenza. Si rende conto di essere stato un
folle ad avere sperato che la furia potesse placarsi lasciando spazio alla
possibilità di un dialogo.
Per la prima volta da quando è stato assunto, teme per la sua vita.
Non avrà modo di scappare, se sarà immobilizzato da capo a piedi.
Madeleine scorge finalmente negli occhi di Josef la paura che tanto
desiderava suscitare. E ne trae ancora maggiore ispirazione.
Josef continua a contorcersi, nella speranza di liberarsi. Lo sforzo
gli accende il viso di una strana lucentezza. «Madeleine, per favore,
non puoi farmi questo, ti prego, mia moglie…».
Basta un leggero movimento del sopracciglio della donna, e Louis
torce il polso di Josef con uno strattone, strappandogli un grido di
dolore e costringendolo al silenzio.
«Portatelo in laboratorio; io intanto faccio chiamare il dottor Jade.
Non mollate la presa per nessuna ragione al mondo, ragazzi.
Intesi? Sapete bene per cosa siete pagati».
Detto questo, si volta e sorride nell’udire alle sue spalle le grida sofferenti di Josef che viene condotto via. Si congratula in silenzio con se
stessa: quanto meno sa di poter sempre contare su Louis e Frederic.
Non c’è un suo ordine al quale non siano pronti a obbedire.
Alexa
Mi appoggio allo stipite della porta per decifrare l’intensa conversazione tra i due uomini vigorosi che ho davanti. Jeremy Quinn – che
è, e a essere sincera è sempre stato, l’amore della mia vita – e Martin
Smythe, ex marine e ora responsabile della sicurezza del misterioso ed
elusivo Leo, uno degli amici più intimi di Jeremy, nonché suo principale benefattore.
Non posso fare a meno di notare che le differenze tra uomini e
donne si fanno ancora più nette in situazioni di disagio o di pericolo:
gli uomini hanno un estremo bisogno di azione, le donne di parole
incoraggianti e di tanta riflessione.
O forse questo vale solo per me.
Il dibattito infuocato va avanti da quando ho ricevuto l’orrenda lettera di ricatto da parte della stessa donna che mi ha fatta rapire meno di
un mese fa all’aeroporto di Heathrow, dove dovevo incontrarmi con
Jeremy e gli altri membri del Global Research Forum.
Ho lo stomaco ancora sottosopra.
Non appena ho finito di leggere la lettera sono corsa a vomitare nel
lavello di cucina. Un turbinio di emozioni mi scuote il sistema nervoso:
dolore, paura, rimorso e, strano a dirsi, anche un po’ di rassegnazione.
Sì, sono rassegnata al fatto che questo sarà il mio destino fino a quando
l’incubo non sarà finito, svanito. E spero proprio che accadrà. Magari
c’è un lieto fine anche nella realtà, no? O esiste solo nelle favole? Ma
temo, e il mio è ben più di un semplice presentimento, che la cosa non
si risolverà finché non capiremo il mistero del mio sangue e il perché
18/281
delle sue caratteristiche: il modo in cui cambia stato in base agli
ormoni rilasciati dal corpo è un vero enigma. A quanto pare, più lo
scenario, o meglio, la situazione in cui mi trovo si fa estrema, più i
risultati che si ottengono sono affascinanti. O almeno, questo è quanto
mi dicono Jeremy e i suoi tecnici. Ma perché? Perché proprio io? Non
ne ho la più pallida idea. Ci sono ancora molte cose che non comprendo appieno.
Un dolore martellante alla testa e lo stomaco in subbuglio mi
costringono ad abbandonare la discussione sulle strategie d’azione per
il mio futuro. Mi avvio verso il bagno della camera da letto principale.
Cerco di distrarmi dalla realtà e dalle tante minacce che incombono su
di me; mi sciacquo il viso con un po’ d’acqua fresca prima di crollare
sul grande letto matrimoniale guardando il panorama da cartolina che
si gode dalla finestra della nostra suite del Disney Resort Hotel di
Orlando. Sono in quello che viene pubblicizzato come “il luogo più
felice sulla faccia della Terra” e fino a dieci minuti fa mi sarei scagliata
contro chiunque avesse provato a convincermi del contrario.
Ero stramaledettamente felice.
Molto più felice di quanto ciascuno di noi meriti di sentirsi in vita
sua… ma è bastato un niente, un soffio di vento o, per essere precisi,
una busta formato A4, e la mia felicità si è trasformata in un misto di
terrore e paura, grazie a Madame Madeleine Jurilique, direttore esecutivo della divisione europea della Xsade. Nota anche come Madame
Dorata o la Strega Cattiva del Regno dei Rapimenti e dei Sequestri.
Sento il corpo sussultare al ricordo di quello che mi è successo a
Heathrow: mi hanno drogata, legata a una sedia a rotelle, nascosta
sotto un burqa e trasportata dentro una valigia in lungo e in largo per
l’Europa, fino ai laboratori della Xsade in Slovenia.
19/281
Sono colta da altri conati di vomito, ma non ho più niente da
espellere se non un retrogusto acidulo di bile che non vuole sparire.
Che devo fare?
Il dottor Josef Votrubec, che lavora per la Xsade, ha rischiato il
tutto per tutto pur di aiutarmi a scappare dai laboratori nascosti sotto le
acque del lago di Bled prima che riuscissero a prelevarmi una grande
quantità di sangue. Per fortuna è riuscito a contattare direttamente
Jeremy, che grazie alle infinite risorse del suo amico e mentore Leo ha
potuto trarmi in salvo. Purtroppo la stessa sorte non è toccata a Josef,
che è stato catturato dai mercenari armati della Xsade un attimo dopo
avermi liberata nei pressi di Dubrovnik.
Jeremy, Martin e io siamo riusciti a scappare su un motoscafo, e
siamo poi saliti a bordo di uno yacht di lusso. Lo conoscevo solo da
poche ore, eppure Josef ha deciso di rischiare per salvarmi e gliene
sarò per sempre grata. È un uomo buono, dal cuore grande. Durante il
viaggio verso Dubrovnik mi ha raccontato quanto ami sua moglie e di
come finora non siano riusciti ad avere figli, un pensiero che riesce
sempre a ferirmi, sapendo quanto è stato forte in me il desiderio di procreare, quando è giunto il momento.
Spero solo con tutta me stessa che sia riuscito a tornare sano e salvo
da sua moglie. Ma per quanto lo desideri, dentro di me sento che i due
uomini armati che l’hanno sequestrato al molo sono Louis e Fred, gli
stessi incaricati di sorvegliarmi mentre mi trovavo nel castello sulle
colline a nord di Lubiana: gli scagnozzi di Madame Dorata.
Il tradimento perpetrato da Josef ai danni della Xsade e del suo capo
scatenerà di certo una reazione che nessun essere umano vorrebbe
sperimentare.
Non ho mai conosciuto una donna più pericolosa e narcisista.
Da quando sono riuscita a scappare, Martin mi aggiorna regolarmente sulle sue attività e sui suoi trascorsi, e ne esce una figura sempre
20/281
più sinistra. Agisce in società come una manager di alto livello, ed è in
grado di condizionare circoli d’influenza che molti non si sognerebbero neppure… be’, a parte Jeremy e Leo, immagino. Ma nel petto
ha il cuore di un anaconda famelico, che studia la preda per poi divorarla. Mi sento scossa da brividi gelidi mentre la preoccupazione per la
vita di Josef sale ai massimi livelli. E ora vuole che torni in quella sua
disgustosa azienda per sottopormi a ulteriori sperimentazioni sul mio
sangue!
Non ho dubbi sul fatto che Madame Jurilique metterà in pratica
ogni minaccia contenuta nella lettera. La tengo ancora stretta tra le
mani tremanti e la rileggo come se sperassi che il suo contenuto possa
essere cambiato.
Cara dottoressa Blake, spero che lei abbia trascorso un magnifico
periodo di riposo sul Mediterraneo insieme al suo amante e che si stia
godendo le attrazioni di Disney World in compagnia dei suoi splendidi
bambini, Elizabeth e Jordan.
È un vero peccato che lei non sia riuscita a completare le settantadue ore che doveva trascorrere nella nostra clinica.
Dopo le molte preziose informazioni che abbiamo acquisito grazie a
lei, c’è un dato di cui a questo punto non possiamo fare a meno.
Nel caso in cui lei non aderisca prontamente alle nostre richieste,
saremo costretti a prendere in mano la situazione.
I titoli di giornale acclusi sono un piccolo esempio della strategia
che intendiamo perseguire per venire in possesso di quello che ci
occorre, perciò le dirò quel che vogliamo in modo esplicito.
Ci serve il suo sangue.
Se, per qualunque motivo, lei decidesse di non collaborare entro
dieci giorni, ci vedremo costretti a procedere con la campagna mediatica che abbiamo intitolato: “Conosci davvero Alexandra Blake?”. È
superfluo che io le ricordi che abbiamo a disposizione uno splendido
21/281
materiale fotografico che la ritrae in atteggiamenti espliciti e che confermerà senza ombra di dubbio quanto affermato in questi titoli.
Intendo anche informarla del fatto che, se non riusciremo a indurla a
collaborare con questi mezzi, faremo in modo di procurarci almeno la
seconda cosa che ci interessa: il sangue dei suoi figli.
Sono ansiosa di poter lavorare di nuovo con lei nel prossimo futuro.
Cordiali saluti Madame Madeleine de Jurilique
Se non riuscirà a mettere le mani sul mio sangue, quella donna è
pronta ad assicurarsi in ogni modo possibile e immaginabile che non ci
riesca nessun altro. E sono sicura che il solo pensiero di tenere me e
Jeremy separati le dia una sensazione di gioia quasi psicotica.
Sapere che lei può controllarmi mentre Jeremy invece è del tutto
impotente deve elettrizzarla. Al solo pensiero mi riassale la nausea.
Salina, che lavora per Martin nella squadra di sicurezza di Leo, è
ancora in Europa per tentare di localizzare sia Josef che Jurilique.
Nel corso delle indagini ha scoperto che Lauren Bertrand, la chimica francese membro del Global Research Forum di Josef, era rimasta
molto delusa nel vedere che il ruolo di project leader veniva affidato a
Jeremy e non a lei. In uno scambio di e-mail tra Lauren e Madeleine, le
due donne si dicevano pronte a tutto pur di dare al dottor Quinn quello
che si meritava, sia sul piano professionale che su quello personale.
Dovevano solo avere un po’ di pazienza e aspettare il momento giusto.
Se dovesse mai succedere qualcosa a lui o ai miei figli non potrei
mai sopportarlo. No, sarebbe davvero troppo, non ce la farei. La cattiveria profonda di quelle minacce è devastante… se non farò quanto
chiede, la Jurilique ricorrerà a ogni mezzo pur di riuscire a mettere le
mani sul sangue dei miei bambini! Ma come si permette?
Quella donna è malata. La smania di potere, denaro e completo controllo del mercato le impedisce di darsi dei limiti. Ma come può
arrivare a minacciare i miei figli?
22/281
Rappresentano il mio mondo, sono tutto per me. Li proteggerò a
costo della mia stessa vita. E del mio sangue.
Torno nella cameretta in cui Elizabeth e Jordan stanno dormendo.
Il profondo desiderio di vederli riposare sereni è travolgente. Non
riesco a credere che abbiano già nove e sette anni. Il tempo vola davvero. Sento dentro di me un vortice di emozioni scatenate dall’amore
fortissimo che provo per loro. Scosto con dolcezza i capelli da quei visi
angelici e li bacio sulla fronte. Appoggio le mani all’altezza dei loro
cuoricini, in modo che possano sentire il mio amore irradiarsi dentro di
loro mentre dormono il loro sonno innocente.
«Sogni d’oro, angeli miei.
L’amore che provo per voi è più profondo delle viscere della Terra
e più elevato delle stelle nel cielo».
Mi sento la voce bassa e pesante nel petto, inspiro la loro essenza
fino in fondo ai polmoni e richiudo silenziosa la porte alle mie spalle.
Torno in cucina, dove Martin e Jeremy continuano ad accalorarsi tra
scarabocchi, strategie e passi da fare nel futuro immediato. Non appena
percepisce la mia presenza nella stanza, Jeremy mi corre incontro per
accogliermi nella stretta delle sue braccia possenti. Quanto vorrei lasciarmi andare, per sempre, ma non è possibile, o almeno non in questo
momento.
«Non preoccuparti, tesoro, ne usciremo». Lascia correre gli occhi
sul mio viso, poi mi accarezza le guance con le mani e mi solleva la
testa in modo che anche io lo guardi negli occhi. Non posso fare a
meno di notare che i suoi tratti bellissimi sono carichi d’ansia: l’intensità delle emozioni che prova per me rende i suoi meravigliosi occhi
verdi più velati del solito. «Non lascerò che quella donna si avvicini ai
bambini, Alexa. Ti proteggeremo a ogni costo. Te lo prometto».
Cerco di mandare giù il nodo che mi serra la gola e che minaccia di
devastarmi. So molto bene quanto valore Jeremy dia alle parole: sa
23/281
come usarle al meglio e non promette mai ciò che non può mantenere,
tanto più se si tratta di me. Devo dimostrarmi più forte che mai con lui
in questo momento.
«Per favore, Jeremy, siediti». Lo accompagno al tavolo indicandogli
una sedia. Ho bisogno di stare in piedi davanti a lui. Rimango in silenzio fino a quando non sono sicura di avere la piena attenzione dei due
uomini. «Ho deciso».
Jeremy balza in piedi all’istante.
Fine della strategia.
«Ma che dici? Che vuol dire che hai deciso? Non abbiamo ancora
avuto modo di discutere, e poi io e Martin abbiamo buttato giù una
serie di ipotesi…».
«Jeremy, ti prego», lo interrompo.
«Non c’è niente da discutere. Se i miei figli sono in pericolo, c’è
una sola soluzione possibile». Appoggio le mani sul tavolo e prendo un
respiro profondo, cercando la forza di pronunciare quelle parole difficili senza vacillare. «Darò il mio sangue a quella stronza. Voglio che
quest’incubo finisca. E se lei otterrà quel che vuole, magari riuscirò a
evitare che mandi la mia vita in frantumi».
Mi fa sempre un certo effetto dire parolacce, ma è evidente che
Madame Dorata riesce a tirare fuori il peggio di me.
«Dovrai passare sul mio corpo, Alexa. Non lo farai».
Di colpo è come se fosse schiacciato da un terribile peso, e la serietà
della sua voce mi conferma che non è affatto d’accordo. Si prospetta
una lunga notte. Con un cenno della testa, Jeremy indica a Martin di
raccogliere le cose sul tavolo, poi mi afferra per i gomiti e mi guida in
soggiorno. Sento la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi in pochi
istanti.
Ci siamo. Mi preparo per lo scontro ormai imminente e decido di
fare la prima mossa.
24/281
«Togliti dalla mente che io metta i miei figli in pericolo, Jeremy».
Le sue braccia mi tengono stretta e non sembrano voler allentare la
presa. Ho la testa appoggiata al suo petto, l’orecchio premuto contro il
suo cuore pulsante. Con le labbra mi sfiora la fronte, ma io cerco di
restare forte. Tento di respingerlo finché sono in tempo, prima di
essere strappata via da lui, dall’uomo che ho finalmente ritrovato dopo
tanti anni, l’uomo che ho amato sin dal momento in cui ho capito che
cosa potesse essere l’amore.
«Tranquilla, tesoro. Non sei sola.
Ci sono io qui con te. Lasciami fare.
Sono forte abbastanza per te e per tutti voi».
Le sue parole annientano la mia forza di volontà, e sento di essere
sul punto di crollare sotto le sue mani forti. Non riesco a trattenere le
lacrime, mentre lui resta la roccia salda che mi ha promesso di essere.
Anche se sono certa di sapere quale sia la cosa giusta da fare, devo
ammettere che Jeremy sa esattamente ciò di cui ho bisogno in ogni
momento. Mi rassicura tenendomi in quell’abbraccio finché le lacrime
non scompaiono, mostrando comprensione nei confronti della mia fragilità emotiva. Poi mi solleva e mi porta in camera, posando il mio
corpo esausto sul letto come se avessi lo spessore di un guscio d’uovo:
un’ottima immagine per descrivere il mio stato d’animo.
«Vuoi qualcosa che ti aiuti a dormire?», mi chiede con dolcezza.
«Sai come sono fatta, Jeremy.
Anche la cosa più leggera ha un effetto devastante su di me.
Vediamo come va. Per ora ho la testa piena di pensieri. Mi sento come
se mi avessero dato un pugno in pieno stomaco. Non so cosa fare».
«Vuoi che ti aiuti a placarli?»
«E come?». Mi chiedo che cosa possa avere in mente.
«Potrei prepararti un bagno caldo, per esempio».
«Ah…». Mi rilasso per un secondo. «Sarebbe perfetto».
25/281
«Lavanda?».
Un leggero sorriso si fa largo sul mio volto, mentre un vago timore
mi fa aggrottare la voce. «Certo».
Pochi minuti dopo mi ritrovo un pochino più calma, avvolta
dall’acqua calda e profumata, e stretta al petto di Jeremy, accoccolata
tra le sue gambe.
«Proprio quando sembrava che stesse andando tutto per il meglio,
ecco che quella donna riappare per metterci i bastoni tra le ruote. Perché non riusciamo a trovarla? Perché non c’è una giustizia che la
costringa a rispondere delle sue azioni?»
«Verrà anche il suo momento, cara, te lo prometto. Quelli come lei
prima o poi crollano, e arrivano persino a fregarsi da soli».
«Ma io non posso aspettare che arrivi questo “prima o poi”. Voglio
che crolli nei prossimi dieci giorni, prima che la mia vita precipiti di
nuovo nell’ignoto».
I muscoli delle sue gambe si tendono all’istante intorno al mio
corpo. «Non permetterò che ti avvicini a quella donna, Alexa».
So che non sarà una discussione facile, ma devo fargli capire che
non ho altra scelta, date le circostanze.
«Sei diventata silenziosa. Che c’è?», mormora tra i miei capelli.
Ha sempre avuto una capacità innata di farmi domande a cui non so
rispondere. È vero, non parlo. Non parlo perché non voglio iniziare
questa discussione, una discussione che nessuno avrebbe mai dovuto
costringerci a fare, che ci darà solo dolore, perché sappiamo come
siamo fatti e che cosa è prioritario nelle nostre vite. Io per lui, i miei
figli per me.
Mi lascio andare a un lungo sospiro, carico di frustrazione. «Non so
davvero cosa dire. Mi sento stordita».
26/281
«Lo credo bene. Così come io mi sento furioso per quelle richieste
scellerate. Ma ti conosco troppo bene, AB, e so che la tua stupenda
testolina ora è attraversata da mille pensieri. Ti prego, apriti con me.
Ora più che mai abbiamo bisogno di comunicare. Non permetterle
di mettersi tra di noi solo per uno stupido pezzo di carta».
A quella semplificazione un po’ eccessiva del mio dramma, mi
scappa un risolino pieno d’ansia.
«Useresti le stesse parole per descrivere quei titoli se riguardassero
te, dottor Quinn?
Stupidi pezzi di carta?».
MADRE DEGENERE ABBANDONA I
FIGLI PER PARTECIPARE A CONTORTI
ESPERIMENTI SESSUALI
LA DOTTORESSA BLAKE SENZA VELI.
SCOPRITE QUI QUAL È IL SUO
PROFILO MIGLIORE
PSICOLOGA SI TRASFORMA IN
PSICOPATICA. LASCERESTE MAI I
VOSTRI FIGLI NELLE MANI DI UNA
DONNA DEL GENERE?
ADULTERIO, SADOMASOCHISMO: È
QUESTO CHE INSEGNIAMO AI NOSTRI
BAMBINI?
«Non sto certo dicendo che sia piacevole, ma possiamo gestire la
cosa. Siamo molto più forti di tutto questo».
«Le foto, J, dovresti vedere le foto in suo possesso. Come se quegli
articoli non fossero già abbastanza!
Quelle immagini, mostrate nel contesto sbagliato, non potranno che
rafforzarne la credibilità.
27/281
Se restassero tra te e me, so per certo che riusciremmo persino a trovarle provocanti. Ma non così, non mostrate al mondo intero… Sono
una madre, una professionista.
Questa cosa mi rovinerà. Ci rovinerà. Presentate in quel modo da
Madame Jurilique non potranno che essere etichettate come
perversione.
Non voglio vivere in un mondo in cui saranno diventate di dominio
pubblico. E poi, immagina se le vedessero i bambini…». Scoppio in
lacrime, incapace di proseguire.
«Non succederà, Alexa, vedrai».
La frustrazione per quel rifiuto di capire la mia paura monta in un
attimo.
«Non dirmi che non succederà, quando sai benissimo che è così! Tu
non capisci di cosa è capace quella donna. Dovrò vivere da reclusa, se
non le darò ciò che vuole entro dieci giorni. Non potrò più lavorare,
affrontare il mondo, né tanto meno la mia famiglia, se la verità viene
fuori. Giuro su Dio e su di te che non le permetterò mai e poi mai di
toccare i miei bambini. Che prenda pure il mio sangue e mi lasci in
pace. È l’unica soluzione».
Sento il petto di Jeremy sollevarsi e abbassarsi a ogni respiro e lo
leggo come un tentativo di controllare ansia e paura, per il mio bene.
Con la mano mi accarezza la spalla, in modo assente. In momenti come
questo darei tutto pur di poter leggere nei suoi pensieri. Sono preoccupata per il suo silenzio, tanto quanto lui lo era per il mio un attimo fa.
Sappiamo entrambi che la discussione non può chiudersi stanotte, così
decido di cambiare discorso. «Mi prometti una cosa?»
«Dipende». Rimane di pessimo umore. È ancora molto distante da
me, assorto nei suoi pensieri.
28/281
«Ci restano ormai pochi giorni da trascorrere qui a Disney World
con i bambini, prima di incontrare di nuovo Robert. Non voglio che lo
scoprano.
Voglio godermi al massimo questo tempo con loro, nel caso in
cui…».
Jeremy mi copre di scatto la bocca con una mano, impedendomi di
aggiungere altro.
«Non parlare così, Alexa. Non te lo permetto». Rimane fermo,
come a voler sottolineare l’importanza delle sue parole, poi mi stringe
ancora più forte al suo corpo statuario, quasi volesse prendere tempo
per riordinare i pensieri. Tiene le gambe allacciate alle mie; le nostre
caviglie sono agganciate, e lui mi costringe ad aprirle fino al massimo
che ci consente la vasca. Sono completamente legata a lui. «Credo sia
una buona idea», continua.
«Mentre siamo qui dobbiamo far finta che sia tutto come sempre,
per il bene dei bambini».
Nel sentire che accetta il mio suggerimento mi rilasso all’istante, e
il mio corpo si scioglie nel calore del suo.
«Bene, ora che ci siamo trovati d’accordo almeno su una cosa, avrei
altre faccende a cui dedicarmi».
Cerco di parlare, ma la sua mano mi copre la bocca. Credo che gli
piaccia potermi ridurre al silenzio, forse è l’unica cosa di me che può
controllare in questo momento, così rimango immobile, appoggiata a
lui.
Ma Jeremy sembra riuscire lo stesso a percepire la mia domanda.
«Be’, tesoro, visto che non vuoi alcun farmaco per prendere sonno,
l’unico rimedio che posso offrirti è un po’ di sollievo per la tua mente e
il tuo corpo, liberandoli dal peso di tutti quei pensieri».
Mi fa scivolare veloce la mano libera sulla pelle, raggiungendo
comodamente un punto molto vicino al mio sesso. L’altra mano, quella
29/281
che mi tiene sulle labbra, ora serve a soffocare i miei gemiti, che hanno
smesso di essere parole. Jeremy è abile ad anticipare qualsiasi protesta,
e non perde tempo prima di infilarmi un dito in bocca e iniziare a tormentarmi la lingua. Con l’altro dito, intanto, prende a lavorare magicamente tra le mie gambe, mandandomi in estasi. Di colpo tutti i pensieri
si vaporizzano nell’acqua fumante che ci abbraccia.
Avrei giurato che non mi sarebbe stato possibile raggiungere un
orgasmo in quello stato d’angoscia.
Be’, vengo due volte, invece. Ci dev’essere una strana relazione tra
noi due e i bagni caldi.
Non c’è bisogno di dire che l’esaurimento emotivo, unito a
quest’ultima evasione dalla realtà, mi permette di fare proprio quello
che mi aveva prescritto il medico: godermi una notte di riposo libera da
sogni e incubi.
***
Trascorriamo gli ultimi giorni a Disney World dedicandoci anima e
corpo a Elizabeth e Jordan, sperando che il tempo si fermi per un po’
invece di continuare la sua marcia inesorabile. Passiamo dagli scivoli
d’acqua alle cadute nel vuoto da altezze vertiginose; facciamo giri in
barca e proviamo film in 4D; incontriamo Topolino, Minnie e tutta la
famiglia di Paperino, Saetta McQueen, Campanellino e Ariel, e tutti
sembrano toccare il cuore dei ragazzi tanto quanto le attrazioni
spettacolari. Jeremy non si allontana mai da loro. Ovviamente, lui e
Martin hanno rinforzato il numero di guardie del corpo, che per quanto
tentino di mescolarsi alla folla, ci stanno sempre attorno. Non voglio
permettere a niente e nessuno di distrarmi dalla gioia infinita che
stanno provando i miei figli, così ho deciso di non discutere con
Jeremy, ben sapendo che altrimenti innescherei l’ennesimo, inutile
30/281
battibecco. Non posso fare a meno di notare le occhiate tra lui e Martin
quando siamo fra la gente. Ogni volta che me ne accorgo, Jeremy
maschera la preoccupazione con un sorriso entusiasta e cerca subito il
modo di catturare l’attenzione dei bambini per farmi distrarre dai pensieri negativi.
Abbiamo deciso di lasciare l’albergo domani sera, andare a Los
Angeles per incontrare Robert, e poi tornare in Tasmania. Non sono
sicura di voler coinvolgere anche Robert in questo caos. Voglio solo
che finisca tutto, e in fretta. Jeremy mi ha chiesto di pensare all’eventualità di far analizzare il sangue dei ragazzi. Sarò un’ingenua, ma voglio
che si godano la vacanza e che si divertano. Non ho intenzione di lasciare che aghi, prelievi e tutti i miei casini glielo impediscano.
Dubbi irrisolti, pensieri, dati e domande si accalcano nella mia
mente senza tregua.
Io e Jeremy non abbiamo più tirato fuori il discorso. Stiamo
entrambi cercando disperatamente di ignorare tutto fin quando non
saremo costretti a farci i conti.
Mi sveglio più volte nel corso della notte, e scorgo Jeremy in salotto
con la lampada accesa. Poi lo vedo camminare nervoso avanti e indietro mentre parla al telefono, sottovoce, ma in tono piuttosto concitato.
Quando mi scorge in piedi nel corridoio riaggancia immediatamente e
viene ad abbracciarmi, per poi riaccompagnarmi premuroso in camera
da letto. Lo sguardo nei suoi occhi mi dice chiaro e tondo che è inutile
fare domande… ma tentar non nuoce.
«Jeremy, dobbiamo parlare. C’è un sacco di lavoro da fare e sto
iniziando a sentire la pressione…».
Non mi lascia neanche finire, mi appoggia il dito indice sulle labbra, controlla un’ultima cosa sul telefono prima di metterlo in carica,
poi vola in bagno e ritorna con in mano un olio per massaggi all’ylang
ylang. È chiaro che avverte anche lui tutte le mie tensioni, eppure non
31/281
ha detto una parola da quando ha terminato la chiamata. Quando
ritorna da me, sento la melodia di una canzone australiana diffondersi
nella stanza.
Mi sfila la maglia del pigiama (ho pensato che per il bene dei
bambini sarebbe stato meglio lasciare il négligé per momenti un po’
più privati) e mi fa stendere prona sul letto. Si siede a cavalcioni sul
mio posteriore, mi sistema le braccia lungo il corpo e inizia a sfregarsi
i palmi con l’olio. Sento le sue mani possenti corrermi lungo la schiena
fino alle spalle, rilasciando la tensione creata dall’arrivo della lettera
della Strega Cattiva. Che sensazione!
Continua lungo le braccia e le mani, assicurandosi di non tralasciare
nemmeno un centimetro della parte superiore del mio corpo.
Sento che gran parte della tensione si sta allentando e mi lascio
andare a un sospiro profondo. Dopo le attenzioni riservate alla mia
schiena, Jeremy mi fa girare supina, ritrovandosi seduto tra i miei fianchi e le cosce.
Si versa altro olio sulle mani e inizia lo stesso processo partendo
dalla pancia per salire su fino al torace e al petto. Sento i muscoli
sciogliersi al tocco ritmico e deciso delle sue dita.
Lo guardo negli occhi, che in quel momento sembrano scrutarmi
l’anima in silenzio. Come se percepisse i miei pensieri, Jeremy si porta
il mio polso alle labbra e bacia il braccialetto.
« Anam cara», bisbiglio, ben sapendo che noi due siamo anime
gemelle, e che quel bracciale simboleggia l’unione fortissima che ci
lega l’uno all’altra. Da un punto di vista un po’ più pratico, c’è da dire
che quel gioiello serve anche a evitare che Jeremy perda le mie tracce,
grazie al microchip GPS che contiene. All’inizio l’ho trovata una cosa
strana da accettare, ma dopo la storia del rapimento gliene sono eternamente grata.
32/281
L’ha fatto modificare in modo che riesca a trasmettere il segnale in
qualunque posto del mondo mi trovi… sottoterra, sott’acqua, ovunque.
Sapere che non può essermi tolto mi fa sentire protetta, stretta nel
legame con Jeremy in ogni secondo. Ci tiene uniti anche quando siamo
lontani.
Mi si spezza il cuore solo a immaginare quanto sarà difficile per lui
lasciarmi andare, e per me staccarmi da lui ancora una volta.
Ma so anche di non avere altra scelta. Devo farlo per i miei figli e
per il nostro futuro insieme. Sono sicura che anche lui abbia capito che
non c’è altro modo. Una lacrima mi riga il viso, e il bacio tenero di
Jeremy abbandona il braccialetto per raggiungere la mia guancia.
Sento di volere accanto a me il suo corpo e la sua mente per sempre,
più di qualsiasi altra cosa al mondo. Lo voglio per come siamo ora, con
le attenzioni che rivolgiamo premurosi l’uno all’altra, forti di un’intimità e di una conoscenza reciproca profonda che non hanno fatto che
accrescersi nel corso degli anni.
L’attesa e la trepidazione gli hanno fatto ingrossare il membro sin
da quando mi ha tolto la maglia, liberandomi i seni. È una questione di
secondi, e anche i pantaloni del pigiama finiscono sul pavimento.
Jeremy si tiene stretto a me, lasciando che io senta tutto il suo calore
e sia libera di accarezzargli il corpo, affamata.
Sono più che pronta ad accoglierlo, ma all’improvviso lui rallenta.
Mi bacia in quattro punti diversi; indugia a succhiarmi e mordicchiarmi
tutte le zone erogene, tanto che alla fine sono zuppa di desiderio, e di
sudore. Le sue labbra raggiungono le mie: me le morde e giocherella
con la lingua fino a portarmi a un picco di piacere quando entra lentamente dentro di me. Intreccio le gambe dietro ai suoi glutei marmorei,
mentre lui mi inchioda le mani al letto con le sue.
Si sistema appena per trovare il giusto punto di pressione dentro di
me, accompagnando il movimento con la lingua che quasi mi soffoca,
33/281
riempiendomi la bocca nello stesso modo in cui il suo membro sta
facendo con la mia vagina.
Ci fondiamo insieme, ci muoviamo insieme e insieme esplodiamo
nello stesso momento, in perfetta sintonia, e con un grido sommesso
urliamo il nome l’uno dell’altra nel picco massimo di quell’estasi condivisa. Nel profondo di me sento che, ora che mi ha ritrovata, Jeremy
non mi lascerà mai più andare.
Alexa
Sarebbe stato già molto triste dover abbandonare questo mondo
magico in una situazione normale, ma la nuvola densa di minacce che
incombe su di noi riesce a rendere tutto ancora peggiore. Prima di
partire, i bambini vogliono fare un ultimo giro sulla monorotaia che
circonda il parco e io non posso dirgli di no. Chissà se potremo mai
tornarci.
Jeremy sembra più che agitato quando mi sente acconsentire alla
richiesta dei ragazzi, e continua a muoversi da una parte all’altra
dell’appartamento per controllare che sia stato messo tutto in valigia.
«Mamma mia, quanta roba abbiamo!».
Non mi trattengo e scoppio a ridere. «Benvenuto nel mondo dei
bambini, J. C’è sempre un sacco di roba, ovunque, ogni giorno». Provo
a cingergli la vita, ma lui mi sfugge superandomi alla velocità del
vento.
«Cos’hai? Non sembri in te oggi».
Non so se sono stata io a infastidirlo, o se sta per cedere sotto il
peso di questa situazione, di cui continuiamo a non parlare.
«Niente, è solo che preferirei che non andaste a fare quest’ultimo
giro.
Non vi è bastato ancora?».
C’è senza dubbio qualcosa che lo infastidisce. L’ansia che prova
non fa che crescere man mano che si avvicina l’ora della partenza.
35/281
«Facciamo così: io vado con i bambini e tu resti qui ancora un po’
per conto tuo, a controllare che sia tutto a posto. Va bene? Sono
rimaste fuori solo le tue cose di lavoro, il resto è tutto pronto».
I ragazzi stanno giocando alla morra cinese proprio accanto a noi,
quindi gli parlo come se avessi tutto perfettamente sotto controllo. Sto
affinando l’interpretazione, e lui non sembra dell’umore adatto per
affrontare le mie preoccupazioni.
«No, Alexa, non voglio staccarvi gli occhi di dosso».
Quelle parole mi fanno pensare che non sono mai stata sola con
Elizabeth e Jordan da quando siamo arrivati. Jeremy è sempre rimasto
accanto a noi. I ragazzi si voltano di scatto, avvertendo il cambio di
intonazione nella sua voce.
Lo abbraccio, avvicinandogli la testa alla mia in modo da potergli
parlare all’orecchio: «Ti prego, un giro soltanto. Ci farà bene, e così
potrò stare un po’ con loro da sola».
«No. E se poi…».
Lo interrompo subito con una promessa. «Porterò con me Martin e
una delle guardie del corpo.
Saliremo a bordo, faremo un giro completo e scenderemo alla stessa
stazione da cui siamo partiti. Te lo prometto. Per favore», arrivo a
pregarlo. «Andrà tutto bene, te lo giuro».
L’esasperazione che prova si tramuta in rassegnazione e Jeremy
cede, liberandosi dal mio abbraccio per fiondarsi su Martin e organizzare ogni dettaglio. Io rimango nella stanza, realizzando quanto persino
la più semplice delle cose quotidiane sia diventata complicatissima
dopo il nostro incontro di qualche mese fa.
Mi accompagna alla porta con un bacio, tenendomi il mento tra le
dita e facendo in modo che lo guardi dritto negli occhi, come a voler
essere sicuro di avere tutta la mia attenzione. «Un solo giro. Non
scendete per nessuna ragione».
36/281
Io mi alzo sulle punte dei piedi e gli do un bacio fugace sulle labbra.
«Ti amo anche io, J».
Ci lasciamo alle spalle la sua espressione seriosa, e i ragazzi
esultano indovinando che abbiamo ottenuto il permesso di andare. Per
fortuna non riescono a capire perché anche solo andare a fare un giro
sulle giostre sia una questione così gravosa, e si stanno persino abituando alle guardie del corpo, tanto che non fanno mai domande al
riguardo. Così, ce ne andiamo a salutare per l’ultima volta quel luogo
in cui i ragazzi lasceranno il cuore.
Al nostro ritorno, Jeremy sembra più calmo e di umore leggermente
sollevato. Mi accoglie con un caffè in mano e un abbraccio deciso, visibilmente rilassato nel vederci rientrare.
«Visto? Sani e salvi».
«Meglio così, tesoro. Altrimenti avrei preteso la testa di Martin!».
Mentre Jeremy lo ringrazia con un cenno del capo, mi volto a cercare Martin con lo sguardo, ben sapendo che non era soltanto una battuta. Ne hanno passate già molte insieme a causa mia. Questo incubo
finirà presto, ripeto a me stessa: non appena avrò dato a Jurilique ciò
che desidera. Impedisco alla mia mente anche solo di prendere in considerazione ipotesi diverse.
Bevo svelta il caffè mentre le guardie del corpo portano fuori i
bagagli per sistemarli nella lunga limousine che ci aspetta di sotto:
altro motivo di divertimento per i ragazzi.
«Bene, andiamo». Raccogliamo le ultime cose, i bambini prendono
in braccio i peluche nuovi di zecca, scendiamo in ascensore e andiamo
a sederci nella limousine. Mi infilo in macchina per aiutare i ragazzi a
sistemarsi sui sedili e faccio per scendere di nuovo a prendere l’ultima
borsa, ma Jeremy mi spinge dentro chiudendo lo sportello. Santo cielo,
che succede?
Di colpo scattano tutte le serrature delle portiere.
37/281
I ragazzi mi guardano con gli occhi sgranati e i visetti sorpresi. Di
sicuro la mia espressione non è di alcun aiuto. Guardo fuori dal finestrino oscurato e vedo Martin bloccare una signora con in mano una
busta bianca. La donna sembra molto scossa, lascia cadere la busta a
terra e cerca disperatamente di liberarsi da quella presa. Gli addetti alla
sicurezza dell’albergo non si fanno attendere. Ma non riesco a sentire
ciò che viene detto, a causa dei finestrini chiusi.
La questione sembra risolversi alla svelta. Jeremy scambia un cenno
d’intesa con Martin, si china a raccogliere la busta e se la infila in una
tasca della giacca. Poi viene a sistemarsi anche lui nella parte posteriore della limousine, insieme a noi, come se non fosse successo nulla. I
ragazzi restano in silenzio, cosa molto insolita, in attesa di una mia
reazione.
Decido che non è il momento di fare domande e per distrarli un po’
propongo di giocare lanciando piccoli quiz e indovinelli, mentre la
macchina si allontana dall’incanto di Disney World per tornare alla
realtà. Jeremy sembra sollevato all’idea di essere sfuggito ancora una
volta al mio interrogatorio.
Il viaggio verso l’aeroporto mi sembra molto più lungo di quello
dell’andata, ma i ragazzi hanno ripreso a chiacchierare felici e io sono
del tutto assorbita da loro, intenta a godermi le risate e i ricordi della
settimana trascorsa insieme. A un tratto, però, in lontananza appare una
serie di palazzi a molti piani che svettano lucenti contro il cielo
azzurro. Siamo in autostrada, e Martin sta guidando proprio in quella
direzione.
Piuttosto turbata, mi volto di scatto verso Jeremy.
«C’è forse qualcosa che vorresti dirmi?». Pronuncio quelle parole
sottovoce, sollevata al pensiero che i ragazzi siano presi dai videogiochi. Sento la sua mano aumentare la stretta sulla mia, mentre lui scuote
38/281
la testa in segno di diniego. Ancora silenzio. «Io invece credo di sì, e
vorrei che lo facessi ora».
Mi sistemo meglio sul sedile in modo da guardarlo dritto negli
occhi. Lui scuote la testa di nuovo.
Maledetto, sa bene che non posso fare una scenata davanti ai miei
figli.
«Ti prego, dimmi dove stiamo a nd a nd o, J! Perché non vorrei
sbagliarmi, ma questa ha tutta l’aria di essere la strada per Miami, e
non quella per l’Orlando International», dico, cercando di rimanere il
più possibile calma e indifferente. Tento di liberare la mano dalla sua
presa, ma lui me la stringe ancora di più.
«Bene, a quanto vedo non hai alcuna intenzione di dirmi cosa sta
succedendo».
«No, non qui». Indica i bambini.
Jeremy continua a tenermi la mano ben stretta. Percepisco quanto
sia nervoso e agitato, e la cosa non fa che trasmettere ansia anche a me.
Finalmente i nostri occhi si incontrano. I suoi sono annebbiati, velati di emozioni troppo intense. In silenzio, Jeremy muove le labbra sillabando «Ti amo», e in quell’attimo scorgo una lacrima pronta a scendere dai suoi occhi.
Oh, santo cielo. Questa cosa lo sta dilaniando, e per me è lo stesso.
Riduco la distanza abissale che si è creata tra noi e mi accoccolo sul
suo petto.
Jeremy mi lascia la mano, ma solo per prenderla subito con l’altra,
in modo da potermi abbracciare.
Rimaniamo così, in silenzio, a osservare il mondo scorrere oltre i
finestrini, lungo la strada che ci porterà verso una destinazione ancora
ignota.
Parte seconda
Il sesso è una grande forza unificatrice. La più lenta delle sue
immense vibrazioni scalda il cuore, rendendo le persone felici e
desiderose di stare insieme, in unità.
David Herbert Lawrence
Jeremy
Abbraccio Alexa quanto mi è concesso di fronte ai bambini.
Martin sta guidando a gran velocità, ma comunque entro i limiti
previsti, verso l’attico di Adam a South Beach, Miami.
Adam è il fratello di Leo. Ha ereditato la sua stessa ricchezza, e con
tutta probabilità è il nuovo compagno di Robert, a giudicare
dall’ottimo esito del loro incontro a Londra. Ho chiamato Robert, il
marito di Alexa, poco dopo aver ricevuto la lettera di ricatto, informandolo che Alexandra era di nuovo in pericolo.
Lui ha acconsentito senza battere ciglio a incontrarci sulla East
Coast, e Adam si è offerto di mettere a disposizione il suo attico come
punto di incontro, vista l’ottima posizione e la garanzia di una maggiore sicurezza. Abbiamo anche a disposizione una piattaforma per
elicotteri, nel caso in cui dovessimo rintracciare Leo in tempo. E così,
il piano è andato in porto senza problemi.
Non poter discutere con Alexandra ed elaborare insieme una risposta da mandare a Jurilique, come lei mi aveva chiesto, mi ha fatto
stare malissimo, ma alla fine le cose sembrano essersi sistemate per il
meglio. Siamo riusciti a tenere fuori i bambini da questa storia e a fare
in modo che si godessero al massimo la vacanza. Io, intanto, ho
organizzato tutto di notte, mentre Alexa dormiva. Se pensa, anche solo
per un attimo, che permetterò a quella stronza di avvicinarla di nuovo,
vuol dire che non mi conosce bene come credevo.
Sfruttando un po’ la mia posizione di medico, sono riuscito ad
accedere alla cartella clinica di Elizabeth relativa all’intervento di
41/281
appendicite cui è stata sottoposta due anni fa. A quanto pare, la bambina ha il sangue di gruppo A e non AB come quello di Alexa, quindi
si dovrebbe poter escludere con tutta probabilità che possieda lo stesso
allele, così come qualsiasi altro gene scoperto nel sangue della madre
nel corso della nostra sperimentazione. Il che, tutto sommato, mi fa tirare un sospiro di sollievo. Ma ciò è vero solo se si dà per scontato che
il tipo di anomalia sia genetica e non, per così dire, innescata da condizioni o reazioni mediche specifiche…
Sarebbe piuttosto anomalo, ma tutto ciò che riguarda il sangue di
Alexa è a dir poco insolito. Dai test effettuati finora sembrerebbe che
la sua particolarità sia legata ai cromosomi XX, e non XY, e quindi che
abbia effetto soltanto sulle donne. Se questo fosse vero, non ci sarebbe
più alcun bisogno di analizzare anche il sangue di Jordan e potremmo
dare per certo che i bambini non rappresentano più alcun interesse, né
per la Xsade né per nessun altro. Non ne ho voluto ancora parlare con
Alexa, perché prima voglio esserne sicuro al cento percento. Dal
momento che non sembrava entusiasta all’idea di far analizzare il
sangue dei ragazzi, ho deciso di lasciare le cose come stavano,
evitando di farla infuriare ancora di più. Quello che sta passando mi
sembra già davvero eccessivo.
Se da un lato queste sarebbero ottime notizie per i ragazzi, dall’altro
per Alexa significherebbe essere esposta a rischi ancora maggiori, vista
l’unicità del suo caso, almeno in questa fase. So anche che, se i dottori
di una casa farmaceutica come la Xsade dovessero scoprire ciò che
sappiamo noi sulla composizione del suo sangue, la segregherebbero
come una cavia da laboratorio fino a ottenere anche il più piccolo dato
utile per ultimare le loro ricerche. E chissà se tornerebbe più a vedere
la luce del sole, a quel punto!
Mi rendo conto di essere una presenza dominante nella vita di
Alexa, ma non mi basterebbero né la forza bruta né una dialettica
42/281
persuasiva per convincerla a cambiare idea. Deve capire che non le
permetterò mai e poi mai di esporsi a un pericolo del genere. Per fortuna, prima di affrontare la discussione, ho fatto in modo di mettere
insieme una squadra di persone schierate dalla mia parte.
Finalmente arriviamo a South Beach. Abbasso il finestrino nella
speranza che l’azzurro intenso del cielo e il profumo dell’oceano le
tirino su il morale, ma mi sembra evidente che il cambio di programma
l’ha gettata in uno stato d’ansia profonda, quasi di paura.
Niente che io non abbia saputo gestire in passato, ma questa volta le
condizioni sono estreme.
Ci fermiamo davanti a una sbarra nell’attesa che gli addetti alla
sicurezza ci lascino entrare, poi scendiamo nel buio del garage. Un
gruppo di addetti circonda la macchina mentre Martin spegne il motore
con un’espressione rincuorata che colgo dallo specchietto retrovisore.
Dall’esterno, una macchina simile con tutta la sicurezza al seguito
non può che passare per quella di un vip, di un politico o addirittura di
un milionario. Alexa fa un respiro profondo, lasciandosi accompagnare
fuori dalla macchina.
Mi fa cenno di non lasciare ancora scendere i bambini, poi richiude
rapida la portiera alle sue spalle.
«Jeremy, che cosa sta succedendo?».
Ribolle di rabbia. Non è un buon segno.
«Ne parleremo una volta in casa, AB. Non qui». La faccio spostare
e apro svelto lo sportello. «Forza, ragazzi, è ora di saltare giù. C’è una
bella sorpresa per voi di sopra!».
Li aiuto a scendere dalla limousine, più che altro per evitare lo
sguardo truce di Alexandra, e li guido verso l’ascensore. Se non
sapessi che siamo a Miami, giurerei di percepire un’atmosfera glaciale
che mi gela fin nelle ossa.
43/281
Martin inserisce un codice complicatissimo e l’ascensore finalmente
si decide a salire.
Quando si aprono le porte, rimango anch’io senza parole nel vedere
dove ci troviamo. È un attico da capogiro con vista sulle acque verde
smeraldo della baia di Biscayne e sull’immensità dell’oceano
Atlantico.
Il panorama mi distrae per un attimo dai miei pensieri, quando i
bambini iniziano a correre urlando:
«Papà! Papà!». Solo allora mi accorgo della presenza di Adam e
Robert, seduti nel bar pieno di specchi al centro della stanza. In quel
turbinio di baci, abbracci e presentazioni, io mi volto verso Alexa. Il
suo viso è passato dal rosso acceso di rabbia al bianco pallido, e per un
attimo non so davvero cosa pensare. Sembra sotto shock, così l’accompagno in salotto, l’aiuto a sedersi e le vado a prendere un bicchiere
d’acqua, approfittandone per salutare gli uomini al bar.
È un po’ che non vedo Adam, ma lo conosco pressappoco da
quando conosco Leo, e cioè da più di dieci anni. È leggermente più
basso del fratello maggiore e ha una corporatura più robusta, ma ha gli
stessi capelli castani e occhi azzurri, e sembra aver mantenuto il carattere estroverso e amichevole di sempre.
Robert dà l’idea di essere rilassato e nervoso allo stesso tempo,
come penso sia normale quando devi presentare ai tuoi figli il tuo
“nuovo ragazzo”. È strano pensare che ora dovrà passare tutto quello
che abbiamo passato noi con i bimbi. Si sono dimostrati molto flessibili finora, e speriamo che continuino così.
I ragazzi ci hanno messo meno di due minuti a scoprire la piscina
dietro le vetrate scorrevoli, e sono corsi a torturare la mamma per
ottenere il permesso di fare un bagno. «Per favore, mammina, per
favore.
Possiamo?
44/281
Possiamo?
Abbiamo i costumi in valigia! Dài, possiamo?».
Non capisco se Alexandra stia per svenire o per lasciarsi andare a
un accesso d’ira, e la cosa è strana perché di solito riesco a leggerle
dentro alla perfezione.
Evidentemente mi devo ancora adattare alla sua versione “mamma”.
«Chiedetelo a vostro padre, che sembra sapere molto meglio di me
che sta succedendo qui». La risposta è tranquilla, ma mi trovo costretto
a ingoiare tutto il mio disagio a quelle parole, che rivelano quale colpo
basso sia per lei questo cambiamento di programma.
I bambini la prendono alla lettera e corrono da Robert. «Dài papà,
per favore, possiamo?».
Lui guarda Adam, che si limita ad alzare le spalle. «Mi sembra
un’ottima idea». Solleva l’interfono per chiedere che i bagagli siano
portati su. Robert si avvicina ad Alexa e le stringe le spalle in segno
d’affetto, ma lei non risponde.
«Forse è meglio se vi lasciamo da soli per un po’, che ne dici?». Mi
guarda circospetto. «Io intanto mi occupo dei bambini. Avremo tempo
per parlare più tardi». Torna a guardarmi, come a dire: “Buona fortuna,
ragazzo. È tutta tua”, prima di sollevare Elizabeth con un braccio e
Jordan con l’altro.
«Andiamo, piccoli, facciamoci un bel giretto qui intorno».
Martin rimane di stanza davanti alle porte dell’ascensore, con aria
distaccata.
Io mi avvicino ad AB e mi inginocchio davanti a lei in modo da trovarmi alla sua altezza. È rimasta seduta nella stessa posizione e sembra
tremare, il viso terreo.
«Prendi un po’ d’acqua. Hai bisogno di riprendere colore».
Le avvicino il bicchiere alle labbra e finalmente lei si decide a
deglutire qualche goccia. L’ultima volta che mi sono trovato in questa
45/281
posizione eravamo all’hotel Intercontinental e io le chiedevo di trascorrere il weekend con me.
Oddio, che cosa le sto chiedendo di fare, stavolta? È forse meglio di
ciò che le ho chiesto allora?
Maledizione. Potrebbe odiarmi per sempre.
«Alexandra…».
«Non ti azzardare a usare quel tono con me, Jeremy». La sua voce è
bassa e letale. «Che diavolo hai combinato?»
«Abbiamo deciso di incontrarci qui per discutere la prossima mossa
da fare».
«La prossima mossa? La prossima mossa è più che decisa, e lo è dal
momento esatto in cui ho letto quella lettera. Darò alla Strega quello
che vuole, e in cambio lei ci lascerà in pace. Ecco qual è la prossima
mossa, J».
«Be’, mi permetto di non essere d’accordo».
«Farò comunque quel che ho detto, che tu sia d’accordo o no».
Pronunciata la frase, Alexa si catapulta fuori del salotto e si lancia
verso l’ascensore presidiato da Martin, cercando di premere il pulsante.
Non so se crede davvero di potersene andare o sta solo cercando di
dimostrare qualcosa.
Martin la blocca: non le permetterà di lasciare l’attico se non dietro
mio esplicito consenso. «Martin, ti prego», lo implora.
Lui scuote la testa, impassibile.
«Mi dispiace».
«Ci sono molte alternative, tesoro. Possiamo risolvere la cosa
impedendole di continuare a minacciarti».
Le mie parole unite ai gesti di Martin sembrano spezzare qualcosa
dentro di lei. Si volta di scatto, si scaglia contro di me e comincia a
martellarmi il petto di pugni. «Ma perché non capisci? Non c’è nessuna alternativa!».
46/281
La tengo stretta a me mentre il coraggio le viene meno e si scioglie
in singhiozzi. È come se stesse combattendo una battaglia invisibile
contro le ombre. Una lotta che sappiamo bene di non poter vincere
entrambi. Farei qualunque cosa pur di evitarle questa tortura, tutto il
dolore che le sto infliggendo. Fa male a entrambi, e giuro a me stesso
che Madame Jurilique la pagherà molto cara per averla precipitata in
questo incubo spaventoso. Torno a farla stendere, continuando a tenerla ben stretta.
«Devi capire che non sei sola ad affrontare tutto questo», le dico
con la stessa intensità, ma molta più convinzione. «Non ti permetterò
di consegnarti nelle mani di quella donna perfida, Alexa, mai e poi
mai.
Come ti ho già detto, dovrai passare sul mio corpo».
«Oddio, Jeremy, ti prego… non puoi… Pensa ai bambini… i rischi… devi lasciarmi andare, devi, per forza. Sono già sopravvissuta
una volta, ci riuscirò di nuovo».
Santo cielo, è troppo, questa cosa mi sta uccidendo, così come sta
distruggendo lei.
È talmente sconvolta, talmente fragile.
«Forse non hai capito, tesoro. Ti ha già portata via da me una volta,
non permetterò che succeda ancora.
Mi dispiace che tu debba passare tutto questo, ma è l’unico modo».
I singhiozzi raggiungono picchi vertiginosi. Sento il dolore nel petto
infittirsi, è come se mi stessero accoltellando. L’espressione che ha in
volto mi dice che anche lei sta provando la stessa cosa. È la prima
volta che la vedo reagire in questo modo da quando ha ricevuto quella
lettera. È come se si stesse finalmente concedendo di esprimere la sofferenza che prova, ora che sa che i bambini sono al sicuro con Robert.
Sembra avere superato un confine di non ritorno; qualcosa dentro di lei
si è spezzato.
47/281
Non avevo capito che si stava tenendo tutto dentro proprio per loro,
ma come poteva essere altrimenti? Una madre si comporta così, no? È
disposta a fare qualsiasi cosa pur di proteggere i suoi piccoli, e non c’è
dubbio che Alexa sia una leonessa formidabile. Io non ho figli, ma
credo che se ne avessi mi comporterei esattamente allo stesso modo.
«Io devo… devo assolutamente…». Le parole le escono smorzate
dai singhiozzi che muoiono contro il mio petto, e l’unica cosa che
posso fare è stringerla finché avrà bisogno di me.
Cioè per sempre, mi auguro. Lei è l’amore della mia vita, e non se
ne andrà di qui finché non avremo trovato un modo per uscire da
questa situazione che non preveda il suo ritorno alla Xsade, nelle mani
di quella psicopatica. A costo di farmi odiare per sempre…
Non so quanto tempo siamo rimasti stretti l’uno nelle braccia
dell’altra, quando Adam si avvicina per sistemare due tazze di tè verde
sul tavolinetto davanti al divano.
Dalla piscina ci arrivano le urla di gioia dei bambini che si divertono con Robert, mentre la povera Alexa sembra emotivamente
devastata.
«Ciao, io sono Adam». L’uomo le porge la mano per presentarsi.
Mi sento un po’ in colpa per non averlo fatto io prima, dopotutto siamo
a casa sua. Le circostanze però sono davvero insolite, e spero mi
capisca.
Alexa si asciuga in fretta le lacrime: la sua naturale attitudine
all’educazione ha la meglio su tutto.
«Ciao, sono Alexa. Mi dispiace per il trambusto».
«Non dirlo nemmeno. Piuttosto, grazie per avermi permesso di condividere il tuo uomo con te», le risponde Adam con un occhiolino
ammiccante. Oddio, potrebbe forse essere più strana di così la
situazione? Mi sorprendo nel vedere che quel cenno riesce a strapparle
il primo sorriso da quella che mi sembra un’eternità.
48/281
«Piacere mio, Adam. Spero che stiate bene insieme, voi due». E
anche lei gli strizza l’occhio, anche se gonfio e arrossato di lacrime.
Tutto sommato è un ottimo segno.
Che sollievo!
«Vuoi che vi mostri la vostra stanza? Magari hai voglia di darti una
rinfrescata».
«Sono messa tanto male, eh?
Magnifico, che bella prima impressione ti ho fatto». E abbozza di
nuovo un sorriso incerto. Chissà come riescono i gay a entrare subito
in sintonia con le donne? Ma almeno la vedo sorridere, ed è molto più
di quanto sia riuscito a ottenere io.
Continuo a tenerla tra le mie braccia, mentre Adam ci accompagna
in stanza.
«Quanto pensi che ci fermeremo qui, Adam?». Anche nello stato
d’animo in cui si trova, Alexandra non perde l’occasione per fare
domande a lui e non a me, nella speranza di carpire qualche
informazione.
«Questo dipende solo da te, amica mia». Ottima risposta. Ci mostra
la stanza, indicando anche degli asciugamani puliti e profumati. « Mi
casa, su casa. Fate con calma, io torno fuori a fare amicizia con i
ragazzi». E detto questo, si chiude la porta dietro le spalle lasciandoci
con le tazze di tè verde, i bagagli e la compagnia l’uno dell’altra.
Alexandra sembra esausta, sopraffatta dalle emozioni. «Ti prego,
Jeremy, dimmi che cosa ci facciamo qui».
«Mi dispiace che questa scelta non ti renda felice, tesoro. Davvero,
credimi». Le scosto un paio di ciocche dagli occhi stanchi. Non ha più
la forza di tenermi a distanza.
«Dobbiamo prendere le decisioni migliori per te e per i bambini, e
non possiamo farlo senza sentire il parere di Robert».
«E Adam?»
49/281
«Be’, a quanto pare ora è parte integrante della sua vita, come io lo
sono della tua, amore mio».
«Ottimo. C’è qualcun altro ancora da coinvolgere? Vuoi il numero
dei miei genitori?», mi chiede sarcastica.
«Sai bene che non farei mai una cosa del genere senza il tuo permesso, però devo dirti che c’è un’altra persona…». Mi fermo, non più
tanto sicuro di aver scelto il momento giusto per dirglielo.
«Oddio, e chi è?»
«Sembra che Moira sia riuscita a localizzare Leo…».
«Leo sta venendo qui?»
«Sì, arriverà entro le prossime ventiquattro ore».
«Non ci credo!».
«Siamo tutti qui per dare una mano, e ne usciremo tutti insieme».
Mi avvicino per appoggiarle le mani sulle spalle, ma questa volta
Alexandra trova la forza per respingermi. Non va affatto bene.
«Ho bisogno di stare un po’ da sola, J. Fermarmi un attimo a riflettere su tutta questa storia».
«Siamo tutti qui per aiutarti, Alexa».
Lei mi guarda. «Aiutarmi in tutti i modi possibili, tranne in quello
che ho deciso io. Sì, credimi, il tuo aiuto è chiaro e limpido: si fanno le
cose sempre e solo alle condizioni che stabilisci tu».
«Promettimi di non fare pazzie».
Non riesco a reprimere la preoccupazione che mi strozza la voce.
«Posso forse andarmene da qui senza di te o il tuo permesso?», mi
chiede in tono acido.
«Be’, no. A meno che tu non decida di saltare giù dalla terrazza».
«Perfetto, proprio come pensavo.
Un’altra imboscata, e sono di nuovo in trappola. Be’, allora direi di
no, non credo di riuscire a commettere alcuna pazzia in questo
frangente.
50/281
Ho bisogno di pensare. Mi farò una doccia, sperando di riuscire a
schiarirmi un po’ le idee».
Mi sento uno schifo. È stata scaraventata in mondi sconosciuti per
troppe volte da quando mi ha incontrato. Non so quanto possa sopportare ancora. È una donna forte, ma ciò che è stata costretta a passare
dopo il nostro famoso weekend insieme sarebbe già più che sufficiente
a piegare una persona normale.
«Okay, bene». Mi sforzo di restare calmo, ma non credo di
mascherare il panico che sento dentro. Se dovesse anche solo pensare
di farsi del male … No, non posso lasciarmi prendere da idee del
genere! Devono essere vecchi fantasmi che tornano a tormentarmi,
riportando in vita le paure provate per non essere stato in grado di salvare mio fratello. Ma so bene che in circostanze estreme possono
insorgere comportamenti irrazionali… No, lei non è così, non è nella
sua natura. «Vuoi che ti porti qualcosa, prima di andarmene?», le
chiedo gentilmente, ma con la gola contratta dall’ansia.
«No, per ora niente».
Per fortuna adesso sembra sciogliersi un po’: mi stringe la mano e
ne bacia il dorso, come per farmi capire che malgrado tutto il dolore
per noi due c’è ancora speranza.
«Però non metterci tanto. Sai che mi vengono le convulsioni se non
posso mettere gli occhi su di te per tanto tempo». Le strappo una risata
stanca. Ricambio il bacio alla mano e la lascio in pace per un po’.
Raggiungo gli altri in piscina, dove Adam sta intrattenendo i ragazzi
con una specie di pallavolo acquatica. Mi tolgo i mocassini e mi siedo
accanto a Robert, con le gambe a mollo nell’acqua.
«Come sta?», mi chiede.
«Ce l’ha con me per averla portata qui, ma non è una persona che
prova rancore molto a lungo».
51/281
«Già, per fortuna». Scoppiamo entrambi a ridere, anche se senza
troppa allegria, nel vedere quanto conosciamo bene la personalità di
Alexandra.
«Quanto è grave la situazione, Jeremy? Quanto è serio il pericolo in
cui si trova?»
«Non voglio mentirti, Robert. La situazione è molto grave, e il pericolo davvero serio. Sembra che conoscano ogni nostra mossa.
Abbiamo ricevuto una lettera minatoria anche stamattina, prima di
venire qui».
«Merda, ma dici sul serio? Non starà pensando di cedere, vero?»
«Crede che sia l’unico modo per proteggere i bambini. Non è disposta a correre alcun rischio se loro sono coinvolti».
«Questo lo capisco, ma i ragazzi hanno bisogno della loro madre.
Non voglio che metta di nuovo la sua vita in pericolo per quella
maledetta casa farmaceutica».
«Lo so, ed è per questo che ho bisogno che tu mi aiuti a convincerla
che non approverai mai una scelta del genere, nemmeno per il bene dei
ragazzi. E poi, per quanto ne sappiamo al momento, i bambini non
sarebbero di alcuna utilità alla Xsade. A loro serve solo Alexa».
«Ma non potrebbe mandare un campione di sangue e chiudere la
questione?»
«Magari fosse così semplice.
Purtroppo, visti gli esperimenti che hanno condotto su di lei e
l’attacco ai nostri sistemi informatici, ora sono convinti che in determinate condizioni nel suo sangue vengano rilasciati degli ormoni molto
particolari. Per questo vogliono il suo sangue e il suo corpo, in modo
da scoprire ciò che sappiamo noi».
Decido di non dire nulla a proposito delle proprietà curative: meno
gente ne è a conoscenza, meglio è.
«Bene, allora non ci resta che trovare un’altra soluzione.
52/281
Dobbiamo tenerla al sicuro. Anche se non sono più suo marito,
Jeremy, lei significa ancora tantissimo per me e per i ragazzi. Non
posso sopportare l’idea che le succeda qualcosa».
«Mi fa piacere sentirtelo dire.
Dobbiamo solo convincere anche lei».
«Sai quanto può essere testarda!».
«Perché credi che abbia chiamato i rinforzi? Non ce la posso
proprio fare da solo». Ci scambiamo un sorriso d’intesa, colmo di
preoccupazione.
«Ma certo, faremo tutto il possibile per proteggere lei e i bambini».
«Grazie, Robert. Apprezzo molto il tuo aiuto. Ma ora dimmi, com’è
andata a Londra?»
«Diciamo che è stato come tornare a casa dopo tanto tempo, in ogni
senso», mi risponde con un sorriso che rivela tutta la gioia per il modo
in cui è riuscito a cambiare il corso della sua vita.
«Ottimo, sono davvero contento per te».
Contento per la sua felicità, ma ancora molto incerto riguardo alla
mia. Mi alzo per andare a vedere come sta Alexa, ma Robert aggiunge:
«Non ci resta che risolvere questo casino, poi sarà tutto perfetto».
Abbasso lo sguardo su di lui, sperando che vada davvero come dice.
«Proprio così. Ed è quello che faremo».
Mentre torno verso la camera da letto, mi rendo conto di non aver
più parlato con Martin della busta che stamattina quella donna ha cercato di passare ad Alexandra, così cambio direzione e vado verso
l’ascensore.
«Ehi, Martin, l’hai già aperta?».
Annuisce. «Dicono che l’invio del sangue è una proposta inaccettabile e indicano un luogo e un’ora precisa in cui Alexa dovrebbe farsi
trovare tra sette giorni, prima che la loro “campagna” abbia inizio».
Mi porge la lettera e leggo il contenuto. «Cazzo».
53/281
«Lo so. Non è un buon segno».
«Cosa non è un buon segno?
Perché sei così agitato, J?». La voce di Alexa mi coglie di sorpresa.
«Oh, tesoro, sei qui. Stavo giusto venendo da te». Ha i capelli bagnati sciolti sulla schiena e indossa un asciugamano bianco di cotone
allacciato in vita. Che tempismo perfetto!
«Che è successo?», chiede scorgendo subito la lettera che tengo in
mano. Lancio uno sguardo ansioso verso Martin: non voglio fargliela
leggere.
«Jeremy, per favore, così mi offendi».
«Non lo farei mai. Te la darò, ma promettimi che non andrai mai da
Jurilique, mai». Non mi resta che sperare.
«Sai che non posso promettere niente del genere. Passami quella
maledetta lettera». Dal tono di voce si capisce in modo inequivocabile
che non ha voglia di scherzare. Ogni traccia di allegria è scomparsa, e
non posso che cedere.
Alexa legge quelle righe e crolla sul pavimento in modo scomposto,
come se le sue gambe non fossero più in grado di sostenere il terribile
peso che si sta portando dentro.
Distrugge il foglio in tanti pezzettini, come se fosse veleno nelle sue
mani, poi comincia a tremare. «E adesso che faccio? Non mi lascerà
mai in pace. Se non la troviamo noi, sarà lei a trovare me. È così, sappiamo tutti che è così. Forse sa già dove sono, anche dopo questa
deviazione dell’ultimo minuto. Non ce la faccio più a sopportare tutto
questo.
Proprio non ce la faccio. Sono prigioniera qui, come lo sarei là con
lei. Non c’è via di uscita, questa storia non finirà mai!».
Non c’è niente che io odi di più del ritrovarmi senza parole o incapace di agire. Ed è proprio così che mi sento in questo preciso
istante… del tutto inutile. Passano momenti infiniti, mentre noi
54/281
restiamo a chiederci cosa succederà. Non so cosa dire o fare per
consolarla.
Per fortuna, Robert torna dentro lasciando i ragazzi ad asciugarsi a
bordo piscina. Alexa alza lo sguardo verso di lui e di colpo torna in sé,
lasciando tutti di stucco.
«Bene, dato che volete tutti prendervi cura di me, ora vi dico io cosa
dovete fare. Robert, tu ti occuperai dei ragazzi per le prossime ventiquattro ore. Jeremy, mi serve un drink, e fallo bello forte.
Ho bisogno di stordirmi un po’».
Sia io che Robert cerchiamo di parlare nello stesso momento, ma in
un attimo la voce di Alexa si alza a coprire le nostre. «Non mi sembra
di aver chiesto tanto, no?». Poi, nello stesso tono serio, aggiunge:
«Non sto scherzando. Ho bisogno di un drink. Subito».
Okay, a quanto pare ha raggiunto il limite. Io e Robert ci scambiamo un’occhiata e annuiamo, ben sapendo che se fossimo stati nei
suoi panni avremmo chiesto esattamente la stessa cosa, e già da tempo.
Ricompare anche Adam, invitandoci a salire sulla terrazza dove ci
raggiungerà di lì a poco per portarci i drink. Rispondo con un rapido
cenno della testa e provo a far spostare Alexa, accovacciata a terra circondata da pezzetti di carta bianca. Sembra di nuovo sotto shock.
Alla fine, vedendola incapace di muoversi da sola, la prendo in
braccio e la porto di sopra, lontano dai bambini. La sistemo su un
comodo lettino per prendere il sole davanti a una vista meravigliosa
che si estende a perdita d’occhio. Sotto l’accappatoio indossa un costume da bagno. Forse voleva raggiungere i ragazzi in piscina, dopo
aver fatto la doccia.
Vorrei tornare di sotto a prenderle un cappello, ma non ho alcuna
intenzione di lasciarla sola in questo stato e a questa altezza, considerato il suo sguardo assente. L’intera situazione sembra avere raggiunto
l’apice, le è diventata insopportabile. Il pensiero mi torna all’albergo
55/281
One Aldwych di Londra, poco dopo il suo rapimento. Volevo soltanto
bere per non sentire più il dolore. Come posso giudicarla se ora anche
lei desidera la stessa cosa? Il suo corpo rimane immobile mentre le
spingo con delicatezza la testa indietro e le allungo le gambe per farla
rilassare sul lettino, mentre aspetto in silenzio e tormentato dall’ansia
l’arrivo di Adam.
Finalmente ci raggiunge, portando due Long Island Iced Tea. Inarco
un sopracciglio per fargli capire che non condivido la scelta.
«Be’, ha detto che voleva qualcosa di forte.
Qui c’è l’interfono, se vuoi ordinare qualcos’altro».
Lo ringrazio per i cocktail e ne avvicino uno al viso di AB, per
richiamare la sua attenzione. «Il suo drink, milady». Cerco di sembrare
più rilassato possibile.
Alla fine, Alexa pare riemergere dallo stato di trance, afferra il bicchiere, getta via la cannuccia insieme all’ombrellino e comincia a bere
a grandi sorsate. Così le farà male, va giù troppo in fretta.
Riprende fiato un secondo solo per poi tornare a ripetere la stessa
operazione, buttando giù tre quarti del drink a tempo di record. Mi
devo trattenere per impedirmi di interromperla, così tolgo anche io le
decorazioni dal mio bicchiere e prendo un sorso.
Finalmente, gli occhi di Alexa incontrano i miei.
«Buono!». E fa fuori quel poco che è rimasto. «Ne vorrei un altro».
Ha messo gli occhi sul mio bicchiere, e io lo svuoto di proposito un
altro po’ prima di darglielo. Accidenti, è forte persino per me.
«Promettimi almeno di bere lentamente», aggiungo speranzoso, ma
invano.
Dopo circa dieci minuti di silenzio in cui non faccio che aspettare
trepidante la sua prossima mossa, Alexa mi rivolge la parola.
«Ah, va molto meglio ora». Allunga una mano e solleva l’interfono.
56/281
«Pronto, Adam. Erano perfetti. Ti dispiacerebbe portarmene un
altro?
Ottimo, grazie». Dall’espressione che ha sul viso è chiaro che si sta
godendo la mia reazione a queste sue piccole sfide. «Che bravo
ragazzo è Adam, non trovi?»
«Sì, direi di sì. Sembra proprio che andrete d’amore e d’accordo,
voi due».
«Non essere così giù, Jeremy. Se c’è qualcuno che dovrebbe essere
abbattuto sono io, ma per le prossime ore voglio solo dimenticare tutto.
Altrimenti, il mio cuore e il mio cervello finiranno per collassare. Puoi
farlo per me?».
Si sfila l’accappatoio, lasciandomi senza fiato davanti alla vista del
suo corpo formoso steso al sole e stretto in un bikini rosso con scollo
all’americana, un po’ rétro.
Per essere una persona sotto stress, devo dire che ha l’aria semplicemente stupenda. Le due gravidanze le hanno regalato quelle forme
morbide, e il suo seno è davvero meraviglioso. Non ci credo nemmeno
io, ma sento il membro rianimarsi di colpo. Davanti a lei sono come un
adolescente.
«Sì, farò qualsiasi cosa per te, tesoro. Sempre».
«Ma solo se coincide con i tuoi piani», ribatte ironica.
«E sai bene che nei miei piani rientra soltanto il meglio per te». Le
do un bacio sulla fronte. «Vado a prenderti un cappello, degli occhiali
da sole e il prossimo giro di drink.
Tu rimani qui».
«E dove potrei mai andare?».
***
57/281
Torno con un vassoio con sopra i cocktail, un po’ di pane libanese,
salsa tzatziki e crema solare. Alexa, però, è scomparsa. L’accappatoio
è ancora sul lettino, ma lei sembra svanita nel nulla. Scaravento il vassoio sul tavolo più vicino e scandaglio ogni centimetro dello spazio che
ho intorno. Ti prego, no, maledizione. Sento lo stomaco sprofondare in
caduta libera. Mi sono assentato per meno di cinque minuti. Corro
verso le scale che portano all’appartamento, poi dalla parte opposta. Il
cuore mi martella in petto.
Niente. Non c’è. Mi precipito contro la balaustra e guardo giù, sperando… sapendo che non può essere saltata di sotto. Non è nella sua
natura. Controllo il cielo, pensando all’ipotesi che un elicottero l’abbia
portata via, ma non si è sentito alcun rumore. Oddio, no, ti prego, non
può essere successo di nuovo.
Poi, d’un tratto, sento le sue dita pizzicarmi il sedere. Mi giro di
scatto e, preso dalla foga, l’abbraccio con tutto me stesso, in un misto
di sollievo, paura e rabbia per quello scherzo. Lei tenta di scappare, ma
la prendo per la vita e me la carico sulle spalle.
«Non-farmi-mai-più-una-cosa- del-genere!». A ogni parola le do
una sculacciata, e lei scoppia a ridere e gridare mentre io la scaravento
senza tante cerimonie sul lettino. «Lo giuro su Dio, Alexa. Mi hai fatto
quasi venire un infarto».
Lei non riesce più a prendere fiato per le risate. Quando inizia non
riesce mai a fermarsi. Ancora un po’ stordito dalla paura, con l’adrenalina che mi scorre nelle vene, afferro la cinta dell’accappatoio e le
lego i polsi alle due estremità del lettino.
«Ma che… che fai? Non… non puoi…», balbetta tra le risate
isteriche.
È talmente presa dall’ilarità che non ha alcun modo di prevenire le
mie mosse.
58/281
«Almeno sono sicuro che te ne starai buona qui». Molto meglio,
penso tra me. È così sexy, legata e in bikini. Ora che so che non è in
pericolo, sono ben felice che si goda un po’ di allegria.
«Jeremy, ti prego, slegami».
Ancora non riesce a smettere di ridere. «Potrebbe salire chiunque».
«Dopo che ti sei dileguata in quel modo, non mi importa niente di
quello che pensano gli altri. Sai bene che posso spingermi a gesti
estremi pur di proteggerti. Visto il modo in cui ti sei comportata, come
posso credere che non lo rifarai? E poi se ne sono andati tutti a cena
fuori, quindi temo di non avere motivo per slegarti».
Alla fine, riesce a riprendere fiato. Si divincola, provando la resistenza della cinta. «Dài, non serve, lo sai. Slegami».
«Mai e poi mai. Mi hai fatto morire di paura».
«Ma non riesco a muovermi». Si contorce di nuovo.
«Esatto, tesoro, è proprio quello che avevo in mente. E devo dire
che la cosa mi fa sentire molto tranquillo. Molto più tranquillo di
quanto sia stato negli ultimi giorni, a dire il vero», dico, con un mezzo
sorriso.
L’allusione non le sfugge. Le sistemo gli occhiali da sole sul naso e
le metto il cappello. Trovandomi così vicino alle sue labbra, non resisto e le do un bacio, tanto lei non può fare nulla per respingerlo.
«Be’, posso almeno avere il mio drink?»
«Mi chiederai scusa?». Le tengo il bicchiere davanti al viso.
«Per averti pizzicato il sedere?
Mai!». La sua sfrontatezza è contagiosa.
«Alexa…», la ammonisco allontanando il cocktail.
«Okay, okay, scusa… ma è stato troppo divertente!». E ricomincia a
ridacchiare.
«Sai bene che la parola “ma” nega più o meno tutto ciò che la
precede».
59/281
«E va bene, scusa, non volevo spaventarti, davvero. Volevo solo
divertirmi un po’. Ora posso avere il mio drink? Dài, per favore. Non
farti pregare».
«È così bello, però…». Le porto il bicchiere alle labbra, e lei prende
due belle sorsate.
«È un piacere vederti ridere, AB.
Era da tanto…».
«Sì, è proprio bello. Rido un po’ e mi ritrovo legata a un lettino».
«Ma così posso prendermi cura di te». Le do un po’ di pane con la
salsa, prima di sfilarmi la maglia e sedermi a cavalcioni sul suo corpo
intrappolato. Il suo respiro profondo mi dice che la vista che ha davanti
non le dispiace affatto. «E fare di te ciò che voglio».
Affondo il viso in quel seno generoso e inizio a stuzzicarle i
capezzoli attraverso il tessuto del costume, attenzioni che vengono
accolte con deboli tentativi di ribellione e gemiti di piacere. La riempio
di baci fino alla pancia, poi mi fermo poco sopra le mutandine del
bikini e cerco il suo sguardo. I suoi occhi si fondono con i miei, pieni
di desiderio ed eccitazione.
«Oddio, ti adoro quando fai così.
Ma non possiamo spingerci oltre.
Saremmo indecenti». Un velo di incertezza le passa sugli occhi.
«Siamo qui per bere, no? Dopo tutto l’hai chiesto tu».
Alexa tenta d’istinto di muovere le braccia verso di me, dimenticando per un istante di essere legata. «Jeremy!».
Mi sposto per raggiungere il bicchiere. Prendo un sorso e poi lo
porgo a lei. Il suo corpo torna a rilassarsi sul lettino, assorbendo pian
piano la sensazione dell’alcol.
«Hai proprio ragione», dico.
«Questi cocktail sono davvero buoni. Sai, la nostra vita sarebbe
molto più semplice se solo tu accettassi ciò che ti chiedo di fare.
60/281
In fondo, sai benissimo che è sempre e solo per il tuo bene. Credo
che la soluzione più semplice sia quella di tenerti prigioniera qui finché
tutta questa storia non sarà finita».
Lei mi guarda, cercando di capire fino a che punto dico sul serio. Se
solo sapesse…
«No, Jeremy, non scherzare».
«Forse, invece, è l’unica soluzione. Ho cercato di raggiungere un
compromesso, sperando di farti tornare in te e dimenticare l’idea di
consegnarti nelle mani della Strega».
Prendo un altro sorso di cocktail e ne offro ancora ad Alexa. «Ci
sono tante opzioni che possiamo analizzare. Preferisci scegliere o far
scegliere agli altri?»
«Scegliere, scegliere è sempre meglio», mi risponde subito. «Ma
quella donna non mi ha lasciato altra possibilità. Non posso proteggere
nessuno se non faccio ciò che vuole lei. Devi capirlo. Ho bisogno che
tu lo capisca, J».
«E tu devi capire che io devo proteggere te, e a quanto pare
neanche tu hai dato a me altra scelta».
L’ultima cosa che voglio è avventurarmi in un’altra stupida discussione con lei, proprio nel momento in cui ha deciso di lasciarsi andare
e stordirsi un po’.
Così, dopo essermi dato una rapida occhiata intorno, mi rendo conto
che siamo davvero in cima a uno degli edifici più alti di South Beach, a
Miami, e spero che la cosa ci garantisca la privacy che ci serve.
Sarebbe un peccato non sfruttare un’occasione come questa.
«È la mancanza di scelte che…».
Ignoro le sue parole e mi imbarco impaziente nella missione sessuale che mi aspetta.
Distrarre l’avversario è la strategia migliore a questo punto, lo so
bene. Se poi il cosiddetto “avversario” è legato a un lettino, be’, devo
61/281
dire che si tratta dell’ipotesi più piacevole, che presenta una totale
assenza di difficoltà.
Le sue vive proteste riguardo la possibilità di scegliere si tramutano
in gemiti di piacere quando inizio a concentrarmi sull’obiettivo di liberarle corpo e mente facendo ciò che ci viene meglio. Non riesco a nascondere la gioia intensa che provo nell’avere accesso a tutto il suo
corpo. Una gioia così grande che mi spinge ad allargarle ancora di più
le gambe in modo da poter raggiungere più facilmente la delizia che la
mia lingua e le mie labbra amano tanto esplorare. Le mie mani non
riescono a smettere di massaggiarle i seni straordinari, che ora sono
premuti uno contro l’altro sopra il costume. Mentre con la lingua faccio aumentare la tensione proprio nel punto giusto, le stringo i
capezzoli con decisione tra pollice e indice. Lei inarca la schiena e
grida il mio nome. La voglio, più di quanto l’abbia mai desiderata in
vita mia. Sono sicuro che non ne avremo mai abbastanza l’uno
dell’altra. Il suo piacere è tutto il mio mondo. Lei è tutto il mio mondo,
e non ci rinuncerò mai. Mai.
La tensione sessuale tra di noi diventa una scarica elettrica nel
momento in cui arrivo al clitoride con la lingua. Alexa si irrigidisce
ancora di più contro di me, nel tentativo di liberarsi i polsi.
Percepisco la lotta interna dentro di lei tra la voglia di mantenere il
controllo e quella di arrendersi, e la cosa mi piace, tanto. Sono io ad
averla sotto controllo, e sono io che posso liberarla, portarle via tutte le
paure, le preoccupazioni, i dolori, anche se solo per pochi momenti.
Sento il suo piacere crescere e voglio portarla a esplodere con quella
passione che fa parte del suo essere, della persona che si è concessa di
diventare. Ma non ancora.
Mi assesto su un ritmo più morbido. Voglio che viaggi insieme a
me, forzarla ad accettare le mie condizioni, condizioni che so che
anche lei adora. Lei ansima, ha il cuore che le martella in petto.
62/281
Mi rendo conto solo ora di quanta tensione ho accumulato negli
attimi in cui credevo di averla persa.
Voglio il controllo, ne ho bisogno in questo punto cruciale delle
nostre vite in cui sembra che riusciamo a dominare soltanto pochissime
cose.
E allora gioco con il suo corpo come se fosse l’ultima volta che
posso toccarlo. Voglio che senta ogni minima vibrazione del piacere
estremo che le sta pulsando dentro.
Non le lascio tregua. Voglio che il suo godimento torni ad aumentare, partendo stavolta da un punto più alto, fino a che gli orgasmi che
sperimenterà non si riverseranno a cascata l’uno sull’altro lasciandola
senza pensieri il più a lungo possibile. Voglio che sia mia il più a lungo
possibile, priva di difese e del tutto sottomessa ai bisogni del suo
corpo. Così continuo senza sosta a baciarla, succhiarla e giocare con
lei, mentre sento che si gonfia di piacere. Ho bisogno di sentirla più
vicina che mai.
Ha la voce roca. «Ti prego, Jeremy, liberami».
E finalmente le sue parole coincidono con i desideri del suo corpo.
«Pensavo che non me l’avresti chiesto più, tesoro». E si lascia
andare completamente alle sensazioni, a me, abbandonandosi a
un’estasi infinita mentre le accendo il clitoride succhiandolo ferocemente con lo stesso ritmo con cui le torturo i capezzoli, portandola a
gridare senza freni. E quando il suo sesso si contrae per gli spasmi
dell’orgasmo, lecco i suoi umori via via che vengono rilasciati.
Sta cavalcando onde incontrollabili che la sollevano e la portano via
dai dolori del mondo reale, e voglio che possa godere ancora di più di
questa libertà: so che non può negarsi a me, che non mi dirà mai di no,
che non scapperà via da me, e so anche che è di questo che entrambi
abbiamo più bisogno, di questa vicinanza fisica, questa fusione, questa
unione.
63/281
Ho bisogno di accenderla e darle piacere, far sì che si conceda totalmente a me senza barriere, in modo da capire che è così che io e lei
dobbiamo essere… insieme, mai distanti, mai separati.
Mi spoglio e la prendo. È bagnata, e inizia a contrarsi attorno a me.
Le chiudo la bocca con la mia, in modo da farle assaggiare il sapore
del suo piacere e bruciare sia sopra che sotto, assorbendo i suoi gemiti
e bagnandole il viso con le mie lacrime. La copro con il mio corpo,
mentre lei è scossa da spasmi di gioia impossibili da controllare.
Non può fare altro che arrendersi e accettare la situazione. La passione pulsa nei suoi muscoli ottenebrandole la mente, proprio come
voleva lei. È sopraffatta, senza parole. L’unica cosa che le resta sono i
tremiti lasciati dagli orgasmi multipli che le attraversano il corpo.
E sarà così almeno per qualche secondo.
La passione che ci unisce non ha fatto che aumentare nel corso degli
ultimi anni, come se la distanza tra noi fosse servita ad accrescere i
desideri sessuali e la voglia di fare l’amore. Ora più che mai sento che
non potrò mai stancarmi della donna che amo. Se solo mi concedesse
lo stesso accesso alla sua mente, potremmo collaborare stando fianco a
fianco invece di arrivare sempre allo scontro.
Mi rivesto, poi con riluttanza le sistemo il costume. Le libero i polsi
e prendo tra le braccia il suo corpo rilassato stendendomi sul lettino,
godendo appieno del silenzio e della vicinanza che, sento, durerà
ancora per un po’. Mi chiedo come risponderà al piano di Leo.
Per vedere le sue reazioni non ci resta che aspettare, ma se conosco
Alexa so già che saranno difficili da tenere sotto controllo per noi,
anche mettendocela tutta
Alexa
Mi rannicchio nel calore di Jeremy, incapace di pensare o di
muovermi, con le sue braccia che mi stringono. La sensazione del suo
corpo contro la mia pelle è stupenda, così come quella del sole che ci
riscalda dall’alto. Chissà come riesce quest’uomo a farmi sentire così?
Mi accompagna ogni volta in luoghi che non sapevo nemmeno
esistessero, prima di conoscere lui, o magari esistono solo per noi due,
anche se ne dubito.
È come se fossimo le uniche due divinità di un universo in cui non
esiste né inizio, né fine, né dolore, né colpa. Solo completa libertà. Il
modo in cui facciamo l’amore è davvero intenso. Mi travolge, e le
sensazioni che provo rimangono con me ben più a lungo dell’atto
stesso. I nostri corpi si incontrano nella gioia e nel piacere assoluto che
traiamo l’uno dall’altra. È come se fossi una calamita incapace di resistere alla sua forza di attrazione. Diventa tutto il mio mondo, da un
punto di vista sia fisico che metaforico, annullando del tutto il mio
essere. Proprio quando penso di non potermi spingere oltre, lui mi fa
superare i limiti portandomi più in alto, più lontano. Sento che tutte le
energie che potrei impiegare a combattere l’uomo che amo, a contrastare la sua volontà e i suoi desideri, stanno svanendo in fretta, tanto
più perché anch’io desidero quello che lui vuole per me. Non potrei
sopportare di perderlo, così come lui non potrebbe sopportare di perdere me.
E, in fondo, è proprio questo a rendere tutto ancora più complicato.
65/281
Il nostro amore ci sta letteralmente dividendo, portandoci su strade
diverse.
Io so bene che con le sue azioni, molto più che con le parole,
Jeremy mi sta implorando di ascoltarlo, di riconoscere il suo amore e la
sua totale dedizione a me. Continuare a lottare sta diventando sempre
più difficile, e io non voglio lottare contro di lui. Non vorrei tornare
alla Xsade. Non c’è un centimetro del mio corpo che desideri ancora
avere a che fare con quella donna. Ma nel mio cuore so di non avere
altra scelta, dato che in gioco c’è la sicurezza dei miei bambini.
Non posso aspettarmi che Jeremy capisca una cosa del genere. Per
lui è impossibile, lo so, dato che non ha figli. Non ho mai sperimentato
amore più grande, prima di averli.
Ma so anche che il suo amore per me è forte, e mi sento legata a lui
da catene invisibili. Catene che non potrei sopportare di vedere
spezzate, catene che sento così strette intorno a me da pensare che il
mio cuore non potrebbe continuare a battere se non ci dovessero più
essere.
E ora questo. Ha fatto in modo che non mi chiudessi a lui, mi ha
condotto sull’onda del desiderio per poi lasciarmi andare proprio
nell’attimo in cui ero in perfetta sintonia con la serenità che ha creato
apposta per me. Questa sensazione di pace, questa silenziosa energia
pulsante mi completano e mi curano dall’interno. Non sono mai stata
in grado di raggiungere questo stato a meno che non ci fosse Jeremy ad
accompagnarmi. È solo quando mi abbandono totalmente a lui, al suo
desiderio, al suo amore, che riesco ad arrivare a un tale appagamento, a
tanta perfezione.
Galleggio, prosciugata, da un lato persa nell’amore che provo per
lui, dall’altro spaventata a morte per le conseguenze che i miei cari
sarebbero costretti a subire se accettassi il suo aiuto e prendessi una
strada diversa da quella che ho scelto.
66/281
Lascio andare la mente a ricordi di giorni più semplici, di una vita
più facile, quando Jeremy non ne faceva ancora parte. Come quando
con i bambini andavamo nel nostro posto preferito nella valle di Huon
a guardare gli ornitorinchi muoversi in acqua, una volta messi i kajak a
riposo. I bambini giocavano a cavalcioni del maialino Rusty, o
andavano a mungere la mucca Honey, sapendo che col tempo quel latte
sarebbe diventato delizioso brie. Seduti attorno al fuoco, con il pane
caldo tra le mani, ballavamo e cantavamo vecchie canzoni folk, mentre
il sole scivolava dietro le verdi colline di quella valle fertile.
E facevamo il bagno nudi nelle acque perfette della baia di Wineglass, nella penisola di Freycinet, con l’acqua salata che ci solleticava
la pelle, così fresca da risvegliare i nostri sensi ben oltre l’ora in cui
anche l’ultimo turista se n’era andato. Il sole accecante allungava le
giornate estive concedendo al buio della notte solo le ore più corte
dell’anno. Tutto quel mondo rigoglioso, le bellezze naturali che ci circondavano, mi abbracciavano il corpo dando allo stesso tempo ristoro
alla mia essenza vitale. Eppure, anche allora, in quel paradiso, sentivo
che dentro di me mancava qualcosa, che avevo un vuoto nell’anima
che attendeva di essere riempito.
E ora mi rendo conto di quanto io brami ancora la pace e la solitudine che è in grado di offrirmi la natura, di quanto mi sia mancato quel
senso di tranquillità. Gli ultimi eventi della mia vita mi hanno catapultata nell’ignoto, di cui è un perfetto esempio il tempo che ho dovuto
trascorrere alla Xsade: del tutto artificiale e snaturato. Mi sento come
se avessi perso il contatto con il fulcro della mia natura umana. La
paura scuote tutte le fibre del corpo al solo pensiero di tornare in
quell’ambiente privo d’anima, la prossima settimana.
«Alexa, sei di nuovo tra noi? Stai bene?».
67/281
Sento le labbra di Jeremy sfiorarmi l’orecchio. Le parti basse reagiscono all’istante, come se quella voce fosse connessa in modo invisibile
al mio sesso.
Sembrerebbe quasi che sia stato ignorato per anni, invece che per
pochi minuti soltanto.
«No. Sono ancora molto lontano».
E Jeremy mi stringe ancora di più a sé, rannicchiati come siamo sul
lettino con il suo petto che mi preme contro la schiena.
«Non lasciarmi, J. Ho bisogno di te più che della mia stessa vita».
«E io di te, tesoro».
Sarebbe tutto molto più semplice se potessi anche io promettergli la
stessa cosa. La verità racchiusa nelle sue parole mi conforta e allo
stesso tempo mi riempie di paura.
Non so se è per l’alcol, perché abbiamo fatto l’amore sul tetto o perché non devo pensare ai ragazzi anche se solo per poche ore – o forse
sono tutte e tre le cose insieme – ma la sensazione di placida quiete che
provo dopo tanto tempo è davvero piacevole.
Poco dopo, Robert, Adam e i ragazzi ritornano a casa, e io sono di
un umore molto migliore, che mi permette di interagire con loro in
modo normale: non sono più un corpo afflosciato a terra. Non abbiamo
ancora discusso alcun dettaglio dei piani sul mio immediato futuro e
nessuno di noi sembra voler affrontare l’argomento finché i bambini
non saranno a letto.
Loro sembrano davvero contenti di averci tutti e quattro intorno.
Urlano di gioia e rispondono con valanghe di “wow” e “che bello!”
quando Robert gli comunica che rimarremo qui almeno un paio di
notti. E lo credo bene: hanno scoperto che dormiranno nella stanza che
Adam ha destinato a giochi e film, per di più con il permesso di
giocare finché non si addormentano. Be’, in fondo ho ceduto a Robert
68/281
la responsabilità dei ragazzi per ventiquattro ore, quindi non sono certo
nella posizione di dissentire.
Li abbraccio entrambi, contenta di vedere i loro volti sorridenti
scomparire eccitati nella stanza.
Gli uomini hanno ordinato delle pizze, e Adam apre una bottiglia di
Viognier della valle di Napa, fresca al punto giusto. Chiacchieriamo
del più e del meno attorno al tavolo dal ripiano fatto di specchi a mosaico, ascoltando i racconti sull’incontro a Londra.
Facciamo tutti bene attenzione a evitare di accennare anche solo
lontanamente alle mie ultime vicissitudini, e io non posso fare a meno
di sentirmi interessata ma allo stesso tempo distante da quel flusso di
parole. Mio marito, il mio compagno e il compagno di mio marito se
ne stanno seduti attorno a un tavolo come fossero vecchi amici. Mi
sembra una cosa talmente strana da risultare quasi normale.
Adam alza il volume di una musica molto ritmata e io sento un
bisogno impellente di ballare. È come se questo posto fosse stato
pensato apposta per dare feste.
Finisco l’ennesimo bicchiere di vino e getto le braccia al collo di
Jeremy.
«Vuoi ballare con me?».
Mi risponde con il più malizioso dei sorrisi, prendendomi il viso tra
le mani. «Come potrei dire di no? È fantastico vederti così rilassata».
Mi stuzzica le labbra con un bacio e io sento già le ginocchia
cedere, proprio come mi succedeva durante gli anni dell’università. Per
fortuna mi tiene stretta a lui. Sento il corpo sciogliersi, attratto dalla
forza gravitazionale di quest’uomo che sembra disceso direttamente da
Eros. Oddio, come mi accende. Mi pento subito di avergli chiesto un
ballo invece di un giro veloce in camera, o sul tetto… Sarebbe tanto
strano, mi chiedo, farlo qui di fronte a Robert? Forse no.
«Devo fare una telefonata. Torno subito», mi dice Jeremy.
69/281
Adam lo sostituisce al volo, prendendomi le mani tra le sue e distraendomi dai deliziosi pensieri sul corpo di Jeremy e sui mille modi in
cui potrei giocarci.
«Ballerò io con te, ragazza sexy.
Andiamo sul bordo della piscina, ci sono le casse anche là fuori».
Lancio un’occhiata perplessa a Jeremy. Era lui che mi chiamava
RS, Ragazza Sexy, quando eravamo più giovani. Come fa Adam a conoscere quel soprannome? Lui alza le mani in segno di protesta. «Che
c’è? Io non ho detto niente, lo giuro. Deve aver tirato a indovinare. E
poi, dopotutto, è vero».
Mi fa l’occhiolino, mentre con la mano mi dà una pacca sul sedere.
«Balla pure con Adam, io torno fra un secondo».
Seguo con gli occhi la sua schiena possente che si allontana, mentre
Adam mi conduce nella direzione opposta.
La notte è calda e tersa; una mezza luna si divide il cielo con un
pugno di stelle, mentre noi danziamo. E ci diamo dentro davvero.
È meraviglioso, finalmente riesco a sfogare tutte le emozioni e lo
stress repressi da tempo. La musica mi pulsa nelle orecchie, il mondo
prende a sfrecciarmi intorno, mentre Adam, che si rivela un ottimo
ballerino, mi fa girare, roteare e piroettare in tutte le direzioni. Per fortuna ho bevuto un po’, così almeno mi sento abbastanza sicura di
apparire altrettanto brava, dato il modo perfetto in cui mi guida. È
inebriante.
Si allontana qualche istante per andare a riempire i bicchieri mentre
io continuo a muovermi, lasciando che la musica mi porti lontano dai
miei problemi, staccandomi completamente dalla realtà. Sollevo le
mani in aria come se non avessi più un pensiero al mondo, ballo a piedi
nudi e mi perdo nella musica muovendomi come se non ci fosse un
domani. Poi mi volto e scorgo quattro figure maschili intente a fissarmi
dall’altra parte delle vetrate. La cosa spezza il mio ritmo di colpo, tanto
70/281
che inciampo, perdo l’equilibrio e cado nel modo più goffo possibile,
finendo dritta in acqua. Che imbarazzo!
Per fortuna ho deciso di tenere il bikini sotto il vestitino estivo che
ora lascia vedere tutto.
I ragazzi si avvicinano al bordo e Robert e Jeremy mi tendono le
braccia per aiutarmi a uscire dall’acqua, trattenendo a stento le risatine.
«Non dite una parola!», li minaccio, vedendoli intenti a soffocare
sorrisetti compiaciuti.
Adam mi porge un asciugamano.
«Grazie».
Leggermente arretrato rispetto agli altri c’è il quarto uomo, che non
riconosco ma che intuisco essere il motivo che mi ha fatto perdere
l’equilibrio. Si fa avanti.
«Be’, salve, tu devi essere Alexandra. Io sono Leo». E mi porge la
mano. Non posso crederci: incontro Leo per la prima volta in una
situazione come questa!
«Oh, Leo, magnifico. Piacere. Mi dispiace, sono tutta… bagnata».
Tampono svelta il palmo con l’asciugamano, ricambio il gesto e
noto un guizzo divertito nell’azzurro dei suoi occhi.
«Lo vedo. E sei anche una gran ballerina». Oh, santo cielo, chissà
da quanto stavano lì a fissarmi!
L’immagine della dea della pista che credevo di essere svanisce di
colpo, lasciando il posto a quella di una donna che ha da tempo superato i trent’anni, con tanto di figli, alticcia, che balla a piedi nudi con la
grazia di un orso e piomba in quella dannata piscina. Okay, sarebbe un
ottimo momento per chiedere al terreno di inghiottirmi, o per tornare in
piscina e restare sott’acqua, con gli occhi chiusi, aspettando che se ne
vadano tutti. Un classico! Tra milioni di occasioni in cui avrei potuto
incontrare Leo presentandomi in modo brillante, sicuro e rilassato, a
71/281
me capita quella in cui sono fradicia, con un vestito che lascia vedere il
bikini sotto, e completamente nel pallone.
«Solo… scusatemi… ho bisogno di andare un momento… sì,
insomma… scusate.
Torno subito…». Mi congedo e corro verso la camera per riprendere
fiato e ricompormi un po’.
Dopo tutti questi anni, Leo è qui, con noi. L’eroe di Jeremy, il suo
mentore. La persona che lo ha aiutato a superare il vuoto emotivo attraversato dopo il suicidio del fratello Michael, quando nessuno della sua
famiglia o dei suoi amici sembrava riuscire a stargli vicino, me compresa. Ho sempre avuto un timore reverenziale nei confronti di
quest’uomo, arrivando persino a essere un po’ gelosa della sua capacità
di ottenere quello che io non ero stata in grado di ottenere, per quanto
gliene fossi immensamente grata. Ma eravamo tanto giovani. Io ero
tanto giovane.
Non so immaginare come si comporterà Jeremy – sempre così forte,
il maschio alfa in ogni situazione – in presenza di qualcuno che
ammira così tanto, lui che è così abituato ad avere tutto sotto controllo.
Di colpo, la cosa stuzzica la mia curiosità. È la prima e potrebbe anche
rivelarsi l’ultima occasione che ho di vedere come interagiscono questi
due uomini che hanno avuto un impatto profondo nella vita l’uno
dell’altro. Questa affascinante possibilità inizia a contrastare la mortificazione provata in piscina. Certo, però, tra tutte le occasioni…
«Tesoro, ti sei persa là dentro?».
Jeremy dà dei colpetti alla porta prima di entrare.
«È stato troppo imbarazzante, J.
Avresti anche potuto avvertirmi del suo arrivo». Riesco ancora a
percepire un’aria divertita sotto la maschera che sta cercando di
mantenere di fronte a me.
72/281
«Eri presa dal momento, AB. Ti stavi lasciando andare, proprio
come quando hai cantato sul tetto mentre suonavi la chitarra». Sento le
sue braccia insinuarsi intorno alla vita. «Evidentemente c’è una strana
relazione fra te e i tetti, qualcosa di seducente e delizioso». Le sue labbra mi sfiorano il collo. «Me lo devo ricordare… non devo interromperti quando sei in situazioni del genere. La tua bellezza dà il
meglio di sé in quei frangenti».
«Belle parole, peccato che non siano di alcun aiuto in questo
momento. Leo! Dopo tutti questi anni in cui non ho fatto altro che sentir parlare di lui, ecco come mi sono presentata». Gli indico lo stato in
cui mi trovo, certa di fargli capire cosa intendo.
«A lui non importa. Sei tu la sola a farti problemi. Vieni qui, lascia
che ti aiuti. Vorrei che tornassi subito di là».
Gli passo le braccia dietro la schiena, iniziando a baciargli il petto.
«Se mi aiuti tu a vestirmi, potrei metterci anni prima di uscire di qui».
Mi allontana le mani dalla zip dei suoi pantaloni larghi, pieni di
grandi tasche.
«Sei incorreggibile e anche un po’ sbronza, persino dopo la rinfrescata in piscina». Mi sfila il vestito bagnato dalla testa e inizia a tamponarmi il corpo con l’asciugamano. Pochi secondi dopo, mi fa indossare un vestito asciutto e pulito.
«Cristo, ti muovi troppo velocemente. Mi gira la testa», mi lamento.
Jeremy mi passa l’asciugamano anche sui capelli, poi cerca una
spazzola.
«Voglio che lo incontri come si deve. È arrivato fin qui apposta per
noi».
Di colpo sento il panico torcermi lo stomaco. Per noi? «Come, per
noi?».
73/281
Mi siedo sul bordo del letto, mentre Jeremy mi pettina i capelli in
modo gentile ma molto rapido, un gesto che di solito mi piace molto,
in altre circostanze.
«Per poter valutare tutte le opzioni».
A quanto pare il tempo che mi è stato concesso per evadere dalla
realtà è giunto al termine.
«Okay, così stai bene». Mi prende per mano e mi fa alzare dal letto.
«Jeremy, cosa stai tramando?».
Sento che ha in mente qualcosa.
«Parleremo soltanto, Alexa. Ora che siamo finalmente tutti qui, possiamo studiare le prossime mosse tutti insieme». Mi guarda dritto negli
occhi, tenendomi il viso tra le mani per accertarsi che risponda al suo
sguardo. «Sai bene quanto Leo sia importante per me, Alexa. Ti prego,
non deludermi».
Non ci credo, ha giocato la sua carta vincente! E adesso cosa posso
rispondergli?
Mi cinge con decisione la vita e guida il mio corpo riluttante fuori
dalla porta. Si può provare una sola cosa quando si è in una situazione
come questa.
Un presagio di sventura.
Vengo condotta in una stanza piena di testosterone: Leo, Adam,
Robert e Jeremy. Uomini che con tutta probabilità si sono ritrovati qui
con l’unico intento di convincermi a fare qualcosa che so di non poter
fare.
Ragazze, dove siete quando ho bisogno di voi? Darei qualsiasi cosa
per una serata passata in casa a guardare un film con le amiche, con
tanto di tè, cioccolata e valanghe di lacrime o di risate. E invece sono
qui, letteralmente trascinata verso quella che con tutta probabilità sarà
la discussione più importante della mia vita, ben consapevole di avere
tutti i pronostici contro di me.
74/281
Cercherò di tenere la mente più aperta possibile, ma intanto mi
incammino lungo il corridoio con il cuore pieno di apprensione.
Parte terza
Collabora con il destino, non contrastarlo, non ostacolarlo.
Lascia che si compia.
Nisargadatta Maharaj
Alexa
Rientro in soggiorno con Jeremy.
A quanto pare, tutte le persone sedute al tavolo stanno aspettando
noi. Quattro paia di occhi inquietanti vengono puntate su di me. Senza
dimenticare Martin, che accentua il clima di dominanza alfa già
presente nell’ambiente. Se Jeremy non mi sostenesse, sono sicura che
mi cederebbero le gambe. Mi guardo intorno, in cerca di una scusa per
allontanarmi, almeno per un momento. Ho bisogno di schiarirmi le
idee prima di affrontare loro e le loro assurde opinioni su cosa sia
meglio per me. Poi arriva il colpo di genio.
«Vado a dare un’occhiata ai ragazzi. Torno subito». Cerco di divincolarmi, ma la presa di Jeremy è salda e mi porta senza indugio verso
una sedia libera, al tavolo.
«Stanno bene, Alexa, dormono. Li ho controllati io meno di dieci
minuti fa». Con il suo intervento, Robert cancella ogni possibilità di
fuga, anche se di sicuro non l’ha fatto per cattiveria. Scosta una sedia e
Jeremy mi fa accomodare. Mi sento in trappola, e comincio ad agitarmi. Jeremy appoggia una mano sulle mie, che tengo sulle gambe, e
sono talmente nervosa che non so se lo faccia per confortarmi o per
impedirmi di scappare via.
Il cuore comincia a battermi all’impazzata quando sul tavolo
rotondo cala il silenzio e tutti guardano Leo, mentre io continuo a
tenere gli occhi bassi. La sua presenza è imponente, ed è impossibile
negare il timore reverenziale che incute nei presenti.
77/281
«Alexandra, per prima cosa lascia che ti dica che sono felicissimo di
poterti finalmente incontrare di persona. Ho sentito parlare di te per
tanti anni da JAQ, e adesso eccoci qui, riuniti da una sorprendente serie
di eventi».
È strano che Leo chiami Jeremy con le iniziali del suo nome completo, Jeremy Alexander Quinn, come fanno i suoi genitori. Sono tanti
anni che non lo sento chiamare così.
Non posso più prendere tempo e decido di incontrare il suo sguardo
per rispondere alle sue parole, ma di colpo mi sembra di vivere un
déjà- vu. L’ho già conosciuto da qualche parte. Mi perdo nei suoi occhi
azzurri scintillanti, come se fossero una finestra che mi porta dritta alla
sua anima, o forse perfino alla mia.
Non ho mai provato niente del genere, sembra una specie di misterioso sesto senso. È come essere avvolta da una cappa accogliente,
un velo di gentilezza e protezione, come se il tempo si fosse fermato di
colpo. Resto senza fiato, disarmata.
Faccio uno sforzo per sganciare lo sguardo dal suo e mi rendo conto
che stanno tutti aspettando la mia risposta. Per fortuna il mio istinto sa
come rispondere in modo cortese.
«Anche per me è un piacere».
Scuoto il capo, cercando di concentrarmi sul presente, come se fossi
appena tornata da un viaggio nel tempo. «Però ho la strana sensazione
di averti già visto da qualche parte». Parlo con voce fioca, incerta.
«Interessante. Altri tempi, altri luoghi, forse. La vita fa incrociare i
destini di molti». Una risposta posata, filosofica, che pone più
domande ancora. Vorrei fargliene alcune, ma decido di tenerle per me,
agitandomi sulla sedia: è l’effetto del ricordo della cosiddetta “punizione” di qualche tempo fa, quando mi è stato proibito di fare domande.
Jeremy nota il mio movimento e cerca di nascondere un sorriso, stringendomi le mani con la sua.
78/281
«Ora passiamo all’argomento che siamo venuti a discutere. Martin,
credo che tu abbia qualcosa da dire».
È come se stesse presiedendo una riunione formale, una di quelle
esecutive. Tutti gli occhi si spostano su Martin.
«Grazie, Leo. Salina ci ha inviato un nuovo documento un paio
d’ore fa. Ha avuto conferma che Jurilique si trova sotto terra, nei laboratori della Xsade, in Slovenia, gli stessi in cui Alexandra è stata tenuta
prigioniera. È convinta che anche Votrubec si trovi lì».
Dritto al punto.
Non posso evitare di interromperlo. «Quindi è vivo?»
«Si è messo in contatto con sua moglie da poco, ma lei non l’ha più
visto dopo la vostra fuga. Le ha detto che stava lavorando a un progetto
che lo avrebbe tenuto impegnato a tempo pieno, e che forse avrebbe
impiegato qualche settimana per portarlo a termine».
Il mio cuore sprofonda. Di sicuro la Strega lo ha rinchiuso lì, ma è
un enorme sollievo sapere che è ancora vivo.
«Da quel che sappiamo, ha bisogno di lui per eseguire i test e gli
esperimenti sul sangue di Alexandra. Lo libererà solo se Alexandra
tornerà da lei per collaborare». Oddio, va sempre peggio. Abbasso la
testa, come se fossimo entrambi condannati all’esecuzione.
«E hai parlato con il mio contatto con l’Interpol?»
«Sì. È in attesa di istruzioni».
«Bene, mi fa piacere saperlo. C’è altro, Martin?», gli chiede Leo.
«Solo che stamattina abbiamo ricevuto ulteriori comunicazioni da
Jurilique tramite un ospite dell’hotel, cui è stato chiesto di consegnare
il messaggio con le istruzioni di Alexandra sul luogo
dell’appuntamento».
Ma perché la mia vita è cambiata così?
«E immagino il messaggio sia stato consegnato».
Un momento di silenzio.
79/281
«Ecco, non proprio».
«Come?»
«È stato fatto a pezzi, ma li abbiamo rimessi insieme».
Divento paonazza: tutti hanno capito che sono stata io a distruggerlo. Se avessi fatto partire una sirena per segnalarlo, non sarebbe
stato più evidente.
«Capisco». Come se potesse anche non capire. Tra me, ringrazio
Leo per non averne fatto un caso nazionale. «Grazie, Martin. Ci sono
domande, prima di andare avanti?».
Tutti scuotono la testa. «Okay. Dai colloqui avuti con ciascuno di
voi è emersa in modo chiaro l’opinione di tutti su come sia meglio
rispondere alle minacce di Jurilique. L’unica in disaccordo è
Alexandra».
Si voltano tutti a fissare il mio viso arrossato. Leo continua a riferirsi a me con il mio nome completo, e questo, insieme al suo modo di
fare, per qualche inaspettato motivo mi rassicura.
Jeremy non ha ancora detto una parola dall’inizio della riunione, e
un po’ mi aspetto che parli per me, visti i nostri ultimi scontri. Ma resta
in silenzio, e tutti attendono pazienti la mia risposta. Libero le mani
dalla sua, prendo un sorso di vino dal bicchiere che ho davanti perché
ho la gola secca, sperando che mi dia coraggio, e mi preparo a parlare.
Sempre se ci riesco.
Spiego ciò che ho cercato di far capire a Jeremy da quando mi è
arrivata quella lettera. I timori per i miei bambini. Il bisogno disperato
di farla finita con questa storia e ricominciare a vivere come una persona normale, con un lavoro normale. Il desiderio di poter ancora far
parte della società e di non essere una reietta o una reclusa.
Parlo a lungo, e loro mi ascoltano, senza interrompere o fare
domande.
80/281
Da parte loro ci sono solo pazienza e comprensione, il che onestamente mi sconvolge: non mi aspettavo nulla del genere. Parlo fino a
restare senza più niente da dire, e alla fine concludo: «È per questo che
non ho altra scelta se non darle ciò che chiede, per il bene di tutti noi».
Prendo un altro sorso di vino e sollevo lo sguardo per osservare gli
uditori solo quando lo riappoggio sul tavolo.
I volti di Jeremy e Robert sono carichi di emozioni che non ho la
forza di registrare. Adam guarda suo fratello e i loro occhi si agganciano, come per stringere un patto silenzioso.
È Leo il primo a parlare.
«Alexandra, tu sai che tutti i presenti a questo tavolo ti vogliono
bene, e che non saremmo qui se così non fosse?»
«Sì, certo. E voglio ringraziarvi tutti per esservi prodigati per proteggermi. Non so se potrò mai ricambiare».
«La vita non è fatta per ricambiare. È fatta per sperimentare, imparare ed esplorare ciò che non si conosce. Azioni che ti è capitato di
compiere spesso, ultimamente».
«Eh, già», mormoro.
Per fortuna Leo fa un sorrisetto, per nulla seccato. È davvero un
bell’uomo, e porta in modo splendido i suoi quasi cinquant’anni.
È in forma e abbronzato, di certo per la recente permanenza nella
giungla, i suoi occhi azzurri così accesi e intenti sono incorniciati da
folte ciglia nere, e il suo sorriso è tipicamente americano.
Capisco bene perché a un primo sguardo tutti pensano che lui e
Jeremy siano parenti. Hanno corporatura e altezza simili, ed entrambi
sono di una bellezza fuori dal comune, quella che induce quasi tutte le
donne eterosessuali e gli uomini gay a fissarli un po’ più del dovuto.
Sono dotati di una presenza ammaliante e di sicurezza intellettuale: la
differenza essenziale è la personalità più rilassata di Leo, cui fa da
81/281
contrappunto il modo di fare più sofisticato, professionale e impositivo
di Jeremy.
«Credi che l’unica scelta possibile sia quella proposta da Madame
Jurilique?». Annuisco in silenzio. «Grazie per aver condiviso con noi i
tuoi timori. Jeremy, vuoi darci il tuo punto di vista?».
Con un cenno di assenso espone la sua opinione, la stessa che mi ha
opposto nelle liti dei giorni scorsi, con il piglio di un avvocato che fa
l’arringa finale davanti a giudice e giuria. Se non fossi in disaccordo
con lui, sarei orgogliosa della sua breve eppure sentita dichiarazione.
Ma in questo caso particolare non mi è di nessun aiuto, così come
non lo è la sua preoccupazione che se una casa farmaceutica si dichiara
interessata ad “acquisire” le caratteristiche uniche del mio sangue, in
breve altre seguiranno l’esempio e chiederanno di avervi accesso a loro
volta, a ogni costo, proprio come ha fatto la Xsade.
«Robert, hai qualcosa da aggiungere?». Non si può certo dire che
Leo non sia democratico. Robert si dichiara subito d’accordo con
Jeremy: sostiene che cedere alle richieste di Jurilique non garantirà la
sicurezza, né a me né ai miei bambini, e si oppone in modo netto al
mio ritorno alla Xsade, a dispetto della campagna diffamatoria con cui
quella donna minaccia di rovinarmi.
Il fatto che conosca bene i problemi che stiamo affrontando mi sorprende, così come la decisione con cui difende le sue convinzioni.
Robert e Jeremy si scambiano uno sguardo solenne, poi insieme si
voltano verso Leo. Oddio, che speranze ho? Li fisso con occhi imploranti, mentre la forza di oppormi comincia ad abbandonare il mio corpo
insieme alla mia facoltà di parola. «Vi prego… come fate a dire una
cosa del genere, voi due?
Sapete che non ho scelta…».
«Alexandra, voglio proporti di riflettere su un’alternativa. È un’idea
che sono quasi certo non ti sia nemmeno passata per la mente e che
82/281
vorrei esaminare insieme a te, se posso. Ti interessa sapere di che si
tratta?». Leo mi sorprende con la sua eloquenza ogni volta che apre
bocca.
Ho sempre pensato che fosse un tipo diretto, come Jeremy, invece
non è così.
Come potrei non ascoltare la sua proposta, date le circostanze? Non
posso fare altrimenti. Mi rassegno al fatto che mi trovo in casa di suo
fratello, circondata da uomini che dichiarano di tenere a me, anche se
non vogliono permettermi di fare quel che sono convinta sia
necessario.
Così, controvoglia, annuisco.
«Sì, Leo, certo. Ti ascolto».
Sento Jeremy espirare quando accetto. È rimasto in silenzio finora,
e non mi ero resa conto di quanto deve sentirsi stressato. Ci guardiamo
negli occhi e lui mi bacia il palmo della mano, ma sento che ha ancora
i muscoli contratti dalla tensione.
Leo spiega la sua proposta, descrivendone possibili rischi e pericoli,
ma anche il nirvana che potremo realizzare, nella migliore delle
ipotesi, se tutto va come previsto.
Il suo discorso è coinvolgente, e mi fa venir voglia di abbandonarmi
alla visione di un futuro che non sono riuscita nemmeno a prendere in
considerazione di fronte alla minaccia di Jurilique che incombe su di
me. Ciò che suggerisce è al di là di ogni mia possibile intuizione, con
ripercussioni che vanno ben oltre i prossimi giorni. È così convinto da
far sembrare possibile l’impossibile, e mi aiuta a convincermi che tutti
gli orrori che mi sono capitati finora hanno avuto luogo per un motivo
preciso, che hanno uno scopo che ancora dobbiamo comprendere e ci
offrono la possibilità di esplorare percorsi che prima non avremmo
potuto intraprendere.
83/281
Ha un modo di parlare affascinante, entusiasta; mi fa sentire come
se mi stesse prendendo per mano per fuggire con me verso il nuovo
sentiero che ci si è aperto davanti, rischiando un viaggio mai tentato
prima, del tutto sconosciuto.
E mi ritrovo a desiderare di credere in lui, più di quanto abbia mai
desiderato niente in vita mia.
Siamo tutti ammaliati dalle sue parole, come in trance: è riuscito a
soggiogare ognuno di noi. Avrei dovuto sapere che un uomo tanto
stimato da Jeremy non poteva che essere eccezionale. Ed è così.
Quando finisce di parlare, Leo incontra il mio sguardo ed è come se
mi avesse ipnotizzata: di colpo nella mia mente scatta qualcosa e lo
riconosco. Leo è il mio gufo, quello che ho visto nel sogno che ho fatto
sul volo per Londra. Quello che mi sta cercando, che ho salutato con
un cenno del capo quando mi sono trasformata in aquila.
Quanto mi fido dei sogni? Dovrei crederci? Sono domande che mi
passano nella mente per un istante, per essere subito messe a tacere. Ho
capito che il mio destino è volare con quest’uomo in cieli inesplorati.
So che devo fare totale affidamento su di lui, per quanto ciò mi terrorizzi, e sapendo che la mia vita è nelle sue mani. Il senso di gentilezza e di calma che ho provato poco fa mi spinge a credere ancora di
più che sia così. Forse Leo è il gufo saggio che ci guiderà verso un
futuro sconosciuto. Solo lui poteva aiutare Jeremy a ritrovarsi, anni fa,
e da allora è rimasto al suo fianco.
L’incontro ravvicinato con tutti questi uomini non è affatto come
me lo aspettavo, e forse non è un caso.
Mi hanno colta alla sprovvista con le loro risposte sincere, restando
tranquilli, gentili e razionali.
Mi ritrovo a domandarmi perché mi rifiutassi di prendere in considerazione altre soluzioni, perché non volessi nemmeno discutere.
84/281
L’unica risposta che riesco a darmi è che mi sono lasciata sopraffare
dal mio ego.
L’idea che il mondo potesse vedermi sotto una prospettiva diversa
dal personaggio pubblico che mi sono costruita con tanta attenzione e
che ho portato avanti per tutta la vita mi aveva resa vulnerabile alle
minacce.
Comincio a capire che sono solo all’inizio del mio processo di conoscenza, anche se è stato Jeremy il primo a legare tra loro tutte le parti
di me che prima erano separate, portando alla luce quanto era avvolto
dalle tenebre. Mi sento come se l’universo mi avesse lanciato una palla
e io dovessi decidere se schivarla o respingerla.
Decido di giocare.
«Prima di accettare vorrei porre due condizioni, e chiedo a tutti di
prenderle in seria considerazione».
Jeremy sembra ansioso, mentre Leo lascia apparire un sorriso
appena accennato sulle sue labbra, come se se lo aspettasse.
«Di’ pure, Alexandra», mi dice.
Guardo Robert. «Elizabeth e Jordan verranno con noi».
Nessuno risponde, ma tutti si scambiano occhiate cariche di
sottintesi.
«E l’altra?», mi chiede Leo con una tranquillità che gli altri non
hanno.
«Che Salina salvi Josef dalla Strega», dichiaro convinta, con una
forza che stupisce anche me.
Il corpo di Leo assume una posa regale: sente che l’accordo è vicino
e guarda negli occhi ciascuno degli uomini seduti al tavolo, come se
stesse leggendo nelle loro menti.
Uno dopo l’altro fanno un cenno di assenso, accettando le mie condizioni. Al pensiero di ciò che sto per fare, sento che le mie mani
cominciano a sudare.
85/281
«Le tue condizioni sono ragionevoli. Ho già parlato con Robert dei
bambini, perché pensavamo che sarebbero stati un elemento fondamentale nella tua decisione. Robert ha rivisto i suoi impegni lavorativi
e verrà con noi, in modo che possano stare con almeno uno dei genitori
in ogni momento. Abbiamo anche assunto un insegnante privato, che li
seguirà negli studi durante il viaggio. A tutte le altre questioni
logistiche provvederà Moira, se sei d’accordo».
Certo, l’assistente perfetta di Leo, Moira, sa come tenere tutto sotto
controllo. È lei a occuparsi dell’organizzazione della vita di Leo, permettendogli di fare ciò che sa fare meglio: tutto quello che vuole.
Non riesco a credere che la mia vita sia diventata un oggetto di
scambio. Ripenso a ciò che ho fatto nelle ultime settimane: ho
promesso di dedicare a Jeremy quarantotto ore senza poter vedere né
fare domande.
Ho negoziato e firmato un contratto con la Xsade; sono stata rapita,
e ora questo. Sto per affidarmi a Leo e partire per un viaggio che va
contro ogni logica finché le stelle non si allineeranno, qualsiasi cosa
significhi. Eppure tutti gli uomini qui riuniti sembrano concordare con
questo piano, per quanto sia più assurdo di qualsiasi sogno abbia mai
fatto.
Perfino Jeremy, che è sempre così razionale, analitico e scientifico,
desidera senza alcun dubbio che accetti.
«In sostanza mi state chiedendo di lasciarmi andare, di far succedere
ciò che deve. Per dirla con le tue parole, devo “lasciare che il passato si
riconcili con il presente e che il futuro si dispieghi davanti a me”. È
così?», chiedo.
«Esatto».
«Leo, sto mettendo la mia vita nelle tue mani…».
«Nel l e nostre mani, Alexandra.
86/281
Fidati, non ti volteremo mai le spalle; ognuno di noi ha un ruolo
preciso in questo viaggio».
A volte la via più semplice può rivelarsi la decisione più ardua da
prendere, per quanto la strada possa essere spianata. Quando finalmente abbandono l’idea di tornare alla Xsade e accetto il piano che mi
propongono, sento un sospiro di sollievo collettivo levarsi intorno al
tavolo, ed è palpabile il modo in cui l’ansia e la tensione svaniscono.
Anch’io sospiro, stremata dopo tanto tempo passato a nuotare controcorrente. Sto sfidando la via della paura e andando incontro a quella
della speranza, ed è una sensazione tanto spaventosa quanto fortificante, una liberazione inebriante.
Jeremy mi abbraccia, come se la sua stessa vita dipendesse dalla
mia decisione.
I nostri occhi si riempiono di lacrime. Leo si unisce all’abbraccio, e
poi anche Robert e Adam, e insieme ci sentiamo uniti e solidali di
fronte al futuro che ci attende. Martin è già al telefono e sta
organizzando chissà che cosa. Ignoro quel che mi aspetta, so solo che
dovrò essere più temeraria che mai.
Mi addentrerò nell’ignoto, sapendo che sto rischiando la vita come
la conosco per un futuro migliore per me e per i miei cari. E per far sì
che ciò accada, dovrò fidarmi degli altri.
Jeremy
Grazie a Dio. Non riesco a pensare altro. Leo è riuscito in
un’impresa per me impossibile.
Alexa ha detto sì al nostro piano rinunciando a consegnarsi alla
Xsade, cosa che non le avremmo mai permesso in ogni caso. Ora che
non saremo più costretti a discutere ogni cinque minuti su ogni singola
mossa da fare sarà tutto più semplice, e non ci troveremo più nel silenzioso limbo del disaccordo.
Devo ammettere che la prima volta in cui Leo ha avanzato la sua
proposta alternativa ero un po’ scettico. Un bel po’ scettico, anzi. È
qualcosa che va contro la mia natura, e se fosse stato chiunque altro a
suggerirlo l’avrei bocciata, definendola senza indugi una follia.
Ma viene da lui, e se riuscirà a salvare Alexa da una trappola mortale, allora il minimo che posso fare è lasciarmi convincere dal mio
amico, soprattutto perché sembra disposto a tutto pur di aiutarci.
D’altra parte, se scoprirà quel che spera (e conoscendo Leo, chi
sono per dire che non ci riuscirà?), i risultati potrebbero salvare Alexa
dalle mire di qualsiasi altra casa farmaceutica del mondo.
Il recente viaggio di Leo in Amazzonia, durante il quale ha vissuto
con la popolazione Wai Wai, gli ha consentito di entrare in contatto
con uno degli sciamani più potenti che abbia mai avuto il privilegio di
conoscere: sono parole sue. Lo sciamano ha voluto fare con lui un
“volo dell’anima”, durante il quale a quanto pare hanno percepito
insieme una forma di illuminazione.
88/281
Non posso negare che per me sia stato un racconto un po’ bizzarro,
ma Leo studia questi argomenti da anni e crede con sincerità che sia la
via giusta per trovare il collegamento mancante per comprendere
l’enigma del sangue di Alexa, anche se non ho ben capito come. È
l’elemento che le nostre ricerche, nonostante il lavoro incessante di
analisti e tecnici, non sono ancora riuscite a scoprire.
Il mio campo di studio è sempre stato considerato “fuori dagli
schemi medici”, per così dire, ma ora stiamo davvero per lanciarci ben
oltre il regno delle metodologie scientifiche tradizionali, ed è proprio
per questo che Leo è riuscito a convincermi a intraprendere insieme
questo viaggio: lui coordinerà la parte bizzarra, cioè la preparazione
cui Alexa dovrà sottoporsi per partecipare al volo dell’anima, mentre
io, oltre a dare sostegno ad Alexa, metterò insieme i dati per la ricerca
e fornirò assistenza medica, che spero non sia necessaria. Di base,
quindi, Leo coordinerà la parte spirituale, e io sarò responsabile di
quella scientifica.
Entrambi speriamo che le risposte al mistero del sangue di Alexa
siano sospese a metà tra le due.
Ho fatto in modo che la mia protetta a Harvard si trovi a Boston in
attesa di ricevere informazioni da noi, in modo che possa analizzare in
tempo reale tutti i dati che le manderemo. Leo, Alexa e io cominceremo il viaggio nella giungla dalla base Avalon in Amazzonia, nel
Brasile settentrionale, fino a raggiungere lo sciamano nei pressi del villaggio Mapuera, nel territorio del Pará.
Non ho idea di cosa ci aspetti, ma so di poter mettere la mia vita
nelle mani di Leo, e lui mi sembra più che convinto che questa sia la
strada giusta da seguire. È talmente sicuro di sé che qualsiasi obiezione
io ponga mi torna indietro, come se lui fosse dotato di un campo di
forza intellettuale che non sono in grado di attraversare. È una
sensazione molto strana, cui non sono affatto abituato.
89/281
Il suo modo di parlare ipnotico, con cui ha convinto tutti durante la
riunione, ne è stato solo l’ennesimo esempio: per quanto si cerchi di
razionalizzare le sue parole, è come se si rivolgessero a un livello
diverso del subconscio, e alla fine ti ritrovi a desiderare di credergli. È
davvero incredibile.
Mi è capitato più volte di vederlo fare questo effetto alle persone,
ma non sapevo se avrebbe funzionato anche con Alexa, visto quanto
era sulla difensiva. In ogni caso non intendo discutere. Per me è già
riuscito a ottenere l’impossibile, e ormai lei ha accettato di staccarsi dal
mondo esterno per tutto il tempo che sarà necessario.
Intanto, dietro le quinte, ci siamo attivati per porre fine alle minacce. I contatti di Leo con l’Interpol cercheranno di accelerare le burocrazia e incriminare Jurilique per farla finire dietro le sbarre al più
presto. Se tutto va bene, le autorità sono riuscite a individuare i sistemi
della Xsade e potranno proteggere Alexa. Nel peggiore dei casi, se
Salina e la sua squadra non riusciranno a entrare nella struttura della
casa farmaceutica per catturare Jurilique e mettere in salvo Josef prima
che lei riesca ad attuare la sua meschina campagna diffamatoria,
almeno saremo talmente lontani dai media e dalla società occidentale
da poter proteggere Alexa e i bambini da ogni implicazione. Ma ci
restano cinque giorni, tutto è ancora possibile.
Più Leo ne parlava con noi, più sembrava l’unica soluzione possibile. Ha sempre ribadito che non avrebbe accettato una risposta negativa da parte nostra.
La sensazione era chiarissima, e quando alla fine Alexa ha dato il
suo assenso è stato come se la vita fosse tornata ad abitare questo
mondo devastato, permettendomi di rilassare i muscoli tesi per la
prima volta dopo un tempo che mi è sembrato infinito.
Parte quarta
Bisogna imparare ad amare, passando attraverso una buona dose di
sofferenza, e il viaggio è sempre verso l’anima dell’altro.
David Herbert Lawrence
Lago di Bled
Salina non riesce a credere alla propria fortuna. Finalmente, dopo
tante ricerche, è riuscita a localizzare uno degli ingressi segreti della
struttura. Ha solo bisogno di una conferma.
Da quando Alexa, Jeremy e Martin sono tornati negli Stati Uniti, ha
indagato su Jurilique e Bertrand, cercando di scoprire la loro posizione
nella speranza di trovare anche Josef Votrubec. Pur inviando continui
aggiornamenti sulla situazione a Martin, finora non è ancora riuscita a
entrare nella struttura della Xsade; cominciava a pensare che fosse
impossibile, ma adesso le sembra di essere vicina a una svolta. Martin
ne sarà felice, e questo la motiva ancora di più.
Salina aveva avuto il sospetto che nell’obitorio dell’ospedale in cui
aveva visto il corpo apparentemente senza vita di Alexa ci fosse qualcosa di strano. L’aveva vista lì e un attimo dopo era sparita, come per
magia. Poi un dottore che sembrava capace di svanire nel nulla le
aveva fatto perdere un mucchio di tempo, e non era più riuscita a
ritrovarlo.
Qualcosa le diceva che quel posto era la chiave di tutto, anche se il
solo pensiero le dava i brividi.
Gli ostacoli principali erano l’ingresso e il pronto soccorso, che
però è riuscita ad attraversare senza difficoltà. Anche stavolta si è
rivelata una fortuna che l’ospedale del lago di Bled si trovi in una zona
tanto tranquilla e che lo staff sia poco numeroso. Ha trovato in una
stanza dei camici da laboratorio e ne ha preso uno per coprire i suoi
abiti neri; con i capelli scuri raccolti ha tutta l’aria di far parte del
92/281
personale medico. Ha sceso le scale e si è fermata un momento, prima
di scivolare nella stanza dell’obitorio, e dopo essersi accertata che non
ci fosse nessuno ha chiuso la porta a chiave alle sue spalle.
Ha aperto uno dopo l’altro i pesanti sportelli delle celle frigorifere,
con un sospiro di sollievo per non aver trovato cadaveri.
«L’ingresso deve essere qui», mormora tra sé mentre con gli occhi
scruta la stanza in cerca di altre aperture. Con un respiro profondo, si è
sollevata e si è infilata su una barella metallica, strisciando fino al
fondo e spingendo con le mani contro la parete per capire se ci fosse
qualche passaggio. Sentendolo compatto, non sa se sentirsi sollevata o
delusa. Si è trascinata fuori e ha provato lo sportello successivo. Di
nuovo un buco nell’acqua. Nel tentare il terzo ha cominciato a
chiedersi se la sua ipotesi non fosse una follia. Come se davvero fosse
possibile accedere a una struttura passando per delle celle frigorifere.
Ma quando, ormai senza speranze, ha tentato con l’ultimo, ha sentito la
parete cedere come non era successo con le altre.
Ha controllato il muro con la torcia elettrica. C’era un minuscolo
pulsante argentato in un angolo in basso. Lo ha premuto, e in quello
stesso istante il fondo della cella si è aperto. Ha spento subito la luce e
ha aspettato qualche secondo in modo che i suoi occhi si adattassero
all’oscurità prima di calarsi in quello che sembrava proprio l’interno
della Xsade.
È dentro.
***
Salina comincia a vedere una specie di binario, simile a quelli delle
vecchie montagne russe, e subito le vengono in mente le miniere di
sale di Salisburgo, dove ha portato i suoi nipotini non troppo tempo fa.
È molto simile, e dà l’impressione che si possa scendere e curvare,
93/281
prendendo velocità via via che si cala nel sottosuolo. Deve evitare di
dare nell’occhio, così si toglie il camice e lo infila nello zaino;
potrebbe tornarle utile in un secondo momento.
I vestiti scuri la confondono con l’ambiente in ombra mentre segue
il tracciato a piedi. A un tratto un carrello le passa accanto con un sibilo, e lei si accuccia per non farsi vedere.
Solo dopo lancia un’occhiata furtiva e si accorge che a bordo non
c’è nessuno: probabilmente li usano per trasportare materiali.
Sollevata, riprende il cammino verso quelle che le sembrano le viscere della terra.
Alexa
Ricordo in modo indistinto le ventiquattro ore trascorse da quando
ho abbandonato l’idea di concedere il mio corpo e il mio sangue alla
Xsade. Da quel momento in poi è stato come se il mondo intorno a me
si fosse mosso al doppio della velocità, per fermarsi di colpo ora che
siamo al sicuro a bordo di un jet privato di Leo.
Il nostro arrivo al campo di volo sembrava davvero un’operazione
dei servizi segreti. I ragazzi, Robert e Adam sono arrivati a bordo di
una limousine, mentre Jeremy e Leo sono partiti insieme a me in gran
segreto al calar del sole in elicottero dal tetto, per timore che qualcuno
ci stesse tenendo d’occhio. Ora siamo diretti verso una delle proprietà
segrete Avalon di Leo, in Sud America.
Leo non vuole ancora che io conosca la sua posizione precisa: a
quanto dice, è più importante che io percepisca l’energia dell’ambiente
senza alcun pregiudizio.
Non importa… lasciati andare, continuo a ripetermi. È un mantra
che mi aiuta quando penso a quale sarebbe l’alternativa: senza volere
rabbrividisco al solo pensiero.
Ho chiamato la mia famiglia, spiegando che trascorreremo qualche
mese in America per impegni di lavoro. Sulle prime sono rimasti tutti
scioccati, ma poi l’hanno accettato, per fortuna.
Sentirli così preoccupati mi ha quasi fatto vacillare: dovevano aver
colto la mia inquietudine. Alla fine però mi sono mostrata determinata
a restare unita ai miei figli, sostenendo che è la soluzione migliore per
tutti noi, anche se così facendo darò un dispiacere a molti. Robert si è
95/281
occupato senza problemi della lunga assenza dei bambini da scuola, e
ha chiesto a un amico di tenere d’occhio casa nostra per un po’.
Moira ha sistemato ogni questione inerente il mio lavoro: non ho
nemmeno dovuto chiamare l’università, ed è una sensazione davvero
strana.
Non era possibile opporsi alla forza del piano di Leo e Jeremy,
comunque: hanno escluso ogni altra possibilità, come se volessero
creare una bolla protettiva intorno a me e trasportare la mia esistenza
fuori dal mondo reale. Cerco di mettere da parte il terrore di come
potrebbero reagire i miei familiari, amici e colleghi se Jurilique
mettesse in atto la sua vile campagna; per il momento preferisco rifugiarmi nella negazione, è molto più semplice.
È stato organizzato tutto in modo così efficiente che non ho avuto
bisogno di mettermi in contatto con nessuno, a parte la mia famiglia.
Sono sicura che ogni cosa era già stata pianificata anche prima che
dessi il consenso, e che se avessi detto di no mi avrebbero costretta:
non c’è dubbio che Jeremy non mi avrebbe mai permesso di tornare
alla Xsade. Da quando ci siamo ritrovati, in Europa, non mi ha praticamente mai persa di vista. Non potevo nemmeno uscire di casa quando
volevo. Non riesco a trattenere una risatina isterica quando mi rendo
conto che da una prigione del terrore in Slovenia sono passata a una
d’amore a Miami.
Sospiro al pensiero che la mia vita sia così cambiata; dal punto di
vista emotivo è una lotta che mi sfinisce, e in fin dei conti ormai non fa
più alcuna differenza.
Dopo le chiamate, Leo confisca i telefoni di tutti. Jeremy nasconde
il proprio divertimento di fronte alla mia espressione turbata: di sicuro
ricorda bene che sono andata su tutte le furie quando mi ha “rubato” il
telefono all’inizio del nostro weekend insieme a Sydney.
96/281
Oddio, sembra passata un’eternità da quando ci siamo imbarcati in
questa folle avventura: da allora è successo davvero di tutto. Stavolta
non protesto più di tanto, dato che anche lui è costretto a consegnare il
cellulare, ma quando Leo ci spiega che dove andremo non ci sarà
campo e le chiamate potranno essere fatte solo con un telefono satellitare, approfitto del momento e gli do una gomitata nelle costole.
Secondo Leo sarebbe addirittura meglio non portare affatto i telefoni
con noi, dato che potrebbero essere individuati, e in effetti non ha tutti
i torti.
Jeremy ha l’occasione per restituirmi la gomitata quando mi viene
chiesto anche l’orologio.
«L’orologio? Perché?»
«Abbiamo scoperto che la Xsade vi ha inserito una microspia: per
questo sapevano sempre dove ti trovavi».
«Oh… davvero?». Demoralizzata, lo porgo a Martin, che non si
allontana mai troppo dalle porte dell’ascensore, come se pensasse che
basterebbe un suo momento di distrazione per farmi fuggire via.
«Abbiamo già eliminato la cimice nel tuo telefono, ma qualche ora
fa ci siamo accorti che veniva inviato anche un altro segnale. Oltre a
quello del braccialetto, ovviamente».
«Certo». In effetti alla Xsade mi avevano tolto tutto, tranne il bracciale, che non erano riusciti a sganciare.
«Non essere triste, Alexandra.
Non avrai bisogno di sapere che ore sono, dove andremo. Possiamo
lasciare anche il tuo orologio, così penseranno che ti trovi qui».
Non ha senso oppormi. Tutto ciò che doveva succedere per staccarci
dal mondo reale quel giorno è già successo. Adesso esiste solo questo
piccolo gruppo di persone, su un aereo, e nessuno sa nulla del viaggio
che faremo. Non possiamo certo rischiare che la Xsade scopra dove mi
trovo. Ma è così sconvolgente il fatto che i tuoi amici e la tua famiglia
97/281
non abbiano idea di dove tu sia e cosa stia facendo. Spero con tutta me
stessa di non essere stata troppo egoista nella scelta di portare con me i
miei figli: morirei se a causa mia gli accadesse qualcosa.
Ma la loro presenza mi dà un senso di sicurezza e una pace che mi è
mancata negli ultimi mesi, e sono davvero grata a questi uomini che
l’hanno reso possibile.
Leo ha chiesto a Martin di tornare in Europa per mantenere un collegamento diretto con l’Interpol e aiutare Salina a salvare Josef, e nella
migliore delle ipotesi la minaccia di Jurilique dovrebbe rimanere tale.
Ma ho anche il vago sospetto che temano che la sua presenza mi faccia
pensare di più a quanto c’è in gioco, distraendomi dallo scopo finale
del nostro viaggio. E in effetti hanno ragione.
Ogni volta che lo guardo, mi torna in mente il pericolo che si annida
nel mondo reale per i miei cari. Il mio stomaco non fa che torcersi per
il terrore di quanto potrebbe succedere a Josef, così come a Salina,
anche se è una professionista, proprio come Martin. Mi sento sollevata,
quindi, dal fatto che Leo abbia preso tante precauzioni, e so che si fida
ciecamente delle capacità di Martin, proprio come me. Anche se non
sono stata altrettanto felice che mi abbia impedito in tutti i modi di
uscire da casa di Adam, resta la convinzione che ha preso in modo
molto serio il suo lavoro, che svolge in maniera eccezionale.
Abbiamo fatto vaccini di tutti i tipi, sotto forma di iniezioni e pastiglie: febbre gialla, epatite, tifo, colera e chissà che altro. Il braccio mi
pulsa ancora dove è stata fatta l’antitetanica; per fortuna i bambini si
sono addormentati, finalmente, così non soffriranno. I loro giovani sistemi immunitari saranno stati inondati di malattie in miniatura.
Jeremy è stato delicatissimo con loro, ma è sempre dura vedere i
tuoi figli alle prese con gli aghi. Sono stati molto coraggiosi, ed erano
molto emozionati per la partenza verso un’altra avventura. Oddio,
spero di aver fatto la scelta giusta portandoli con noi.
98/281
Sorrido stanca a Robert, che ha in braccio Jordan, mentre io ho
Elizabeth. Gli altri stanno parlando vicino alle prime file dell’aereo.
«Come stai, Robert? Sei sicuro che tutto questo non sia troppo per
te?». All’improvviso mi rendo conto che non abbiamo mai avuto
tempo di parlare tra noi, da quando siamo arrivati all’appartamento di
Adam.
«E me lo chiedi adesso?», risponde ridacchiando. «Sto bene, Alex,
va tutto bene. Certo è una situazione strana, non trovi?». Alza gli occhi
e si guarda intorno. «Non avrei mai pensato a niente del genere».
«Anch’io faccio fatica a rendermi conto di come la mia vita tranquilla sia stata stravolta». So di avere un tono malinconico, e anche
Robert se ne accorge.
«È stata dura per te, vero?».
Annuisco a malincuore, osservando quella che un tempo era la nostra famiglia e cercando di trattenere le emozioni, mentre mi si riempiono gli occhi di lacrime. «È vero, ma spero che alla fine andrà tutto
bene».
«Hai rimpianti?».
Il fatto che abbia citato uno dei miei valori mi fa sorridere.
«No. Almeno non credo, anche se questo non rende la situazione
meno assurda. È solo che mi spiace tanto aver coinvolto te e i
ragazzi… non avrei mai voluto…».
«Non devi preoccuparti, Alex: nemmeno io ho rimpianti, né per la
situazione né per noi». So che è sincero mentre parla della nostra
relazione e di come tutto è cambiato.
«E poi a quanto pare i bambini sono estasiati all’idea di esplorare la
giungla». Sta cercando di allentare la tensione, e riesce a farmi ridere al
pensiero dei miei figli che qualche ora fa si aggiravano per l’appartamento circospetti, fingendo di incontrare chissà quali animali esotici.
«Pensi che abbia fatto la scelta giusta?», gli chiedo seria.
99/281
«Hai fatto l’unica possibile. Sono sicuro che ce la farai, ce la
faremo.
E poi guardaci: siamo diventati una famiglia allargata perfetta, non
abbiamo smesso di parlarci, continuiamo a sostenerci l’un l’altro e
abbiamo i nostri bambini che ci dormono in braccio. Non va poi così
male». Mi guarda comprensivo, e al tempo stesso convinto.
«Grazie. Sei un padre incredibile.
Non avrei mai potuto perderli. Hai affrontato tutto in modo meraviglioso, mentre io sono stata… ecco, direi sopraffatta». Spero che
capisca che i nostri bambini sono il legame che ci unisce, e che non
farò mai nulla che possa spezzarlo.
«E tu sei una mamma fantastica.
Sappiamo entrambi che abbiamo fatto dei bambini straordinari
insieme», dice strizzandomi l’occhio e confermandomi che mi ha
capita.
Guardo Jeremy, che mentre parlava con Leo, Martin e Adam, di
tanto in tanto mi ha lanciato un’occhiata, e sorrido. Per Robert provo
solo un sentimento platonico, ed è così da anni, eppure gli voglio bene
e lo rispetto, ancora più adesso di quando stavamo insieme ufficialmente. So di poter contare sul fatto che l’amore che proviamo per i
nostri figli supererà ogni problema personale che potremo incontrare.
Jeremy incrocia il mio sguardo e risponde al sorriso che gli faccio
con la bocca e con gli occhi, e una sensazione di calore mi invade dalla
testa ai piedi. Sono reazioni fisiche ed emotive così forti che mi fanno
arrossire. È come se fossimo uniti da fili invisibili, e anche lui mi fa un
occhiolino complice, dato che non gli sfugge mai il minimo cambiamento nel mio corpo.
Sono davvero fortunata ad avere questi due uomini nella mia vita: li
amo entrambi, per quanto in modi del tutto diversi.
100/281
Tutti gli stravolgimenti che ho dovuto affrontare per aver detto di sì
a Jeremy, per avergli detto sempre di sì, sono quasi incredibili. Eppure
lui è riuscito a portare ancora più amore, gioia e sentimenti nella mia
vita, come non avrei mai creduto possibile, recuperando il mio cuore e
salvandomi da una spirale di inerzia che mi stava distruggendo dal profondo ogni giorno di più.
Forse sono stati i picchi negativi di tristezza, dolore e angoscia a
farmi sentire così viva in quelli euforici.
Finora è stata senza dubbio un’avventura incredibile, e sono sicura
che non è finita qui, ma adesso mi sento abbastanza coraggiosa da
affrontare questo viaggio circondata d’amore e con l’appoggio delle
persone più importanti della mia vita, tutte al mio fianco.
Cercando di non fare rumore prendo una coperta per avvolgere
Elizabeth e le metto un cuscino sotto la testa, scivolando con attenzione da sotto il suo corpo. Una volta in piedi do un bacio sulla fronte a
Robert, simbolo di quanto lui sia importante per noi. Poi vado accanto
a Jeremy: ho bisogno di sentire la sua forza, il calore dei muscoli del
suo corpo. Mi accoglie subito tra le sue braccia, e mi sento come
avvolta da un mantello mentre mi appoggio contro il suo petto,
sapendo che qualsiasi cosa accada, da ora in poi, sono dove devo
essere.
Dopo molte ore, arriviamo. Dopo l’atterraggio ci scortano fino a un
posto di controllo militarizzato; proseguiamo a bordo di due elicotteri
per un’ora circa, e poi ci inoltriamo tra la vegetazione su delle jeep,
che ci portano nel fitto della giungla.
Il calore e l’umidità ci assalgono nel momento stesso in cui entriamo in contatto con questo nuovo ambiente, formando una patina
lucida sulla nostra pelle, che poi diventa sudore e in breve mi fa venire
una gran voglia di una doccia.
101/281
Alla fine, dopo una svolta, ci ritroviamo in una radura. E davanti ai
nostri occhi troviamo la strepitosa versione amazzonica di Avalon.
Lago di Bled
Finalmente Martin arriva a Lubiana, un po’ stanco dopo un viaggio
di quarantotto ore in giro per il mondo. Il clima però è piacevole,
rispetto all’umidità della giungla; Martin non ha mai capito perché si
preferisca passare le vacanze arrostendosi al sole coperti di sudore:
molto meglio sciare o fare escursioni.
Prende un caffè macchiato senza zucchero e poi balza nell’auto a
noleggio con cui raggiungerà il lago di Bled e Salina. Felice di essere
tornato in contatto col mondo, collega il cellulare alla macchina e fa
qualche telefonata per aggiornarsi sulle novità. Con suo sollievo viene
a sapere che l’Interpol ha deciso di prendere sul serio le accuse di rapimento della dottoressa Blake.
Fin quando Leo non è riuscito a far intervenire un suo contatto
nell’FBI, si erano rifiutati di credere che la dirigente di una delle società più rispettate d’Europa potesse essersi macchiata di tali bassezze.
Ma poi le prove messe insieme erano finite nelle mani giuste, dandogli
così il sostegno ufficiale che gli serviva per fermare quella donna.
La sua prima tappa è un incontro con il ministro sloveno degli
Interni.
Il ministro ha incaricato un responsabile di svolgere la funzione di
collegamento tra le varie autorità coinvolte, e dato che il Federal Bureau of Investigation ha un accordo internazionale con loro, la burocrazia dovrebbe essere ridotta all’osso, rendendo più agevole il lavoro
per il team di Martin. È stato anche garantito il supporto di una squadra
103/281
speciale delle forze nazionali di Polizia, se dovesse rendersi necessario
il loro intervento.
Leo gli ha dato carta bianca: può usare ogni mezzo a sua disposizione per salvare la reputazione di Alexandra e Jeremy, e lui farà qualsiasi cosa pur di riuscirci.
Salina ha svolto un ottimo lavoro e Leo sarà felice di sapere
dell’accordo con il ministro e dell’appoggio della polizia. Dato che
l’esistenza della sede segreta della Xsade era ignota alle autorità, sono
state avviate anche delle indagini per frode ed evasione fiscale nel loro
Paese.
Le cose non si mettono bene per Jurilique.
La sua reputazione immacolata sta crollando come un castello di
carte, e Martin sa di essere molto vicino alla sua disfatta.
Per la prima volta dopo tanto tempo, mentre aggiorna Moira sugli
ultimi sviluppi, si concede un sorriso.
Martin prova a chiamare Salina da quando è sceso dall’aereo, ed è
un po’ preoccupato di non ricevere risposta. È tra i migliori agenti di
tutta Europa, e senza di lei non sarebbe stato possibile arrivare così
avanti nella gestione del caso.
Mentre cercavano insieme di rintracciare Alexandra ne era rimasto
incantato, e se non ci fosse sempre stato Quinn tra i piedi, forse tra loro
sarebbe potuto succedere qualcosa.
Con il lavoro che facevano, entrambi sapevano di non avere molte
occasioni di instaurare una relazione, ma con un po’ di tempo e le
giuste opportunità, forse…
Martin, sempre concentrato sul lavoro, sa che Salina desidera
quanto lui vedere quella maledetta donna crollare, e schiacciarla come
lei ha cercato di fare con loro, giustizia o non giustizia.
Alla fine riesce a mettersi in contatto con Luke, il secondo di Salina,
il quale conferma che è riuscita a individuare un accesso alla Xsade
104/281
due giorni prima, e che è rientrata nella struttura quella stessa mattina
presto. Prima di accedervi, ha chiamato Luke per informarlo di aver
scoperto che ci sarebbe stata una riunione di orientamento formativo
per i nuovi scienziati reclutati dalla casa farmaceutica, e che aveva
deciso di unirsi al gruppo, camuffandosi da una di loro. Era l’unico
modo per inoltrarsi nella sede, dato che le sue esplorazioni si erano
bloccate di fronte agli accessi presidiati dalla sicurezza.
«Quando è partita?»
«Alle sei di questa mattina, quindi sono passate quasi nove ore.
Immagino che sia dentro, ma non so se sia impossibilitata a contattarmi o se l’abbiano presa».
«Ma ha sempre il telefono acceso, giusto?»
«Esatto. Non abbiamo avuto fortuna nei tentativi di accesso: è una
fortezza impenetrabile. Inoltre si trova sotto terra, quindi non siamo
sicuri che i telefoni abbiano campo.
Ma stando alle ultime informazioni, abbiamo avuto conferma che
Votrubec e Jurilique si trovano entrambi lì dentro, in questo
momento».
«La dottoressa Blake si dice convinta di essere entrata passando
dall’interno dell’ospedale, perché lei non è stata portata da nessun’altra
parte ed è riuscita a fuggire solo attraverso la rimessa per le barche
usando il pass di Josef».
«Corretto. Salina ha investigato entrambe le zone nel tentativo di
entrare. Siamo riusciti a farci dare una chiave di sicurezza da un impiegato che si è rifiutato di sottoporsi a ulteriori esami da parte della società. Si è finto malato per evitare di entrarci».
«Immagino che Salina sia armata, giusto?»
«Certo».
Martin scuote il capo. «Ho un pessimo presentimento. Ormai si
sarebbe messa in contatto con noi, se tutto fosse andato liscio». Resta
105/281
un momento in silenzio per esaminare le opzioni possibili, mentre
Luke attende in linea. «Chiederò di piazzare una squadra di polizia di
sostegno a Bled, non si sa mai.
Incontriamoci all’ospedale, lì decideremo le mosse successive».
Alexa
È difficile descrivere un ambiente tanto ricco, denso, colorato e
rigoglioso come questo. È come se fossimo sbarcati nel centro vitale e
pulsante della terra. Lascia senza fiato. Ovunque posi l’occhio, è un
brulicare di vita: le foglie sono di un verde più verde che mai, e non ho
mai visto fiori e uccelli variopinti dai colori più accesi di questi. È
come se stessi vedendo tutto per la prima volta, attraverso una speciale
lente fluorescente. All’improvviso mi sento piccola come un insetto in
un territorio talmente immenso che quasi non riesco a individuare una
prospettiva. I suoni della giungla sommergono le nostre voci, come se
parlando interrompessimo sgarbatamente i dialoghi della natura.
Inspiro l’aria inebriante e fresca. I miei polmoni non hanno mai conosciuto niente di tanto puro, e il mio corpo ne trae immediate energie,
bramando di potersi nutrire ancora di questo banchetto invisibile.
Leo ha costruito un piccolo villaggio fatto di capanne elaborate e
lussuose che sorgono intorno a una struttura principale somigliante
all’altra Avalon, dove sono stata al termine del mio fine settimana con
Jeremy. Qui non c’è l’oceano: siamo circondati dalla fitta vegetazione
costellata di corsi d’acqua e affluenti che di sicuro vanno a ingrossare
il Rio delle Amazzoni. Il suono delle cascate d’acqua non ci abbandona
mai, è come se ci fossero delle campanelle sospese nel vento.
Mi sembra di essere finita nella versione ambientata nella giungla di
The Faraway Tree , quasi mi aspetto di imbattermi in personaggi come
Moonface o Saucepan Man. È un luogo di pura magia, permeato di
107/281
un’energia che mi attraversa, migliorando il mio umore e sollevando lo
spirito.
È sorprendente quanto poco tempo impieghiamo ad abituarci a
questo nuovo mondo. Usciamo a passeggiare su sentieri che dopo ogni
stagione della pioggia devono essere ricostruiti e aperti a colpi di
machete e ci ritroviamo vicino a una pozza d’acqua meravigliosa in cui
possiamo nuotare, che viene subito eletta a luogo di giochi preferito dai
bambini. Ci sono una cascata e uno scivolo d’acqua naturale, e tutto
intorno ninfee bianche e i suoni vibranti della natura. L’acqua è fresca
e dà grande sollievo dall’umidità e dalla calura del giorno.
Faccio fatica a pensare alle minacce che ho dovuto affrontare nel
mondo precedente mentre mi immergo con gioia, felice di poter essere
così lontano dai rischi corsi da me e i miei bambini. Ogni volta che le
frasi minacciose della lettera di Madame Jurilique si affacciano nella
mia mente, riesco a scacciarne il ricordo. In questo momento non
posso farci nulla. Ho deciso di fidarmi di Leo, e ormai posso solo continuare così. Potrebbe anche essere successo chissà cosa senza che io lo
sappia, così decido di continuare a godermi questa “irrealtà”, finché
dura.
Ci nutriamo quasi soltanto di pesce, verdure e frutta colta nella
giungla, con una quantità di squisitezze, come dolci bacche colte
direttamente dagli alberi… ci siamo perfino abituati al sapore amaro
del cioccolato fatto con i semi di cacao.
Ogni pasto è una danza di colori sgargianti nei nostri piatti. I
bambini adorano il gelato al gusto di granadiglia e tapioca e si divertono un mondo ad arrampicarsi sulle palme açai per raccoglierne i
frutti simili all’uva. Da quando siamo arrivati non hanno mai chiesto di
andare a mangiare al fast-food, e spero che la grande riserva di papas
fritas, anche note come patatine, li soddisfi almeno per un po’.
108/281
***
Ogni mattina e ogni sera ci dedichiamo alla meditazione e allo
yoga, come se fossimo in un ritiro new age familiare, e ci sentiamo
felici, pieni di vita. Siamo tutti sorpresi da quanto sia bello vivere
senza tecnologia, in modo semplice e salutare, tranne Leo naturalmente, e perfino i ragazzi hanno cominciato a fare la siesta in modo
spontaneo.
Mangiamo quando abbiamo fame, dormiamo quando siamo stanchi
e giochiamo quando ne abbiamo voglia. Mi lascio andare senza pentimenti, perché non ricordo di essere mai stata tanto appagata in vita
mia.
I giorni si confondono con le notti e le notti con i giorni, e come mi
aveva preannunciato Leo non ho più il senso del tempo né di quanto ne
sia trascorso da quando siamo arrivati. Per il nostro stile di vita, è del
tutto irrilevante. Non avevo mai sperimentato un simile senso di eternità, e mi abbandono all’esperienza di non avere niente di simile a un
termine di fronte a me.
Sono sdraiata nell’amaca sul patio quando vedo Leo e Jeremy
uscire, armati fino ai denti.
«Santo cielo, dove pensate di andare conciati così?»
«Domani sera avremo ospiti a cena, quindi andiamo a uccidere un
maiale».
«Oddio, l’avete mai fatto?»
Leo sorride. «Io sì. Jeremy mi ha assicurato che col bisturi se la
cava».
«Vi aiuteranno anche gli altri?»
«Adam no, non è roba per lui. È uno che mangia, non uccide».
Come molti di noi, mi viene da commentare.
109/281
«Robert è al laghetto con i bambini. Abbiamo pensato che preferissi
non coinvolgerli», aggiunge Jeremy.
«Oh, bene…».
«Non fare quella faccia, AB, sai bene da dove viene il cibo».
«Lo so, ma…». Mi torna in mente un documentario che ho visto
qualche anno fa: c’erano delle scrofe stipate in recinti da cui non
potevano muoversi, dove non facevano altro che allattare i loro piccoli.
Da allora ho sempre evitato di mangiare carne di maiale. Scuoto il
capo per scacciare dalla mente quell’immagine, che mi turba.
«Be’… almeno so che sono… erano maiali felici. Quindi chi viene
con voi?»
«Qualche membro anziano della tribù, forse un paio di altre
persone.
Ci accompagneranno dallo sciamano. Lo incontriamo prima
dell’inizio del nostro viaggio, una specie di celebrazione».
Questa non la sapevo. «C’entro qualcosa?», chiedo ingenuamente.
Entrambi ridacchiano.
«Tesoro, tu c’entri sempre: per questo siamo qui», risponde Jeremy
con un sorriso e un’espressione indecifrabile.
«Mi devo preoccupare?», grido mentre si dirigono verso il recinto
degli animali.
«Nemmeno un po’, ma dovrai essere presente», mi risponde Leo.
Bene, questo spiega tutto… o niente. Torno a sdraiarmi nell’amaca
mentre loro si dedicano alla caccia e al massacro di maiali. Per quanto
mi sforzi, non riesco più a concentrarmi sul libro che stavo leggendo
fino a un attimo fa, e le farfalle che si erano assopite nel mio stomaco
riprendono a volare.
La sera seguente, dopo un giorno intero di preparativi cui partecipiamo tutti, è una gran festa. I nostri ospiti sono arrivati: sono cinque
persone della tribù dei Wai Wai. Sono due uomini anziani, un giovane,
110/281
un adolescente e Yaku, apprendista sciamano, che ha un’età più o
meno nella media rispetto al gruppo e parla un po’ di inglese.
Sono vestiti un po’ all’occidentale, un po’ secondo la loro
tradizione.
Indossano tutti pantaloni mimetici o color kaki, alcuni con sopra
una canottiera nera, altri no, ma tutti hanno sul petto le pitture tradizionali e portano copricapo fatti di foglie e piume.
Hanno fisici minuti ma molto muscolosi, e hanno un’aria molto
seria, finché i loro visi non sono illuminati da sorrisi che mettono in
mostra i grossi denti bianchi, che spiccano sulla pelle scura. Lo
sciamano, chiamato Yaskomo nella loro lingua, non si sposta quasi mai
dal villaggio. I più anziani, che dicono di possedere un po’ del suo
potere, ci porteranno da lui quando sarà il momento.
La scansione del tempo qui non esiste nel modo in cui la concepiamo noi occidentali. Tutto avviene al momento giusto, e non è predeterminato. Immagino che il concetto di scadenza sia sconosciuto in
questi luoghi, e ciò rende la vita molto meno stressante.
Il maiale sfrigola sullo spiedo, e sotto è stata messa ad arrostire una
quantità di verdure. Dopo aver mangiato, ci rilassiamo godendoci un
po’ di musica locale. Il ritmo di un tamburo, un flauto di legno e una
chitarra accompagnano la celebrazione della nostra riunione così
inconsueta.
Leo studia la loro lingua da qualche anno, e fa da interprete fra i due
gruppi. Elizabeth e Jordan sono molto presi dal ragazzo che è venuto
da noi insieme agli adulti. Lui insegna loro qualche passo delle danze
tribali, e loro in cambio gli fanno vedere la macarena. Si divertono un
mondo, ed è magnifico vederli comunicare in modo così efficace senza
aver bisogno di una lingua comune. Danno una lezione a tutti noi
adulti, riuscendo a capirsi senza parole!
111/281
Stanno dividendo in allegria l’ água de coco mentre gli adulti, o
forse dovrei dire gli uomini e io, bevono birra, cerveja o cachaca
invecchiata, una bevanda alcolica a base di canna da zucchero. Non
beviamo alcolici da quando abbiamo lasciato la Florida, e infatti mi dà
subito alla testa. Gli indigeni mi suggeriscono di aggiungere zucchero
e succo di lime, in pratica ottenendo una capirinha: diventa più facile
da mandar giù, rinfrescante, soprattutto con tutta l’umidità di questo
clima. Intendiamoci: la sorseggio molto lentamente. La festa procede
nel migliore dei modi intorno al fuoco, cantiamo, ridiamo e impariamo
una nuova danza scatenata.
Alla fine la festa si quieta, la musica passa in secondo piano e la
natura riprende possesso del suo regno.
I ragazzi si sono addormentati, infagottati su delle stuoie di paglia
con il loro nuovo amico. Mi accorgo che Leo è molto preso da una
conversazione con i due indigeni più anziani: è evidente quanto sia
affascinato dal loro mondo. Robert e Adam sono vicini, si godono il
fuoco e quel che resta dei loro cocktail. Ciascuno ha poggiato una
mano sul ginocchio dell’altro, ed è la prima volta che assisto a una
dimostrazione pubblica dell’affetto che li lega. Il loro rapporto mi
rende felice, come quello che c’è tra me e Jeremy. Noi due stiamo ballando lentamente, abbracciati, mentre gli indigeni rimasti suonano
ancora una musica più dolce, o forse sono io che dondolo e Jeremy mi
sorregge. In ogni caso, è bellissimo poter stare con lui così.
Tutti i problemi e le sofferenze delle ultime settimane sono finiti in
un angolo buio della mia mente, e mi sento quasi a casa mentre me ne
sto accoccolata contro il suo petto forte e caldo. Jeremy mi solleva il
mento con un dito.
«Sembri felice e rilassata: è da tanto che non ti vedevo così».
«Sei un abile osservatore, dottor Quinn. Hai ragione, è proprio così
che mi sento». Si china per darmi un bacio di una delicatezza infinita
112/281
sulle labbra. Mi sento come se potessi letteralmente volare via sulle ali
delle sensazioni che mi suscita il suo gesto.
«Adoro vederti così.
Nulla potrebbe rendermi più felice».
«E allora restiamo così. Per sempre, se possiamo». Perfino nella
tenue luce guizzante del fuoco non posso non notare l’espressione un
po’ accigliata che ha assunto Jeremy alle mie parole. È come se
volesse donarmi il mondo, ma sapesse anche di non potere. «Cosa c’è
che non va?»
«Sai che non potrà durare per sempre, tesoro, vero?». Cerca il mio
sguardo prima di continuare. «La presenza degli anziani è segno che si
avvicina il prossimo passo nel viaggio di cui ci ha parlato Leo».
«Sì, lo so», dico un po’ controvoglia. «Sto solo cercando di non
pensarci fin quando non sarà il momento, e per fortuna adesso ho la
mente impegnata in altri pensieri».
Faccio scivolare una mano dietro di lui e gliel’appoggio su una
natica.
«Davvero, dottoressa Blake? E quali sarebbero?»
«Sono sicura che potresti indovinare».
Mi alzo sulla punta dei piedi e gli do un bacio più lungo, la versione
indecente di quello che mi ha dato lui poco fa. Il fatto di trovarmi sotto
le stelle, accanto al fuoco, con la musica, a ballare e bere ha reso
ancora più intenso il desiderio carnale che provo per quest’uomo.
Lo sento gonfiarsi contro di me. Se fossimo soli e potessi fare a
modo mio, mi spoglierei e renderei grazie agli dèi con un atto sessuale.
Purtroppo però, per molti motivi, non possiamo lasciarci andare al
desiderio.
«Gesù, Alexa, se continui così dovrò trascinarti dentro all’istante».
Jeremy scruta il resto del gruppo, e sembra sollevato quando si
accorge che nessuno ci ha notati.
113/281
«Non mi lamenterei, stanne certo», gli rispondo tra il serio e il
faceto.
Scuote la testa sorridendo, mi prende per mano e mi accompagna a
dare la buona notte a tutti. Adam e Robert sono persi nel loro mondo
così come noi lo siamo nel nostro.
Do loro un rapido bacio su una guancia e gli faccio l’occhiolino, poi
mi dirigo da Leo e gli anziani.
«Tempismo perfetto», dichiara Leo. «Ti va di restare con noi un
momento?
Stavamo proprio definendo gli ultimi dettagli».
L’energia sessuale che aveva cominciato a pulsare nel mio ventre
fluisce via e mi abbandona in un batter d’occhio. Di nascosto cerco di
dare un piccolo strattone a Jeremy in direzione della casa, per fargli
capire che preferirei andare subito in camera da letto, senza indugi.
«Certo. Naturalmente».
Si spostano per farci posto accanto al fuoco. Guardo Leo, un po’
agitata, e i suoi occhi per l’ennesima volta mi trasmettono un senso di
pace e placano i miei nervi.
Non ho la minima idea di come ci riesca, ma funziona, e mi accomodo su una sedia.
È in questo momento che mi rendo conto che la fiducia di Jeremy
per Leo, che mi ha voluto far affrontare questo viaggio, è assoluta. Non
gli dirà mai di no, così come io non so dire di no a lui. È una dinamica
particolare, ma purtroppo non ho il tempo di rifletterci sopra.
Un anziano dice qualcosa a Leo nella sua lingua, e lui traduce.
«Alexandra, ti spiacerebbe alzarti un momento in piedi?
L’anziano vorrebbe sentire la tua energia».
A questa strana domanda guardo Jeremy e Leo, che annuiscono
entrambi, invitandomi a farlo. Mi alzo e l’uomo mi si avvicina. È un
114/281
po’ più basso e tarchiato rispetto a me, e mi posa il palmo delle mani
sulla pelle nuda delle spalle, a capo chino.
Restiamo così per un po’, fin quando non sento il suo calore pulsante entrare in connessione con il mio corpo. Quando questo avviene,
lui solleva gli occhi, incontrando il mio sguardo, e restiamo in silenzio,
gli occhi spalancati.
Di colpo ho la sensazione che la terra si muova sotto i miei piedi e
perdo l’equilibrio. È come se potessi cadere, ma il suo sguardo mi dà il
sostegno che mi tiene saldamente in piedi. E poi, rapida come mi ha
investito, quella sensazione mi abbandona e lui stacca le mani da me.
Apro la bocca, sconvolta, ma non dico niente: non posso spezzare
l’energia di quanto è appena accaduto. Mi prende le mani, le rigira tra
le sue, come se mi stesse sentendo e non studiando, né cercasse qualcosa in particolare.
Quando mi lascia andare, mi sento al tempo stesso piena di energie
ed esausta, e mi lascio ricadere sulla sedia. Jeremy mi tiene le mani per
rassicurarmi, eppure ha uno sguardo interrogativo mentre aspettiamo
che gli anziani, Yaku e Leo finiscano di parlare tra loro. Dopo qualche
minuto, Leo si rivolge a noi.
«Come entrambi sapete, negli ultimi tre anni ho fatto più volte visita
alla popolazione Wai Wai.
Hanno avuto la gentilezza di concedermi di vivere con la loro tribù
e comprendere il loro stile di vita, così come le loro tradizioni più antiche e il collegamento con il loro mondo spirituale, e per questo gli sarò
sempre debitore. Durante la mia ultima permanenza, ho avuto il privilegio di fare un viaggio di cinque giorni con il loro capo sciamano, che
mi ha guidato nella mia prima esperienza di volo dell’anima». Sapendo
che gli anziani conoscono molto poco l’inglese, fa una breve pausa per
ringraziarli anche nella loro lingua per la generosità del loro popolo.
Poi riprende:
115/281
«Durante questa esperienza, e dopo aver letto la tua tesi, Alexandra,
ho compreso che tutti gli eventi che si sono succeduti negli ultimi mesi
non possono essere stati delle semplici coincidenze».
«La mia tesi?», esclamo un po’ troppo forte. Con questa frase ha
catturato la mia attenzione, non c’è dubbio. La tesi che ho compilato
ormai quasi quindici anni fa trattava del masochismo e dell’ego in correlazione con la femminilità, e approfondiva il lavoro di Sabina
Spielrei. Era stata anche la base su cui Jeremy ha organizzato la mia
sottomissione durante il suo esperimento, dopo che in un attimo di
debolezza, in gioventù, gli avevo confidato che era una fantasia che
ancora non avevo soddisfatto, che non avevo avuto il coraggio di
esplorare di persona, ma solo attraverso lo studio. Qualcosa che lui
aveva ricordato mentre io pensavo fosse sepolto nella memoria. Me lo
sarei dovuto aspettare. «E cosa avrebbe a che fare con tutto il resto?»,
riprendo nervosa, facendo scorrere lo sguardo su Jeremy, poi Leo e gli
anziani. Non sono ancora del tutto nel panico, ma ci manca davvero
poco.
«È sorprendente, ma sembra proprio che sia così. Ed è ciò che speriamo di scoprire, e nel farlo vorremmo svelare l’apparente mistero del
potere di guarigione che porti nel tuo sangue».
Sono quasi in stato di shock mentre esamino i collegamenti tra la
mia tesi, l’esperimento e tutto ciò che è accaduto da quel momento in
poi.
«Vuoi dell’acqua, AB?», mi chiede Jeremy, come sempre in perfetta sintonia con i miei bisogni, e annuisco.
Quando tornano la calma e il silenzio, Leo riprende: «Stasera voglio
darti qualche indicazione sul volo dell’anima e sulla preparazione
necessaria prima di abbandonarsi a questa esperienza unica e privilegiata. I Wai Wai vengono scelti per il viaggio solo quando lo sciamano
dichiara che il loro spirito è pronto. Da quando la tribù è stata scoperta,
116/281
nel XX secolo, anche i bianchi hanno chiesto di parteciparvi. A coloro
che sono ossessionati da potere, ricchezze e beni materiali, che sono
avidi, distruttivi o sottoposti a continuo stress viene detto che non
saranno mai pronti per il viaggio e se ne vanno delusi: nemmeno tutto
l’oro del mondo farebbe cambiare idea allo sciamano, perché per lui
non ha alcun valore. Coloro che incarnano l’umiltà, la gentilezza, il
perdono e la generosità, che si lanciano nell’esplorazione dell’immaginario, dello sconosciuto o dell’ignoto hanno più probabilità di
ricevere il dono del volo dell’anima. Ed è un dono, perché non tutti
coloro che lo tentano riescono a portarlo a compimento.
Richiede un’intelligenza istintiva e un forte senso spirituale, che
crediamo tu possieda». Si rivolge al gruppetto riunito intorno al fuoco,
e tutti annuiscono. «Tutto ciò, insieme alla volontà di esplorare il cuore
e l’anima della tua natura, dovrebbe guidarci alla fonte di ciò che la
scienza non ha ancora saputo spiegare… l’enigma del tuo sangue».
Inspiro a fondo di fronte all’enormità delle sue parole e le possibili
conseguenze. E Leo se ne accorge subito. «Non fraintendermi.
Tengo in grande conto lo scetticismo e le verifiche scientifiche dei
presunti “miracoli”, ed è proprio per questo che l’opinione del mio
stimato collega e carissimo amico è così importante per me». Fa un
cenno rivolto a Jeremy e stavolta sono io che gli stringo la mano. «E
sarà questo uno dei suoi ruoli durante il viaggio. Nella migliore delle
ipotesi ci fornirà le prove scientifiche che cerchiamo, ma non voglio
illudermi. Senza Jeremy non sarei mai riuscito a convincerti a
intraprendere questo viaggio con noi, e gliene sono grato. Ripeto, il
fatto che siamo qui riuniti non è casuale. Sono convinto che siamo sul
punto di scoprire un collegamento ancora mai sfruttato nelle trame
della natura e che unisce sessualità e spiritualità; la scienza e la medicina occidentale devono ancora comprenderlo. Sono convinto che una
combinazione di questi due elementi ci consentirà di cercare la verità e
117/281
ci porterà a un nuovo livello di comprensione, un livello cui Oriente e
Occidente stanno solo girando intorno, senza essere ancora mai riusciti
a integrarli. Alexandra, credo che il tuo sangue abbia le potenzialità per
essere uno dei fattori critici che potrebbero sbloccare tale integrazione.
È per questo che i sentieri delle nostre vite si sono incrociati proprio in
questo momento».
La mia mente assorbe a rilento le parole di Leo, insieme alla cornice
frondosa e così potentemente vitale che è la foresta. Gli anziani si
guardano come se si fossero rifugiati in un silenzio interiore a noi
sconosciuto, simile a uno stato di trance. L’abilità oratoria di Leo ti fa
sentire come sospeso, grazie al ritmo e all’intonazione delle sue parole.
Senza rendersene conto, Jeremy si è avvicinato a me, per amarmi e
proteggermi, come fa sempre: è il suo ruolo.
«Ci sono domande, prima che vi descriva nel dettaglio la preparazione?». Leo si guarda intorno: siamo ancora tutti ipnotizzati da
lui. «No? Bene. Il viaggio nella foresta per raggiungere lo sciamano
durerà qualche giorno.
In questo lasso di tempo, Alexandra, sarà fondamentale che ti
immergi nella natura che ti circonda. Gli anziani ci diranno quando
arriverà il momento in cui dovremo smettere di parlarti».
«Cosa?», strillo, d’istinto.
Ricominciamo con le condizioni?
«Dovrai attivare il tuo silenzio interiore: è fondamentale, e noi ti
aiuteremo nel processo».
«E se avessi bisogno di dire qualcosa, di chiedere qualcosa?»
«Potrai chiedere, ma quello della tua voce sarà l’unico suono che
sentirai lungo il cammino. Tuttavia sarebbe preferibile mantenere il
silenzio: nessun elemento artificiale deve intromettersi nel tuo viaggio,
e le voci umane devono essere mantenute al minimo. In questo modo
la natura potrà diventare la tua fonte primaria di comunicazione».
118/281
«Quindi posso chiedere, ma voi non risponderete?»
«Non a parole, no». Fantastico, penso quasi con sarcasmo.
Leo riprende: «Quando mangerai, il tuo cibo sarà leggero e naturale.
Vivremo di ciò che ci offre la giungla, nutrendoci di quello che
troveremo, preparando unguenti per proteggere la pelle e bevendo
infusi speciali che potrebbero indurci sensazioni particolari o alterare il
nostro stato di coscienza. Non saranno pericolosi, e il loro effetto sarà
solo di breve durata. Avendoli provati in prima persona, ti consiglio di
accogliere senza pregiudizi le nuove sensazioni che proverai, perché è
in esse che troverai il vero sapere e la conoscenza».
Prima di partire da Miami, Leo mi aveva già accennato qualcosa,
quindi non mi sconvolgo più di tanto. A dire il vero sono molto curiosa
di scoprire cosa succederà, sempre se succederà qualcosa.
Chissà se le sostanze naturali, a base di vegetali, possono avere su
di me lo stesso impatto di quelle chimiche: è un esperimento interessante, da un punto di vista scientifico, anche se non saprei dire quali
siano le mie convinzioni dal punto di vista spirituale. Immagino che
presto lo scoprirò. Annuisco e all’improvviso mi balena un’idea nella
mente.
«Potrò scrivere?»
«Del nostro viaggio, intendi?»
«Sì. Posso annotare le mie esperienze, i pensieri, le sensazioni,
lungo il percorso?».
Leo scambia qualche parola con Yaku prima di rispondermi. «Se ne
sentissi il desiderio, sarebbe un’ottima idea, Alexandra.
Prevedevo che sarebbe stato Jeremy a occuparsi della parte analitica, ma avere dati che provengono direttamente da te sarebbe meraviglioso. Ho un diario che potresti usare, e poi sarai tu a decidere se condividerlo con noi».
«Perfetto, grazie».
119/281
Ho la sensazione che in Leo e negli anziani sia cambiato qualcosa,
ma non so cosa. È un pensiero che mi passa per la mente, e svanisce
rapido come è arrivato. Mi piace poter tenere un diario; oltretutto sono
mesi che non scrivo nulla, con tutto quel che è successo. Ed è un’idea
che allevia un po’ la preoccupazione per il fatto di non poter parlare.
Chissà come sarebbe raccontarlo alle mie amiche… io che posso parlare mentre gli altri non possono rispondermi! Per una persona come
me è quasi una tortura.
Però non si sa mai, potrebbe anche farmi bene. Forse.
Ripenso ai momenti in cui ho desiderato un po’ di pace e silenzio,
quando i bambini erano più piccoli e non stavano zitti un secondo,
soprattutto mentre ero al telefono.
Mi viene da ridere mentre penso al detto secondo cui bisogna fare
attenzione a ciò che si desidera… infatti, eccomi qui.
«Perché sorridi, AB?», mi chiede Jeremy, come sempre attento a
ogni mia espressione.
«Oh, in realtà non è niente…». Mi rivolgo a Leo. «Posso chiedere
un’altra cosa?». Mi muovo sulla sedia. Ormai credo che avrò problemi
a fare domande per tutta la vita, grazie a Jeremy!
«Certo che puoi».
«Che cosa ha fatto l’anziano quando mi ha toccata?»
«Stava verificando se sei già pronta a intraprendere questo viaggio».
Oh, questa è una novità. «E lo sono?»
«Sì, sei pronta», mi dice, con una nota d’orgoglio e approvazione
nella voce che mi dà una strana sensazione. «Partiremo domani».
Oh. Deve essere questo che hanno deciso insieme pochi istanti fa.
«Domani… così presto?». Mi trema la voce e non riesco a
nasconderlo.
«Sì. C’è anche un’altra cosa.
Durante il viaggio non saranno consentiti rapporti sessuali».
120/281
«Che? Mi stai prendendo in giro?». Jeremy salta in piedi, strappato
alle sue fantasie, gridando nell’aria della notte. Certo, per lui è uno
shock, così come lo è per me. Se non trovassi tanto buffa la sua reazione, sono sicura che sarei sconvolta quanto lui; eppure non riesco a
togliermi un sorriso beffardo dal viso. È esilarante! Non c’è spettacolo
che ami di più del calmissimo, freddo e compassato dottor Jeremy
Alexander Quinn che viene colto del tutto impreparato.
Leo mantiene un contegno più maturo di me di fronte allo scatto di
Jeremy.
«No, non sto scherzando, JAQ. È fondamentale per poter raggiungere l’obiettivo che ci prefiggiamo».
Jeremy sembra profondamente irritato: è come se quelle parole
l’avessero colpito anche nel fisico.
«E quanto dovrebbe durare questo viaggio?»
«Tutto il tempo che sarà necessario, amico mio».
«Bene». È evidente che non va bene per niente, che è di pessimo
umore, mi balena perfino il pensiero che abbia messo il broncio. «Però
stanotte siamo liberi, vero?», chiede con aria di sfida.
«Sì, per stanotte sì».
Mentre sto ancora cercando di trattenere le risa per la reazione di
Jeremy, mi sento sollevare dalla sedia e mi ritrovo su una sua spalla,
alla maniera dei cavernicoli.
Non riuscirò mai a capire come ha fatto ad afferrarmi tanto in fretta.
Ma è così imbarazzante che si sia comportato così davanti agli
anziani!
Protesto, dandogli dei colpi sulla schiena.
Leo scuote il capo e ride.
«Immagino che quindi non partiremo sul far del giorno».
«Bravo, hai indovinato, amico mio», risponde lui mentre si precipita
verso la nostra casupola.
121/281
Chiude la porta alle nostre spalle e con dolcezza mi getta sul letto.
«Che succede, J? Finalmente abbiamo trovato delle condizioni che
mettono in crisi te?». So che non dovrei prenderlo in giro, ma non resisto, la sua espressione è impagabile. «Sono tanto diverse da quelle che
ho dovuto accettare io durante il nostro fine settimana insieme? Non
puoi pensare davvero che…».
Prima che riesca a finire la frase lui è già nudo e mi assalta sul letto.
«Non fare la spiritosa, AB. L’ultima cosa che ti serve per il viaggio
di domani è un sedere arrossato e dolorante, e visto l’umore che ho in
questo momento non posso escludere che te lo ritroverai così».
«E di grazia, come spiegheresti la mia impossibilità di mettermi a
sedere al tuo caro amico Leo?», gli chiedo ridendo.
«Tesoro, ti assicuro che per lui non sarebbe una novità».
«Davvero? Non avrei mai detto che gli piacesse questo genere di
cose». Quella rivelazione su Leo mi sorprende un po’, ma noto anche
un cambiamento impercettibile in lui.
«A lui no».
Mmh, sembra proprio che voglia evitare l’argomento, ma così mi
incuriosisco ancora di più.
«E allora cosa volevi dire?». Nel frattempo i miei vestiti fanno la
stessa fine dei suoi, sparpagliandosi sul pavimento. È senza dubbio un
tentativo per dissuadermi dal fare altre domande, così mi metto a
sedere e lo guardo dritto negli occhi, ma lui distoglie lo sguardo.
Interessante. «Jeremy, dico sul serio: ho capito che non mi stai
dicendo qualcosa. Ma non ne abbiamo passate troppe insieme per
avere dei segreti tra noi?».
Nella mia mente si susseguono possibili spiegazioni che diano un
senso agli indizi in mio possesso: un sedere dolorante e Leo.
Poi all’improvviso un’idea mi piomba addosso. Qualcosa che forse
avrei dovuto capire molto prima.
122/281
«Lui era presente, vero?». Jeremy si muove a disagio nel letto
quando le mie parole lo colpiscono, e mi metto a cavalcioni su di lui
mentre cerca il modo giusto per rispondermi. «Per favore, non far finta
di non aver capito di che sto parlando. Ho imparato a mie spese cosa si
ottiene a comportarsi così, e sarebbe un insulto che tu ora lo facessi
con me». Sono terribilmente seria. «Ha assistito all’esperimento?
Ha assistito al mio piacere, al dolore, all’eccitazione… ha visto
tutto, vero?».
Non ho nemmeno bisogno che mi risponda: sento la verità nel suo
silenzio, nel linguaggio del suo corpo. Ma nonostante tutto, ho bisogno
che sia lui a dirmelo, in modo diretto.
«Sì, Alexa, c’era», ammette in tono grave.
«Perché non me l’hai detto?»
«Non sapevo come avresti reagito. Ero convinto che se avessi
voluto sapere chi era presente me l’avresti chiesto, ormai. E poi non
volevo che ti sentissi a disagio in sua presenza quando l’hai conosciuto, sapendo cosa aveva visto».
«Ed è stato dopo che… be’, dopo che mi ha vista durante
quell’esperienza che ha chiesto di leggere la mia tesi?», chiedo perplessa, mentre rifletto sulla nuova prospettiva degli eventi.
«Sì».
«Perché?»
«A dire il vero, dall’inizio di tutto, è come se lui stesse andando alla
ricerca di qualcosa. Come se tutto ciò che è accaduto durante il nostro
fine settimana a Sydney gli avesse comunicato qualcosa. È per questo
che mi ha offerto Avalon per il periodo della tua guarigione e ha adottato le misure di sicurezza più estreme per garantire la tua incolumità.
Dopo aver letto la tua tesi negli Stati Uniti, è venuto dritto qui nella
giungla per sperimentare il volo dell’anima. Quando Moira è riuscita a
fargli sapere che eri stata rapita è quasi impazzito: era disposto a tutto
123/281
pur di aiutarmi a ritrovarti, nulla poteva fermarlo. Da allora sembra
convinto che siamo a un passo dall’anello mancante che cerca da tutta
la vita, che la nostra presenza qui sia ben più di una coincidenza, come
ha detto vicino al fuoco. Solo che per il momento non può spiegarmi in
modo più approfondito.
È come se la possibilità di portare alla luce ciò che è ancora avvolto
dal mistero dipendesse dal tuo volo dell’anima». Mi lascia seduta sopra
di lui, accarezzandomi con dolcezza la curva della vita mentre ascolto
le sue parole. «Ora sai tutto. Mi dispiace davvero se il fatto che lui
abbia assistito ti ha fatta infuriare».
Abbassa lo sguardo, come per darmi tempo e modo di decidere cosa
rispondere.
Sono in collera perché c’era anche lui? Forse se l’avessi saputo
prima sarebbe stato così, ma ora che lo conosco, che ho visto il suo
sguardo, la serenità che mi sa infondere e che non ho mai sperimentato
prima, so che non mi dà fastidio. È come se il mio sogno con il gufo
che aveva gli occhi di Leo, e quello in cui come un’aquila volavo cercando di proteggere le mie uova nel nido per timore che cadessero,
avesse creato nuove sensazioni a livello subconscio.
Sembra che ogni evento si sia verificato in una sequenza dal ritmo
preciso, in modo da non farmi provare risentimento o collera, ma solo
accettazione della realtà. Forse la misteriosa connessione che percepisco con Leo è basata su qualcosa, dopotutto, qualcosa che non ho
ancora abbastanza conoscenze per comprendere.
Jeremy mi dà il tempo di esaminare tutte queste informazioni, senza
insistere perché gli risponda.
«Se te l’avessi chiesto, me l’avresti detto?», gli domando.
«Se mi avessi chiesto se c’era anche lui?».
Annuisco.
«Certo. Non posso mentirti, AB».
124/281
«E gli dirai che lo so?»
«Solo se non ti crea problemi».
Non so perché, ma sento che il fatto che Leo sia informato del fatto
che so della sua presenza è un elemento cardine del puzzle mistico,
anche se non me ne spiego la ragione.
«Sì, per me va bene». Il viso di Jeremy si rilassa: abbiamo attraversato indenni quella che poteva essere una zona critica.
«C’è altro che vorresti sapere, prima che prenda possesso di ciò che
sarà mio in un futuro immediato?
O almeno per questa notte». Ha cambiato umore, e i suoi occhi
hanno una luce sensuale. Sento la sua erezione crescere e scuoto il
capo, per dirgli che considero chiusa la questione per il momento, il
che ha l’effetto di una bandiera rossa sventolata di fronte a un toro.
È evidente che Jeremy ha preso l’ultimatum sessuale di Leo come
una sfida, e ha deciso di possedere ogni orifizio del mio corpo.
Voliamo in paradiso e torniamo non so quante volte, e la mia voce
diventa così roca che non riesco più ad articolare un suono coerente, il
che potrebbe essere un bene, visto il silenzio che mi attende. Sembra
l’accoppiamento di due animali della giungla. È come se Jeremy
sapesse di non potermi più toccare per tutta la vita, tanto è il desiderio
con cui mi prende stanotte.
È insaziabile. Per la prima volta in vita mia decido di ingoiare il suo
seme, lasciandolo sbalordito e, a quanto pare, impressionato come non
mai da me. La gioia che mi dà il cedere a questo ultimo gesto di resa
nei suoi confronti dà vita a un momento di una magnificenza incredibile, che nessuno di noi due dimenticherà mai, e resterà per sempre
scolpito nei nostri ricordi.
***
125/281
Molte, moltissime ore dopo posso finalmente addormentarmi, distrutta nel fisico e nel sesso. Non che me ne lamenti, è un sonno appagante e delizioso per me. Ma non posso dire lo stesso di lui.
Quando mi sveglio, Jeremy prepara un bagno e le mie stanche
membra gradiscono potersi immergere in quel calore per l’ultima volta
prima di chissà quando.
«Oh, no, stai scherzando», protesto scuotendo il capo di fronte alla
sua erezione che incombe su di me. «Non puoi averne ancora la forza».
Ma la sua espressione è inequivocabile. A quanto pare, ce l’ha.
Finalmente andiamo a fare colazione nell’edificio centrale del nostro villaggio, anche se sono sicura che l’ora di colazione sia passata da
un pezzo. Ho una fame da lupo, e per fortuna ci pensa Jeremy a razziare dalla cucina il cibo che divoro con entusiasmo: a quanto pare le
nostre recenti attività l’hanno riempito di energie, invece che
consumarlo.
I bambini intanto trotterellano in giro raccogliendo oggetti.
«Jordan, che succede, perché correte?».
Sono riuscita a intercettarlo mentre mi passa accanto nella sua
frenesia.
«Andiamo a stare al villaggio con Marcu e i suoi amici per qualche
giorno». Marcu è il ragazzo cui hanno insegnato la macarena.
Anche Elizabeth ci raggiunge, ed è emozionata quanto lui. «Ci
hanno invitati, partiamo tra un’ora. Sarà una vera avventura nella
giungla!».
Scappano e li guardo andar via, stupefatta. Quando è stata presa
questa decisione? Il mio istinto materno prende subito il sopravvento.
Non sono abituata a veder fare progetti per i miei figli senza che io sia
coinvolta in prima persona. Nella mia mente si susseguono le immagini di anaconda, tarantole, pantere, piranha e bradipi giganti che si
calano dagli alberi, e temo per la loro incolumità.
126/281
Robert sbuca con tempismo perfetto da un angolo con in spalla uno
zaino pieno e nota la mia espressione turbata. «Non devi preoccuparti,
Alexa. Adam e io li accompagneremo, quindi non ci saranno problemi.
Per loro sarà un’esperienza indimenticabile. Sarà entusiasmante come
il campeggio in Tasmania. Pensaci: quanti bambini hanno l’opportunità di fare un’esperienza del genere nella foresta pluviale brasiliana?».
Non riesce a smuovermi. «E poi ho saputo da Leo che oggi partirai
anche tu per un’avventura». Quando me lo ricorda le farfalle si
innalzano in volo nel mio stomaco, lasciandomi senza parole. «Grazie
per esserti preoccupata per noi… ma andrà tutto bene. I bambini ti
hanno aspettata per ore, volevano salutarti. Solo che ci hanno detto di
lasciarvi in pace», aggiunge con un sorrisone.
«Io… ecco… be’, sì…».
Avvampo e guardo Jeremy, che se ne sta accanto al lavandino con
aria innocente e finge di lavare i piatti.
«Adesso possono, però.
Elizabeth, Jordan!», li chiama.
«Appena avrete salutato la mamma, potremo partire».
I loro visetti emozionati balzano verso di me, e con le piccole braccia mi stringono forte. Non c’è tempo per commuoversi, sono troppo
presi dall’entusiasmo dei preparativi e in un attimo corrono di nuovo
via.
In quel momento dalla stanza accanto arriva Leo, e guardo Jeremy
scuotendo il capo: è un’organizzazione perfetta, fin nei minimi
dettagli. Non c’è niente di meglio che avere una vita pianificata
minuziosamente, tanto che è ormai impossibile opporsi alla corrente
dello tsunami… ah, gli uomini!
Entrambi hanno capito cosa penso e sorridono: il loro complotto ha
avuto successo. Sapevano bene che il distacco dai bambini sarebbe
127/281
stato il momento più difficile per me, e invece i miei figli sono magicamente spariti nel giro di qualche istante.
Dentro di me so che è sciocco sottovalutare l’intelligenza di questi
due uomini, ma allora perché sono così sorpresa che sia andata così?
Forse segretamente ho sempre sperato di essere più furba di loro.
Ancora più assurdo. Non c’è bisogno che dica nulla: sarebbe
comunque inutile, così mi arrendo ai fatti.
Jeremy mi rassicura con un bacio sulle labbra e mi porge un caffè
forte. Leo, che ha ancora quel sorriso stampato in faccia, mi poggia le
mani sulle spalle, e in quello stesso istante una corrente elettrica si
spande per tutto il mio corpo.
Devo davvero scoprire com’è possibile che mi faccia un effetto
simile.
«Sono felice di vedere che state facendo il pieno di baci e caffè.
Partiremo non appena sarai pronta».
Jeremy borbotta qualcosa contro di lui, poi mi guarda. «Tesoro, è un
ordine. È giunto il momento».
Mi accorgo che quasi tutto ciò che mi serve è già stato impacchettato con premura, quindi devo pensare solo ai cosmetici, anche se
non sono tanto sicura che mi possano servire in un viaggio nella
giungla. Non credo che saremo immersi nel lusso, anzi, non ci sarà
nessuna comodità, anche se rovesciando la prospettiva in realtà dovrei
pensare che l’occasione che mi si è presentata ha un valore
inestimabile.
Sto rovistando nell’armadio quando Jeremy compare alla porta.
«Sei quasi pronta? Prima di partire devo visitarti».
«Visitarmi? Dici sul serio?». Mi guarda con un’espressione che significa “perché, che altro ti aspetti da me?”. Dovevo aspettarmi che
prendesse le responsabilità “scientifiche” con la stessa serietà che usa
128/281
nel lavoro. «Ottimo, ecco che comincia la ricerca…». Il suo sorriso è
gentile, ma anche deciso.
«Sto solo cercando un cerotto transdermico. Mi sono appena resa
conto che non lo cambio da quando siamo arrivati, e credo che sia già
tardi».
«Temo che non lo troverai, tesoro. Non li abbiamo portati».
Smetto di cercare, ma è come se non riuscissi a capire. «Ti spiacerebbe non usarli, durante il viaggio?». Mi cinge la vita.
«Be’, non saprei… non ci avevo pensato. Non credo sia un problema, ma li uso da quando è nato Jordan…».
«Speravamo non fosse un problema per te se i livelli ormonali tornano alla condizione naturale mentre siamo qui. Avrei voluto parlartene già in aereo, ma mi è passato di mente e da quando siamo arrivati non ci ho più pensato».
«Sarebbe stato carino chiedere il mio parere, in effetti. Ma che ne
dici di…».
Mi interrompe: «Ci hanno detto che non potrai fare sesso, ricordi?
Dovresti poter stare tranquilla». Mi fa voltare in modo che possa
guardarlo negli occhi, e nel suo sguardo leggo un sincero pentimento.
Scuoto il capo: sono ammutolita, e so che non avrebbe senso obiettare. «Avete detto di lasciarmi andare…».
«Grazie, AB, e scusami, ti giuro che volevo parlarne con te». Sembra sollevato che non abbia deciso di discuterne.
Infilo spazzolino, dentifricio, deodorante e qualche crema nel
beauty case, e all’ultimo momento prendo anche un pacco di assorbenti. Un ciclo abbondante è proprio quel che mi ci voleva, in mezzo
alla natura selvaggia. Spero capiranno cosa li aspetta quando sarò
preda degli sbalzi d’umore che accompagnano il ciclo al “naturale”!
Il dottor Quinn assume la sua aria più professionale e mi sottopone
a una visita medica accurata, annotando ogni responso con grande
129/281
cura. Nulla lo distoglie dal suo compito, anche se il modo sfrontato con
cui mi faccio maneggiare gli strappa più di un sorriso. Esami del
sangue, misurazioni, Pap test, riflessi, pressione sanguigna e via
dicendo.
Alla fine siamo pronti a partire.
La buona notizia è che non devo portare niente tranne la mia borraccia, il che è meraviglioso. A quanto pare il mio compito principale è
quello di perdermi nel cammino al ritmo della giungla. Non può essere
tanto difficile. Oh, e devo parlare il più possibile con gli altri, finché gli
è ancora consentito rispondermi. Non ho idea di cosa sto per affrontare
e so che ormai non posso più tirarmi indietro. Tutto ciò che è accaduto
finora mi ha preparata a quanto mi attende.
Sono un po’ agitata, ma provo anche una certa emozione, e ne sono
sorpresa perché non so se questo significa che posso considerarmi coraggiosa o sciocca. Ma lo scoprirò presto.
Jeremy mi sfrega le braccia con le mani, come se potesse sentire la
tensione nervosa che monta dentro di me. «Sarò con te per tutto il cammino, tesoro. Sempre al tuo fianco».
«E sei sicuro che funzionerà, J?».
Non posso fare a meno di chiedere conferma della sua fiducia per
l’ultima volta.
«Mi fido di Leo con tutto il cuore.
In tutti questi anni non mi ha mai tradito, quindi sì, sono certo che
dobbiamo abbandonarci a questo processo e scoprire dove ci condurrà.
In qualsiasi altra strada si annidano pericoli ancora peggiori».
Scaccio da me ogni paura: so che dice la verità. Lo attiro a me per
un ultimo contatto con le sue labbra.
Jeremy richiude l’attrezzatura medica, che di sicuro porterà con noi,
e io mi rimetto i miei vestiti da Jane – che purtroppo non sono
130/281
seducenti quanto quelli della finzione cinematografica – e raggiungiamo gli altri che ci attendevano pazienti.
Comincio ad avvertire che siamo all’inizio della fine del mio
viaggio.
Il viaggio che mi sono impegnata a intraprendere, e che è il motivo
per cui siamo qui. Non c’è tempo per voltarsi indietro. E quando facciamo i primi passi in quest’avventura verso l’ignoto, sento che avrò
bisogno di tutto il mio coraggio, e di quello dei miei compagni.
Lago di Bled
Per Salina è come scoprire un filone d’oro, quando il suo piano
comincia a quadrare. Raggiunge la fine del percorso e arriva in una
saletta dove il gruppo si sta preparando a entrare nella struttura.
Tutti indossano camici bianchi da laboratorio e non hanno un
capello fuori posto, così si affretta ad abbigliarsi da medico e prende
dallo zaino un paio di occhiali dalla montatura spessa, assicurandosi di
infilare con discrezione in una tasca la sua piccola pistola Smith &
Wesson.
Lascia lo zaino in un angolo seminascosto e avanza disinvolta raggiungendo il gruppo principale, confondendosi con le nuove reclute
della Xsade. Delle porte metalliche lucide si spalancano, mostrando un
grosso ascensore, e tutti vi si ammassano per scendere sotto il livello
del lago.
La struttura è impressionante e molto più tecnologica di quanto si
aspettasse, e si ritrova a fissare i volontari con indosso le tute argentate
che insieme ai colleghi incrocia nei corridoi, cercando di immaginare
la dottoressa Blake abbigliata in quel modo. Salina ha memorizzato
ogni dettaglio del caso e le sembra di conoscere intimamente entrambi
i dottori, Blake e Votrubec.
Continua a camminare con le reclute ed è felice che siano liberi di
fare domande, perché in questo modo le sarà più facile memorizzare la
struttura base del laboratorio. Si domanda dove possano aver rinchiuso
Josef. Per quel che ne sa, potrebbero esserci altri livelli interrati. Ecco
perché il braccialetto di Alexa non era individuabile: sembra di essere
132/281
finiti al centro della terra. Il suo cellulare è del tutto inutile laggiù, e
spera che Luke non sia ancora troppo preoccupato per la sua assenza
prolungata.
Uno degli scienziati più giovani e ansiosi di sapere chiede alla guida
se Madame Jurilique terrà davvero un discorso al gruppo al termine
della sessione informativa, e riceve conferma. Non c’è niente di meglio
che poter verificare l’effettiva presenza dell’obiettivo.
Parte quinta
Il giorno in cui la scienza inizierà a studiare i fenomeni non-fisici,
farà più progressi in un decennio che non in tutti i precedenti secoli
della sua esistenza.
Nikola Tesla
Alexa
La nostra piccola brigata è composta dai due anziani della tribù,
Yaku, Leo, Jeremy e io. Siamo partiti da Avalon a bordo delle jeep,
che ci hanno portati al punto da cui cominceremo il viaggio.
Non pensavo fosse possibile addentrarsi ancor più nella giungla
rispetto alla nostra base di partenza, ma per l’ennesima volta ricordo a
me stessa che devo sempre aspettarmi l’inaspettato: sarà questo il
nuovo mantra che accompagnerà l’opera di smantellamento dei miei
preconcetti.
Ora che il vero viaggio è iniziato, provo un senso di calma… è virtualmente impossibile che le spie della Xsade abbiano idea di dove
siamo. Questi pensieri, tra gli altri, mi passano per la mente durante la
salita che percorriamo in mezzo alla fitta vegetazione. Il calore e
l’umidità sono quasi insopportabili e non vedo l’ora che arrivi il solito
acquazzone pomeridiano che ti inzuppa fin nell’anima ma ha il potere
di rinfrancare. Non faccio che bere la mia acqua, cui ho aggiunto un
po’ di agrumi e menta, per recuperare i liquidi persi con la
traspirazione. Ognuno di noi sta cercando il passo giusto, quindi parliamo solo di tanto in tanto. Con questo caldo è impossibile procedere
in modo rapido, o si rischia di rimanere senza fiato.
Comincio a trovarla un’esperienza contemplativa: rallento il respiro
e l’andatura, ma senza smettere di pensare che pian piano sto andando
avanti, un passo dopo l’altro, verso un luogo preciso, anche se ancora
non lo conosco.
135/281
La giungla pullula di insetti e uccelli, in una bellezza così vibrante
che mi sembra di vivere un sogno.
Leo aveva ragione: la conversazione diventa quasi inutile quando
sei immerso in simili meraviglie della natura.
Il nostro gruppetto si ferma in una piccola radura per ammirare la
splendida foresta, mentre le nubi temporalesche cominciano ad
ammassarsi. Sorrido a Jeremy e inspiro il profumo della pioggia prima
che cominci a cadere. È uno degli odori che amo di più, quello della
terra che attende l’acqua per spegnere la sua sete e ricevere il dono
della vita rigogliosa.
Quando la pioggia ci scorre addosso, non sento il bisogno di un
ombrello né di una giacca. Me ne sto a braccia spalancate e accolgo
con gioia la momentanea frescura che mi scorre sulla pelle.
«Ti piacciono ancora gli acquazzoni pomeridiani, AB?».
Jeremy sa che adoro i fitti rovesci che arrivano puntuali ogni giorno.
«Non c’è nulla che non ami di loro: l’odore, la sensazione, il sapore,
lo spettacolo. È come se Madre Natura ci tormentasse con il suo fulgore, e proprio quando il calore diventa troppo opprimente, quasi
insostenibile, lei ci fa questo dono. Sovraccaricando i nostri sensi, ma
senza rivelarci i suoi misteri».
«Anch’io mi sento così. È davvero un dono poter vivere la natura in
questo modo», aggiunge Leo mentre osserviamo estasiati la bellezza
che ci circonda. Di colpo mi sento quasi oppressa dal senso di gratitudine che provo per quel che Leo ha fatto per noi. Mi volto verso di lui,
che è accanto a me.
«Grazie, Leo. Per tutto. Non avrei mai creduto che questo viaggio
fosse possibile, e meno che mai di poter avere l’opportunità di fare
un’esperienza del genere con voi due, la mia famiglia e gli anziani
della tribù che guidano i nostri passi. Tanti eventi inattesi sono
magici».
136/281
I suoi occhi riflettono il significato più profondo delle mie parole, e
anche se rimane in silenzio so che ha capito. Abbraccio Leo e sento di
nuovo quell’elettricità: è come se ogni volta che entro in contatto con
lui mi trasmettesse una gentilezza e un senso di calma che invadono la
mia psiche, anche in questo momento di grande tensione.
Non so perché tra noi è così, ma da quando l’ho conosciuto a Miami
la sua presenza è bastata a darmi il coraggio di accettare il mio destino,
perché so che lui sarà al mio fianco.
Ed è ancora più strano il fatto che quando ne ho parlato con Jeremy
lui non ha mostrato alcuna preoccupazione o gelosia, ma ha accettato
la situazione, come se non potesse essere diversamente. Forse è più zen
di quanto pensassi.
Dopo una breve pausa, le piogge cessano e riprendiamo il cammino
risalendo il fianco della montagna.
Alla fine raggiungiamo la destinazione prevista per la sera, il nostro
primo vero bivacco sotto le stelle, e mi invade un’emozione profonda.
Mi guardo intorno e subito sono attratta da un albero meraviglioso che
incombe alto su di noi, i rami distesi come braccia pronte ad
accoglierci o ad afferrare il nostro gruppetto. È un contrasto che mi
affascina.
«Leo, che albero è?». Scambia qualche parola con gli anziani, che
mentre discutono annuiscono e sembrano approvare la mia domanda.
«È il grande albero di lupuna, dentro al quale risiede uno spirito
considerato il guardiano della foresta pluviale. Si dice che il tronco
somigli a un ventre umano, e deve essere trattato con tutto il rispetto
dovuto alla sua maestà».
«Ci è consentito avvicinarci e toccarlo?». Non so dire perché, ma ho
sempre provato il forte desiderio di toccare gli alberi giganti, e questo
in particolare mi attrae in modo irresistibile. Lui consulta di nuovo gli
anziani.
137/281
«Sì, puoi.
Segui Yaku, ti accompagnerà. La leggenda degli indigeni dice che
se offenderai l’albero, lui si vendicherà di te con la magia. Se ne
rispetti la presenza, ti proteggerà dai pericoli della foresta», aggiunge
con un sorriso e facendomi l’occhiolino.
«Non ci sarà altro che rispetto da parte mia, Leo, te l’assicuro».
«Non ne ho mai dubitato, Alexandra». Parla come se mi conoscesse
da anni, e non da settimane. «Noi resteremo qui e prepareremo il
campo per la notte.
Divertiti».
Vado a dare un rapido bacio a Jeremy, ma lui mi tiene a distanza.
«Tesoro, mi spiace ma ho promesso».
«Davvero? Nemmeno un bacio?», esclamo sorpresa.
«Temo di no».
«Oh, a saperlo mi sarei impegnata di più per darti un addio come si
deve».
«Non mi sembra che sia andata tanto male, AB», risponde con il
sorriso allegro che tanto amo. Al ricordo della scorsa notte, sento
ancora il desiderio nascere nel mio ventre.
«Che devo sentire», ridacchia Leo. «Vi abbiamo dovuti aspettare
per ore».
Arrossisco. «Okay. Mi spiace.
Che la castità abbia inizio», aggiungo prendendo un ultimo sorso
d’acqua.
Guardo Leo, aspettandomi una battuta o almeno un commento sarcastico. Ma non dice nulla.
Comincio a capire che non è il tipo che scherza sulle sue più profonde convinzioni.
Con riluttanza scuoto il capo accettando il mio destino e mi avvio
per entrare in comunione con l’albero.
138/281
Una meraviglia. Il tronco è immenso, si innalza per più di cinquanta
metri, e ha una circonferenza di almeno dieci. Le radici sono aggrappate saldamente al terreno della foresta e le foglie si allungano oltre la
volta della vegetazione in cerca del sole.
Quando ne tocco la corteccia, mi sento avvolgere dall’energia che
circonda la pianta e mi fa sentire forte e serena. È evidente il motivo
per cui l’albero spirituale pretende rispetto.
Resto con i palmi premuti contro il tronco per qualche minuto, poi
mi sistemo su un masso da cui posso ammirare le forme gigantesche
dell’albero e avvertirne in modo più completo l’energia.
Mentre lo osservo da una certa distanza, Yaku si inginocchia alla
sua base e rende omaggio alla lupuna gigante con canti e meditazione.
Dopo un po’, con grande attenzione pratica un foro sulla corteccia e ne
fa stillare della linfa, che ripone nella sua sacca.
Mentre lo fa, mi rendo conto che mi trovo in un’enorme farmacia
naturale, e che la gente un tempo sapeva – ma alcuni lo sanno ancora –
guarire grazie alle piante a disposizione dell’uomo.
All’improvviso ho la consapevolezza profonda di come l’ambiente
ci offrirebbe molto di più, se solo aprissimo gli occhi e sapessimo unire
natura e medicina.
Mentre sono assorta in queste riflessioni, sento un grido potente che
squarcia il silenzio intorno a noi. Yaku ringrazia l’albero e l’aquila che
vediamo passare sulle nostre teste.
«Aquila arpia. È il segno, siamo pronti», dice in un inglese incerto.
Sollevo lo sguardo verso l’immenso volatile che volteggia nel cielo,
girando intorno all’albero di lupuna. È come se la natura stesse davvero parlando a Yaku, e mi rendo conto che molto presto la voce del
Creato sarà l’unica che sentirò.
Anch’io le faccio dei cenni di rispetto, copiando i suoi gesti, e in
silenzio torniamo dagli altri.
139/281
I nostri letti da campo sono posati sul terreno della radura intorno a
un fuoco che dovrebbe proteggerci dagli animali selvatici durante la
notte. Yaku non vede l’ora di raccontare cos’è successo al cospetto
della lupuna prima che Leo si sposti per parlare in privato con gli altri
due anziani. Insieme preparano una pozione fatta con le foglie e la
linfa dell’albero. Cerco di restare calma com’ero davanti al suo tronco
maestoso prima di sentire il richiamo dell’aquila, ma sento che l’adrenalina comincia a prendere possesso del mio sistema nervoso, perché
l’inizio del viaggio spirituale è sempre più vicino. Mi ripeto che andrà
tutto bene. Che ce la posso fare.
Quando ci riuniamo intorno al fuoco il mio stomaco ruggisce: sono
molte ore che non mangiamo. Provo a bere dalla borraccia ma è vuota,
così vado a riempirla; in quel momento mi accorgo che sono tutti
intorno al falò.
«Alexandra, vieni a sederti con noi», mi dice Leo.
È il momento. Oddio, perché sono così nervosa? Mi prende per
mano e mi fa accomodare tra lui e Jeremy. Il suo tocco mi aiuta subito
a regolarizzare il respiro e mi dà un senso di calma. Non stacco la
mano da lui una volta seduta; mi dà la sicurezza di cui sento di aver
bisogno. Guardo Jeremy e prendo anche la sua mano, con un sorriso
nervoso, esitante.
«Andrà tutto bene, Alexa. Ti saremo accanto fisicamente a ogni
passo del tuo cammino».
Anche se non è la parte fisica a preoccuparmi, apprezzo comunque
le sue parole, e cerco di imprimermi nella mente il suono della sua
voce, perché potrebbe essere l’ultima volta che lo sento. Ma non riesco
a non chiedermi dove finirò, in nome del cielo? Cerco di rassicurarmi
dicendo a me stessa che non mi succederà nulla: molte altre persone
l’hanno già fatto prima di me, seguendo un’antica tradizione per raggiungere l’illuminazione…
140/281
Mi guardo intorno e mi accorgo che tutti stanno aspettando che
presti loro attenzione, come se riuscissero a sentire tutti i miei
ragionamenti.
Sarebbe imbarazzante. Faccio un altro respiro profondo; rilassati,
mi dico, rilassati e basta.
Come sempre, è Leo a descrivermi cosa sta per succedere.
«Yaku ci ha riferito che l’aquila arpia, il rapace più potente delle
Americhe, ci ha comunicato che gli spiriti sono pronti ad accoglierti e
a guidare il tuo ingresso nel loro mondo. Di solito il volo dell’anima di
un occidentale avviene solo con lo sciamano, ma a quanto pare lo
spirito della lupuna, maestoso protettore della giungla, garantirà il tuo
ritorno in questo luogo, e gli anziani hanno ricevuto il permesso di farti
cominciare il tuo viaggio prima del previsto».
Non riesco a parlare: non che abbia molto da dire. È come se mi
stessi per sottoporre a un intervento chirurgico che i medici trovano
semplicissimo, perché è di routine, ma dimenticano che per il paziente
potrebbe essere la prima volta sotto i ferri, e non capiscono la sua
titubanza. La preoccupazione mi investe come un rombo, così potente
che sono quasi stupita che loro non l’abbiano sentito.
«Quando si sperimenta il volo dell’anima, ci si immerge nella
natura nella sua forma più pura, come esseri umani primordiali. Ci è
concessa la possibilità di chiederci se stiamo vivendo la vita secondo il
nostro destino, seguendo la ragione per cui siamo nati. Possiamo riallinearci, rivedere le nostre vite nel presente e risvegliare l’innocenza
del nostro cuore. Non si tratta di esplorare territori sconosciuti, ma
piuttosto di tornare alle origini, riscoprire il nostro essere più puro, la
vera essenza dell’io e decidere se accettarla nel presente. A volte il
volo dell’anima può lasciarci intravedere squarci del nostro passato
ancestrale, che ci donerà una maggiore comprensione del nostro futuro,
anche se sul momento la visione può non essere chiara. Una volta che
141/281
il tuo viaggio sarà cominciato, Alexandra, entrerai in comunione con la
natura, senza alcuna interferenza da parte dell’uomo fino alla fine.
Partirai con il primo sorso di questa bevanda preparata dagli anziani, i
cui ingredienti sono stati decisi in base a messaggi giunti dal mondo
degli spiriti».
Decido di fare domande, dato che posso ancora avere risposta. «Per
quanto tempo starò via?», chiedo sollevando le dita in aria per sottolineare la parola “via”.
«Nessuno può saperlo: ogni viaggio è differente. Come avviene nei
sogni, si può pensare che sia passato molto tempo mentre in realtà si è
trattato di qualche istante, oppure credere di essere stati via per pochi
minuti quando in realtà si trattava di giorni. Il volo della tua anima sarà
unico».
«Non sarebbe meglio aspettare che mi trovi con lo sciamano?». È il
mio ultimo tentativo di prendere tempo di fronte all’inevitabile.
Leo scambia qualche parola con gli anziani.
«Yaskomo, lo sciamano, è consapevole che il viaggio deve cominciare ora, perché l’aquila è un segno inviato dagli spiriti. Lo incontrerai
quando, durante il tuo viaggio, le stelle si allineeranno».
Non riesco proprio a capire a cosa si riferiscano quando parlano
dell’allineamento delle stelle, ma non chiedo spiegazioni e mi concentro su questioni pratiche: come il fatto che mi brontola lo stomaco.
«Prima mangeremo?»
«No, non potrai mangiare: è un’esperienza molto più potente e significativa se ci si astiene dal cibo.
Potrai ingerire solo l’ ayahuasca mescolata con la linfa dell’albero
di lupuna». Indica la pignatta sospesa sul fuoco.
«E che cos’è esattamente?».
Stavolta è Jeremy a rispondere.
142/281
«L’ayahuasca è un infuso di sostanze psicotrope che si ottiene dai
viticci d e l Banisteriopsis caapi e foglie contenenti dimetiltriptamina,
o DMT». Lo guardo senza capire.
Questa spiegazione scientifica mi sarebbe altrettanto utile se Yaku
me la ripetesse nella sua lingua nativa.
«Un etnobotanico negli anni Cinquanta ne ha descritto le capacità
divinatorie e terapeutiche». Sembra che in questo elemento Jeremy
ravvisi la credibilità di una teoria che dalla sua prospettiva altrimenti
non esisterebbe.
Interviene Leo. «Questa sostanza è anche in grado di dare
rivelazioni spirituali sullo scopo della vita delle persone, suggerendo
loro intuizioni su come comportarsi al meglio grazie al contatto con
una dimensione spirituale superiore». A quanto pare Leo e Jeremy si
spalleggiano a vicenda per fornirmi una spiegazione bilanciata tra scienza e spiritualità. Che bel pensiero!
«Ci sono effetti collaterali?»
«Vomito ed eventuale diarrea», risponde Jeremy. Mmh, andiamo
male. «Dal punto di vista clinico si tratta di una reazione alle leggere
tossine che si ritrovano nello stomaco all’ingestione del decotto.
Ma dal punto di vista spirituale, è l’eliminazione delle emozioni
negative e segno di un’energia che agisce a un livello più alto della tua
vita umana».
«Sono colpita».
Cerco di stringere la mano di Jeremy, chiedendomi quando abbia
avuto il tempo di fare tutte queste ricerche, anche se ormai non dovrei
più sorprendermi. In fondo questo è il suo forte. Scuote il capo, rifiutando il contatto con me. «Quindi mi state dicendo che dovrei uscire
illuminata da questa esperienza, che comprenderò l’universo e il mio
posto all’interno di esso, e forse sarò anche un po’ più leggera,
giusto?».
143/281
Ridono entrambi.
«Più o meno è questa l’idea, tesoro, sì. Ma speriamo che tu non ti
alleggerisca troppo: sei già perfetta così come sei». Lancia un’occhiata
a Leo, quasi implorandolo di confermargli che non succederà
nient’altro.
«E potrei essere incosciente per qualche minuto o per giorni, non
possiamo saperlo?»
«Esatto. Ma sappi, Alexandra, che qualsiasi cosa succeda, noi
saremo fisicamente qui, al tuo fianco».
«Non ti lascerò mai, AB, lo sai».
«Sì, lo so».
Li guardo tutti e due con solennità.
Perché l’atto di bere sembra qualcosa di molto più serio di un bel
brindisi con Jeremy prima di partire per una delle nostre folli
avventure?
Mi torna in mente l’assenzio che ho bevuto a Sydney, all’inizio di
tutto.
Ma so anche perché adesso è diverso, lo sappiamo tutti. La mia vita
e la mia libertà dipendono dall’esito di questo viaggio.
Yaku mi porge una tazza di infuso fumante.
Mi guardo intorno, scrutando i loro visi alla luce delle fiamme.
«Voi non ne prendete?»
«Soltanto tu», mi risponde Leo.
«Noi resteremo coi piedi ancorati al terreno. Bon voyage,
Alexandra».
«E non mi parlerete più fino alla fine?».
Scuote il capo. È cominciato.
Jeremy mi stringe la mano per l’ultima volta, poi mi affida al
mondo degli spiriti formando con le labbra le parole “Ti amo” mentre
con prudenza prendo il primo sorso.
144/281
Niente “salute” o “sláinte”, stavolta.
All’inizio la pozione è difficile da mandar giù, ma a ogni sorso mi
abituo di più al gusto amaro e sento il calore irradiarsi dentro di me.
Riesco a distinguere il leggero sapore di menta e zenzero e mi
chiedo se siano stati aggiunti per cercare di non affaticare il mio
stomaco. Non ha senso chiedere, però: nessuno mi risponderà.
Non so se devo avere una reazione eclatante, ma finisco la pozione
restando seduta e rilassata accanto al fuoco proprio come gli altri, che
sono silenziosi, per diverso tempo. Mi sembra che le fiamme lambiscano i loro visi e che riscaldino il mio corpo dall’esterno.
Il flusso dei miei pensieri si interrompe quando all’improvviso
sento il grido di quella che mi sembra la stessa aquila di prima nel cielo
crepuscolare. Stavolta non volteggia sull’albero di lupuna, ma si avvicina a noi con decisione. Di colpo il mio sguardo si aggancia ai suoi
occhi piccoli e lucenti, e distinguo chiaramente il basso ventre bianco,
le ali nere, e perfino le piume striate che ha intorno alle zampe.
Vorrei distogliere l’attenzione da lei per vedere se gli altri sono preoccupati dall’arrivo di quell’immenso predatore, la cui apertura alare è
ampia quasi quanto l’altezza di un uomo, ma non riesco a staccare gli
occhi da lei, che sembra puntare dritto su di me. Ho il terrore che mi
colpisca, facendomi ruzzolare al suolo, e d’istinto mi copro il viso con
le braccia per proteggermi dai suoi enormi artigli; invece vengo sollevata da terra e portata su, verso altezze sconosciute.
Ora riesco a vedere la vasta distesa di questa terra con gli occhi
dell’aquila arpia. C’è il nostro piccolo accampamento, che sembra
immobile come un plastico, e le fiamme del fuoco che diventano
grandi come una libellula mentre ci innalziamo veloci nel cielo, verso
le stelle. È un’esperienza incredibile.
Mentre voliamo sono una cosa sola con l’aquila, mentre la terra non
è che un blocco marmoreo, insignificante da queste altezze vertiginose.
145/281
Ogni presagio negativo, ogni timore svanisce. Provo solo felicità e
speranza. Sono sorpresa dalla lucidità dei miei pensieri: ero convinta
che la bevanda degli anziani mi avrebbe fatto sentire ubriaca.
È come se ci stessimo dirigendo altrove, ma non so cosa o dove sia
questo posto. All’improvviso, però, il contatto con l’aquila si spezza e
precipito verso il basso. Mi sento come quando sono stata lanciata da
un aereo, bendata, con Jeremy, la forza dell’accelerazione penetra in
ogni parte di me. Stavolta vedo il rapace sopra la mia testa e la terra
che si avvicina sempre di più. Non sono legata a nessuno, non ho ali e
non avrò scelta se non entrare in collisione con il suolo. Il cuore mi
batte all’impazzata e comincio ad avere paura. Non può essere questo
il volo dell’anima, Leo non mi aveva parlato di niente del genere…
La terra si avvicina a tale rapidità che sono sicura di andare sempre
più veloce, a ogni millisecondo. La gravità mi manda in rotazione e
comincio a vorticare in una spirale incontrollabile: non distinguo più
l’alto dal basso, una parte dall’altra.
Ho il respiro affannoso, cerco ossigeno e ho la sensazione che il
mio cervello potrebbe implodere per la pressione e la rotazione incessante. Poi mi schianto al suolo, e sento il mio corpo disintegrarsi in
milioni di minuscoli pezzi, perdendosi per sempre nell’aria.
Oddio, sono morta?
Lago di Bled
Madame Jurilique è furiosa. «Che cosa vuol dire che non abbiamo
ricevuto nessuna risposta? Abbiamo seguito ogni suo minimo movimento e ora mi state dicendo che si è semplicemente dissolta nel nulla?
Non è possibile. Avevo spiegato con chiarezza che avrebbe dovuto
chiamare il numero che le è stato dato nell’attimo stesso in cui metteva
piede in Europa».
Madeleine aggrotta la fronte. Il cuore le batte forte, ma dovrebbe
farlo per l’emozione dell’arrivo della dottoressa Alexandra Blake, e
non per la sua frustrante assenza.
«Assolutamente niente?
Siete sicuri?».
Sbatte giù il ricevitore chiedendosi cosa accidenti sia andato storto.
Un’altra volta. Le istruzioni erano chiarissime e sono state senza dubbio consegnate come pianificato. Madeleine si considera molto brava a
giudicare le persone e sa che la dottoressa Blake non metterebbe mai a
rischio la vita dei propri figli e che farebbe qualsiasi cosa in suo potere
per proteggerli. Il piano era perfetto. A meno che lei non avesse deciso
di non presentarsi, certo.
Per la prima volta Madeleine ammette che può essersi sbagliata e
l’ira le contrae il volto. Prima Josef, adesso questo. Sbatte il pugno
sulla scrivania e in quel momento intravede il riflesso del suo viso sulla
parete di vetro dell’ufficio.
Distratta per un attimo dal problema in corso, Madeleine si volta,
terrorizzata da ciò che vede. Il riflesso mostra un volto che dovrebbe
147/281
essere liscio e curato, e che invece è pieno di rughe, stressato, quello di
una persona che ha superato la mezza età. L’ultimo lifting facciale le è
costato abbastanza. Non può averne bisogno di nuovo, no?
In un attimo tira fuori lo specchietto dall’ultimo cassetto per
guardarsi meglio. Mio Dio, lo spettacolo che ha davanti agli occhi è
orripilante. Zampe di gallina, solchi di rughe profondissime. E il collo!
Sembra quello di un tacchino.
Quando è successo tutto questo? È sempre stata orgogliosa della sua
forma fisica perfetta…
Si ferma per un attimo a riflettere e poi conclude che deve essere
stato il forte stress causato da quelle persone, e la rabbia le sale ancora
nel petto quando il telefono squilla.
Rimette in tutta fretta lo specchietto al suo posto, nel timore che
qualcuno entri nel suo ufficio e la giudichi una vanitosa. La chiamata è
interna e Madeleine non è dell’umore adatto per ricevere un’altra cattiva notizia dopo la giornata che ha avuto.
«Che c’è?», strilla nella cornetta.
Esasperata, ascolta uno dei suoi dirigenti spiegare che un altro
membro del suo team non si è presentato al lavoro dopo che ieri si era
lamentato perché, in base alle procedure aziendali della Xsade, deve
testare su di sé i prodotti prima che vengano messi sul mercato. È possibile che lei debba personalmente occuparsi di ogni dettaglio per far
funzionare l’azienda? A quanto pare sì, visto che il suo dirigente continua a lagnarsi al telefono.
«E allora perché non lo testi tu?», dice all’improvviso Madeleine.
Ascolta con scarsa attenzione la voce irritante dell’uomo, mentre la
sparizione della dottoressa Blake continua a occuparle la mente. Non
riesce a credere che le stia spiegando che, secondo la procedura aziendale, i prodotti possono essere testati su una data persona una volta sola
148/281
per evitare che i risultati vengano distorti. Devono pensare che lei, il
loro amministratore delegato, sia completamente idiota.
Madeleine smette di divagare.
«Quindi mi stai dicendo che tu lo hai già testato, giusto?». Sembra
di sì. «Di quale prodotto stai parlando esattamente?».
Si ferma ad ascoltare. «Il peeling chimico, hai detto?».
D’un tratto Madeleine è più interessata alla conversazione perché la
composizione di questo nuovo peeling è stata realizzata in modo da
riprodurre i risultati della chirurgia plastica, sebbene per un tempo
limitato.
Questa potrebbe essere la prima buona notizia in tutta la giornata,
mentre l’immagine del suo viso nello specchio le ritorna davanti agli
occhi.
«Bene. Darò l’esempio e mi sottoporrò io stessa al test. Così nessuno avrà più motivo per discutere. Scendo tra dieci minuti».
Riaggancia il ricevitore con violenza e fa le telefonate necessarie.
Con la prima avverte i suoi esperti di informatica di prepararsi a
mettere online la sordida vita della dottoressa Alexandra Blake, e di
aspettare che sia solo lei, l’amministratore delegato in persona, a dare
l’approvazione finale prima di pubblicarla.
Con la seconda chiamata comunica al servizio di sicurezza di iniziare la ricerca per scovare la dottoressa Blake e/o i suoi figli, ovunque
si siano nascosti, all’istante. Almeno adesso sente di essere entrata in
azione.
Stava per andare da quel traditore di Votrubec per vedere quanto si
stesse divertendo a essere paralizzato ma, visto che l’arrivo della Blake
è stato rimandato, Madeleine decide di scendere al piano del centro
estetico per attenuare almeno in parte la ruvidezza che ultimamente si è
accumulata sul suo viso. Gli altri possono aspettare. E si rende conto
149/281
che è da troppo tempo che non si concede un po’ di tempo “solo per
sé”.
Madeleine si sistema sul lettino del centro estetico dopo essersi tolta
il vestito di Chanel e aver indossato un asciugamano elasticizzato poco
elegante che le lascia spalle e collo scoperti. Non ricorda quando è
stata l’ultima volta che si è sdraiata durante le ore lavorative e, anche
se tecnicamente si tratta comunque di lavoro, ha la sensazione di
approfittarne un po’.
Il fatto che tutta la sua pelle sia pulita e tonificata non le crea alcun
problema. Nel suo ufficio ha tutto ciò che serve per rifarsi il trucco, e
riesce a rilassarsi seguendo il ritmo del movimento circolare che sente
sul volto.
«Vuole che le faccia il viso e il collo, Madame?»
«Sì». Madeleine ripensa al suo collo afflosciato e si rende conto che
sarà necessario qualcosa in più di un peeling per restituirle un aspetto
giovanile. Sa anche che nel suo lavoro deve sembrare il più giovane e
forte possibile: solo gli uomini invecchiano con eleganza, mostrando la
testa canuta e sfiorata dalla calvizie.
L’estetista applica il peeling con un grosso pennello, fino a coprire
interamente il viso e il collo di Madeleine. Poi le chiude gli occhi con
due dischetti di cotone prima di regolare una grande lampada a ultravioletti sulla parte superiore del corpo. Una volta abbastanza vicina da
attivare la maschera, la macchina viene bloccata in posizione.
«Deve restare accesa per almeno venti minuti. Controllerò io il
tempo, quindi si rilassi e si goda il trattamento».
«Non stare ad aspettare qui, va a fare qualche altra cosa, me la
caverò». La voce di Madeleine è attutita, perché lei cerca di non
muovere troppo le labbra. «È inutile perdere tempo prezioso in
azienda».
150/281
L’operatrice sta per dirle che secondo le norme aziendali deve
restare nella stanza mentre la macchina è in funzione, ma poi ricorda
gli avvertimenti del suo superiore sul carattere iroso del capo, così
mette le cuffie sulle orecchie dell’amministratrice delegata ed esce rapidamente dalla stanzetta, godendosi in silenzio il sollievo di essere
stata congedata.
Anche Madeleine è contenta di essere stata lasciata sola a pianificare le sue prossime mosse.
Non è arrivata dov’è senza correre rischi e non ha nessuna intenzione di fermarsi adesso. Con una certa sorpresa, il suo corpo stressato
si rilassa subito, la musica classica le calma la mente e lei si abbandona
a un dolce sonno senza alcuna resistenza.
Jeremy
Da quando Alexa è tornata dall’albero di lupuna, le attività nel nostro piccolo accampamento si sono notevolmente intensificate. Gli anziani, di solito così calmi e tranquilli, sono stati occupati con le loro erbe
e pozioni per la preparazione del primo infuso per il volo dell’anima.
A dire la verità, non sono convinto al cento percento che le tossine
contenute in questa miscela non avranno effetti collaterali su Alexa.
Conosco il suo corpo abbastanza bene da sapere che reagisce in maniera estrema a qualsiasi sostanza insolita o squilibrio chimico. Non
appena Leo mi ha messo al corrente dei suoi piani, ho fatto delle ricerche sull’ayahuasca.
Sono rimasto sorpreso e al tempo stesso sollevato di scoprire che in
tutto il mondo si organizzano ritiri durante i quali si può vivere in
prima persona questo fenomeno; la scoperta però mi ha tranquillizzato
solo in parte, non del tutto. L’ultima cosa che desideravo per Alexa era
che passasse tutto il tempo a vomitare nel caldo della giungla. Ho
promesso a Leo che durante il suo viaggio non le avrei somministrato
alcun farmaco, in modo da preservare il suo stato naturale; tuttavia, gli
anziani hanno accettato il mio suggerimento di aggiungere zenzero e
menta piperita al loro preparato nella speranza di metterle a posto lo
stomaco. Vedremo se funzionerà.
Mi sento più contento di averla sottoposta a una visita medica,
prima di partire da Avalon. Per utilizzare un’espressione non proprio
medica, è sana come un pesce. Le analisi del sangue sono buone, il
152/281
numero di linfociti è ottimo, l’indice di massa corporea perfetto, i riflessi nei parametri.
Almeno ho la certezza che non potrebbe trovarsi in condizioni di
salute migliori per imbarcarsi in questo viaggio spirituale di Leo.
Soprattutto, sento che adesso Alexa è mentalmente pronta ad
affrontarlo.
Sembra che il tempo trascorso ad Avalon le abbia calmato i nervi,
anche se non posso dire altrettanto per i miei. Il minimo che posso fare
è assicurarmi che mantenga lo stesso livello di condizione fisica e di
benessere fino alla naturale conclusione di questo incubo.
Finora, ci sono riuscito.
Non riesco a toglierle gli occhi di dosso mentre beve il primo sorso
dell’infuso fumante.
È più coraggiosa di qualsiasi altra donna che io conosca, determinata com’è a esplorare l’ignoto e a mettere in dubbio ciò che è noto.
Chissà se questa esperienza cambierà qualcosa nelle nostre vite oppure
se lei berrà la pozione, raggiungerà lo stato d’estasi e poi tutto continuerà come prima.
No, non devo essere così pessimista. Devo tanto a Leo e ho
abbastanza fiducia nel suo quoziente intellettivo ed emotivo da essere
sicuro che non ci sta prendendo in giro, anche se a volte non posso fare
a meno di pensare che stiamo andando alla ricerca dell’inafferrabile
uovo d’oro.
Tuttavia, come promesso, provo a concentrarmi su pensieri positivi
che possano aiutare Alexa.
Gli anziani ci hanno chiesto di restare seduti con lei attorno al fuoco
fino a quando il suo spirito lascerà il corpo. Dio solo sa che cosa significa. Spiccherà il volo mentre noi la saluteremo con la mano oppure il
suo corpo si affloscerà e lei perderà il controllo di tutti i muscoli? Mi
153/281
concentro attentamente sulla sua fisiologia per memorizzare ogni cambiamento nella maniera più dettagliata possibile.
Sono trascorsi all’incirca dieci minuti da quando ha finito di bere
l’infuso, durante i quali ci ha guardati in faccia come se stesse aspettando che si verificasse qualche evento straordinario. Come era da prevedere, non è accaduto nulla. I suoi magnifici occhi verdi brillano
mentre osservano la luce del fuoco, che vi si riflette. Noto che più fissano il fuoco più si dilatano, piuttosto in fretta. Sono tentato di agitare
la mano davanti ai suoi occhi per vedere se è ancora in grado di percepire la nostra presenza, ma mi è stato detto di non toccarla e di non
interrompere la sua linea visiva con il fuoco, che sembra la aiuti a
cedere ai poteri dell’ayahuasca. Inoltre, non so esattamente quale
effetto avrà la linfa dell’albero di lupuna, che è stata aggiunta
all’ultimo minuto su richiesta di Yaku. Per quale motivo?
Perché così gli ha detto di fare l’albero!
Ripenso alla discussione che ho avuto con Leo quando me lo ha
annunciato. «Non puoi dire sul serio, Leo. Come diavolo può aver fatto
un albero a riferire a Yaku che si assumerà la responsabilità di guidare
il volo dell’anima di Alexa?»
«È così che funzionano le cose in natura, JAQ. Hai visto come
Alexa si è sentita attratta dalla lupuna appena è arrivata qui. Non
avremmo potuto tenerla lontana da quella pianta neppure se avessimo
voluto. Che cos’è che ti preoccupa?»
«Mi preoccupa non aver mai fatto ricerche su questo albero. Non
sapevo neppure che esistesse prima che lei lo vedesse. E se fosse pieno
di tossine e sostanze velenose?
Potrebbe ucciderla, per quanto ne so».
«Dubito che la quantità che vogliono aggiungere possa ucciderla.
Alcuni sciamani lo utilizzano regolarmente nei propri preparati e gli
anziani non mi hanno mai parlato di morti».
154/281
«Okay, ma come sai benissimo, Alexa non fa parte del popolo dei
Wai Wai ed entrambi siamo ben cansapevoli di quanto sia sensibile ai
farmaci. Questa sostanza potrebbe non essere un’eccezione.
Non abbiamo modo di saperlo».
«No, hai ragione», mi ha detto Leo senza agitarsi. «Non non lo sappiamo. Ma ti senti tranquillo all’idea che lei prenda l’ayahuasca?»
«Direi che rassegnato è il termine più adatto». Alla mia pedante precisazione, Leo aggrotta la fronte.
«E va bene, sì. Mi sento tranquillo».
«Bene, vediamo cosa succede, poi prenderemo le decisioni necessarie di volta in volta». Leo mi mette una mano sulla spalla. «Alexa è
pronta per questo esperimento, JAQ, devi solo lasciarla fare ciò che sa
di dover fare».
Per la prima volta dall’inizio di questo viaggio in Amazzonia, mi
sento un po’ schiacciato dalla fiducia che Alexa ha in me come supporto per superare questa prova, e solo perché sa che ho fiducia in Leo.
Non posso negare di avere un lievissimo timore che ci addentreremo
nell’ignoto al punto che potrei non essere in grado di aiutarla. Condivido questo mio pensiero con Leo.
«Spero che tu sappia quanta fiducia ho in te, amico mio, affinché
questa storia si concluda nel modo migliore».
«Sì, lo so bene, ma anche tu sai che niente è sicuro a questo mondo.
Noi possiamo fare solo del nostro meglio».
Mi guarda con convinzione, come per alleviare i miei timori. «A
ogni modo, sono certo che ciò che Alexandra sta facendo fornirà
alcune delle risposte».
Mi sento come se fossi appeso a una corda agganciata a un elicottero, a reggere l’anima con i denti e a sperare che il pilota sappia valutare le condizioni meteo e del terreno e ci porti sani e salvi alla meta.
Non avere il controllo, non essere alla guida, è una condizione che non
155/281
ho mai tollerato, e negli ultimi tempi mi sono ritrovato troppe volte a
provare questa sensazione quando si è trattato di Alexa. È a dir poco
snervante.
Le contrazioni delle dita di AB mi riportano d’un tratto al presente.
Darei qualsiasi cosa per poterle controllare le pupille con una luce e
vedere le sue reazioni. Sembra smarrita nello spazio, gli occhi quasi
spalancati e immobili.
Le contrazioni delle mani possono significare qualsiasi cosa: un
calo del livello di glucosio nel sangue, il principio di un parziale
attacco epilettico oppure il risultato di un’alterazione della sua condizione neurologica.
Mentre desidero con tutto me stesso sentirle il polso, avverto il peso
dello sguardo degli anziani che mi blocca al mio posto. Guardo Leo e i
suoi occhi mi supplicano di non intervenire. Questo silenzio che la circonda è orribile. Non avrei mai pensato che sarebbe stato più duro per
me che per lei.
Alexa ha ancora gli occhi sbarrati e lo sguardo fisso sul fuoco,
mentre le contrazioni si estendono alle braccia, e poi alle dita dei piedi
e ai polpacci. Sembra che sia in preda a qualcosa di simile a leggere
convulsioni. Se non conoscessi bene il suo stato di salute, giurerei che
si tratta di un attacco epilettico. Mentre le convulsioni continuano a
scuoterle il corpo, gli occhi cominciano a roteare nelle orbite.
Guardando l’amore della mia vita in quello stato, senza poter fare
nulla, mi sento il cuore stretto in una morsa. Ogni parte di me vorrebbe
aiutarla, assicurarsi che stia bene.
Ormai è chiaro che Alexa sta avendo una terribile reazione a
quell’intruglio tossico che le è stato somministrato: faccio per alzarmi
e andare a prendere la mia valigetta delle medicine ma scopro che non
sono fisicamente in grado di muovermi.
156/281
Che diavolo sta succedendo? È come se il mio sedere fosse stato
attaccato alla sedia con una supercolla. Gli occhi degli anziani sono
nello stesso stato di trance in cui si trovava Alexa qualche istante fa,
mentre Leo ha chiuso gli occhi e siede tranquillo, con i palmi delle
mani aperti in grembo. Sono l’unico sano di mente qui?
Ancora inchiodato al mio posto, resto seduto a guardare inerme la
donna che amo in preda a un attacco epilettico, divenuto così violento
da buttarla giù dalla sedia, mandandola a sbattere la testa e il corpo
all’indietro, per terra: in quel momento lancio un urlo più acuto del
grido dell’aquila che abbiamo sentito qualche ora fa vicino all’albero
di lupuna. Dio mio!
Quando crolla a terra il suo corpo perde ogni consistenza, resta
quasi privo di vita. In quello stesso istante, mi libero dalla sedia e mi
lancio come in volo, atterrando direttamente su Alexa.
Alla ricerca disperata di una reazione, le sollevo il braccio, controllo
il polso per sentire il battito e le apro completamente le palpebre ora
chiuse. Nulla.
«Leo!», grido, cercando disperatamente la sua attenzione.
«Leo, prendi la mia valigetta. Non reagisce».
Sono ancora tutti seduti con aria tranquilla intorno al fuoco, come se
fossero bloccati in quella posizione.
Porca puttana, questo è il mio peggior incubo. Mi chino su di lei,
avvicino il viso alla bocca per percepire il suo respiro. Nulla.
Controllo il polso: battito assente.
Appoggio l’orecchio sul petto per sentire il battito cardiaco. Cazzo.
Per un attimo sono combattuto tra la paura di lasciarla qui e la
necessità di correre a prendere la mia valigetta. Gli altri continuano a
ignorare le mie disperate richieste di aiuto e rimangono in uno stato di
trance.
157/281
Non mi resta che precipitarmi nella tenda, prendere il kit medico e
tornare di corsa da Alexa.
Al ritorno, mentre tento di aprire la valigetta lungo il percorso,
scopro che gli altri si sono allontanati dal fuoco e ora circondano il
corpo di Alexa.
«Spostatevi. Devo praticarle una rianimazione cardio-polmonare e
potrebbe aver bisogno di adrenalina». Temendo il peggio, cerco disperatamente nella valigetta i farmaci di cui ho bisogno, prima di iniziare la procedura.
Takasumo, il più brizzolato degli anziani, prende con delicatezza la
mano di Alexa, chiude gli occhi e stringe il suo polso tra le mani. Poi
dice: «No, okay, ora».
«Cosa?», grido.
Sembro un pazzo, mentre gli altri restano immobili, calmi in modo
innaturale.
Afferro lo stetoscopio per auscultare il cuore di Alexa e, grazie al
cielo, sento un debolissimo battito. Il mio cuore corre così forte che mi
sembra che l’adrenalina pompata nel mio corpo sia dieci volte superiore alla quantità contenuta nella siringa che ho accanto a me. Tiro giù
la maglietta di Alexa e controllo la parte posteriore della testa per
vedere se la caduta le ha provocato traumi.
Sembra che non ci siano danni, eppure lei ancora non risponde.
Continuo a eseguire tutti i controlli che mi vengono in mente, e
sebbene i suoi segni vitali mostrino un miglioramento, la pressione
sanguigna è ancora leggermente inferiore al normale.
Impiego qualche istante per calmarmi mentre sento il suo battito
cardiaco diventare sempre più forte.
Cosa diavolo è successo? Guardo il volto di Alexa che sta riprendendo colore: le labbra sono rosa, le guance appena arrossate, e ha
un’espressione straordinariamente serena, senza traccia delle brevi e
158/281
acute convulsioni a cui ho assistito qualche minuto fa. Anche gli altri
sembrano calmi e fiduciosi.
«Leo, che cosa è successo? Mi sono perso qualcosa?»
«A volte, dopo aver ingerito l’ayahuasca, qualcuno ha una reazione
simile a quando l’anima lascia il corpo. Di solito dura meno di un
minuto, poi il corpo si riprende e ritorna al proprio ritmo normale».
«Quindi mi stai dicendo che l’anima di Alexa ha lasciato il suo
corpo?». Mi sforzo di controllare quanto più possibile il tono della
voce, cercando di eliminare ogni traccia di sarcasmo.
«In un certo senso, sì. Per questo siamo rimasti intorno al fuoco fino
a quando Alexa non si è stabilizzata, per essere sicuri che lei fosse
arrivata sana e salva a destinazione».
«È stata scaraventata per terra dalla sedia!».
«Queste sedie non sono molto stabili. Bastano piccoli movimenti
per rovesciarle. È capitato anche a me un paio di volte», dice con un
mezzo sorriso, ma il mio sguardo truce lascia chiaramente intendere
che non ci trovo nulla di divertente.
Leo cambia tattica. «Non potevi tenerla ferma tu?».
Non sopporto più questa conversazione e la sua domanda mi
confonde.
«Ma… non potevo muovermi. È stato così strano».
«A volte è difficile lasciar andare coloro che amiamo e quando lo
facciamo, tendiamo a immaginare il peggio. Alexa è al sicuro, JAQ.
Non subirà alcun danno e tornerà con una mente più aperta di prima».
Le sue parole mi colpiscono come un fulmine. Guardo di nuovo
Alexa e, sebbene sia priva di sensi, sembra calma e serena, come se
fosse immersa in un sonno profondo e riposante. Sono costretto a
rivedere la mia interpretazione degli eventi.
Solo adesso considero la possibilità che il mio cuore e la mia mente
siano entrati in conflitto l’uno con l’altra.
159/281
Mentre rifletto, sento la profondità del mio legame con Leo e il mio
amore incondizionato per Alexa. Penso a Leo che mi ha detto di restare
seduto e in silenzio in modo che lei potesse iniziare il viaggio, penso
alla mia paura di perderla, al fatto che non riesco a lasciarla andare.
Davvero non potrei sopportare l’idea di separarmi di nuovo da lei dopo
tanti anni. Ho la sensazione che abbiamo aspettato tutta la vita per
ricongiungerci. Un futuro senza di lei, seppure per un tempo breve, è
del tutto inaccettabile nel mio cuore e nella mia mente. È come se fossi
stato obbligato a scegliere tra mantenere la promessa fatta a Leo e il
mio amore per Alexa.
Il mio cuore sapeva che volevo alzarmi per aiutarla, ma il mio
cervello sembrava ignorare l’impulso, rendendomi incapace di
muovermi. Quando alla fine me ne rendo conto, mi rimprovero per
aver pensato, seppur confusamente, che gli anziani esercitassero sul
mio corpo una sorta di potere magico o spirituale. Mi sento sollevato
per aver trovato una spiegazione logica al mio comportamento.
Sebbene Leo mi assicuri che la pressione sanguigna bassa può
essere un sintomo del volo dell’anima, non ne sono del tutto convinto,
quindi inizio ad annotare in maniera meticolosa le condizioni cliniche
di Alexa. Almeno mi terrò occupato per un po’. Mentre registro con
dovizia di particolari i parametri della mia compagna, gli anziani parlano con Leo.
«Pensano che sia meglio spostarla, JAQ, ma non vogliono interrompere il tuo lavoro».
«Perché?
Dove?».
Improvvisamente mi sento come se mi fossi trasformato in Alexa,
con tantissime domande che mi affollano il cervello.
«Vorrebbero metterla più vicino all’albero di lupuna, che la sta proteggendo. Se il corpo si trova vicino al suo protettore, Alexa sarà più al
160/281
sicuro, come le persone che iniziano il viaggio dell’anima con uno
sciamano».
Chi sono io per mettere in discussione questa decisione? Tutto mi
sembra ancora una follia, ma se loro credono che lì Alexa sarà più protetta, non gli impedirò di spostarla.
«Va bene, Leo».
Provo a moderare il tono della voce perché sono ancora in
imbarazzo per il mio scatto di qualche minuto fa.
Leo fa un cenno con la testa verso agli anziani.
Solleviamo Alexa con cautela e la trasportiamo su una lettiga vicino
alla lupuna. È buio ormai e faremo dei turni di guardia accanto al suo
corpo, apparentemente privo dell’anima. Riluttante mi allontano per
mangiare un boccone e, se mi riesce, dormire qualche ora. I rumori
della giungla all’inizio mi tengono sveglio, ma poi mi lascio cullare in
un sonno profondo e senza sogni.
Alexa
È un’esperienza completamente nuova per me. Un altro tempo, un
altro luogo e un evento che può essere descritto solo come etereo e viscerale allo stesso tempo. Sono ovunque e in nessun posto… una
sensazione del tutto irreale. È come se stessi guardando un film, ma
fossi sia il regista sia gli attori, e addirittura anche parte del set. Li vedo
e li sento, li capisco anche, ma loro non possono fare lo stesso, interpretano la loro parte, mentre io fluttuo nella scena, nell’aria, ma sono
invisibile, intoccabile.
I miei sensi sono al massimo grado di percezione, assorbono le
sensazioni delle persone presenti in tutte le scene, ma conservano la
mia identità. È la più strana forma di irrealtà immaginabile, e io posso
solo supporre che si tratti della mia versione del volo dell’anima di
Leo.
Mi immergo nel processo e nelle sue possibilità.
La mia visione si sposta e all’improvviso metto a fuoco. Vedo una
madre che mette la sua bimba a letto; la piccola potrebbe avere
all’incirca cinque anni. La donna le accarezza con affetto la fronte, le
scosta con delicatezza i lunghi capelli neri dal viso. Le bacia con dolcezza una guancia per darle la buonanotte e il sorriso della bimba
esprime benissimo tutto l’amore che prova per la mamma. Io sento le
emozioni di entrambe nel mio cuore, come se fossi collegata con un
filo invisibile ai loro più profondi pensieri. Ricordo mia madre fare le
stesse cose quando ero piccola, proprio come ora io faccio con i miei
figli.
162/281
La donna tira appena le tende improvvisate e riserva un ultimo
sguardo alla bambina prima di chiuderle del tutto. Torna accanto alla
candela posta al centro del tavolo rotondo.
La cucina è semplice; siamo in un tempo in cui l’acqua viene raccolta dal ruscello con un secchio, il pane si fa in casa e gli abiti sono
pochi e tenuti in gran conto. Lei si avvicina al camino che tiene il gelo
della notte fuori dalla piccola dimora. Accendendo un cero dalle
fiamme vive, la donna illumina un cerchio di candele e si siede al
centro della stanza quasi vuota, come in profonda meditazione.
All’improvviso c’è un lampo e la scena cambia rapidamente davanti
ai miei occhi, come se qualcuno scorresse le pagine di un romanzo per
continuare la lettura più avanti.
La stessa donna sta entrando in un’altra casa, nella quale viene
accolta con grande calore. La famiglia la abbraccia e la ringrazia per
essere venuta. Sento la fiducia che hanno in lei e insieme la tranquilla
sicurezza in se stessa che la donna prova per il compito che è venuta a
svolgere. Ha una sacca a tracolla su una spalla, che sta per aprire
quando la sua bambina entra di corsa nella stanza. Somiglia a me
nell’anno in cui cominciai ad andare a scuola.
«Mamma, voglio stare con te, ti prego, posso guardare?».
La madre alza la testa verso i padroni di casa e loro annuiscono
all’unisono.
«Certo, Caitlin, vieni qui», sussurra.
C’è un bambino malato adagiato sopra una coperta nell’angolo della
stanza. Ha qualche anno in più della bimba, ma è magro e fragile. Il
suo aspetto esprime una sofferenza disperata e, mentre osservo il suo
corpo, il puzzo innaturale della sua malattia mi sommerge. Sebbene sia
offensivo e vile, sento che la improvvisa percezione del suo tanfo
attenua la pietà della donna e della bambina.
163/281
La mia curiosità mi spinge verso la scena, verso il ragazzo malato,
proprio mentre la donna si accosta a lui. Mi sento molto vicina a lei;
sento il suo amore e il suo desiderio di guarire il malato ignorando il
rischio per la propria vita che la malattia può rappresentare. Legate da
un qualche incomprensibile filo, ci avviciniamo. Dal velo lucido sulla
pelle capisco che il ragazzo ha la febbre alta. È debole e ho la
sensazione che quell’odore malefico gli stia mangiando il corpo
dall’interno. La sua malattia è a uno stadio gravissimo.
Per sentire il corpo sofferente, la donna accarezza lentamente, con
dolcezza, le braccia e le gambe del ragazzo, mentre la figlia Caitlin
osserva con attenzione ogni suo minimo movimento. Poi mette il
palmo delle mani sulle guance del malato e chiude gli occhi. Sembra
essere immersa in una preghiera o in una riflessione e inizia a salmodiare una specie di formula magica. La ragazzina si muove in silenzio
nella stanza e va a inginocchiarsi accanto a sua madre, e anche lei poggia i palmi sulla pelle del ragazzo, ripetendo le azioni della donna.
La famiglia resta a guardare da lontano, gli occhi terrorizzati nel
vedere quanto è fragile il legame che unisce ancora il ragazzo alla vita,
e avverte la magia che aleggia nella stanza. Passano dei lunghi minuti,
poi la madre e la figlia allontanano le mani dal ragazzo e aprono gli
occhi, come se venissero sciolte da un incantesimo.
La madre si avvicina al suo zaino e ne estrae delle erbe, le mette in
un mortaio e le pesta. La padrona di casa aggiunge alcune gocce di
acqua calda al miscuglio e fa cenni di approvazione con il capo per
esortare la donna a continuare. La madre prende il suo ultimo ingrediente e indica alla famiglia di voltarsi, perché a loro non è consentito
assistere all’ultima fase della preparazione.
Loro obbediscono, restando in silenzio, il dolore per il ragazzo evidente nei corpi curvi.
164/281
Caitlin continua a guardare sua madre con un’intensità e una curiosità che anche io riconosco in me stessa. La madre prende uno stiletto
dallo zaino e si punge con abilità il dito medio, fa colare tre gocce di
sangue nel preparato, poi ripone con prudenza lo stiletto e succhia il
sangue restante dal dito.
«Adesso potete girarvi», dice con dolcezza alla famiglia mentre
mescola e pesta gli ingredienti con il pestello. «Questo deve essere
dato al ragazzo con il cuore. Solo l’amore di una madre può aiutarlo a
guarire, adesso; continuate a vegliare il suo sonno».
La madre del ragazzo si allontana dal gruppo e si avvicina al figlio.
Culla il corpo morente tra le sue braccia prima di portargli il preparato alle labbra. Lo aiuta ad aprire la bocca e lo imbocca, poco per
volta. Il padre porta con apprensione un po’ d’acqua e la madre la dà al
figlio per aiutare la medicina a scendere lungo la gola. Il ragazzo tossisce un po’, i genitori lo adagiano piano per terra e tornano dalle
guaritrici.
«Grazie, Evelyn. Sei la nostra ultima speranza».
La donna saluta con un cenno del capo la famiglia, mette le sue
poche cose nella sacca e prende per mano la figlia quando sono già
vicine alla porta di legno. «Continueremo a pregare per la salute di
vostro figlio».
La famiglia le guarda uscire: sono tutti esausti, ma per la prima
volta hanno una speranza nel cuore.
Qualche giorno dopo, Caitlin sta dando da mangiare alle galline
quando vede il ragazzo camminare lungo la strada portando un pesante
secchio con la mano sinistra. Ora che è in piedi, è molto più alto di lei.
Ha un sano rossore sulle guance e un’andatura decisa. Non somiglia
nemmeno lontanamente al ragazzo fragile che faticava a muoversi
nell’angolo della stanza. Un sorriso illumina il volto di Caitlin quando
165/281
si rende conto che la magia di sua madre ha contribuito a eliminare
tutti i segni di malattia e infezione da quel corpo.
Gli corre incontro; lui appoggia il secchio per terra per ricevere
l’abbraccio di Caitlin, e lei lo circonda con le sue piccole braccia.
Alza gli occhi verso di lui, e ricambia il suo sguardo con i grandi
occhi grigio-verde; il calore che irradiano indica che la stessa gioia che
è nel cuore del ragazzo, e anche in quello di lei. È sicura della magia di
sua madre, e anche se non lo dice a parole Caitlin sa che lui proteggerà
e aiuterà altre persone nel corso della sua vita. Sa che loro due sono
legati dal sangue di sua madre e che in qualche modo quel legame,
sebbene sia nato da poco, sarà importante per il loro futuro.
Vedo i miei occhi riflessi in quelli di Caitlin e capisco che avverto
lo stesso senso di tranquilla serenità grazie a Leo, quando lui cattura il
mio sguardo, la certezza che tutto andrà per il meglio. La pienezza del
legame di Caitlin con il ragazzo si riverbera attraverso il mio essere
etereo.
Caitlin ha visto sua madre fare piccoli miracoli per tutta la sua
giovane vita. Evelyn ha un cuore buono e mostra una tale compassione
per gli altri che la ragazzina vuole solo seguire le sue orme. Sua madre
non accetta mai regali o pagamenti per ciò che fa, ma i beni di necessità non sono mai mancati. È come se tutto il villaggio avesse raggiunto un accordo silenzioso, in base al quale tutti contribuiscono alla
sussistenza di madre e figlia; non se ne è mai discusso, è così e basta.
Di notte, spesso Evelyn esce di casa e resta fuori per qualche ora,
convinta che sua figlia dorma. Si inoltra nella foresta ed esegue rituali
che sono intimamente legati al ciclo della natura. Lei sente quando e
come le cose devono accadere, il risveglio della primavera e il calore
dell’estate, l’arrivo dell’autunno e la morte temporanea della natura
durante l’inverno. Ogni stagione fa parte del suo corpo come della terra
stessa.
166/281
Nelle notti di luna piena, Evelyn resta fuori casa più a lungo e torna
nella piccola dimora con i capelli arruffati, gli abiti consunti e sporchi,
e il giorno successivo dorme per molte ore. Gli abitanti del villaggio
avvertono la sua energia selvaggia e la sua presenza quando è vicina a
loro e, sebbene sappiano che è una delle donne più compassionevoli,
ne sono anche un po’ spaventati: temono quella magia che non possono comprendere e a cui non possono concedersi di credere totalmente. Se non hanno un bisogno assoluto di Evelyn, tendono a tenerla
a distanza. La loro paura dell’ignoto prima li attira verso di lei, ma alla
fine li allontana.
Man mano che cresce, Caitlin passa tutto il tempo che può insieme
a sua madre, desiderosa di imparare e capire il dono della sua magia e
se un giorno potrà fare lo stesso. Al primo flusso mestruale, sua madre
le insegna sui suoi poteri ciò che non aveva potuto dirle prima. Le
spiega che, nonostante ne possano parlare tra loro liberamente, non
dovrà mai rivelare a nessuno quella magia.
Caitlin comprende che il loro dovere è usare quel dono per il bene
degli altri. Sa anche, ma non ne capisce il motivo, che la gente ha un
timore innato verso il potere del sangue, ed è per questo che può essere
usato solo se accompagnato da un sentimento di amore incondizionato.
Sua madre le spiega che ciò è ancora più importante visto che i tempi
stanno cambiando in fretta, e un’aura di oscurità e minaccia incombe
sul mondo.
Evelyn chiede a sua figlia di promettere che non svelerà mai a nessuno il potere del suo sangue, e lei giura solennemente. Caitlin si è
sempre chiesta se anche lei abbia questo dono, la magia di curare con il
proprio sangue. Sua madre si abbassa lentamente la camicia da notte
fino a scoprire la spalla sinistra e Caitlin vede il piccolo marchio a
forma di cuore sotto la scapola sinistra. Lo ha già visto molte volte
quando hanno fatto il bagno insieme.
167/281
«È il segno del sangue».
Con il palmo della mano Caitlin si tocca il seno sinistro, dove anche
lei ha lo stesso marchio. Non aveva mai capito prima di allora il potere
che rappresenta.
Evelyn appoggia la mano su quella di sua figlia. «Crescendo, il seno
lo nasconderà. È il segno che le ombre oscureranno presto la nostra
terra e le nostre vite. Devi difenderti e non metterti in situazioni pericolose. Quando sarà il momento, nella tua vita arriverà qualcuno che
saprà chi sei e ti proteggerà. Saprai di chi fidarti guardando le persone
negli occhi: è lì che potrai riconoscere la verità che essi posseggono.
Proprio come stiamo facendo noi due in questo momento».
Lo sguardo tra madre e figlia è ravvicinato e intimo, mai minaccioso né tirannico. «Fidati del tuo intuito. Ti guiderà lungo il corso
della vita. Anche se io non sarò al tuo fianco, sappi che sarò sempre
con te, ti amerò e ti seguirò».
Si abbracciano, senza sapere cosa porterà loro il futuro, ma con un
grande senso di responsabilità per il dono che hanno ricevuto.
***
La notte seguente, illuminata da una splendida luna piena, Caitlin
finge di dormire quando sua madre le sfiora la guancia con un bacio.
Evelyn chiude la porta di legno lasciando sua figlia in casa ed esce
senza far rumore per inoltrarsi nella foresta. La figlia aspetta solo qualche istante prima di seguirla lungo il cammino, con la luna luminosa
che le indica la strada.
A un certo punto sua madre si volta, sente il fruscio delle foglie e
sorride comprensiva prima di riprendere a addentrarsi nella foresta.
Caitlin sospira sollevata al pensiero che sua madre non l’abbia vista. Il
terreno è coperto di foglie cadute che proteggono i suoi piedi nudi. Un
168/281
gufo manda il suo richiamo da un albero, come per segnalare la
presenza proibita di una bambina nella foresta di notte.
Alla fine Evelyn entra in una radura e Caitlin si ferma un po’ in disparte, nascondendosi dietro un grande olmo. Il cuore le batte forte nel
petto; prova a rallentare il respiro e distendere i nervi. Coglie un fruscio tra gli alberi dall’altro lato della radura dove sua madre è sparita,
poi sente delle voci che emettono un lieve cantilenare.
Per la paura di essere scoperta nel caso arrivasse qualcuno dal suo
stesso sentiero, Caitlin si arrampica in fretta sull’albero, e scopre di
avere una vista completa dello spiazzo e di ciò che succede sotto di lei.
La cantilena diventa sussurro, come se provenisse dalla foresta stessa,
e Caitlin vede sua madre emergere nuda, con solo una corona di fiori
della foresta, gli ultimi della stagione, poggiata sulla testa.
Evelyn inizia a dondolare e danzare mentre una leggera brezza
sfiora gli alberi. La figlia sente la loro energia e il legame con sua
madre come se stessero diventando una sola persona. Nella radura, lei
è illuminata e il suo corpo è bellissimo e prosperoso, con le braccia sollevate sulla testa, le anche ondeggianti come rami al vento. La figlia
non ha mai visto la madre così viva, così vibrante.
Le voci cantilenanti e nascoste svaniscono quando dei corpi nudi
emergono dagli alberi e formano un cerchio intorno a Evelyn, tutti con
il capo chino verso di lei. Dopo qualche istante di meditazione con i
suoni e il respiro della foresta, anche loro iniziano a danzare, ma con
gesti più lenti, come in attesa che il ritmo entri nei loro corpi.
La cantilena riprende, molto più forte di prima; il gruppo alza la
voce al cielo e si sparpaglia nella radura, ognuno cercando un proprio
spazio e la propria energia attraverso i movimenti. Evelyn si dirige
verso un lastrone di pietra al bordo del campo, vi si distende sopra con
le mani dietro la testa e le gambe spalancate. Uno per volta, sia gli
169/281
uomini che le donne si avvicinano a lei, e si chinano per baciarle le
piccole labbra tra le gambe.
Evelyn freme e si muove come in una piacevole trance, mentre uno
dopo l’altro tutti i presenti le toccano il sesso con le labbra. Poi tornano
alla radura e riprendono il loro canto seducente e i movimenti, come in
uno stato ipnotico di pura sensualità, ognuno di loro traendo piacere
dal proprio corpo fino a liberare il proprio grido di estasi come omaggio al cielo e alla terra.
La scena va avanti per un po’, finché tutti restano in silenzio, circondati dalla natura, a crogiolarsi sotto la luce lunare.
Mentre le nuvole cominciano a oscurare la luna, tutti si alzano
dall’erba e in silenzio tornano sotto la protezione della foresta, senza
scambiarsi una sola parola. Caitlin, con gli occhi spalancati e preoccupata di essere scoperta, scende rapida dai rami dell’olmo gigante e
corre a casa.
All’alba del giorno dopo, dei colpi violenti alla porta svegliano
madre e figlia dal loro sonno profondo. I soldati entrano nella loro casa
ed Evelyn viene bruscamente trascinata verso la porta d’entrata.
Una mano grande e crudele le afferra forte i capelli dietro la nuca,
esponendole il volto alla luce fioca del giorno che nasce.
«È lei?».
Un uomo in piedi al margine della scena annuisce, senza mai
guardare Evelyn, che invece lo fissa con determinazione. Lui striscia
più lontano, nell’ombra, dietro la piccola folla che si sta raccogliendo.
«Ti dichiaro una strega, donna.
Sarai bruciata sul rogo».
Il pianto di Caitlin lacera l’aria, mentre Evelyn viene trascinata via
dalla guardia. Lei si scaglia in avanti e le afferra l’orlo della camicia da
notte, e urla con tutta l’energia che ha in corpo. La paura per la madre
le penetra fin nelle ossa. Quella donna è stata il suo punto di
170/281
riferimento per tutta la sua giovane vita ed è come se il suo stesso
cuore le venisse strappato dal petto. I soldati, tenendo la donna per le
braccia, allontanano Caitlin con un calcio violento, mentre un’altra
guardia la afferra per la vita, impedendole di fare un passo.
Perché sua madre non si difende?
Perché non usa la sua magia per fermarli? È peggio di tutti gli
incubi che Caitlin abbia mai avuto, e allora lei chiude gli occhi e li
riapre subito nella speranza che sia solo un brutto sogno. Invece vede
Evelyn che viene spinta in una gabbia di legno dove ci sono altre tre
donne pietrificate, con il volto pallido. Gli occhi di Evelyn sono pieni
di lacrime di dolore e guardano con amore la figlia, ma il corpo è
immobile, come se avesse sempre saputo che quel momento sarebbe
arrivato.
Accettando il proprio destino, la fine della sua vita, Evelyn si volta
verso la figlia stravolta e le dice a voce alta: «Sii forte, tesoro, perché
questo sarà il nostro destino, finché gli uomini avranno paura del
potere delle donne».
Caitlin cade a terra, annichilita e sconsolata. Le sue urla giungono
fino alle colline lontane mentre lei resta sola, con un buco nel cuore
rotondo come la luna, perché sa che non potrà mai più posare gli occhi
su sua madre.
***
Anch’io mi sento come se il mio cuore fosse stato schiacciato.
Avverto un legame così forte con Caitlin che posso spiegarlo solo
con la consanguineità. Sento il dolore della madre e l’angoscia e la
paura della figlia, come due anime brutalmente divise.
Vorrei correre da lei, salvarla, aiutarla e amarla. Distendo le braccia
ma ho la straziante consapevolezza di non poterla toccare. Voglio che
171/281
lei sappia che il mio amore, come quello di sua madre, la seguirà
sempre: nessuna separazione fisica sarà mai abbastanza forte da tenerle
lontane l’una dall’altra e un giorno, in qualche modo, da qualche parte,
torneranno insieme. Ma non posso, e vengo trascinata via dalla scena
mentre cerco disperatamente di stringere la bambina che piange.
Jeremy
Appena mi sveglio dal sonno profondo, afferro il mio kit e mi dirigo
verso l’albero di lupuna per dare il cambio a uno degli anziani, Mapu,
che vegliava su Alexa. Da lontano, sembra che lei stia riposando esattamente nella stessa posizione in cui l’ho lasciata, con un’espressione
serena e appagata.
Almeno fino a quando non le sono abbastanza vicino da notare il
velo lucido sulla pelle e accorgermi che scotta.
«Da quanto tempo si trova in questo stato?», chiedo, mentre sento
montare dentro di me il panico.
«Lei okay».
È ancora buio, quindi non può essere stato il sole a riscaldare il
corpo di Alexa. Prendo una piccola sedia a sdraio da campeggio e tiro
fuori dalla borsa un termometro per misurarle la temperatura. Come
pensavo, ha trentotto di febbre sebbene stia riposando tranquillamente.
A dire il vero, nella luce della mezza luna che brilla attraverso il tetto
di foglie sembra la Bella Addormentata, e io darei qualsiasi cosa per
essere colui che la risveglia da questo sonno profondo nell’ignoto.
Sicuramente deve avere avuto una qualche fase di coscienza, ma cosa
diamine può averle causato questa febbre?
Prendo la torcia per esaminare il suo corpo alla ricerca di eventuali
segni di infezione; forse è stata punta durante il viaggio. Controllo se le
pupille sono dilatate, ma Mapu allontana la mia mano e si porta le sue
sotto la testa per dirmi che Alexa sta dormendo, poi mima le ali di un
uccello per farmi capire che lei è lontana o in volo.
173/281
Mi sento impotente, e penso che vorrei svegliare Leo per capire
quanto tempo secondo lui dovrebbe durare questo stato. Turbato dalla
serenità di Mapu, sollevo la mia bottiglia d’acqua e gli faccio capire
che vorrei darne un po’ ad Alexa.
« Água? ».
Mapu scuote il capo, prende la sua pozione e me la porge. Io la
annuso e mi accorgo che è dolce, forse per la presenza di miele.
Anche se non mi sento tranquillo a somministrare ad Alexa sostanze
che non conosco bene, non posso ignorare il fatto che qui sono nel loro
mondo e finché lei si troverà in questo stato dovrò convincermi che
loro sono più qualificati di me per aiutarla; nonostante tutto, però,
giuro che se Alexa resta priva di sensi per altre ventiquattro ore, la
porterò via da qui per darle tutte le cure mediche di cui ha bisogno.
Le inumidisco le labbra con la pozione e lentamente gliene faccio
cadere in bocca qualche goccia.
Bagno il mio fazzoletto pulito con l’acqua della bottiglia e delicatamente glielo passo sulle braccia e sulle gambe, poi glielo poggio sulla
fronte per rinfrescarla.
E aspetto, perché davvero non posso fare di più.
Al tramonto arriva Leo e dà il cambio a Mapu. «Vuoi riposarti,
JAQ? Faccio venire Yaku, se vuoi».
«No, resto qui, grazie». Se all’inizio della mia carriera potevo fare
turni di trenta ore, posso riuscirci anche ora.
«Come sta?»
«Aveva una leggera febbre due ore fa, ma ora sembra stia meglio,
anche se non capisco perché. Ha bevuto un po’, ma per il resto non si è
mossa».
Mentre pronuncio queste parole, Alexa si mette seduta con un
balzo, annaspando in cerca d’aria.
Per lo shock cado dalla sedia.
174/281
«Cazzo!».
Io e Leo siamo colti alla sprovvista, sebbene lui sia molto più tranquillo di me. Mi avvicino immediatamente a lei.
«Alexa, tesoro, stai bene? Mi senti?».
Lei si guarda intorno, spaventata, ma poi sembra riconoscere i nostri
volti.
Fa un cenno con la testa per dire che può sentirci, ma poi con tono
allarmato dice: «Devo tornare indietro, devo sapere, non posso
aspettare. Dov’è Yaku? Ho bisogno di…».
«Calma, calma. Dove sei stata?»
Con la coda dell’occhio, vedo che Leo si sta allontanando con
discrezione.
«Un altro tempo, luogo, non so Jeremy, ma so che mi aiuterà a
capire tutto. Devo tornare indietro, prima che li perda per sempre».
Non ho la più pallida idea di chi siano le persone di cui sta parlando, ma sembra agitata fino a quando vede Yaku ritornare insieme a
Leo, con una tazza in mano. Solo allora il suo volto si apre in un sorriso e le sue mani si protendono per prendere la tazza. Sono un po’
spaventato.
«Tesoro, sei sicura di volerlo fare? Non credo sia prudente per te
berne ancora, hai avuto la febbre».
«La febbre?». Questo sembra distogliere la sua attenzione dalla
pozione.
«Sì, ora è passata ma…».
Mi interrompe. «L’hanno bruciata, ecco perché. Hanno bruciato
Evelyn perché credevano che fosse una strega, ma non lo era, era una
guaritrice con un sangue speciale.
Aveva poteri magici, ma era buona, gentile, e aveva molta più compassione di chiunque altro.
175/281
Devo tornare indietro per vedere se sua figlia sta bene. L’hanno
portata via». Sembra impazzita, e parla lanciando occhiate nella foresta
come se stesse cercando queste persone sconosciute.
Rivolgo uno sguardo preoccupato in direzione di Leo, mi sento
perso.
Lui si inginocchia accanto alla lettiga e con delicatezza le prende il
viso tra le mani. Senza dire una parola, la guarda dritto negli occhi.
Solo allora mi ricordo che non dovevo parlarle. Alexa inspira, poi
nell’attimo dell’espirazione sussulta, come se stesse rilasciando tutta la
tensione e si stesse tranquillizzando.
Leo fa un cenno di assenso con la testa senza smettere di guardarla
negli occhi, mentre lei si porta alla bocca l’ayahuasca e deglutisce il
potente infuso. Restano così fino a quando non lo finisce e Yaku le
prende la tazza dalle mani.
Alexa e Leo continuano a guardarsi fisso, fino a quando gli occhi di
lei si dilatano come prima; li chiude lentamente, come se le palpebre
fossero troppo pesanti per poterle tenere sollevate. Leo adagia delicatamente il corpo di Alexa di nuovo sulla lettiga e lei se ne va ancora una
volta, in qualunque mondo questo intruglio amazzonico la stia
portando.
Leo si rivolge a me. «Facciamo una passeggiata, hai bisogno di una
pausa». Parla agli anziani nella loro lingua nativa e loro annuiscono.
Esito. «Va tutto bene JAQ, non permetteranno che le succeda qualcosa. Loro sanno dove si trova Alexa in questo momento meglio di
noi».
Avvertendo la mia riluttanza, mi poggia una mano sulla spalla.
Guardo di nuovo AB, che è tornata a essere la Bella Addormentata,
e per un istante mi chiedo se la sto aiutando oppure la sto ostacolando
con la mia ansia. Sicuramente sembrava più agitata per essere tornata
qui che non per essere stata ovunque sia andata; con questo pensiero
176/281
accetto l’invito di Leo per schiarirmi le idee e sgranchire le gambe,
perché so che le sue parole mi saranno utili, come sempre.
***
Al nostro ritorno, Yaku ci informa che è ora di andare al fiume. Lo
sciamano ha inviato un messaggio per comunicare agli anziani che il
momento di accogliere Alexa è vicino e che lei deve trascorrere un po’
di tempo con le donne del villaggio per prepararsi a questo evento. Con
una buona dose di cinismo, chiedo in quale modo abbiano ricevuto
questo messaggio.
Da che animale o albero è stato portato agli anziani?
Leo si incarica di fare la domanda al posto mio e poi punta il dito in
direzione del nostro accampamento.
«JAQ, altri membri della tribù hanno risalito il fiume questa mattina
e torneranno al villaggio con noi». Un sorriso sfacciato gli spunta sulle
labbra perché sa benissimo cosa ho pensato.
«Ah, bene» rispondo, un po’ imbarazzato.
«Sai una cosa, mio caro amico scienziato? Nella giungla non si vive
solo di vudù e magia». Mi guarda e ride. «Organizziamoci».
Trasportiamo Alexa in lettiga verso le canoe in attesa sulla riva del
fiume. Non è del tutto priva di sensi, ma non è nemmeno cosciente.
Nel vederla così, il mio cuore si trova in un costante stato di angoscia, ma la testa mi dice di ignorare il dolore e concentrarmi sul bene
superiore.
Durante la nostra passeggiata, Leo mi ha detto che il suo volo
dell’anima è durato più di cinque giorni e che la consapevolezza spirituale ha raggiunto l’apice in concomitanza con il massimo indebolimento delle condizioni fisiche. A quanto pare, il viaggio di Alexa non
è ancora finito. Dal mio punto di vista questa non è la migliore delle
177/281
notizie, ma almeno Leo sta cercando di tenere a bada le mie aspettative
spostando l’attenzione sul futuro. Ho promesso di non interferire
finché lei continuerà a trattenere i fluidi. Spero di non pentirmene.
Scendere lungo il fiume su canoe di legno fatte a mano è un’esperienza rilassante. I Wai Wai utilizzano i loro piccoli motori fuoribordo
solo per risalire il fiume controcorrente.
La velocità con la quale gli affluenti si immettono nel corso d’acqua
principale è davvero incredibile.
È bellissimo sperimentare in questo modo la vitalità e i suoni del
bacino dell’Amazzonia… l’abbondanza di vita qui è inimmaginabile.
Superiamo persone che fanno il bagno nel fiume, si lavano i capelli e
sciacquano i piatti l’una accanto all’altra. Gli uomini pescano, mentre
le donne intrecciano ceste e ci salutano con la mano quando passiamo
accanto ai loro piccoli villaggi. I bambini giocano e si schizzano sulla
riva del fiume e le loro risate risuonano nell’aria. Ad Alexa sarebbe
piaciuto vedere tutta questa vita sullo sfondo della più verde e fitta
foresta pluviale del mondo.
Lasciamo il corso d’acqua principale e imbocchiamo uno degli
affluenti. Il rumore del piccolo motore della canoa accanto alla mia
costringe Leo a urlare. «Non manca molto ormai, un’ora o giù di lì».
Annuisco e mi sorprendo per il modo in cui riescono a orientarsi in
questo enorme e intricato sistema fluviale senza supporti tecnologici o
mappe. Guardo Alexa e mi accorgo che è di nuovo priva di sensi; le
scosto qualche ciocca di capelli dal viso. In quell’istante, noto due piccole macchie scure sulla sua camicia bianca e il mio cuore si ferma.
Che roba è? Se non fosse impossibile, direi che sembra sangue secco.
Un po’ allarmato le sbottono la camicia e scopro che le macchie
provengono dai seni, e si sono infiltrate attraverso il reggiseno.
«Che cosa diavolo è successo?», sibilo fra i denti. Mi guardo
intorno, poi con discrezione abbasso il reggiseno di Alexa e scopro che
178/281
i suoi capezzoli sono coperti di sangue scuro e coagulato. Proprio
mentre cerco di mantenere la calma per pensare a una diagnosi, vengo
distratto da grida esaltate.
«JAQ, guarda. Delfini di fiume, delfini rosa, proprio dietro di noi,
che giocano con la scia delle nostre imbarcazioni», grida Leo da una
delle altre canoe.
In circostanze normali sarebbe stata un’esperienza straordinaria; ma
in questo caso resto perplesso a scrutare il petto insanguinato di Alexa.
A parte uno sfregamento causato dalla corsa o problemi di allattamento, non riesco a pensare ad altre cause di un fenomeno simile;
oltretutto, in questi casi il sangue sarebbe fresco, non scuro e
coagulato.
«Va tutto bene?», sento Leo gridare di nuovo.
«Non ne sono sicuro. C’è del sangue sui capezzoli di Alexa». Non
mi preoccupo di gridare in inglese, considerata la conoscenza limitata
che queste persone hanno della nostra lingua.
«Davvero?».
Lui sembra preoccupato quanto me. «Sta ancora sanguinando?»
«No, non mi pare».
«Il sangue è solo sui capezzoli?».
Esamino rapidamente il resto del corpo di Alexa. A parte i capezzoli
e l’impossibilità di comunicare con noi, sembra tutto a posto. «Sì, solo
lì».
«Mmh… strano! Pensi che possa trattarsi di una sorta di stimmata
di natura sessuale?».
Solo Leo poteva arrivare con tanta rapidità a una considerazione del
genere. Dalla mia canoa gli lancio uno sguardo in cui è evidente la
speranza che stia scherzando.
«Era un’idea…».
179/281
Scuoto la testa. Che cosa diavolo ha potuto provocare questo sanguinamento? Preoccupato, ma al tempo stesso incuriosito, prendo dal
kit un tampone per eseguire un test e lo sigillo in un sacchetto. Questo
viaggio diventa più strano di ora in ora.
Mentre sto seduto, perplesso ma ormai incapace di fare qualsiasi
cosa, uno dei delfini rosa salta proprio accanto a me, con la bocca spalancata come se mi stesse sorridendo. Mi ha colto così di sorpresa che
non posso fare a meno di ridere in risposta a quell’espressione, la più
sfacciata che abbia mai visto. Mi distrae talmente dalle mie preoccupazioni che mi viene spontaneo chiedermi cosa direbbe Alexa se
analizzasse l’episodio da un punto di vista psicologico, come se interpretasse un sogno. Curiosamente il pensiero alleggerisce le preoccupazioni e per la prima volta da quando ha bevuto l’ayahuasca ho la
sensazione che tutto andrà bene. Appena metto a fuoco questo pensiero, il banco di delfini rosa, una specie in via di estinzione, scompare
nelle profondità del fiume e non li rivediamo più.
Giuro che questa giungla mi sta confondendo davvero.
Parte sesta
Il cambiamento è l’essenza della vita. Sii pronto a rinunciare a
quello che sei per ciò che potresti diventare.
Reinhold Niebhur
Lago di Bled
Il suo amministratore delegato l’ha praticamente mandata via, così
l’operatrice decide di prendere un rapido caffè perché sono ore che non
fa una pausa e pensa che se si allontanerà per cinque minuti non
cascherà certo il mondo. Stava per uscire proprio quando il suo superiore l’ha chiamata per dirle che Madame Jurilique stava per scendere.
Lei ama il caffè bollente e le piace tenere il bollitore tra le mani
quando è caldo. Lo fa anche adesso, ma appena inizia a versare l’acqua
nella tazza starnutisce, e il bollitore le cade. L’acqua bollente le
schizza sulle mani e i polsi e le brucia la pelle, strappandole grida di
dolore per quelle che sembrano ustioni di terzo grado. Una delle dirigenti la trova mentre si contorce per la sofferenza e, ignorando i protocolli di pronto soccorso e valutando autonomamente la gravità della
situazione, chiama subito il nuovo capo dell’infermeria, con cui ha
cenato solo qualche sera fa.
Il dottor Jade si sta preparando con cura per somministrare i sofisticati medicinali al suo predecessore. Ci tiene molto a fare un’ottima
prima impressione su Madame Jurilique, che ha stimato e ammirato
durante i lunghi anni in cui è stato impiegato nella società precedente.
Si rende conto del rischio che adesso il dottor Votrubec rappresenta per
la Xsade, dato che conosce le loro formule e i loro segreti, quindi comprende la decisione del suo capo di immobilizzarlo; oltretutto in questo
modo sarà meno scomodo di quanto non sia ora, legato e imbavagliato
com’è all’altro lato della stanza.
182/281
Senza prendersi la briga di guardare negli occhi l’uomo sconvolto
davanti a lui, il dottor Jade sta misurando la quantità esatta di liquido
da iniettare quando il cercapersone si accende per una chiamata di
emergenza.
Di malavoglia, rimette attentamente la siringa sul vassoio, sapendo
che i tempi e la sequenza di somministrazione di questi farmaci sono
fondamentali per il buon esito della procedura. Il dottore legge il messaggio, prende in tutta fretta la valigetta ed esce dal laboratorio,
dimenticandosi di chiudere a chiave la porta dietro di sé prima di correre verso il pronto soccorso.
Sebbene non riesca a respirare agevolmente attraverso il bavaglio,
Josef emette un profondo sospiro di sollievo. Deve uscire di lì, e in
fretta. Potrebbe essere la sua ultima occasione.
***
Madeleine si sta ancora godendo il momento di tregua dalla
giornata di lavoro sulle note di Rachmaninov.
Nella sua mente danzano sogni in cui vede scene dell’ottimo lancio
del nuovo farmaco della Xsade e della lusinghiera standing ovation del
pubblico alla fine del suo discorso… e sprofonda in uno stato di totale
incoscienza.
***
Le nuove reclute continuano il tour della struttura. Quando entrano
in un laboratorio dove un nuovo composto chimico viene mescolato e
testato, Salina si allontana in silenzio dal gruppo per andare a cercare
segni della presenza di Josef nelle altre stanze lungo il corridoio, tenendo la testa bassa quando passa sotto una telecamera di sicurezza.
183/281
Apre la porta di un’uscita antincendio e scende rapidamente le scale
fino al piano inferiore per continuare la sua ricerca. L’edificio è molto
più grande di quanto immaginasse. Si imbatte in alcuni volontari in
divisa color argento in una delle stanze più grandi, si scusa e fa marcia
indietro. Quando sente dei passi avvicinarsi, aumenta l’andatura più
che può senza attirare l’attenzione (per fortuna indossa scarpe da ginnastica dalla suola leggera) e si infila nella prima stanza accessibile.
Chiude la porta e si guarda intorno, e quel che vede è la figura di un
uomo legato e sconvolto: riconosce subito il dottor Josef Votrubec.
Sollievo e adrenalina le invadono il corpo mentre corre verso di lui per
aiutarlo, e taglia in tutta fretta i lacci con il coltellino tascabile. Gli
intima di non parlare e spegne la luce, mentre sentono dei passi avvicinarsi alla porta. La maniglia si abbassa e loro restano paralizzati dal
terrore, finché una voce dice: «No, non può essere questa la stanza,
deve essere la successiva». I due fanno un sospiro di sollievo e la porta
si richiude.
«Mi chiamo Salina, sono un’amica del dottor Quinn e della dottoressa Blake. Sono qui per portarla via», gli sussurra.
Josef accetterebbe qualsiasi aiuto per evitare il farmaco che lo
paralizzerebbe dalla testa ai piedi.
«Grazie. Torneranno a momenti, dobbiamo andare via subito».
Salina nota il taglio sulla gota dell’uomo e le ferite sui polsi e sulle
braccia, poi gli passa un camice da laboratorio.
«È ferito? Ce la fa a camminare?»
«Sì, certo. Ma non dobbiamo farci trovare qui quando torneranno.
Conosco un’uscita di emergenza. Mi segua».
Proprio mentre stanno per aprire la porta per controllare se hanno
via libera, sentono una fortissima esplosione sopra di loro, poi un gran
silenzio, e infine voci e grida.
Salina non perde nemmeno un secondo. «Vada, io la seguo».
184/281
Josef le prende la mano e insieme avanzano a fatica lungo il corridoio, poi spariscono alla vista delle telecamere di sicurezza infilando
una porta bianca che alla fine li conduce sullo stesso percorso in cui lui
ha trovato Alexa. L’edificio viene scosso da un’altra esplosione, poi
l’allarme di evacuazione inizia a suonare e loro aumentano il passo, i
sensi all’erta, temendo per la propria vita, mentre si preparano a risalire
di corsa le scale a spirale fino a raggiungere il piano superiore.
Alexa
Ho impiegato un po’ di tempo per ristabilire il contatto con il
mondo del passato, ma questa volta mi sento più sicura di me perché
già so cosa aspettarmi da queste strane sensazioni. Mentre fluttuo sopra
la terra, perlustrando con lo sguardo tutto l’ambiente, mi sento sommersa da un’onda di sollievo quando finalmente capisco qual è il mio
posto e lascio che ancora una volta la visione mi guidi.
***
I soldati portano Caitlin in una grande città, dove attenderà il suo
destino: potrà essere dichiarata strega oppure no, dopo che sua madre è
stata bruciata sul rogo. Non aveva mai immaginato che esistesse un
mondo simile fuori dal suo piccolo villaggio.
Sola, con il cuore a pezzi, è ancora sopraffatta dal dolore quando
viene portata davanti al sommo sacerdote, che indossa vesti di una ricchezza che lei non aveva mai immaginato esistesse. Lui le dice che
adesso è stata separata dal male, che i suoi capelli dovranno essere
tagliati a zero e che dovrà fare penitenza, vivendo come una schiava di
Dio. Finché non mostrerà segni di stregoneria, le sarà risparmiata la
vita, altrimenti per assicurarle la salvezza sarà necessario metterla a
morte.
Caitlin viene portata via e rinchiusa tra le mura di un monastero,
dove le viene detto che rimarrà per il resto dei suoi giorni.
186/281
Viene costretta a lavorare come sguattera per la chiesa: pulisce,
lava, aiuta a preparare i pasti e serve i monaci. Non ha il permesso di
parlare, può solo ascoltare quello che le viene detto. Non può guardare
negli occhi nessuna delle persone che serve, per evitare che la sua stregoneria le colpisca. La sua vita solitaria continua, senza traccia di pietà
o amore, e il cuore le duole di continuo per la perdita della madre.
Con il tempo, i capelli tornano alla loro originaria lunghezza,
sebbene siano sempre raccolti in una piccola treccia e nascosti con un
copricapo di cotone.
Una sera, Caitlin è a letto, esausta come sempre per la sfiancante
fatica quotidiana; le immagini fluttuano nella sua mente ricordandole
sua madre nella radura, con le gambe spalancate, distesa sul lastrone di
pietra, mentre lascia che gli abitanti del villaggio le bacino le parti più
intime. Ricorda la venerazione della gente per Evelyn e cerca di conciliarla con gli insegnamenti della Chiesa in cui si trova confinata.
Una lacrima le cade dagli occhi per la perdita della sua adorata
madre, come quasi tutte le notti.
Questa sera, però, per la prima volta, Caitlin lascia che le sue mani
si avventurino tra le gambe. Con le dita si tocca timidamente gli strati
più intimi della carne e avverte l’umido provocato dal contatto. La
sensazione la consola, la fa sentire più vicina a se stessa di quanto le
sia mai capitato da quando è stata portata via. Mentre continuano a toccare e a giocare, le dita scoprono un punto segreto di piacere e lei geme
forte in risposta alla scossa impetuosa che la avvolge.
Quel piacere calma temporaneamente il dolore e la crudeltà incessanti che ha visto e sperimentato sulla propria pelle nel recente passato,
e per qualche attimo Caitlin lascia la sua mente libera di vagare,
mentre un debole grido le sfugge dalle labbra e attraversa la porta della
stanza.
187/281
Trascorrono solo pochi minuti e la figura di un uomo si avvicina in
fretta al letto, sovrastandola mentre lei resta distesa, al buio; le afferra
con violenza le mani. Caitlin urla impaurita mentre lui le stringe forte i
polsi, la prova del suo peccato mortale subito svelata dall’umore scivoloso che ha sulla punta delle dita.
«Tu, miserabile, malvagia ragazza… dopo tutto quello che abbiamo
fatto per te».
L’uomo le afferra le braccia, gliele piega sopra la testa e le lega a un
anello conficcato nella parete.
Poi le infila un pezzo di stoffa in bocca e lo blocca con un bavaglio
che lega dietro la nuca, per attutire le sue urla ed evitare che disturbino
gli altri servi.
Caitlin passa il resto della notte immobilizzata e tremante, incapace
di dormire per la paura di ciò che le potrà accadere il giorno dopo, ma
senza comprendere esattamente quale sia la sua colpa.
Dopo molte ore sente il vecchio prete parlare con qualcuno accanto
alla sua porta, e si divincola per cercare di vedere cosa sta accadendo.
«La ragazza non può restare qui. È sporca agli occhi di Dio e sua
madre è stata dichiarata una strega.
È una situazione insostenibile. Qualsiasi forma di lavoro normale è
fuori questione. I suoi peccati sono un abominio».
Caitlin si sforza di scorgere la persona con cui il vecchio prete sta
parlando e riconosce un uomo ben vestito, che lei ha servito in molte
occasioni a cena, con i sacerdoti.
«Che cosa ne sarà di lei, padre?».
L’uomo ha la voce roca ma un’inflessione da persona colta. Non è
né giovane né vecchio, e veste sempre in maniera impeccabile.
«Potremmo scacciare i demoni dal suo corpo con la tortura, e se lei
si pente davanti a Dio può essere purificata.
188/281
Per alcuni questo processo ha funzionato, ma possono volerci molti
anni. Il mio timore è che il cavalletto non servirà a nulla con lei, perché
ormai è posseduta dal diavolo e non smetterà mai di provare a ingannare gli altri con la sua stregoneria». C’è una pausa e le terminazioni
nervose di Caitlin sono tese al massimo grado. «Credo che l’unica
opzione sia la ruota. In questo modo sapremo con certezza se è una
strega oppure no. O Dio avrà pietà di lei e le darà la salvezza davanti
alla porta del Paradiso, oppure la sprofonderà negli abissi dell’Inferno,
il luogo al quale probabilmente appartiene».
Sentendo queste parole Caitlin inizia a urlare dentro il bavaglio e a
dibattersi con violenza, sollevando involontariamente la camicia da
notte fin sopra le cosce. Durante la sua permanenza al monastero ha
sentito dire che quasi nessuno sopravvive alla ruota, meno che mai una
giovane donna considerata strega. Sa che dopo alcuni giri del mostruoso congegno tutti affogano, perché spesso la macchina si inceppa e la
persona legata resta intrappolata sott’acqua.
«Dovrà trovare la morte e confessarsi davanti a Dio, come le
fiamme hanno preso sua madre. Non c’è altro che possiamo fare per
aiutarla».
L’uomo elegante entra nella piccola stanza e si avvicina per esaminare meglio Caitlin, mentre lei si agita sul letto con il terrore stampato
negli occhi. La mano di lui indugia sulle cosce della ragazza facendo
finta di sistemarle la camicia da notte, mentre il prete resta alla porta ad
aggiustarsi l’abito. Caitlin si contorce per il contatto con quell’uomo,
incapace sia di chiedere aiuto al prete sia di impedire a quelle dita
decise di affondare nella carne tenera, mentre vede negli occhi di lui
l’apprezzamento per il suo corpo pieno e per i seni impudenti, e uno
sguardo che si perde nella concupiscenza senza mai cercare il contatto
con gli occhi di Caitlin. Le sue grida attutite arrivano a stento alle proprie orecchie, non potranno mai raggiungere nessun altro.
189/281
«Non potrebbe considerare la possibilità di una sorte diversa per
questa peccatrice, padre?»
«Dipende da quello che ha in mente. La ragazza è un pericolo per la
società e per se stessa, ormai è chiaro che i suoi istinti malvagi sono
incontrollabili. L’ho sorpresa io stesso proprio nel momento del suo
atto peccaminoso, per questo è legata. Non può essere lasciata sola,
altrimenti le sue dita potrebbero ancora cercare il diavolo».
«Capisco». L’uomo, senza mai guardare in faccia Caitlin, si
assicura che il bavaglio sia ben saldo prima di farle scivolare le dita sul
petto e di soffermarsi volutamente sui seni.
Un leggerissimo sorriso gli increspa le labbra mentre il terrore
paralizza il corpo di Caitlin, e i suoi capezzoli rispondono in modo
incontrollabile al contatto.
«Deve restare sempre legata per avere una possibilità di salvezza.
Considerando la sua genitrice, non può essere data in moglie né
riprodursi». Allontanando contro voglia le mani dal corpo di Caitlin,
l’uomo riprende a discutere.
«Se garantisco di tenerla legata, e lontana dalla comunità, mi consentireste di sollevarvi da questo incarico?».
Il prete valuta l’offerta per qualche momento; gli risparmierebbe
sicuramente un bel po’ di impegni burocratici. Le autorità ecclesiastiche non sono tanto celeri quando si tratta di mandare al rogo i condannati senza il necessario processo, di questi tempi. E poi lui non vuole
avere a che fare con un’altra giovane, malvagia creatura e le sue grida
infinite, che durante la tortura implorano perdono quando ormai è
troppo tardi. Il male si è già impossessato delle loro anime e quel chiasso gli dà solo dei terribili mal di testa. I due uomini si scambiano
sguardi ottimisti sulla possibilità di concludere un accordo sul destino
di Caitlin. Lei, disperata, resta distesa immobile e in silenzio, con gli
occhi sgranati dal terrore.
190/281
«Dovrebbe portare un marchio indelebile, in modo che possa essere
subito identificata come immonda da chiunque capiti sulla sua strada».
«Non sarà difficile, padre, anche se credo che meno persone
entreranno in contatto con lei, tanto meglio sarà per tutti», riflette
l’uomo, lanciando un ultimo lascivo sguardo su Caitlin che resta
inerme nel letto. «Forse un’ulteriore offerta per la ristrutturazione
dell’altare della chiesa in vista della Santa Pasqua può contribuire a
sollevare questa ragazza dai suoi tanti peccati». Sono molti anni che il
prete spera di rinnovare l’altare ma ha sempre dovuto assegnare i fondi
ad altre attività, e Pasqua è senza dubbio l’evento più sacro per il calendario della chiesa.
«È un’ottima idea. Sono sicuro che troveremo un buon accordo. Dio
la benedica per la sua bontà e generosità verso la Chiesa. Prego nostro
Signore che riconosca la sua pietà davanti alle porte del Paradiso».
Gli uomini conversano con tranquillità mentre il gelo discende sul
corpo di Caitlin e la fa tremare dalla testa ai piedi.
«Un’altra cosa», dice il prete mentre fanno per andarsene. «Non
guardi mai la ragazza negli occhi, la intrappolerebbero nella loro malvagità. È già successo».
«Grazie per il consiglio, padre, ne farò tesoro». Raccoglie un sacco
di tela grezza dal pavimento e come per dimostrare al prete quanto
tenga in considerazione le sue parole, copre del tutto il volto
imbavagliato di Caitlin prima di uscire dalla stanza. «Manderò i miei
uomini a prenderla fra qualche ora».
Chiudono la porta alle loro spalle lasciando Caitlin a tremare di
paura non per la sua morte certa, ma per il suo futuro sconosciuto.
***
191/281
Caitlin non riesce a immaginare in quale luogo si trovi. Arriva nella
sua nuova destinazione nello stesso stato in cui ha lasciato il monastero. Le uniche parole che le sono state rivolte durante il tragitto le
spiegavano le nuove regole che avrebbe dovuto osservare. Avrebbe
dovuto rivolgersi al suo nuovo padrone chiamandolo sempre “signore”
quando lui le parlava e doveva guardare il muro, tenendo gli occhi chiusi, ogni volta che qualcuno entrava nella sua stanza.
Ha ancora le mani legate in grembo e solo quando sente la porta
chiudersi alle spalle degli uomini che l’hanno prelevata dal monastero
si arrischia a togliersi il sacco che le copre il volto e il fazzoletto che le
è stato infilato in bocca.
Affamata e disperatamente assetata, emette un gemito di sollievo
quando vede su una panca acqua e pane, e divora tutto in pochi
secondi. Che cosa ne sarà di lei, adesso?
Esamina con circospezione la stanza buia. Non ha finestre, sembra
una cantina in pietra. C’è una scala di legno alla parete che conduce a
una porta che sembra far parte del pavimento del piano superiore. Non
ci sono maniglie, né modi per scappare. Caitlin si accuccia in un
angolo freddo della stanza in preda alla disperazione, chiedendosi
come sia possibile che in così pochi anni la sua vita sia passata dalla
luce che la inondava insieme a sua madre a un’oscurità tanto desolata.
Qualcuno entra nella cella e Caitlin si rannicchia nell’angolo
coprendosi il viso con le mani, senza riuscire a immaginare cosa
aspettarsi. Sente la voce del suo nuovo padrone e nello stesso istante
avverte la sua presa decisa che le afferra la parte posteriore del collo,
sollevandola fino a metterla in piedi, con la faccia rivolta al muro.
Prima di farla voltare, le cala un soffice cappuccio nero sulla testa. La
paura dell’ignoto le attraversa il corpo a ondate e lei avverte l’odore
del ferro fuso diffondersi nella cella.
192/281
Bloccata dal padrone, Caitlin si sente afferrare per le caviglie con
fermezza e ascolta la conversazione tra due uomini.
«Né la Chiesa né Dio mi perdonerebbero mai se lei scappasse»,
spiega il padrone. «Una persona così pericolosa, figlia addirittura di
una strega, non farebbe che praticare la sua magia».
Caitlin sente il calore diffondersi nella stanza, poi un pesante
oggetto di ferro battuto viene assicurato intorno ai suoi arti. Nota che,
quando viene pronunciata la parola “strega”, la tensione con cui il fabbro lavora sulla sua carne si intensifica, mentre il nuovo padrone continua a parlargli.
«I polsi e le caviglie di questa ragazza devono essere incatenati per
sempre alle pareti, affinché lei si penta della sua vita malvagia». Il suo
messaggio è chiarissimo, è come se volesse far intendere al fabbro che
ha preso molto sul serio le parole del prete. I movimenti di Caitlin
diventano sempre più difficoltosi a causa di altre pesanti catene che
questi uomini timorati di Dio le impongono. Il suo corpo resta schiacciato, mentre lei si chiede come sia possibile che la sua vita si sia
ridotta a una tale miseria.
Caitlin si rende conto con chiarezza, ascoltando il suo padrone,
quanto lui tenga alla sua posizione di potere all’interno della comunità
della chiesa, e sa che farà qualsiasi cosa per preservarla. L’uomo saluta
il fabbro e torna da Caitlin.
Facendole scorrere le mani lungo il corpo, mentre le lega i polsi alla
parete, le sussurra con la bocca attaccata a un orecchio: «Tu capisci
che la tua vita adesso appartiene a me, vero, gattina?». Pietrificata dalla
sua vicinanza, Caitlin non riesce a parlare.
«Rispondimi», dice lui a voce bassa ma decisa, e le accarezza
dolcemente con le dita il collo e le spalle. Caitlin non è mai stata tanto
vicina a un uomo, meno che mai è stata toccata in quel modo. La sua
193/281
mente corre frenetica e l’odore di muschio e sudore del suo padrone le
invade i sensi.
Caitlin si sforza di annuire con un cenno del capo, perché ha paura
di dire una cosa sbagliata.
«Parla, gattina.
Rispondi, dimostrami che sai chi sono io per te». Caitlin non può
fare a meno di gridare quando un morso micidiale le afferra la carne
della parte inferiore del collo. Cerca di capire in tutta fretta il significato delle parole del padrone prima di rispondere.
«Sì». Fa una pausa, e poi aggiunge: «Padrone».
«Bene, gattina. Impari in fretta».
Le dita dell’uomo riprendono ad accarezzare il corpo indifeso di
Caitlin che resta paralizzata. Sospira quando il padrone le sbottona la
camicia e le scopre i seni, uno per volta. Sente la protuberanza nei pantaloni dell’uomo che le tocca il corpo, ma non capisce perché si inturgidisca contro di lei.
«Il mio compito è liberarti dalla stregoneria, e stai pur certa che lo
svolgerò con zelo. Il tuo, invece, è accettare il destino che hai avuto in
sorte e la tua nuova vita. Tu mi appartieni, e anche il tuo corpo mi
appartiene, da adesso fino al giorno in cui morirai. Capisci cosa ti sto
dicendo?».
Caitlin sente il fiato dell’uomo sulla propria schiena, poi lui la fa
girare, le braccia ancora legate sopra la testa e fissate alla parete.
Senso di colpa, vergogna e umiliazione la investono, mentre lotta
con il piacere che avverte quando lui le palpeggia i seni.
Caitlin non riesce a comprendere le violente emozioni che la pervadono, mentre i palmi delle mani iniziano a sudare. Perde la capacità
di elaborare un pensiero logico mentre il corpo si abbandona a quelle
sensazioni prima proibite. Lui le afferra e le stringe i capezzoli provocandole una violenta, acuta scossa che le attraversa tutto il corpo e
194/281
dopo un istante esplode nel basso ventre; la spinge contro il muro, e lei
geme per il dolore.
«Te lo chiederò solo un’altra volta. Capisci cosa ti sto dicendo?».
Caitlin non sa bene ciò che le accade: la forza delle sensazioni che
le attraversano il corpo quando lui le sta vicino, quel palpeggiare violento nelle parti intime, la paura che le pulsa nelle vene. Le dita
dell’uomo continuano a strizzare il suo capezzolo mentre i denti afferrano l’altro. Le uniche parole che dovrà dire da questo momento in poi
le scivolano via dalle labbra.
«Sì, padrone».
Caitlin urla attraverso il cappuccio. Appena pronuncia quelle parole,
l’uomo smette di strizzare i capezzoli e inizia a succhiarli piano, a
lungo.
Caitlin si sente profondamente imbarazzata dalla reazione del
proprio corpo. Poi qualcosa le infiamma il sesso e un gemito profondo
le esce dalle labbra, echeggiando in tutta la cella.
«Bene, gattina, sono felice di vedere che ci capiamo». L’uomo la fa
voltare verso il muro e lei avverte un dolore acuto quando la sua mano
cala con violenza e rapidità sulle sue natiche. Poi si gira e se ne va.
Caitlin viene lasciata sola nella cella con la mente in preda al caos
per quel turbine di emozioni contrastanti. Sebbene abbia paura del suo
nuovo padrone, e non sappia se sarà sottoposta al dolore o al piacere,
teme anche la solitudine quando lui se ne va. A volte si chiede se la
morte possa essere peggiore di una vita vissuta fino alla fine in questa
buia cella di pietra, senza mai vedere un essere umano.
Ogni volta che entra qualcuno, dentro di sé sente nascere la paura,
perché non sa mai cosa aspettarsi, ma sa sempre che chiunque entri,
grazie alle descrizioni del suo padrone, crede che lei sia
un’incarnazione del diavolo.
195/281
Il padrone le ha ordinato di voltarsi verso l’angolo tenendo gli occhi
chiusi ogni volta che sente qualcuno entrare nella stanza, in modo che
possano coprirle il viso con un cappuccio. L’unica volta che non ha
obbedito a questo ordine è stata frustata fino a perdere i sensi e non ha
ricevuto cibo per molto tempo; il suo unico sostentamento è stata
l’acqua che beveva in un secchio sistemato nell’angolo.
Caitlin ha capito, da quel giorno in poi, che la sua misera vita è
nelle mani di quell’uomo, e si è ripromessa di non fare mai più
quell’errore e di seguire meticolosamente i suoi ordini e le sue
istruzioni.
Le urla e i pianti non sembrano avere alcun effetto sulle persone che
entrano ed escono, perciò non le viene ordinato di stare zitta, sebbene
lei stessa si renda conto che le sue preghiere arrivano a orecchie sorde.
L’oscurità è la sua nuova realtà e Caitlin inizia a perdere la speranza
che il suo destino possa cambiare.
Giorno dopo giorno, il suo corpo diventa il corpo del suo padrone e
il suo spirito si indebolisce.
***
Caitlin non lotta più quando i polsi le vengono bloccati sopra la
testa e le caviglie assicurate alla parete. Non ha scelta, dopo tutto, considerato il peso delle catene. La sua camicia da notte di cotone è sbottonata e le sue forme nude sono esposte, il corpo esibito con le braccia
e le gambe spalancate, solo il capo è coperto dal cappuccio; come
sempre, le è proibito vedere ciò che accade nella stanza.
«Oggi è il giorno in cui dovrai essere marchiata, gattina, e non vedo
l’ora di vedere i risultati. Il male che è in te potrebbe perfino gioirne.
Vedremo».
196/281
Caitlin non ha idea di cosa possano significare queste parole e i suoi
sensi si allertano all’istante.
Inala il fetore della cantina attraverso il cappuccio insieme allo
strano, astringente odore di alcol, e solo qualche secondo dopo avverte
il dolore sulle ferite, e grida attraverso il tessuto a ogni passata.
«Calma gattina, oggi non riceverai frustate. Questo giovane si sta
assicurando che tu resti in salute».
Le grandi mani del suo padrone si stringono intorno al suo volto,
mentre le ferite vengono curate.
«Non muoverti, abbiamo quasi finito». Caitlin è sorpresa di sentire
la gentilezza nella voce del giovane, ma ormai non si fida più di nessuno, soprattutto di voci maschili che le parlano mentre lei non può
vedere, è legata, nuda e alla loro mercé.
Quest’uomo, pensa, non è un’eccezione. Lei sa solo che il dolore
che le sta provocando è forte quasi quanto le frustate. Caitlin si prepara
a ciò che può accadere nei prossimi minuti.
Lo sente esitare prima di toccarla, e pensa che anche lui, come tutti
gli altri, sia stato messo in guardia dalla sua stregoneria: è come se il
giovane stesse cercando di stare lontano dal destino ormai segnato di
Caitlin.
Le mani gentili le toccano il seno destro, massaggiandolo
dolcemente con movimenti circolari. Non sono le mani grosse e ruvide
del padrone.
Nessuno l’ha mai toccata con tanta tenerezza: Caitlin non capisce
che tipo di sensazione stia provando, ma sa che almeno non è dolorosa.
E in ogni caso, non ha alcuna possibilità di impedire che il suo corpo
subisca quelle azioni.
L’uomo continua a palpeggiarle il seno e sebbene Caitlin si aspetti
di sentire ancora dolore, scopre che si sta inspiegabilmente rilassando,
e il suo corpo diventa sempre più docile sotto il tocco delle mani del
197/281
giovane. E si meraviglia almeno quanto lui, quando un lieve gemito le
esce dalla gola.
«Ora basta, Lyon. Non deve mai provare piacere senza dolore; è la
volontà di Dio, e serve a tenere a bada la sua stregoneria. Adesso procedi». Caitlin sente che l’ordine del suo padrone proviene dall’altro
lato della stanza.
«Sì, signore».
Lyon smette immediatamente di massaggiarla e si allontana, come
se lei con un raggiro lo avesse indotto ad agire suo malgrado.
L’odore dell’alcol riempie di nuovo le narici di Caitlin, mentre il
liquido freddo le viene strofinato su un capezzolo. Lui ne strizza la
punta, all’inizio con delicatezza ma poi aumentando il vigore, finché
Caitlin emette un gemito di dolore e le sue paure ritornano a dilagare,
come all’apertura di una diga. Come avvertendo la sua apprensione, il
giovane allenta la presa sull’areola e Caitlin è invasa da un improvviso
dolore che le lacera la pelle sensibilizzata del capezzolo ingrossato.
Sobbalza ed emette un grido fortissimo che fa vibrare le catene contro
la parete di pietra. Poi cerca di riprendere fiato per sopportare il bruciore lancinante della tenera carne perforata.
Sente la voce del suo padrone in un’area remota della mente.
«Ottimo lavoro, continua. Torno subito».
La mano dell’uomo allora inizia a palpeggiare e massaggiare il seno
sinistro. Questa volta Caitlin sa cosa aspettarsi e non si lascia andare a
nessun falso senso di sicurezza. Così si sforza di preparare il suo corpo
al dolore che sta per arrivare.
Aspetta a lungo con gli occhi tenuti ben chiusi sotto il cappuccio e
trattenendo il respiro, ma non accade nulla.
L’adrenalina continua a viaggiarle nelle vene dopo la prima perforazione, sebbene la paura del dolore già sperimentato ne accresca
198/281
l’impatto. La voce di Lyon è così vicina e tranquilla al suo orecchio
che Caitlin pensa sia solo una sua allucinazione.
«Sotto il seno sinistro c’è il simbolo».
Caitlin resta paralizzata per la paura che sia stato scoperto il suo
segreto, quello che aveva promesso alla madre di non svelare mai.
Come avrebbe mai potuto tenerlo nascosto trovandosi in quella posizione, con una persona che la ispezionava così accuratamente, fin nei
dettagli, i seni e tutto il corpo?
Lui le solleva il seno sinistro; Caitlin capisce che lo sta esaminando
attentamente, senza provocarle dolore. Il cuore le batte nel petto con
tanta furia e rapidità che lo sente anche nelle orecchie.
Aspettandosi la morte, Caitlin attende il suo destino nell’oscurità…
«Tu sei una donna del cuore, non una strega».
Caitlin sospira, ma non sa bene perché; intanto lui continua a sussurrarle in un orecchio, spostando in parte il cappuccio in modo che la
sua voce le arrivi più chiaramente. La giovane sente il calore del suo
respiro mentre le parla.
«Mia madre mi raccontava questa storia ogni sera prima di dormire.
Ricordo ogni parola, me ne ha parlato un’infinità di volte».
Caitlin resta immobile e si chiede che cosa possa avere a che fare
con lei una storia della buonanotte.
«C’era una volta una donna buona che viveva nel nostro villaggio.
La chiamavano la “donna del cuore” e si riconosceva dalla voglia a
forma di cuore che aveva sulla spalla sinistra».
Caitlin è paralizzata dallo shock, e non riesce a credere di stare
ascoltando la storia di sua madre dalla bocca di questo giovane.
«Esistono pochissime donne con un dono simile per la magia e la
guarigione; sono venerate dalla comunità, e la loro abilità deve essere
protetta. Ogni generazione è benedetta da una donna del cuore, una
vera guaritrice delle malattie e della sofferenza. Un giorno, un ragazzo
199/281
così malato da essere giunto sulle soglie della morte fu toccato e benedetto da una di queste donne.
Così tornò alla vita sana nell’arco di tre giorni, un vero miracolo nel
villaggio. La figlia, anche lei una donna del cuore, partecipò alla guarigione, rendendola molto più rapida. Il ragazzo ricevette il dono della
vita, quella vita che stava per essergli portata via. Sua madre gli disse:
“Se per caso un giorno incontrerai una donna del cuore, che ha questo
segno, sarà tuo dovere proteggerla da coloro che vorranno farle del
male”. Il ragazzo è cresciuto, ed è diventato un uomo forte, certo del
proprio destino, consapevole del fatto che la sua vita è dedicata alla
protezione delle donne del cuore, perché loro lo hanno aiutato».
Caitlin non dice niente, non sa bene come reagire. Sa che il simbolo
sul suo corpo dovrebbe essere tenuto nascosto, che non ne dovrebbe
parlare, ma ricorda anche che sua madre le aveva parlato di uomini che
l’avrebbero protetta quando ne avesse avuto bisogno.
Incapace di fidarsi, e impossibilitata a guardare il giovane negli
occhi per cercarvi la verità, Caitlin resta in silenzio.
«So che questa storia è vera», dice il giovane, «perché sono io quel
ragazzo, il ragazzo che tu e tua madre avete guarito quando stava per
morire. Proteggerti è mio dovere».
Nonostante la sua determinazione a restare impassibile, gli occhi di
Caitlin si riempiono di lacrime e il suo corpo vibra per l’emozione
ascoltando quelle parole.
«Avrò bisogno di tempo ma alla fine riuscirò a salvarti. Te lo
giuro».
Caitlin sospira di sollievo e speranza, anche se sa di non potersi
accertare che il giovane stia dicendo la verità. Ma è da tanto tempo che
nessuno le mostra un po’ di compassione.
«Ma per proteggerti e aiutarti in futuro, adesso devo seguire gli
ordini del tuo padrone, e fare questo.
200/281
Mi dispiace».
Un’altra fitta di dolore lancinante assale Caitlin e lei grida ancora
più forte di prima. L’accumulo di frustrazione, dolore fisico e agonia
emotiva fuoriesce dal suo corpo in un ultimo, raccapricciante urlo.
Caitlin si accascia tra le sue catene, e il suo corpo sente il dolore nei
capezzoli e dentro al cuore. Nel farlo, prova di nuovo la stessa strana
sensazione tra le gambe della notte in cui il prete l’ha scoperta, un
calore eccitante che si espande dal sesso alla pancia. Almeno sa che è
ancora in grado di sentire qualcosa.
Dolore o piacere: per lei non fa più nessuna differenza. Niente ha
più senso, ma adesso ha una speranza, mentre qualche minuto fa le
restava solo la disperazione. Considera il calore del suo corpo come un
segno di questa speranza. E così per un po’ abbandona il suo spirito
alla prigionia e accetta il suo destino.
Quella voce tranquilla e gentile, l’uomo che le ha dato dolore e un
inatteso calore, è letteralmente l’unica speranza che le sia rimasta.
***
Per Caitlin non esiste un mondo fuori dalle quattro pareti della sua
prigione. Non c’è luce, per settimane nessuno le rivolge una sola
parola.
Nell’infinita oscurità il suo cervello sviluppa in modo molto acuto
tutti gli altri sensi. Non ricorda quando ha sentito per l’ultima volta la
voce di una donna, quando ha visto un essere umano, sentito l’odore
della pioggia o l’aria fresca sulla pelle.
Meno che mai, quando ha potuto guardare qualcuno negli occhi e
vederne l’anima. È questo contatto che le manca più di qualsiasi altra
cosa: prima che glielo portassero via, non aveva mai capito quanto
fosse parte di lei.
201/281
La sua vita è scandita dall’entrata e dall’uscita dalla stanza del suo
padrone, che le ha salvato la vita ma sembra intenzionato a condannarla a un inferno sulla terra, e di Lyon, il giovane che le ha perforato i
capezzoli e le ha curato tutte le ferite, che va a controllarla regolarmente per assicurarsi che guariscano.
Il padrone la picchia con una specie di frustino o di cinghia di
cuoio, mai fino al punto da causarle ferite gravi, ma abbastanza per
assicurarsi che le tracce di stregoneria che stavano per entrare nel suo
corpo siano tenute a distanza, e poter così tenere fede all’impegno
preso con il prete e quindi con tutta la Chiesa. Con parole e azioni,
insiste nel sostenere che, continuando a infliggerle regolarmente punizioni, la magia non potrà attecchire nelle sue ossa, e quindi favorirà la
sua salvezza. Le spiega che per proteggersi da se stessa e dal male,
Caitlin dovrà indossare una cintura di castità del quale lui solo possiede la chiave.
Con il tempo, Lyon le inserisce anelli sempre più pesanti e più
grandi, assicurandosi che Caitlin sia chiaramente marchiata come il
padrone ha promesso al prete.
Caitlin non capisce i confusi sentimenti che prova per Lyon, l’uomo
senza volto che conosce il suo segreto, e si vergogna di ammettere che
non vede l’ora che lui le palpeggi e le tocchi i capezzoli.
Scopre di essere incapace di nascondere o controllare l’ovvia
eccitazione che le provoca. Il padrone non si allontana mai quando
Lyon si trova nella cella e il rischio quando si parlano è altissimo.
Una sera, subito dopo che Lyon ha sostituito l’anello ai capezzoli ed
è andato via, il padrone entra nella cella e fa scorrere le dita tra le
gambe di Caitlin, sentendo il suo caldo umore.
«Gattina, gli anelli ai capezzoli ti eccitano, ora che sono del tutto
guariti, vero?». Caitlin si paralizza.
202/281
Lui le solleva una gamba e la tiene stretta con una mano mentre
infila le dita nelle sue pieghe più intime. Lei sente che l’umido favorisce la penetrazione, mentre il suo corpo si riscalda spontaneamente
per il contatto.
«Ti ho fatto una domanda», ribadisce il padrone con durezza,
mentre estrae le dita e le infila con violenza nella bocca di Caitlin. «Ma
hai ragione, questa volta non è necessario che tu dica nulla, visto che la
risposta è ovvia». Le sparge il liquido sulla lingua e Caitlin non può
fare altro che assaporare la dolce asprezza del proprio sesso.
«Non sei d’accordo? Rispondimi, fammi sentire la tua voce». Lascia deliberatamente le dita in bocca a Caitlin.
«Sì, padrone», mormora lei a fatica e intanto prega che abbia pietà.
«Succhiale per bene, sporca gatta».
Da questo momento in poi la sua prigionia cambia. Il padrone la
ricompensa quando mostra una completa sottomissione, consentendo al
suo corpo di ricevere un piacere quasi insopportabile. Lui capisce tutte
le reazioni del corpo di Caitlin prima che lei stessa se ne renda conto.
Si impegna a cercare ogni piega più nascosta e sensibile e vedere come
reagisce al suo tocco, se è duro o delicato, veloce o lento.
Si rende conto che Caitlin non è in grado di controllare le proprie
reazioni al dolore o al piacere, e adora i suoni che il corpo della
ragazza produce sotto le sue mani.
Caitlin comincia a capire che il padrone apprezza la ritualità e si
aspetta la perfezione. Il suo arrivo nella cella è preceduto da una campana, al cui suono lei si spoglia, si mette un cappuccio sulla testa, perché lui ha sempre paura che lo guardi negli occhi e gli scagli contro la
sua magia malvagia, e si piega sopra una tavola inclinata fatta apposta
per lei.
Si mette in ginocchio sulla piattaforma, il posteriore sporgente e la
testa abbassata. Deve collegare gli anelli dei capezzoli ai ganci sulla
203/281
tavola e lasciare le braccia distese lungo il corpo, quindi aspettare
l’arrivo del padrone. A volte lui le blocca le mani dietro la schiena,
incrociando i polsi, altre volte gliele fa stendere in avanti, e le lega
sopra la testa. Talvolta le lascia libere.
Ogni volta, però, gli anelli dei capezzoli le impediscono di muoversi
più di qualsiasi altra catena, la costringono a restare immobile, dando
al padrone il massimo controllo del suo corpo.
Lui le ha spiegato che questo semplice atto, bloccare la parte più
femminile del suo corpo, è la sua maggiore speranza di eliminare ogni
possibile traccia di stregoneria che provi a possederla. Se non mantiene
questa posizione con la perfezione che lui si aspetta e si sposta, invece
di un orgasmo come ricompensa riceverà una punizione corporale.
Ma in entrambi i casi lei è del tutto esausta quando lui se ne va.
«Gattina, è arrivato il momento di prepararti alla penetrazione. Per
accogliere un uomo e, una volta per tutte, scacciare via il diavolo».
Vicino alla tavola, lui massaggia il sedere di Caitlin con il grasso di
maiale, impiegando tutto il tempo necessario affinché sia ben lubrificata prima della penetrazione.
Fa scorrere le dita lungo la sua fessura prima di tracciare dei cerchi
intorno all’ano. Caitlin sente il respiro spezzarsi al momento in cui
entra, poi il retto si adatta all’oggetto inserito, che si assesta dentro di
lei.
«Continua a respirare, gattina».
La sua grande mano è ferma sul suo fondoschiena.
Caitlin è sempre attenta a non contorcersi e a non muoversi.
Sollevare o abbassare il petto potrebbe o stimolare i capezzoli o
provocarle un’istantanea fitta di dolore, se facesse uno scatto eccessivo, e deve impegnarsi al massimo per concentrarsi.
Una volta che il disagio per l’oggetto inserito, che resta nel suo
corpo, si allenta, iniziano ad arrivarle sulle natiche i colpi della cinghia.
204/281
Sempre dieci, cinque per ogni lato, a meno che il padrone non sia insoddisfatto di qualcosa, nel qual caso il numero può aumentare di
molto. Caitlin ha imparato a gestire questo dolore. La sua più grande
preoccupazione è riuscire a non muovere il petto lungo la tavola ad
ogni colpo, e questo le consente una piccola distrazione dall’impatto in
sé.
La parte migliore e la parte peggiore di questo esercizio, esclusa la
punizione per i suoi peccati, sono le dita del padrone che si intrufolano,
ormai esperte, per giocare e stuzzicare le sue più intime pieghe. Caitlin
prova una grande vergogna per la trepidazione che sente quando desidera che lui la tocchi, e non capisce come sia possibile che il suo corpo
possa provare tanto piacere dopo il dolore che le viene inflitto. Il
padrone ha il controllo assoluto dei suoi orgasmi, che possono essere
brevi, e in tal caso lei emette pochi deboli sospiri, oppure provocare
forti sobbalzi, spasmi incontrollabili e urla estatiche che riempiono la
cella.
Stranamente, essendo una persona così ligia alle procedure, il
padrone non segue alcuna regola o ritmo rispetto alla durata di queste
pratiche, e così Caitlin non riesce a controllare il respiro e a gestire il
suo corpo intrappolato. Teme e allo stesso tempo desidera le sensazioni
di estasi che lui le procura e che le consentono di scappare almeno per
un po’ dal mondo terreno.
Lyon si presenta nella cella a intervalli di pochi giorni per lavarla e
per curarle le ferite. Le spazzola i lunghi capelli, le taglia le unghie. Il
suo compito è assicurarsi che sia pulita e pronta per il suo padrone. Si
prende cura di lei con attenzione e sebbene non abbia più parlato della
storia delle donne del cuore, Caitlin sente la dolcezza del suo tocco.
Il padrone, nonostante le strappi dal corpo piaceri e dolori quasi
insopportabili con le dita abili, non ha mai penetrato la sua vagina ed è
205/281
molto contento quando l’ano di Caitlin è pronto per accogliere la sua
virilità.
«Gattina mia, congratulazioni per i tuoi progressi. Sei finalmente
pronta». Il respiro di lei si fa più rapido quando si rende conto di ciò
che sta per accadere. È sbalordita di non ricevere frustate, per una
volta.
Il controllo che ha il padrone del suo corpo gli consente di farle raggiungere un orgasmo strepitoso prima ancora di sentire il membro penetrarla da dietro. La meticolosa preparazione rende la prima esperienza
di sodomia di Caitlin più piacevole di quanto credesse possibile, e le
regala innumerevoli orgasmi che la lasciano esausta.
Quella notte riceve una quantità di cibo degna di una regina e il suo
appetito è sufficiente ad accogliere tutto ciò che le è stato portato nella
cella. Poiché lui controlla tutti gli aspetti della sua fisicità, Caitlin sente
che il proprio spirito è del tutto sottomesso al padrone, e si permette il
lusso di dimenticare il mondo che un tempo conosceva.
Il padrone le dice che ha inviato un messaggio di gratitudine al vecchio prete per avergli suggerito di marchiarla. Sostiene che gli anelli ai
capezzoli siano stati la chiave per eliminare totalmente la sua stregoneria, affinché lei vivesse una vita più pura, e consiglia di usarli con
altre peccatrici che cadono sotto l’influenza del diavolo. È certo che
questo trionfo sia un chiaro segno che Dio ha mandato per dirgli che ha
fatto la cosa giusta salvando la vita della sua gattina, e che gliene è
grato. Per motivi che non comunica a Caitlin, adesso il padrone crede
di poter andare avanti con la propria vita.
***
Vengo trascinata fuori dalla scena e lasciata con pensieri ed
emozioni che girano in un turbine intorno alla mia psiche. Per la prima
206/281
volta nella mia vita, devo pensare che è da qui che sono derivate le mie
fantasie erotiche, e non da un qualche difetto psicologico sfociato in
tendenze masochiste. Le intense sensazioni di essere legata, costretta
alla cecità, punita e portata al piacere che mi hanno inseguita per tutta
la vita, ma senza avere alcun senso logico, si sono appena dispiegate
davanti a me. Sensazioni che ho provato in prima persona, che ho visto
riprodotte in Caitlin. Una fantasia sessuale che ho condiviso con
Jeremy molto brevemente anni fa e che era alla base della mia tesi è
appena stata riprodotta, rivissuta da me.
La paura di Caitlin era la mia paura, la sua vergogna era la mia vergogna. La vergogna di desiderare qualcosa che sembrava così malvagio e sbagliato, ma di volerlo in modo così intenso perché il piacere
sottile di sottomettersi era innegabile. Il risveglio sessuale del mio
corpo, il risveglio delle sensazioni rimaste sopite per tanti anni, mi ha
portato a comprendere che le mie esigenze sessuali derivano da uno
spazio e da un tempo legati in maniera inestricabile ai miei antenati. Le
mie sensazioni e i miei desideri erano accesi dall’eccitazione e dagli
atti sessuali che risalgono a secoli passati. Non posso fare a meno di
chiedermi quanto altro dobbiamo imparare sulla nostra psiche, quanto
altro dobbiamo ancora capirne. Dopo tanti anni trascorsi a studiare
psicologia e dopo tutte le mie esperienze, non avrei mai pensato che
questa sarebbe stata una spiegazione potenzialmente valida per le preferenze sessuali. Eppure, ho appena visto l’origine vera delle mie
tendenze, della mia eccitazione.
Atti sessuali che si spingono al di là dei miei limiti personali, e mi
eccitano più di quanto avrei mai potuto credere.
Sentivo la confusione delle sensazioni di Caitlin, l’agitazione per la
necessità di non rivelare la verità su sua madre e sul suo destino; quasi
implorava il dolore fisico delle frustate per alleviare il dolore emotivo
e l’angoscia del suo cuore. Per tutto il tempo, il suo corpo reagiva alle
207/281
intrusioni nei suoi orifizi segreti eppure accettava di buon grado i picchi orgasmici, situazione in cui mi sono trovata anche io tante volte
nella mia vita.
Jeremy mi ha fatto scoprire i piaceri anali quando ero giovane,
sebbene io desiderassi disperatamente evitarli per paura del dolore. Ha
risvegliato la mia vita sessuale quando credevo di non avere più l’età, e
mi ha consentito di esplorare le fantasie oscure della mia mente, senza
mai giudicarmi, imponendomelo con dolcezza e restando sempre al
mio fianco. Io capisco profondamente ciò che Caitlin provava, come
cercasse con disperazione di mantenere il controllo in un ambiente in
cui non ne aveva affatto.
Questa mia assurda fantasia, che devo ammettere è stata un
incentivo fortissimo per la scelta di studiare psicologia e ha avuto
un’influenza diretta sulla mia tesi, a quanto pare è un frammento di una
mia vita precedente. Una vita ricreata da Jeremy durante il nostro fine
settimana insieme, che mi ha portato a vivere una serie di eventi che
non avrei mai creduto possibili.
Avrei giurato che anche i miei capezzoli venissero perforati mentre
Caitlin era sottoposta a quell’operazione: ho sentito il dolore eccitante
nel momento in cui veniva inflitto a lei, e poi la scossa erotica che era
determinata a seppellire e ignorare. Al ricordo, la punta dei miei seni è
ancora gonfia, accesa e attraversata da un formicolio. Sebbene il mio
corpo sia debole, la mente non è mai stata più attenta. È come se le
immagini che vedo venissero elaborate a livelli più alti nel mio
cervello.
La visione di Caitlin nella sua cella non è diversa da quella che ha
vagato nei miei sogni per anni, anche se in secoli diversi. Una fantasia
inconfessabile che mi ha perseguitata sin dall’adolescenza, ha saccheggiato la mia mente, mi ha spinto a provare, a capire. Non sono mai
stata abbastanza coraggiosa. In tutti i miei studi, nelle teorie che ho
208/281
elaborato, mai una volta ho considerato la possibilità che queste
emozioni e sensazioni istintive potessero derivare da un tempo e un
luogo reali.
Questa scoperta mi ha sconvolta, ma sono molto ansiosa di scoprire
quale sia stato il destino di Caitlin, e in che modo abbia influito sul
mio.
Torno nell’etere con questi pensieri che si rincorrono nella mia
mente.
***
Un giorno, il padrone si presenta nella cella senza suonare la campana, un evento mai accaduto prima.
«Girati, faccia al muro». Lei sente la sua voce cupa quando entra.
Caitlin non vede il viso del suo padrone dal giorno in cui erano al
monastero. Segue in fretta le sue istruzioni come le è stato insegnato,
per paura che prenda immediatamente la cintura. Lui le mette il cappuccio sulla testa prima di parlare in tono molto aspro.
«Devo sposarmi, quindi tu sarai trasferita nella foresta.
Ti accompagnerà Lyon.
Ascolta attentamente le mie regole, perché non dovrai infrangerle.
Hai capito?»
«Sì, padrone». Nella voce di Caitlin si sente lo sgomento che prova.
«Non dovrai lasciare la foresta.
Non dovrai toglierti gli anelli dai capezzoli.
Porterai le catene e la cintura di castità nelle notti di luna piena.
Ti impartirò le punizioni per tenere lontana la stregoneria una volta
a settimana. Lyon ti preparerà.
Ti è proibito parlare con chiunque a parte me e Lyon.
209/281
Se disobbedirai a una di queste regole sarai processata per stregoneria. Hai capito?»
«Sì, padrone».
«A chi appartieni, gattina?»
«A voi, padrone».
«Con quale parte di te?»
«Tutta me stessa, padrone».
«Non dimenticarlo mai». Le dà una pacca sul sedere per rendere più
convincente il suo ordine e le lega i polsi sul grembo.
«Lyon, entra. È pronta a partire».
***
Lyon porta Caitlin in una piccola capanna nel bosco, nell’estesa
proprietà del padrone, dove non avrà alcun contatto con la comunità.
Come preannunciato, il padrone la punisce e le dà piacere una volta
a settimana, per assicurarsi che la stregoneria non cresca mai dentro di
lei. Lyon continua a prendersi la responsabilità del benessere di Caitlin,
dato che i due uomini sono gli unici a sapere della sua esistenza. Si
assicura che la giovane sia legata e bendata per la visita settimanale del
padrone e soprattutto che sia incappucciata, incatenata e con la cintura
di castità ben chiusa per impedire alle sue dita peccaminose di agire
nelle notti di luna piena, che rappresentano il rischio maggiore per lei e
per gli altri.
Caitlin, convinta che non sarebbe mai uscita dal monastero o dalla
cantina in cui era confinata, non può credere alla grande fortuna di
questa nuova sistemazione ed è profondamente grata a Lyon per averla
organizzata insieme al padrone. Dopo anni di morte e buio, esulta per
la solitudine della foresta.
210/281
Se obbedisce alle regole, ha più libertà di quanta ne abbia mai avuta
dalla morte di sua madre.
Anziché sentirsi violata dalle limitazioni a cui è ancora costretta,
considera un miracolo vedere la speranza dove prima non ce n’era
affatto. Sa che Lyon ha impiegato molti mesi per convincere il padrone
a scegliere quella sistemazione, farla uscire dalla cella e rimetterla in
contatto con la natura, e di questo gli è profondamente grata. A parte
Lyon, Caitlin desidera ancora guardare negli occhi di un altro essere
umano e lui le assicura che si sta impegnando per far avverare anche
questo desiderio.
Un giorno Caitlin si crogiola al contatto del sole sulla sua pelle
provata, canticchiando mentre coltiva un giardinetto vicino alla casa,
quando sente un fruscio tra i cespugli. Si blocca.
«Buongiorno», dice una voce, «c’è qualcuno? Ti ho sentito cantare
quindi penso che tu possa sentirmi».
Caitlin torna di corsa in casa, temendo per la propria vita.
Sebbene desideri segretamente il contatto con altri esseri umani, sa
che le è proibito. Sentendo dei passi correre verso di lei aumenta
l’andatura, ma poco prima di arrivare in casa e chiudersi la porta alle
spalle inciampa sulla sua lunga gonna e cade, battendo la testa contro
un sasso.
Quando apre gli occhi, sente la morbidezza del suo letto sotto il
corpo, si gira e vede un uomo alto che beve da una fiaschetta e la fissa
dritto negli occhi.
Per un lungo momento il cuore di Caitlin smette di battere mentre
gli occhi incrociano lo sguardo dell’uomo. Ne avverte la natura buona,
ma sente anche l’ansia e l’incapacità di controllarsi. Sa anche che i
suoi capezzoli si sono subito induriti alla vista dei capelli scuri e
arruffati dell’uomo, che ha gli occhi verdi maliziosi e un grande sorriso
sfacciato.
211/281
«Mi chiamo John. Ti ho portato in casa perché hai sbattuto la testa».
Per non disubbidire alle regole ed essere punita, Caitlin resta in
assoluto silenzio.
Era rimasto ad ammirare quella bellissima ragazza cantare nella
foresta per un’ora abbondante. Ha i capelli neri raccolti in lunghe
trecce, selvaggi come la foresta. Le sue membra flessuose e il corpo
formoso trasudano sensualità e l’uomo si è sentito subito attratto da lei,
quasi pericolosamente. Mentre la trasportava in casa, aveva sentito il
suo dolce calore contro la propria crescente erezione. Dopo averla adagiata con cautela sul letto, si era allontanato, e aveva contemplato la
sua bellezza mentre dormiva. Aveva notato la forma degli anelli ai
capezzoli e inizialmente ne era stato sconvolto. Chi era quella donna?
Lui era stato con molte e ne aveva incontrata una simile solo una volta
durante i suoi viaggi, ma non si era avvicinato abbastanza da toccarla.
Restano a guardarsi in silenzio e l’eccitazione dell’uomo aumenta
quando vede il gonfiore dei capezzoli di Caitlin sotto la camicetta.
***
Quest’uomo attrae Caitlin, è come se fosse lui ad avere il potere di
farle un incantesimo, e non il contrario. Caitlin non ha mai provato
questo tipo di sentimento e il suo respiro accelera quando si avvicina,
come se fosse attirato da una calamita. Lei lo guarda intensamente
mentre si inginocchia accanto al letto, e nei suoi occhi vede il riflesso
della propria anima, come se si fossero già incontrati. Caitlin sente di
condividere con lui un segreto, di tornare inaspettatamente alle sue origini, mentre il battito del loro cuore regola il respiro di ognuno sul
tempo dell’altro. Il desiderio reciproco è innegabile e l’atmosfera si fa
più densa, il loro sistema limbico lavora a ritmo serrato per cercare di
212/281
gestire l’energia sessuale che i due avvertono, senza capire come o perché. Sanno solo che la loro unione è inevitabile.
Lentamente, lui si avvicina a Caitlin che in silenzio gli permette di
toccarla. Non sa se aspettarsi piacere o dolore da quest’uomo, non ha
mai sentito la dolcezza di un tocco senza una preventiva punizione. Per
lui prova attrazione ma è anche confusa e si scopre sempre più incapace di controllare le reazioni del proprio corpo.
Lui sente la sua ansia e le accarezza le ciglia con un dito; senza una
parola, placa la sua inquietudine. Del tutto assorbito dalla bellezza del
volto di Caitlin, continua a esplorarla, e con il dito scivola con sensualità lungo il profilo del volto, fino a sfiorarle i contorni delle labbra.
Caitlin inspira a fondo, schiudendo la bocca voluttuosa per lasciarlo
giocare con la sua lingua.
Le sensazioni che le stanno letteralmente togliendo il respiro le raggiungono il sesso, e un gemito di trepidazione le sfugge dalle labbra.
Le mani dell’uomo si muovono in basso per esplorare il terreno
generoso del corpo di Caitlin. Con calma, adatta il ritmo del suo tocco
al respiro di lei. Non vede l’ora di poterla liberare dai vestiti che la
coprono ma si forza di procedere con lentezza. Centimetro dopo centimetro le solleva la gonna fino alle cosce, e l’intensità del suo sguardo
le fa capire con quanta avidità pensa a quale meraviglia possa celarsi lì
sotto.
Caitlin resta col fiato sospeso quando la mano dell’uomo scivola nel
suo sesso umido. Emette un debole lamento quando sente il suo tocco.
Eccitato dai gemiti di Caitlin, lui si mette accanto a lei e libera il
suo corpo di tutti gli indumenti. Non ha mai sentito un desiderio così
impetuoso per nessuna, e resta estasiato dalla vista che gli si presenta.
Le bacia le labbra, prima teneramente, poi con sempre maggiore
vigore, man mano che la sua passione cresce.
213/281
Caitlin si aggrappa a lui ma l’uomo la fa distendere con dolcezza
sulla schiena. L’ultima cosa che vuole in questo momento stranamente
sacro e misterioso è concludere in fretta la propria esplorazione, per il
timore di tralasciare qualcuno dei recessi che il corpo di Caitlin offre
alle sue mani. Le solleva le braccia sopra la testa in modo che il collo,
il petto e le braccia siano facilmente accessibili alle sue labbra. Rallenta ancora i suoi movimenti, inalando ogni profumo emanato dal
corpo di Caitlin, non ha mai voluto o desiderato una donna con tanta
intensità. Gioca e stuzzica, ma senza penetrarla.
Caitlin non si è mai sentita più viva o più desiderata. È così colpita
da queste sensazioni che dagli angoli degli occhi le scivolano le lacrime, mentre comincia a inumidirsi tra le gambe.
Visioni della sua amata madre nel prato le attraversano la mente,
mentre si chiede se le sensazioni che sta provando per la prima volta
potrebbero essere ciò che sentiva lei; ricorda quanto era bella e sensuale mentre danzava e la gente venerava il suo corpo. È grazie a
questi pensieri che Caitlin trova il coraggio di esplorare il corpo
dell’uomo, proprio come lui ha fatto con lei. Anche lei lo bacia e ci
gioca, affascinata dalle reazioni che provoca con il suo tocco. Prima di
allora non le era mai stato permesso di guardare o di toccare un pene,
lo aveva solo sentito dietro di lei. Le dimensioni la intimoriscono e con
esitazione ne bacia la punta. Ne scaturisce un fluido e lei ne assaggia il
gusto salino, mentre lui sorride e la incoraggia a continuare.
La muscolosità e la nudità di questo splendido uomo affascinano
Caitlin, il suo calore e la sua virilità le fanno provare una sintonia
magica che non avrebbe mai pensato possibile tra due esseri umani.
Presto si sentono totalmente padroni l’uno dell’altra, e avendo
scoperto con calma le zone più sensuali e sensibili di ciascuno, la loro
intimità raggiunge nuove vette.
214/281
Per diverse ore fanno l’amore con passione e audacia, istintività e
tenerezza. Lei adora ciò che lui fa al suo seno con gli anelli, provocandole tantissime forme di eccitazione sia fuori che dentro il corpo. Ogni
volta che le tira o le pizzica i capezzoli, lei ha la sensazione che il suo
sesso esploda di desiderio e a volte succede davvero, lasciandola esterrefatta a chiedersi come riesca a provocarle tali incontrollabili orgasmi.
L’uomo le accarezza i capelli e il corpo fino a che gli spasmi di
piacere si allentano e diventano un fremito, e loro due riescono a
entrare di nuovo in contatto. Lui vuole che Caitlin senta tutto ciò che il
suo corpo è in grado di sentire quando viene toccato dalle sue mani, e
da quelle di lei. Tanto forte è la sua attrazione per questa creatura esotica e formosa che la sua erezione non diminuisce, consentendogli di
trarre il massimo piacere da ogni momento che trascorrono insieme.
Caitlin perde la verginità con quest’uomo affascinante, che la incoraggia a consegnare il proprio corpo alle esperienze meravigliose
dell’intimità e dell’estasi. La loro unione fisica ha consentito alla
mente e all’anima di entrambi di entrare in contatto, come se il corpo
di ognuno di loro fosse stato concepito per l’altro. Anziché essere
costretta a dosare attentamente i propri movimenti per ricevere una
punizione, Caitlin brama il suo membro e il senso di completezza che
le dà quando è dentro di lei.
E lui è più che felice di soddisfare i suoi desideri, tutte le volte che
lei vuole.
***
Dopo essersi rivestito, John bacia teneramente le labbra di Caitlin
che dorme ancora: sa che i suoi uomini lo stanno aspettando lungo il
fiume.
È stato via già troppo tempo.
215/281
Sebbene capisca che il loro incontro è stato del tutto casuale, e che
la sua vita nomade renderà impossibile andare oltre questo breve interludio, John è certo che non dimenticherà mai questa magnifica donna
dagli occhi di smeraldo, con i capelli neri e selvaggi e i seni dagli
anelli esotici. Le dà un appassionato addio.
Quando si sveglia, Caitlin si chiede se le sue sensazioni siano state
solo un sogno erotico. Si mette una mano tra le gambe e sente il seme
di lui. Sorride all’idea di aver avuto l’opportunità di provare una gioia
tanto intensa. Finalmente sente che il suo destino ha cambiato
direzione, e in meglio, perché sa che quest’uomo, chiunque sia, l’ha
solo amata, senza portare con sé la paura.
Non lo rivedrà mai più.
Nelle settimane successive, il suo padrone va a trovarla sempre
meno spesso, e lei si chiede il perché. Ha i seni gonfi e morbidi e nota
che la pancia è più turgida. Poiché Lyon si è preso cura di lei, gliene
parla.
«Non capisco cosa stia succedendo al mio corpo. Sta cambiando».
Lui si avvicina e le mette una mano sulla pancia. «Come è
successo?».
Lei non sa bene cosa intenda, e resta in silenzio.
«Caitlin, il tuo padrone non fa queste cose. Ti prego, rispondimi».
Preoccupata per la paura che sente nella voce di Lyon, si volta per
non guardarlo negli occhi. Non sa se può dirgli la verità, ma ha
bisogno di sapere cosa le sta succedendo.
«Dimmi, hai avuto la visita di un uomo?», le chiede lui con
dolcezza.
«Sì».
«Ti ha penetrata?»
«Sì».
«Aspetti un bambino».
216/281
Caitlin per poco non sviene dalla meraviglia. Come è successo? È
un miracolo, un segno degli dèi, che lei possa procreare. Non riesce a
trattenere un sorriso, né le lacrime di gioia che le gonfiano gli occhi.
«Che cosa facciamo, adesso?».
Felice, nonostante la disperazione di Lyon, Caitlin con coraggio ma
un po’ esitante si avvicina a lui e lo abbraccia con il suo corpo caldo.
Lentamente, lui la guarda in viso e i loro occhi si incontrano. Caitlin
sente l’affetto e la solidarietà di Lyon, sapendo che il sangue di sua
madre lo ha guarito. Tra loro due c’è un legame. Lui la proteggerà
facendo qualsiasi cosa sarà necessario… è il suo destino.
«Dobbiamo andare via da questo villaggio, lontano, prima che il
padrone ritorni dal suo viaggio e ti trovi in questo stato».
Senza perdere tempo, Lyon si organizza per l’imminente partenza.
Toglie gli anelli dai capezzoli di Caitlin per l’ultima volta,
sciogliendola simbolicamente dalla sua prigionia, e chiude la porta alle
loro spalle e sul loro passato.
Insieme, viaggiano verso una meta remota. Caitlin dà alla luce due
gemelle sane, e Lyon le alleva come se fossero sue. Entrambe sono
benedette dal dono del cuore sulla pelle che indica il potere di guarigione del loro sangue. Lyon passa il resto della sua vita proteggendo e
accudendo la moglie e le figlie adorate, sapendo che solo loro potranno
dare una discendenza ai loro sacri antenati. Caitlin all’inizio non sa se
mettere alla prova il potere del proprio sangue, ma poi la sicurezza in
se stessa cresce man mano che le figlie si fanno più grandi. La loro vita
continua serena, come marito e moglie, consci che il loro legame va
oltre le cerimonie e affonda le radici nell’essenza delle loro anime.
***
217/281
Mentre mi allontano fluttuando dalla vita di Caitlin vedo frammenti
della vita delle gemelle e delle loro figlie, delle figlie delle loro figlie e
così via, come carte di un mazzo che si susseguono rapide. Ne ricavo
l’impressione che il loro sangue curativo viene diluito, la sua magia
con il tempo si indebolisce, e alla fine arrivo a mia nonna che sorride
con calore, con lo sguardo di chi sa.
Mi incoraggia a continuare il mio viaggio con le mani protese e se i
miei occhi potessero versare lacrime sarebbero lacrime d’amore, quello
che il mio cuore conserva per lei, morta tanti anni fa. Con una speranza
folle, mi allungo per toccarla e la sua immagine svanisce nell’aria.
Intanto, sento la mia presenza eterea spinta in un vortice. Tutto
intorno a me è tinto di rosso scuro, poi la visione diventa più chiara e
vedo Jeremy e Leo che mi guardano durante l’esperimento mentre giro
intorno a loro nel vortice della vita.
Attraversando questa turbolenza e le immagini dei due uomini,
sento il rombo del mio cuore intorno a me. È come se fossi io la forza
vitale del sangue curativo e tutto è immobile, tranne il mio cuore che
batte e la forza che mi fa scorrere il sangue nelle vene, finché sono
spinta via con impeto e ritorno al mio stato terreno.
Cercando disperatamente aria, con gli occhi spalancati, mi ritrovo a
fissare quelli dei miei compagni ancestrali… uno è il mio amore e
l’altro è il mio guardiano. Noi tre – i nostri destini si sono di nuovo
incrociati dopo secoli di opportunità mancate – abbiamo creato
l’enigma del mio sangue. Adesso so ciò che Leo molto probabilmente
già sapeva da molto tempo: abbiamo avuto un ruolo importantissimo
nelle nostre reciproche vite passate, e in sostanza tutto questo non
poteva non accadere.
Mi chiedo se loro siano legati grazie a me, oppure se condividano
un legame indipendente da questo.
218/281
Rifletto sulla fugace comparsa e sparizione di John nella vita di
Caitlin e sull’attrazione fisica che li univa come se i loro sistemi
limbici comunicassero in un modo che non lasciava loro altra scelta
che risvegliarsi sessualmente a vicenda… proprio come mi sento io
con Jeremy. Senza riuscire mai a negargli nulla. Lui ha riportato in vita
la mia sessualità, come John ha fatto con Caitlin, e io ringrazio Dio se
ci è stata concessa un’altra opportunità di stare insieme dopo che le
nostre vite sono state separate quella prima volta. Ho così tante
domande nella mente mentre rifletto sugli ultimi eventi della mia vita,
dopo il ricongiungimento con Jeremy. Vorrei chiedergli come sia stata
l’esperienza del volo dell’anima di Leo, la sua lettura della mia tesi e i
risultati degli esperimenti di Jeremy.
Anche se mi rendo conto di avere del sangue con caratteristiche uniche in certi contesti, so anche di non avere il marchio a forma di cuore
sulla pelle e, per quanto ne sappia, nemmeno mia madre e mia sorella
ce l’avevano. Quindi, anche se so di far parte della discendenza del
sangue, non ne porto il segno, né capisco come sia accaduto. Come
sempre, sembra che io abbia più domande che risposte, ma nonostante
ciò sto imparando che a dispetto delle mie frustrazioni tutto viene svelato quando e come è necessario, e non prima.
Non posso credere di essermi preoccupata per l’esperienza del volo
dell’anima quando ha già rivelato così tanto. Adoro i suoni
dell’Amazzonia, essere in sintonia con la natura e quasi indifferente
alla mia condizione fisica. Mi rendo conto che qualcuno mi sta
spostando ma non ho nessun controllo del mio corpo e non posso che
lasciar fare.
Non sento dolore, né ansia. Ho solo la strana capacità di volare ogni
volta che il vento del cielo mi prende. Mi chiedo cos’altro possa imparare da questa riflessione interiore e da questo viaggio magico.
Lago di Bled
La polizia ha inviato al cellulare di Martin una mappa dettagliata di
quella che ritengono essere un’entrata della sede della Xsade sotto il
lago di Bled. Martin incontra Luke e i membri della squadra speciale,
all’entrata di un immenso canale di scolo dell’acqua piovana alle porte
della città, attraverso il quale sperano di poter accedere all’edificio.
Martin è contento di vedere che sono preparati; sono armati di tutto
punto e hanno tutto l’equipaggiamento necessario se dovessero
irrompere con la forza. Il gruppo scelto si riunisce e si accorda su un
piano d’azione da attuare quando entreranno nell’edificio. Accendono
le torce e imboccano con cautela il tunnel cupo.
Il sistema di sicurezza della Xsade ha rilevato una breccia nell’edificio e il capo della sorveglianza è contento di essere di turno, a
sostituire uno del suo gruppo.
In tal modo, potrà approfittare di un po’ di pratica sul campo per
provare le nuove procedure. L’allarme sta suonando negli uffici e le
videocamere che perlustrano costantemente il perimetro confermano
con immagini a infrarossi che delle persone stanno penetrando attraverso i punti di accesso controllati. Il capo della sicurezza preme
immediatamente il pulsante che blocca i cancelli di accesso. Purtroppo
non succede nulla e si chiede se ci sia stato un guasto.
Ora che le figure si distinguono chiaramente nelle telecamere a circuito chiuso, si rende conto che gli intrusi sono anche pesantemente
armati. Temendo che stiano entrando nell’edificio per rubare formule
brevettate, avvia le procedure per la protezione di tutta la struttura,
220/281
dando il via a una serie di esplosioni. Il nuovo impianto è stato installato da poco su istruzioni esplicite di Madame Jurilique per proteggere
la proprietà intellettuale della Xsade.
È stato progettato in modo da avvisare tutti i dipendenti di evacuare
la struttura e mettere il più possibile al sicuro le documentazioni riservate. Il capo della sicurezza non può credere alla fortuna che ha avuto a
essere di turno nel momento in cui si rende necessario metterlo in
funzione.
Preme il pulsante di detonazione. E aspetta. Niente. Lo preme di
nuovo, e poi una volta ancora per essere sicuro. Questa volta il sistema
attiva sia l’allarme sia le esplosioni per scoraggiare gli intrusi. In tal
modo, dovrebbero fermarsi. L’uomo ride a mezza bocca pensando che
la vecchia Jurilique in fondo non è stata tanto sciocca a spendere i
fondi degli azionisti per questo nuovo sistema, dopo tutto. Si sistema
sulla sedia per godersi lo spettacolo dai tanti monitor.
Non dovrà allontanarsi, se tutto va secondo i piani.
***
Martin e la squadra si sono inoltrati nel tunnel a passo costante.
All’improvviso però, circa a duecento metri dall’entrata, sentono il
terreno sotto i loro piedi sussultare, poi il boato di un’esplosione.
«Che diavolo era?», urla Martin.
Incerti se proseguire lungo il cunicolo o scappare, si fermano a
valutare la situazione. Quando un’altra deflagrazione esplode nei loro
timpani, si coprono le orecchie con le mani.
La preoccupazione di Martin per Salina e Josef diventa terrore perché sa che i due si trovano quasi di sicuro nell’edificio.
221/281
La sua incrollabile fedeltà verso Leo lo spinge a proseguire più in
fretta, e Luke lo segue. Raggiungono un cancello chiuso a chiave e
gridano ai poliziotti di portare le loro attrezzature.
Proprio quando gli uomini arrivano sul posto e accendono la
fiamma ossidrica per tagliare le sbarre, sentono delle voci attutite
provenire da dietro il cancello.
Dopo alcuni minuti vedono delle persone riversarsi fuori dal buio
del tunnel: alcuni indossano tute color argento, alcuni camici da laboratorio e altri abiti normali. Si coprono il volto, proteggendosi mentre
corrono verso il cancello che ostruisce il passaggio.
«Presto, sono intrappolati, devono uscire da lì». La voce sempre
controllata di Martin è venata di paura, soprattutto quando nota del
fumo che fuoriesce da un punto del passaggio alle spalle della folla. Il
comandante della squadra di polizia impartisce a gran voce istruzioni
ai suoi uomini. Il fiume di persone ha raggiunto il cancello e sta gridando di aprirlo, il terrore dipinto nei volti, mentre le urla si fanno via
via più alte. Quando una delle sbarre viene tagliata da un lato, mani
nude la afferrano e cercano di allentarla, piegandola a destra e a
sinistra.
I poliziotti ordinano alla gente di stare indietro mentre loro riprendono a tagliare, ma qualcuno corre avanti gridando di avere il codice.
Dopo essersi fatto strada tra la folla, finalmente riesce a passare e con
mani tremanti digita il codice sulla tastiera fissata alla parete del tunnel. Il cancello si apre e tutti applaudono, poi si precipitano in avanti,
premendo gli uni contro gli altri fino quasi a schiacciarsi, nel disperato
tentativo di raggiungere la libertà, l’aria aperta.
Martin e Luke, sconvolti alla vista di alcuni bambini tra la folla, si
prodigano per aiutare loro e le donne che hanno bisogno di un sostegno
per rimettersi in piedi, e li accompagnano con lo sguardo fino
all’uscita.
222/281
«Io vado dentro», urla Martin.
«Devo trovare Salina e Josef».
«È pericoloso», lo avverte il comandante.
«Hai sentito le esplosioni. In un laboratorio del genere potrebbe
essere successa qualsiasi cosa».
«Avete delle maschere antigas?».
Lui annuisce e fa cenno a uno dei suoi uomini di prenderne una.
Martin si rivolge a Luke. «Devi uscire dal tunnel, potrebbe crollare.
Fa’ una ricerca intorno al lago, potrebbero essere lì».
Luke esita.
«Voglio che tu esca da qui, ora.
Vai».
«Va bene. Ci vediamo fuori».
«Corri, assicurati che gli altri stiano bene». Martin sospira di sollievo vedendo Luke che si gira e corre verso l’uscita. Una volta ha
perso uno dei suoi uomini e non si è mai perdonato.
Il comandante gli passa una maschera antigas e Martin la indossa,
poi si infila un paio di guanti per assicurarsi che nemmeno un centimetro di pelle sia esposto alle sostanze che possono aver causato
l’esplosione.
Un’altra piccola detonazione scuote il terreno e altre persone
arrivano alla spicciolata mentre Martin, seguito dal comandante e da
un piccolo gruppo dei suoi uomini, si avvia verso la Xsade.
Le persone ancora all’interno dell’edificio corrono freneticamente,
come topi su una nave che affonda, cercando un’uscita che porti alla
salvezza mentre le sirene di evacuazione urlano assordanti. La scena è
caotica, ma per fortuna il fumo è ancora sopportabile. I poliziotti si
sforzano di assistere il maggior numero di persone possibile, indicano
la direzione da prendere per arrivare al canale di scolo dell’acqua
piovana fino a quando restano da soli in quell’area.
223/281
Martin strappa un estintore dal suo supporto alla parete e con la
coda dell’occhio coglie il guizzo di una fiammata da una porta lungo il
corridoio. Si lancia in quella direzione, pregando che Salina e Josef
non si trovino intrappolati all’interno, ed entra. Chiude la porta del
laboratorio per fermare il fuoco, sperando che tutti gli ambienti
dell’edificio siano stati costruiti in base alle norme antincendio, e
sospira di sollievo quando nota che l’impianto al soffitto è in funzione.
Nella stanza adiacente vede due gambe sopra un lettino fuoriuscire
da sotto un grosso macchinario che copre la parte superiore del corpo.
Fa un cenno al comandante per indicargli la scena e poi usa il peso
dell’estintore per rompere il vetro della porta bloccata.
Non riesce a vedere se la persona all’interno è morta, svenuta o se
dorme, ma è chiaro che non ha sentito l’allarme, né ha avvertito
l’esplosione. I due uomini cercano di sollevare l’apparecchiatura, ma
sembra bloccata.
Si rendono conto che si tratta di una donna, intrappolata sotto il
macchinario, così il comandante afferra una gamba e la scuote. Poi si
sente un urlo agghiacciante. Gli arti della donna si agitano ai lati
dell’apparecchio che le schiaccia il busto. Martin e il comandante
vedono la luce ultravioletta all’interno, mentre lei continua a gridare.
«Il mio viso, il mio viso! Sta bruciando! Aiutatemi, tiratemi fuori di
qui».
Poiché si rende conto di non riuscire a scostare il peso della macchina, Martin cerca l’alimentatore, poi preme l’interruttore e strappa il
cavo per togliere la corrente. La donna urla per il dolore insopportabile, continuando a muovere braccia e gambe in modo convulso.
Quando Martin torna di corsa verso di lei, inciampa su una borsa di
Louis Vuitton e la maschera gli si stacca dal viso. Ed è solo in questo
momento che sente il tanfo putrido della carne bruciata che gli penetra
nelle narici in modo così intenso da dargli un violento conato.
224/281
Il comandante ancora non riesce a venire a capo della situazione
quando si sente un’altra esplosione lungo il corridoio.
Mentre Martin si rimette in piedi per fare un ultimo tentativo di liberare la donna intrappolata e deturpata, due persone insanguinate e
avvolte dal fumo appaiono sulla porta.
«Salina, Josef. Mio Dio, state bene?». A guardarli, si capisce subito
che se la sono vista brutta.
«Stiamo bene, Martin», risponde Salina. «Che cosa ci fate qui? Che
cosa succede?»
«C’è una donna intrappolata, non riusciamo a rimuovere la
macchina.
Deve essere collegata a un codice o qualcosa del genere e non riusciamo a spostarla».
Josef si infila subito sotto il macchinario.
«L’attrezzatura si blocca quando il sistema viene in qualche modo
alterato. C’è un comando manuale nella parte posteriore che la libera».
Si sente un rumore secco e l’apparecchio finalmente si sposta e lascia
vedere un orribile pezzo di carne sanguinolenta.
Salina distoglie all’istante lo sguardo e va a vomitare in un angolo,
mentre Josef si copre il naso meglio che può con la maglietta e prova a
valutare le ferite.
«Passami l’acqua!», grida al comandante che è in piedi accanto a
una brocca con dei bicchieri. Josef fa scorrere delicatamente l’acqua
sulla carne viva e bruciata, preoccupato per la vita più che per l’aspetto
della donna che, ne è certo, non tornerà mai più quella di prima.
Un’altra esplosione fa perdere a tutti l’equilibrio.
«Dobbiamo uscire di qui, subito, l’edificio sta per saltare in aria!»,
grida il comandante.
«Andate, io ho bisogno di un paio di minuti ancora o lei morirà»,
risponde Josef, senza distrarsi.
225/281
«Voi due andate avanti. Io la porterò fuori quando Josef avrà finito.
Vi seguiremo». Martin non si muoverà di lì senza la certezza che
Salina e Josef siano al sicuro.
Tutti si scambiano sguardi incerti e preoccupati, poi il comandante e
Salina si avviano verso il tunnel.
In tutta fretta, Josef prepara delle garze compresse imbevute
d’acqua fredda e le applica sul volto della donna, poi le avvolge con
molta cautela il collo e la testa con le bende prese dal kit di primo soccorso. Solo adesso riconosce l’imponente anello di diamante sulla
mano della donna: è quello di Jurilique.
Il dottore resta paralizzato.
«Che succede?», gli chiede Martin, temendo che un’altra esplosione
faccia tremare il pavimento prima che loro escano.
«Niente». La formazione da medico e il desiderio di salvare vite di
Josef prendono subito il sopravvento sui pensieri che gli suscita il suo
ex capo, una donna corrotta e disturbata. Josef non augurerebbe il
dolore di quelle bruciature a nessuno, nemmeno a una come
Madeleine.
Vede la disperazione negli occhi terrorizzati della donna e poi le
copre completamente il volto nel tentativo di salvare la carne bruciata.
«Okay, non posso fare di più in questo momento».
Martin sta per caricarsi la donna sulle spalle, ma Josef gli afferra un
braccio per fermarlo.
«No, dobbiamo cercare di tenere il volto più fermo possibile altrimenti il sangue fluirà verso la testa».
I due uomini trasportano fuori il corpo, il viso rivolto verso l’alto,
più in fretta possibile. Fiamme ed esplosioni li inseguono fino fuori
dall’edificio e nel tunnel del canale di scolo.
Parte settima
Non è la terra che appartiene all’uomo, ma è l’uomo che appartiene
alla terra.
Tutte le cose sono unite come i membri di una famiglia sono uniti
da un medesimo sangue.
Non è l’uomo che ha tessuto la trama della vita: egli ne ha soltanto
il filo. Tutto ciò che egli fa alla terra, lo fa a se stesso.
Lettera del Gran Capo
Seattle, 1854
Alexa
Scivolo fluida in stati di coscienza diversi sebbene ne abbia sempre
meno il controllo. A volte sono del tutto consapevole di ciò che succede intorno a me, ma mi capita anche di entrare in un altro mondo e
un altro tempo senza rendermene conto. Sono vagamente conscia che il
mio corpo è quasi svanito ma il mio spirito è vitale e ansioso di
mostrarmi altre cose, e allora mi porta via con entusiasmo.
Sento dei suoni intorno a me ma nessuno mi parla, e quindi sono
ancora concentrata sulla mia immersione nel mondo spirituale.
È durante uno di questi ritorni alla coscienza che mi rendo conto di
essere circondata dalle donne di una tribù. Non ci sono uomini in
questa capanna, solo donne che cantano intorno al mio corpo disteso.
Non ho energie sufficienti per alzare la testa, quindi la giro solo da un
lato all’altro. Spalanco gli occhi quando metto a fuoco quello che sta
succedendo. Le donne indossano dei semplici vestiti tradizionali, che
coprono appena il corpo, e una di loro porta un elaborato copricapo
decorato fatto di piume e perline.
Siamo in una capanna di paglia, piccola e senza aperture, e l’aria
che respiro è pesante e caliginosa. Viene da certe pietre e piante
fumanti in un angolo, forse una specie di incenso.
Nessuno dice una parola. Io non ne sento il bisogno e so che, in
ogni caso, non riceverei risposta. Non mi dispiace e tacere mi aiuta a
conservare le poche energie che ho.
Mi chiedo distrattamente come stanno i miei figli, so che non mi
vedono da quando è iniziato questo viaggio, la cui dimensione
228/281
atemporale mi impedisce di calcolarne la durata. Percepisco con
piacere che sono al sicuro e che per loro la mia assenza non è stata
tanto lunga. Questa consapevolezza mi dà un senso di tranquillità.
Guardo negli occhi la donna con il copricapo che viene verso di me
e mi solleva la testa. Senza smettere di cantare, avvicina un liquido alle
mie labbra e mi aiuta a berlo lentamente, poi mi appoggia di nuovo la
testa sulla lettiga. Chiudo gli occhi e il loro canto aumenta di intensità,
e io ritorno nell’occhio dell’aquila che vola sopra le terre lussureggianti dell’Amazzonia.
Riprendo conoscenza sentendo voci che leggono e brevi pennellate
che mi dipingono il corpo. Non posso muovermi, sono troppo debole.
È come se appartenessi a questo corpo solo con gli occhi, nonostante
possa provare ancora tutte le sensazioni. Sono scollegata eppure
consapevole.
Le mie visioni finora sono state profonde, anche se l’incapacità di
muovermi mi ha impedito di registrarle nel diario. Questo mondo e il
mondo passato si confondono facilmente. Non ricordo quando ho visto
Jeremy o Leo l’ultima volta, perché non sono più in grado di misurare
il tempo. Credo siano vicini ma mi rendo conto che la preparazione a
cui mi stanno sottoponendo queste donne tribali è in qualche modo un
fatto solo femminile.
Mi accorgo di essere nuda. Il mio corpo viene decorato con sottili
linee di pittura nera, sicuramente estratta da qualche pianta o fiore.
Riesco a capire solo che mi stanno preparando a una qualche specie
di rito o evento sacro. Non so immaginare quale, ma considerando
tutto ciò che ho visto e vissuto finora, se posso usare questa espressione, durante il mio volo dell’anima, so che mi basterà accettare
quello che succede. Forse è finalmente arrivato il momento in cui
incontrerò lo sciamano.
229/281
Resto del tutto immobile mentre le donne cantano e continuano le
loro attività intorno a me, e il mio corpo è una tela per la loro arte.
Considerando la precisione con cui applicano le pennellate, questa
operazione non sarà completata in tempi brevi.
Ancora una volta qualcuno mi solleva la testa; sento il caldo infuso
di erbe entrarmi in bocca, e dopo qualche istante sto volando di nuovo.
***
La nave danneggiata approda sulle spiagge dell’Irlanda dalle acque
gelide dell’oceano Atlantico.
Alcuni uomini sono esausti, altri morti, molti impazienti di saccheggiare questa terra appena scoperta. Bastone in mano ed elmo in testa,
scorrazzano per le campagne alla ricerca di segni di civiltà, cibo, riparo
e ricchezze di qualsiasi tipo per estendere il loro impero.
Questi enormi uomini nordici, coperti con pelli di animali, vengono
zittiti dal loro capo quando avvistano le fiamme scintillanti di un fuoco
in cima a una collina. Con i corpi possenti avanzano a grandi passi
verso quel punto e osservano; contrariamente alle loro abitudini si
fermano a guardare, ipnotizzati dalla scena sotto i loro occhi.
Sotto la luce della luna, nell’ora in cui il crepuscolo non si perde
ancora nella totale oscurità, ci sono sei donne e sei uomini. Si trovano
su altrettante rocce messe in modo da formare un cerchio, e si stanno
togliendo i semplici abiti che indossano. Mentre si spogliano, una
donna coperta solo dai lunghi capelli neri e da una corona di fiori dorati sulla testa si alza dal centro del cerchio come una scintilla da un
fuoco e bacia i genitali di ognuno di loro, come a voler accendere la
passione. Si sposta in senso orario, come se dovesse dare a ciascuna
delle dodici persone il permesso di sentire, toccare ed esplorare gli altri
nei punti più sensuali. Torna al centro del cerchio e inizia a cantare e
230/281
danzare; ogni cambio del tempo e del ritmo sembra segnalare un nuovo
tipo di contatto tra le persone. Gli uomini si muovono in una direzione,
le donne nell’altra, avanti e indietro mentre la loro esplorazione frenetica prosegue, e i gemiti erotici si intensificano in tutto il gruppo. La
donna con la corona, al centro, continua a dimenarsi, danzare e
muoversi, e il suo canto raggiunge livelli di estasi mentre assume le
sembianze di una dea e il piccolo gruppo le si raccoglie intorno.
Intanto, io sento che il mio spirito viene trascinato dentro il suo
corpo e diventiamo una sola persona. Io sono lei.
La sessualità pura di questo rituale sta invadendo le mie vene e noto
che la sua energia ha placato le intenzioni violente degli uomini venuti
dal Nord, che ci osservano.
La loro intensa eccitazione ha lasciato in sospeso la voglia di saccheggiare e distruggere. I dodici corpi che mi circondano mi venerano
come una loro sacerdotessa e io mi apro volentieri a loro, lasciandoli
venire a me mentre spalanco le braccia e le gambe e tiro indietro la
testa.
Ognuno di loro si concentra su una parte del mio corpo: il collo, le
orecchie, i seni, le cosce, la pancia e il sesso. Arrivo a nuove vette per
loro, il mio popolo, verso la gloria della nostra dea. L’unica parte di me
non toccata è la bocca, che continua a rilasciare un suono quasi inumano eppure appassionato. Mani forti mi tengono ferma, le gambe spalancate, il mio corpo viene offerto alle stelle sopra di noi. Lingue e dita
toccano i miei sacri orifizi con rispetto, mentre le mie membra tremano
di piacere, e un canto dolce, che supera l’estasi, percorre la notte e raggiunge il cielo. I corpi si stringono intorno a me finché la mia voce
celeste perde di intensità, e poi mi adagiano con dolcezza sulla terra,
lucenti, tremanti, idolatrandomi. Solo quando resto immobile e chiudo
gli occhi, gli altri si concentrano sulla loro sensualità.
231/281
Gli uomini e le donne formano le coppie e completano l’atto che
assicura la nascita della prossima generazione.
Il capo dei vichinghi si accorge che quasi tutti i suoi uomini sono
impegnati a trarre piacere dal proprio corpo, spinti dalla scena che
hanno di fronte. Apre la bocca per emettere un ringhio debole e attirare
la loro attenzione. Alcuni, nel momento di massimo piacere, cercano di
frenare il gemito del proprio orgasmo. Si avvicinano come un gruppo
unito e disciplinato per fare ciò che gli riesce meglio: conquistare.
Quando il capo raggiunge la dea dai capelli neri, lei resta immobile,
come in trance, le mani sul cuore.
Il capo dei vichinghi manda i suoi uomini sulla nave con il loro bottino umano; altri vengono mandati a cercare ancora cibo. Il gigantesco
guerriero bianco incombe su quella donna serena, la osserva,
assorbendo la sua bellezza, ricordando il suo canto. Si stende sopra di
lei, la bacia con vigore, infilando con violenza la lingua nella sua
bocca, come se cercasse di toccare quelle note profonde. Le afferra i
seni, glieli stringe con le mani crudeli. Lei resta immobile sotto di lui.
L’uomo libera il suo membro vibrante, che mostra tutta la sua virilità.
Si sistema su di lei, ma proprio mentre sta per penetrarla, gli enormi
occhi della donna si spalancano ed emettono una luce potente come un
lampo, accecandolo per qualche istante con il loro bagliore verde
smeraldo.
Il mio corpo si è sempre rifiutato di essere posseduto senza il mio
consenso, e quindi si solleva dal suolo con lentezza e determinazione e
fa mettere il vichingo in ginocchio, in modo che adesso siamo della
stessa altezza.
I miei occhi incrociano i suoi, dominando la sua forza con la magia.
Appoggio il corpo nudo e umido sopra di lui, i lunghi capelli mi coprono appena i seni e io abbasso le cosce lucenti sul suo enorme sesso,
sapendo che potrò prenderlo tutto dentro di me. Io, la sacerdotessa,
232/281
piego la testa all’indietro, scoprendo il collo, liberando l’uomo dal mio
sguardo seducente e ipnotico, e prendo il controllo totale del suo
piacere fino a irretirlo nel mio incantesimo sessuale. Lui mi stringe tra
le braccia in una presa forte come una morsa e sembra che la sua anima
dipenda dal battito del mio cuore. Il desiderio reciproco cresce finché,
in preda alla passione, perdiamo il senso della realtà, e infine lui
esplode dentro di me come un vulcano, rilasciando il suo seme vichingo nel mio grembo come se stessimo creando la terra stessa. Con
voce gutturale grida «Freya!», le sue invocazioni si uniscono alla mia
voce spirituale e diventiamo una sola persona.
Il vichingo è appagato sotto le stelle della sera, questo è il primo
atto di gentilezza e calore che abbia mai ricevuto in vita sua. La prima
volta che una donna l’ha toccato per propria volontà. Mentre guardo le
sue lacrime, vedo gli occhi verde scuro di Jeremy e riconosco l’inizio
esplosivo dell’unione delle nostre anime, che crea un percorso sacro e
benedetto per i secoli a venire.
Anam cara.
In qualità di alta sacerdotessa, bacio le lacrime che iniziano a
scivolargli lungo il viso sostituendo l’aggressività con l’amore. Restiamo uniti in un campo verde lussureggiante, baciandoci e accarezzandoci, consolandoci e scambiandoci affetto finché lui finalmente diventa
abbastanza morbido da uscire dal mio corpo.
Nella luce dell’alba che nasce, il vichingo accarezza il marchio a
forma di cuore proprio sopra il mio capezzolo sinistro e lo bacia teneramente, con dolcezza questa volta, proprio come ho fatto io con lui.
Le nostre due anime, quella di Jeremy e la mia, sono unite per
sempre nella magia e nella potenza di queste origini, che hanno acceso
l’essenza del sangue curativo.
È solo nel momento in cui metto a fuoco questo pensiero che vengo
liberata dal corpo dell’alta sacerdotessa e torno al mio stato etereo.
233/281
Vedo che il vichingo non torna mai più alla sua nave e non uccide
mai più. Insieme alla sacerdotessa viaggia fino alle terre del Nord: lei
offre riti agli dei e alle dee in cambio di salute e fertilità, lui insegna
agli uomini ad accogliere, e non a temere, la sessualità delle donne. La
loro unione è fatta d’amore, di lussuria e desiderio, di sesso mai
guastato dalla noia, dell’esplorazione della natura carnale delle proprie
esistenze.
Il tempo passa e loro mettono al mondo dodici figli, che simbolicamente rappresentano la conquista che li ha uniti. Tre delle loro figlie
hanno il marchio a forma di cuore in diverse parti del corpo, a sinistra:
una sul piede, una sulla spalla e un’altra sulla natica. Hanno ereditato
dalla madre il dono con cui cantano e guariscono le anime, mostrando
una più profonda compassione e consapevolezza spirituale degli altri
fratelli. La madre insegna loro tutta la sua magia, che viene tramandata
per molte generazioni. Il marchio a forma di cuore sbiadisce nel corso
delle generazioni, diventando segno di una leggenda e di una magia
astratta contrapposta alla realtà…
Ma tutte le leggende sembrano essere fondate su una verità quando
si indaga sulle loro origini.
***
Adesso capisco che nessuno di questi eventi si è verificato per caso;
portano tutti a questo spartiacque nella mia vita. Mi è stato dato il privilegio e il dono di assistere alla vita dei miei antenati, frammenti della
mia anima. So di avere il potere e il coraggio di mettere il passato
dietro di me e avventurarmi, impavida, verso il futuro con l’uomo che
la mia anima ha cercato per secoli. Una volta chiuso il cerchio, so con
certezza che il congiungimento sarà possibile quando si allineeranno le
stelle, proprio come mi ha detto Leo.
234/281
***
Quando apro di nuovo gli occhi sul mondo terreno, sono seduta, e
un uomo che non ho mai visto prima mi tiene le mani. Abbiamo le
gambe incrociate e io sono incantata da lui.
Il suo copricapo è la cosa più elaborata che abbia visto da quando è
iniziato il mio viaggio ed è decorato con molte piume degli uccelli più
colorati di questa immensa giungla.
Sento l’energia scorrere attraverso le nostre mani come se pulsasse
letteralmente tra i nostri corpi e regolasse ogni singolo battito del
cuore.
Non vedo nient’altro intorno a me, tanto sono assorbita dalla sua
presenza.
Quando i nostri sguardi si incrociano, sento il primo vibrante colpo
di un tamburo tribale; all’inizio è lento, come se stesse cercando di
accordarsi al ritmo del nostro corpo. Resto ancorata a lui fisicamente e
mentalmente.
Ci solleviamo per un po’ fuori dal nostro corpo e voliamo insieme
ma senza raggiungere vette troppo alte, solo abbastanza affinché io
possa vedere la scena sotto di noi, illuminata dal fuoco che arde e dalla
luna piena. Il mio cuore si riempie di calore quando noto che Jeremy e
Leo sono seduti accanto a me e allo sciamano. Hanno gli occhi chiusi.
Mentre ci spostiamo nell’aria, vedo le donne che si sono prese cura
di me cantare e danzare intorno al fuoco insieme ai loro uomini, al
ritmo sempre più incalzante del tamburo. Restano calme, come se si
stessero preparando a ciò che deve accadere.
Mi soffermo un attimo a guardare bene il mio corpo: non lo avrei
riconosciuto come mio solo pochi mesi fa. È come se ogni mia cellula
fosse stata trasformata. Da anni non portavo i capelli così lunghi; vedo
235/281
delle piccole trecce, piume e perle legate nella parte della capigliatura
lasciata libera e scompigliata. Il mio corpo è snello e tonico a causa del
poco cibo e delle lunghe camminate nella giungla. La pelle ha una luce
vibrante sotto gli intricati disegni che coprono gli arti, le spalle, la schiena e la pancia.
Al collo porto molte collane di perline di diverse dimensioni, alcune
arrivano fino quasi alla pancia. Indosso una gonna con un ordito molto
intricato intorno ai fianchi che mi copre appena le parti intime. I seni
sono coperti solo dalle collane, le areole sono state colorate con una
tinta rossastra e le punte dei capezzoli in nero, come se rappresentassero occhi che vedono tutto.
La donna che sto osservando sembra selvaggia ed esotica. In altre
circostanze avrei negato di essere io, ma so che lei è la somma delle
tante visioni cui ho assistito nel mio volo dell’anima. È estremamente
serena, come una dea che aspetti una specie di reincarnazione. Appena
questo pensiero mi passa per la mente, vengo trasportata di nuovo nel
mio corpo con un rumore sordo.
Quest’uomo dalla potente magia seduto davanti a me mi ha liberato
le mani. Ora riesco a percepire tutto ciò che mi circonda e posso
guardare negli occhi gli uomini che hanno organizzato questo viaggio.
Jeremy, sebbene sembri stanco e un po’ confuso da quanto sta
accadendo, è pieno d’amore e gratitudine ma anche di timore reverenziale per essere stato coinvolto in questo evento.
Quando sposto lo sguardo su Leo, mi rendo conto con assoluta certezza che lui è il protettore della mia anima, l’uomo che è stato
presente ad aspettarmi nelle mie tante vite, accudendo me e le mie
antenate nei momenti di maggiore pericolo.
Adesso capisco per quale motivo le mie scoperte durante questo
viaggio nel mio passato erano così importanti per lui, per noi.
236/281
Il suono dei tamburi all’improvviso si ferma, e così il canto e la
danza. Noi quattro siamo seduti al centro del cerchio di persone, davanti al fuoco. Nessuno parla; è come se persino la giungla intorno alla
radura si fosse improvvisamente paralizzata e aspettasse di vedere cosa
succederà.
Una tazza di argilla piena a metà di una pozione fumante viene portata allo sciamano dalla stessa donna che si è presa cura del mio corpo e
del mio spirito prima che mi risvegliassi qui.
Non ricordo quando ho mangiato cibo solido l’ultima volta, ma
sento di non averne alcun bisogno. Lo sciamano inala l’aroma e inizia
a salmodiare qualcosa alzando gli occhi al cielo. Indossa un marsupio
sopra il gonnellino ricamato e ne estrae una manciata di polvere. La
lascia cadere nella tazza dalla quale si alzano sibili e fumo nel
momento in cui la polvere tocca il liquido.
Lo sciamano beve il primo sorso e piega la testa in avanti per un
momento. Poi passa la tazza a Leo, che la passa subito a me. Gli occhi
di Leo e Jeremy sono fissi su di me mentre io inalo il profumo della
bevanda. Ha un odore amaro, come le altre, e con questa luce è difficile stabilirne il colore.
Conscia del fatto che è questo il motivo per il quale sono qui, il
momento cruciale del mio viaggio nella giungla, bevo un sorso
abbondante dalla tazza, ingoiando velocemente la bevanda, temendo
che l’odore me la faccia sembrare disgustosa. Anch’io abbasso la testa,
ma non per rispetto; è solo che questo gesto rende più facile al mio sistema trattenere la pozione e accettarne il sapore, perché la sua efficacia
e potenza si stanno già rivelando nella mia mente. Mi riprendo e passo
la tazza a Jeremy che, continuando il giro in senso orario, la porge
direttamente allo sciamano. Lui ne prende un altro sorso e poi, tornando verso di me, la tazza passa prima nelle mani di Leo, che questa
volta accetta di berne un sorso.
237/281
Ricordo che una volta Leo mi ha detto che lo scopo principale del
nostro incontro era che io e lo sciamano volassimo insieme. Lui poi
avrebbe stabilito grazie al mio spirito se dovevamo essere accompagnati da un’altra persona. In tal caso, tale persona avrebbe avuto un
ruolo secondario nell’esperienza, e forse è questo il motivo per il quale
Leo sta partecipando al secondo giro. Anche Jeremy beve questa volta,
quando gli passo la tazza. Sento un retrogusto dolce- amaro nell’assaporare la bevanda per la seconda volta. Il suo calore mi scalda le ossa
dall’interno.
Il rito circolare dei sorsi continua fino a quando lo sciamano beve le
ultime gocce. Poi restituisce la tazza alla donna con il copricapo e mi
fa cenno di prendergli entrambe le mani. Entriamo di nuovo in contatto
guardandoci fisso negli occhi.
I tamburi e il canto ricominciano alla luce del fuoco intorno a noi e
a un cenno del capo dello sciamano Leo e Jeremy mettono le mani
sopra e sotto le nostre. Sento che l’energia proveniente dal palmo dei
miei due compagni inizia a pulsare in tutto il mio corpo, come se il battito dei tamburi stesse cercando di sincronizzarsi con quello del nostro
cuore.
Dopo alcuni momenti in cui mi perdo nello sguardo dello sciamano,
la terra viene scossa con violenza ed è come se stessi guardando attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica che viene fatta oscillare,
eppure sento che il mio corpo è ancorato saldamente al suolo. La
sensazione è molto diversa dalle altre esperienze che ho avuto nel
viaggio in questo luogo sacro.
All’improvviso le oscillazioni cambiano e sento un forte strappo,
qualcosa che trascina il mio cuore e la mia mente lontano dal mio
corpo.
È una forza potente, irresistibile e implacabile, e alla fine mi stacco
e comincio a girare. Tutti prendiamo a vorticare, sempre più veloce,
238/281
finché i nostri corpi diventano un liquido confuso circondato da un cerchio di luce creato dalle fiamme del fuoco.
Siamo una sola entità, il movimento rotatorio non si ferma. Vorrei
afferrare le loro mani più saldamente perché ho paura di staccarmi dal
cerchio che gira e andare a sfracellarmi contro una roccia.
Giriamo ancora più rapidi: non riesco più a distinguere i volti o gli
occhi degli altri, ma solo il profilo del cerchio d’oro che circonda le
nostre forme che si assottigliano.
Quando il vortice raggiunge una velocità che penso di non poter
sopportare, si ferma all’improvviso e io vengo scagliata in un buio così
nero che non riesco a vedere la mano davanti al mio viso.
Il battito violento del mio cuore quasi mi consuma. Il silenzio e
l’oscurità sono assoluti, anche se non sono più seduta come quando ho
accettato la bevanda dallo sciamano, ma sono in piedi, sull’orlo
dell’ignoto. Sebbene senta ancora il battito del mio cuore, una
sensazione di calma e risolutezza si insinua nel mio sistema nervoso.
Sono sicura che tutto andrà bene e che potrò essere contenta delle mie
prossime azioni anziché averne paura.
Rallento il respiro grazie a questa nuova certezza, mentre gli occhi e
il corpo si adattano alla misteriosa oscurità. Per quanto ne so, potrei
essere al centro della terra oppure in un’altra dimensione dell’universo.
Una minuscola goccia di luce appare in mezzo al buio. Non saprei
dire se è piccola e si trova vicino a me oppure se è grande e lontana.
Non ho alcun senso dello spazio, della profondità o dell’ampiezza.
Dopo alcuni momenti, la luce si fa più grande e sembra proprio che si
muova verso di me. Ciò che all’inizio sembrava una lucciola ora sembra una lingua di fuoco, ma proprio quando comincio a sentirne il
calore sulla pelle si divide in due, una parte resta davanti a me e l’altra
si sposta alle mie spalle.
239/281
La luce assume il profilo incerto di due corpi femminili che reggono
lanterne luminose in cima a canne di bambù. I capezzoli di una delle
donne sono colorati come i miei, mentre quelli dell’altra sono attraversati da due anelli d’oro, che li rendono sfacciati ed eretti. A vederli, un
fiume di sangue affluisce sui miei capezzoli. I seni delle donne sono
appena coperti dalle collane di perline che portano al collo. Anche loro
indossano corte gonne ricamate, simili alla mia, ma meno elaborate. I
nostri copricapi sono diversi tra loro, quindi presumo debbano avere un
significato che ignoro.
Nessuna parla. Le donne mi stringono una corda intorno alla vita, la
stessa che hanno anche loro, e ci legano insieme in successione.
Quella davanti a me inizia a camminare e io la seguo. Anche se la
luce è sufficiente per vedere il percorso, almeno quello dei miei
prossimi passi, non ho idea di cosa possa esserci nell’oscurità che ci
circonda. Non scorgo il cielo sopra di noi, né la profondità sotto i nostri piedi, né se siamo dentro o fuori.
Niente è troppo caldo o troppo freddo, a parte le fiamme che ci
guidano. Ci muoviamo con solennità, in silenzio, un passo per volta.
In lontananza sento il suono di un grande tamburo; sembra il battito
del cuore della terra e i miei piedi si adattano subito al ritmo, intensificando il mio stato di trance.
Proseguiamo ancora lungo il percorso tortuoso finché svoltiamo un
angolo stretto e ci fermiamo.
Ognuna delle donne mi prende una mano per impedirmi di proseguire senza guida.
Il tamburo si ferma.
All’improvviso vengo accecata da una visione magnifica che ha
luogo proprio davanti ai miei occhi, e tutto si ferma all’istante.
Il mio cuore, le mie paure, le mie speranze, il mio mondo, il mio
corpo.
240/281
Trafitti.
Senza respiro.
Senza coscienza.
Solo avvolti dall’oro.
Il battito del tamburo rimette in moto il mio cuore e il mio corpo
obbedisce al suo richiamo lento e profondo. Ora riesco a vedere: ci
troviamo in una caverna gigantesca, la più grande che abbia mai visto.
Siamo ferme all’ingresso, molto in alto rispetto alle donne che mi
hanno preparata per questo evento, che sono sedute a terra in un ampio
cerchio, anche se non completamente chiuso. In un semicerchio dietro
di loro ci sono degli enormi tamburi suonati dagli uomini della tribù e
il loro rombo penetra nella caverna ed echeggia nei nostri corpi,
mettendo in collegamento la mente e lo spirito.
Proseguiamo il nostro viaggio camminando lungo i margini della
caverna finché ci uniamo al gruppo che si trova più in basso.
Ora sono staccata dalle mie compagne, sola al centro del cerchio.
Siamo tutte in piedi e sono circondata da dodici donne che, come me,
sono in un profondo stato di trance, che non sembra di questo mondo.
Io sono la tredicesima donna, in piedi da sola al centro, ma consapevole di essere circondata da comprensione e amore incondizionato.
Lascio che ogni poro del mio corpo assorba queste sensazioni mentre i
battiti poderosi dei grandi tamburi prendono il controllo del nostro
essere e cominciamo a muoverci al loro ritmo. Alcune donne si uniscono al canto con le loro voci melodiose arricchendo questo risveglio
spirituale di profondità e armonia. Il nostro corpo non esiste più come
entità separata, siamo diventate una cosa sola. Perdo del tutto il controllo del momento presente, l’inconscio si impadronisce della mia
mente.
Di nuovo, vedo tutto da due prospettive: dai miei occhi e dall’alto.
Vengo sollevata nell’aria dalle donne, come se venissi offerta agli dei.
241/281
Mi portano in un’alcova, a un livello più alto della caverna che sembra
un antico altare, e adagiano il mio corpo rilassato in una struttura circolare che era lì, pronta ad accogliermi. Non provo alcun timore
quando i polsi e le caviglie vengono legati al cerchio: solo amore e
accettazione. Una volta legata, la struttura viene sollevata e mi ritrovo
in piedi, legata con braccia e gambe divaricate, mentre le donne formano un cerchio intorno a me. È come se avessi sempre saputo che
sarebbe accaduto, che doveva accadere, e che tutto andrà bene. Lo so,
non ho dubbi che questo evento è l’apice delle mie vite precedenti e
delle mie esperienze terrene da quando mi sono riunita con Jeremy.
Proprio qui, proprio ora.
Alzo lo sguardo verso l’unica luce naturale della caverna e trovo
un’apertura che mi lascia vedere il cielo. Davanti ai miei occhi c’è
Venere, il pianeta più luminoso dell’universo. Sono impressionata da
questa meraviglia celeste e ho come la sensazione che il mio corpo sia
stato aperto il più possibile come offerta per poter ricevere i doni universali dell’astro. La sua luce risveglia la mia sensualità e il mio desiderio, e le corde che mi bloccano non mi fanno sentire immobilizzata,
ma mi danno un senso di potenza e spavalderia, perché so che mi
ancorano alla terra, mi assicurano alla gravità, impedendomi di volare
via ed essere unita a Venere per sempre.
Sento che la mia essenza vitale si dirige allo stesso momento verso
il mio passato e verso il mio futuro, cercando la riconciliazione nel
mondo reale, in modo che le vecchie ferite possano essere guarite e la
pienezza del mio futuro possa realizzarsi.
Muovo le anche al ritmo continuo dei tamburi tribali e chiamo a
raccolta gli uomini che hanno avuto un ruolo importante nelle mie
tante vite. Mentre guardo il cielo, sbirciando nell’apertura della caverna, con la coda dell’occhio vedo le fiamme del fuoco sotto di me, e
Leo emerge dalle profondità del buio.
242/281
Si mette dietro di me, facendo scorrere le mani morbide lungo il
mio corpo e unendosi alla mia danza seducente. Non riesco a vedergli
il volto; poiché lui è il mio passato, i nostri occhi non possono
incontrarsi.
Lascio che il mio corpo avverta le sensazioni che il mio protettore
sta suscitando, sapendo che non c’è nulla di cui aver paura, nessun peccato di cui pentirsi, che lui è nel posto giusto della mia vita. Le sue dita
mi esplorano come se si stesse preparando a dire addio al mio corpo,
ma non al mio spirito.
Jeremy compare dal cerchio di donne, come se avessero benedetto il
suo viaggio sacro in modo da farlo arrivare davanti a me in questo preciso momento. I nostri occhi si incrociano e ci perdiamo in un unico
sguardo verde smeraldo. Mi rendo conto che questo è l’uomo al quale
l’universo stava aspettando che io mi ricongiungessi del tutto, profondamente, da secoli, fin dalla nostra prima unione, quando iniziò la
magia del sangue.
Sono attraversata da sensazioni ultraterrene mentre questi due
uomini mi circondano, uno davanti e l’altro dietro. Resto spalancata
davanti a loro e al tempo stesso di fronte a Venere sopra di me, aspettando che entrambi si mettano in adorazione del mio corpo, desiderando la nostra definitiva unione più di qualsiasi altra cosa al mondo. So
che loro non provano né gelosia né rimorso, so che capiscono l’importanza del ruolo che entrambi svolgono.
Leo mi libererà dal mio passato e Jeremy mi darà la chiave del mio
futuro.
Man mano che i tamburi tribali aumentano il ritmo e il tempo, il
mio corpo immobilizzato diventa sempre più eccitato dalle loro
esplorazioni, impaziente di completare la nostra unione. Mentre una
mezzaluna scura scivola sulla superficie di Venere, il fallo di Leo mi
stimola il posteriore e accarezza la fessura tra le natiche.
243/281
Le sue mani mi afferrano i seni, mentre Jeremy tiene ferme le mie
anche oscillanti e mi bacia a lungo, con trasporto, entrando in profondità nella mia bocca, preparandomi a ciò che accadrà più in basso.
Il loro intenso lavoro sul mio corpo sta mandando la mia mente tra
le stelle che ci sovrastano, persa in un vortice. Io godo della loro venerazione del mio corpo, nel desiderio struggente di poterli toccare a
mia volta e abbracciare le loro forme virili, ma capisco anche che
questo è il futuro, non il presente. E così resto esposta e legata tra loro,
in modo che possano esplorarmi e accedere a me come vogliono,
baciando, accarezzando e succhiando. I movimenti diventano languidi
e lenti sulla mia pelle, stuzzicano le mie zone erogene gonfie con colpi
potenti di dita e lingua, portandomi sull’orlo del precipizio e lasciandomi lì. Oh, che meraviglioso supplizio.
La mia vulva pulsa in risposta alle sensazioni che Leo e Jeremy
stanno creando, i miei umori li incitano ad avvicinarsi di più alle mie
aperture, a diventare una sola cosa con me. Questi uomini della mia
vita continuano a creare un’estasi paradisiaca mentre il bisogno che mi
riempiano completamente diventa insopportabile.
Piego la testa all’indietro e urlo di piacere, abbandonandomi alla
lussuria e al desiderio e consegnandomi ai piaceri della fisicità. Non
posso emettere che gemiti disperati, sono persa, senza alcuna speranza.
Mi vengono tolte le collane e la gonna; il contatto è davvero ravvicinato, pelle contro pelle. Tutte le terminazioni nervose del mio corpo
sembrano essere state portate alla vita, risvegliate al piacere di ciò che
è e ciò che dovrà essere.
Sento il calore umido del corpo di Leo dietro di me, ma non incontro mai i suoi occhi. Il suo membro turgido scivola senza fatica tra le
mie curve e dentro le mie fessure, le braccia e le mani vagano libere tra
la mia vita, il seno e le gambe. Ho difficoltà a tenere in equilibrio il
244/281
peso del mio corpo e cado sotto l’incantesimo orgasmico delle dita
vibranti di Jeremy che danzano tra le pieghe delle mie labbra gonfie.
Leo mi spalanca le natiche ed entra, con lentezza e cautela si infila
nel mio posteriore e io emetto sospiri di piacere profondo. Una volta
raggiunta la posizione, affonda le mani sul mio seno, lo stringe e lo
massaggia mentre Jeremy si occupa delle mie gambe umide e mi
riempie là dove sa di appartenere.
Non sono mai stata presa in modo così totale. Il mio corpo trema di
desiderio mentre accetto con avidità i due uomini dentro di me,
godendo della sensazione di pienezza.
Ho desiderato questo momento da quando l’ho sognato tanti anni fa:
mi sono sempre chiesta come poteva essere, se fossi abbastanza forte o
abbastanza coraggiosa da affrontarlo. E alla fine mi viene regalato il
piacere sublime, trafitta nel profondo della mia sessualità.
Una pressione così intensa, così abilmente equilibrata che se fosse
appena più forte diventerebbe dolore. Un piacere assoluto, che supera
ogni mia aspettativa. Non avevo idea di quanto mi avrebbe fatto sentire
completa, nel corpo, nella mente e nello spirito.
Circondato, avvolto dalla loro virilità, il mio corpo accetta il ritmo
dei loro colpi finché le spinte trovano la perfetta sincronia. Ho le braccia e le gambe spalancate e ancorate in alto mentre loro si protendono
orizzontalmente ad afferrare la struttura circolare, e così i nostri corpi
sono collegati in una forma che riproduce il famoso disegno di
Leonardo, l’uomo vitruviano, e diventano un nuovo simbolo di perfezione. La nostra sinergia fonde lo spirito della divina femminilità con
la virilità maschile, finché i due uomini esplodono all’unisono dentro
di me, nella mia essenza.
Resto in equilibrio sulla punta estrema dell’estasi paradisiaca. Io e
Jeremy ci stiamo ancora fissando negli occhi per la meraviglia e il
rispetto che abbiamo l’uno per l’altra, poiché sappiamo che non
245/281
saremmo mai potuti tornare insieme senza Leo e la sua difesa del mio
dono. Abbiamo aspettato per secoli questa unione definitiva, la comunione delle nostre relazioni, per finire insieme ciò che da sempre siamo
destinati a fare ed essere. È molto più del sesso, di un rapporto fisico, o
anche del dono del matrimonio. Ciò che stiamo vivendo insieme in
questo istante va oltre la religione e i confini dell’infinito.
Il nostro passato incontra il nostro presente, per dare vita al nostro
futuro.
Siamo tre in uno. Lo siamo sempre stati. Lo saremo sempre.
Legati nell’amore, intrecciati nel contatto, rotoliamo, vortichiamo,
ci accarezziamo, finché il tempo diventa un elemento irrilevante della
nostra esistenza.
Non ho mai vissuto un momento più sacro di questa esplosiva unione sessuale che abbiamo avuto il dono di condividere, mentre le stelle
si allineano davanti a noi. Quando l’ombra scura che copre Venere si
scosta e lei torna a splendere, la mia estasi raggiunge vette celestiali e
le nostre energie combinate vengono consacrate. Sono completa come
non potrò esserlo mai più, ogni attimo della mia vita e ogni antenato mi
hanno condotta qui, dove lascio il mio corpo e ascendo al cielo.
È come se Venere stesse comunicando direttamente con me,
ricoprendomi con i suoi doni d’amore e fertilità. Il mio cuore ora batte
per lei, in suo onore, e io mi abbandono alla sua gloria. Potrei restare
qui per sempre, mentre con l’occhio della mente vedo l’universo dalla
sua prospettiva.
Vedo un luogo e un tempo precedente al momento in cui l’uomo ha
contaminato la religione con l’ingordigia e il bisogno di potere e controllo, quando si godeva della sessualità, e il corpo della donna era
onorato per la capacità di ricreare e riprodursi sulla terra. E natura e
procreazione erano rispettate e intessute nella carne stessa
dell’umanità.
246/281
Sono sommersa da immagini di dee e alte sacerdotesse venerate
dalle civiltà per la loro fertilità e capacità di creare, mantenendo così
l’equilibrio e la fonte dell’ordine universale, nutrendo la madre terra e i
suoi figli.
Bellezza, natura, sesso, amore e intimità.
Questa connessione universale potrà mai essere rimessa in atto?
Sembra che il nostro ego abbia lasciato che la mente fosse al centro
della scena per troppo tempo, che la scienza prendesse il posto della
spiritualità e dettasse il percorso del progresso della specie umana. Il
nostro comportamento, la nostra salute, il nostro benessere sono stati
influenzati da questo nuovo regime, ma in qualche modo sono scollegati. Sostanze artificiali che ci garantiscono la longevità e riducono il
dolore, create per renderci più felici e più sani, eppure restiamo
comunque insoddisfatti.
Provo un inaspettato senso di gratitudine per il coraggio che ho
avuto imbarcandomi in questo viaggio, per essermi aperta
all’esplorazione dell’ignoto, e per essermi affidata ancora una volta
alla creatività, all’immaginazione e al gioco. Così la mia anima è
rimasta vitale e legata saldamente alla coscienza. Mi rendo conto che è
arrivato il momento, che i tempi sono maturi. Ora più che mai, desideriamo che la sensualità si riconcili con lo spirito. Per guarire la terra è
necessario nutrirla, amarla.
Il cambiamento dipende da noi e richiede la comunione totale tra
scienza, sessualità e spiritualità, la necessità di uno stato di coscienza
più elevato.
Mentre Venere mi abbandona, resto circondata da un calore e un
amore che è tanto assoluto quanto completo. La luminosità dell’astro si
attenua mentre la luna piena oscura in parte la sua brillantezza. Il nostro atto sessuale resta illuminato e il nostro scopo diventa chiarissimo.
Noi tre esistiamo per favorire questa integrazione.
247/281
Lo scopo di tutto ciò che ho vissuto in questi ultimi mesi si definisce. Il mio incontro con Jeremy, le condizioni che mi ha imposto
costringendomi a uscire dal guscio della mia vecchia identità.
Ripenso a quando ho deciso di accettare la proposta di Jeremy e a
come in quel momento mi paragonassi a Eva che accetta la mela proibita. I miei valori antiquati si basavano su fatti che non avevo mai completamente analizzato: mi lasciavo soltanto trasportare dalla corrente
della società. Un codice che separava il bene dal male, il nero dal
bianco, in un mondo che in realtà non poteva essere né l’uno né l’altro.
Ma quando alla fine ho abbracciato la mia sessualità e ho abbandonato
le mie vecchie convenzioni e pregiudizi, mi sono sentita sfidata dalla
scienza e minacciata dalla paura, e ciò è servito solo a confermare la
mia risoluzione e chiarirmi le idee su chi sono e cosa rappresento.
E adesso questo. Sono stata così onorata di poter intraprendere
questo viaggio in un universo spirituale oltre il regno delle possibilità
presenti nella mia mente, che invece delle domande ora ho delle risposte. La conoscenza di ciò che si trova oltre i nostri limiti umani, la
conoscenza dell’amore universale e incondizionato e il legame tra tutti
noi, la possibilità di scegliere di abbracciarci e di far parte in modo significativo delle nostre vite.
Mentre queste considerazioni prendono forma, Venere mi fa cenno
di unirmi a lei per l’ultima volta prima che sparisca di nuovo nei cieli. I
miei amanti si staccano dal mio corpo e io seguo l’astro, entusiasta. Mi
sento presa in una spirale che mi porta verso di lei in una specie di vortice, come se fossi attratta da un magnete al centro del mio ombelico
verso il mondo segreto di Venere. Il vortice si ferma e io mi trovo in
una caverna che riesco a descrivere solo come un utero. È morbida e
comoda, e molto serena, con sfumature di rosa e rosso chiaro e arancio
acceso. Sento il battito attutito del cuore della madre terra che batte
senza sosta, placando il nostro spirito.
248/281
Non sono qui in alcuna forma fisica, ma mi rendo conto di
appartenere a questo posto, di averne sempre fatto parte. È questa la
mia origine ed è qui che tornerò alla fine, anche se so in fondo alla mia
anima che non l’ho mai lasciato davvero.
I miei pensieri, i miei sentimenti e il mio amore stanno sommergendo il mio spirito, un’onda meravigliosa dopo l’altra, all’infinito,
ancora e ancora. La sensazione è così pura e forte che non può non
derivare direttamente dall’origine della vita.
È parte di me, è me, mi contiene.
Sono io. Sono la madre dell’amore incondizionato, alimento della
terra.
Sono il cuore e l’utero al tempo stesso, comprendo e sono compresa
dal femminile divino.
Dalle mura circolari della caverna a forma di utero, sento la
presenza delle altre, che fanno parte di me ma restano ancora separate.
Dovremmo essere unite, ma non siamo ancora pronte. Sto per
incontrare gli spiriti più antichi e profondi tra le mie sorelle, che mi
accolgono nella loro sacra unione.
Loro condividono il mio amore e io la loro sapienza, ogni spirito
con i propri doni e talenti unici. Hanno aspettato per molto tempo il
mio arrivo per completare la nostra forma circolare.
Il mio spirito viene ricostituito, rinnovato e rinvigorito dall’unione
con le mie sorelle; sento che il mio ventre viene di nuovo trascinato
nella direzione opposta, allontanandomi dal conforto infinito dell’utero
segreto.
Divento le lacrime che verso nella gioia e nella consapevolezza di
non sapere quando tornerò in questo posto celeste e sacro. Quando le
stelle si allineeranno di nuovo.
La luce di Venere diminuisce mentre la luna brillante mi acceca e
mi nasconde per un attimo la sua presenza. È a questo punto che torno
249/281
al mio essere fisico e il buio discende sui due corpi celesti, consumando il mio stato cosciente.
Parte ottava
Rischia più di quanto gli altri ritengono sicuro.
Ama più di quanto gli altri ritengono saggio.
Sogna più di quanto gli altri ritengono ragionevole.
Aspettati più di quanto gli altri ritengono possibile.
Cadet Maxim
Alexa
Apro gli occhi: la luce è accecante e ho un dolore terribile alla testa,
come se me l’avessero spaccata in due con un’ascia. Li richiudo
all’istante, sperando che il male diminuisca, ma non c’è niente da fare.
Cerco di muovere le mani per sentire cos’ha la mia testa che non va,
ma mi accorgo di non poter staccare le braccia dai fianchi. Ho lo
stomaco sottosopra e sento il mio corpo sollevarsi con forza, in un
movimento involontario, per chinarsi in avanti e rigettare.
Oddio, mi sento malissimo. Non ho modo di sapere cosa mi sia successo né cosa stia avvenendo intorno a me, e non appena i conati cessano ricado all’indietro in un bagno di sudore. Sento dei bisbigli vorticarmi intorno, ma ben presto si fanno distanti, svanendo, mentre
l’oscurità mi inghiotte e mi porta lontano, molto lontano.
***
Sento il segnale intermittente di una macchina prima di essere consapevole di tutto il resto. Sono distesa e sento un dolore sordo su un lato
della testa. Mi prendo un momento per trovare il coraggio di aprire gli
occhi. Non so dove mi ritroverò dal punto di vista fisico, mentale o
spirituale, e nemmeno in che secolo sono finita, via via che torno cosciente di me stessa, lentamente ma senza incertezze.
Quando lo faccio, la luce mi opprime, e mi fa balenare il ricordo di
quando ho riaperto gli occhi ad Avalon dopo essere stata cieca e
immersa nell’oscurità con Jeremy mesi fa. Dove sarò finita? Non posso
252/281
essere in un’altra versione di Avalon, vero? Il solo atto di pensare mi fa
scoppiare la testa, mi sento molto debole. Mi accorgo di avere una
flebo attaccata a una mano e dentro di me emetto un rantolo: forse
Jeremy sta di nuovo esagerando con il suo ruolo di medico. Dove mi
trovo? Dove sono i miei figli?
Perché sono sola?
Ma scivolo di nuovo nell’oblio.
***
Quando mi sveglio di nuovo c’è Jeremy seduto accanto a me che mi
tiene la mano. Mi volto a guardarlo, e il giornale che stava leggendo
cade a terra mentre lui balza in piedi.
«Alexa, tesoro. Non fare sforzi, non ti girare, resta ferma». Si sposta
nel mio campo visivo. Mi sorride, ma non può nascondere l’espressione preoccupata sul suo viso, negli occhi. Ricambio il sorriso, e mi
accorgo che ho le labbra molto secche. Devo avere un aspetto terribile.
Riesco a dire solo «Ciao», in un sussurro roco.
«Be’, buongiorno, dottoressa Blake. Bentornata tra noi».
Vorrei chiedergli dove sono stata, invece la mia domanda è: «Dove
sono?»
«A Boston, in Massachusetts».
«Oh, bene». Non faccio che volare qua e là in questo periodo. La
mia semplice vita casa-lavoro mi sembra lontana anni luce, ormai. Lui
si accorge della mia incertezza. «Sei stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva neurologica del Birmingham and Women’s Hospital.
Ti abbiamo portata qui non appena ci siamo accorti che avevi una
frattura depressa dell’osso temporale e potevi aver subito la rottura
dell’arteria meningea».
253/281
Ha la tendenza a sommergermi di dettagli tecnici medici anche
quando sono in forma smagliante, ma con questo mal di testa è una
vera tortura.
«Guarirò?»
«Sì, tesoro». Il suo sorriso mi dice che ne è convinto, mentre mi
accarezza una guancia con il dorso della mano. Sento che la tensione
mi abbandona, anche se non mi ero resa conto di essere così contratta.
«Pare proprio che ti riprenderai alla perfezione e non ci saranno danni
permanenti, ma solo un po’ di emicrania per il prossimo mese circa.
Sei stata curata dai migliori specialisti.
Questo ospedale è associato con Harvard, e gran parte del mio
lavoro sulla depressione si svolge qui. Il momento critico sono state le
prime quarantotto ore, perché continuavi a vomitare, ma da allora in
poi i tuoi parametri non hanno fatto che migliorare in modo
eccellente».
Oh, no, altre ore della mia vita che non ricorderò.
«Da quanto sono qui?»
«Meno di una settimana. Non abbiamo voluto correre rischi con il
tuo cervello, RS». Lo guardo senza capire, e lui corruga la fronte.
«Oh, capisco, stai testando le mie capacità cognitive.
Non preoccuparti, J, sarò sempre la tua Ragazza Sexy». Il sollievo
che prova è palpabile; sorridiamo entrambi e lui mi stringe la mano.
«Non ricordo molto», aggiungo.
«Sei stata bombardata di antidolorifici e leggeri sedativi per dare al
tuo corpo il tempo di guarire, quindi è probabile che tu abbia avuto una
lucidità intermittente. A volte i farmaci possono dare perfino allucinazioni o comunque sogni piuttosto vividi».
Cercare di capire cosa è reale e cosa no è troppo difficile per la mia
mente.
«Dove sono Elizabeth e Jordan?»
254/281
«Sono qui anche loro. Sono venuti a trovarti spesso, soprattutto nel
pomeriggio.
Sanno che avevi bisogno di riposo, ma sono sicuro che saranno
ansiosi di parlare con te».
«Quindi sono tornati dall’Amazzonia?
Stanno tutti bene?». Cerco di mettermi a sedere, ma lui mi preme
con dolcezza una mano sulla spalla per fermarmi, mentre aziona il
pulsante che attiva il meccanismo del letto facendolo sollevare.
«Stanno tutti benissimo. Non ci sono stati assalti da parte di animali
selvaggi né malattie infettive. A quanto pare i ragazzi si sono divertiti
come matti, e anche Robert e Adam. Hanno preparato una
presentazione con tutte le loro foto e dicono che si scambieranno
lettere con Marcu per sempre».
«Oh, è fantastico. Sono felice che stiano bene». Appoggio la testa
sul cuscino. «Allora che mi è successo?
Ma soprattutto, perché mi succede sempre qualcosa? Negli ultimi
tempi finisco sempre per ritrovarmi attaccata a una flebo».
Jeremy si accorge che mi trema la mano che tiene nella sua. «Non
devi preoccuparti. Ti toglieremo la flebo subito dopo che avrai
mangiato. Ti va dell’acqua?». Annuisco. Mi sembra che voglia soddisfare ogni mio desiderio, facendomi sentire amata e accudita in tutto e
per tutto.
«Non hai la nausea, vero?». Ho l’impressione che si sia trattenuto
finora dal chiedermelo, e voglio che resti Jeremy con me, non che torni
al suo ruolo di medico.
«No, mi sento bene. Dimmi, cosa mi è successo?».
«Qual è l’ultimo ricordo che hai?».
«Jeremy!». Ho alzato la voce, ma mi è uscito un gridolino strozzato.
Non mi va di stare ai suoi giochetti.
255/281
Inoltre nella mia mente ci sono tanti ricordi distinti, strani e meravigliosi che mi ci vorrà un po’ per trovarne il capo, prima di poterne
parlare in modo ordinato. Il solo pensiero in questo momento mi dà
una fitta alla testa.
«Okay, okay. Devi restare calma.
Ricordi lo sciamano?».
Annuisco.
«Eravamo tutti seduti con lui, e a un tratto la situazione si è un po’
ingarbugliata. Ne ho parlato di sfuggita con Leo, ma abbiamo versioni
diverse di quanto è accaduto, così abbiamo pensato che fosse meglio
aspettare che ti sentissi meglio per ricostruire la vicenda. È come se ci
fossero fatti reali e altri avvenuti solo nelle nostre menti individuali.
Comunque sia, eravamo in piedi quando all’improvviso sei stata colta
da un attacco di convulsioni come la prima volta che hai bevuto
l’ayahuasca…».
«Come? Convulsioni?»
«Non te ne ricordi?».
Faccio cenno di no col capo.
«Ogni volta che hai bevuto quell’infuso, hai avuto convulsioni, più
o meno potenti. All’inizio mi spaventavo a morte, ma poi ho cominciato ad abituarmi, sapendo che nel giro di un minuto avresti raggiunto
uno stato di “pace ultraterrena”, e a proposito, sono parole di Leo, non
mie». Fa una pausa e mi bacia la mano prima di riprendere.
«In ogni caso, quell’ultima volta, in presenza dello sciamano, non
hai avuto subito le convulsioni, sono cominciate dopo: ti eri alzata in
piedi ed è stato come se una forza invisibile si fosse impossessata di te.
Hai cominciato a girare su te stessa, con la testa all’indietro, e ti
muovevi nella radura dove ci trovavamo. Non sapevamo se fermarti o
lasciarti fare, e alla fine sei caduta, andando a sbattere la testa contro
un masso».
256/281
Sollevo la mano libera sulla benda che mi fascia il lato sinistro della
testa, proprio dietro l’orecchio.
«All’improvviso siamo usciti dallo stato di trance in cui ci
trovavamo, e quando ci siamo resi conto che eri ferita abbiamo fatto in
modo di tornare subito a Miami. Ma quando hai cominciato a vomitare
in aereo ho deciso all’istante di metterti nelle mani dei miei colleghi in
questo ospedale». Mentre racconta, gli leggo negli occhi la profondità
delle emozioni, il timore che ha provato per la mia vita. Stringo forte la
sua mano.
«A quanto pare è stata la scelta giusta, e se mi dici che mi riprenderò so che è così».
Torna al presente, a me, e mi dà un bacio su una guancia. «Sì,
tesoro, starai bene, ed è meraviglioso riaverti. Vuoi qualcosa per il
dolore?»
«Non saprei. Mi fa ancora male la testa, ma non è terribile».
Preme il pulsante per chiamare l’infermiera. «Dovrai andarci piano
per un po’. Poco dopo il tuo arrivo, hai avuto bisogno di una piccola
trasfusione di sangue».
«Davvero?». Questa proprio non me l’aspettavo. Perfino Jeremy mi
sembra a disagio.
«Il tuo sangue non coagulava come speravamo, e dopo aver pulito
la ferita il chirurgo ha ritenuto che fosse meglio farla, e… ecco…»,
esita.
«Che è successo, J?»
«AB, avevi del sangue sui capezzoli durante il volo dell’anima, e
non sono riuscito a capirne il perché.
Non sembrava sangue recente, ed è davvero sconcertante…». Si
gratta la testa, come se cercasse di fare appello a una tesi scientifica
convincente.
257/281
Nella mia mente si fa strada l’immagine di Caitlin. «Wow, è incredibile. Devo essere davvero entrata in connessione con lei».
Mi guarda dritto negli occhi.
«Connessione?»
«C’è molto che devo raccontarti.
Diciamo solo che durante il volo questa ragazza, Caitlin… be’, lei
era me, credo, in un modo molto strano…». Mi accorgo che ora che
sono tornata nel mondo “reale” è difficilissimo spiegarmi. «… aveva
dei fori a entrambi i capezzoli, quindi forse è per questo che mi è successo. Ero collegata a lei, Jeremy, come se una parte di me fosse davvero lei. Percepivo ciò che le accadeva».
Mi guarda pensieroso. «Sai, tesoro, prima del viaggio in Amazzonia
ti avrei detto che sei fuori di testa, o che le tue capacità mentali sono
state danneggiate dal colpo ricevuto, ma dopo ciò che abbiamo sperimentato perfino io devo ammettere che esistono cose che la scienza e
la medicina non possono spiegare. E ho il campione di sangue per
provarlo».
Lo guardo. «L’hai prelevato dai miei capezzoli?», chiedo sconvolta.
Annuisce. «Anche se è lo stesso gruppo AB, sono del tutto sicuro
che non appartiene a te, anche se ci sono alcuni tratti nel DNA che
coincidono.
È davvero sconcertante».
Non riesco a trattenere un sorriso.
«È perché appartiene a Caitlin».
Tante cose mi tornano alla mente insieme a queste parole e questi
pensieri, in una consapevolezza che prima dell’esperienza amazzonica
non possedevo. Chiudo gli occhi, ricordando per un attimo le intuizioni
che ho ricevuto dall’universo, il motivo per cui sono qui con Jeremy, il
motivo per cui Leo era nel mio passato e sarà nel mio futuro, e ciò che
potremo realizzare insieme. In sottofondo sento la voce di Jeremy che
258/281
mi dice di riposare il più possibile, se voglio passare il Natale con gli
altri.
Ma torno alla realtà di colpo, così in fretta che non riesco a capacitarmi di non averci pensato prima. Il ricordo di quanto mi sono lasciata
alle spalle mi investe, avvolgendomi in un terrore che mi fa rabbrividire dalla testa ai piedi.
«Che hai, Alexa? Sei diventata pallidissima». Jeremy controlla il
monitor e in quel momento entra l’infermiera.
«E Jurilique? Sono rovinata?».
Tremo mentre mi passano davanti agli occhi le immagini delle foto
e dei titoli, e penso a cosa possano pensare di me i miei figli. Per
questo ora non sono con me: forse non vorranno rivedermi mai più
dopo quel che ho fatto…
«Credo stia di nuovo collassando». L’infermiera corre al mio fianco
e aggiunge qualcosa alla flebo, poi chiama un altro dottore.
Jeremy, dimmelo! Sto gridando solo nella mia mente, perché il
terrore mi ha paralizzata. Lui mi prende entrambe le mani e mi guarda
negli occhi mentre un calore si diffonde nel mio corpo.
«Non hai nulla di cui preoccuparti. Pensa solo a riposarti, tesoro,
chiudi gli occhi. Andrà tutto bene, te lo giuro».
Cerco di restare vigile finché posso, ma la stanza svanisce insieme
agli occhi verdi di Jeremy, trascinandomi di nuovo nel vuoto.
***
Mi sveglio e davanti a me, oltre una finestra ad arco, si estende un
panorama invernale spettacolare.
Devo darmi un pizzicotto per convincermi che non sto sognando…
di nuovo.
259/281
Ho sempre desiderato passare il Natale sulla neve ma senza riuscirci, e adesso eccomi qui, a Whistler, in British Columbia. Siamo tutti
riuniti nello chalet di Leo, e anche se mi mancheranno la mia famiglia
e il banchetto a base di pesce per poi andare in spiaggia a fare surf,
come nella migliore tradizione natalizia australiana, so che mi godrò
ogni istante del momento più magico dell’anno in compagnia dei miei
figli in questo angolo del mondo.
Certo, sempre se rientreranno dalla loro sessione di snowboard:
sono impazziti per il nuovo sport, e a quanto pare Jeremy e Robert non
perdono occasione per portarli fuori ogni volta che lo chiedono.
Ho ancora bisogno di un po’ di riposo, quindi le mie notti sono
molto lunghe e durante il giorno dormo spesso. Jeremy mi ha detto che
è un buon segno e che fa parte del processo di guarigione, anche perché il mal di testa sembra ormai passato del tutto. Siamo arrivati solo
da qualche giorno ed ero così stanca per il viaggio che non sono riuscita a mettere il naso fuori dal magnifico rifugio di Leo per esplorare i
dintorni. Non mi è nemmeno passata per la testa l’idea di sciare, so già
che me lo proibirebbero. Ma devo ammettere che con tutto quel che ho
passato non credo che in questo momento avrei le energie nemmeno
per camminare con gli stivali da sci addosso, e meno che mai per trasportare gli sci. Mi basta bere un po’ di cioccolata calda e dormicchiare
vicino al fuoco.
A quanto pare Leo e Jeremy hanno passato spesso il Natale insieme
qui con le loro famiglie. Saperlo rende il mio soggiorno ancor più significativo: so che ormai faccio parte delle loro vite. Allungo le braccia
e mi prendo un po’ di tempo per ripensare a tutto quel che è successo
nelle ultime due settimane.
È stata una gioia e un sollievo sapere da Martin che Josef e Salina
sono stati portati in salvo dalla struttura della Xsade al lago di Bled.
260/281
Sembra che il nuovo sistema di sicurezza abbia avuto un grave
guasto, che ha causato una serie di esplosioni più forti del previsto, che
in qualche modo hanno innescato detonazioni secondarie da cui è nato
un incendio che ha mandato in tilt l’intero edificio. Per fortuna Salina
nel frattempo era riuscita a trovare Josef, anche se prima lui ha cercato
di salvare Madame Jurilique, rimasta intrappolata sotto un macchinario. Dopo tutto quel che ha subìto da quella donna, ha dato l’ennesima
prova di generosità, e invece di lasciarla morire ha fatto di tutto per salvare il suo viso, deturpato da sostanze chimiche.
Martin e Josef sono riusciti a estrarla con una squadra di soccorso,
portandola in ospedale. Le bruciature chimiche erano così gravi che
resterà per sempre sfigurata, e devo ammettere che non lo augurerei al
mio peggior nemico… che immagino sia lei. Il quadro generale è terribile. Ieri sera Jeremy mi ha detto che stando agli ultimi aggiornamenti sulla sua salute, ha contratto lo stafilococco aureo durante un
intervento al volto, e che non risponde a nessuna terapia antibiotica.
Stando alla prognosi, potrebbe morire prima di Natale.
Josef è potuto tornare da sua moglie, e il pensiero mi riempie il
cuore di felicità. Gli è stato offerto un posto importante da una grande
casa farmaceutica tedesca con cui Jeremy lavora spesso. Sono famosi
per il forte codice etico e l’approccio equilibrato nei confronti delle
persone, del pianeta e dei profitti, quindi è davvero una buona notizia.
Mi hanno detto che non ha ancora deciso se accettare o se partire
insieme a sua moglie per il Terzo Mondo con Medici Senza Frontiere
per un paio d’anni, per avere il tempo di depurarsi dalla follia lavorativa in cui è stato coinvolto finora, e che darà una risposta all’inizio
del prossimo anno.
La Xsade è fallita, a causa dei costi che avrebbe dovuto sostenere
per ricostruire la sede e la quantità di debiti che la società aveva
contratto.
261/281
Alcuni membri del consiglio di amministrazione sono stati incriminati per la morte di cinque persone causata dall’esplosione della struttura: è davvero terribile. Louis e Frederic sono tra i deceduti, insieme
ai membri della squadra di sicurezza della Xsade, che si sono resi
conto solo troppo tardi che il sistema era andato in blocco. Non posso
fare a meno di riflettere sul crollo di Madame Jurilique e sul fatto che
una sola mela marcia in una posizione di potere possa mettere a
repentaglio le vite di tanti altri. Il rischio che quella donna provi a
ottenere il mio sangue o quello dei miei figli per analizzarlo è svanito,
insieme alle foto e i comunicati che per fortuna non sono mai arrivati
su internet.
Sono notizie per cui vale la pena aprire una bottiglia magnum di
champagne, anche se dall’incidente non ho più avuto alcuna voglia di
bere. Mi sento male al solo pensiero… forse è per via del colpo alla
testa. Magari berrò solo un sorso il giorno di Natale.
Sento un bussare leggero alla porta di questa incredibile e immensa
suite antica: i miei sogni a occhi aperti vanno in mille pezzi e mi sistemo i cuscini dietro la schiena, mettendomi a sedere.
«Avanti».
Leo apre la porta: ha un vassoio con sopra due tazze, qualche biscotto e un giornale.
«Ehi, buon pomeriggio», mi saluta.
«Oh, no. Non può essere, non di nuovo».
«Solo un pochino. Ho promesso di prendermi cura di te. Jeremy ha
portato i ragazzi a fare qualche spesa natalizia dell’ultimo momento».
«Grazie, Leo, ma non è necessario: sai bene che sono perfettamente
in grado di badare a me stessa».
Solleva un sopracciglio, ma sorride compiaciuto. È bello come al
solito col suo maglione e i pantaloni sportivi.
262/281
«Sai bene qual è il ruolo che sono destinato a svolgere nella tua vita,
Alexandra».
Le sue parole mi fanno arrossire.
Non abbiamo avuto occasione di parlarne, dopo Avalon, un po’ perché sono finita in ospedale, un po’ perché non ho fatto che dormire e
c’è sempre stato qualcuno con noi.
Ora però è il momento. Mi bastano queste semplici parole per avere
la certezza che anche lui sa tutto ciò che so io, e forse anche molto di
più.
«Non ha senso combattere, vero?».
Si limita a scuotere il capo, senza nemmeno cercare di nascondere
un sorriso.
«Però posso ringraziarti dal profondo del cuore per tutto quanto,
no?»
«Certo». Posa il vassoio e mi porge una tazza di cioccolata calda
fumante. Credo di star diventando dipendente da questa bevanda.
«Ora che siamo soli, posso farti qualche domanda?». Sollevo le
palpebre per incontrare il suo sguardo. So che resterò legata alla
saggezza dei suoi occhi e alla sua anima per l’eternità.
«Certo, Alexandra, chiedimi tutto quello che vuoi».
«Ci sono alcune cose che non capisco, e so che se tu non hai le risposte, è probabile che non le abbia nessuno». Annuisce e con pazienza
aspetta che prosegua. Con Leo non c’è mai fretta: concede a tutti
tempo e spazio, in modo che possano agire secondo i loro ritmi.
Amo questo suo modo di fare, e anche molto altro. «Tu hai un
legame con il giovane dottore che ha salvato Caitlin e poi l’ha sposata,
prendendosi cura delle sue figlie gemelle?»
«Lo stesso che è stato salvato dalle donne con il marchio del cuore,
sì».
263/281
«E tu sapevi che era una donna del cuore per via del segno sul suo
corpo».
«Esatto».
«Conosco bene il mio corpo, e so di non avere alcun segno o marchio che indichi una qualche diversità del mio sangue. È per questo che
non riesco a capire: perché proprio io?
E perché proprio il mio sangue? In ognuna delle visioni che ho
avuto durante il volo dell’anima, il marchio di nascita a forma di cuore
era presente da qualche parte sui loro corpi, mentre io non ho nulla, da
nessuna parte, anche se il mio sangue è connesso».
Leo poggia da parte la sua tazza e poi la mia. Mi prende entrambe le
mani, le fa ruotare in modo che abbia i palmi rivolti verso l’alto e resta
in silenzio, guardandomi, come se dovessi capire cosa sta cercando di
dimostrarmi. La mia espressione è più che confusa, e lui sorride.
«Ricordi quando l’anziano ti ha guardato i palmi ad Avalon e ha
detto che eri pronta a partire per il volo dell’anima?»
«Sì». Ricordo bene il modo in cui mi ha osservato mani e braccia,
facendole ruotare più volte.
«Ha capito che eri pronta per due motivi. Anzitutto sentiva la tua
energia, che gli ha dato la certezza della tua disponibilità a ciò che
avresti conosciuto nella giungla. In secondo luogo, ha avuto conferma
che possedevi l’elemento mancante del puzzle che stavamo cercando
di risolvere».
«Leo, stai parlando in modo criptico apposta o la botta in testa mi
impedisce di capire quello che dici? Mi sono persa».
«I palmi delle tue mani hanno il marchio del cuore, Alexandra».
Li guardo senza capire, come se dovessi veder apparire qualcosa per
miracolo, ma so di non avere voglie sulle mani. Leo le prende e le fa
avvicinare, unendole. Non posso credere ai miei occhi: le linee sui
264/281
palmi, una volta vicini, formano un cuore perfetto, grande quasi quanto
le mani. Sono sconvolta, e guardo di nuovo negli occhi saggi di Leo.
«Mia cara Alexandra, tu hai il marchio, questo è fuor di dubbio. Lo
hai dalla nascita. Le tue linee della mente e del cuore, quando sono
unite, creano una forma perfetta, dal significato preciso. La pratica
della chiromanzia, cioè della lettura della mano, è una tradizione
risalente a cinquemila anni fa. Al giorno d’oggi l’antica sapienza è
stata dimenticata, e si pensa sia poco più di un gioco.
La mano sinistra è controllata dall’emisfero cerebrale destro, che è
quello dedicato allo sviluppo spirituale e personale: alcuni lo definiscono yin, la parte femminile della personalità. La mano destra,
invece», e me la solleva mentre parla, «è controllata dall’emisfero sinistro, che è la parte yang, maschile e più razionale. Il tuo destino è
l’unione delle due componenti».
Per l’ennesima volta sono ipnotizzata dalla voce tranquilla e sapiente di Leo, ma anche intimidita da ciò che mi sta rivelando.
«Quando Caitlin da bambina è diventata donna, il suo marchio è
stato nascosto, mentre la storia cercava di sradicare l’esistenza del
divino femminile. Il tuo segno», mi fa riunire le mani, «rispecchia consapevolezza e integrazione.
Diventa visibile solo quando le due parti si avvicinano. Quando la
destra si unisce alla sinistra, yin a yang, la femminilità alla mascolinità,
l’intuizione all’osservazione, la spiritualità alla scienza. Decidi tu che
punto di vista adottare».
Resta in silenzio e io continuo a fissarmi le mani, sconvolta da ciò
che ora è visibile sul mio corpo.
Che è sempre stato lì e non ho mai riconosciuto, fino a questo
momento.
Non c’è bisogno di sottolineare la strana sensazione che provo.
265/281
«Non riesco proprio a crederci… è questo che hai visto, che hai
visto anche tu? Non me l’avevi mai detto…».
«Avrebbe cambiato qualcosa, se te l’avessi detto allora? Avrebbe
avuto lo stesso significato che ha scoprendolo in questo momento?».
Scuoto il capo: è la verità, e invece di tenere per me i miei pensieri,
decido di condividerli con lui, che è il mio gufo, il mio saggio consigliere, il mio difensore.
«No, se me l’avessi detto prima avrei pensato che fosse una strana
coincidenza. Se non avessi visto Evelyn e Caitlin e il marchio del loro
sangue nei secoli, non gli avrei dato alcuna importanza. Se non avessi
avuto le visioni di Venere e non avessi conosciuto il significato della
vera spiritualità, ora non parleremmo così, e comunque non potrei
comprendere quanto mi stai dicendo».
«E cosa pensi di tutto questo, Alexandra, che idea ti sei fatta?»
«So che le anime di Jeremy e le mie attendevano da secoli di potersi
riunire, da quando il vichingo e la sacerdotessa hanno innescato il risveglio sessuale del loro sangue guaritore. So che ora ci è concessa la
possibilità che nelle vite precedenti non siamo riusciti a cogliere. Che
tu proteggerai sempre la mia linea di sangue da ogni pericolo, e riunirai
le anime antiche». Guardo nei suoi occhi azzurri luminosi e mi rendo
conto che condividiamo un amore e un legame diversi da qualsiasi
altro abbia mai avuto, posto a un livello più alto e fatto di amore puro e
incondizionato, non nato dalla lussuria o dal desiderio, da nulla di fisico. «So anche che Jeremy lo accetta, che tutte le volte in cui per
qualsiasi motivo non è stato presente, aveva la certezza che tu ci saresti
stato».
Le intuizioni si susseguono dentro di me mentre lo sguardo di Leo
resta profondamente unito al mio; stacco gli occhi dai suoi e mi guardo
i palmi delle mani mentre le mie parole si dispiegano tra di noi. «So di
avere il compito di portare un’integrazione. Di essere un ponte tra la
266/281
scienza, la medicina, e i poteri di guarigione spirituali. Lavorare con
voi due ci consentirà di farlo accadere nel corso delle nostre vite
attuali».
Parlare con Leo mi fa sentire più leggera che mai. Averlo accanto
mi consente di credere che tutto è possibile, e devo ammettere che difficilmente mi sono sentita così da quando sono tornata insieme a
Jeremy: ogni volta in cui trovavo la perfetta felicità, poi me la vedevo
strappar via. Prima quando sono arrivata a Londra, e di nuovo a
Orlando. Tutte e due le volte la Strega si è intromessa fra noi e Leo è
intervenuto per ripristinare il nostro cammino e la nostra unione.
«E tu, Leo? Cosa hai capito da quanto è successo?»
«Be’, credo di poter dire che è una storia lunga, ma l’idea che mi
sono fatto è che tu e JAQ siete sempre stati attratti uno dall’altra, come
se tra voi ci fosse una forza magnetica. Il dottor Quinn direbbe che è
per via del tuo sistema limbico, e sono sicuro che porterà avanti i suoi
studi delle terminazioni nervose intorno alla corteccia per poter dare un
giorno una spiegazione scientifica», dice sorridendo.
«Qualunque sia la sua natura, la connessione tra voi è stata interrotta da una serie di eventi nelle diverse vite. I momenti più significativi di questa vita sono stati il suicidio di suo fratello, che lo ha spinto
a trovarmi, e la tua decisione di avere figli, che ha diviso le vostre
strade.
La sequenza di accadimenti che hanno fatto incontrare mio fratello
e tuo marito, e il fatto che tu sia “AB”, l’amore assoluto della vita di
JAQ, sono state coincidenze troppo evidenti perché potessi ignorarle. È
stato come se mi stessero offrendo un’opportunità incredibile, e ho
avuto l’intuizione di seguirne ogni dettaglio». Si ferma per darmi il
tempo di riflettere sulle sue parole, e i nostri sguardi si agganciano di
nuovo. «L’esperimento cui ti sei sottoposta durante il fine settimana
con Jeremy ha risvegliato in me molti ricordi: è stato come se stessi
267/281
rivivendo un passato che non riuscivo a comprendere. La tua posizione, le tue reazioni… mi sembrava di sapere cos’avrebbe fatto il tuo
corpo prima che lo facesse davvero. Non ho mai provato nulla del
genere, e sapevo di non essere semplicemente al cospetto di un atto
sessuale, per quanto intenso. La tua tesi affronta gli stessi argomenti su
cui io ho lavorato per anni, anche se da una prospettiva diversa. Gli
elementi comuni erano troppo sconcertanti per la mia mente logica,
così mi sono rivolto allo sciamano, ed è stato allora che tutto è
diventato chiaro. Eri importante per me quanto Jeremy lo è per te. Le
nostre vite sono legate in modo indissolubile.
Se tu sei in pericolo, sento il bisogno profondo di metterti in salvo,
proteggendo te e la tua stirpe.
È il mio destino, e diventa il mio unico scopo».
Restiamo in silenzio per qualche istante, ripensando all’assurda
serie di avvenimenti che ci ha condotti fin qui.
Alla fine sospiro. «C’è ancora molto su cui riflettere, ma hai
ragione: capisco perfettamente. Tutta la questione legata alla mia linea
di sangue mi sconvolge, ma spero che con il tempo riuscirò ad
accettarla».
Mi tiene premuti i palmi tra loro senza lasciarli, come se avesse
capito che ho bisogno di chiedergli ancora qualcos’altro e mi stesse
dando il tempo di farlo: è qualcosa di cui non sono riuscita a parlare
con Jeremy, perché non mi sembrava mai il momento giusto. Non so
come dirlo, ma decido che, dopo tutto quello che abbiamo passato
insieme, nulla dovrebbe più imbarazzarmi, così mi faccio forza e mi
butto, anche se non è da me. «C’è ancora molto di cui discutere, questo
è sicuro: ma mi stavo chiedendo una cosa in particolare».
«Dimmi», mi incoraggia.
«Ecco… quando eravamo con lo sciamano ed eravamo in stato di
trance, prima che mi facessi male, mi è sembrato che fosse…
268/281
insomma, ho creduto di avere un rapporto sessuale molto intenso.
Eravamo insieme noi tre e…».
La porta si spalanca e Jeremy fa irruzione nella stanza. «Ehi, eccovi
qua.
Ancora a letto, Bella Addormentata?».
Non so dire se l’interruzione mi dà sollievo o fastidio. So che Leo
direbbe che non era ancora il momento di concludere la nostra chiacchierata, e lo accetterebbe. Io non sono ancora zen quanto lui, ma qualcosa dentro di me concorda sul fatto che non ha senso descrivere a
parole in questo momento quanto è successo mentre ero nel cerchio.
Jeremy sale sul letto gigantesco e mi dà un bacio sulle labbra, per
nulla seccato dal fatto che Leo mi sta ancora tenendo le mani. Leo
bacia il mio “cuore” sui lati e si stacca da me strizzandomi l’occhio.
Non fraintendetemi: nella mia vita c’è stato un periodo in cui avrei
pensato che tutto questo fosse assolutamente incredibile. Ma visto quel
che ho affrontato con mio marito, i miei figli, il mio amante e ora con
l’uomo che mi protegge, come posso definire “strano” qualcosa? Ora
che mi trovo con questi due uomini meravigliosi mi sento più completa
che mai, questo è poco ma sicuro. È tanto surreale?
Mentre questi pensieri si rincorrono nella mia mente, i due si scambiano messaggi silenziosi che non posso nemmeno fingere di capire.
Hanno l’aria complice di due ragazzini. Vorrei tenermene fuori, ma il
loro sorriso è contagioso.
«Com’è andata?», chiede Leo a Jeremy.
«Benissimo, ma non voglio aspettare: mi sembra il momento perfetto, ora che siamo qui riuniti».
Altri sguardi carichi di significato e silenzio.
Leo annuisce.
«Volete andare a parlare in privato senza di me?», gli chiedo.
«Ho la sensazione che stiate tramando qualcosa».
269/281
«Non hai mai detto niente di più vero, tesoro».
«Ma non c’è motivo di allontanarci: ti trovi proprio nel punto
giusto». Spalanco gli occhi: non capisco cosa voglia dire Leo.
«Qui, in mezzo a noi», mi spiega.
Jeremy tira fuori una scatola dalla borsa che ha portato con sé e la
porge a Leo. «Fai tu gli onori, amico mio. Tu sei stato la mente, io solo
il braccio».
Non ho la minima idea di cosa stiano facendo.
«Alexandra, volevamo farti un dono insieme.
Qualcosa che rispecchi chi sei e cosa significhi per noi due». Mi dà
la scatola, avvolta in una carta elegante. «Ed ecco il risultato».
Sono davvero imbarazzata a ricevere un regalo mentre io non ho
preparato nulla per loro. «Oh, no, vi prego, io non ho…», comincio a
scusarmi, ma entrambi mi posano l’indice sulla bocca, nello stesso
istante, e scoppiamo a ridere tutti insieme. «Oddio, che speranze ho?»
«Nemmeno una», ridacchia Jeremy. «Quindi niente scuse. La tua
presenza qui con noi è già abbastanza preziosa, quindi aprilo e basta».
Scarto il regalo con delicatezza e trovo una collana meravigliosa,
fatta di stringhe di cuoio nero intrecciate con attaccati tre grandi cerchi,
d’oro bianco, giallo e rosso. È incredibile.
All’interno di ogni cerchio è incisa una parola.
Passato.
Presente.
Futuro.
Mi si riempiono gli occhi di lacrime: sono sopraffatta
dall’emozione. Jeremy e Leo si fanno un cenno, sapendo di aver toccato il mio cuore come speravano, e mi concedono un momento per
riprendermi.
Ora ho due gioielli che rispecchiano ogni parte di me. Il braccialetto
e la collana. Sono il simbolo del nostro impegno reciproco, attraverso i
270/281
secoli, in tutti i modi possibili. Non mi serve né desidero un anello al
dito: mi sento già completa.
«È molto più che perfetto, grazie». Li abbraccio tutti e due, con
trasporto.
Jeremy non vede l’ora di allacciarmela al collo. Mi chino in avanti e
guardo Leo negli occhi, sapendo che qualsiasi cosa mi sia successa
quando ero in trance, che fosse fisica o più spirituale, anche loro
l’hanno sentita, in modo simile al mio. Ormai il fatto che non siamo
riusciti a concludere la nostra conversazione non ha più importanza:
questa collana è il simbolo perfetto dell’unione delle nostre vite.
Ora che ce l’ho al collo ne sento il peso e adoro la sensazione che
mi dà il contatto con la pelle. Sollevo il cerchio d’oro rosso e sfioro
con il dito l’incisione. Sento che c’è scritto qualcosa anche dietro, e lo
volto, trovando una lettera, la S. Guardo gli altri cerchi, e la trovo
anche lì.
«Tre S?». Guardo Jeremy, poi Leo. I loro sorrisi sono ormai incontenibili mentre aspettano che indovini il significato.
«Scienza?».
Jeremy annuisce.
«Spiritualità?». Stavolta è Leo ad assentire.
Mi accorgo che sanno molto più di quanto abbiano ammesso di ciò
che è accaduto durante la trance con lo sciamano e l’allineamento delle
stelle, ma anche dei nostri destini intrecciati, e scuoto il capo.
«Sessualità?», chiedo incerta, ma so già la risposta.
«Sei tu a dirlo, non noi, tesoro».
Scoppiano a ridere, poi mi dicono che devo vestirmi e raggiungerli
in soggiorno, al piano di sotto. Escono insieme, tenendosi sottobraccio,
come fratelli o amici del cuore, parlando delle meraviglie di un mondo
integrato.
271/281
Mentre mi alzo dal letto lo sguardo mi cade sul giornale che Leo mi
ha portato insieme alla cioccolata calda. È piegato in modo da mostrare
una pagina precisa, e la data è di due settimane fa.
Le popolazioni vicine all’Equatore hanno avuto il privilegio di
assistere a un raro spettacolo astronomico: l’eclissi di Venere al passaggio della Luna crescente.
Il fenomeno è stato visibile soprattutto nel Brasile settentrionale,
quando la Luna si è frapposta tra la Terra e Venere al crepuscolo.
Eventi simili hanno luogo solo a distanza di diversi secoli, e gli astronomi sono convinti che l’allineamento di ieri sera sia stato il più completo mai registrato.
Inspiro a fondo mentre rifletto sull’articolo: è incredibile! Ecco
l’allineamento di cui parlavano. Mi riprometto di non dire mai più la
parola “mai”.
***
Più in forma di quanto non mi accadesse di sentirmi da settimane,
dopo essermi resa presentabile emergo dalla camera da letto. Mi sono
messa in piega i capelli con il fon, ho indossato dei pantaloni neri e una
camicetta rossa scollata che lascia vedere la mia nuova, bellissima collana e ho uno scialle sulle spalle. Comincio a scendere le scale per raggiungere il soggiorno.
Osservo la stanza e mi fermo, riconoscendo ogni viso nel gruppo di
persone che mi aspettano di sotto.
Quante altre sorprese vogliono farmi? Mi fermo sulle scale, sopraffatta dall’amore per la mia famiglia e i miei cari, che mi stanno guardando. Jeremy arriva al mio fianco e mi aiuta a scendere gli ultimi
gradini per unirmi all’allegra compagnia.
272/281
Leo ha fatto arrivare i miei genitori e le famiglie dei miei fratelli,
così i miei nipoti sono tutti qui. Ecco perché da quando siamo arrivati
Elizabeth e Jordan sono stati tanto indaffarati… dovevano essere al settimo cielo. Li abbraccio tutti, uno dopo l’altro, come se non li vedessi
da decenni. E dopo tutte le avventure che ho affrontato, è come se
fosse così.
Ci sono anche i genitori di Jeremy, e con loro sono davvero decenni
che non ci vediamo. Mi abbracciano, sapendo che sono tornata a far
parte della loro famiglia, come un tempo. Mi presentano anche i genitori di Leo e Adam, che sono gentili e generosi.
Vederli così orgogliosi dei loro figli corrobora in me la convinzione
che tutti gli ultimi cambiamenti delle nostre vite, anche se il viaggio è
stato a tratti difficile, erano davvero destinati a compiersi.
Mi faccio strada tra gli ospiti e con grande stupore ritrovo anche
Josef: corro ad abbracciarlo, sono così felice che sia sopravvissuto. Mi
presenta la moglie, Nikita, la sua splendida versione femminile, e lo
ringrazio per avermi salvato la vita.
Mentre pronuncio quelle parole, arriva Martin accompagnato da una
donna che può essere solo Salina, e sgrano gli occhi, sorpresa ma
anche contenta. Martin cinge con decisione la vita di Salina,
rispondendo alla mia domanda silenziosa. Stringo forte anche loro due,
ringraziandoli per aver affrontato tanti rischi per salvarci.
Sono circondata da persone fantastiche, e sono entusiasta all’idea di
passare il Natale con loro: non me lo aspettavo proprio.
Giocherello sovrappensiero con la collana mentre cerco Leo per
ringraziarlo di tutto ciò che ha fatto per noi e per aver dato a tutti
l’opportunità di riunirci qui. Ci sono cose che il denaro non può comprare, ma devo ammettere che in un momento del genere offre senza
dubbio dei vantaggi.
273/281
La cena della Vigilia è completamente diversa da qualsiasi altra
abbia mai avuto. La mia famiglia, gli amici, la vita precedente e quella
nuova, tutto è riunito intorno a un’immensa tavola imbandita. E non ho
dovuto alzare un dito. Niente lista della spesa, niente compere, nulla da
cucinare, niente pulizie. Mai successo in passato, ed è così diverso che
mi sembra stranissimo.
Parlo, mangio, rido, piango. Non ho mai sentito tanto affetto, da
parte degli altri nei miei confronti e viceversa. Il mio cuore trabocca
d’amore, non mi sono mai sentita così appagata. Ora non ho più paura,
ma solo speranza per il futuro.
Metto a letto i bambini con l’augurio di fare sogni d’oro, sapendo
che è impossibile frenare le loro emozioni. La Vigilia di Natale è una
notte magica per loro. È meraviglioso dover dire solo “buonanotte” a
tutti e non “arrivederci”, perché resteremo insieme per una settimana
intera.
Quando finalmente torno nella suite insieme a Jeremy, non mi capacito della felicità e della stanchezza che provo; glielo dico, mentre mi
dà il bacio della buonanotte, e mi addormento ancor prima di posare la
testa sul cuscino.
***
La mattina di Natale mi sveglio presto e mi fermo un attimo a
guardare Jeremy che dorme accanto a me. Gli scosto i capelli scuri
dagli occhi e contemplo la sua bellezza, ringraziando la mia buona
stella che sia mio e di averlo ritrovato, alla fine. Lui apre gli occhi, si
accorge che lo sto guardando e un sorriso meraviglioso gli incurva le
labbra.
In un attimo mi viene voglia di lui.
274/281
È più tenero che mai, sfiora il mio corpo con carezze delicate, mi
onora come se fossi una divinità esotica, e io faccio altrettanto. Il nostro amore è intenso, sincero e bellissimo, tra due anime destinate a
stare insieme.
Che splendido risveglio. «È quanto di meglio potessi trovare sotto
l’albero di Natale».
«Anche per me, tesoro».
Restiamo sdraiati uno accanto all’altra e ci guardiamo incantati.
«Meglio, perché temo di non avere un regalo vero e proprio per te,
J».
Mi guarda con un sorriso malizioso.
«Che hai?», gli chiedo.
«Non è vero, ce l’hai».
«No, dico sul serio». Santo cielo, è così emozionato… crede davvero che abbia qualcosa per lui. «Mi spiace tantissimo di non essere
riuscita a organizzarmi. Avrei dovuto chiedere a Leo o ai ragazzi, ma
avevo la testa proprio…».
Si sporge oltre il bordo del letto, prende qualcosa da sotto e me lo
porge. Scuoto il capo. «No, no. Non voglio aprire nessun regalo finché
non avrò qualcosa da darti in cambio».
«Non puoi negarti un regalo proprio oggi, e poi ti assicuro che
questo vale tanto per me quanto per te… anzi forse per te ancora di
più».
Lo guardo dubbiosa, ma non sono convinta. «No, non è giusto. Lo
aprirò quando potremo essere pari».
«AB, dico sul serio, tu vuoi aprirlo adesso».
Continuo a rifiutarmi.
«Maledizione, ma come fai a essere così testarda proprio il giorno
di Natale? È sbagliato, da non sai quanti punti di vista». Si mette a
275/281
cavalcioni su di me, intrappolandomi. «Bene, non potrai alzarti finché
non lo aprirai».
«Davvero credi di poter fare appello alla forza fisica ogni volta che
non vorrò fare quello che vuoi?»
«E non solo, tesoro», risponde con aria cospiratoria. Poi cambia
atteggiamento. «Ascoltami bene: desidero che tu lo apra. Per me è
importantissimo, non sai quanto».
Si sposta, liberandomi, e siamo di nuovo fianco a fianco. Si tira su,
puntellandosi su un gomito. «Ti prego. Aprilo per me, per noi». Lo
dice con una tale intensità che riesce a farmi desistere da ogni intento.
«Oh, okay, però ti prego, non fare quella faccia angustiata».
Scruto la scatola con sospetto, perché sembra proprio una versione
in miniatura di quella in cui era confezionata la collana, e tolgo il
nastro.
L’espressione di Jeremy lascia trapelare un’emozione nervosa che
mi contagia, ma mi accorgo che c’è qualcosa di molto serio in ballo e
mi domando cosa possa essersi inventato questa volta. La scatola è leggera, e non sento nulla muoversi all’interno.
Quando sollevo il coperchio, trovo un pezzettino di carta bianca
lucida.
«Cos’è?»
«Giralo». Giuro, sta trattenendo il respiro mentre lo prendo e lo
volto, accorgendomi che si tratta di una specie di foto.
Mi si ferma il cuore, resto pietrificata.
E anche lui. Ne sono sicura.
Oddio.
«Stai scherzando?».
Fa cenno di no.
«Non può essere, no? Quando?
Come?»
276/281
«Certo che può essere, tesoro. Sei felice?». Aspetta nervoso la mia
risposta.
«Gemelli?»
«I nostri gemelli!».
Epilogo
È meraviglioso essere tornata a casa per qualche settimana, lontano
dal freddo di Boston, e per fortuna Jeremy ha capito quanto è importante per me che i gemelli abbiano le loro radici in Australia.
L’ultimo anno è stato molto movimentato, e tra l’altro il mio sangue
non mostra più alcun allele unico. Non c’è alcuna ragione scientifica, a
parte forse la trasfusione che mi è stata fatta in ospedale, ma devo dire
che sono felice che il mio sangue AB sia come quello di chiunque altro
abbia il mio stesso gruppo. Jeremy ha disposto la conservazione in una
struttura segreta del cordone ombelicale dei gemelli per le cellule staminali. Nel mio cuore so che contengono il potere di guarigione della
prossima generazione, ora che non è più presente nel mio sangue. Ci
siamo ripromessi di non fare altre ricerche finché non giungerà il
momento, per avere il tempo di concentrarci solo sull’amore per i nostri figli e seguire la loro crescita senza distrazioni.
Il team di Jeremy ha continuato a lavorare a un sistema rivoluzionario, basato sui risultati del mio “esperimento” (che mi sembra avvenuto una vita fa), che consentirà alle persone che soffrono di depressione di migliorare le loro vite, e ha ottenuto progressi davvero notevoli. La società tedesca con cui sta per lanciare un programma di sperimentazione del farmaco, da utilizzare insieme a teorie comportamentiste basate sul gioco tra adulti, che sono stata felice di aiutare a sviluppare. Solo il tempo ci dirà se funziona, ma non ho mai visto Jeremy
tanto coinvolto ed emozionato dalla vita come è stato nell’ultimo anno,
ed è qualcosa che mi riempie il cuore. Il mio amore per lui cresce ogni
giorno di più.
278/281
Nei prossimi anni, Jeremy e io lavoreremo con Leo, che ha intenzione di aprire altre proprietà Avalon trasformandole in centri di eccellenza nei quali si proporrà l’integrazione tra scienza, sessualità e spiritualità, un lavoro che ci affascina e stimola in modo incredibile, e che
alla fine dei conti è il motivo per cui siamo al mondo. I proventi verranno usati per finanziare progetti filantropici di Leo per le persone
meno fortunate.
Elizabeth e Jordan hanno atteso questa giornata con trepidazione;
sono perfetti nei loro vestiti nuovi, e guardano estasiati il loro fratellino
e la loro sorellina. Siamo partiti tutti insieme da Hobart per raggiungere Peppermint Bay, e siamo circondati dalle acque scintillanti del
fiume Derwent per il battesimo dei gemelli.
Jeremy ha in braccio la nostra splendida bambina, Caitlin Eve, e io
ho tra le braccia il dolce Leroy Josef. Jeremy non ha mai smesso di
sorridere da quando sono nati. Leo, il loro padrino, che non vediamo
da un mese, è arrivato in elicottero con una donna dall’aria esotica. Ha
i lineamenti di una nativa americana, è di una bellezza sconvolgente. Si
mette accanto a me e Jeremy insieme a mia sorella, che sarà la madrina
dei piccoli; e quando la cerimonia ha inizio ci accorgiamo che i gemelli
sono una miracolosa estensione delle nostre anime, figli del destino.
***
Durante il pranzo mi avvicino con discrezione a Leo, che sembra di
ottimo umore e si è detto molto onorato di fare da padrino ai gemelli,
come se potessi chiederlo a qualcun altro. Vorrei sapere cosa rappresenta per lui questa donna, Mahria.
«Sono felice di vederti in coppia.
Come vi siete conosciuti?»
279/281
«Diciamo che i nostri cammini si sono incrociati quando è giunto il
momento». Almeno adesso sono abituata al suo approccio filosofico e
criptico.
«E la vostra unione è salda?», chiedo mentre lancio un’occhiata
verso Mahria e poi torno a guardarlo negli occhi lucenti.
Non appena lo faccio torno all’istante ai ricordi del mio stato di
trance in Brasile… tredici donne in cerchio. E poi sono sopraffatta
dall’amore incondizionato che ho provato in quell’ambiente che ricordava un ventre, in cui facevo parte di qualcosa di più grande, di un collegamento non ancora stabilito, e tornando al presente riesco a
comprendere.
«Quante proprietà Avalon hai in progetto di realizzare, Leo?»
«Tredici», risponde con un sorriso complice.
Oh, santo cielo. La verità mi colpisce come un fulmine.
«Non sono l’unica, vero?», chiedo in un sussurro incerto.
«Diciamo solo che questa è tutta un’altra storia».
Ringraziamenti
Grazie alla HarperCollins Australia: siete stati tutti incredibili, raggiungendo nuove vette di efficienza e sostegno. Un ringraziamento
speciale a Anna, Shona, Rochelle, Melanie, Kate, Graeme e Stephanie:
tre romanzi pubblicati in sette mesi. Chi l’avrebbe mai detto?
Alla HarperCollins UK, con Amy Winchester, Kate Bradley e Sarah
Ritherdon.
Grazie per il vostro meraviglioso aiuto e per la promozione della
serie Incontri Proibiti.
A Selwa Anthony, la mia agente, per aver saputo realizzare un
sogno impossibile e per avermi lanciata dentro di esso.
Alla mia famiglia e ai miei amici meravigliosi, che mi sono stati
accanto quando negli ultimi sei mesi (almeno) avevo la testa altrove.
Siete stati tutto per me.
A mio marito: wow!
Ai miei figli: anche se siete orgogliosi che vostra madre sia
diventata una scrittrice, non potrete leggere questi libri finché non
avrete almeno diciotto anni!
A tutti i miei lettori, soprattutto a quelli che mi hanno scritto per
ringraziarmi dei miei libri e mi hanno incoraggiata a continuare a
scrivere. Avete aperto una strada favolosa, divertente e del tutto
imprevista nella mia vita. Grazie!
A Tassie: niente di tutto questo sarebbe mai successo senza di te.
@Created by PDF to ePub