PILLOLE DI MARKETING
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PILLOLE DI MARKETING
MARKETING Q.B. / GASTROMARKETING / DAVIDE PINI PILLOLE DI MARKETING BRIEFING Secondo il dizionario della lingua italiana, questo termine è traducibile con l’espressione “dare brevi istruzioni” e secondo il linguaggio militare indica gli ordini operativi impartiti agli uomini incaricati di una missione. In sintesi, possiamo dire che prima di ogni evento importante che coinvolge un team di persone verso un obiettivo condiviso, è buona norma dedicare un momento alla programmazione e al confronto: una prassi usata nello sport a qualsiasi livello e che sarebbe buona norma utilizzare in ogni attività di ristorazione prima di un servizio. Il confronto deve tendere a stabilire una convergenza di intenti, un allineamento tra cucina e sala, oltre a fare quel piccolo, ma fondamentale, salto mentale tra il proprio mondo fuori dal locale e la realtà che si va ad affrontare, nella quale l’unica cosa che conta è la soddisfazione del cliente. Teoria? Esattamente il contrario, perché affrontare un servizio è come affrontare una partita, dove ogni dettaglio contribuisce all’armonia dell’insieme e il fine ultimo è l’efficacia della propria azione, senza distrazioni o sbavature. Se non lo avete mai fatto, non dovete fare altro che provare e in breve otterrete tangibili segni del miglioramento della performance del vostro team. DEBRIEFING Si definisce con questo termine “la valutazione finale di un processo” e nel gergo militare significa in modo letterale “andare a rapporto al termine di una missione”. Se fare un briefing prima di un’attività di team non è una pratica molto diffusa all’interno delle attività commerciali, le realtà che si dedicano al debriefing sono delle vere mosche bianche; può forse consolare il fatto che, analizzando il lavoro di manager di realtà internazionali di alto livello, si scopre che all’attività di pianificazione viene sempre dedicato molto più impegno della successiva attività di controllo e proprio da questa carenza, scaturiscono i principali problemi nel lungo periodo. La cosa paradossale è che fare un debriefing è più facile che definirlo: è sufficiente un breve confronto a fine servizio, commentando ciò che ha funzionato e ciò che sarebbe potuto andare meglio per darsi l’obiettivo di apportare leggeri cambiamenti nel turno successivo. In pratica non si deve commettere l’errore di volere cambiare il mondo, ma semplicemente fare come un team di Formula 1 quando commenta con il pilota il giro appena effettuato, alla ricerca di un miglioramento di pochi centesimi di secondo. Nel debriefing l’importante è che proviate a guardarvi dal di fuori: siate critici, oggettivi, riflessivi. L’ARTE IN CUCINA / 68 MARKETING Q.B. / GASTROMARKETING / DAVIDE PINI DEBUG E’ un termine “rubato” alla scienza informatica, ma che bene si inserisce nel contesto manageriale e di marketing e, in termini assoluti, può essere definito come l’attività di “eliminazione dei difetti finalizzata al miglioramento delle procedure”. Sinceramente non so dire se sia vero o solo una leggenda metropolitana, ma sembra che il termine debug sia nato ai tempi dei primi calcolatori elettronici, costruiti con valvole termoioniche e relais e che frequentemente rimanevano bloccati a causa di insetti (bug) che si infilavano tra i contatti rimanendo fulminati; sta di fatto comunque che questo termine esprime bene ogni attività che ricerca quei dettagli che, se pur di poco conto assoluto, sono in grado di inficiare il risultato di una grande azione. In fondo, all’interno di un ristorante elegante, pulito, con ottimi arredi e posateria, dove il menu è assolutamente di primaria qualità, sono proprio dettagli come il ritardo nell’evasione di una richiesta del cliente, il leggero moto di impazienza di fronte a una sua insistente o una pecca nell’argomentazione del menu, a potere inficiare l’impressione che il cliente avrà ripensando a quella esperienza. PRIDE Sono solo 5 lettere, ma sono l’asse portante di una maestosa opera psicologica che può essere definita come il “senso di appartenenza”, quel quid in più che trasforma un giocatore o un lavoratore che opera all’interno di una squadra, nell’asso invincibile. I termini con cui può essere tradotto sono tutti eloquenti: orgoglio, fierezza, vanto; tutte parole con le quali si esprime un sentimento profondo che anima la propria identificazione con la causa per la quale si sta operando, senza alcuna limitazione di tipo contrattuale, personale o sindacale, ma spronata da qualcosa che deve nascere dal cuore e dall’anima. Se il vostro ruolo all’interno dell’organizzazione è operativo, riuscire a sentire e sviluppare il pride è ciò che potrà permettervi di apprezzare meglio il vostro lavoro e ottenere di sicuro risultati migliori. Se invece siete dalla parte di chi è preposto a gestire il team, il vostro compito più importante è quello di creare un clima nel quale il pride deve poter crescere rigoglioso nei vostri collaboratori; ma attenzione, se non lo sentite voi, difficilmente potrete trasmetterlo! DAVIDE-PINI GASTROMARKETING È SU FACEBOOK L’ARTE IN CUCINA / 69