Illies A.A., Dalla Regola alle Costituzioni

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Illies A.A., Dalla Regola alle Costituzioni
DALLA CONVERSIONE DI FRANCESCO ALLA FORMAZIONE DELL’ORDINE
DEI FRATI MINORI
DALLA REGOLA DEI FRATI MINORI ALLE COSTITUZIONI GENERALI
di fr. Antonel-Aurel Ilieş
Lo sviluppo dell’Ordine dei Frati Minori, in generale, e dei Frati Minori Conventuali,
in particolare, ha conosciuto una forte dinamicità durante i secoli. Tale dinamicità ha origine
proprio nel fondatore dell’Ordine, il Serafico Padre San Francesco. Infatti, per intendere
meglio lo sviluppo dell’Ordine, bisogna partire proprio dalla vita di Francesco,
particolarmente dalle varie tappe della sua conversione, tappe che si rispecchiano, in seguito,
nella formazione e nello sviluppo dell’Ordine. In questo studio ci proponiamo di seguire
queste tappe di crescita di questo ideale di vita, che ha portato, durante i secoli, nuovi e
rinnovati orientamenti di vita nella Chiesa di Cristo.
LA DINAMICA DELLA CONVERSIONE DI FRANCESCO
Le fonti biografiche del Santo ci parlano ampiamente e anche in forme diverse della
conversione di Francesco. E lui stesso, nel suo Testamento, ci offre il suo racconto, che
completa in qualche modo le informazioni dei suoi biografi e, nello stesso tempo, costituisce
la versione «autentica» sulla sua conversione.
FRANCESCO e la sua conversione
Francesco, nel suo Testamento, riguardo alla sua conversione, ricorda:
“Dominus ita dedit mihi fratri Francisco incipere faciendi poenitentiam: qui cum essem in
peccatis (corsivo mio) nimis mihi videbatur amarum videre leprosos. Et ipse Dominus conduxit
me inter illos et feci misericordiam (corsivo mio) cum illis. Et recedente me ab ipsis, id quod
videbatur mihi amarum, conversum fuit mihi in dulcedinem animi et corporis; et postea parum
stetit et exivi de saeculo (corsivo mio)” (vv. 1-3).
“Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei
peccati (corsivo mio) mi sembrava cosa amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse
tra loro e usai con essi misericordia (corsivo mio). E allontanandomi da loro, ciò che mi
sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti poco e uscii
dal secolo (corsivo mio)” (Test 1-3).
Questa narrazione, per quanto breve, è ricca d’informazioni. Francesco riconosce il suo
stato di peccatore, da cui, per grazia divina, inizia a fare penitenza, ed in questo cammino
avvengono dei profondi cambiamenti nella sua vita, cioè delle trasformazioni interne ed
esterne della sua esistenza. “Il momento della conversione, dunque, venne sintetizzato da
Francesco come un capovolgimento di valori: nel ricercare ciò che prima veniva fuggito, nello
scegliere per sé uno stato di emarginazione, perché solo così veniva a realizzare in modo
profondo la sequela di Cristo” 1. Oltre il rovesciamento dei criteri di valore e di giudizio è da
sottolineare anche la “coppia antitetica amaro/dolce: l’inizio della conversione si manifesta
appunto col fatto che ciò che prima appariva amaro si tramuta in dolcezza di anima e di corpo.
1
F. ACCROCCA, Francesco e le sue immagini (Centro Studi Antoniani, 27), Padova 1997, p. 17.
2
Tale rovesciamento totale, che costituisce la premessa per l’uscita dal secolo, trova i suoi
presupposti, e insieme la sua materializzazione, nel «facere misericordiam» coi lebbrosi:
incontro misericordioso con ciò che costituiva, in quel contesto di cultura e di società, la
presenza più estranea, irrecuperabile e ripugnante, non costituisce soltanto l’occasione
concreta e tangibile per determinare tale rovesciamento, ma evidenzia anche, proprio perché
di lebbrosi si tratta, la radicalità di esso, il totale mutamento di ottica – e di conseguenti
sensazioni e comportamenti – che si connette alla conversione. Si tratta di un’esperienza
essenziale, complessiva … L’uscita dal secolo che ne deriva – «et postea parum steti et exivi
de saeculo» – sanziona e riassume la conquista di questa nuova prospettiva … L’uscita dal
secolo di Francesco è in primo luogo il sigillo visivo e materiale del suo avvenuto radicale
abbandono dei valori, dei criteri, della logica che sono propri del secolo” 2.
La dinamica della conversione è dunque: Francesco peccatore, per iniziativa divina fa
penitenza, va verso il lebbroso, cambia l’ottica di vita, esce dal mondo.
Per quanto riguarda ancora l’espressione «et exivi de saeculo», “senza minimizzare i
rapporti che l’espressione «uscii dal mondo» può avere con il tema della «fuga del mondo»,
anzi con quello del «disprezzo del mondo», non bisogna dimenticare che nel Medio Evo,
«exire de saeculo» è una espressione tecnica che significa lasciare lo stato di vita in cui ci si
trovava precedentemente e abbracciare una delle forme di vita religiosa, sia l’eremitaggio, sia
il monachesimo” 3. Comunque, a riguardo, dobbiamo notare la novità portata da Francesco, e
cioè per lui uscire dal mondo non significa fuggire dal mondo per entrare in un monastero, ma
significa diventare «sequela Christi».
TOMMASO DA CELANO e la conversione di Francesco
Vita prima di San Francesco d’Assisi 4
La Vita prima di San Francesco d’Assisi, secondo l’informazione dell’autore, TOMMASO
5
DA CELANO, fu scritta su richiesta del Papa Gregorio IX . In questa biografia, Tommaso
presenta una conversione di Francesco che avviene nel tempo ed ha più fasi, una conversione
che matura pian piano.
Il Celano, nel primo capitolo di quest’opera, per quanto riguarda la vita di Francesco
prima della sua conversione, ci presenta un’immagine piuttosto negativa, mettendo in
evidenza la famiglia di Francesco, che dà al figlio, secondo la vanità del mondo, un cattivo
esempio e Francesco “ipsorum miseram vitam diu imitatus et mores, vanior ipse atque
insolentior est effectus”, cioè, “imitando la loro misera vita, egli stesso divenne ancor più
frivolo e vanitoso” (1Cel 1). Francesco diventa un “incentor malorum et aemulator stultitiae”,
“promotore ed emulo di mali e di stoltezza” (1Cel 2), anche se, pur essendo “molto ricco, non
era avaro, anzi prodigo; non avido di denaro, ma dissipatore” (1Cel 2).
Tommaso conclude il primo capitolo facendo già un accenno all’intervento della mano
del Signore, che fa di Francesco un esempio di conversione (1Cel 2), e l’autore riprende il
secondo capitolo con l’immagine di Francesco che “iuvenili calore in peccatis fervesceret ”,
cioè “viveva nel peccato con passione giovanile” (1Cel 3). Però, in questo secondo capitolo, il
Celano presenta già la prima tappa della conversione di Francesco: “Sicque diu infirmitate
2
G. MICCOLI, Francesco d’Assisi. Realtà e memoria di un’esperienza cristiana (Einaudi
Paperbacks, 217), Torino 1991, p. 52.
3
T. DESBONNETS, Dalla intuizione alla istituzione. I Francescani (Presenza di Francesco, 33),
Milano 1986, p. 22.
4
Il testo usato in questo studio si trova in 1FF, pp. 271-424, ed in 2FF, pp. 247-349, nn. 315-571.
5
Cf. TOMAE DE CELANO, Vita prima S. Francisci – Prologo, 1.
3
attritus, […] coepit intra se alia solito cogitare” (1Cel 3) ed inizia a considerare
“preaedictorum amatores stoltissimos” (1Cel 3). Ma questa non era ancora la vera
conversione, poiché “Francesco cerca ancora di sottrarsi alla mano divina; […] ignaro del
volere di Dio, si ripromette di compiere ancora grandi imprese per la gloria vana del mondo”
(1Cel 4). Francesco entra nelle fila di un cavaliere di Assisi, che vuole arrivare fin nelle
Puglie, e mentre “bruciava dal desiderio di partire, [la notte precedente] Colui che l’aveva
colpito con la verga della giustizia lo visitò in sogno con la dolcezza della grazia; e poiché era
avido di gloria, lo conquise e lo esaltò con lo stesso miraggio di gloria. Gli sembrava di
vedere la casa piena di armi: selle, scudi, lance e altri ordigni bellici, e tutto rallegrandosene,
si chiedeva stupito tra sé e sé che cosa fosse tutto ciò. […] E mentre era non poco sorpreso
davanti all’avvenimento inaspettato, si sente dire che tutte queste armi erano per lui e i suoi
soldati […]” (1Cel 5). Tommaso conclude questo secondo capitolo sottolineando il fatto che
Francesco non aveva inteso bene ancora il vero significato del sogno avuto, e così si apre una
pista per un nuovo capitolo, il quale, però, inizia: “Immutatus quoque, sed mente non corpore,
ire in Apuliam iam recusat, et voluntatem suam studet dirigere ad divinum”, cioè: “Già
cambiato spiritualmente, ma senza lasciar nulla trasparire all’esterno, Francesco rinuncia a
recarsi nelle Puglie e si impegna a conformare la sua volontà a quella divina” (1Cel 6).
In seguito viene presentato Francesco che:
“Orabat devotus ut Deus aeternus et verus dirigeret viam suam et suam illum doceret facere
voluntatem. […] Quodam vero die, cum Domini misericordiam plenissime invocasset, ostentum
est ei a Domino, quid ipsum agere oporteret. […] Sed licet prae magnitudinem inspirati amoris
silere non posset, […]. Dicebat se in Apuliam nolle ire, sed in patria propria promittebat nobilia et
ingentia se facturum. Putabant homines quod uxorem ducere vellet, ipsumque interrogantes
dicebat: «Uxorem ducere vis, Francisce?». Qui respondens eis aiebat: «Nobiliorem et pulchriorem
sposam quam umquam videritis ducam, quae ceteris formam praemineat et sapientia cunctas
excellat»” (1Cel 6-7).
“Supplicava devotamente Dio eterno e vero di manifestargli la sua via e di insegnargli a realizzare
il suo volere. […] Un giorno finalmente, dopo aver implorato con tutto il cuore la misericordia
divina, gli fu rivelato dal Signore come doveva comportarsi. […] Ma per il grande amore
infusogli non poteva ormai tacere […]. Diceva di rinunciare a partire per le Puglie, ma allo scopo
di compiere magnanime imprese nella sua patria. Gli amici pensavano che aveva deciso di
sposarsi e gli domandavano: «Vuoi forse prendere moglie, Francesco?». Egli rispondeva:
«Prenderò la sposa più nobile e bella che abbiate mai vista, superiore a tutte le altre in bellezza e
sapienza»” (1Cel 6-7).
A questa descrizione segue l’episodio, raccontato nel quarto capitolo, della vendita della
merce e perfino del cavallo ed il tentativo di offrire tutti i soldi al povero sacerdote della
chiesa di San Damiano, dove lui trova rifugio. E in questo capitolo Tommaso usa pure
l’espressione: “Mirum in modum mox totus in Dei opere conversus […]”, cioè: “Meravigliato
dall’improvviso mutamento” (1Cel 9), espressione riferita a Francesco che si è convertito in
modo meraviglioso e rapido; certamente il Celano si riferisce con questa espressione alla
conversione di Francesco, vista dal sacerdote, presso il quale Francesco trova rifugio, e dai
suoi compagni e concittadini, e non al percorso fatto da Francesco sulla strada della
conversione.
Dopo la vicenda della vendita della merce e del rifugio a San Damiano, segue la
persecuzione da parte di suo padre, che lo tiene pure prigioniero, mentre poi sua madre lo
libera in assenza del padre. E finalmente c’è il punto decisivo: Francesco, portato davanti al
vescovo, si spoglia dei vestiti e li ridà a suo padre, diventando così libero (cf. 1Cel 10-15).
Certamente Tommaso da Celano scrive questa prima biografia di Francesco in fretta, su
richiesta del Papa, senza aver tempo di consultarsi con i primi compagni di Francesco e con
quelli che hanno conosciuto meglio il Santo; e così lui omette oppure non dà molta
4
importanza ad alcuni fatti decisivi nella vita di Francesco; così si spiega anche il fatto che lui
non veda la conversione perfetta di Francesco nell’incontro con il lebbroso, evento decisivo
della sua conversione, come ricorda anche Francesco nel Testamento 6. Queste mancanze,
riconosciute peraltro dal Celano nel Prologo della Seconda Vita (2Cel 2), sono state uno dei
motivi principali della nascita di altre biografie e anche della Seconda Vita dello stesso
Tommaso da Celano. Di più, Tommaso scrive la Vita prima come biografia del Santo appena
canonizzato, lasciandosi influenzare in un certo modo anche dallo stile agiografico, volendo
evidenziare la grandezza della grazia divina, la grandezza della conversione del Poverello di
Assisi. In questo senso Raul Manselli ci avverte: “Dobbiamo, dunque, sottrarci in pieno al
fascino ed al magistero letterario di Tommaso da Celano, che nella Vita I, sviluppando un
accenno, senza dubbio presente nel Testamento del Santo (si tratta del ben noto «dum essem
in peccatis»), tende a presentarci la conversatio di Francesco in termini di rigoroso
rovesciamento di valori, ma, se così ci è permesso di dire, come quelli di un Agostino delle
Confessioni, passando dalla giovinezza gravemente dissipata e colpevole alla santità
altrettanto profonda e viva, mentre la realtà va cercata in termini ed in dimensioni ben
diversi” 7.
Vita seconda di San Francesco d’Assisi 8
Tommaso da Celano scrive questa Seconda Vita per ordine del Ministro generale e del
Capitolo generale 9. In questa Vita seconda, il Celano ci presenta un’immagine molto più
positiva di Francesco prima della sua conversione; cambia anche l’immagine della madre di
Francesco, che viene presentata come una donna onesta e virtuosa, paragonandola ad
Elisabetta, “sia per il nome imposto al figlio 10, sia anche per lo spirito profetico” (2Cel 3).
Pure in quest’opera l’Autore presenta una conversione di Francesco che va maturandosi nel
tempo. Presenta prima Francesco caduto prigioniero nella battaglia tra Perugia ed Assisi; poi
“liberatus a vinculis, elapso tempore modico, fit erga indigentes pietate benignior” - “liberato
dalla prigione, poco tempo dopo, divenne più compassionevole con i bisognosi” (2Cel 5).
Tommaso racconta poi di due sogni di Francesco 11: nel primo “gli appare in visione un
splendido palazzo, in cui scorge armi di ogni specie ed una bellissima sposa (pulcherrimam
sponsam) 12. Nel sonno, Francesco si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di
tutti quei beni” (2Cel 6), e Tommaso continua, ricordando, come nella Vita prima, il tentativo
di Francesco di arruolarsi per andare in Puglia, narrando però il secondo sogno con la
domanda: «Chi ritieni possa essere più utile, il servo o il padrone?»; alla quale Francesco
risponde: «Il padrone», «E allora – riprende la voce – perché cerchi il servo in luogo del
padrone?». E Francesco: «Cosa vuoi che io faccia, o Signore?». «Ritorna – gli risponde il
Signore – alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua
visione» (2Cel 6). A questo punto Francesco ritorna ad Assisi, e il Celano continua nel terzo
6
Test 1-3.
R. MANSELLI, Francesco e i suoi compagni (Bibliotheca Seraphico – Cappuccina, 46), Roma
1995, p. 184.
8
Il testo della Vita seconda si trova in 1FF, pp. 443-649 ed in 2FF, pp. 361-510, nn. 578-820.
9
Si tratta del Capitolo generale tenutosi a Genova, il 2 ottobre 1244, e del Ministro generale, frate
Crescenzio da Jesi (1244-1247).
10
Tommaso infatti riporta che Francesco riceve per primo da sua madre, in assenza del padre, il
nome di Giovanni; però il padre, al suo ritorno, lo chiama Francesco (Cf. 2Cel 3; Leg3soc 2).
11
Nella Vita prima aveva raccontato un solo sogno; essenzialmente si tratta dello stesso fatto
raccontato in modi diversi, o meglio in due episodi.
12
Ricordiamo che nella Vita prima Tommaso ricorda una nobiliorem et pulchriorem sponsam
(1Cel 7), però parla di questa sposa dopo il sogno di Francesco.
7
5
capitolo: “Incipit transformari in virum perfectum, et alter ex altero fieri” – “Cominciò a
trasformarsi in uomo perfetto, del tutto diverso da quello di prima” (2Cel 7). E segue nel
quarto capitolo un racconto nuovo, riguardo alla Vita prima, cioè il pellegrinaggio di
Francesco a Roma, dove egli scambia i suoi vestiti con quelli di un povero, ed entrando tra i
poveri si siede con loro “davanti alla chiesa di San Pietro e, ritenendosi uno di essi, mangiò
con loro avidamente” (2Cel 8). In questo senso Felice Accrocca, seguendo anche Raul
Manselli, afferma che “Francesco dunque non scelse tanto di venire in soccorso degli ultimi:
erano già in molti a farlo, anche ai suoi tempi; semplicemente scelse di farsi uno di loro,
abbracciando il dolore umano e l’emarginazione come via prediletta per seguire le orme di
Cristo crocifisso” 13.
E segue il momento decisivo, non raccontato nella Vita prima, cioè:
“Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi.
Ma, ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei paesi vicini di Assisi. Ne
provò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venire meno alla fedeltà promessa, come
trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e corse a baciarlo. […] Subito risalì a cavallo,
guardò qua e là – la campagna era aperta e libera tutt’attorno da ostacoli –, ma non vide più il
lebbroso. Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al
lebbrosario e, dopo aver dato a ciascuno malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca” (2Cel
9).
Dunque, anche in questa Vita seconda, troviamo una maturazione della conversione di
Francesco, essendo il momento decisivo quello dell’incontro con il lebbroso, e questo
racconto è concorde con l’informazione che ci offre Francesco nel suo Testamento, come pure
con le altre biografie. Inoltre, dobbiamo notare che il Celano, nella Vita prima, non vede la
conversione definitiva di Francesco nell’incontro con il lebbroso; però, in 1Cel, troviamo,
riguardo ai lebbrosi, espressioni molto vive, cosa che ci fa pensare che il Celano conoscesse
bene l’atteggiamento di Francesco verso i lebbrosi, e che inizialmente non desse loro tanta
importanza, come dopo la conoscenza della Legenda dei tre Compagni e anche delle altre
biografie raccolte per ordine del Ministro generale, nel 1244.
La conversione di Francesco nella Leggenda dei tre Compagni 14
La Leggenda dei tre Compagni è, almeno per quello che ci interessa in questo studio, la
fonte principale di cui si è servito il Celano nello scrivere la Vita seconda. Infatti, gli episodi
della conversione sono essenzialmente gli stessi nella Legenda dei tre Compagni come nella
Vita seconda. Si racconta la prigionia di Francesco a Perugia (cf. Leg3soc 4), del tentativo di
Francesco di arruolarsi nelle truppe per le Puglie, dei due sogni con i dialoghi avuti, parola
per parola, come nella Vita seconda, e il ritorno ad Assisi (cf. Leg3soc 5-7). Viene presentato
anche il pellegrinaggio e lo scambio dei vestiti con un povero a Roma (cf. Leg3soc 10); e
infine c’è l’incontro con il lebbroso e la visita all’ospizio dei lebbrosi per offrire l’elemosina
(cf. Leg3soc 11).
Il legame esistente tra le due biografie del Santo è da cercare nella richiesta del Capitolo
generale del 1244 e del Ministro generale, cioè che i frati mandino notizie su Francesco al
Ministro generale. Di questa richiesta ci parla in modo esplicito la Chronica XXIV
Generalium Ordinis Minorum, che, riferendosi a Crescenzio, racconta:
13
F. ACCROCCA, Francesco e la sua fraternitas. Caratteri del primo movimento francescano, in
F. ACCROCCA – A. CICERI, Francesco e i suoi frati, Milano 1998, p. 21; si veda a proposito anche R.
MANSELLI, San Francesco (Biblioteca di cultura, 182), Roma 1980, pp. 44-45.
14
Anche il testo della Leggenda dei tre compagni si trova in 1FF, pp. 1373-1445.
6
“Sextus Generalis fuit frater Crescentius de Aesio, venerabilis senex, homo iustus et
disciplinae zelo probatus, electus in generali capitulo circa annum Domini MCCXLV
celebrato. In quo capitolo idem Generalis praecepit universis fratribus, quod sibi in scriptis
dirigeret, quidquid de vita, signis et prodigiis beati Francisci scire veraciter posset. Quo
inducit fratres Leo, Angelus et Rufinus, quondam socii sancti Patris, […], per modum
Legendae in scripsit redegerunt et eidem Generali fideliter trasmiserunt. […]. Et post frater
Thomas de Celano de mandatu eiusdem Minister et generalis capituli primum tractatum
Legendae beati Francisci, de vita scilicet et verbis et intentione eius circa ea quae pertinent
ad regulam, compilavit; que dicitur Legenda antiqua” 15.
La stessa informazione la troviamo anche negli Annales Minorum (AnMin): “In eo
Capitulo mandavit tam Generalis, quam omnes Patres, datis per Ordinem universum litteris, ut
quidquid de vita, sanctitate, et miraculis sancti Francisci occurreret, scriptis traditum ad ipsum
Generalem transmitteretur” 16.
Come ci dice la Chron24gen, e secondo anche il Prologo di 2Cel, una volta raccolte
queste informazioni, Tommaso da Celano riceve dal Generale il compito di scrivere una
nuova Vita di Francesco. Il Celano, almeno per quanto riguarda la conversione di Francesco,
ha ripreso quello che hanno mandato i tre Compagni, che, secondo la Lettera di Greccio,
sono: “frate Leone, frate Rufino e frate Angelo”. Come abbiamo visto, questi nomi li
troviamo anche nella Chronica; osservando però la struttura della Legenda dei tre compagni e
la descrizione delle informazioni allegate alla lettera da parte dei frati sopra ricordati, ci
sembra che si tratti di due diverse lettere 17. Comunque, riguardo al rapporto che c’è tra le due
biografie, siamo in accordo con Domenico Sparacio, il quale, riferendosi alla Vita seconda,
precisa: “Qui il Celano non fece altro che rivestire del suo stile le parole dei Tre Soci, o
almeno le idee” 18.
BONAVENTURA DA BAGNOREGIO sulla conversione di Francesco nella Leggenda
Maggiore 19
È noto il fatto che questa leggenda venne scritta da Bonaventura su richiesta del Capitolo
generate tenutosi a Narbona nel 1260 20. Questa leggenda, presentata e approvata al Capitolo
generale del 1263, tenutosi a Pisa, ebbe un grande successo, anzi, al Capitolo generale di
Parigi, nel 1266, fu riconosciuta come la sola biografia e “omnes Legendae de Beato
Francisco olim factae deleantur” 21, cioè tutte le altre biografie dovevano essere distrutte.
Per quanto riguarda la vita di Francesco prima della sua conversione, Bonaventura, quasi
volendo correggere l’immagine presentata da Tommaso nella Vita prima, la presenta in un
modo molto raffinato, affermando:
“Nell’età giovanile crebbe tra le vanità dei vani figli degli uomini. Dopo un’istruzione sommaria,
venne destinato alle lucrosa attività del commercio. Ma assistito e protetto dall’alto, benché
vivesse tra giovani lascivi e fosse incline ai piaceri, non seguì gli istinti sfrenati dei sensi e,
15
Chronica XXIV Generalium Ordinis Minorum, in AF III, 1897, pp. 261-267.
AnnMin, t. III, a. 1244, XI, p. 117.
17
Per uno studio più approfondito, si guardino le due edizioni critiche curate da T. DESBONNETS,
La «Legenda trium sociorum», Édition critique, in AFH LXVII, 1974; e da L. DI FONZO, L’Anonimo
perugino tra le fonti francescane del sec. XIII, Roma 1972; e anche S. DA CAMPAGNOLA,
nell’Introduzione alla seconda sezione delle Fonti Francescane in italiano.
18
D. SPARACIO, Storia di San Francesco d’Assisi, Assisi 1928, p. 4.
19
La LegMag in 1FF si trova pp. 777-911, ed in 2FF, pp. 599-746, nn. 1020-1329.
20
Cf. AnnMin, t. IV, a. 1260, XVIII, p. 154.
21
AFH, t. VII, n. 8, 1914, p. 678.
16
7
benché vivesse tra avari mercanti e fosse intento ai guadagni, non ripose la sua speranza nel
denaro e nei tesori” (LegMag I, 1).
Anche nella Leggenda Maggiore si può osservare una maturazione della conversione di
Francesco. Infatti, Bonaventura inizia la sua Leggenda facendo un piccolo accenno alla vanità
di Francesco (cf. LegMag I, 1), dopodiché presenta l’immagine di Francesco generoso e
benevolo verso i poveri (cf. LegMag, I, 1) e poi la malattia di Francesco: “La mano del
Signore […] colpì il suo corpo con una lunga infermità” (LegMag I, 2). Un po’ diverso è il
succedersi dei sogni e l’arruolarsi di Francesco per recarsi nelle Puglie. Bonaventura presenta
prima la visione nel sogno di “un palazzo grande e bello, pieno di armi contrassegnate con la
croce di Cristo” (LegMag I, 3); poi Francesco che non intende bene l’intenzione divina e si
arruola per andare nelle Puglie, e di nuovo sulla strada avviene il secondo sogno con i
dialoghi ripresi dalla Vita seconda e dalla Leggenda dei tre compagni, con qualche piccolo
cambiamento; dopodiché si descrive il ritorno ad Assisi (cf. LegMag I, 3). Viene narrato pure
l’incontro con il lebbroso (cf. LegMag I, 5); e anche questa narrazione è ripresa dalla Vita
seconda (2Cel 9), quasi parola per parola. C’è, infine, la conversione perfetta nel racconto del
rifugio di Francesco a San Damiano, la persecuzione da parte del padre e finalmente
Francesco che ridà i vestiti a suo padre davanti al vescovo (cf. LegMag II, 1-4), racconto che
si trova anche nelle altre biografie, come già visto.
Dunque, da queste biografie principali di Francesco, possiamo riassumere una
conversione del Santo che avviene in un paio d’anni, il cui inizio è da ricavarsi negli anni
1202-1203, nel carcere perugino, e anche nella lunga malattia, nel 1204; poi avviene il sogno
del cavalierato nel 1205, e generalmente, ma non senza controversie, viene accettato il 1206
come l’anno della conversione perfetta 22. Ancora per quanto riguarda la conversione perfetta,
è da notate una certa divergenza tra quello ce ci dice lo stesso Francesco, 2Cel e la Leg3soc, e
quello che è narrato nella 1Cel e LegMag. Cioè: nelle prime la conversione di Francesco si
perfeziona nell’incontro con il lebbroso; mentre, nelle altre, nell’episodio della rinuncia a
tutto quello che ha ricevuto da suo padre, di fronte al vescovo di Assisi. Questo ci porta a
considerare che la vera conversione di Francesco avvenne nel momento dell’incontro con il
lebbroso, ma la conversione fu resa pubblica nell’episodio della piazza, di fronte al vescovo
Guido di Assisi.
LA DINAMICA DELLA FORMAZIONE DELL’ORDINE FINO ALLA CAPITOLO DELLE STUOIE
La dinamica della conversione di Francesco è continuata nella formazione della prima
fraternità intorno al Santo, la cui crescita fa spuntare un nuovo e numeroso Ordine religioso in
seno alla Chiesa. Infatti, la nuova vita di Francesco inizialmente porta una certa
disapprovazione da parte dei suoi contemporanei, ai quali sembra strano quello che Francesco
compie: per il suo stile di vita, sembra fuori di sé. Queste idee iniziano, però, lentamente
cambiarsi e, dopo “due anni dalla sua conversione” (Leg3soc 27), Francesco ha i primi
seguaci 23.
Senza entrare nei dettagli per quanto riguarda i primi frati, notiamo che, arrivati questi al
numero di dodici, Francesco si rende conto che non può continuare il suo stile di vita senza
l’approvazione della Chiesa. Per cui, nel 1209/1210, insieme ai suoi frati, Francesco va a
Roma e, dopo diverse prove, riceve l’approvazione orale, dal papa Innocenzo III, per vivere la
sua forma di vita insieme ai suoi seguaci.
22
Cf. L. DI FONZO, Per la cronologia …, op. cit., pp. 56-72.
Cf. A.-A. ILIEŞ, Istoria franciscanismului de la origini până la scindarea prin Ite vos
(1181/1182-1517), (Biblioteca franciscană, 4), Roman 2008, p. 52.
23
8
Tornati da Roma, Francesco e i suoi primi frati vivono per un certo periodo a Rivotorto e
poi a Porziuncula. Riguardo al primo nucleo francescano, Felice Accrocca fa un’importante
osservazione, e cioè che questo primo gruppo dei frati era formato da persone che
continuavano esercitare i mestieri che avevano imparato prima di unirsi a Francesco; esisteva
comunque una clausola: il mestiere non doveva essere contro la salvezza dell’anima e doveva
essere esercitato con onestà, cosi come sarà poi previsto anche dalla Rnb VII, 4-10 24. Per
quanto riguarda il «lavoro onesto» è da notare che, nella dottrina della Chiesa e nell’opinione
pubblica del XIII secolo, alcuni lavori erano considerati non decorosi moralmente
(«inhonesti») e quindi proibiti, sia ai laici, sia, e ancor di più, agli uomini della Chiesa, tra i
quali andavano inclusi, per taluni rispetti, appunto, i viri poenitentiales, gli uomini della
penitenza della città di Assisi 25.
Comunque, una delle preoccupazioni principali di Francesco e dei suoi frati è la
predicazione. La stessa approvazione verbale da parte di Innocenzo III, dà libertà a Francesco
ed ai suoi frati di predicare da per tutto la penitenza (cf. 1Cel 33, 7). E questo è l’inizio di una
lunga missione apostolica della predicazione itinerante, popolare e di penitenza 26.
La predicazione della prima fraternità francescana, e particolarmente il nuovo stile di
vita, ha fatto crescere molto il numero dei seguaci di Francesco, e questo fatto ha portato con
sé anche la crescità delle diversità dei mestieri ed occupazioni dei nuovi frati. In questo senso,
nella Regola non bollata, capitolo XVII, osserviamo una certa distinzione dei frati in tre
gruppi, cioè: «predicatores», «oratores» e «laboratores». In questa distinzione si rispecchia
anche l’immagine medievale della società, che divisa in tre categorie: «oratores», «bellatores»
e «laboratores». Dunque, c’è un’evoluzione della prima fraternità, in questo senso i
predicatori non sono più i semplici predicatori dell’inizio, ma formano un gruppo specifico; lo
stesso vale per i lavoratori, anche loro formano un gruppo specifico; mente nei frati «oratori»
si possono riconoscere i frati che hanno scelto di vivere negli eremi e per cui Francesco ha già
scritto una regola di vita tra gli anni 1216-1217 e 1221 27.
In breve tempo, la piccola fraternità riunita intorno a Francesco cresce molto e va oltre i
confini della provincia umbra, arrivando in tutta Italia e non solo. Al riguardo Bonaventura
scrive:
“Molti, inoltre, non solo spinti da devozione, ma infiammati dal desiderio della perfezione di
Cristo, abbandonavano ogni vanità mondana e si mettevano alla sequela di Francesco. Essi,
crescendo e moltiplicandosi di giorno in giorno, si diffusero in breve tempo fino alle estremità
della terra” (LegMag IV, 7).
Infatti, nel capitolo generale del 1217 si decide che i frati vadano in missione per il
mondo intero. Lo stesso Francesco intende partire per la Francia; però il cardinale Ugolino lo
convince a rimanere in Italia. Comunque, se nel primo decennio della sua vita il primo nucleo
francescano riesce a diffondersi in quasi tutte le regioni d’Italia, a partire dal 1217 l’Ordine
dei Minori si diffonde nelle principali nazioni d’Europa e anche nelle zone di missione:
Francia e Spagna (1217), Dalmazia e Ungheria (1219-1221), Germania (1221), Inghilterra
(1224), Palestina, Siria e Costantinopoli (1217-1220) e Marocco (1219-1225) 28.
24
Cf. F. ACCROCCA, Francesco e la sua fraternitas. Caratteri del primo movimento francescano,
in F. ACCROCCA – A. CICERI, Francesco e i suoi frati, Milano 1998, p. 32.
25
Cf. R. MANSELLI, San Francesco, (Biblioteca di cultura 182), Roma 1980, p. 101.
26
Cf. L. DI FONZO, San Francesco di Assisi (1182-1226). Tratti biografici, spirito e personalità,
in L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali. Storia e vita 1209-1976, Roma
1978, p. 11.
27
Cf. F. ACCROCCA, Francesco e la sua fraternitas …, op. cit., pp. 113-115.
28
Cf. L. DI FONZO, Francescani. Conventuali, Osservanti e riforme minori nel periodo medievale
1209-1517, in L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali..., op. cit., pp. 5758.
9
Nel 1220 Francesco, appena tornato, a causa dei diversi problemi all’interno dell’Ordine,
dalla missione in Siria, rinuncia alla guida dell’Ordine e nomina frate Pietro Cattani, ministro
generale dell’Ordine, e nello stesso tempo il cardinal Ugolino è nominato protettore
dell’Ordine. Pietro Cattani muore solo un anno dopo la sua nomina, cioè il 10 marzo 1221, e
alla guida dell’Ordine gli succede frate Elia, che però, per rispetto verso Francesco, si nomina
Vicario generale dell’Ordine.
Comunque, nel frattempo l’Ordine cresce molto, ed al Capitolo generale del 1221, nel
quale fu approvata la Regola non bollata, il cronista Giordano da Giano, parla di 3.000 frati
(cf. Gian 16). Due anni più tardi, al Capitolo delle Stuoie, datato nel 1223 29, erano presenti
5.000 frati (cf. CompAss 18). Anche se questi numeri possono essere esagerati, comunque,
essi parlano da sé della rapida crescita e diffusione dell’Ordine dei Frati minori.
LA DINAMICA DELLA FORMAZIONE DELLA REGOLA DEI FRATI MINORI
La dinamica che ha conosciuto la conversione di Francesco e la rapida evoluzione
dell’Ordine si rispecchia anche nella formazione della Regola dei Frati Minori, quasi come
una continuazione dell’opera divina iniziata nel Santo di Assisi e sviluppata nel suo Ordine
dai suoi frati che hanno portato e portano avanti, in “sequela Christi”, il messaggio
evangelico.
La formazione della Regola dei Frati Minori
Nel giro di poco tempo, intorno a Francesco si forma una vera fraternità, per la quale il
Santo deve fornire indicazioni chiare di vita. Inizialmente, per la piccola comunità raccolta
intorno a Francesco, bastano i pochi brani evangelici ispiratigli dalla volontà divina; però
quando la fraternità inizia a crescere, Francesco si rende conto che, per questo, ha bisogno
dell’approvazione della Chiesa, per cui bisogna presentare uno stile di vita. Così nasce la
prima forma di vita proposta da Francesco.
La Proto-Regola
Questa Regola, com’è ben noto, purtroppo non ci è pervenuta; però grazie a diverse
indicazioni delle fonti, possiamo identificare alcuni testi che facevano parte di questa prima
forma di vita francescana. La prima informazione sul tale contenuto la troviamo nella prima
biografia scritta dal Celano:
“Vedendo che di giorno in giorno aumentava il numero dei suoi seguaci, il beato Francesco
scrisse per sé e per i suoi frati presenti e futuri, con semplicità e brevità, una norma di vita o
Regola, composta soprattutto di espressioni del Vangelo, alla cui perfezione continuamente
aspirava. Ma vi aggiunse poche altre cose indispensabili per una santa vita in comune” (1Cel 32).
Questa informazione, che ci viene trasmessa anche da Bonaventura (LegMag III, 8),
parla, dunque, del contenuto e della forma della Proto – Regola; il suo contenuto non è altro
che qualche citazione di passi evangelici, che erano stati decisivi per Francesco e per i suoi
primi compagni 30; probabilmente si tratta dei brani evangelici che narrano la chiamata degli
Apostoli (Mt 16, 24; Lc 14, 26; e anche Mt 19, 29; Mc 10, 29; Lc 18, 28) e il mandato degli
29
Cf. L. DI FONZO, Il famoso capitolo delle stuoie O. Min. nel 1223, in MiscFranc 98 (1998), pp.
367-390.
30
Cf. A. GHINATO, Una Regola in cammino, Roma – Vicenza 19733, p. 27.
10
Apostoli in missione (cf. Mt 10, 7-10; Mc 6, 8-9; Lc 9, 1-6) con qualche spiegazione. Questa
Regola fu scritta, secondo quanto dice lo stesso Francesco (cf. Test 15), e venne approvata
oralmente dal papa Innocenzo III (cf. Test 15).
Alcuni studiosi fanno notare una possibile identificazione di questa Regola con il prologo
ed anche con il primo capitolo della Regola non bollata. In questo senso, Antonio Ciceri, cita
David Flood, il quale dice: “Con molta probabilità il prologo della Regula venne redatto
durante il pontificato di Innocenzo III (1198-1216), se non si tratta addirittura di una parte del
propositum presentato al Papa nel 1209/1210. Lo stesso si può dire del primo capitolo” 31. Nel
prologo infatti leggiamo: “Questa è la prima Regola che il beato Francesco compose, e il
signor papa Innocenzo gli confermò senza bolla” (Rnb, Prologo, 1), mentre sappiamo che la
redazione finale della Rnb fu fatta al Capitolo generale del 1221, quando era papa Onorio III
(Innocenzo III era morto nel 1216). Da queste considerazioni si può dedurre chiaramente che
il prologo sopra ricordato non può appartenere né alla Rnb, né alla Rb che fu approvata da
Onorio III; ma può essere, più plausibilmente, attribuito alla Proto – Regola ricordata dai
biografi.
Regola non bollata (Rnb) 32
Per quanto riguarda la datazione della Rnb, in senso generale, si può con probante forza
sostenere quanto già da tempo ha fatto notare David Flood, cioè che la Rnb si presenta quale
testo dipanatosi in un tempo sufficientemente lungo, di cui sarebbero sintomatici gli
inserimenti negativi introdotti con caveat, risalenti a un tempo posteriore, in rapporto a parti
di testo con formulazioni in tono positivo 33. Dobbiamo rifarci in questo senso a Kajetan Esser,
il quale afferma che, dopo i convincenti studi di David Flood, è chiaro che questa Regola non
fu scritta «di getto», ma venne a più riprese rielaborata, completata e corretta 34. Comunque,
con certezza sappiamo che il testo nel suo insieme, come l’abbiamo oggi, venne approvata
definitivamente nel Capitolo generale della Pentecoste del 1221 35.
Nella formazione e nello sviluppo di questa Regola sicuramente ha influito la crescita
della nuova fraternità intorno a Francesco. Se inizialmente al piccolo gruppo radunato intorno
al «Poverello di Assisi» bastano alcuni brani evangelici come guida per la loro vita, e questo
anche perché Francesco sta in mezzo a loro e può avere un rapporto diretto con ognuno di
loro; quando questa fraternità inizia a crescere e a espandersi in diverse parti d’Italia e poi
anche fuori d’Italia, per il Fondatore non è più possibile conoscere tutti, come non tutti
possono conoscere Francesco direttamente. A questo punto crescono anche le esigenze (a
livello ormai di un Ordine) e le varie difficoltà esigono un ampliamento della primitiva forma
di vita. In questo senso, la Rnb svolge il ruolo di organizzazione e di legislazione, anche se al
termine “legislazione” non bisogna accordare un valore legislativo ma istitutivo, cioè che
31
Cf. D. FLOOD, Die Regula non bullata der Minderbrüder (Franziskanische Forschungen, 19),
Werl in West. 1967, p. 125-133; in A. CICERI, La Regula non bullata, in F. ACCROCCA – A. CICERI,
Op. cit., p. 136.
32
Riguardo a questa Regola ci sono diversi studi; ultimamente è uscito il contributo di A. CICERI,
Op. cit., pp. 127-264, che è il risultato di uno studio preparato per la Settimana Francescana di Studio,
programmata dallo Studio Teologico S. Bernardino di Verona, che aveva come tema la Regola non
bollata.
33
D. FLOOD, Die Regula non bullata, op.cit., pp. 105-121; in A. CICERI, Op. cit., 134-135.
34
K. ESSER, Gli scritti di S. Francesco d’Assisi, Padova 1982, p. 531.
35
Ibidem.
11
segna l’evolversi della comunità–movimento verso la forma dell’Ordine, permettendo così la
presenza di formule esortative piuttosto che impositive 36.
Grazie al troppo frequente uso del congiuntivo, si può classificare il nostro testo come a
cavallo tra lo stile esortativo–sapienziale con finalità pedagogica e salvifica, tipico delle
Ammonizioni, e quello piuttosto giuridico–legislativo, che rinvia e rafforza l’idea che la Rnb è
un testo che segna e che è segnato dalla vitalità storica della primitiva fraternità e non dal
cristallizzarsi di questa in norme e precetti 37. Infatti, lo sviluppo della Rnb, giacché si realizza
per rispondere alle esigenze e alle difficoltà dell’Ordine, è un segno della dinamicità
dell’Ordine.
Regola bollata (Rb)
Dunque, sia Francesco che l’Ordine formatosi intorno a lui ebbero un rapido sviluppo; se
la conversione di Francesco si perfezionò nell’incontro con il lebbroso, se la sua fraternitas si
sviluppò fino a diventare un vero Ordo, si sentì anche il bisogno di una nuova Regola, scritta
e approvata da papa Onorio III con la bolla «Solet annuere», il 29 novembre 1223; e ciò
significò l’ingresso della Regola francescana nel numero delle grandi regole, cioè di san
Basilio, di sant’Agostino e di san Benedetto 38.
Le biografie ufficiali e quelle non ufficiali fanno più riferimenti a questa Regola;
Bonaventura, riferendosi alla Regola di Francesco, confermata da papa Onorio, nell’ottavo
anno del suo pontificato, ci informa che Francesco:
“Volens igitur confirmandam Regulam ex verborum Evangelii aggregatione profusius
traditam ad compendiosiorem formam, iuxta quod dicebat visio monstrata, redigere, in montem
quendam cum duobus sociis, Spiritu sancto ducente, conscendit, ubi pane tantum contentus et
aqua, ieiunans, conscribi eam fecit, secundum quod orandi sibi divinus Spiritus suggerebat”
(LegMag IV, 11).
“Volle, prima di farla approvare, ridurre a forma più compendiosa la Regola, che aveva steso
con lunghe e abbondanti citazioni del Vangelo. Perciò, guidato dallo Spirito Santo, salì su un
monte con due compagni e là, digiunando a pane e acqua, dettò la Regola, secondo quanto gli
suggeriva lo Spirito divino durante la preghiera” (LegMag IV, 11).
È certo, quindi, che il 29 novembre 1223 il testo della Regola era ultimato; si dovrà però
supporre che Francesco abbia discusso il testo «cum consilio fratrum» al capitolo di
Pentecoste del 1223 39, dandone poi la stesura definitiva nel corso dell’anno, soprattutto con
l’aiuto del cardinale Ugolino 40. Dello stesso parere è anche Lorenzo Di Fonzo, per cui questo
capitolo si può identificare con il Capitolo delle stuoie 41.
Questa Regola definitiva, che contiene dodici capitoli con un prologo ed un epilogo (di
papa Onorio III), fu, secondo lo stesso Lorenzo Di Fonzo, emblematica rappresentanza non
soltanto dell’Ordine minoritico, ma pure della nuova forma e norma canonica di vita degli
Ordini mendicanti del XIII secolo e successivi. Una Regola rimasta intatta nel suo rigoroso
«ideale evangelico» di «sequela Christi», come interpretata da S. Francesco, grazie alla sua
36
A. CICERI, Op. cit., p. 137.
Cf. Ibidem, p.140.
38
Cf. G. RACCA, La Regola dei Frati Minori, Assisi 1995, p. 17.
39
Cf. Chronica fratris Jordani, n. 31, in K. ESSER, Gli scritti …, op. cit., p. 476.
40
K. ESSER, Gli scritti…, op. cit., p. 476.
41
L. DI FONZO, Il famoso capitolo …, op. cit., pp. 382-389.
37
12
coscienziosa resistenza ad ogni altra proposta integrativa o alternativa, comprese quelle dei
«frati Sapienti» del 1223, pur caldeggiate dal grande protettore Ugolino 42.
Dunque, la Regola bollata dei Frati Minori segna il compimento di un cammino della
formazione di una nuova forma di vita all’interno della Chiesa, un cammino percorso in
diversi anni rispondendo a diverse esigenze. Nello stesso tempo, la nuova Regola apre un
nuovo cammino, che continuerà ad aggiornarsi in armonia con le esigenze della Chiesa e della
società fino ai nostri giorni.
DALLA REGOLA ALLE COSTITUZIONI GENERALI
Lo sviluppo continuo dell’Ordine, come pure le diverse situazioni della Chiesa, hanno
portato con sé diverse esigenze, che a loro volta hanno quasi imposto, in diverse riprese, degli
aggiornamenti della forma di vita francescana, dando origine agli interventi pontifici ed in
seguito alle costituzioni oppure statuti generali dell’Ordine.
Interventi pontifici sulla Regola fino alle prime Costituzioni Generali
Gli interventi pontifici sulla Regola francescana e sull’Ordine dei Frati Minori devono
essere letti in sintonia con l’adesione di Francesco alla Chiesa romana e particolarmente in
base al primo capitolo della Regola bollata: “Frate Francesco promette obbedienza e
riverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa
romana” (Rb I). Proprio grazie a questa sottomissione e, nello stesso tempo, fiducia di
Francesco e dei suoi frati nell’autorità ecclesiastica romana, i sommi pontefici nei diversi
tempi ed in diversi modi hanno fatto degli interventi riguardo alla vita e attività dei Frati
Minori.
Un primo intervento che riguarda la Regola e la vita dei Frati Minori è stato fatto ancora
durante la vita di san Francesco, da papa Onorio III, il 17 marzo 1226, con la bolla Ex parte
vestra, tramite la quale il Papa permetteva ai Frati Minori e predicatori missionari in Marocco
di usare il denaro per acquistare cibo e vestiti:
“Cumque in Terra illa (Regno Marochiano) gratis non possitis victualia invenire, pro eo quod non
panis, sed pecunia consuevit ibidem pauperibus in subsidium erogari, urgens necessitas vos
compellit caritative recidere, sed parce denarios, et expendere tantummodo propter cibum, et
vestes; unde cum haec sint contra Ordinis vestri Instituta; licet videatur vobis ab his excusare
inevitabilis necessitas, ac grandis, et evidens utilitas aliorum …” 43.
Questa bolla è un esempio primordiale di quanto lo spirito francescano sia aperto alle
nuove esigenze della vita e missione apostolica. La Regola ha sempre i suoi valori, ma quando
le esigenze della vita e della missione richiedono delle eccezioni alle prescrizioni precise,
allora la vita dei frati e il buon andamento delle loro missioni hanno la precedenza. E proprio
in questo spirito nascono i primi aggiornamenti della Regola alle nuove esigenze della vita,
aggiornamenti che in seguito saranno raggruppati e definiti Costituzioni generali e anche
Statuti generali dell’Ordine.
Per quanto riguarda la Regola e la vita dei Frati Minori tra la Regola bollata e le prime
Costituzioni generali del 1239, l’intervento pontificio più importante e consistente è quello di
Gregorio IX, tramite la Quo elongati, del 28 settembre 1230 44, che contiene anche la prima
42
Cf. Ibidem, p. 389.
BullFranc I, Romae 1759, p. 26.
44
Cf. BullFranc I, pp. 68-70.
43
13
dichiarazione ufficiale della Chiesa riguardo alla Regola ed al Testamento di san Francesco.
Gregorio IX, ricordando la sua «longa familiaritas» che aveva con san Francesco le cui
intenzioni conosceva bene, inizia il suo documento/commentario dichiarando che i frati sono
tenuti ad osservare non il Testamento, ma la Regola: “… Ad observantiam Testamenti […]
dicimus non teneri …”. In questo il Papa fa riferimento particolarmente alle prescrizioni del
Testamento per quanto riguarda la Regola, che cioè sia osservata senza note esplicative (“sine
glossa”) e senza interpretazioni (cf. Test 35, 38-39).
Questo documento papale giunge in un momento particolare dello sviluppo dell’Ordine.
Siamo all’inizio di un trentennio (1230-1260) in qui l’Ordine si va trasformando in un ordine
clericale e questo soprattutto per le esigenze di ministero nella crescente richiesta ed impegno
dei frati da parte della Chiesa, come pure per l’influsso dell’organizzazione scolastica e
dell’impegno dell’Ordine “gemello” dei Domenicani 45. Questo fatto, che porta con sé anche
delle accettazioni degli interventi pontifici a favore delle attività pastorali, missionarie ed
accademiche dei frati, come pure alcune eccezioni riguardo alla povertà assoluta, hanno fatto
sorgere all’interno della fraternità francescana diverse difficoltà. In Particolarmente, un certo
gruppo di frati, generalmente definiti “zelanti”, biasima queste iniziative dell’Ordine
richiamandosi al Testamento di Francesco, al suo valore ed all’osservanza della povertà
assoluta.
Quindi, le dichiarazioni di Gregorio IX, nella Quo elongati, sono una risposta a queste
reazioni degli “zelanti”. Nello stesso tempo, le dichiarazioni pontificie offrono all’Ordine la
possibilità di una nuova apertura ed un rilancio nella Chiesa, in diversi ambiti: pastorale,
missionario, sociale, intellettuale-scolastico.
Infatti, oltre alle dichiarazioni riguardo al Testamento, alla Regola e alla povertà assoluta,
Gregorio IX, nella Quo elongati, istituisce i “nunzi apostolici”, che sostituiscono gli amici
spirituali previsti dalla Regola e hanno lo scopo di sostenere il vissuto della povertà in quanto
vengono incontro alle difficoltà dei frati nell’amministrazione dei beni. Il Papa offre anche
altre spiegazioni, come per esempio sul modo di esaminare i frati prima della predicazione,
sulle visite nei monasteri delle monache… Tutti questi interventi pontifici allargano la visione
e le attività dei frati e sono i passi iniziali che portano, in seguito, alle costituzioni generali,
che mirano proprio all’attuazione della Regola nei nuovi contesti di vita e attività.
La formazione delle prime Costituzioni e la loro dinamica nel primo secolo francescano
(sec. XIII)
Per quanto riguarda le prime costituzioni dell’Ordine francescano, ultimamente, grazie ai
frati editori di Quaracchi, abbiamo un’edizione critica delle costituzioni generali del primo
secolo francescano (sec. XIII), pubblicata a cura di Cesare Cenci e Giorgio Mailleux, in
Analecta Franciscana XIII, nel 2007.
Le prime costituzioni generali, conosciute come “Antique” 46 oppure “Prenarbonenses”47,
furono approvate al Capitolo generale del 1239; il loro testo non ci è pervenuto, però fu
incluso nelle seguenti costituzioni, quelle narbonensi 48, del 1260.
45
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali …, op. cit., p. 39; A.-A.
ILIEŞ, Istoria franciscanismului …, op. cit., p. 72.
46
L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali …, op. cit., p. 267.
47
Cf. Analecta Franciscana XIII, Nova Series, Documenta et studia 1, Constitutiones generales
Ordinis fratrum minorum, I (Seculum XIII), Cura et Studio fratrum Caesaris CENCI et Romani Georgii
MAILLEUX O.F.M., Grottaferrata 2007, p. 4.
48
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali …, op. cit., p. 267.
14
Come fa notare Lázaro Iriarte, le prime costituzioni regolavano la vita dei frati, specie
riguardo al governo, e questo particolarmente per evitare l’esperienza del regime assolutista 49.
Infatti, furono limitati i poteri del ministro generale, togliendogli l’autorità di nominare i
provinciali, i custodi e i guardiani; in futuro i ministri sarebbero stati eletti dal capitolo, e i
custodi e i guardiani dal provinciale. Dunque, fu rafforzata l’autorità dei ministri provinciali.
Inoltre, fu riconosciuta la supremazia dei capitoli sui ministri ed imposto al ministro generale
l’obbligo di convocare ogni tre anni il capitolo e di visitare le province personalmente o
tramite commissari nominati dal capitolo generale 50.
Del fatto che non furono scritte costituzioni generali fino al 1239, Salimbene da Parma,
cronista francescano, ritiene responsabile frate Elia: “Il quarto difetto di frate Elia fu che, in
tutto il tempo del suo governo, non si fecero costituzioni generali nell’Ordine […]. Quali
furono fatti nel tempo successivo (a. 1939), quando Elia fu assolto dal suo ministero e furono
scritte le costituzioni […]” 51. Lo stesso Salimbene fa una breve presentazione delle prime
costituzioni: “Ed in quello Capitolo (1239) furono fatte le costituzioni generali, ma non erano
ordinate; queste furono ordinate nel tempo da frate Bonaventura ministro generale […]” 52.
Il fatto che le costituzioni siano un’attuazione della Regola è una convinzione presente
sin dagli inizi dell’Ordine; ancora Salimbene nota: “Mentre è per mezzo di esse (le
costituzioni generali) che si conserva l’osservanza della Regola, si governa l’Ordine, si vive
con uniformità e si compiono tante cose buone […]” 53.
Gli editori di Quaracchi hanno individuato tra le varie fonti, particolarmente nelle
costituzioni narbonensi, 49 frammenti appartenenti alle prime costituzioni dell’Ordine; esse
sono un’attuazione della Regola, a cui si fa spesso riferimento, per le varie situazioni dei frati
e dell’Ordine.
Tra le prime costituzioni (1239) e quelle narbonensi (1260), i frati editori di Quaracchi
hanno individuato diverse prescrizioni costituzionali, che hanno raggruppato e definito come
Constitutionum paraenarbonensium particulae (1239-1254): 87 frammenti, pubblicati già in
parte da Cesare Cenci 54; e Vestigia constitutionum praenarbonensium (1239-1257): 124
frammenti con un’appendice di 66 frammenti, anche essi pubblicati già da Cesare Cenci 55. Si
tratta di una lunga serie di prescrizioni che generalmente si ritrovano, anche se in una forma
poco diversa, nelle Costituzioni narbonensi.
Ancora tra le prime due costituzioni generali, tenendo presente le diverse tensioni che
continuavano all’interno dell’Ordine, bisogna segnalare un nuovo intervento pontificio, cioè
la seconda dichiarazione pontificia sulla Regola. Si tratta della bolla Ordinem vestrum, del 14
novembre 1245, di papa Innocenzo IV 56. Un’importante osservazione in questo intervento di
Innocenzo IV è la logica con cui si spiegano alcune concessioni e dichiarazioni riguardo alla
Regola, particolarmente rispetto alla povertà. Cioè: il Papa indica alcune prescrizioni della
Regola, per le quali la stessa Regola prevede delle eccezioni, come per esempio il fatto che,
pur dicendosi che i frati non possono avere niente, pure i chierici possono avere il breviario;
oppure, pur proibendo ai frati di ricevere denaro, comunque si accetta di ricevere l’aiuto,
49
Cf. L. IRIARTE, Storia del Francescanesimo, Roma 19942, p. 59.
Cf. Ibidem.
51
SALIMBENE DA PARMA, Cronica I, ed. G. SCALIA (CC, Continuatio Medievalis CXXV),
Turnholti 1998, pp. 149, 151, 245; in AF XIII, p. 3.
52
Ibidem.
53
SALIMBENE DA PARMA, Cronica, in 2FF, p. 1643, n. 2612.
54
C. CENCI, De Fratrum Minorum Constitutionibus Praenarbonensibus, in AFH 83 (1990), pp.
50-66; cf. anche IDEM, L’ordine francescano e il diritto. Testi legislativi dei secoli XIII-XV
(Bibliotheca Eruditorum 15), Keip Verlag Golgbach 1998, pp. 313-329.
55
C. CENCI, Vestigia constitutionum praenarbonensium, in AFH 97 (2004), pp. 61-98.
56
BullFranc I, pp. 400-402.
50
15
tramite gli amici spirituali e familiari, per le necessità urgenti dei frati secondo le varie
esigenze. Dunque, con la stessa logica si possono accettare i diversi interventi pontifici a
favore dell’Ordine, senza venir meno il rispetto per la Regola. La bolla permette ai frati di
ricorrere agli amici spirituali, non solo per le necessità urgenti, come si specifica nella Regola,
ma anche per le cose utili e comode ai frati. Inoltre, per venire incontro alle difficoltà dei
diversi frati per quanto riguarda il possesso dei beni, in Ordinem vestrum, si dichiara che tutti
i beni dell’Ordine, mobili ed immobili, che i benefattori non avessero riservato a sé,
appartengono alla Sede apostolica; di conseguenza si istituisce l’ufficio di procuratore oppure
rappresentante del papa. Nella bolla si fanno anche altre dichiarazioni, specialmente per dare
maggior efficacia all’azione apostolica ed agli studi. In fine, vi si decreta l’esenzione assoluta
dei conventi e delle chiese 57.
Più tardi le dichiarazioni della Ordinem vestrum furono completate dal breve Quanto
studiosius, del 19 agosto 1247, dello stesso Innocenzo IV 58. Questo documento dava facoltà ai
ministri provinciali di nominare o sostituire personalmente i procuratori oppure gli “uomini di
fiducia” che aiutavano l’Ordine nell’amministrazione dei beni; praticamente tutta
l’amministrazione passava nelle mani dei frati. Certamente queste decisioni hanno portato con
loro anche delle reazioni di diversi frati che temevano che in questo modo si trasgredisse la
Regola. Inoltre, l’Ordine riceveva delle responsabilità, che in seguito dovevano essere
regolate anche giuridicamente, per cui sempre di più ci sarebbe stato bisogno di nuove ed
aggiornate costituzioni generali, che potessero rispondere alle nuove esigenze e alle diverse
situazioni dei frati e delle loro circoscrizioni.
Una chiara svolta delle costituzioni si ha nel Capitolo generale tenutosi a Narbonne, nel
1260, quando furono approvate le Costituzioni generali, opera di san Bonaventura, allora
ministro generale dell’Ordine. Queste costituzioni ci sono pervenute in un unico codice,
conservato nell’Archivio Vaticano, che contiene una copia tardiva, dopo il 1517, di queste
costituzioni 59. Si tratta di un testo ben ordinato, contenente un prologo (4 paragrafi) e 12
capitoli o rubriche: 1° Sull’ingresso nella religione (11 paragrafi); 2° Sulla qualità dell’abito
(12 paragrafi); 3° Sull’osservanza della povertà (24 paragrafi); 4° Sulla forma da mantenere
interiormente (23 paragrafi); 5° Sul modo esteriore da agire (19 paragrafi); 6° Sul lavoro dei
frati (29 paragrafi); 7° Sulla correzione dei delinquenti (26 paragrafi); 8° Sulla visita dei
provinciali (25 paragrafi); 9° Sull’elezione dei ministri (23 paragrafi); 10° Sul capitolo
provinciale (27 paragrafi); 11° Sul capitolo generale (28 capitoli); 12° Sul suffragio dei
defunti (8 paragrafi).
Le nuove situazioni all’interno dell’Ordine e anche della Chiesa, nell’ultima parte del
XIII secolo, riportano in discussione le costituzioni generali; così al Capitolo generale del
1279, celebrato ad Assisi, si emanano le Costituzioni generali, che sono, praticamente, una
nuova edizione delle Costituzioni narbonensi. Simile edizioni, con poche modifiche o
aggiunte, furono approvate anche ai Capitoli generali di Strasburgo (1282), Milano (1285),
Parigi (1292) ed Assisi (1295).
Dunque, nella seconda parte del secolo XIII, e non soltanto, le Costituzioni generali di
Narbonne sono fondamentali. Le loro varie approvazioni nei capitoli generali e le loro
riedizioni sono anche una risposta alle varie reazioni dei diversi movimenti all’interno
dell’Ordine, come quelle degli “zelanti” e poi degli “spirituali” o “fraticelli”.
La dinamica delle Costituzioni generali nel XIV secolo
57
Cf. BullFranc I, pp. 400-402; cf. anche L. IRIARTE, Op. cit., pp. 61-62.
BullFranc I, pp. 487-488.
59
AF XIII, p. 67.
58
16
La fine del Duecento e l’inizio del Trecento sono segnati da diverse discussioni e tensioni
all’interno dell’Ordine, particolarmente a causa delle tensioni esistenti tra i frati della
comunità conventuale e gli “spirituali”. Queste tensioni portano all’emanazione di diversi
interventi pontifici e diverse discussioni. In questo ambiente abbiamo anche una nuova
revisione e compilazione delle Costituzioni generali, approvate al Capitolo generale di Assisi,
nel 1316, essendo ministro generale fra Michele Fuschi 60. Queste costituzioni contengono un
prologo e 12 capitoli: 1° De religionis ingressu (8 paragrafi); 2° De qualitate habitus (5
paragrafi); 3° De observantia paupertatis (15 paragrafi); 4° De forma interius conservandi
(15 paragrafi); 5° De modo exterius exeundi (17 paragrafi); 6° De occupationibus fratrum (35
paragrafi); 7° De correctione delinquentium (42 paragrafi); 8° De visitatione provinciarum
(29 paragrafi); 9° De electionibus ministrorum et aliorum institutionibus prelatorum (32
paragrafi); 10° De capitulo provinciali (23 paragrafi); 11° De capitulo generali (24 paragrafi);
12° De suffragiis vivorum et defunctorum (8 paragrafi).
Queste costituzioni, pur conoscendo alcune revisioni e compilazioni al Capitolo di Lione,
del 1325, sotto la denominazione Lundunenses I, rimangono in vigore fino all’anno 1331.
Sotto il generalato di fra Geraldo Oddone, nel Capitolo generale tenutosi a Perpignano,
nel 1331, vengono approvate le nuove Costituzioni generali 61. Queste costituzioni contengono
20 capitoli in un nuovo ordine e con testi nuovi: 1° De vita et regula nostra (8 paragrafi); 2°
De reverentia exhibenda domino Papae et Ecclesiae Romanae (4 paragrafi); 3° De volentibus
vitam istam accipere (11 paragrafi); 4° De forma nostri habitus (10 paragrafi); 5° De divino
officio (11 paragrafi); 6° De Ieiunio (6 paragrafi); 7° De modo eundi per mundum (14
paragrafi); 8° De non recipienda pecunia (4 paragrafi); 9° De modo laborandi (15 paragrafi);
10° Quod Fratres nihi sibi approprient (6 paragrafi); 11° De eleemosina petenda (3
paragrafi); 12° De servitio infirmorum (3 paragrafi); 13° De penitentia Fratribus peccantibus
imponenda (9 paragrafi); 14° De electione Generalis Ministri et Capitulo Pentecostes (10
paragrafi); 15° De Provincialibus Capitulis et Ministris, aliisque praelatis et eorum vicariis
(21 paragrafi); 16° De modo predicandi (3 paragrafi); 17° De admonitione et correctione
Fratrum (42 paragrafi); 18° Quod Fratres non ingrediantur monasteria nec habeant suspecta
consortia mulierum (7 paragrafi); 19° De euntibus inter Saracenos et alios infedeles (2
paragrafi); 20° De protectore ordinis et fidei stabilitate (7 paragrafi).
Siamo in un periodo in cui non soltanto all’interno dell’Ordine francescano sono presenti
tensioni, ma generalmente gli ordini religiosi attraversano diversi momenti di crisi e di
rinnovamento. Infatti, in questo periodo il papa Benedetto XII ha impone a diversi ordini
religiosi nuovi statuti per riorganizzare la vita religiosa. Anche per l’Ordine francescano si
compilano gli speciali Statuta Benedictina 62, nel 1336, contenenti 30 capitoli con varie
prescrizioni minute d’uso piuttosto monastico, se pur nel fondo francescane, efficaci e a lungo
influenti 63.
Appena un anno dopo l’edizione degli Statuta Benedictina, al Capitolo generale di Chors,
nel 1337, sotto il Ministro generale Geraldo Oddone, furono pubblicati i nuovi Statuta
Caturcenses 64, in 12 capitoli, che sono una integrazione dei precedenti statuti 65.
Le edizioni delle costituzioni e degli statuti generali continuarono fortemente nella prima
metà del Trecento. Infatti, già nel 1340, al Capitolo generale tenutosi ad Assisi, fu fatta una
60
Cf. AFH 4 (1911), pp. 269-302; 508-526.
Cf. AFH 2 (1909), pp. 276-292; 412-430; 575-598.
62
Cf. BullFranc IV, pp. 25-42; AFH 30 (1937), pp. 332-386.
63
Cf. L. DI FONZO, Francescani Conventuali, Osservanti e riforme minori nel periodo medievale
1209-1517, in L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 44.
64
Cf. AFH 30 (1937), pp. 128-157.
65
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 268.
61
17
nuova compilazione definita Constitutiones Assisienses III 66: 12 capitoli tratti dalle precedenti
costituzioni generali del 1313, 1331 e 1337 67. Ancora tre anni dopo, abbiamo una nuova
compilazione, Constitutiones Massilienses 68, al Capitolo generale, tenutosi nel 1343 a
Marsiglia, sotto il Ministro generale Fortanerio Vasalli. Si tratta di una ripresa del testo del
1260. Queste costituzioni hanno avuto due supplementi: il 1° redatto al Capitolo generale di
Venezia, nel 1346 69; ed il 2° redatto al Capitolo generale di Verona, nel 1348 70.
Al Capitolo generale di Lione, del 1351, sotto il Ministro generale Guglielmo Farinier, si
editano le nuove costituzioni, Lugdunenses II 71, in 14 capitoli, in parte nuovi (particolarmente
i capitoli 1-6) ed in parte trascritti dalle Constitutiones Caturcenses del 1337 (particolarmente
i capitoli 7-14) 72.
Infine, al Capitolo generale di Assisi, del 1354, furono approvate le nuove Constitutiones
Farineriae 73, 12 capitoli, rifatte secondo le Costituzioni Narbonensi ed ispirate anche dalle
Caturcenses e Lugdunenses II. Da questa data fino al 1430, rimasero in vigore queste
costituzioni insieme agli Statuta Benedictina del 1336 74.
Le numerose redazioni di costituzioni e statuti generali nella prima parte del XIV secolo
sono un chiaro indizio sulla situazione particolare in cui si trovava l’Ordine. I vari movimenti
di riforma, le varie critiche e le dispute interne ed esterne hanno richiedevano sempre di più
questi interventi di aggiornamento giuridico e spirituale.
Il periodo che segue non è molto meno privo di tensioni interni; anzi siamo all’inizio dei
movimenti che porteranno alla divisione dell’Ordine, infatti, nella seconda parte del Trecento
si afferma sempre di più l’osservanza, che va separandosi pian piano dalla famiglia
conventuale; ma, probabilmente, proprio questa distinzione ha bloccato in qualche modo
l’abbondante redazione di costituzioni e statuti che si è vista nella prima parte dello stesso
secolo.
L’evoluzione delle Costituzioni generali nei secoli XV-XVI
Dopo l’abbondane numero di costituzioni e statuti generali editi nella prima parte del
Trecento, segue un periodo abbastanza arido; infatti per ben 84 anni non conosciamo alcuna
redazione di costituzioni o statuti, e comunque anche nei secoli successivi troviamo un
numero più discreto di tale edizioni.
In un tempo in cui ormai l’Ordine è quasi diviso in due grandi famiglie, quella
conventuale e quella dell’osservanza, con diverse altre piccole riforme, il papa Martino V
approva le Costituzioni generali definite Martinianae 75, elaborate al Capitolo generale
d’Assisi, nel 1430, da S. Giovanni da Capestrano e dal Ministro generale Guglielmo da
Casale, per una stretta unione degli Osservanti con i Conventuali. Ma queste costituzioni sono
revocate dallo stesso papa Martino V per i Conventuali, già il 27 luglio 1430, e rimangono in
vigore solo per gli Osservanti cismontani. Per i Conventuali rimangono in vigore gli Statuta
66
Cf. AFH 6 (1913), pp. 258-266.
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 268.
68
Cf. AFH 30 (1937), pp. 74 e 118-119.
69
Cf. AFH 5 (1912), pp. 699-708; cf. ibidem 30 (1937), pp. 74-75.
70
Cf. AFH 30 (1937), pp. 74-75, 169; cf. ibidem 35 (1942), pp. 41-43.
71
Cf. AFH 30 (1937), pp. 158-169.
72
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 268.
73
Cf. BullFranc IV, pp. 639-655; cf. AFH 35 (1932), pp. 82-112, 177-221.
74
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 268.
75
Cf. BullFranc, ns, I, pp. 3-12; AnMin X, a. 1430, nn. 10-22.
67
18
Benedictina e le Costituzioni Farineriae, ambedue inculcati nel Capitolo generale di
Montpellier, del 1446 76.
Il Quattrocento conosce ancora gli Statuta Sixtina, del 1469 77. Si tratta di statuti di
riforma e complementari dei sempre vigenti Statuta Benedictina e Constitutiones Farineriae.
Gli Statuta Sixtina furono preparati dal Ministro generale Francesco Della Rovere e
promulgati dal suo successore Zanetto da Udine nel Capitolo generale celebrato a Venezia,
nel 1469, confermati in seguito dallo stesso Francesco Della Rovere, diventato papa Sisto IV
(1471-1484). Questi statuti furono ripresi anche nei Capitoli generali tenutosi a Roma nel
1506 e 1517 78.
Il secolo XVI si apre con la redazione delle nuove costituzioni, quelle Alexandrinae 79, un
ampio testo, 12 capitoli, che si riffa agli Statuta Benedictina del 1336, alle costituzioni
successive e ai vari statuti capitolari. Queste costituzioni furono approvate nel Capitolo
generale di Terni, nel 1500, sotto il generalato di Egidio Delfini da Amelia. In seguito furono
approvate da papa Alessandro VI, il 7 aprile 1501 e confermate da papa Clemente VII, il 12
settembre 1524. Le Costituzioni Alessandrine sono state utilizzate per tutto il Cinquecento ed
hanno avuto tre edizioni: Romae 1501, Barchinoni 1540 e Bononie 1587 80. Data la situazione
in cui furono redatte queste costituzioni, vale la pena dare uno sguardo almeno ai titoli dei
capitoli: 1° De tribus substantialibus votis regulae fratrum minorum; 2° De ingressu in
religionem, et qualiter recipiantur; 3° De divino officio, et ieiunio, et quomodo fratres
debeant ire per mundum; 4° Ut fratres non recipiant pecuniam; 5° De modo laborandi; 6° Ut
fratres nihil sibi approprient, et de eleemsyna pretenda, et de fratribus infirmis; 7° De
penitentia fratribus peccantibus imponenda; 8° De electione generalis ministri, et capitulis;
9° De predicatoribus; 10° De admonitione, et correctione fratrum; 11° Ut fratres non
ingrediantur monasteria monacharum; 12° De euntibus inter saracenos, et alios infideles.
Sempre all’inizio del Cinquecento, più precisamente nel 1508, si redigono gli Statuta
Iuliana, in 12 capitoli; vengono discussi nel Capitolo generale di Roma, nel 1506, sotto il
generalato di Rainaldo Graziani, ed in seguito, nel 1506-1508, compilati dal colettano
Bonifacio da Ceva ed altri; infine vengono approvati nel 1508, da papa Giulio II. Comunque,
questi statuti non furono accolti dall’Ordine e furono revocati dal Papa nel 1510. Lo stesso
Bonifacio da Ceva li rielaborò e furono assunti dai Colettani di Francia 81.
Questi ultimi tentativi di trovare dei testi comuni per l’intero Ordine sono un segno delle
difficoltà interne dell’Ordine in questo periodo; ormai siamo vicini alla separazione delle due
grandi famiglie francescane, avvenuta nel 1517. Dopo questa data, ognuna delle due famiglie
francescane, ed in seguito anche quella cappuccina e le altre riforme, assume proprie
costituzioni e statuti.
All’interno dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, nel Cinquecento conosciamo
ancora due costituzioni, che avranno anche degli aggiornamenti.
Dunque, abbiamo le Constitutiones Venetae II, in 15 capitoli, redatte nel Capitolo di
Venezia, nel 1546, sotto il generalato di Bonaventura Fauni-Pio. Il testo di queste costituzioni
era già stato approvato, nel Capitolo del 1544, per le province di Venezia, Umbria e
Bologna 82.
È importante vedere anche la struttura di queste prime costituzioni dei Conventuali dopo
la divisione dell’Ordine: 1° De Divinis; 2° De mensa communi; 3° De ieiunio servando; 4° De
76
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 268.
Cf. MF 45 (1945), pp. 112-127.
78
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 268.
79
Cf. Constitutiones Alexandrinae Fratrum Minorum, Bononiae 1587.
80
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 269.
81
Cf. Ibidem.
82
Cf. Ibidem.
77
19
clausura; 5° De obedientia; 6° De novitiatibus et novitiis; 7° De infirmaria; 8° De accessu ad
moniales, et admissione mulierum in conventum; 9° De vestimentis; 10° De bonorum
assignatione; 11° De economis et registris et inventariis bonorum conventus; 12° De
acceptatione et remotione fratrum; 13° De predicatoribus et confessoribus; 14° De accessu
ad urbem et portiunculam; 15° De studiis.
Troviamo, dunque, in queste costituzioni, alcune nuove tematiche rispetto alle
costituzioni precedenti; e questo è indicativo per quanto riguarda gli orientamenti dell’Ordine,
preoccupato di regolamentare la vita comunitaria quanto meglio possibile; per cui appaiono
nuovi titoli, come: la mensa comune, la clausura, l’economia, registri ed inventari dei beni e
gli studi… Questi nuovi titoli confermano lo scopo delle costituzioni: rispondere, pur
rispettando la Regola, alle nuove esigenze della vita dei frati e della Chiesa e società.
In seguito, le Costituzioni venete ebbero una nuova redazione con diversa distribuzione
dei capitoli. Questa nuova edizione, in 25 capitoli, conosciuta come Constitutiones
Assisienses IV, fu pubblicata nel Capitolo generale di Assisi, nel 1549 83.
Abbiamo poi le Constitutiones Piae, in 12 capitoli, redatte al Capitolo generale di
Firenze, nel 1565, sotto il generalato di Antonio de’ Sapienti, edite nel 1566 ad Ancona 84. Il
loro nome proviene da papa Pio IV, che le approvò il 17 settembre 1565 85.
Le Costituzioni generali nei secoli XVII-XIX
Dopo la divisione dell’Ordine francescano, la famiglia conventuale, nonostante le diverse
perdite, conosce una certa stabilità. Questo fatto si può osservare anche a livello giuridico;
infatti, negli ultimi quattro secoli, vengono redatte appena sei costituzioni, di cui due solo per
i conventuali riformati, mentre un’altra è una rielaborazione.
Le prime costituzioni del Seicento sono le Constitutiones Conventualium-Reformatorum,
elaborate nel Capitolo generale di Orvieto, del 1611, sotto il generalato di Guglielmo Ugoni
(Hugens) di Avignone, per le Congregazioni dei Conventuali Riformati (1557-1668), vengono
pubblicate a Roma nello stesso anno 1611 86.
Le costituzioni più importanti, che conservano la loro valenza per ben tre secoli, sono le
Constitutiones Urbanae, del 1628. Queste costituzioni, che contengono 12 capitoli e 168
titoli, vengono compilate nei Capitoli generali di Roma del 1617, 1623, 1625, e promulgate
nel Capitolo generale di Roma del 1628, e quindi approvate dal papa Urbano VIII, il 15
maggio 1628. Si tratta di un ottimo testo di legislazione di cui appaiono diverse edizioni, le
prime proprio nel 1628 87. Data la loro importanza, presentiamo di seguito i titoli dei 12
capitoli di queste costituzioni: 1° De titulo, stemmate, et sigillo ordinis (9 titoli); 2° De
Seminariis (24 titoli); 3° De Divino Officio (24 titoli); 4° De paupertate in communi (7 titoli);
5° De honestis fratrum occupationibus (17 titoli); 6° De cellarum, seu camerarum, et
horatorum proprietate eliminanda (9 titoli); 7° De casuum reservatione (3 titoli); 8° De
indicendo, et convocando Generali Capitulo (51 titoli); 9° De concionatoribus (2 titoli); 10°
De visitatione, quae ministrorum est (12 titoli); 11° De suspectu consortio vitando (3 titoli);
12° De mittendis ad partes infidelium (2 titoli).
Nel Settecento abbiamo soltanto le Constitutiones Urbano-Clementinae ovvero le
Constitutiones Fratrum Minorum Sancti Francisci Conventualium, Ad breviorem methodum
83
Cf. Ibidem.
Cf. Constitutiones Piae, Pro reformatione Fratrum Sancti Francisci Conventualium aditae in
comitiis Generalibus eiusdem Ordinis Florentiae, Anconae 1566.
85
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I Frati Minori Conventuali…, op. cit., p. 269.
86
Cf. Ibidem.
87
Cf. Ibidem.
84
20
redactae, et a Clemente XIVconfirmatae et declaratae, edite a Parigi nel 1771, sotto il
generalato di Luigi Maria Marzoni, per le province di Francia dopo l’unione degli Osservanti
ai Conventuali 88.
Anche nell’Ottocento abbiamo soltanto una certa abbreviazione delle Costituzioni
Urbane, cioè le cosiddette Pio-Urbane. Si tratta di un’abbreviazione e adattamento delle
Urbane, approvate da papa Pio VII, il 10 gennaio 1823, di cui abbiamo due edizioni: Romae
1823 e Mechiliniae 1880 89.
Le costituzioni generali nel secolo XX
Le nuove riforme ed orientamenti della Chiesa, definiti particolarmente nei due Concili
Vaticani, e poi le nuove norme canoniche, hanno portato anche l’Ordine dei Frati Minori
Conventuali a rinnovare la propria vita anche nell’ambito delle costituzioni generali, avendo
in questo secolo due importanti costituzioni generali.
Le prime costituzioni del Novecento conoscono un lungo periodo di gestazione. Infatti, le
Constitutiones Ordinis Fratrum Minorum Sancti Patris Francisci Conventualium ad Codicem
Iuris Canonici conformatae 90, del 1932, vengono compilate negli anni 1914-1930, approvate
al Capitolo generale di Assisi, nel 1930, e confermate da papa Pio XI, il 17 luglio 1932 91. Si
tratta di un ampio testo, diviso in 12 capitoli, con 119 titoli. Queste costituzioni rispondono
alle nuove esigenze dell’Ordine ed organizzano la vita dei frati in un tempo che ha conosciuto
diverse rinascite, ma anche delle grandi difficoltà, basta pensare alla seconda guerra mondiale
e alla soppressioni dell’Ordine in alcuni paesi dalla dittatura comunista.
La nuova riforma della Chiesa universale, attuata grazie al Concilio Vaticano II, porta
anche l’Ordine a nuove riflessioni e orientamenti di vita e giuridici; e così, nel 1975, vengono
redatte le Costituzioni generali dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali. Queste costituzioni
vengono approvate già al Capitolo generale di Roma, nel 1969; poi rivedute nei successivi
Capitoli generali di Assisi, nel 1972 e 1975; promulgate ad experimentum a Roma nello stesso
1975 e a Padova nel 1976; approvate definitivamente al Capitolo generale del 1984.
Considerazioni conclusive
Alla fine di questo studio riassuntivo sullo sviluppo delle costituzioni generali
dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, ribadiamo le convinzioni espresse sin dall’inizio, e
cioè: l’Ordine dei Frati Minori Conventuali ha conosciuto una continua dinamicità, che non è
stata sempre e da tutti accolta, ma che ha radici nello stesso Fondatore e riesce ad imporsi
proprio per rendere attuale lo stile di vita proposto da Francesco.
In questo senso è indicativa, dunque, la maturazione della fede di Francesco. Indicativa è
la lunga strada della formazione della Regola, particolarmente emblematica è la redazione
della Regola non bollata, che è una prima immagine dello sviluppo dell’Ordine. Le diverse
prescrizioni della Regola non bollata, richieste dalle varie situazioni ed esigenze dei frati e
della Chiesa, fanno pensare alla cura con cui più tardì l’Ordine e la Chiesa compileranno e
promulgheranno le costituzioni e gli statuti generali.
88
Cf. Ibidem.
Cf. Ibidem.
90
Constitutiones Ordinis Fratrum Minorum Sancti Patri Francisci Conventualium ad Codicem
Iuris Canonici conformatae, Romae 1932.
91
Cf. L. DI FONZO, G. ODOARDI, A. POMPEI, I frati minori conventuali…, op. cit., p. 270.
89
21
Gli interventi pontifici e le varie dichiarazioni dei papi nella prima parte del Trecento
sono i primi passi verso le future azioni di aggiornamento dell’ideale francescano alle nuove
esigenze di vita e di apostolato.
Le varie esperienze, positive e negative, dell’ Ordine, in diversi momenti, portano a delle
decisioni capitolari incluse in seguito nelle costituzioni generali, che hanno lo scopo di
regolare e guidare la vita dei frati nelle loro diverse realtà. Così nascono le prime Costituzioni
generali nel 1239, dopo il lungo generalato di frate Elia, non sempre capito e accolto da tutti i
frati.
Nel primo secolo francescano, senza dubbio, il generalato di san Bonaventura e le
Costituzioni generali compilate da lui e approvate al Capitolo generale nel 1260, sono un
punto di riferimento ed un segno chiaro dell’orientamento e dello sviluppo dell’Ordine, ed
anche un segno dell’apertura alle nuove esigenze dei frati e della Chiesa, che ha accolto e
messo a fuoco il potenziale che i frati possono offrire all’evangelizzazione.
In questi aggiornamenti ed interventi, non si può vedere un rilassamento né tanto meno
una trasgressione della Regola; certamente non sono mancati e non mancano gli abusi, ma le
diverse preoccupazioni espresse nelle prescrizioni delle varie costituzioni e statuti generali
sono un segno della cura dell’Ordine e della Chiesa per mantenere lo spirito della Regola
francescana. In questo senso, basti pensare alle prescrizioni delle costituzioni riguardo ai temi
fondamentali per l’ideale francescano, come per esempio la povertà, il lavoro dei frati, la vita
fraterna ecc.
Scorrendo il testo delle diverse costituzioni e statuti generali, anche se non in modo
approfondito, possiamo osservare, generalmente parlando, almeno due realtà importanti: per
prima cosa la situazione in cui si trova l’Ordine nei diversi momenti di crisi o di crescita; e
poi la risposta e l’atteggiamento dell’Ordine di fronte alle nuove sfide ed esigenze. In questo
senso, possiamo osservare che, oltre alle preoccupazioni principali, che ritornano
generalmente in tutte le costituzioni, appaiono sempre delle tematiche nuove, che
corrispondono a determinati tempi ed esigenze; ed ogni costituzione è un passo verso quello
che abbiamo oggi ed un richiamo per tramandare una ricca eredità per le nuove forme ed
esigenze di domani.
Ecco alcuni temi fondamentali, oltre a quelli generali, che emergono come nuovi nelle
varie costituzioni e statuti. Le prime costituzioni del 1239 regolamentano alcune questioni
specie riguardo al governo dell’Ordine e alla celebrazione dei capitoli generali e provinciali,
orientamenti ripresi e ridefiniti in seguito in diverse costituzioni. Le Costituzioni narbonensi,
del 1260, accentuano, in diversi paragrafi, la questione dell’agire dei frati, come pure il loro
impegno nei diversi ambiti di attività, prevedendo poi le visite dei ministri provinciali e la
loro elezione. Le costituzioni del 1331 trattano espressamente dell’Ufficio divino, dei giovani,
del servizio agli ammalati, del modo di predicare, del protettore dell’Ordine e della stabilità
nella fede. Una serie nuova di preoccupazioni si osserva nelle costituzioni del 1546; tra le
novità troviamo le prescrizioni sulla mensa comune, sulla clausura, sui novizi, e specialmente
sull’economia, registri e inventari dei beni conventuali, come pure la questione degli studi.
Anche il Seicento ha le sue novità: nelle costituzioni del 1628 troviamo prescrizioni che
riguardano il titolo, gli stemmi e sigillo dell’Ordine, i seminari, la povertà in comune, l’onestà
del lavoro dei frati, le celle, le camere e gli oratori dei frati. Molto precise e con diverse novità
appaiono anche le costituzioni generali del Novecento. Oltre ai temi che si ritrovano in
qualche maniera nelle costituzioni precedenti, nelle costituzioni del 1932 troviamo definizioni
precise che riguardano la Regola, le Costituzioni e gli Statuti, le varie obbedienze dovute al
Sommo Pontefice, ai capitoli, ai Ministri generali e provinciali, ai custodi e guardiani; poi si
danno prescrizioni precise per le varie tappe della formazione, per l’amministrazione dei beni,
per gli studi, per il Collegio romano dell’Ordine, per la pubblicazione dei libri, la cura delle
biblioteche e degli archivi; si definisce la realtà del Sacro Convento di Assisi; si definiscono i
22
ruoli dei governi generali e provinciali, si danno delle prescrizioni per i parroci e i capitoli
conventuali, per le visite canoniche, come pure per il segretario delle missioni dell’Ordine. In
grande parte, queste tematiche sono riprese, seppure in forma diversa, anche nelle ultime
costituzioni generali del 1975; ma anche in queste ultime troviamo delle novità, come per
esempio: l’animazione vocazionale, la formazione dottrinale, tecnica e pastorale, la vita
fraterna, le pratiche della vita in comune, la relazione con le altre famiglie francescane, la
tutela della vita in fraterna.
Dunque, vediamo in queste prescrizioni dei diversi tempi uno specchio dello sviluppo
dell’Ordine, un aggiornamento dell’ideale francescano. Certamente, tutti questi aggiornamenti
sono stati richiesti spesso anche dai nuovi orientamenti giuridici della Chiesa, alla quale
l’Ordine francescano per regola, è obbediente e sottomesso. Di conseguenza, è quasi normale
che, dopo le grandi riforme all’interno della Chiesa, arrivino anche nuove costituzioni
generali dell’Ordine.
ABBREVIAZIONI
1FF – Fontes Franciscani, a cura di E. MANESTÒ e S. BRUFANI e di G. CREMASCOLI, E.
PAOLI, L. PELLEGRINI, STANISLAO DA CAMPAGNOLA. Apparati di G. M.
BOCCALI (Medioevo francescano. Testi, 2), S. Maria degli Angeli – Assisi
1995.
2FF – Fonti Francescane. Nuova edizione. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi.
Cronache e altre testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e
biografie di santa Chiara d’Assisi. Testi normativi dell’Ordine Francescano
Secolare, a cura di E. CAROLI, Padova 2004.
1Cel – TOMMASO DA CELANO, Vita prima sancti Francisci, in 1FF, pp. 237-242; 2FF, pp.
241-349.
2Cel – TOMMASO DA CELANO, Vita secunda sancti Francisci, in 1FF, pp. 441-639; 2FF,
pp. 355-510.
AFH – Archivum Franciscanum Historicum.
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AnnMin – LUCAS WADDINGUS, Annales Minorum seu Trium Ordinis a S. Francisco
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