Wine Expert n°5_ITA

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Wine Expert n°5_ITA
Winemaking e dintorni
GESTIONE DELL'ACETALDEIDE NELLA VINIFICAZIONE
Che cos'è
l'acetaldeide?
L'acetaldeide (o etanale) è il più importante composto carbonilico volatile del vino e può
formarsi sia biologicamente (attraverso l'attività dei lieviti) che chimicamente (tramite
l'ossidazione dell’etanolo). Si tratta di una molecola piccola ed estremamente reattiva, che
presenta un aroma erbaceo, simile alla mela appena tagliata. È estremamente volatile, e
attiva da un punto di vista gustativo (Nykanen, 1986), con una soglia di percezione di circa
100 mg/L nei vini da tavola.
Figura 1: Struttura molecolare dell'acetaldeide (CH3CHO)
Perché è importante
nel vino?
Jakowetz et al. (2011) hanno stabilito che i composti che combinano maggiormente la
SO2 nel vino sono l'acetaldeide, l'acido piruvico e l'acido α-chetoglutarico. Generalmente
l’acetaldeide è responsabile di circa il 75% della SO2 presente in forma combinata nei vini
bianchi e del 50% circa della SO2 combinata nei vini rossi.
Dato che i consumatori sono sempre più consapevoli degli effetti sulla salute della SO2
(Yang e Purchase, 1985; Snelten and Schaafsma, 1992), vini con un maggior livello di acetaldeide, i quali richiedono più SO2 per ottenere una stabilità microbiologica e chimico-fisica,
possono rappresentare un problema.
Inoltre, l'acetaldeide ha anche una rilevanza tossicologica: è infatti una molecola molto
reattiva con proteine (Tuma e Sorrell, 1985) e DNA (Hemminki e Suni, 1984).
Come viene gestita
l'acetaldeide?
Lievito: alte concentrazioni di acetaldeide si possono formare tramite il metabolismo dei
lieviti all'inizio della fermentazione alcolica. Dopo aver raggiunto un picco, l'acetaldeide
viene in parte riassorbita.
Le quantità di acetaldeide prodotte sono piuttosto variabili e sono influenzate dalle condizioni di fermentazione e dal ceppo lievito utilizzato (Ebeler e Spaulding, 1999; Millau e
Ortega, 1988, Cheraiti et al., 2009). Oltre al Saccharomyces cerevisiae, altre specie producono acetaldeide nei vini, come lo Schizosaccharomyces pombe e lo Zygosaccharomyces
bailii.
La produzione di acetaldeide può essere ridotta scegliendo un lievito adeguato (Romano
et al., 1994, Cheraiti et al., 2009, Jackowetz et al., 2012). La quantità di biomassa non sembra invece influenzare la quantità di acetaldeide prodotta. In molti casi, un ceppo di lieviti
con più alta popolazione non presenta necessariamente la più alta produzione di acetaldeide o la maggiore degradazione.
Come viene gestita
l'acetaldeide?
Quando si misura l'acetaldeide vengono sempre valutati due valori: il livello massimo, che
viene raggiunto e misurato al termine della fase esponenziale, ed il livello finale, che viene
raggiunto e misurato al termine della fermentazione alcolica.
Il livello di etanale finale è il più importante per diverse ragioni. Se, da una parte, la presenza di elevati livelli di acetaldeide ha delle conseguenze sul tenore di SO2 combinata,
dall'altra, nei vini rossi e rosé determinati livelli possono contribuire a stabilizzarne il colore.
Tuttavia se tali livelli superano una determinata soglia, influiscono sulle caratteristiche sensoriali, inducendo aromi erbacei o di mela verde non sempre desiderati. È quindi importante scegliere il lievito giusto, in base allo stile di vino desiderato.
Normalmente, i vini prodotti con i moderni metodi di vinificazione presentano quantità piuttosto ridotte di acetaldeide (mediamente circa 20 ppm nei rossi e 40 ppm nei bianchi). Le
prassi produttive che mantengono un alto livello di lieviti vitali per tutta la fermentazione
consentono un maggior riassorbimento dell'acetaldeide. Di conseguenza, l'aggiunta di nutrienti e il mantenimento di una temperatura moderata (20°C) porta alla riduzione dei residui
di etanale, mentre se si mantiene una temperatura troppo bassa (12°C) durante la fermentazione e non si aggiungono attivanti, si avranno generalmente valori finali più elevati (Jackowetz et al., 2012). Jackowetz et al., (2012) hanno anche dimostrato che il lievito produce più
acetaldeide in risposta all'aggiunta di SO2. Infatti il lievito secerne questa molecola come
“antidoto” alla tossicità dell’anidride solforosa. Valore di SO2 maggiori nel mosto sono correlati con valori di etanale più elevati nel vino.
Batteri lattici: Dopo la fermentazione alcolica e la rimozione dei lieviti, restano poche
alternative per la riduzione dell'acetaldeide. È stato dimostrato che i batteri lattici contribuiscono alla degradazione dell'acetaldeide nelle fasi post-fermentative (Somers e
Wescombe, 1987).
In uno studio più recente Jakowetz et al., (2011) hanno mostrato le variazioni dei valori di
acetaldeide durante la vinificazione. La Figura 2, dimostra come la formazione biologica
iniziale da parte del lievito sia seguita da un parziale riassorbimento. Il secondo aumento
è dovuto all'ossidazione chimica spontanea dell'etanolo a contatto con l’aria. Il ventisettesimo giorno, sono stati inoculati nel vino i batteri per indurre la fermentazione malolattica, che, nell’esperimento in questione, ha consumato praticamente tutta l'acetaldeide.
La fermentazione malolattica porta anche ad una notevole riduzione dell’acido
piruvico ed alla parziale riduzione
dell’acido alfa-chetoglutarico, anch’esse
molecole con elevata capacità di combinare i solfiti.
Perciò, la FML può contribuire a ridurre i
livelli di SO2 totale necessari a stabilizzare
il vino.
100
0,3
80
0,2
60
40
0,1
20
0
5
10 15 20 25 30
35 40
Tempo [giorni]
Figura 2: Andamento tipico dei livelli di acetaldeide durante
la fermentazione alcolica e malolattica (in nero). La
linea blu indica la torbidità e mostra la crescita dei
lieviti e dei batteri. La fermentazione malolattica è
stata indotta dopo 27 giorni (freccia arancione).
DO 650 nm
Visto che l'acetaldeide prodotta dai lieviti può essere consumata dai batteri lattici, il
coinoculo di lieviti e batteri può rappresentare un'interessante prassi produttiva da valutare, in quanto concorre alla riduzione dell’aliquota di solforosa combinata e facilita tutte
le operazioni di cantina connesse con la
fermentazione malolattica.
Acetaldeide mg/L
Come viene gestita
l'acetaldeide?
Ramón Mira de Orduña
PAROLA ALL’ESPERTO
Per capire la formazione e la degradazione dell'acetaldeide nei vini, dobbiamo valutare
separatamente l'aspetto microbiologico da quello chimico. L'acetaldeide viene prodotta
dal lievito nella prima fase della fermentazione e viene degradata sia dai lieviti nella seconda fase della fermentazione alcolica che dai batteri malolattici. Chimicamente, l’etanale
si forma tramite ossidazione dell'etanolo, attraverso le specie reattive dell'ossigeno che si
formano quando i vini sono areati, sia volontariamente (es. tramite pompaggio o microossigenazione) che involontariamente con l’ingresso dell’ossigeno durante travasi, pompaggi, filtrazione o l'imbottigliamento.
La velocità di tali reazioni dipende principalmente dalla temperatura e richiede la presenza
di metalli di transizione (Cu, Fe) e di sostanze fenoliche. Altre reazioni chimiche, come la
polimerizzazione delle sostanze fenoliche, possono portare ad un consumo di acetaldeide.
E’ diventato professore di Enologia
all'École d’Ingénieurs de Changins in
Svizzera, dopo aver lavorato presso la
Cornell University (USA) e la University
of Guelph (Canada). Le sue ricerche si
concentrano sui lieviti enologici e sul
metabolismo e l'interazione con i batteri, nonché sull'automazione della
fermentazione. Dal 1999 ha condotto
svariati studi sull'acetaldeide e il suo
metabolismo da parte di lieviti e batteri.
Ha pubblicato 30 articoli in riviste
scientifiche e pubblicazioni tecniche,
ha tenuto 90 presentazioni a convegni scientifici mondiali ed è stato
supervisore di 22 tra tesi di laurea e
dottorato.
Nel metabolismo dei lieviti, l'acetaldeide serve da accettatore finale di elettroni nella fermentazione alcolica e, perciò, è essenziale per il bilanciamento delle reazioni di ossidoriduzione e per la capacità di creare energia attraverso la glicolisi. Se l’acetaldeide è combinata alla SO2, prodotta dai lieviti o aggiunta in vinificazione, essa non può svolgere questa
importante funzione; il lievito compenserà tale combinazione aumentando la formazione
di acetaldeide e portando probabilmente a un aumento dei livelli di SO2 combinata nei
vini. Anche i batteri malolattici possono aumentare l'efficienza energetica del proprio metabolismo riducendo l’acetaldeide libera a etanolo.
D'altra parte, la degradazione dell'acetaldeide combinata alla SO2 da parte dei BML ha un
effetto inibitore, in quanto la SO2 rilasciata a livello intracellulare ritarda la fermentazione
malolattica. Se i vini bianchi hanno mediamente circa 40 mg/L di acetaldeide (la quale
combina circa 60 mg/L di SO2), mentre i vini rossi ne hanno soltanto 20-25 mg/L, ciò è
dovuto principalmente alla fermentazione malolattica.
Se si cercano di ridurre le concentrazioni totali di SO2, è essenziale capire il metabolismo
dell'acetaldeide da parte di lieviti e batteri. La secrezione iniziale di acetaldeide può essere
ridotta diminuendo l'aggiunta di SO2 e scegliendo un lievito con una bassa produzione.
Quando desiderata, la fermentazione malolattica, grazie alla capacità di degradare acetaldeide e altri carbonili che si combinano con la SO2, può contribuire significativamente alla
riduzione della SO2 necessaria per stabilizzare il vino.
La simultaneità della fermentazione alcolica e malolattica è interessante in questo contesto, perché i batteri degradano immediatamente l'acetaldeide che viene formata dal lievito. Ciò porta a una riduzione dei residui di acetaldeide, contribuendo a ridurre la necessità
di SO2 nei bianchi. Nei rossi, dove l'acetaldeide può contribuire positivamente al colore e
alla struttura dei vini, potrebbe essere dimostrato che le areazioni (es. tramite rimontaggio)
sono in grado di neutralizzare l'effetto della degradazione batterica.
I risultati
0,160
0.140
D254
QA23
S6U
0,120
g/L
I risultati mostrati in Fig. 3 si riferiscono a uno studio su mosto sintetico con 3 lieviti diversi (Lalvin S6UTM, Lalvin ICV D254® e Lalvin
QA23®). Possiamo osservare un forte aumento della produzione
di acetaldeide durante la fase esponenziale, ed una successiva
riduzione fino al termine della fermentazione alcolica.
0,100
0,080
0,060
Al picco massimo la concentrazione di acetaldeide era di 147
mg/L per l’S6U, 87 mg/L per il QA23 e 50 mg/L per il D254. In
questo caso, la fermentazione più rapida del D254 si traduce
in una minore produzione di acetaldeide, mentre la fermentazione più lenta del Lalvin S6U corrisponde a una produzione di
acetaldeide superiore. In ogni caso, la concentrazione finale è
abbastanza simile per tutti e tre i lieviti, nonostante la variazione
del livello massimo.
0,040
0,020
0,000
0
50
100
150
Tempo (ore)
Figura 3: Produzione di acetaldeide per tre lieviti selezionati in
mosto sintetico (MS300, 24°C, dose di inoculo 25 g/hl).
Come mostrato in figura 4, durante la fermentazione malolattica i batteri lattici degradano l'acetaldeide con un breve
ritardo rispetto alla degradazione dell'acido malico. Si tratta
di un fattore importante quando si scelgono i batteri lattici,
in quanto questi ultimi non solo devono essere compatibili
con il lievito che fermenta il mosto, ma si deve anche valutare la presenza di una sinergia positiva fra la capacità del
lievito di produrre l'acetaldeide e quella dei batteri lattici di
Acetaldeide mg/L
Post-fermentazione alcolica
Coinoculo
Acetaldeide (mg/L)
La maggior parte dei lieviti Lallemand sono stati caratterizzati per quanto riguarda la produzione di acetaldeide durante la fermentazione in un mezzo sintetico. Sebbene alcuni
lieviti presentino un'elevata concentrazione a metà della
fermentazione, questa può differire significativamente dalla concentrazione finale. Il nuovo lievito Lalvin ICV OKAY®,
produce un bassissimo livello finale di acetaldeide e riesce
anche a produrre livelli estremamente ridotti o nulli di SO2 e
H2S. Questa è una caratteristica estremamente importante
per venire incontro alle necessità dei tecnici di produrre vini
con bassi livelli di SO2.
Tempo (giorni)
VP41
Beta
B7
Elios1
B8
B5
B6
Alpha
Lalvin 31
B1
B2
B3
B4
Figura 4: Degradazione dell'acetaldeide da parte di diversi ceppi di batteri
lattici in un vino Riesling (M. de Orduna, 2010)
pH 3,2
pH 3,35
pH 3,5
pH 3,65
29,6
19,0
30,4
12,5 16,0
15,4
12,6
7,3
Tabella 1: Valori di acetaldeide in vini Chardonnay prodotti con inoculo dei batteri successivo alla fermentazione
alcolica o in coinoculo a 4 diversi valori iniziali di pH (adattato da Wei et al 2011).
utilizzarla in modo efficace.
In uno studio di Wei et al., (2011) su un vino Chardonnay è
stato dimostrato che il picco di produzione di acetaldeide in
fermentazione alcolica era indipendente dalla presenza dei
batteri o meno in fermentazione (come avviene nel coinoculo). Viceversa il pH aveva una forte influenza sulla concentrazione massima di acetaldeide. Nella maggior parte dei
casi, la concentrazione finale risultava inferiore nei vini in cui
la FML era stata gestita con il coinoculo rispetto all'inoculo
dei batteri successivo alla fermentazione alcolica (Tabella 1).
Quando il pH era più alto, si riscontravano minori differenze
fra le tecniche d’inoculo. Dopo aver raggiunto il livello massimo, l’acetaldeide si riduceva in tutte le fermentazioni, ma il
calo era più rapido nei vini coinoculati e ciò era connesso con
la rapida degradazione dell'acido malico. I livelli residui di acetaldeide inferiori nei vini prodotti con il coinoculo avevano
anche un riflesso positivo sui valori di SO2 combinata.
Jackowetz et al., (2011) hanno correlato il calo dei composti
carbonilici ai livelli di SO2 combinata. Con tutti i ceppi di batteri lattici testati, il calo teorico dei livelli medi di SO2 combinata durante la fermentazione malolattica era pari al 22%.
Un’ulteriore riduzione del contenuto carbonilico del vino pari
al 53% è avvenuta la settimana successiva al termine della
fermentazione malolattica. Lo studio ha quindi dimostrato
che è possibile ridurre i livelli di SO2 combinata del 75% ritardando la stabilizzazione del vino da 7 a 10 giorni dopo il
termine della FML.
IN BREVE
La corretta scelta del lievito e dei batteri è fondamentale per determinare i livelli finali dell’acetaldeide prodotta. Se le
preoccupazioni relative alla SO2 rappresentano un problema, scegliere un lievito che abbia una bassa produzione finale di
acetaldeide, come il Lalvin ICV OKAY®, è molto importante. Se invece si vogliono sfruttare le proprietà stabilizzanti dell’ acetaldeide nei confronti del colore, si può utilizzare un lievito con una produzione medio-alta. Anche i batteri lattici possono
essere dei preziosi alleati, in quanto utilizzano l'acetaldeide dopo la fermentazione malolattica. Se si opta per il coinoculo di
lieviti e batteri, la produzione di acetaldeide da parte del lievito viene utilizzata rapidamente dai batteri, contribuendo ad un
basso contenuto di etanale finale. È stato anche dimostrato che una corretta gestione della fermentazione e della nutrizione
influenzano la concentrazione di questo composto, come pure una attenta gestione dei contatti del vino con l'ossigeno.
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