(Roberta Clerici)

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(Roberta Clerici)
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STUDI E PROPOSTE
La trascrizione nei registri di stato
civile delle decisioni matrimoniali
in base al regolamento (CE)
n. 2201/2003*
di Roberta Clerici
Professore ordinario di Diritto internazionale privato nell’Università degli studi di Milano
è noto che il Regolamento (CE) n. 2201/2003 del
27 novembre 2003, relativo alla competenza,
al riconoscimento e all’esecuzione delle
decisioni in materia matrimoniale e in materia
di responsabilità genitoriale, 1 ha sostituito il
Regolamento (CE) n. 1347/2000, 2 il quale a sua
volta costituiva il primo intervento del legislatore
comunitario nella materia del diritto di famiglia,
sia pure limitato anch’esso alla giurisdizione e al
riconoscimento delle sentenze degli Stati membri,
ad eccezione della Danimarca 3.
L’art. 21 del Regolamento e l’aggiornamento
dei registri dello stato civile
Già il precedente Regolamento prevedeva all’art. 14
par. 2 il riconoscimento automatico delle decisioni
sulle controversie matrimoniali 4 (dunque, l’eliminazione del ricorso ai giudici dello Stato in cui si chiede l’efficacia della sentenza: c.d. Stato richiesto),
e contestualmente il conseguente aggiornamento
degli archivi o registri dello stato civile senza la necessità di alcun procedimento. Queste disposizioni
sono state integralmente riprese nell’art. 21 par. 2
del Regolamento n. 2201/2003.
Tali norme traggono origine a loro volta dalla omonima Convenzione del 28 maggio 1998, stipulata tra
gli Stati membri dell’Unione europea e mai entrata
in vigore il cui testo era stato trasfuso, con alcune
modifiche, nel Regolamento n. 1347/2000 5.
In sede di elaborazione della Convenzione del 1998,
era emersa qualche discussione sulla possibilità di
affidare agli ufficiali di stato civile il compito – certamente non facile – di accertare i requisiti per la
trascrivibilità di queste sentenze. Alla fine, aveva
prevalso l’intento di agevolare il cittadino europeo o extraeuropeo 6 nell’espletamento di questa
incombenza 7; ed è stata escluso sin da quel momento l’obbligo di legalizzazione dei documenti da
presentare all’autorità di stato civile (così come a
quella giurisdizionale, ove necessario) 8.
A distanza di quasi un decennio è indubbio che
molte tra le difficoltà incontrate a questo riguardo
dagli ufficiali di stato civile sono state superate; occorre tuttavia riconoscere che possono tuttora prospettarsi alcuni problemi.
Certamente, il suddetto art. 21 del Regolamento n.
2201/2003 stabilisce al par. 3 che “ogni parte interessata può far dichiarare, secondo il procedimento di cui alla sezione 2 [cioè, quello previsto per
l’esecuzione delle sentenze in materia di responsabilità genitoriale], che la decisione deve essere
o non può essere riconosciuta”. L’attività dell’ufficiale dello stato civile perciò viene per così dire
deresponsabilizzata, quando egli debba procedere
* Relazione presentata al X Congresso dell’Associazione europea degli ufficiali dello stato civile (EVS), tenutosi a Castel San Pietro Terme il 28 e 29
maggio 2010.
1. In Gazz. Uff. Com. eur., n. L 338 del 23 dicembre 2003. Sulle relative norme concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisione matrimoniali
v. qui, per tutti, R. Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonio nel diritto internazionale privato, Milano, 2004, p. 186 ss.; R. Cafari Panico, Il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale nel nuovo regolamento Bruxelles II, in Lo scioglimento dei matrimoni nei regolamenti europei: da Bruxelles II a Roma III, a cura di S. Bariatti, C. Ricci, Padova, 2007, p. 29 ss.; Id., Artt. 21-39 Reg. (CE) n. 2201/2003, in A. Zaccaria, Commentario
breve al diritto di famiglia, Padova, 2008, p. 2474 ss.; G. Montella, Lo scioglimento del vincolo coniugale: annullamento, separazione e divorzio, in Trattato
di diritto privato dell’Unione europea, dir. da G. Ajani, G. A. Benacchio, II, Persona e famiglia, a cura di P. De Cesari, Torino, 2008, p. 334 ss.; R. Calvigioni,
Stato civile, stranieri e diritto internazionale privato, Rimini, 2009, p. 159 ss.; F. Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, I, Parte
generale e obbligazioni, Torino, 2010, p. 321 ss.
2. In Gazz. Uff. Com. eur., n. L 160 del 30 giugno 2000.
3. è noto infatti che, in virtù dell’art. 69 del Trattato CE (il quale richiama gli appositi Protocolli stipulati in materia), questo Stato non è vincolato dalle
norme del Titolo IV né dai relativi atti comunitari; viceversa, Regno Unito e Irlanda hanno manifestato la loro volontà di essere sottoposti ai Regolamenti
in esame (cfr. i considerando 30 e 31 e l’art. 2 n. 3 del Reg. n. 2201/2003).
4. Ovvero, delle decisioni di separazione personale o di scioglimento di matrimonio o di annullamento del medesimo.
5. Il testo della “Convenzione stabilita sulla base dell’art. K 3 del Trattato sull’Unione europea, concernente la competenza e il riconoscimento delle decisioni nelle cause matrimoniali” è reperibile, in allegato ad un atto del Consiglio dell’Unione europea, in Gazz. Uff. Com. eur., n. C 221 del 16 luglio 1998.
Ivi, è pubblicata anche la Relazione esplicativa alla medesima, elaborata dalla prof. Borrás, utile ancora oggi per chiarire alcuni problemi interpretativi
delle corrispondenti norme dei Regolamenti comunitari.
6. In virtù dei titoli di giurisdizione contenuti nell’art. 3 par. 1 del Regolamento, fondati sul criterio della residenza abituale, il Regolamento si applica
anche alle controversie che coinvolgono coppie (parzialmente o totalmente) extracomunitarie.
7. Così i punti 62 e 63 della Relazione esplicativa cit., da cui risulta che si è tenuto conto dell’art. 8 della Convenzione dell’8 settembre 1967 sul riconoscimento delle decisioni relative al vincolo matrimoniale, elaborata in seno alla Commissione internazionale dello stato civile e attualmente in vigore
solo tra Paesi Bassi e Turchia.
8. Oggi tale dispensa è prevista dall’art. 52 del Regolamento n. 2201/2003.
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alla trascrizione di una decisione straniera su invito
del giudice che l’ha già dichiarata efficace 9. Né si
può dimenticare il caso inverso, ovvero qualora egli
debba procedere alla cancellazione di una trascrizione già effettuata. Si tratta comunque di ipotesi
piuttosto rare che inducono ad esaminare ciò che
può avvenire più di frequente.
I requisiti e i motivi ostativi per la trascrizione
delle decisioni in materia matrimoniale
Anzitutto, l’ufficiale di stato civile non dovrebbe incontrare difficoltà nell’accertamento del presupposto essenziale per la sua attività in questo settore:
quello relativo al carattere definitivo della sentenza
straniera, sancito dallo stesso art. 21 par. 2 proprio
ai fini della trascrizione delle decisioni in materia
matrimoniale.
La sussistenza di questo presupposto risulta infatti
dal certificato previsto dall’art. 39, che deve essere
esibito insieme alla sentenza stessa, e che viene redatto a cura del giudice o di un’altra autorità dello
Stato c.d. di origine secondo il ben noto modello di
cui all’Allegato I del Regolamento 10.
Potrebbero semmai sorgere problemi a causa della
mancata conoscenza da parte dei cittadini europei
(o extraeuropei) dell’autorità a cui rivolgersi per
ottenere questo certificato: tale autorità può infatti non coincidere con il giudice che ha emesso la
sentenza, ma certamente si trova all’interno dello
stesso tribunale (o distretto) di cui quel giudice fa
parte.
In ogni caso, davanti all’esibizione di una sentenza non ancora passata in giudicato l’ufficiale dello
stato civile non può che rifiutare la trascrizione. Il
potere di sospendere il procedimento di riconoscimento o di esecuzione della decisione straniera,
previsto dagli artt. 27 e 35 del Regolamento, è un
potere riservato al giudice, che deriva dal ben diverso regime del procedimento di riconoscimento
e di esecuzione di una decisione quando il relativo
accertamento è richiesto o contestato dalla parte
interessata, in base all’art. 21 par. 3 già ricordato.
Tale regime non può quindi essere esteso (come invece è stato talora prospettato) 11 all’attività dell’ufficiale dello stato civile.
Quest’ultimo può semmai fissare un termine, così
come il giudice, per la presentazione dei documenti
necessari per procedere al riconoscimento del provvedimento estero (qualora non siano stati prodotti) oppure può accettare documenti equivalenti, ai
sensi dell’art. 38 del Regolamento in esame: si tratta però di ipotesi eccezionali.
A proposito della nozione di decisione che deve essere riconosciuta ai fini della trascrizione, occorre
ricordare che il termine “giudice” comprende, in
base all’art. 2 n. 2, anche “il titolare di competenze
equivalenti a quelle del giudice nelle materie che
rientrano nel campo di applicazione del presente
Regolamento”. Possono quindi essere trascritti anche i provvedimenti di un’autorità amministrativa
che abbia dichiarato lo scioglimento di un matrimonio 12.
Riguardo poi alle condizioni per il riconoscimento e
quindi per la trascrivibilità delle decisioni straniere,
appare a tutti evidente che esse sono state ridotte
al minimo rispetto a quelle normalmente previste
negli ordinamenti degli Stati membri, in omaggio a
quella “fiducia reciproca” tra questi ultimi, ribadita nel considerando n. 21 del Regolamento. è stato
così escluso il controllo della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato di origine (art. 24).
Tali requisiti sono dunque limitati all’ordine pubblico, al rispetto dei diritti della difesa, all’assenza di
contrasto tra le decisioni (art. 22 lett. a-d))
In relazione al primo, è indubbio che il ruolo
dell’ordine pubblico risulta drasticamente ridotto
di fronte al perentorio dettato dell’art. 25, il quale esclude che esso possa essere invocato di fronte
ad una sentenza straniera a causa della divergenza tra le norme dello Stato di origine, applicate da
quest’ultima, e quelle dello Stato richiesto in tema
di annullamento o scioglimento di matrimonio o di
separazione personale.
Tuttavia, non si può ritenere che tale requisito sia
stato del tutto eliminato. L’ordine pubblico può infatti essere ancora invocato, quale motivo ostativo al riconoscimento di una sentenza straniera, di
fronte alla richiesta di trascrizione di una decisione
relativa, ad esempio, allo scioglimento di un matrimonio tra persone dello stesso sesso, emessa in uno
Stato membro in cui sia ammesso tale matrimonio
e di conseguenza tale divorzio, come avviene nei
Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Svezia e da poco
tempo anche in Portogallo 13.
La possibilità di bloccare il riconoscimento di tali decisioni, malgrado lo scopo delle norme comunitarie
sia quello di favorire la circolazione delle sentenze
che pronunciano il divorzio, era stata già ammessa
nel vigore del Regolamento n. 1347/2000. Si deve
ricordare in proposito una risposta del Commissario
Vitorino ad un’interrogazione scritta di un membro
del Parlamento europeo 14, nella quale si affermava che, sebbene non si potesse escludere l’applicazione del suddetto Regolamento anche ai proce-
9. V. ad es. App. Milano, ord. 24 febbraio 2003, in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, p. 622.
10. Il punto 7 dell’Allegato richiede infatti l’indicazione relativa alla (perdurante) proponibilità di una “opposizione” alla sentenza secondo la legge dello
Stato membro di origine.
11. R. Baratta, op. cit., pp. 190, 196.
12. Sui divorzi c.d. notarili v. infra.
13. Tra gli ultimi Stati che hanno proceduto in tal senso occorre segnalare infatti la legge svedese del 2009 e quella portoghese, ratificata dal Presidente
di quella Repubblica il 18 maggio 2010.
14. Doc. 2003/C/ 28 E/2002 del 12 marzo 2002, pubblicato in Gazz. Uff. Com. eur., n. C 28 E/2 del 6 febbraio 2003.
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dimenti di divorzio derivanti da tali matrimoni, la
mancanza di una nozione comunitaria uniforme
di “coniuge” e di “relazione coniugale” esentava
i giudici dall’obbligo di riconoscere sia il divorzio
stesso sia il precedente matrimonio.
Tale situazione del resto è destinata a perdurare.
Ancora nella recente proposta di Regolamento per
una cooperazione rafforzata sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale del 29
marzo 2010 (c.d. Roma III) 15 viene specificato che il
futuro atto comunitario non inciderà sul potere degli Stati membri di regolare il matrimonio nel modo
da essi ritenuto più opportuno, in base alle diverse
tradizioni culturali e storiche.
La suddetta asimmetria tra gli ordinamenti che riconoscono o escludono gli effetti di tali divorzi non
produce tuttavia situazioni claudicanti. Infatti, una
volta pronunciato lo scioglimento del matrimonio,
la coppia dello stesso sesso riacquista quella libertà
di status che non aveva mai perduto per quegli ordinamenti che non riconoscono il matrimonio tra
persone dello stesso genere. A ben vedere, è solo
questo tipo di matrimoni che porta a rapporti claudicanti, validi cioè per alcuni ordinamenti degli Stati membri ma non per molti altri 16.
Non rientra invece nell’ambito del Regolamento
n. 2201/2003 la dissoluzione dei rapporti di coppia
diversi da quelli coniugali (unioni civili, convivenze
o partnership registrate, Pacs, ecc.). Taluni autori si
sono espressi a favore di una simile inclusione, salvo escluderne l’efficacia laddove contrari all’ordine
pubblico dell’ordinamento dello Stato richiesto, in
quanto da esso non contemplati 17. Occorre però
ricordare che sono le stesse Istituzioni europee ad
evidenziare, nei vari atti contenenti i programmi
di attuazione del diritto internazionale privato
comunitario, l’esigenza di predisporre norme specifiche sul riconoscimento di tali convivenze e, di
conseguenza, sul loro scioglimento 18. Ciò significa
che tali unioni non sono comprese (almeno per ora)
nell’ambito del Regolamento attuale.
Un’altra ipotesi di contrarietà all’ordine pubblico
potrebbe verificarsi nei confronti di decisioni straniere che abbiano applicato una legge che prevede il c.d. divorzio revocabile, ovvero che può essere
successivamente annullato in base alla volontà di
uno o entrambi i coniugi. Tuttavia, trattandosi di
un divorzio previsto da alcune leggi di Stati di matrice religiosa mussulmana quale il Marocco, l’applicazione di simili norme dovrebbe essere già bloccata, per contrarietà appunto all’ordine pubblico,
dal giudice dello Stato membro che si trovasse a
decidere in base a previsioni di siffatto contenuto.
Allo stesso rifiuto di trascrivere si deve giungere
d’altro canto di fronte all’applicazione di regole
che prevedano ripudi esclusivamente unilaterali 19.
E occorre ricordare al riguardo che, qualora le relative dichiarazioni siano raccolte da un’autorità religiosa, esse fuoriescono dall’ambito di applicazione del presente Regolamento 20; diverso sarebbe il
caso di un ripudio, non esclusivamente unilaterale,
omologato da un giudice di uno Stato membro 21.
Viceversa, il Regolamento n. 2201/2003 prevede
all’art. 63 il riconoscimento, con varie modalità,
delle sentenze di invalidità del matrimonio emesse
in base ai concordati o agli accordi stipulati con la
Santa Sede da Portogallo, Italia, Spagna e Malta 22.
Occorre poi escludere che l’ufficiale di stato civile
debba valutare la contrarietà all’ordine pubblico di
una sentenza straniera di divorzio o di separazione
personale che non abbia deciso sull’affidamento dei
figli; oppure vi abbia provveduto in via provvisoria
o in un modo ritenuto non conforme alle norme
dello Stato richiesto. Malgrado l’opinione espressa da alcuni operatori, risulta evidente che questo
compito deve essere demandato esclusivamente al
giudice di quest’ultimo Stato 23.
Passando al secondo motivo ostativo al riconoscimento (e dunque alla trascrizione) delle decisioni
straniere in materia matrimoniale, relativo al rispetto dei diritti della difesa (art. 22 lett. b)) 24, l’accertamento di tale requisito non è suscettibile di creare
15. Il potere degli Stati membri di continuare a disciplinare il matrimonio nel modo ritenuto più consono alle loro tradizioni culturali è confermato nel
“Memo 10/100” allegato alle due proposte di decisione del Consiglio nella materia suindicata: doc. COM (2010) 104 def. e 105 def. recanti la data
sopra riportata.
16. Su tali problemi v. per tutti L. Tomasi, La tutela degli status familiari nel diritto dell’Unione europea, Padova, 2007. Riguardo all’ordinamento italiano, si
ricorda il ben noto decreto del Trib. Latina, 10 giugno 2005, confermato dal decreto di App. Roma, 13 luglio 2006, sulla intrascrivibilità di un matrimonio
tra persone dello stesso sesso (di cui almeno una italiana) celebrato nei Paesi Bassi. Tali provvedimenti sono stati rispettivamente pubblicati, tra l’altro, in
Fam. dir., 2005, p. 411 con i commenti di P. Schlesinger e di M. Bonini Baraldi; e 2007, p. 169, con commento di M. Sesta.
17. Cfr. le ampie indicazioni riportate da R. Cafari Panico, Artt. 21-39 cit., p. 2479. V. anche infra, nota 40.
18. Per ogni riferimento cfr. L. Tomasi, La nozione di famiglia negli atti dell’Unione e della Comunità europea, in S. Bariatti, La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano, 2007, p. 61 s.
19. V. da ultimo al riguardo, R. Clerici, La compatibilità del diritto di famiglia mussulmano con l’ordine pubblico internazionale, in Fam. dir., 2009, spec.
p. 201 ss.
20. Questo dato risultava espressamente dal considerando n. 9 del Regolamento n. 1347/2000. Ancora oggi comunque in tal senso, R. Cafari Panico,
Artt. 21-39 Reg. (CE) n. 2201/2003 cit., p. 2476 ss.
21. Su questi aspetti cfr. R. Baratta, op. cit., p. 188, spec. nota 93.
22. Questa norma è stata modificata dal Regolamento (CE) n. 2116/2004 del 2 settembre 2004 (in Gazz. Uff. Un. eur., n. L 367 del 14 dicembre 2004),
volto appunto ad inserire in essa l’Accordo tra Santa Sede e Malta del 1993, a seguito dell’ingresso di tale Stato nell’Unione europea. V. in proposito,
anche in riferimento alla sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo il 20 luglio 2001 di condanna dell’Italia nel noto caso Pellegrini, N.
Marchei, Il regolamento (CE) n. 2201/2003 e i concordati con la Santa Sede, in Lo scioglimento dei matrimoni nei regolamenti europei: da Bruxelles II a
Roma III, cit., p. 51 ss.; L. Tomasi, Art. 63 Reg. (CE) n. 2201/2003, in A. Zaccaria, Commentario breve al diritto di famiglia, cit., p. 2520 ss.
23. Il considerando n. 8 del Regolamento richiama espressamente il riconoscimento della decisione matrimoniale limitato al capo relativo allo status. V.
anche App. Milano, 23 luglio 2002, in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, p. 177 e, per tutti, F. Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale,
cit., p. 322. Nel medesimo senso, evidenziando l’obbligo per gli ufficiali di stato civile di informare in questo caso il Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale competente, R. Mazza, V. Sinisi, Lo stato civile italiano e lo straniero, Minerbio 2009, p. 74.
24. Occorre sottolineare l’errata formulazione della versione italiana di questa disposizione, all’interno della quale la congiunzione disgiuntiva “ovvero”
deve essere sostituita con la congiunzione “se”.
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problemi né al giudice né all’ufficiale di stato civile.
Entrambi infatti possono fare affidamento sul certificato previsto nell’Allegato I del Regolamento, già
ricordato. Dunque, se la sentenza è stata emessa in
contumacia, l’art. 37 par. 2 impone alla parte che
ha presentato l’istanza di “produrre a) l’originale o
una copia autenticata del documento comprovante che la domanda giudiziale o l’atto equivalente è
stato notificato o comunicato al contumace; o b) un
documento comprovante che il convenuto ha inequivocabilmente accettato la decisione”.
Già la relazione esplicativa alla Convenzione del
1998 25 illustrava questa seconda ipotesi affermando che era sufficiente a tal fine esibire l’atto relativo alla celebrazione di un secondo matrimonio del
convenuto, che dimostrava così la sua accettazione
della sentenza straniera 26.
Mi sembra tuttavia che una eguale accettazione possa essere desunta dalla richiesta di riconoscimento
o di trascrizione della decisione di scioglimento o di
annullamento del matrimonio formulata, singolarmente o congiuntamente, dall’ex coniuge rimasto
contumace nel processo svoltosi all’estero. Si tratta
anche in questo caso di un documento che prova
in modo inequivocabile una volontà favorevole alla
dissoluzione del vincolo matrimoniale.
Il terzo motivo ostativo previsto dall’art. 22 concerne la incompatibilità tra la sentenza da riconoscere
ed una sentenza tra le stesse parti emessa, rispettivamente, nello Stato “richiesto” (lett. c)) oppure in
uno Stato terzo o in altro Stato membro (lett. d)).
Rispetto a questo secondo caso il suddetto requisito
è più severo, in quanto si richiede che la decisione
idonea a bloccare il riconoscimento della sentenza
dello Stato di origine sia “anteriore” a quest’ultima; nessuna condizione di tipo temporale è prevista invece dalla lett. c). Tuttavia, i motivi in base
ai quali si può accogliere o rifiutare la domanda di
riconoscimento o di trascrizione sono pur sempre i
medesimi. Ed è noto che la decisione dal contenuto
più “forte” rispetto alla patologia del matrimonio
prevale su quella dal contenuto più “debole”. Così,
potrà essere trascritta una sentenza di divorzio malgrado nello Stato richiesto sia stata pronunciata una
decisione di separazione personale. E a un identico
risultato occorre pervenire quando si debba trascrivere una sentenza di annullamento del matrimonio
malgrado sia già stata iscritta una sentenza di scioglimento del matrimonio stesso 27.
Non sembra viceversa possibile trascrivere una decisione di divorzio qualora sia stata pronunciata nello Sta-
to richiesto una sentenza di rigetto del medesimo. Si
tratta di una situazione che sembra stridere con il favor divortii che informa il Regolamento n. 2201/2003.
Tuttavia, si tratta dell’unica conclusione alla quale si
può giungere per non svuotare totalmente di contenuto il requisito relativo al contrasto tra giudicati 28.
Il riconoscimento di atti pubblici formati all’estero
L’art. 46 parifica alle decisioni straniere, quanto ai requisiti per il riconoscimento e all’esecuzione, “gli atti
pubblici formati e aventi efficacia esecutiva in uno
Stato membro nonché gli accordi tra le parti aventi
efficacia esecutiva nello Stato membro di origine” 29.
Riguardo agli atti pubblici, tale nozione va interpretata con esclusivo riferimento agli strumenti
integralmente formati in presenza di un pubblico
ufficiale in conformità con le condizioni richieste
dall’ordinamento dello Stato di origine. Rientrano in tale nozione gli atti di divorzio redatti da un
notaio; o davanti all’ufficiale di stato civile, se ciò
è previsto dall’ordinamento dello Stato all’interno
del quale sono posti in essere.
Il loro riconoscimento (o la loro esecuzione) “alle
stesse condizioni previste per le decisioni”, come
statuisce appunto la norma in esame, può sollevare
problemi allorché l’atto pubblico sia stato formato
alla presenza di un solo coniuge. Evidentemente
non può essere qui constatata la regolarità della dichiarazione di “contumacia”, come avviene all’interno di un procedimento giudiziario.
Si deve comunque ritenere che sia sempre necessario, anche ai fini della trascrizione, l’accertamento
di un precedente consenso di entrambe le parti,
cioè di una concorde manifestazione di volontà
dei coniugi di sciogliere il loro matrimonio, effettuata davanti al pubblico ufficiale. In mancanza di
tale consenso, l’atto non può essere trascritto per il
mancato rispetto dei diritti della difesa (paragonabile all’assenza di una “parte”), ovviamente secondo una interpretazione estensiva dell’art. 22 lett. b)
del Regolamento 30.
Minori difficoltà interpretative sembra invece sollevare
la trascrizione di un accordo tra i coniugi. Tale nozione si riferisce alle transazioni avvenute nel corso di un
processo, ma soprattutto – nella prospettiva che qui interessa – agli accordi che le parti concludono indipendentemente da un processo contenzioso e che sono
successivamente omologati dall’autorità giudiziaria.
Si pensi ad esempio, per il capo del provvedimento straniero relativo alla modifica o all’estinzione
del rapporto coniugale, agli accordi relativi ad una
25. Supra, nota 5.
26. Si veda il punto 70 della Relazione.
27. Nel medesimo senso, anche alla luce della Relazione esplicativa alla Convenzione del 1998, R. Cafari Panico, Artt. 21-39 Reg. (CE) n. 2201/2003 cit.,
p. 2477; F. Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 329.
28. Su questo aspetto delicato cfr. R. Baratta, Scioglimento e invalidità del matrimonio, cit., p. 194 s., nota 105; R. Cafari Panico, Artt. 21-39 Reg. (CE) n.
2201/2003 cit., p. 2483; F. Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 330.
29. Per un commento a tale norma v. L. Tomasi, Art. 46 Reg. (CE) n. 2201/2003, in A. Zaccaria, Commentario breve al diritto di famiglia, cit., p. 2499
ss.
30. Secondo L. Tomasi, op. loc. cit., si tratterebbe invece di un caso di contrarietà al c.d. ordine pubblico processuale, in base alla nozione elaborata dalla
Corte di giustizia nella sentenza Krombach del 28 marzo 2000.
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separazione personale consensuale tra i coniugi oppure relativi a un divorzio del pari consensuale 31.
Ebbene, il necessario intervento successivo del giudice dovrebbe pur sempre garantire non solo il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti
stesse, ma anche un preventivo controllo, sempre
ad opera del giudice, della non contrarietà di tali
accordi con l’ordine pubblico.
La prassi italiana
Occorre infine a delineare la prassi italiana riguardo alla trascrizione delle decisioni matrimoniali di
cui al Regolamento n. 2201/2003.
In primo luogo, si deve ricordare che la previsione
di affidare agli ufficiali di stato civile il compito di
controllare i requisiti per il riconoscimento e la successiva trascrizione delle decisioni straniere in questa
materia, senza un necessario controllo preventivo da
parte della Corte di Appello, era stata già introdotta
nel nostro ordinamento dalla circolare del Ministero
di grazia e giustizia del 7 gennaio 1997. Ovviamente
tale compito era reso più gravoso (come del resto lo
è tuttora per le sentenze provenienti da Stati non
membri dell’Unione europea) a causa del maggior
numero di requisiti da accertare, ai sensi dell’art. 64
della legge 31 maggio 1995 n. 218: primo fra tutti,
quello della competenza giurisdizionale del giudice
che ha emesso la sentenza 32.
Per di più, il nuovo ordinamento dello stato civile,
introdotto con il d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396, ha
creato nuove difficoltà, affidando ad esempio ai
Prefetti (e non più ai Procuratori della Repubblica,
dotati di maggiore esperienza in questo settore) il
compito di risolvere eventuali dubbi ad essi prospettati dagli ufficiali di stato civile riguardo alla
sussistenza dei requisiti suddetti.
Tali difficoltà non toccano comunque l’individuazione (riservata invero ai privati) del giudice competente a decidere sul rifiuto da parte dell’ufficiale di stato civile, corroborato dal parere del
Prefetto, di trascrivere una decisione matrimoniale emessa in uno Stato membro dell’Unione europea. L’art. 21 par. 3 del Regolamento n.
2201/2003, già ricordato 33, deve essere interpretato in relazione agli organi giudiziari indicati
in un apposito elenco, comunicato dagli Stati
membri alla Commissione europea 34: dunque, riguardo allo Stato italiano è sempre competente
la Corte di Appello 35.
In secondo luogo, e con specifico riferimento all’applicazione da parte degli ufficiali dello stato civile italiano del Regolamento in esame, la circolare
del Ministero dell’interno n. 24 del 23 giugno 2006
mostra uno spirito assolutamente liberale nei confronti della trascrizione delle sentenze emesse negli Stati membri.
Tale circolare stabilisce infatti che è sufficiente presentare all’ufficiale di stato civile il solo certificato
di cui all’art. 39 del Regolamento, senza dunque
la contestuale esibizione della sentenza straniera
pur prescritta dalla medesima norma, sulla quale
mostra così di voler – curiosamente – prevalere 36.
Inoltre, tale certificato non deve essere neppure
tradotto in lingua italiana. Si confida infatti nella
capacità degli operatori italiani di individuare, attraverso i codici numerici, i casi in cui la decisione
sia stata resa in contumacia, ai fini della necessaria
presentazione dell’ulteriore documentazione prevista dall’art. 37 par. 2 del Regolamento, come si è
già ricordato 37.
La stessa circolare prevede poi che l’ufficiale dello stato civile possa richiedere alla parte interessata
una copia della sentenza tradotta in lingua italiana
solamente in circostanze assolutamente straordinarie: ovvero, solamente qualora dalla semplice lettura
del certificato si possa desumere l’esistenza di uno dei
motivi ostativi al riconoscimento ai sensi dell’art. 22.
Si tratta di un compito certamente non agevole.
Anzitutto, tali circostanze non possono che riferirsi
alla contrarietà della decisione straniera con l’ordine pubblico, dato che l’incompatibilità con una
sentenza dello Stato richiesto o di un altro Stato
(peraltro, non accertabile in base alla lettura della
decisione da trascrivere) dovrebbe risultare da una
dichiarazione in tal senso, sostitutiva dell’atto di
notorietà, presentata dall’interessato 38.
Pur essendo ormai limitati i casi in cui si può verificare la suddetta incompatibilità, non appare
certamente semplice condurre una simile verifica
sulla base di un mero certificato 39. Eppure, lo stesso Ministero dell’interno mostra una indubbia preoccupazione affinché siano evitate sia la trascrizione (inconsapevole) di matrimoni tra persone dello
stesso sesso sia quella di provvedimenti di divorzio
ottenuti mediante una sorta di trasformazione dei
relativi matrimoni in convivenze registrate, allorché
almeno uno dei coniugi sia cittadino italiano 40.
Da ultimo, l’art. 19 del d.p.r. n. 396/2000 ha intro-
31. Si tratta, in quest’ultimo caso, di una ipotesi differente da quella del ricorso congiunto, prevista dagli artt. 1 e 2 della legge 1° dicembre 1970, n.
898 sullo scioglimento del matrimonio.
32. Su questa ed altre norme rilevanti, per tutti, Mosconi, C. Campiglio, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 343 ss., spec. p. 361 ss.
33. Supra, par. 1.
34. Dispongono in tal senso gli artt. 29 par. 2 e 68.
35. Per maggiori riferimenti sul punto v. L. Tomasi, Artt. 64-71 Reg. (CE) n. 2201/2003, in A. Zaccaria, Commentario breve al diritto di famiglia, cit., p. 2523
s. Sull’analogo risultato cui si dovrebbe approdare anche riguardo alle sentenze provenienti da Stati terzi, malgrado taluni dubbi prospettati in dottrina
e in giurisprudenza, v. da ultimo R. Cafari Panico, Artt. 21-39, cit., p. 2480.
36. Supra, par. 2.
37. Ibidem.
38. Sulla necessità di tale dichiarazione cfr. R. Mazza, V. Sinisi, Lo stato civile italiano, cit., p. 77; R. Calvigioni, Stato civile, cit., p. 166 s.
39. Condividono invece la posizione assunta dal Ministero dell’interno R. Mazza, V. Sinisi, op. cit., p. 78, nota 106; R. Calvigioni, op. cit., p. 165 s.
40. Ci si riferisce rispettivamente alla circolare del suddetto Ministero n. 55 del 18 ottobre 2007 che mette in guardia gli ufficiali di stato civile dalla
trascrizione (in base alla Convenzione di Vienna dell’8 ottobre 1976) di matrimoni relativi a persone il cui nome possa indurre a ritenere che si tratti
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dotto la possibilità di trascrivere, su richiesta degli
interessati, gli atti di stato civile formati all’estero,
relativi a cittadini stranieri residenti in Italia: dunque, anche i matrimoni celebrati fuori dal territorio
italiano. A quanto risulta, si tratta di una previsione
pressoché unica nel panorama degli ordinamenti
europei 41.
Tuttavia, la circolare del Ministero dell’interno del 26
marzo 2001, Miacel n. 2/2001, vieta di integrare tali
trascrizioni con annotazioni successive all’atto trascritto, muovendo dal presupposto della “estraneità” di quest’ultimo all’ordinamento dello stato civile
italiano. Sempre alla luce di tale estraneità, viene
inoltre escluso per tali trascrizioni il preventivo controllo sulla conformità dell’atto all’ordine pubblico,
prescritto in linea generale dall’art. 18 del Regolamento dello stato civile. Si tratta di previsioni che,
pur essendo evidentemente rivolte a ridurre il carico
di lavoro altrimenti incombente sugli operatori 42,
hanno destato varie perplessità e censure 43.
Con specifico riguardo alla trascrizione degli atti
stranieri di matrimonio, sotto il primo profilo è intervenuta la giurisprudenza italiana, la quale – sia pure
con talune incertezze – rilevando una discriminazione a danno dei cittadini stranieri 44, ha ordinato l’annotazione delle convenzioni matrimoniali stipulate
in Italia da cittadini stranieri qui residenti 45.
Ad esiti analoghi si dovrebbe giungere anche per
la trascrizione delle decisioni straniere in materia
matrimoniale, contemplate dal Regolamento (CE)
n. 2201/2003. Occorre tuttavia sottolineare che, in
presenza di una norma quale il suddetto art. 19, la
necessità di ricorrere al giudice a causa dell’atteggiamento del Ministero italiano (e del conseguente rifiuto dell’operatore) può configurare una violazione
delle regole comunitarie che proprio da tale obbligo
dispensano 46, indipendentemente dalla circostanza
che si tratti coppie formate da coniugi entrambi stranieri oppure da almeno un cittadino italiano.
Sotto il secondo profilo, l’inoperatività del controllo relativo all’ordine pubblico, prescritta dal
Ministero dell’interno, può condurre a situazioni paradossali. Potrebbero infatti essere trascritti
atti di matrimonio formati all’estero concernenti,
oltre che matrimoni poligamici, anche matrimoni
tra cittadini stranieri dello stesso sesso 47, in palese
dissonanza con l’atteggiamento di chiusura sopra
rilevato nei confronti di coppie italiane o “miste”.
E purtuttavia non potrebbero essere mai annotate
le relative sentenze di scioglimento o di annullamento dei matrimoni medesimi, neppure qualora
queste ultime provenissero da Stati che, come il
nostro, rifiutano di considerare valido un simile
tipo di unione coniugale. Si tratta di un risultato
per lo meno curioso, il quale evidenzia anch’esso,
in ogni caso, la necessità urgente di un nuovo e
più adeguato indirizzo interpretativo da parte del
Ministero dell’interno.
di coppie eterosessuali, allorché si tratti invece di persone dello stesso sesso; e alla circolare n. 40 del 18 luglio 2007, che dichiara non trascrivibili, in
quanto contrari all’ordine pubblico, gli atti notarili, redatti nei Paesi Bassi, che pongono fine a convivenze registrate le quali traggono in realtà origine da
matrimoni (trascritti in Italia) trasformati volontariamente in questo tipo di unioni, in base all’ordinamento del suddetto Stato.
41. Solo in Polonia infatti è rinvenibile una norma di questo tenore: così R. Calvigioni, Stato civile, cit., p. 176.
42. Su questo aspetto v. R. Calvigioni, op. cit., p. 171 s.
43. Per le prime, v. ad esempio R. Mazza, V. Sinisi, Lo stato civile italiano, cit., p. 106 ss.; R. Calvigioni, op. loc. cit.; per le seconde, cfr. per tutti (anche per
ulteriori riferimenti) R. Cafari Panico, Lo straniero e l’ordinamento dello stato civile, in Riv. dir. int. priv. proc., 2007, p. 921 ss., spec. p. 926 ss.
44. Non occorre infatti ricordare che, una volta rispettate le relative condizioni poste dagli artt. 15-17 del d.p.r. 396/2000, sono sempre trascrivibili gli
atti formati all’estero che coinvolgano almeno un cittadino italiano.
45. Così hanno disposto, tra gli altri, Trib. Venezia, decreto 15 settembre 2006, in Fam. e minori, 2006/1, p. 82 s., con commento di M. CASTELLANETA;
Trib. Monza, decreto 31 marzo 2007, in Dir. fam. e persone, 2007, p. 1736 (solo la massima), con commento di A. Di Sapio; Trib. Forlì, decreto 28 maggio
2008, citato da R. Mazza, V. Sinisi, Lo stato civile italiano, cit., p. 109). Contra tuttavia Trib. Padova, decreto 19 gennaio 2009, citato da R. Mazza, V. Sinisi,
op. loc. cit., e da R. Calvigioni, Stato civile, cit., p. 173.
46. In virtù dell’art. 21 par. 2, già illustrato.
47. Su tali problematici effetti si soffermano anche R. Cafari Panico, Lo straniero, cit., p. 933 ss.; R. Calvigioni, Stato civile, cit., p. 175.
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