Rassegna stampa del 30/01/2016

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Rassegna stampa del 30/01/2016
COMUNE DI SALA BOLOGNESE
Sabato, 30 gennaio 2016
COMUNE DI SALA BOLOGNESE
Sabato, 30 gennaio 2016
Pubblica Amministrazione
30/01/2016 Il Sole 24 Ore Pagina 23
GIANNI TROVATI
Province, i tagli non possono azzerare i
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GIANNI TROVATI
Innovazione e sviluppo sì, ma appesi ai soliti decreti
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SANDRA ZAMPA
Un piano nazionale per l' infanzia
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FRANCESCO CERISANO
Più tempo per riaprire i Gdp
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Province, tagli più umani
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Iter semplificati e tempi certi per le gare
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FRANCESCO CERISANO
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Consulta. Illegittime le manovre 2014 del Piemonte
Province, i tagli non possono azzerare i servizi
MILANO Le riforme che alleggeriscono i
bilanci degli enti locali non possono tradursi in
una sforbiciata così profonda da rendere
impossibile lo svolgimento delle loro funzioni; i
tagli «sproporzionati», infatti, violano non solo
l' autonomia finanziaria delle amministrazioni
territoriali, prevista dagli articoli 117 e 119
della Costituzione e il «buon andamento» della
pubblica amministrazione tutelato dall' articolo
97, ma entrano in conflitto soprattutto con il
principio dell' eguaglianza sostanziale di fronte
alla legge fissato dall' articolo 3. Sono queste
le indicazioni cruciali che emergono dalla
sentenza 10/2016, depositata ieri (presidente
Criscuolo, relatore Carosi), con cui la Corte
costituzionale ha dichiarato l' illegittimità di una
serie di norme del bilancio 2014 approvato
dalla Regione Piemonte, in linea con le
premesse seguite nella sentenza 188/2015 sui
conti regionali dell' anno precedente.
Queste norme, cumulandosi a tagli precedenti,
avevano finito per ridurre del 65,6% rispetto al
2010 i fondi regionali per le funzioni delegate
a l l e Province, un ventaglio di attività che
spazia dalla tutela di acque e del suolo all'
istruzione, ai servizi sociali e ai beni culturali.
Contro queste decisioni, contenute nell' ultima manovra regionale della vecchia giunta di centrodestra e
nel primo assestamento approvato dalla gestione di centrosinistra, si sono ribellate le Province di Asti e
di Novara, che attraverso il Tar sono arrivate alla Consulta.
I giudici si sono occupati quindi di una vicenda limitata nella geografia e nelle cifre in gioco (i fondi in
questione erano stati ridotti da 60 a meno di 20 milioni) ma come mostra un altro caso piemontese finito
alla Consulta, quello relativo alla gestione dei fondi sblocca­debiti che ha poi prodotto il decreto
salva­Regioni per evitare il rischio di un buco contabile multimiliardario, il sale della sentenza è nei
principi generali espressi dalla Corte.
In questo caso, lo snodo­chiave è nella considerazione che i tagli, non accompagnati da «una
riorganizzazione dei servizi o da un' eventuale riallocazione delle funzioni», non vanno d' accordo con la
Costituzione, che orienta la sua tutela sul piano sostanziale: soprattutto quando in gioco ci sono «settori
di notevole rilevanza sociale», in cui il mancato svolgimento dei servizi mette a rischio l' uguaglianza dei
cittadini. Un' involuzione di questo tipo, aggiunge la Corte, non si può verificare nemmeno durante il
cantiere della riforma delle Province, che può portare alla loro soppressione dopo l' ultimo passaggio
parlamentare della legge Boschi e il referendum. Il punto sono i servizi pubblici «indipendentemente dal
soggetto che ne è temporalmente titolare», perché il loro esercizio effettivo non può «essere
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negativamente influenzato dalla complessità del processo di passaggio tra diversi modelli di gestione».
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CITTÀ METROPOLITANE
Innovazione e sviluppo sì, ma appesi ai soliti decreti
Ma le città metropolitane sono gli «hub dello
sviluppo e dell' innovazione» di cui ieri a
Firenze hanno ragionato sindaci, imprenditori,
architetti e banchieri davanti al presidente
della Repubblica Sergio Mattarella, oppure
sono la stanca camuffatura delle vecchie
Province di cui si continua a discutere in
Parlamento? Mentre a Londra un ambizioso
progetto di open data promosso dalla città
costruisce grazie all' apporto condiviso della
rete un bacino infinito di indicatori e confronti
su tutti i capitoli delle politiche urbane, dall'
economia al turismo, dalla ricerca ai temi
ambientali (per farsene un' idea basta dare
uno sguardo a http://data.london.gov.uk/), a
Roma ci si accapiglia sugli emendamenti al
Milleproroghe. E come si addice al più
classico dei provvedimenti vecchio stile, la
battaglia non si accende esattamente sulla
frontiera dell' innovazione: serve un comma
per allungare i contratti dei precari delle città,
appesi alla lunga attesa di una
riorganizzazione che non arriva, ne occorre un
altro per alleggerire le sanzioni per un Patto di
stabilità s f o r a t o d a q u a s i t u t t e l e
amministrazioni anche perché i tagli ai bilanci
sono stati a lungo l' unica parte attuata della riforma, e così via.
È stata questa distanza fra ambizioni alate e quotidianità deludente a tenere le città metropolitane
lontane dal dibattito pubblico, al punto che una buona fetta degli italiani, quelli non troppo attenti all'
inner circle della politica, ha appreso davvero della loro esistenza solo dall' ultimo film di Checco
Zalone.
Il Libro bianco che l' Associazione dei Comuni e Teh Ambrosetti hanno presentato nella due giorni
fiorentina prova a dare la benzina dei contenuti al progetto delle città metropolitane, offrendo a ciascuna
di loro numeri e analisi per realizzare quella «pianificazione strategica» che dovrebbe essere il compito
fondamentale dei nuovi enti, e che viene chiesta a gran voce dalle imprese. Per ogni città il Libro
bianco, costruito interpellando il mondo economico, i ricercatori e le istituzioni dei territori, identifica le
"vocazioni", dalla rete della conoscenza e del welfare di Milano al polo del manifatturiero e dell' alto
artigianato di Firenze, e suggerisce gli strumenti per esaltarle, su un presupposto semplice: nelle 14
città metropolitane (troppe, forse...) vivono 22 milioni di italiani, si produce il 40% del Pil e l' 80% della
ricerca, per cui le chance di rilancio del Paese passano da lì.
Per passare dalla teoria delle analisi alla pratica delle decisioni bisogna però affrontare in fretta i
paradossi organizzativi e istituzionali di una riforma finora applicata più nella forma che nella sostanza.
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Se i nuovi enti immaginati dalla legge Delrio sono qualcosa di davvero nuovo, che senso ha che il loro
territorio coincida con quello delle vecchie Province in via di eterna abolizione, con il risultato che la città
metropolitana di Torino si inerpica fin sulle vette alpine di Sauze d' Oulx e Bardonecchia mentre quella
di Milano si ferma alle porte di Monza? Se le città hanno le funzioni, in larga parte inediti, della
pianificazione strategica e della programmazione territoriale, perché la struttura dei bilanci e quella
degli organici restano quelli delle Province? Da questo punto di vista, la riforma Delrio più che un
traguardo è un punto di partenza, e sarebbe tempo di riempirla di nuovi contenuti. Lo stesso Fassino,
sindaco "metropolitano" e presidente dell' Anci, ha riconosciuto che per partire davvero serve «un salto
culturale di tutta la classe dirigente» per far vivere la riforma, accanto alla ridefinizione del quadro
finanziario e dei rapporti con le Regioni che qua e là provano a riempire i vuoti lasciati dall' agonia delle
Province. Governo e Parlamento, dal canto loro, invece di accontentarsi di rivendicare una «abolizione
delle Province» ancora da avviare davvero dovrebbero affrontare i nodi veri delle regole nazionali.
Non farlo riporterebbe il sistema all' 8 giugno del 1990 quando, mentre al Meazza Argentina e Camerun
davano il via ai mondiali di calcio, veniva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la prima legge sulle città
metropolitane, lasciata poi tranquillamente a dormire per 24 anni fino all' arrivo della riforma Delrio.
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L' Italia che verrà / 2
Un piano nazionale per l' infanzia
Lotta alla povertà; servizi socio educativi per la
prima infanzia e qualità della scuola,
integrazione scolastica e sociale; sostegno alla
genitorialità, sistema integrato d e i servizi e
accoglienza. Sono queste le quattro aree
tematiche del IV Piano d' azione per l' infanzia
e l' adolescenza ai suoi ultimi passaggi prima
del via libero definitivo che arriverà con
decreto del Presidente della Repubblica. Un
anno di analisi e studio dell' Osservatorio sulle
politiche per l' infanzia (ricostituito nel 2014 dal
ministro Poletti dopo due anni di vuoto) cui
partecipano Comuni e Regioni, associazioni,
privato sociale, esperti, rappresentanti del
sindacato e delle professioni che operano per
la tutela, la realizzazione e il rispetto dei diritti
dei minori. A che serve un Piano d' azione per
l' infanzia e l' adolescenza? A disegnare un
modello di Paese prima di tutto, perché il
modo con cui si guarda all' infanzia rivela
molto di più che la semplice esistenza di
attenzione e sensibilità dei governi alla vita dei
piccoli cittadini e ai loro diritti. A progettare il
futuro perché gli investimenti di oggi sull'
infanzia fanno crescere talenti e saperi
indispensabili a un paese domani.
Ci piace immaginare che possa rivelarsi la base di un nuovo "patto sociale" per l' infanzia che giunge in
un momento fortemente segnato da eventi recessivi e in un Paese a "demografia debole": 13.8 la
percentuale della popolazione tra 0 e 14 anni sul totale complessivo (è di 21.7% quella degli ultra
sessantacinquenni) e una quota di spesa sociale destinata a famiglie e minorenni tra le più basse d'
Europa. Proprio il contesto sociale ed economico in cui si colloca fa di questo Piano un' opportunità più
importante che mai per il Paese. Lo hanno compreso i suoi estensori collocando la lotta alla povertà
materiale ed educativa al primo posto e indicandola come un obiettivo da perseguire con un insieme di
misure. Se davvero l' Italia si impegnasse a garantire ai suoi minori condizioni di uguaglianza nell'
accesso alle risorse su tutto il territorio nazionale avremmo avviato un cambiamento epocale del Paese.
Si tratta di un obiettivo ambizioso che passa dall' approvazione dei livelli essenziali delle prestazioni
(LEP) centrate sui diritti (art. 117 della Costituzione) e dalla loro effettiva esigibilità. Il Piano chiama in
causa anche Regioni e Comuni disegnando un sistema di governance complessivo delle politiche
destinate all' infanzia e all' adolescenza. La semplice privazione dell' accesso alla mensa disposta da
amministrazioni comunali può avviare percorsi di esclusione e determinare un aggravamento delle
condizioni di deprivazione di bambine e bambini vulnerabili e incolpevoli.
In un sistema basato sui LEP questa eventualità non potrebbe più esistere.
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Nel Piano nazionale è infine emersa come particolarmente importante la raccomandazione per il
sostegno alla genitorialità. A fronte di una trasformazione delle famiglie in cui non solo è diminuita la
dimensione media (1,3 componenti) ma sono aumentati l' isolamento e la solitudine, occorre
promuovere interventi e servizi di cura e sostegno alla quotidianità, di incentivo alle competenze
educative genitoriali per riconoscere e accrescere le risorse presenti in ogni famiglia, oltre ad accogliere
e prevenire le fragilità. È necessario, a tal fine, implementare il sistema locale dei servizi per garantire
livelli essenziali per tutte le famiglie, ma anche innovare la prospettiva del welfare familiare di
prossimità tramite interventi di affiancamento sul modello family to family.
Gli impegni che possono essere assunti a sostegno della genitorialità sono quindi molteplici: occorre,
ad esempio, favorire il recupero delle relazioni familiari disfunzionali intervenendo nei confronti dei
genitori maltrattanti così come occorre rafforzare percorsi di accompagnamento appropriato nell' ambito
dell' iter adottivo o affidatario. È auspicabile che queste indicazioni, come altri interventi da mettere in
campo in diversi ambiti, possano rientrare in una logica complessiva che punti a tutelare sempre lo
sviluppo sereno dei figli. Ad esempio sul versante della salute occorre agire su diverse aree: dalla
corretta alimentazione (lotta all' obesità e disturbi del comportamento alimentare) all' attività motoria,
dalla salute mentale alle diverse forme di dipendenza (da sostanze o dalla rete internet), dalleducazione
alla sessualità alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, dedicando un' attenzione
speciale all' educazione alla vita emotiva e all' affettività.
Importante è quindi la prevenzione delle diverse forme di disagio sociale, educativo e relazionale a
partire dal lavoro "su" e "con" le famiglie, perché un reale e concreto aumento dei diritti dei bambini e
delle bambine nasce innanzitutto quando il calore delle relazioni familiari sa aprirsi al contesto della
comunità.
Sandra Zampa è vicepresidente Bicamerale Infanzia e deputato del Pd; Vanna Iori è deputato del Pd ©
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appalti/ in g.u. la legge di riforma del codice, in vigore dal 13 febbraio
Iter semplificati e tempi certi per le gare
Procedure semplificate e tempi certi di gara e
di realizzazione delle opere.
E un occhio di favore alle piccole e medie
imprese e ai subappaltatori.
Questo anche mediante una maggiore
diffusione di informazioni, utilizzando gli
strumenti della rete per le gare telematiche e
per la pubblicazione degli avvisi: appalti,
dunque, semplici, digitalizzati, senza inutili
complicazioni burocratiche. È quanto prevede
la legge delega per la riforma degli appalti
pubblici, approvata definitivamente dal senato,
che rivoluziona l' attuale dlgs 163/2006 e che
tocca anche il processo amministrativo sugli
appalti. La legge 28 gennaio 2016, n. 11,
contenente «Deleghe al Governo per l'
a t t u a z i o n e d e l l e direttive 2 0 1 4 / 2 3 / U E ,
2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014,
sull' aggiudicazione dei contratti di
concessione, sugli appalti pubblici e s u l l e
procedure d' appalto degli enti erogatori nei
settori dell' acqua, dell' energia, dei trasporti e
dei servizi postali, nonché per il riordino della
disciplina vigente in materia di contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture», è
stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 23
del 29 gennaio 2016 ed entrerà in vigore il
prossimo 13 febbraio. Tra gli obiettivi (si veda da ultimo ItaliaOggi Sette del 18 gennaio 2016), più
qualità dell' opera pubblica, meno varianti in corso d' opera che fanno aumentare i costi, più sicurezza
per i subappaltatori e più centrali di committenza.
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milleproroghe
Più tempo per riaprire i Gdp
Si riapre la partita per riaprire gli uffici dei
giudici di pace soppressi. Il ministero della
giustizia prende ancora tempo per esaminare
le domande formulate dagli enti locali (comuni,
unioni e comunità montane) interessate al
ripristino delle sedi cancellate dalla geografia
giudiziaria. Potrà farlo fino al 31 maggio 2016.
A disporre il rinvio dei termini per l'
emanazione del decreto ministeriale con cui
via Arenula dovrà formalizzare le proprie
decisioni, è un emendamento del governo al
decreto milleproroghe (dl 210/2015)
depositato ieri in commissione alla camera.
Più tempo anche per l' adozione delle
specifiche tecniche necessarie a far partire il
portale delle vendite pubbliche, ossia il market
place nazionale degli immobili e dei beni
mobili registrati oggetto di esecuzione forzata
individuale o concorsuale.
Il ministero della giustizia avrà tempo fino a
fine anno per dettare le istruzioni tecniche per
le pubblicazioni sul portale che dovranno
essere eseguite a cura degli organi fallimentari
o dei professionisti delegati per le operazioni
di vendita o, in mancanza, da parte del
creditore pignorante. Tra gli altri emendamenti
depositati ieri dal governo se ne segnala uno
in materia di split payment che proroga al
2016 l' utilizzo delle somme iscritte nel conto dei residui al 31 dicembre 2015. Si tratta delle somme
relative all' Iva da versare all' erario da parte delle amministrazioni per forniture e servizi resi ai
medesimi enti. Per effetto delle disposizioni fiscali in materia, tali somme, riferite ad operazioni
perfezionate nel mese precedente, devono essere versate nel mese successivo determinando la
necessità di provvedere alla proroga del loro utilizzo per procedere ai conseguenti versamenti all'
entrata del bilancio dello stato. Completa il quadro un emendamento che accorda anche per l' anno
2017 maggiore flessibilità per il bilancio dello stato nelle more del completamento della riforma della
contabilità (legge n. 196/2009).
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Consulta: il Piemonte aveva quasi azzerato i contributi prima della Delrio
Province, tagli più umani
L' eccessiva riduzione di fondi lede l' autonomia
Troppi tagli alle province ledono l' autonomia
finanziaria degli enti d i a r e a v a s t a e
pregiudicano il buon andamento dell' azione
amministrativa perché le province non sono
più in grado di garantire i servizi ai cittadini. Lo
ha deciso la Consulta che con la sentenza
n.10/2016, depositata ieri in cancelleria, ha
dichiarato incostituzionali i tagli operati dalla
Finanziaria 2014 del Piemonte (varata quando
alla guida della regione c' era Roberto Cota)
ma anche le successive integrazioni disposte
con l' assestamento di bilancio approvato dal
suo successore Sergio Chiamparino. In
entrambi i casi per aver stanziato fondi
«manifestamente insufficienti a garantire la
copertura di tutte le spese necessarie a far
fronte all' esercizio delle funzioni». Siamo all'
inizio del 2014, quindi prima dell' entrata in
vigore della legge Delrio (n.56/2014) che,
trasformando le province in amministrazioni di
secondo livello con meno funzioni e meno
personale, ha aperto la strada alla riduzione di
risorse nei confronti degli enti di area vasta.
Ma la regione Piemonte già da anni
provvedeva a tagliare indiscriminatamente i
contributi alle province per l' esercizio delle
funzioni regionali trasferite. Nel giro di pochi
anni, dal 2010 al 2014, la giunta Cota era
passata da trasferire alle province piemontesi 60 milioni di euro l' anno a riconoscerne solo 10,8 milioni,
con un taglio netto dell' 82% (percentuale rideterminata al 65% per effetto dell' assestamento di bilancio,
voluto da Chiamparino, ma anch' esso giudicato insufficiente dalla Corte). Troppo, soprattutto perché,
osserva la Consulta, questo quadro finanziario non risultava essere «accompagnato da adeguate
misure di riorganizzazione o di riallocazione delle funzioni». Secondo la Corte costituzionale, una
diminuzione di risorse «in così elevata percentuale costituisce una menomazione dell' autonomia che
comporta un grave pregiudizio all' assolvimento delle funzioni attribuite».
A fare ricorso contro i tagli sono state le province di Novara e Asti che hanno impugnato la Finanziaria
regionale e il successivo assestamento dinanzi al Tar Piemonte, il quale ha trasmesso gli atti alla
Consulta. Che ha deciso il caso in un quadro profondamente mutato dalla legge Delrio, anche se
tuttavia i contenziosi ante­riforma sono tutt' ora numerosi lungo lo Stivale. Ne è consapevole la stessa
Corte che, come ha scritto il giudice redattore Aldo Carosi, «non ignora il processo riorganizzativo delle
province». Ciononostante, «l' esercizio delle funzioni a suo tempo conferite», chiosa la Consulta, «deve
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essere correttamente attuato, soprattutto in un momento di transizione caratterizzato da plurime criticità
e comporta che il suo svolgimento non sia negativamente influenzato dalla complessità del passaggio
tra diversi modelli di gestione».
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